Gemma a Mons Volpi 18

lettera 19

A Mons. Volpi, L 17: novembre 1899

19
Novembre 1899
Monsignore,

Gesù, ogni volta che mi metto a pregare, o meglio a dormire, mi raccomanda che dica a Lei che mi metta in convento. «Ma dove?» dico io. E Gesù mi risponde: «Passionista a Corneto». Ho detto a Gesù che è molto difficile; invece Gesù mi ha detto che è facile. Dunque se è facile, perché Lei non ci pensa? Obbedisca a Gesù.
E poi delle volte, quando mi devo mettere (specialmente il Venerdì) a pregare, mi pare di non averne voglia, e Gesù mi dice: «Abbraccia la croce, figlia mia; sta' sicura che mentre tu ti sazi di patire, sazi il Cuor mio, e ricordati: quanto più la croce è amara al tuo cuore, allora è più conforme alla mia. Io, vedi, - mi dice Gesù - ho compassione della tua debolezza, ti mando a stille l'amaro calice della mia Passione, e ti visito con una piccola parte del patire per volta».
Faccio male a non averne voglia, quando Gesù mi chiama? Anche ora, che siamo al Giovedì sera, mi sento curiosa e non vorrei soffrire stasera; ma sa? il mio Angelo Custode mi dice che stia contenta, perché il patire prende la misura del peso, che gli dà la mano di Gesù, in proporzione di quello che vuol farlo sentire; e così ordina le circostanze della cosa, e disporrà il mio cuore a riceverlo. E poi non è mica il dolore che deve conformarsi a noi, siamo noi che dobbiamo conformarci al dolore.
Gli chiedo la sua Benedizione, e preghi tanto Gesù per la povera

Gemma,
che ne ha tanto bisogno.









lettera 20

A Mons. Volpi, L 26: 1899

20 1899
Monsignore,
Mi vergogno troppo a dire quella brutta cosa alla Sig.ra Cecilia: gli ho scritto ora che è poco, e le ho detto che dentro oggi Lei vuol vederla. Alla zia qualche cosa ho detto: mi ha risposto che è un buon ragazzo e sono le donne le peggio. Allora sono stata zitta.
Io però mi trovo contenta, perché Gesù mi ha detto che quel brutto cosaccio aveva brutte intenzioni, [Gesù] mi ha liberato e [il cosaccio] non mi ha fatto nessun male. Stia contento che non ho fatto nessun peccato. Gesù vuole che dica a Lei che si metta in convento che allora conoscerà meglio anche certe cose che vuole Lei. Ma non lo vede quante brutte cose avvengono? Mi raccomando: trovi un buco di ricovero tanto strinto che nessuno più mi veda. Gesù me lo dice sempre che insista verso di Lei, perché non è il posto dove devo stare io dove son in questo mondo.
Mi benedica e preghi Gesù per la povera

Gemma

Se dicesse quella brutta cosa alla Sig.ra Cecilia (ma non gliela dica, ne trovi un'altra) gli dica che non dica niente a nessuno della famiglia sua, neppure ad Annetta. Sarebbe meglio ne trovasse un'altra da dirgli, di questa io mi vergogno troppo. Per carità, mi levi per il mondo, non posso più starci, ci crede?
Spesso mi lamento con Gesù in che maniera mi tiene in queste tenebre. Gesù mi risponde che dopo le tenebre viene la luce e allora si farà chiaro davvero. «Io ti faccio questa prova - dice Gesù - per mia gloria, per allegrezza degli Angeli, e per profitto di te stessa ed anche per esempio degli altri».










lettera 21

A Mons. Volpi, L 18: novembre 1899

21
Novembre 1899
Monsignore,

Ieri nella solita ora di guardia mi accadde una solita cosa curiosa: appena principiai a farla, mi addormentai subito; mi pareva di avere in braccio un bel bambino di tre anni; mi baciava, mi accarezzava e mi domandava se lo conoscevo e se gli volevo bene. Io l'abbracciavo forte forte e gli dicevo che gli volevo tanto bene. Mi diceva se volevo essere tutta sua, se volevo fare all'amore con lui, che presto mi avrebbe sposato. Io ero tanto contenta, non sapevo che rispondere, lo tenevo strinto strinto, e gli dissi: «Se sei Gesù, faccio tutto; se no, va' via». Mi rispose che era Gesù, era proprio Gesù piccino. Gli dissi che volevo andare in convento; mi rispose: «Quando sarai in convento, allora ci sposeremo; devi dire al tuo Confessore che lo affretti lui il momento delle nostre nozze. Digli che non è impossibile fare quello che sa Lui, anzi è facilissimo; se Lui vuole, può fare tutto in un momento. Assicuralo che appena mi ha contentato me, qualunque cosa mi chiederà, tutto gli concederò; se no, farò tutto il contrario».
L'Ora era finita, e Gesù mi abbracciava strinta: non voleva andare via, ma io però l'ho lasciato, perché avevo paura che mi venissero a chiamare. Mi ha fatto promettere che avrei subito detto tutto a Lei; ma appena Gesù è andato via, ho cambiato idea, e non volevo in nessun modo dire queste cose a Lei. Allora Gesù è tornato arrabbiato e mi ha detto: «Vai a dire tutto al tuo Confessore; digli che si occupi di te, e non ti trascuri; sia certo che non ci entra per nulla il demonio nella vocazione, e per dargli una prova certa a Lui, ed anche per castigarti della tua disobbedienza, io ti lascerò sola sola e non mi farò vedere né sentire fino che il tuo Confessore non ti dirà che io ritorni».
Eccomi sola sola da ieri, ma ora gli ho detto tutto, non ho più niente da dirgli; è contento che Gesù ritorni?
Mi benedica, e mi rimandi Gesù: senza di Lui ho paura.

Gemma.








lettera 22

A Mons. Volpi, L 19: novembre 1899

22
Novembre 1899
Monsignore,

Mi fa la carità di venirmi a confessare presto: ha da dirgli tante cose, e poi volevo sapere anche di quella cosa che sa Lei. Sa una zia quel che mi fece ieri sera? Quando arrivai a casa, andai in camera; lei mi venne arrabbiata arrabbiata e mi disse: «Stasera non ce l'hai la tua sorella a difenderti, che è Giulia; fammi vedere dove ti è uscito tutto quel sangue, se no ti finisco a forza di botte». Io stavo sempre zitta, e le facevo tanta rabbia, che lei con una mano mi teneva la gola e con l'altra voleva spogliarmi; ma non ci fu caso. In quel mentre sonarono il campanello, e mi lasciò. Era appunto quella zia più buona, e che mi vuole tanto bene; lo permise proprio Gesù, perché lei non me lo avrebbe fatto davvero.
Ma non finì qui; quando fu per andare a letto, m'immaginai che dovesse tornare e mi stesi sul letto, e facevo vista di dormire. Venne vicina a me, e mi disse che era l'ora di smettere quei fuffigni, e che ne avevo date ad intendere assai alle persone. «Se fossi stata io, non mi avresti ingannata sì bene come il Confessore. Guarda, - mi disse - se non mi dici dove è uscito quel sangue, non ti faccio più uscire di casa sola, e non ti mando più in nessun posto».
S'immagini: io a quelle parole cominciai a piangere e non sapevo che fare. Finalmente mi decisi di dirglielo, e gli risposi così: «Sono le bestemmie che dice il suo nepote». «E che, le bestemmie fanno uscir del sangue?». «Sì, - risposi - nel bestemmiare vedo Gesù che soffre tanto, e io soffro con Lui, e soffro al cuore, e mi esce quel sangue». Allora parve che si calmasse un po', e disse: «Soltanto le bestemmie del tuo fratello ti fanno male, oppure anche quelle degli altri?». «Tutte, - risposi - ma ci è una bella differenza: quelle di lui o quanto mi fanno soffrire di più!». E nel dire così piangevo tanto tanto; e mi ha lasciata stare.
Stanotte poi non ho potuto far nulla, perché mi sono accorta che la zia non è mai andata a letto. Stamattina presto mi è venuta a chiamare per accompagnarmi a S. Michele (ché volevo Lei), e per la strada mi ha detto: «Bada, Gemma, non dir nulla di quello che è accaduto tra me e te; fa' pure quello che vuoi, sta' pure dalla Sig.ra Cecilia invece delle monache; a me mi basta che tu stia a casa la Domenica per via di Angelina, che quando ci sei tu ci rispetta di più anche noi». Stamani era buona. Ho poi da dirgli tante, ma tante cose; mi dice quando posso venire a confessarmi? Ne ho proprio bisogno.
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.

Mi ci mette in convento? ci crede, non ne posso più? Mi metta dove vuole Lei, ché sono contenta.











lettera 23

A Mons. Volpi, L 27: 1899

23 1899

Monsignore,

Ci sono le zie che mi pare che sieno diventate tanto cattive, perché dicono che voglio più bene a Palmira e alla Sig.ra Cecilia che a loro. Dicono che con loro mi sono aperta, che gli ho detto tutto, e che è stata la Sig.ra Cecilia che mi ha messo nella testa di essere Passionista. Ieri sera, quando fui tornata a casa, mi prese una di loro per la gola e mi mise davanti il Crocifisso, e vollero che giurassi che a Palmira avevo detto tutto quello che mi accade.
Gli dico proprio la verità: soffrirei più volentieri qualunque cosa pure di non far sapere niente a loro, perché se qualche volta mi sono addormentata in Chiesa con loro, mi hanno lasciata sola, oppure a forza di scapaccioni mi hanno svegliata, oppure dicono che hanno paura che mi dia di volta il cervello. Avrei tanto piacere che le mandasse a chiamare Lei e gli dicesse che mi lasciassero stare con Palmira volentieri, perché come la rimedio io? Che vada con la Sig.ra Cecilia, ci hanno piacere, ma credono che sia lei che vuole che mi faccia Passionista. Non sarebbe bene che Lei l'assicurasse di queste cose?
Stanotte ho dormito pochissimo, sono stata con Gesù quasi sempre. Gli raccontavo tutte le mie cose e Lui mi sembrava che abbia detto che continui a fare quello che faccio e faccia in modo che nessuno si accorga di niente in casa; e mi ha detto anche che bisognerebbe che nessuno mi vedesse, che fossi lontana da tutti, che non son degna che mi vedano le persone.
Mi benedica e preghi tanto Gesù per la povera

Gemma

Dimani mi disse tempo indietro la Superiora che ci andassi: non so che devo fare. Mi fa il piacere di mandarmi a dire da Palmira se devo andarci o no?










lettera 24

A Mons. Volpi, L 21: dicembre 1899

24
Dicembre 1899
Monsignore,

Sono già 4 giorni che Gesù mi disse una cosa che dovevo dire a Lei, ma mi vergognai e non la dissi; ma stanotte è tornato Gesù, mi ha dimandato: «Quanto tempo è che non mi hai veduto?». Ho risposto che era da Venerdì notte. «Ebbene, - ha detto Gesù arrabbiato - perché non hai mai voluto dire quella cosa al Confessore, sono stato senza venire; ora starò altrettanti giorni per castigarti. Se poi dentro oggi non gliela dirai, io non verrò più». Venerdì passato mi disse così: io piangevo tanto, mi dimandò perché fossi così afflitta; risposi che ero in quel modo perché sarei voluta andare in convento, e che stando così commetterei troppi peccati, e non potrei pensare a Lui come vorrei. E Gesù mi rispose: «E quando ci vuoi andare in convento?». «Per la sera di Natale», risposi. E Gesù: «Dillo al Confessore». Io dissi: «Ma, Gesù mio, ho voglia di dire: il Confessore non mi crede, perché ha paura che tu non sia Gesù davvero, tu sia invece il diavolo». E Gesù mi guardava, e rideva e diceva: «Digli che sono Gesù veramente; se ora vi faccio essere tutti nelle tenebre, è mio volere; la luce poi un giorno la vedrete. Di' pure al Confessore che ti metta in convento, tanto per levarti dal mondo, ché ora mai sarebbe tempo; che poi a quello che dovrà accadere dopo, ci pensa...». E nel dire così mi accennò Confratel Gabriele; che mi pareva che fosse un po' discosto da Gesù.
Io allora dissi a Gesù che mi aveva detto Lei che pregassi, affinché andassero bene tutte le cose, cioè il certificato medico, il Confessore, l'Arcivescovo e altre. E Gesù: «Queste sono tutte cose che Io come Onnipotente potrei superarle tutte; ma, tanto per assicurarti, per ora queste non vi occorrono. Di' al Confessore che vada dalla Superiora delle Suore Addolorate, senta Lei, e faccia ciò che Lei dice, e tutto ciò sarà per mia ispirazione». Io più volte gli ripetei: «Ma, Gesù, ci sarò in convento la sera di Natale? Ci credi, Gesù mio, - facevo - non è un desiderio cattivo, mi pare: lo faccio solo perché, prima di tutto per pensare sempre a te, e poi perché la Madonna mi ha promesso che mi farà vedere Gesù appena nato, e l'ora precisa in cui nacque, perché glielo ho chiesto io». E Gesù: «Ebbene di' al Confessore che se Lui lo vuole assolutamente, lo può».
Gesù poi mi fece conoscere che Lei non crede niente a tutto quello che io nelle confessioni gli dico. «Ti dispiace?» disse Gesù. «O no, - dissi - Gesù, sono cose che le hai permesse tu; tu l'hai fatte, e tu pensaci...». Lo pregai anche che mi liberasse da tante cose, da quelle del Venerdì, e mi rispose che per ora, fino a tanto che non avessi professato, col suo permesso mi avrebbe liberato. «Dopo poi - disse Gesù - verrà la scarica». «Sia fatta la tua volontà, - risposi - solo ti chiedo: levami dal mondo, Gesù; non voglio altro per ora, e salvami l'anima».





lettera 25

A Mons. Volpi, L 20: 25 dicembre 1899

25
25 dicembre 1899
Monsignore,

Mi perdonerà se anche oggi lo vengo ad importunare con una mia lettera. Stamattina, non so che ore erano, ho sentito suonare tutte le campane; quello che in quel momento abbia provato in me, non saprei dirlo, soltanto però mi sono sentita una gran voglia di piangere. Sono scappata subito sola in una stanza per essere più libera, ho pianto assai, e la cagione era perché pensavo tra me che oggi potevo essere contenta e trovarmi a servire Gesù nella Religione, ed invece mi trovavo sempre in mezzo al mondo con pericolo dell'anima. Finalmente esclamai: Fiat voluntas tua. Ma quelle lacrime non erano mica di dolore: erano di rassegnazione. Allora, in quel momento, più che in ogni altro, Gesù mi pareva che mi facesse conoscere, e mi pareva di sentirmi dire che non dubitassi pure più, che lo stato, al quale Dio mi vuole, è di essere religiosa; allora un pensiero (questo mi sembrava proprio giusto) mi diceva che è una grande grazia questa, e mi pareva di esserne al tutto indegna.
Mi raccomando a Lei: non tardi più tanto, non lo merito davvero di aver questa grazia. Lo prego, mi metta in qualche luogo di Religione; io sarò la serva di tutte. Mi avvedo bene di non arrivar mai a meritare questo favore da Gesù, ma abbia pietà della povera anima mia; ora mi pare che corra tanti pericoli, e io bramo tanto di salvarla.
Stasera aspetto Gesù Bambino: è già qualche giorno che Gesù non lo vedo né sento più, e mi sento proprio afflitta, ma rassegnata. Confratel Gabriele mi dice: «Ti pare duro questo sacrifizio, ma la ricompensa sarà grandissima».
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.








lettera 26

A Mons. Volpi, L 22: dicembre 1899

26
Dicembre 1899
Monsignore,

Ci ho da dirgli una cosa grossa grossa. Ero venuta per dirgliela, ma Lei non ha potuto; allora Gesù mi ha detto che gliela facessi sapere, e se Lei era contento, facessi subito tutto.
Domenica sera, dopo di aver passata una di quelle solite notti burrascose, mi lamentai un po' dicendo così: «O Gesù ma perché non mi aiuti più?». E Gesù subito mi rispose: «O figlia mia, tu non te ne avvedi, ma ti aiuto più ora che prima. O quanto sei più cara ai miei occhi in questi momenti, che quando ti trovi in consolazioni!». Quando Gesù mi ebbe detto così, mi venne in me una gran voglia di patire tanto tanto di più; ma questo fu un solo pensiero, con la bocca non dissi nulla. Allora Gesù mi disse: «Guarda, in che modo mi trattano oggi le persone del mondo. Io sono fortemente sdegnato con quelli che mi offendono». Pregai Gesù che avesse pazienza, e sfogasse pure con me, con farmi soffrire tanto di più, ché mi parrebbe di aver forza. E Gesù mi disse che il demonio avrebbe sempre di più il permesso di battermi. A questo punto fece Gesù: «Per fare conoscere ancor più chiaro che sarai una delle figlie della Passione, ti ho fatto sottomettere alle battiture; ma queste termineranno quando andrai in convento. Oltre a questo poi voglio da te più penitenze; dirai al Confessore che è mio volere che d'ora in avanti tu vada sempre scalza, tu porti continuamente la fune alla vita, e che dal Giovedì sera al Sabato mattina mai non beverai; e la disciplina la farai due volte al giorno»: una volta per i miei peccati e l'altra per i peccatori. Mi disse che dicessi tutto a Lei e se era contento lo facessi, che Gesù poi mi avrebbe aiutato. Lunedì venni subito, ma Lei non c'era; allora Gesù ieri mi gridò, perché non glielo avevo ancora detto, perché vuole, se Lei è contento, faccia tutto quello che ha detto, subito.
Stanotte poi, dopo averne toccate assai (ma arriverei anche a qualche cosa di più), ho detto: «Confratel Gabriele, vieni». L'ho detto piano piano, che non so come abbia fatto a intendermi. È venuto subito: mi ha aiutata ad alzarmi, e mi son messa a sedere. Io però ero seria seria, ma Lui rideva e mi ha detto: «Gemma, perché sei così triste?». Mi ero messa quasi a piangere, ma quando ho veduto che era Lui, ho subito risposto: «Sono un po' scontenta, perché io vorrei farmi Passionista, e mi pare di vedere certe cose curiose». Allora mi sono messa a piangere forte forte, e Lui mi ha presa per la mano, e mi ha detto: «Sta' contenta, benedetta figliuola; te l'ho detto tante volte che tu sarai Passionista. Smetti di piangere, ché devo dirti tante cose, e dopo ti prometto di non farti più piangere per questo, perché ti lascerò consolata in una maniera, che qualunque cosa accadrà, ci penserò io».
Allora non ho più pianto. Mi ha preso per la mano e mi ha fatto sedere accanto a sé. Mi pareva che mi volesse tanto bene; mi accarezzava e ha detto: «Non temere nulla, qualunque cosa succeda. Il nuovo convento dovrà essere fatto qui, in questa città, e tu sarai Passionista. Sarà più facile che cada il cielo, che non si avverino queste parole, poiché sono parole che le ha fatte riferire a me Gesù Cristo. Leggi la vita di M. M. Crocifissa, e quella t'infonderà tanto coraggio e tanta forza, ché ora tu ne hai bisogno davvero». Ma dicevo io: «Vogliono mettermi in convento all'Addolorate, e quando sarò là, ho paura che se l'abbiano a dimenticare di me». «Non ti dimentico però io; fallo volentieri questo sacrifizio a Gesù; va' dove il Confessore ti mette, perché ora non è più tempo di star fuori; vai a portare la croce un po' là, poi la porterai in altro luogo. Io ti prometto ogni sera dopo le 11 venirti a vedere, e ti dirò in che modo dovrai regolarti. Coraggio dunque! Gesù si serve sempre delle persone deboli per fare cose grandi. Ma non aver furia: tutto avverrà a suo tempo, se tu sarai buona, e ti mostrerai sempre contenta; io mi servirò di te, e tu però dovrai parlarne solo col Confessore. Se ti domandano poi quale è la tua idea, rispondi: Domandatelo a Gesù; se ve lo dice, bene; se no, aspettate. Io e Gesù non abbiamo furia».
Io gli ho detto poi che se mi mettono in convento, venga quando non vede la Superiora e le altre, perché... Ha detto che stia sicura: verrà, «ma nessuno vedrà; altro che te. Devi dire subito tutto al Confessore, perché ricordati: se tu gli nascondi una sola parola, io non mi faccio più vedere, e ti lascio, e ti lascerà anche Gesù». Gli ho promesso che dirò sempre tutto. Mi ha benedetto, dopo avermi fatto mettere in ginocchio; io gli ho baciato la veste e il cuore, e mentre io gli ho baciato il cuore, lui mi ha baciato nella fronte, e mi ha ripetuto: «Tu sarai Passionista; sono parole di Dio, non falliranno. Si scatenerà tutto l'inferno per questo, ma tu confida in me. Quando avrai bisogno di me, chiamami, ché io verrò sempre, anche fuori dell'ora prescritta. Fatti coraggio, soffri, ma in silenzio».
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.









lettera 27

A Mons. Volpi, L 23: dicembre 1899

27
Dicembre 1899
Monsignore,

Oggi sono andata con Suor Maria; sa, Gesù che cosa mi ha detto, appena arrivata in chiesa? «Figlia mia, devi dire al tuo Confessore, che dimani è la mia festa, ho le mani piene di grazie per distribuirle ai figli miei, e ne ho una anche per te. A Suor Nazarena gliel'ho fatta, già è libera da tutto, e tu dirai al tuo Confessore che dimani appunto deve combinare il giorno che tu entrerai in convento, proprio dimani. È qui che ti voglio per ora. proprio qui. Digli che voglio sia prima di Venerdì. «Tu dimani il giorno pregherai, e Gesù ti chiamerà a sé; ti addormenterai, e nessuno potrà svegliarti fino a che Monsignore non avrà detto: Il giorno tale andrai».
Monsignore, ho sofferto tanto nello scrivere questo: il diavolo non voleva, mi ha stiantato i capelli, ma insomma ho scritto. Sono

Gemma.

Dimani non esca da Lucca, ché dovrà faticar molto per me.
È Gesù, ma Lei non ci crede.








lettera 28

A Mons. Volpi, L 30: gennaio 1900

28 Gennaio 1900

Monsignore,
Neppure ieri fui capace di fare l'obbedienza, ma l'ho pagata assai cara. Come mi pareva di stare bene ieri, perché tanto le mani come i piedi non mi erano mai sentiti tanto forte! Se facevo un passo soffrivo assai; stetti bene fino alle tre, nel momento che dovevo mettermi a pregare, detti subito retta al diavolo e andai a letto invece di pregare. Poi alla meglio mi ci misi: da quella parte mi principiò ad uscire tanto sangue, e loro a pregarmi, la Sig.ra Cecilia e Antonietta, perché gliela facessi vedere, ma non ci fu caso, e così per paura che dopo da loro mi guardassero, non pregai mai, sicché dalle tre alle cinque furono disobbedienze continue. Ma Gesù non tardò tanto, venne e mi disse (era arrabbiato): «Da ora in poi la prima disobbedienza che farai e anche la più piccola resistenza che farai per obbedire, subito ti priverò di tutto, e prima ti chiederò conto dell'uso che ne hai fatto di tutti questi doni particolari. E non solo al confessore devi obbedire, ma anche alla Sig.ra Cecilia. Ricordati bene: ti toglierò tutto e sarò terribile nel castigarti, e di mattina dopo la comunione non ti concederò di parlare finché non hai fatto vedere da quella parte alla Sig.ra Cecilia. Ingrata che sei! È in quel modo che cerchi di darmi gloria? Io, vedi, sono stato obbediente fino alla morte, e che morte! E tu, la più vergognosa, la più scellerata del mondo, ricusi di obbedire? Pensaci bene, figlia mia. Che premio ti avevo preparato, se oggi tu avessi obbedito!».
Ebbi voglia di domandar perdono, ma per Gesù era inutile. Quando fu per andar via, mi guardò serio serio e disse: «È così, figlia ingrata, che mi mostri la tua riconoscenza? È così che mi ami? Io ti ho dato il segno più bello del mio amore, ma tu ancora non mi hai dato nulla», e nel dir così piangeva. Povero Gesù! Così poi è troppo.
Stanotte poi il diavolo come era contento! Mi ha preso per i capelli, me li tirava e mi diceva: «Disobbedienza, disobbedienza! Ora non ci è più tempo da rimettere: vieni, vieni con me» e mi voleva portare all'inferno. Ci è stato più di quattro ore a tormentarmi e a strascinarmi, e così ho passato la nottata. La zia Elisa si è alzata, perché ha detto [che] mi sentiva piangere, e mi ha detto che avevo. Io ero quasi disperata: la pregavo che andasse a letto, non svegliasse le altre, ma lei ha cominciato a contendere con me e con Lei, e se ne è andata. Ma stamani ha detto che mi mette a dormire in quella camera buia che sa lei: «Così farai il tuo comodo, che io ho bisogno di dormire la notte». Poi, mentre mi accompagnava alle monache, che ci era la Sig.ra Cecilia, per la strada mi ha dato tanti scapaccioni perché mi ha domandato in che maniera ieri mattina aveva trovato del sangue per terra in camera. Io gli ho risposto perché ci pulì, ci doveva lasciare stare che ci pensavo da me, e lei allora mi bussava.
Ma tutto questo è poco per una disobbediente così. Fino Confratel Gabriele era serio e mi ha detto: «Gemma, così va molto male, nessuno è contento di te» e poi esclamava: «L'obbedienza: che bella virtù! Come gli piace a Gesù! E tu? Vergognati». Che nottata e giornata brutta! Oggi poi [non] ne posso proprio più, non ho quiete, perché mi sento cattiva, e poi penso: la Sig.ra Cecilia che dirà mai di me che sono così disobbediente, e lei che mi fa tanto e ha tante premure? La feci fino sudare ieri e mi diceva: «Se non obbedisci, va a finire che io ti abbandono e dico a Monsignore che ti metta in mano di altre persone e allora ti faranno obbedire per forza!». Ora queste parole mi tornano sempre in mente. Lo farà davvero? Sarei proprio rovinata. Per carità, glielo dica anche Lei che gli prometto di obbedirla sempre sempre, non la faccio più inquietare né sudare, che io sarò obbediente. Glielo dica Lei.
Senza di Lei non posso più fare la Comunione. Oggi la Sig.ra Cecilia alle quattro mi ci porta: mi fa la carità, se può, di venire?
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma








lettera 29

A Mons. Volpi, L 29: gennaio 1900

29
Gennaio 1900
Monsignore,

Che sarebbe se stasera non andassi più a casa e restassi con le monache? Me lo dica, mi faccia entrare in convento: Gesù lo vuole proprio, non ci crede? Con tante cose che ogni giorno mi succedono, io non posso più starci nel mondo. Non mi ci mandi a casa stasera, mi faccia entrare in convento: Gesù lo vuole. Lo faccia, lo faccia. Almeno proverà certe cose, e si avvedrà se sono sempre ammalata, come dicono.
La Superiora è contenta, glielo dimandi. Mi ci levi da tante brutte cose. Mi benedica e, se crede bene, mi consoli e preghi per la povera

Gemma.

Oggi sono a desinare con le monache, ma di fuori; mi mandi dentro, ché Lei può. Mi pare a me che sarebbe un logro meno anche per Lei, perché Gesù mi dice che Lei è molto angustiato per me, e sta molto male.
O provi: mi ci lasci, non mi ci mandi più a casa. Se sapesse come ci sto male, e peggio ancora sto quando sono come ora: quando in un posto e quando in un altro. Resto?

Gemma.

Ci creda, è proprio Gesù che lo vuole che esca da certi brutti affari; più volte mi ha detto che esca [da] dove sono, che sono in pericolo di peccato. Parli con la Superiora e mi faccia restare. Lo faccia, ché Gesù lo vuole.








lettera 30

A Mons. Volpi, L 31: gennaio - febbraio 1900

30
Gennaio - febbraio 1900
Monsignore,

Se sapesse come sono contenta! È già tanti giorni che sono con le monache (ma sempre di fuori), anche a desinare, sa. Anche oggi ci sono: un po' lavoro, un po' prego, e un po' parlo con la Madre Superiora; insomma sono contenta assai. E poi nello stare con Suor Maria, l'ho pregata che se conosce in me qualche peccato, me lo dica. Me lo dice, e se sapesse quanti ne sono usciti fuori di questi peccati, senza che io ci pensassi neppure. Dicevo sempre di non trovarli, ma ora invece li ho trovati; e sono tanti tanti.
Ora bisogna che Gli dica quello che mi accadde ieri notte. Non andai mai a letto, perché quel diavolo mi mise paura nel sentirlo bestemmiare, e io credevo che venisse in camera, e non mi fu possibile né dormire. né pregare; lasciai di fare la Meditazione la sera, e neppure pregai dalle 11 alle 12, e non andai mai a letto. La mattina poi mi alzai per andare in chiesa, ma la SS. Comunione mi pareva di non poterla fare; uscii di chiesa senza averla fatta, ma quando fui fuori, il diavolo cominciò a ridere forte forte; io capii quello che voleva dire, andai in chiesa di nuovo e feci la SS. Comunione, e Gesù mi disse che se non mi fossi vinta in quella mattina, non mi sarei più vinta, e non mi sarei più potuta comunicare. Mi disse ancora che mi facessi forza per arrivare in fondo a questa burraschetta, poiché tra poco ci siamo. Poi gli dimandavo a Gesù dove era andato la notte, perché mi aveva lasciata sola. Gesù mi rispondeva che era vicino a me.
Ieri sera poi il diavolo ci si era messo di nuovo per farmi perdere la Meditazione, ma mi riuscì farla. Quando fui a letto, mi venne un cane sul letto; io feci il segno della croce, e lui scese dal letto e fece un giretto per camera, e poi rimontò. Allora presi l'acqua benedetta; allora lui rifece un altro giro per camera e rimontò; allora ho ripreso l'acqua benedetta, mi sono fatta il segno della croce: è scappato. Colla bocca aveva agguantato la coperta del letto, ma poi l'ha lasciata. È entrato ed è uscito sempre a porte chiuse a chiave.
Ci ho da dirgli tante cose, ma non so se le vuole sapere. Gli chiedo la sua S. Benedizione e preghi tanto Gesù per la povera

Gemma.

Suor Maria vorrebbe che andassi con lei dalla Guinigi, perché ha saputo che è mia comare, e vorrebbe chiederle qualche cosa per una Madonna di convento, ed ha paura che Lei non sia contento che io ci vada. Glielo dica Lei quello che deve fare.

Gemma.







lettera 31

A Mons. Volpi, L 32: gennaio - febbraio 1900

31
Gennaio - febbraio 1900
Monsignore,

Mi fa la carità, mi ci mette in convento? Ci crede? fuori non ci posso più stare. Mi metta in qualche posto: basta che sia un convento. Non dico mica questo, perché mi sia venuto a noia quel po' di soffrire che Gesù fino ad ora mi ha dato, e mi pare che in questi giorni me lo abbia accresciuto, no. per questo no; solo desidero uscir dal mondo, perché sono in pericolo di offendere Gesù e poi per unirmi più strettamente a Lui, pensare a Lui solo, mentre ora... Se sapesse a quante cose devo pensare!
Non dico più neppure che voglio essere Passionista, dico soltanto: faccia Lei come crede, mi basta che mi metta dentro, perché a quel che avverrà poi dopo, ci pensa Confratel Gabriele. Prima Gesù mi dava piccole cosette da sopportare, ora poi ci ha aggiunto un tormento: non poter in nessuna maniera pregare. Questo per me è un vero tormento. Stanotte per dire quelle 7 Ave Maria che mi dette ieri per penitenza, mi ci è voluto tutta la notte: le avrà forse cominciate un centinaio di volte, quel birbante non voleva; ci ho patito un po', ma le ho finite di dire. Soffro assai con lui, ma in fine o vince Gesù, oppure S. Paolo, o Confratel Gabriele: sono sempre loro tre. Vedesse come fa presto a scappare, quando vede qualcuno di questi tre!
Ma lo so, sa, il perché Gesù mi fa fare così dal diavolo. Sono state certe cose che ho fatte io: qualche disobbedienza, e poi... Glielo dico quando vengo a confessarmi. Mi disse Gesù che era un po' di tempo che ero sincera con Lei, e per questo mi voleva più bene; ma feci quell'altre cose, e non me ne vuole più tanto. Si figuri, la mattina non vuole venire neppure più dentro di me, ci vuol tutta che ce lo mandi. Ma me ne sono pure pentita tante volte.
Monsignore, per carità, mi metta in convento; non posso più, vado dove vuole Lei; faccia come crede, ma mi levi. Mi raccomando a Lei: mi levi, mi levi, non ne posso più.
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.







lettera 32

A Mons. Volpi, L 33: febbraio 1900

32
Febbraio 1900
Monsignore,

Sabato sera andai a fare una visita al SS. Crocifisso; mi venne una gran voglia di patire, e proprio con tutto il cuore lo chiesi a Gesù. E Gesù da quella sera mi ha fatto sempre avere un dolore di capo, ma forte forte, e quasi sempre mi viene sangue; ma sono quasi disperata, perché ho paura di non potere resistere. Stanotte ho sofferto tutta la notte; ho pregato Gesù che volevo un po' di pace: infatti me l'ha data. Io non so in questi momenti se la Sig.ra Cecilia abbia veduto, perché è da ieri sera che sono con lei.
Se Lei crede che faccia bene, vorrei dire a Gesù che mi calmasse un po' la testa. Glielo devo dire?
Stanotte dicevo a Gesù che non ne potevo proprio più, e Gesù mi rispondeva: «Figlia mia, anch'Io non ne posso più dai cattivi trattamenti che mi fanno: questo è proprio un momento di tanti brutti peccati, che io non posso più resistere. Tu col tuo soffrire trattieni il castigo, che il Padre mio ha preparato per tanti poveri peccatori. E non lo fai volentieri?». Ho risposto di sì, ma ho paura di non resistere. Gesù mi ha detto: «Non temere, io ti farò soffrire, ma ti darò anche la forza». Ora mi sento contenta ed anche più in forze.
Lo prego a mandarmi la sua Benedizione e pregare Gesù per la povera

Gemma.










lettera 33

A Mons. Volpi, L 34: marzo 1900

33
Marzo 1900
Monsignore,

Ieri sera, quando uscii di confessionario, stetti tanto male: il diavolo mi cominciò a dire tante brutte cose di Lei, bestemmie, cose sudicie; mi diceva che la notte mi avrebbe fatto a pezzi, se non avessi acconsentito a quello che lui mi diceva. Mi aveva messo tanta paura, che ero proprio disperata, e ci mancò poco che per la strada non cedessi a quello che mi diceva; però dicevo tante cosacce, dissi fino arrabbiata che volevo morire, perché ero stanca di passare quelle brutte nottate. Ne avevo tante in mente anche di peggio; ci mancò poco che....
Quando arrivai a casa, andai quasi subito in camera; avevo tanta paura, ma prima di entrare, chiamai Confratel Gabriele. Venne subito, ma mi gridò tanto tanto perché, prima di tutto perché non sto contenta anche dopo le tentazioni: invece di uscire dalla tentazione più forte, ci esco invece col cuore oppresso; poi perché avevo detto di essere stanca di soffrire, e mi diceva: «Perché tu ricusi il patire, mentre che Gesù ha patito tanto per te? perché lamentarti di ciò che è disposizione sua? Se il patire ti sembra lungo, la ricompensa poi sarà eterna. Se la tentazione mette in sussulto il tuo cuore, e l'anima tua è sul punto di cedere al nemico, ricorri a me: sono pronto ad aiutarti; fidati a me, e non avrai a temere cadute. Ricordati sempre di parlare pochissimo riguardo le cose tue; evita i discorsi inutili, perché nelle tante parole si mescolano tanti difetti». E mi ha lasciata.
Appena è uscito Lui, è venuto quel cattivo solo tutto nudo e tutto pelo; voleva che facessi quello che faceva lui; io mai. Mi ha picchiata forte forte; finalmente ho vinto io per mezzo di Gesù. Sono poi andata a fare la SS. Comunione, ho sentito venire Gesù e mi diceva (perché io gli dicevo che era tanto che l'aspettavo): «Tutta la notte sono stato con te, e contavo tutti i momenti che ci erano sempre per venire dentro di te. Lascia pure che tanti cattivi mi offendano; ma tu vieni vicina a me, ché sempre ti aiuterò; vieni a cibarti di Me stesso, e così mi rincompenserai delle loro sconoscenze. Stamani ti voglio far sentire i palpiti del mio cuore...». Avesse sentito come facevano! Non so come spiegarmi...
Ieri sera pregai Confratel Gabriele, che ottenesse da Gesù la grazia di farmi lasciare stare il giorno dal diavolo; me l'ha subito ottenuto: quello del giorno me lo asserbi per la notte. Poi mi disse anche che mi trattenessi un po' con la M. [= Madre] dei dolori perché, mi diceva, «essa è stata la madre più afflitta di tutte, gode tanto se trova qualche anima che la compatisca. Ha molte grazie da dare, e non sa a chi darle; non trova persona che gliele chieda, non trova nessuni cuori che la supplichino». Mi disse poi che mi facessi coraggio, ché il momento verrà presto; amassi tanto Gesù e fossi forte.
Mi benedica e preghi Gesù per la povera

Gemma.








Gemma a Mons Volpi 18