Gemma a Mons Volpi 33

lettera 34

A Mons. Volpi, L 35: marzo 1900

34
Marzo 1900
Monsignore,

Stamattina (ero dalle monache), appena sono arrivata da loro, sono andata a vedere Gesù in chiesa, e mi è parso che Gesù mi abbia detto forte forte (ma ero sola, non ha inteso nessuno): «Gemma, scrivi subito al tuo Confessore quello che ti accadde ieri e stanotte. Digli che quando viene il P. Provinciale, parli con Lui del nuovo convento da farsi, voglio dire delle Passioniste». E poi non mi ha detto altro. Io allora mi sono messa a scrivere.
Gesù pare che per mezzo di Confratel Gabriele mi abbia fatta la grazia di non essere più tormentata dal diavolo il giorno, solo la notte. Ieri stetti sempre senza vederlo, e neppure mi venne mai a tentare; stanotte poi mi è venuto in forma di uomo tutto nero ed aveva avvolto a un braccio un serpente, e mi diceva: «Tu sei dannata per quel peccato che facesti anni indietro, te ne ricordi? Non ci è proprio più speranza per te, io ti porto all'inferno, sei già mia; te ne avvedi bene da te che Dio ti ha sempre abbandonata». Io ho risposto che è tanto che Gesù me lo ha perdonato, e lui: «Non è vero: per quello sei condannata all'inferno; vieni». E mi trascinava per terra. (Che paura, che paura!). Infine poi sono rimasta per terra, senza forza; ho chiamato Gesù: è venuto subito, insieme a Confratel Gabriele; mi ha aiutata ad alzarmi e mi ha dato subito la forza; poi mi ha detto che quando la sera vedo che in casa cominciano a questionare, io vada subito in camera e non stia a sentire nulla. Quello però lo sapevo già, perché anche l'altra sera avevano appena cominciato, che Gesù mi fece cenno che uscissi e tante volte ci prendo parte anch'io, ma Confratel Gabriele mi ha detto, che se entro altre volte in certi discorsi, non mi vorrà più bene: «La sola cosa a cui devi pensare tu, è di non offendere mai Gesù, e di amarlo tanto tanto».
Ieri poi, quando mi misi a pregare dopo desinare, venne Gesù, ma allora mi fece andar via la testa; ma io rimasi dove ero. O come è dolce passare un giorno con Gesù! Mi diceva che le grazie che volevo, me le avrebbe fatte; che le chiedessi a Confratel Gabriele. Io risposi, prima che mi salvasse l'anima, poi se fosse piaciuto a Lui, non permettesse al diavolo di tentarmi sopra la purità. Mi rispose che non gli avrebbe più dato permesso. Gli chiesi un po' di forza per la notte, e poi che pensasse Lui a pensare a quelli che pensano a me, perché io non sono buona neppure a ringraziare.
Poi Gesù mi fece vedere un'anima tutta bella, bianca bianca. Gli domandai chi era; mi rispose che era di Annetta. Io dissi subito: «O Gesù, sarò io pura come Lei?». E Gesù rideva e non rispondeva. Gli ho detto poi: «O Gesù, fa' presto». E senza dire altro capì quello che volevo dire, e rispose: «Sta' contenta: prima bisogna che tu porti la croce in altro luogo, poi a suo tempo la porterai Passionista».
Mi benedica e preghi Gesù per la povera

Gemma.








lettera 35

A Mons. Volpi, L 36: aprile 1900

35
Aprile 1900
Monsignore,

Oggi mentre facevo l'Ora di Guardia, mi è accaduto come al solito: mi sono addormentata. Mi pareva che Gesù mi volesse tanto bene, mi faceva tante tante carezze; mi è parso perfino che mi abbia baciato. Mi dimandava se mi trattenevo volentieri con Lui in quell'ora. Gli ho risposto che non solo quell'ora, ma sempre vorrei stare con Lui. Anche Gesù era contento. Allora mi è venuto in mente di domandargli quello che Lei mi disse Sabato in confessionale, e gli ho detto così: « O Gesù, ma che volete dal mio Confessore? mi ha detto Lui che cosa deve fare». E Gesù allora mi ha detto: «Devi dirgli che Io voglio che tu vada in convento più presto possibile; se tu stai fuori, io non posso fare di te quello che voglio». «Ma che devo fare?». Gli ho detto che non mi faccia fare cose che non sono da me, perché io non sono buona da nulla; e poi di tante grazie che mi fa, io non so come fare a corrispondergli; che cerchi un'altra persona, che sappia fare più di me. Gesù allora mi ha risposto: «Tu fai quello che puoi. Io mi voglio servire appunto di te, perché sei la più povera, la più peccatrice di tutte le mie creature; tu non meriteresti altro che ti mandassi all'inferno, ma invece voglio che tu sia una vittima, e che continuamente tu soffra per placare lo sdegno che il mio Padre ha verso i peccatori, e che tu ti offra a Lui come vittima di tutti i peccatori». Ho risposto: «Gesù mio, fate un po' quel che vi pare, io sono contenta».
Poi mi ha detto: «Al tuo Confessore devi dirgli che prima Lui mi contenti me, ti metta dentro te, e si occupi di cercare un ricovero per le mie povere figliuole, che desiderano venire con me sul Calvario; e poi gli prometto di contentare Lui, e gli farò convertire anche il suo fratello». Io allora ho detto a Gesù, che è difficile che possa andare in convento, perché non ho niente niente. E Gesù mi ha risposto: «Ma tu lo so non hai niente, ma ti ho [dato] tanto io, ti ho dato tutto; non ho più che darti per fare conoscere che ti voglio proprio mia sposa crocifissa».
Mi benedica e preghi tanto Gesù per la povera

Gemma.








lettera 36

A Mons. Volpi, L 37: aprile 1900

36
Aprile 1900
Monsignore,

Se sapesse! Annetta dopo Roma va a Corneto e dice alle monache se la pigliano. E io? Ma non m'importa più di essere Passionista: mi basta qualunque altro convento. O perché non mi mette? Ci crede? non so a chi raccomandarmi, perché mi levino dal mondo: non ci è che Lei; lo seccherò, ma Gesù lo vuole, vuole proprio che vada in convento. Io non ne posso proprio più; in qualunque posto vado, è lo stesso; desidero solo che mi chiuda strinta e non mi veda più nessuno. Così sto male.
Gesù stesso mi dice spesso che dovrei vergognarmi a farmi vedere, perché, sono proprio la peggio di tutte le sue creature.
L'altro giorno andai alle Cappuccine con Suor Maria, e mi dissero che quando sono veramente Gemma del Cuor di Gesù, vada, ché mi prendono senza quattrini. Non ebbi coraggio di risponder nulla.
Oggi, quando vengo a confessarmi, mi dica che presto mi ci mette. Un [= non] glielo potrei dire quanto sarei contenta.
Gesù lo vuole proprio, sa; perché quando avrò professato, mi ha preparato tante cose grosse.
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.

Mi contenta presto, è vero?








lettera 37

A Mons. Volpi, L 38: maggio 1900

37
Maggio 1900
Monsignore,

Stamani mi ha dimandato più volte se avevo altro da dirgli; ho risposto di no, perché non mi ricordavo di altro, ma ora che mi tornano in mente, gliele dico. Non so se altre volte gli ho mai ricordato una certa signora di Roma. Mi scrisse giorni sono una lettera, è questa che troverà insieme a delle altre scritte dal P. G. [= Germano], ma non a me.
E poi quante cose cattive mi ha dette stamani! E perché? Vorrebbe mandarmi a confessarmi dagli altri. Sia certo certo che Gesù non vuole: o Lei o P. G. [= Germano].
Sarò buona, l'obbedirò sempre, e farò tutto quello che Lei vorrà; ma non mi mandi da nessuno: non sono io che non ci voglio andare, è proprio Gesù che non vuole. Se proprio proprio non mi volesse più, mi mandi da P. Germano: o Lei o Lui. Gli sarò sincera, sa. Se qualche altra cosa non ho anche detta, proprio perché non l'ho in mente.
Sia buono, non mi mandi da nessuno. Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.










lettera 38

A Mons. Volpi, L 39: maggio 1900

38
Maggio 1900
Monsignore,

Stia a sentire. Il P. Provinciale disse ieri alla Sig.ra Cecilia se gli trovava una conversa per mandarsi tra le Passioniste. Lei ne ricordò subito una, ma ci sono io avanti; mi ci manda me, è vero? Saprò far tutto: a quello non ci pensi. È contento che scriva subito a P. Germano? E poi, se Lei me lo concedesse, la Sig.ra Cecilia vorrebbe che scrivessi a una signora di Roma, ma credo che Lei già lo sappia.
Se mi facesse la carità di levarmi da per tutto dove sto! Ci crede? do noia a tutti; alle monache un [= non] lo so quel che ci è, a qualcuno do noia anche lì; in casa... E poi anche alla Sig.ra Cecilia, crede che gli dia poca noia? In ogni modo mi raccomando a Lei; mi contenti: Gesù lo vuole.
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.

Se vuole che scriva a P. Germano e a quella Signora, mi farebbe carità se lo dicesse alla Sig.ra Cecilia.






lettera 39

A Mons. Volpi, L 40: giugno 1900

39
Giugno 1900
Monsignore,

Ieri andai alle quarantore con la zia; dopo gli dissi se mi portava a S. Michele, ché avevo bisogno di Lei. Mi disse che non ne aveva voglia di venire fino là, e mi lasciò andar sola. Uscii di chiesa per venire; in quel mentre un uomo mi si accostò, sentii che parlava, ma non capii quello che dicesse; incominciò a venirmi dietro, io avevo paura e correvo, entrai in molte chiese, e lui sempre o avanti o dietro; camminavo, senza sapere dove andassi, e mi trovai in chiesa della SS. Trinità. Piangevo; quella donna che attende alla chiesa, se ne avvide, e mi portò in una stanza. Le monache mi videro e mi chiamarono; non ci volevo andare, ma videro che ero tanto spaventata, mi fecero andare in parlatorio. Non potevo più parlare; mi dettero da bere, poi stetti bene, passò ogni cosa; rimasi lì un po' e mi addormentai. Dopo mi accompagnarono in S. Leonardo, ché ci era la zia.
Ora ho paura a tornare da Lei, perché ho disobbedito; ma non volevo, sa, disobbedire: ci andai perché avevo tanta paura.
Ma non lo faccio più. Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.








lettera 40

A Mons. Volpi, L 41: giugno 1900

40
Giugno 1900
Monsignore,

Ora sto meglio; a forza ho potuto ricevere Gesù, ma dopo o come sono stata bene! Gesù si è fatto sentire; ma come ha fatto a venire, con tutti quei peccati che avevo fatti in confessionario? Pochi momenti prima l'avevo chiamato tiranno, e poi è venuto. O quanto è buono Gesù! Per fortuna che feci a tempo a fare la protesta che mi scriveva P. Germano. Mi pareva che mi dicesse Gesù: «O perché sei così perplessa, o figlia mia, nelle tentazioni?». Io piangevo, perché mi aspettavo tutt'altro stamani da Gesù. Pregavo, ho pregato anche assai, che m'insegnasse quello che avevo da fare, e poi piangevo tanto. E Gesù non mi contendeva, anzi mi pareva che mi volesse assai bene. Infine mi ha detto che d'ora in avanti mi avrebbe dato un segno certo per distinguere se fosse Lui, o il diavolo: «Quando ti comparirà dinanzi qualcuno, pronunzia subito queste parole a voce alta: Sia benedetto Gesù e Maria! Se ti rispondono, è segno che viene da me; altrimenti alzati e distraiti; poiché è l'ingannatore. Così pure farai se t'incontri in qualche persona, conosciuta o sconosciuta che sia, e ogni volta che ti presenterai al tuo Confessore medesimo. Attenta, o figlia, vivi quieta, ché in questo modo ogni cosa andrà bene. Obbedisci ciecamente, e non temere. Io
sarò sempre con te, e la mia Madre SS. ti proteggerà; ma invocala spesso. Ci pensi così poco! Se tu avessi invocato Lei ieri l'altro, le cose sarebbero andate diversamente. Attenta, figlia mia, vivi quieta: io sarò sempre con te».
Ora sto tanto meglio di stamani. Gli dimando perdono di quello che gli ho fatto; non lo voglio far più, e lo voglio obbedire sempre sempre.
Mi benedica, e poi vorrei andare in convento: vado dove mi mette. Sono la povera

Gemma.

Ho detto alla Sig.ra Cecilia che Lei desidera vederla, ma sa? non mi ha creduto. Lo credo: col mucchio di bugie d'ieri! Ma io non le avrei volute dire. Ho promesso a Gesù che non mi lascerò più ingannare così facilmente, e lo prometto anche a Lei.







lettera 41

A Mons. Volpi, L 42: giugno 1900

41
Giugno 1900
Monsignore,

Ieri sera sentii contendere tanto tanto, perché le zie sapevano che la mattina ero stata da Lei, e mi dimandarono quando mi avrebbe messo in convento. Risposi che non mi aveva detto niente, e per questo loro cominciarono a gridarmi: mi dicevano che mi portano subito al Borgo, se Lei non ci pensa, e vogliono che Lei dica o sì o no se mi leva. Io stavo sempre zitta. Quando poi fui sola e libera, chiamai Gesù, e venne presto; piangevo forte, perché non sapevo che dire, e più che fare. Ma Gesù mi fese smettere di piangere, mi prese sulle ginocchia sue, e mi disse che non piangessi, che fossi contenta e che dicessi a Lei, che ormai sarebbe il tempo; perché se Lei continuava a far così, era resistere alla volontà sua. Allora io dissi subito: «Ma, Gesù, dunque devo abbandonare proprio il pensiero di farmi Passionista? Io sarei contenta, Gesù, di morire appena ho quell'abito addosso». E Gesù mi rispose che quel pensiero non lo abbandonassi, che mi avrebbe fatto essere Passionista davvero prima di morire. E poi continuava: «Vedi, figlia mia, ora ti è proprio impossibile entrare subito nelle Passioniste, ma non temere di nulla; vai dove il Confessore ti mette, ché poi io penso al resto; però pregalo, e digli a nome mio che ti levi subito, che dove ti vorrà mettere, non avranno nessuna difficoltà a prenderti, in qualunque modo tu vada».
Poi mi ha detto Gesù che Lei ha tanto paura che non sia vera vocazione, e tante altre cose. Gesù ha detto che sarà d'ora in avanti Lui solo responsabile di me; appena andata in convento tutto andrà bene, nessun segno avrò più; dopo la professione poi... Me lo ha detto tante volte Gesù che pregassi Lei che non resista più alla volontà Sua, ché fa male. Ed era proprio Gesù, perché dopo ero contenta contenta. Mi facevo il segno della croce, e tanto Lui non andava via, anzi rideva e dimenava il capo. Sull'ultimo poi mi ha detto che scrivessi subito tutto a Lei. Sono le 11¼ e ho scritto subito. Mi ripeteva che stassi contenta, ché sarò Passionista, ma per ora vada dove vuole il Confessore, ché al resto pensa Lui.
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.

Se vuole Lei, vado anche al Borgo, perché poi mi fido di Gesù; ma no, lo dimandi alla M. P. [= Priora] delle Suorine: anche così cattiva mi prende subito. Faccio come vuole Lei, perché poi ci pensa Gesù.








lettera 42

A Mons. Volpi, L 65: 1900

42 1900

Monsignore,

Ieri sera gli dissi pure che sarei rimasta a dormire con le monache e Lei mi dette il permesso di trattenermi con Gesù fino che Gesù voleva. Ma appena arrivata al convento, venne la zia e mi portò a casa. Che sacrifizio grosso che feci! Ma pure con Gesù ci sono stata fino alle quattro.
Venni a casa (è tornata anche l'altra zia): le zie mi sembravano buone per la strada, ma appena arrivata a casa, cominciò un po' di burrasca. Venne poi l'altro fratello e lui cominciò con le bestemmie, (mentre bestemmiava mi si aprì la ferita da quella parte) e tutto perché ieri sera ero rimasta con le monache, e poi perché ero tornata a casa. Credeva che non tornassi più. E tutti dicevano che giro sempre per Lucca, che a loro non piace questa maniera: o non esca più di casa o vada in convento, perché tutti gli domandano che faccio, se sono ammattita. Il mio fratello poi mi disse che se m'incontra fuori con Suor Maria, mi porta in un posto lui e non mi fa più vedere da nessuno; voleva rinchiudermi in camera ieri sera, perché stamattina non uscissi neppure per far la SS. Comunione.
Mentre succedeva questo, Gesù mi diceva: «Stai buona, aspetta che dopo ti dirò tutto io». La zia poi, (io non glielo avevo detto anche che venisse da Lei) disse che dimani veniva da Lei e: «So io quel che devo dire». Dopo poco poi rimasi libera, e me ne andai in camera con Gesù. Sul primo non volevo mettermici, perché il mio fratello aveva detto di rinchiudermi in camera e non farmi più uscire; quell'uomo l'hanno cambiato di camera ed ora l'ho più vicino. Infine poi vinsi io e pregai ed ho passato la notte quieta e contenta con Gesù. Mi ha detto Gesù che tutte queste cose le scrivessi subito a Lei. Poi dissi a Gesù: «O mi dici che gli dirà la zia a Monsignore?» E Gesù: «Denti, la zia va a dirgli che vuol portarti in convento al Borgo con le zie. Tu però lascia fare di te quello che faranno; dì però al confessore che ora sarebbe tempo che pensasse davvero a te e non ti trascurasse».
Monsignore, io mi sento contenta e farò come vuole Lei. Ora però se viene la zia e Lei gli parla di quell'uomo, la burrasca allora sì che viene davvero. Non gli dica niente, perché mi parrebbe fosse peggio; quando sono in casa e nel pericolo, mi fido di Gesù. È possibile che Gesù permetta del male?
Ci vado sempre con Suor Maria, è vero? Lei è contento? Io mi sento contenta soltanto quando sono con Gesù: è contento che ci vada tutti i giorni, è vero? Mi ci levi di casa per carità: non ci posso più stare. Ora il mio fratello martedì va via, quell'uomo è più vicino: come farò? Ma non mi sgomento: mi fido di Gesù.
Mi manda a dire qualche cosa? Io non so quel che fare: devo stare sempre con Suor Maria, è vero?
Preghi Gesù per la povera

Gemma







lettera 43

A Mons. Volpi, L 66: 1900

43 1900

Monsignore,

Non mi sentivo quieta se prima non dicevo a Lei questa cosa. L'ultima volta che mi confessai, gli chiesi il permesso di andare dalle monache. Mi rispose che stassi invece con la Sig.ra Cecilia. Lei non poté, e io allora stavo volentieri in casa, oppure da Gesù tutto il giorno. Chiesi alla zia se mi ci avesse fatto stare e non lo dicesse a nessuno; mi parve di sì e mi ci lasciò. Più tardi tornò a prendermi: volevo andare a casa, ma lei non mi ci volle portare, perché Angelina, quel giorno appunto, non era voluta andare a scuola per dispetto, e se la zia mi avesse portato a casa, non mi avrebbe fatto trovar pace mai in tutto il giorno. Quando sono in camera la sera ogni momento, o per una scusa o per l'altra, verrà cinque o sei volte; e poi quando sto con lei, tante volte mi fa certi discorsi dei più sudici e più brutti che possono essere nel mondo. Le zie poi le picchia e le tratta... e se io parlo per difenderle, lei allora comincia a dire tutto quello che sa di me... e bisogna che lasci fare.
Ieri notte perfino si alzò per venire a vedere quel che facevo; ero nel letto. Dice che ad essere così cattiva ha imparato da me, e dice ancora che gli ho insegnato cose, ma delle peggio. Purtroppo è vero!
Insomma, ieri stetti dalle monache, e poi stamattina ero incerta se dovevo fare la Comunione, perché non sapevo se Lei fosse stato contento. Mi pare che sia poco contento quando gli chiedo questo permesso. Però fui sempre con Suor Maria, pregai ma con la bocca, e non vidi mai nessuno. Non andai mai neppure in Chiesa, perché hanno la chiave di sacrestia parecchie persone e avevo paura che venissero.
Le zie ieri l'altro subito scrissero al Borgo alle monache, e dimani o oggi aspettano la risposta. Io sono contenta contenta di andare anche lassù. O fosse pure che ci avessi davvero pochi giorni da restare su questa brutta terra! Se mi prendono, mi ci manda subito, è vero? Non mi fa aspettare che ci vadano le zie per la festa? Stia pure sicuro che appena metterò piede in convento, verrà un buio profondo. Ma allora? Lei non ci sarà. Non potrò dir più nulla alla Sig.ra Cecilia che tante volte mi sono trovata in certi brutti giorni al buio scuro, lei sapeva ogni cosa e pure mi faceva essere contenta. Scriverò e poi Gesù, quando vedrà che non [ne] potrò più, mi aiuterà.
Qualunque cosa avvenga io sono contentissima: mi basta solo di andare a stare con Gesù e uscire dal mondo.
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma











lettera 44

A Mons. Volpi, L 43: giugno 1900

44
Giugno 1900
Monsignore,

Guarda se gli riesce farmi la carità di venirmi a confessare? Non posso stare senza che Lei mi confessi. Gesù, stanotte particolarmente, si è fatto sempre più sentire, mi ha detto tante cose; ma se l'obbedienza me lo permette, devo farle; se no, no.
Il diavolo mi ha anche picchiato (dico il diavolo, ma non so che sia). Senta: ieri, la mattina, la zia mi comandò di tirare su una secchia di acqua per empire le brocche di camera; tirai su l'acqua, empii le brocche, posai la secchia, per portarle al posto, e per portarcele dovevo passare davanti a un'immagine del Cuor di Gesù. Nel vedere quel Cuore, il mio mi dette 3 o 4 colpi così forti. Salutai Gesù con queste parole: «O Gesù mio, fa presto, concedimi la grazia di unirmi sempre più a te; fammi presto tua, in modo che non possiamo più separarci». Poco dopo che ebbi pronunziato quelle parole, sentii darmi una bastonata sì forte nella spalla sinistra, che cascai per terra, senza romper nulla. Io non capii nulla di tutto questo. Sentii farmi tanto male, e anche oggi mi sente sempre e mi pare anche, ogni cosa che faccio, di sentirne dolore.
Appena ebbi la bastonata, sonarono alla porta; aprì la zia, ed erano le monache Barbantini che venivano a vedermi; la zia mi chiamò subito, andai là, ma mi sentiva tanto la spalla, che ero quasi fuor di testa, non sapevo che dirle. Si lamentarono fino che non le avevo bene accolte. M'interrogarono su tante cose, ma Gesù mi aiutò; mi chiamarono ingrata, dissero che non ero più semplice come prima, e tante altre, ma non dissi nulla; risposi più volte: «Non posso dir nulla». Gesù mi pareva fino che in quel mentre che la monaca mi dimandava, mi facesse conoscere che quel suo desiderio non era cosa buona, e così stetti sempre zitta. Fu la prima volta che feci l'obbedienza al Confessore.
E poi anche un'altra cosa. Le zie dimani vanno al Borgo, e mi dicono a me cosa devono dirgli. Io non lo so. Sarebbe contento se gli dicessi se mi volessero per un po' di tempo con loro, anche come per prova?
Mi benedica e preghi per la povera

Gemma.

Mi aiuti, Monsignore, a non ingannarmi. Io non le voglio queste visioni: vorrei solo che Gesù mi perdonasse quelle cose: Lei le sa. E poi che mi facesse andare in convento per pensare a Lui solo, e stare sempre con Lui.









lettera 45

A Mons. Volpi, L 44: giugno-luglio 1900

45
Giugno-luglio 1900
Monsignore,

Oggi proprio nell'ora di guardia, mi sono come al solito addormentata. Oh, che bel sonno contento! La Madonna dei dolori mi è venuta proprio a fare una visita, ma consolante. Prima di tutto mi ha liberato dal demonio, e me lo ha levato da dosso; poi mi accarezzava e mi baciava, e mi ha pregato che venissi subito da Lei. Mi diceva lei: «Ma vacci subito; devi dirgli così: Lei ha tanta paura che non sia volontà di Dio che debba andare Passionista; e digli pure a nome mio (a nome di Maria Addolorata) che contenti il Figlio mio: che ti metta in convento subito, pensi lui a dote e a tutto, ché lo può benissimo. Digli ancora che nel mese mio a me consacrato, che sarebbe il mese di Settembre, voglio di te farne proprio una vittima e offrirla a Gesù; ma ti voglio in convento». Io ho detto alla Madonna che mi vergognavo a dire a Lei queste cose, ma la Mamma mia ha detto che gli dicessi subito tutto. Infatti mi sono svegliata ed eccomi, subito.
Mi benedica, e sono
Gemma Galgani.








lettera 46

A Mons. Volpi, L 46: 10 agosto 1900

46
10 agosto 1900
Monsignore,

Stia a sentire: io sono quasi sgomenta. Angelina sa ogni cosa di me. Stamattina parlava delle cose mie come se niente fosse; e il mio fratello insieme con lei ci scherzava. Io non ho mica paura dei loro scherzi, sa? Ho paura di tante altre cose. Angelina dalle 11 di stamani fino ad ora che sono le 3, mai mi ha lasciata sola; dice che vuol vedere ogni cosa, quasi quasi sembra un diavoletto. Le zie ci ridono, ed io ho una voglia di piangere, e piangere tanto, sa? Ma aspetto di piangere stanotte con Gesù. Ma se è andato via anche Lui ora! mi trovo sola. Ma che dico sola? E non sono sola, sa? La Sig.ra Cecilia, prima di andare via, pregò tanto tanto l'Angelo Custode che non mi lasciasse sola. È stato vero. Dalla sera avanti che lei partì, è stato sempre con me. Ma mi lascia fare veh, Lui! E quando mi inquieto e piango, allora (proprio che non ne posso più) mi dice qualche cosa, e presto torno in calma. Io ho paura che quest'Angelo Custode lo vedano in casa. Se lo vedesse Angelina, chi sa? Stamani ho dimandato all'Angelo mio, in che maniera, quando non c'è la Sig.ra Cecilia, ci sta sempre Lui con me. (Tante volte, sa, quando lei non c'è, mi lascia lui! E allora si fa vedere; ma quando c'è lei, allora mi sparisce). Sa che cosa ha risposto? «Nissuno, figlia mia, come lei sa far bene le mie veci». E poi mi canzonava e diceva: «Povera bambina, ha sempre bisogno di una continua guida!». Ma rideva nel dir così. Eppure, se sapesse, anche in presenza dell'Angelo mio, quanti peccati, quante mancanze! Lui stesso si vergogna. Ma le persone lo vedranno? Se mai, ci pensi Lei a dirgli che stia nascosto.
E poi mi sono provata, sa? a dire che facevo la spia a Lei; allora poi ne ho toccate: con una mano mi ha preso i capelli, e me li tirava. Eppure mi è riuscito stare zitta; è stata Angelina. -
Come sto male, se sapesse, senza la Sig.ra Cecilia! Ma verrà presto, è vero? Vorrei dirgli che mi mettesse in convento, ma P. Germano mi pare che queste parole non vuole che le ripeta. Allora non gli dirò nulla.
È contento, è vero, che dimani vada dalle monache? sto buona. Non gli chiedo mica di uscir di casa per non soffrire, soltanto perché ho paura che Angelina... Fino le sue compagne di scuola ci ha portato in casa, e dice loro così, ma per canzonarmi: «Venite, andiamo a vedere Gemma andare in estasi». E queste parole le ripete sempre, forte, anche sul portico la sera. Se volesse, se credesse bene, vorrei andare in qualche convento fino a tanto...

Mi benedica; sono la povera

Gemma.

Gli ho scritto, perché dopo, quando Lei sa ogni cosa, sto meglio.








lettera 47

A Mons. Volpi, L 47: 10 agosto 1900

47

10 agosto 1900
Monsignore,

Ho ricopiato qui alcuni appunti, che ieri sera mi chiese. Glieli mando, ma con un patto: che appena letti, li bruci subito subito; se no, non gli mando più nulla.
La cosa andò così. L'anno passato, nel mese di Decembre, passò di qua P. Luca, che era di ritorno da Corneto, e parlava di una certa M. M. Giuseppa, e diceva che era molto angustiata. Io poco me ne presi pensiero, ma alla Sig.ra Cecilia gli fecero impressione, e mi pregò se quando fosse venuto Gesù, glielo avessi dimandato. Mi ricordo bene che sempre me lo dimenticavo; alla fine un giorno per contentarla glielo dimandai. Mi fece dimandare qual era la cagione per la quale M. M. Giuseppa era sì angustiata. Mi sembrò allora un giorno di vedere Gesù; Gli feci questa dimanda, e mi rispose in questo modo: «M. M. Giuseppa è angustiata per più cose. Ha presso di sé una conversa novizia, che è un po' trascurata, non osserva più le regole, e vede bene che andrà a finir male. L'altra cagione poi l'affligge anche più di questa: Madre M. Teresa è ammalata; l'ha detto a lei sola. È ammalata assai. Prega continuamente perché gliela mantenga ancora in vita, ma sarà inutile, perché tra pochi mesi la condurrò con me. Lei se ne avvede, e per questo soffre tanto».
Non disse altro. Riferii la cosa alla Sig.ra Cecilia, e poi me la fece scrivere in un foglietto, e lo tenne con sé, e quando fu a Roma, lo consegnò a P. Germano.
In questo tempo trascorso poi, più volte Gesù mi diceva che M. M. Teresa era vicina al suo termine; l'ultima volta me lo ripeté il giorno del Corpus Domini. Ma io non ne facevo nessun conto, non me ne curavo per niente. Quando passava qualche Sacerdote Passionista, la Sig.ra Cecilia dimandava come stesse M. M. Teresa, e da tutti si sentiva dire: «Sta bene». Ma non era vero, perché era ammalata, e lo sapeva solo M. M. Giuseppa; ma erano certe malattie che se le era cagionate da sé, dalle continue discipline e penitenze.
Passò tutto questo tempo, quando un Venerdì Gesù mi sembrò che mi dicesse: «Gemma, M. M. Teresa del Bambino Gesù è in Purgatorio; prega per essa, soffre molto». Quando sentii dir così, non credevo che fosse quella che tante volte Gesù mi aveva parlato. Io la conoscevo per M. M. T. [= Madre Maria Teresa] e non del B. Gesù. Tante tante volte Gesù mi diceva che pregassi per lei, e facessi pregare anche altri. Non poteva stare senza di lei Gesù. Facevo più che potevo; m'insegnò l'Angelo Custode che ogni più piccola cosa che patissi, offrissi tutto per le anime del Purgatorio, massime per lei. Lo feci. Un Giovedì pure Gesù mi fece patire per lei due ore di più, e dopo mi disse che gli aveva alleggeriti i tormenti. Mancavano pochi giorni all'Assunzione di M. SS, e io credevo proprio che in quel giorno Gesù la conducesse con sé. Erano circa le 9 di quella mattina, ero nella stanza delle monache che leggevo le glorie di Maria; mi parve (se sapesse un po' quanto pato nello scrivere certe cose!) di sentirmi toccare sopra una spalla; mi voltai, e vidi una persona presso di me, vestita di bianco. Che paura che ebbi! Mi alzai per scappare, feci per urlare, ma non potei far nulla. Questa persona mi dimandò: «Mi conosci?». Risposi di no, ma con una paura tremenda. Soggiunse: «Io sono M. M. Teresa, ti sono venuta a ringraziare del bene che mi hai fatto, e della premura che hai avuta, affinché potessi andare più presto nel Cielo. Continua ancora. Pochi giorni, e poi sarò eternamente felice». Non mi disse altro; io continuai a leggere, e lei se ne partì.
Da quell'ora raddoppiai più che potei le mie deboli preghiere; provai però un po' di dispiacere, perché credevo proprio che quel giorno dovesse andare in Cielo.
Ieri mattina finalmente, dopo la SS. Comunione, Gesù mi disse che stanotte dopo mezzanotte sarebbe volata al Cielo.
Infatti mi è sembrato che ciò sia avvenuto davvero. Mi aveva promesso Gesù che me ne avrebbe dato un segno. Era mezzanotte e non vedevo anche niente; ecco il tocco, e nulla; verso il tocco e mezzo, la Madonna mi è sembrato che mi sia venuta ad avvisare, dicendomi che l'ora si avvicinava. Dopo un po' ho veduto venirla, accompagnata dal suo Angelo Custode: era vestita da Passionista; mi ha detto che il suo Purgatorio era finito, che andava al Cielo. Io ho patito tanto, sa; volevo andarci anch'io. Ma che? nessuno mi dava retta. Prima di andar via, mi ha detto che avvisi M. M. Giuseppa, che si metta in quiete. È andata in Paradiso circa le 2. Rideva forte ed era tanto contenta, se avesse veduto! L'è venuta a prender Gesù e il suo Angelo Custode. E Gesù, quando l'ha presa, ha detto: «Vieni, o anima, che mi sei stata tanto cara!». E l'ha portata via. Ora ho detto tutto; ma Lei appena li ha letti [questi appunti], li bruci e non ci pensi più.
Ora ci è un'altra cosa. Sa, quando mi pare il Giovedì sera di vedere Gesù, lo prego sempre per Lei, e gli dico così: «Gesù mio, pensa al Confessore, e fa' che mi guidi in modo, che possa fare tutto secondo il tuo gradimento». E Gesù mi risponde: «Digli al Confessore che non ti trascuri. Tu palesagli ogni cosa, obbedisci in tutto. Vorrei che avesse un po' più di premura per te; digli ancora che voglio che ti nasconda». Ora poi ho detto tutto, ma non ne posso più.
Gli prometto di obbedirlo sempre, e di dirgli sempre tutto, buono e cattivo.
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.








lettera 48

A Mons. Volpi, L 82: 1902

48 1902

Monsignore,
Feci l'altra sera il famoso bagno, ma poco mancò che non ci affogassi. Una tentazione fortissima mi venne, ma lottai, è vero, per circa un'ora, ma con l'aiuto di Dio vinsi. Non credo bene accennare nulla ora, glielo dirò in confessione.
Ora poi sì davvero che ne ho fatto una delle mie. Ieri aprii una cantora della scrivania del Sig. Lorenzo: vidi un libro, l'aprii e aprii pure un foglio che ci era dentro. Vi lessi il mio nome in principio, la curiosità mi vinse subito e ne lessi quasi una pagina, e poi me ne vivevo certissima senza aver fatto nulla. Ma purtroppo l'Angelo Custode mi fece tornare in mente ogni cosa e mi rimproverò tanto tanto e aggiunse perfino: «Io mi vergogno di te». Mi fece tanto piangere.
E non serve mica sa, che chieda perdono. In quei momenti lì di rabbietta non ci è mai caso che voglia perdonarmi. Per castigo mi ha lasciata sola tutta la notte e mi disse: «E chi sa se anche dimani mi farò vedere». Cerco in tutti i modi Lei per confessarmi; stamattina la Sig.ra Cecilia lo cercava appunto per questo. Mi fa il piacere di mandarlo a dire da chi gli consegna questa lettera? Ho bisogno dell'assoluzione perché sto male, ho un mucchio di peccati che m'inquietano.
Qui troverà una cartolina, la legga e sentirà.
Mi benedica e preghi tanto tanto per la povera

Gemma
In questo stato che mi trovavo ho fatto la SS. Comunione: che avrò fatto?

















Gemma a Mons Volpi 33