CODICE DI DIRITTO CANONICO 1151

Art. 2 La separazione con permanenza del vincolo


1151 I coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza coniugale, eccetto che ne siano scusati da causa legittima.


1152 § 1. Per quanto si raccomandi vivamente che ciascun coniuge, mosso da carità cristiana e premuroso per il bene della famiglia, non rifiuti il perdono alla comparte adultera e non interrompa la vita coniugale, tuttavia se non le ha condonato la colpa espressamente o tacitamente, ha il diritto di sciogliere la convivenza coniugale, a meno che non abbia acconsentito all'adulterio, o non ne abbia dato il motivo, o non abbia egli pure commesso adulterio.

§ 2. Si ha condono tacito se il coniuge innocente, dopo aver saputo dell'adulterio, si sia spontaneamente intrattenuto con l'altro coniuge con affetto maritale; è presunto, invece, se conservo per sei mesi la convivenza coniugale, senza interporre ricorso presso l'autorità ecclesiastica o civile.

§ 3. Se il coniuge innocente avesse sciolto di propria iniziativa la convivenza coniugale, deferisca entro sei mesi la causa di separazione alla competente autorità ecclesiastica; e questa, esaminate tutte le circostanze, valuti se non sia possibile indurre il coniuge innocente a condonare la colpa e a non protrarre in perpetuo la separazione.


1153 § 1. Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa.

§ 2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica.


1154 Effettuata la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli.


1155 Il coniuge innocente, con atto degno di lode, può ammettere nuovamente l'altro coniuge alla vita coniugale: nel qual caso rinuncia al diritto di separazione.

Capitolo X - CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO



Art. 1

La convalidazione semplice


1156 § 1. Per la convalidazione di un matrimonio nullo a causa di un impedimento dirimente, si richiede che l'impedimento cessi o che si dispensi da esso, e che rinnovi il consenso almeno la parte che è consapevole dell'impedimento.

§ 2. Questa rinnovazione del consenso per diritto ecclesiastico è richiesta per la validità della convalidazione, anche se entrambe le parti hanno il consenso all'inizio e non lo hanno revocato in seguito.


1157 La rinnovazione del consenso deve essere un nuovo atto di volontà per il matrimonio, che la parte che rinnova sa o suppone essere stato nullo dall'inizio.


1158 § 1. Se l'impedimento è pubblico, il consenso deve essere rinnovato da entrambe le parti secondo la forma canonica, salvo il disposto del can. 1127, § 3.

§ 2. Se l'impedimento non può essere provato, è sufficiente che il consenso sia rinnovato privatamente e in segreto, e certamente dalla parte consapevole dell'impedimento, purché l'altra perseveri nel consenso dato, o da entrambe le parti se l'impedimento è noto ad ambedue.


1159 § 1. Il matrimonio nullo a causa di un vizio di consenso, si convalida se dà il consenso la parte che non lo aveva dato, purché perseveri il consenso dell'altra.

§ 2. Se il vizio di consenso non può essere provato, è sufficiente che la parte che non lo aveva dato, lo dia privatamente e in segreto.

§ 3. Se il vizio di consenso può essere provato, è necessario che questo venga dato secondo la forma canonica.


1160 Il matrimonio nullo a causa di un vizio di forma, per divenire valido deve essere nuovamente contratto secondo la forma canonica, salvo il disposto del can. 1127, § 3.


Art. 2

La sanzione in radice


1161 § 1. La sanzione in radice di un matrimonio nullo consiste nella sua convalidazione senza rinnovazione del consenso, concessa dalla competente autorità; essa comporta la dispensa dall'impedimento, se c'è, e dalla forma canonica se non fu osservata, nonché la retroazione al passato degli effetti canonici.

§ 2. La convalidazione avviene al momento della concessione della grazia; le retroazione, invece, la si intende fatta al momento della celebrazione del matrimonio, se non è stabilito altro espressamente.

§ 3. Non si conceda la sanazione in radice se non è probabile che le parti vogliano perseverare nella vita coniugale.


1162 § 1. Se difetta il consenso in entrambe le parti o in una delle parti, il matrimonio non può essere sanato in radice, sia che il consenso manchi fin dall'inizio, sia che, dato all'inizio, sia stato revocato in seguito.

§ 2. Che se invece, il consenso era mancato all'inizio, ma poi venne dato, si può concedere la sanazione dal momento in cui fu dato il consenso.


1163 § 1. Il matrimonio nullo a causa di un impedimento o di un vizio della forma legittima, può essere sanato, purché perseveri il consenso di entrambe le parti.

§ 2. Il matrimonio nullo a causa di un impedimento di diritto naturale o divino positivo, può essere sanato solo dopo che sia cessato l'impedimento.


1164 La sanazione può essere concessa validamente anche all'insaputa di una o di entrambe le parti; ma non la si conceda se non per una grave causa.


1165 § 1. La sanazione in radice può essere concessa dalla Sede Apostolica.

§ 2. In singoli casi può essere concessa dal Vescovo diocesano, anche se nello stesso matrimonio concorrano più cause di nullità, e ottemperando alle condizioni di cui al can. 1125, per la sanazione di un matrimonio misto; dal medesimo, invece, non può essere concessa, se c'è un impedimento la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica a norma del can. 1078, § 2, o se si tratta di un impedimento di diritto naturale o divino positivo già cessato.


PARTE II

GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINO


Titolo I I sacramentali


1166 I sacramentali sono segni sacri con cui, per una qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti per l'impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali.


1167 § 1. Solo la Sede Apostolica può costituire nuovi sacramentali o interpretare autenticamente quelli già accolti, abolirne alcuni o modificarli.

§ 2. Nel porre o amministrare i sacramentali si osservino accuratamente i riti e le formule approvate dalla Chiesa.


1168 Ministro dei sacramentali è il chierico munito della debita potestà; a norma dei libri liturgici, alcuni sacramentali, giudizio dell'Ordinario del luogo, possono essere amministrati anche dai laici che siano dotati delle qualità convenienti.


1169 § 1. Le consacrazioni e le dedicazioni possono essere compiute validamente da coloro che sono insigniti del carattere episcopale, nonché dai presbiteri ai quali ciò sia permesso dal diritto o da legittima concessione.

§ 2. Le benedizioni possono essere impartite da qualunque sacerdote, eccettuate quelle riservate al Romano Pontefice o ai Vescovi.

§ 3. Il diacono può impartire solo le benedizioni che gli sono espressamente consentite dal diritto.


1170 Le benedizioni, che vanno impartite in primo luogo ai cattolici, possono essere date anche ai catecumeni, anzi, se non vi si oppone una proibizione della Chiesa, persino ai non cattolici.


1171 Le cose sacre, quelle cioè che non sono state destinate al culto divino con la dedicazione o la benedizione, siano trattate con riverenza e non siano adoperate per usi profani o impropri, anche se sono in possesso di privati.


1172 § 1. Nessuno può proferire legittimamente esorcismi sugli ossessi, se non ne ha ottenuto dall'Ordinario del luogo peculiare ed espressa licenza.

§ 2. L'Ordinario del luogo conceda tale licenza solo al sacerdote che sia ornato di pietà, di scienza, di prudenza e d'integrità di vita.


Titolo II La liturgia delle ore


1173 La Chiesa, esercitando l'ufficio sacerdotale di Cristo, celebra la liturgia delle ore, in cui, ascoltando Dio che parla al suo popolo e facendo memoria del mistero della salvezza, Gli rende incessantemente lode e intercede per la salvezza di tutto il mondo con il canto e la preghiera.


1174 § 1. Sono vincolati all'obbligo di celebrare la liturgia delle ore, i chierici a norma del can. 271, § 2, n. 3; a norma delle proprie costituzioni, invece, i membri degli istituti di vita consacrata nonché delle società di vita apostolica.

§ 2. Anche gli altri fedeli, secondo le circostanze, sono caldamente invitati a partecipare alla liturgia delle ore, in quanto è azione della Chiesa.


1175 Nel celebrare la liturgia delle ore, per quanto è possibile si osservi il tempo vero di ciascuna ora.


Titolo III Le esequie ecclesiastiche


1176 § 1. Ai fedeli defunti si devono dare le esequie ecclesiastiche a norma del diritto.

§ 2. Le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra l'aiuto spirituale per i defunti e ne onora i corpi, e insieme arreca ai vivi il conforto della speranza, devono essere celebrate a norma delle leggi liturgiche.

§ 3. La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana.

Capitolo I


LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE


1177 § 1. Per qualsiasi fedele defunto, le esequie devono essere celebrate di norma nella chiesa della propria parrocchia.

§ 2. Tuttavia è consentito a ciascun fedele, o a coloro cui compete provvedere alle esequie del fedele defunto, scegliere un'altra chiesa per il funerale, con il consenso del rettore di questa e avvertito il parroco proprio del defunto.

§ 3. Se la morte è avvenuta fuori della propria parrocchia, e il cadavere non è stato trasportato in essa, né è stata legittimamente scelta alcuna chiesa per il funerale, le esequie siano celebrate nella chiesa della parrocchia in cui è avvenuta la morte, a meno che non ne sia designata un'altra dal diritto particolare.


1178 Le esequie del Vescovo diocesano siano celebrate nella sua chiesa cattedrale, eccetto che ne abbia scelta un'altra egli stesso.


1179 Le esequie dei religiosi o dei membri di una società di vita apostolica, di norma siano celebrate nella loro chiesa od oratorio dal Superiore, se l'istituto o la società sono clericali, diversamente dal cappellano.


1180 § 1. Se la parrocchia ha un proprio cimitero, i fedeli defunti devono essere tumulati in esso, a meno che non ne sia stato legittimamente scelto un altro dal medesimo defunto o da coloro cui compete provvedere alla sua sepoltura.

§ 2. A tutti poi, se non ne hanno la proibizione dal diritto, è consentito scegliere il cimitero della propria sepoltura.


1181 Per quanto riguarda le offerte date in occasione dei funerali, si osservino le disposizioni del can. 1264, procurando, tuttavia, che nelle esequie non si faccia alcuna preferenza di persone, e che i poveri non siano privati delle dovute esequie.


1182 Compiuta la tumulazione, si faccia la registrazione nel libro dei defunti a norma del diritto particolare.

Capitolo II


A CHI SI DEVONO CONCEDERE O NEGARE LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE


1183 § 1. Relativamente alle esequie, i catecumeni vanno annoverati tra i fedeli.

§ 2. L'Ordinario del luogo può permettere che si celebrino le esequie ecclesiastiche per i bambini che i genitori intendevano battezzare, ma che sono morti prima del battesimo.

§ 3. A prudente giudizio dell'Ordinario del luogo, si possono concedere le esequie ecclesiastiche ai battezzati iscritti a una Chiesa o comunità ecclesiale non cattolica, a meno che non consti della loro volontà contraria e purché non sia possibile avere un ministro proprio.


1184 § 1. Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche:

1° quelli che sono notoriamente apostati, eretici, sciamatici;

2° coloro che scelgono la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana;

3° gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.

§ 2. Presentandosi qualche dubbio, si consulti l'Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare.


1185 A chi è escluso dalle esequie ecclesiastiche, deve essere negata anche ogni Messa esequiale.


Titolo IV Il culto dei Santi, delle sacre immagini e delle reliquie


1186 Per favorire la santificazione del popolo di Dio, la Chiesa affida alla speciale e filiale venerazione dei fedeli la Beata Maria sempre Vergine, la Madre di Dio, che Cristo costitui Madre di tutti gli uomini, e promuove inoltre il vero e autentico culto degli altri Santi, perché i fedeli siano edificati dal loro esempio e sostenuti dalla loro intercessione.


1187 E' lecito venerare con culto pubblico solo quei servi di Dio che, per l'autorità della Chiesa sono riportati nel catalogo dei Santi o dei Beati.


1188 Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in numero moderato e con un conveniente ordine, affinché non suscitino ma meraviglia del popolo cristiano e non diano ansa a devozione meno retta.


1189 Le immagini preziose, ossia insigni per antichità, arte o culto, che sono esposte alla venerazione dei fedeli nelle chiese o negli oratori, qualora necessitino di riparazione, non siano mai restaurate senza la licenza scritta dell'Ordinario; e questi, prima di concederla, consulti dei periti.


1190 § 1. E' assolutamente illecito vendere le sacre reliquie.

§ 2. Le reliquie insigni, come pure quelle onorate da grande pietà popolare, non possono essere alienate validamente in nessun modo né essere trasferite in modo definitivo senza la licenza della Sede Apostolica.

§ 3. Il disposto del § 2 vale per le immagini che in taluna chiesa sono onorate da grande pietà popolare.


Titolo V Il voto e il giuramento

Capitolo I


IL VOTO


1191 § 1. Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuta per la virtù della religione.

§ 2. Sono capaci di emettere il voto coloro che hanno un conveniente uso di ragione, a meno che non ne abbiano la proibizione dal diritto

§ 3. Il voto emesso per timore grave e ingiusto o per dolo, è nullo per il diritto stesso.


1192 § 1. Il voto è pubblico, se viene accettato dal legittimo Superiore in nome della Chiesa; diversamente è privato.

§ 2. E' solenne, se è riconosciuto come tale dalla Chiesa; diversamente è semplice.

§ 3. E' personale, se l'oggetto della promessa è un'azione di chi emette il voto; reale, se l'oggetto della promessa è una cosa; misto, se partecipa della natura del voto personale e reale.


1193 Per sé il voto non obbliga se non chi lo emette.


1194 Il voto cessa: quando è trascorso il tempo fissato per il compimento dell'obbligo, quando cambia sostanzialmente la materia della promessa, quando viene meno la condizione da cui dipende il voto o la sua causa finale, con la dispensa e con la commutazione.


1195 Chi ha potestà sulla materia del voto, può sospendere l'obbligo fintantoché il suo adempimento gli arreca pregiudizio.


1196 Oltre al Romano Pontefice, possono dispensare dai voti privati per una giusta causa e purché la dispensa non leda l'altrui diritto acquisito:

1° l'Ordinario del luogo e il parroco, relativamente a tutti i proprio sudditi e pure ai forestieri;

2° il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente ai membri, ai novizi e alle persone che vivono giorno e notte in una casa dell'istituto o della società;

3° coloro ai quali sia stata delegata la potestà di dispensare dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario del luogo.


1197 L'opera promessa con voto privato, può essere commutata con un bene maggiore o uguale anche da chi l'ha emesso; con un bene minore, invece, da chi ha potestà di dispensare a norma del can. 1196.


1198 I voti emessi prima della professione religiosa, restano sospesi fintantoché chi li ha emessi rimane nell'istituto religioso.

Capitolo II


IL GIURAMENTO


1199 § 1. Il giuramento, ossia l'invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia.

§ 2. Il giuramento richiesto o ammesso dai canoni, non può essere prestato validamente tramite procuratore.


1200 § 1. Chi giura liberamente di fare qualcosa, è tenuto da peculiare obbligo di religione a compiere quanto ha sancito col giuramento.

§ 2. Il giuramento estorto con dolo, violenza o timore grave, è nullo per il diritto stesso.


1201 § 1. Il giuramento promissorio partecipa della natura e delle condizioni dell'atto a cui è unito.

§ 2. Se il giuramento è unito a un atto direttamente rivolto a danno degli altri oppure a pregiudizio del bene pubblico o della salvezza eterna, tale atto non consegue dal giuramento alcuna conferma.


1202 L'obbligo causato da un giuramento promissorio, cessa:

1° se viene condonato da colui a vantaggio del quale fu emesso il giuramento;

2° se la materia giurata muta sostanzialmente oppure, per le mutate circostanze, diviene o cattiva o del tutto indifferente o impedisce un bene maggiore.

3° se viene meno la causa finale o la condizione sotto cui il giuramento fu eventualmente prestato;

4° con la dispensa o la commutazione a norma del can. 1203.


1203 Coloro che possono sospendere, dispensare, commutare il voto, hanno la medesima potestà, con le stesse modalità circa il giuramento promissorio; se però la dispensa da un giuramento torna a pregiudizio di terzi che si rifiutino di condonare l'obbligo, da tale giuramento può dispensare solo la Sede Apostolica.


1204 Il giuramento va interpretato in senso stretto secondo il diritto e l'intenzione di chi giura oppure, se questi agisce con dolo, secondo l'intenzione di colui al quale viene prestato il giuramento.


PARTE III

I LUOGHI E I TEMPI SACRI


Titolo I I luoghi sacri


1205 Sono sacri quei luoghi che vengono destinati al culto divino o alla sepoltura dei fedeli mediante la dedicazione o la benedizione, a ciò prescritte dai libri liturgici.


1206 La dedicazione di un luogo spetta al Vescovo diocesano e a quanti sono a lui equiparati dal diritto; gli stessi possono affidare a qualunque Vescovo o, in casi eccezionali, a un presbitero il compito di celebrare la dedicazione nel proprio territorio.


1207 I luoghi sacri vengono benedetti dall'Ordinario; tuttavia la benedizione delle chiese è riservata al Vescovo diocesano; entrambi, poi, possono delegare a ciò un altro sacerdote.


1208 Della compiuta dedicazione o benedizione della chiesa, come pure della benedizione del cimitero si rediga un documento, e se ne conservi una copia nella curia diocesana e un'altra nell'archivio della chiesa.


1209 La dedicazione o benedizione di un luogo, purché non torni a danno di alcuno, è sufficientemente provata anche da un solo testimone al di sopra di ogni sospetto.


1210 Nel luogo sacro sia consentito solo quanto serve all'esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione, e vietato qualunque cosa sia aliena dalla santità del luogo. L'Ordinario, però, per modo d'atto può permettere altri usi, purché non contrari alla santità del luogo.


1211 I luoghi sacri sono profanati se in essi si compiono con scandalo azioni gravemente ingiuriose, che a giudizio dell'Ordinario del luogo sono tanto gravi e contrarie alla santità del luogo da non essere più lecito esercitare in essi il culto finché l'ingiuria non venga riparata con il rito penitenziale, a norma dei libri liturgici.


1212 I luoghi sacri perdono la dedicazione o la benedizione se sono stati distrutti in gran parte oppure destinati permanentemente a usi profani con decreto del competente Ordinario o di fatto.


1213 Nei luoghi sacri l'autorità ecclesiastica esercita liberamente i suoi poteri e i suoi uffici.

Capitolo I


LE CHIESE


1214 Col nome di chiesa si intende un edificiò sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto.


1215 § 1. Non si costruisca nessuna chiesa senza espresso consenso scritto del Vescovo diocesano

§ 2. Il Vescovo diocesano non dia tale consenso se, udito il consiglio presbiterale e i rettori delle chiese vicine, non giudica che la nuova chiesa potrà servire al bene delle anime e che non mancheranno i mezzi necessari alla sua costruzione e al culto divino.

§ 3. Anche gli istituti religiosi, quantunque abbiano ricevuto dal Vescovo diocesano il consenso per costruire una nuova casa nella diocesi o nella città, tuttavia devono ottenere la sua licenza prima di edificare la chiesa in un determinato luogo.

1216 Nel costruire e nel restaurare le chiese, con il consiglio dei periti si osservino i principi e le norme della liturgia e dell'arte sacra.


1217 § 1. Compiuta opportunamente la costruzione, la nuova chiesa sia quanto prima dedicata o almeno benedetta, osservando le leggi della sacra liturgia.

§ 2. Le chiese, particolarmente quelle cattedrali e parrocchiali, siano dedicate con rito solenne.


1218 Ciascuna chiesa abbia il suo titolo, che non può essere cambiato, una volta avvenuta la dedicazione.


1219 Nella chiesa legittimamente dedicata o benedetta si possono compiere tutti gli atti del culto divino, salvi i diritti parrocchiali.


1220 § 1. Tutti coloro cui spetta, abbiano cura che nella chiesa sia mantenuta quella pulizia e quel decoro che si addicono alla casa di Dio, e che sia tenuto lontano da esse tutto ciò che è alieno dalla santità del luogo.

§ 2. Per proteggere i beni sacri e preziosi si adoperino con la cura ordinaria nella manutenzione anche gli opportuni mezzi di sicurezza.


1221 L'ingresso in chiesa durante il tempo delle sacre funzioni sia libero e gratuito.


1222 § 1. Se una chiesa non può in alcun modo essere adibita al culto divino, ne è possibile restaurarla, il Vescovo diocesano può ridurla a uso profano non indecoroso.

§ 2. Quando altre gravi ragioni suggeriscono che una chiesa non sia più adibita al culto divino, il Vescovo diocesano, udito il consiglio presbiterale, può ridurla a uso profano non indecoroso, con il consenso di quanti rivendicano legittimamente diritto su di essa e purché non ne patisca alcun danno il bene delle anime.

Capitolo II


GLI ORATORI E LE CAPPELLE PRIVATE


1223 Col nome di oratori si intende il luogo destinato su licenza dell'Ordinario, al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo di fedeli che ivi si radunano, e al quale possono accedere anche altri fedeli con il consenso del Superiore competente.


1224 § 1. L'Ordinario non conceda la licenza richiesta per la costituzione dell'oratorio, se prima non abbia visitato personalmente o per mezzo di altri, il luogo destinato all'oratorio e non l'abbia trovato allestito in modo conveniente.

§ 2. Concessa la licenza, poi, l'oratorio non può essere convertito ad usi profani senza l'autorizzazione del medesimo Ordinario.


1225 Negli oratori legittimamente costituiti si possono compiere tutte le celebrazioni sacre, a meno che alcune non siano eccettuate dal diritto o per disposizione dell'Ordinario del luogo, oppure non vi si oppongano le norme liturgiche.


1226 Col nome di cappella privata si intende il luogo destinato, su licenza dell'Ordinario del luogo, al culto divino in favore di una o più persone fisiche.


1227 I Vescovi possono costituire per se stessi una cappella privata: questa gode dei medesimi diritti dell'oratorio.


1228 Fermo restando il disposto del can. 1227, per celebrare la Messa o altre sacre funzioni in una cappella privata, si richiede la licenza dell'Ordinario del luogo.


1229 E' opportuno che gli oratori e le cappelle private siano benedetti secondo il rito prescritto nei libri liturgici; è d'obbligo, invece, che siano riservati unicamente al culto divino e liberi da ogni uso domestico.


Capitolo III I SANTUARI


1230 Col nome di santuari si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio con l'approvazione dell'Ordinario del luogo.


1231 Un santuario, perché possa dirsi nazionale deve avere l'approvazione della Conferenza Episcopale; perché possa dirsi internazionale della Santa Sede.


1232 § 1. Competente per l'approvazione degli statuti di un santuario diocesano, è l'Ordinario del luogo; per quelli di un santuario nazionale, è la Conferenza Episcopale; per gli statuti di un santuario internazionale, soltanto la Santa Sede.

§ 2. Negli statuti siano determinati in particolare: il fine, l'autorità del rettore, la proprietà e l'amministrazione dei beni.



1233 Ai santuari si potranno concedere taluni privilegi, ogniqualvolta sembra che lo suggeriscano le circostanze dei luoghi, la frequenza dei pellegrinaggi e soprattutto il bene dei fedeli.


1234 § 1. Nei santuari si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell'Eucarestia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare.

§ 2. Le testimonianze votive dell'arte e della pietà popolari siano conservate in modo visibile e custodite con sicurezza nei santuari o in luoghi adiacenti.

Capitolo IV GLI ALTARI


1235 § 1. L'altare, ossia la mensa sulla quale si celebra il sacrificio eucaristico, si dice fisso se è costruito in modo che sia unito al pavimento e che perciò non possa essere rimosso; si dice mobile, invece, se può essere trasportato.

§ 2. E' opportuno che in ogni chiesa vi sia l'altare fisso; invece negli altri luoghi destinati alle celebrazioni sacre, l'altare può essere fisso o mobile.


1236 § 1. Secondo l'uso tradizionale della Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra e per di più di una pietra naturale intera; tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può usare anche altra materia decorosa e solida. Gli stipiti o base, invero, possono essere fatti di qualsiasi materia.

§ 2. L'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materia solida conveniente all'uso liturgico.


1237 § 1. Gli altari fissi devono essere dedicati; quelli mobili, invece, dedicati o benedetti secondo i riti prescritti nei libri liturgici.

§ 2. Secondo le norme prescritte nei libri liturgici, si mantenga l'antica tradizione di riporre sotto l'altare fisso le reliquie dei Martiri o di altri Santi.


1238 § 1. L'altare perde la dedicazione o la benedizione a norma del can. 1212.

§ 2. Gli altari, fissi o mobili, non perdono la dedicazione o la benedizione per il fatto che la chiesa o altro luogo sacro siano ridotti a usi profani.


1239 § 1. L'altare, sia fisso sia mobile, deve essere riservato unicamente al culto divino, escludendo del tutto qualsivoglia uso profano.

§ 2. Sotto l'altare non sia riposto alcun cadavere; altrimenti non è lecito celebrarvi sopra la Messa.

Capitolo V

I CIMITERI


1240 § 1. Dove è possibile, si abbiano cimiteri propri della Chiesa, o almeno degli spazi, nei cimiteri civili, riservati ai fedeli defunti; gli uni e gli altri devono essere benedetti secondo il rito proprio.

§ 2. Ma se non è possibile ottenere cio, secondo il rito si benedicano di volta in volta i singoli tumuli.


1241 § 1. Le parrocchie e gli istituti religiosi possono avere il cimitero proprio.

§ 2. Anche le altre persone giuridiche o le famiglie possono avere un cimitero o un sepolcro peculiare, che va benedetto a giudizio dell'Ordinario del luogo.


1242 Non si seppelliscano cadaveri nelle chiese, eccetto che si tratti di seppellire il Romano Pontefice oppure, nella propria chiesa, i Cardinali o i Vescovi diocesani anche emeriti.


1243 Nel diritto particolare si stabiliscano opportune norme circa la disciplina da osservarsi nei cimiteri, soprattutto per quanto riguarda la tutela e il rispetto della loro indole sacra.


Titolo II I tempi sacri


1244 § 1. Stabilire, trasferire, abolire i giorni di festa e parimenti i giorni di penitenza comuni alla chiesa universale, spetta unicamente alla suprema autorità ecclesiastica, fermo restando il disposto del can. 1246, § 2.

§ 2. I Vescovi diocesani possono indire peculiari giorni di festa o di penitenza per la diocesi o i luoghi propri, ma solo per modo di atto.


1245 Fermo restando il diritto dei Vescovi diocesani di cui al can. 87, il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall'obbligo di osservare il giorno festivo o di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa.

Capitolo I


I GIORNI DI FESTA


1246 § 1. Il giorno di domenica in cui si celebra il mistero pasquale, per la tradizione apostolica deve essere osservato in tutta la Chiesa come il primordiale giorno festivo di precetto. Ugualmente devono essere osservati i giorni del Natale del Signore Nostro Gesù Cristo, dell'Epifania, dell'Ascensione e del santissimo Corpo e Sangue di Cristo, della Santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata Concezione e Assunzione, di san Giuseppe, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di tutti i Santi.

§ 2. Tuttavia la Conferenza Episcopale puo, previa approvazione della Sede Apostolica, abolire o trasferire alla domenica alcuni giorni festivi di precetto.


1247 La domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa; si astengano inoltre, da quei lavori e da quegli affari che impediscano di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo.


1248 § 1. Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente.

§ 2. Se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personale o in famiglia o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie.

Capitolo II


I GIORNI DI PENITENZA


1249 Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l'astinenza a norma dei canoni che seguono.


1250 Sono giorni e tempi di penitenza nella Chiesa universale, tutti i venerdi dell'anno e il tempo di quaresima.


1251 Si osservi l'astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdi dell'anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l'astinenza e il digiuno, invece, il mercoledi delle Ceneri e il venerdi della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo.


1252 Alla legge dell'astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14° anno di età; alla legge del digiuno, invece, tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato. Tuttavia i pastori d'anime e i genitori si adoperino perché anche coloro che non sono tenuti alla legge del digiuno e dell'astinenza a motivo della minore età, siano formati al genuino senso della penitenza.


1253 La Conferenza Episcopale può determinare ulteriormente l'osservanza del digiuno e dell'astinenza, come pure sostituirvi, in tutto o in parte, altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà.



CODICE DI DIRITTO CANONICO 1151