CODICE DI DIRITTO CANONICO 403

Art. 3 I Vescovi coadiutori e ausiliari


403 § 1. Quando le necessità pastorali della diocesi lo suggeriscono, vengano costituiti, su richiesta del Vescovo diocesano, uno o più Vescovi ausiliari; il Vescovo ausiliare non ha il diritto di successione.

§ 2. In circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale, al Vescovo diocesano può essere assegnato un Vescovo ausiliare fornito da speciali facoltà.

§ 3. La Santa Sede, se ciò le risulta più opportuno, può costituire d'ufficio un Vescovo coadiutore, che pure viene fornito di speciali facoltà; il Vescovo coadiutore ha il diritto di successione.


404 § 1. Il Vescovo coadiutore prende possesso del suo ufficio quando esibisce, personalmente o mediante procuratore, la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano e al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere di curia, che mette agli atti il fatto.

§ 2. Il Vescovo ausiliare prende possesso del suo ufficio quando esibisce la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano, alla presenza del cancelliere di curia, che mette agli atti il fatto.

§ 3. Se il Vescovo diocesano è totalmente impedito, è sufficiente che, sia il Vescovo coadiutore sia il Vescovo ausiliare, esibiscano, la lettera apostolica di nomina al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere della curia.


405 § 1. Il Vescovo coadiutore, come pure il Vescovo ausiliare, hanno gli obblighi e i diritti determinati dalle disposizioni dei canoni che seguono e definiti nella lettera di nomina.

§ 2. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2 assistono il Vescovo diocesano in tutto il governo della diocesi e lo suppliscono se è assente o impedito.



406 § 1. Il Vescovo coadiutore, come il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2, sia costituito dal Vescovo diocesano Vicario generale; inoltre il Vescovo diocesano affidi a lui a preferenza di altri tutto ciò che richiede, a norma del diritto, un mandato speciale.

§ 2. A meno che nella lettera apostolica non si provveda diversamente e fermo restando il disposto del § 1, il Vescovo diocesano costituisca l'ausiliare o gli ausiliari Vicari generali o almeno Vicari episcopali, dipendenti solo dalla sua autorità oppure da quella del Vescovo coadiutore o del Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2.


407 § 1. Perché sia favorito nel migliore dei modi il bene presente e futuro della diocesi, il Vescovo diocesano, il coadiutore e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2, si consultino tra loro nelle questioni di maggiore importanza.

§ 2. Il Vescovo diocesano, nel valutare le cause di maggiore importanza, soprattutto di carattere pastorale, prima degli altri voglia consultare i Vescovi ausiliari.

§ 3. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare, in quanto sono chiamati a partecipare alla sollecitudine del Vescovo diocesano, esercitino i loro compiti in modo da procedere insieme con lui di comune accordo.


408 § 1. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare che non siano giustamente impediti, sono obbligati, ogni volta che ne siano richiesti dal Vescovo diocesano, a celebrare i pontificali e le altre funzioni a cui il Vescovo diocesano sarebbe tenuto.

§ 2. Il Vescovo diocesano non affidi abitualmente ad un altro i diritti episcopali e le funzioni che il Vescovo coadiutore o l'ausiliare possono esercitare.


409 § 1. Nel momento in cui la sede episcopale è vacante, il Vescovo coadiutore diviene immediatamente Vescovo della diocesi per la quale era stato costituito, purché ne abbia preso legittimo possesso.

§ 2. Quando la sede episcopale diviene vacante, se non è stato stabilito in modo diverso dall'autorità competente, il Vescovo ausiliare, finché il nuovo Vescovo non abbia preso possesso della sede, conserva tutte e sole le potestà e facoltà di cui godeva, come Vicario generale o come Vicario episcopale, mentre la sede era occupata; se poi non è stato designato all'ufficio di Amministratore apostolico o di Amministratore diocesano, eserciti tale sua potestà, conferitagli dal diritto, sotto l'autorità dell'Amministratore apostolico o dell'Amministratore diocesano che presiede al governo della diocesi.


410 Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare sono tenuti, come il Vescovo diocesano, all'obbligo di risiedere in diocesi; non se ne allontanino se non per breve tempo, tranne che a motivo di un ufficio da svolgere fuori della diocesi o di ferie, da non protrarsi oltre un mese.


411 Al Vescovo coadiutore e all'ausiliare, per quanto riguarda la rinuncia all'ufficio, si applicano le disposizioni dei cann. 401 e 402, § 2.

Capitolo III SEDE IMPEDITA E SEDE VACANTE


Art. 1 La sede impedita


412 La sede episcopale si intende impedita se il Vescovo diocesano è totalmente impedito nell'esercizio dell'ufficio pastorale nelle diocesi, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità.


413 § 1. Mentre la sede è impedita, il governo della diocesi, se la Santa Sede non ha provveduto in altro modo, spetta al Vescovo coadiutore se c'è; se questo manca o è impedito, spetta ad un Vescovo ausiliare o ad un Vicario generale o episcopale o ad un altro sacerdote, mantenendo l'ordine della diocesi, deve compilare quanto prima; tale elenco, che deve essere comunicato al Metropolita, sia rinnovato almeno ogni tre anni e conservato sotto segreto dal cancelliere.

§ 2. Se manca o è impedito il Vescovo coadiutore e non sopperisce l'elenco di cui al § 1, spetta al collegio dei consultori eleggere il sacerdote che deve governare la diocesi.

§ 3. Colui che ha assunto il governo della diocesi a norma dei §§ 1 e 2, informi quanto prima la Santa Sede che la sede è impedita e che egli stesso ha assunto tale ufficio.


414 Chiunque è stato chiamato, a norma del can. 413, ad assumere provvisoriamente la cura pastorale della diocesi soltanto per il tempo in cui la sede è impedita, nell'esercizio di tale cura pastorale è tenuto agli obblighi e gode della potestà che, a norma del diritto, competono all'Amministratore diocesano.


415 Se al Vescovo diocesano viene proibito di esercitare il proprio ufficio a motivo di una pena ecclesiastica, il Metropolita oppure, se il Metropolita manca o se si tratta del Metropolita stesso, il più anziano per promozione tra i suffraganei, ricorra immediatamente alla Santa Sede perché provveda essa stessa.


Art. 2 La sede vacante


416 La sede episcopale diviene vacante con la morte del Vescovo diocesano, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice, col trasferimento e con la privazione intimata al Vescovo stesso.


417 Tutto ciò che viene compiuto dal Vicario generale o dal Vicario episcopale ha valore finché non hanno ricevuto notizia certa della morte del Vescovo diocesano; cosi pure ha valore tutto ciò che viene compiuto dal Vescovo diocesano o dal Vicario generale o episcopale finché non abbiano ricevuto notizia certa degli atti pontifici sopra menzionati.


418 § 1. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento il Vescovo, entro due mesi, deve raggiungere la diocesi alla quale è destinato e prenderne possesso canonico; dal giorno della presa di possesso canonico della nuova diocesi, la diocesi di provenienza diviene vacante.

§ 2. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento fino alla presa di possesso canonico della nuova diocesi, il Vescovo trasferito nella diocesi di provenienza:

1° ha la potestà di Amministratore diocesano ed è tenuto agli obblighi relativi, mentre cessa ogni potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale, salvo tuttavia il can. 409, § 2;

2° percepisce l'intera rimunerazione propria dell'ufficio.


419 Quando la sede diviene vacante, il governo della diocesi, fino alla costituzione dell'Amministratore diocesano, passa al Vescovo ausiliare e, se sono più d'uno, al più anziano per promozione; se manca il Vescovo ausiliare, è affidato al collegio dei consultori, a meno che la Santa Sede non abbia provveduto diversamente. Colui che assume in tal modo il governo della diocesi convochi senza indugio il collegio competente a nominare l'Amministratore diocesano.


420 Nel vicariato o in una prefettura apostolica quando la sede è vacante, assume il governo il Provicario o il Proprefetto, nominato soltanto a questo effetto dal Vicario o dal Prefetto subito dopo la presa di possesso, a meno che la Santa Sede non abbia stabilito diversamente.


421 § 1. Entro otto giorni dal momento in cui si è ricevuta notizia che la sede episcopale è vacante, il collegio dei consultori, fermo restando il disposto del can. 502, § 3, deve eleggere l'Amministratore diocesano con il compito di reggere interinalmente la diocesi.

§ 2. Se l'Amministratore diocesano per qualsiasi causa non viene eletto legittimamente entro il tempo prescritto, la sua nomina passa al Metropolita e se è vacante la stessa sede metropolitana o, contemporaneamente, la sede metropolitana e quella suffraganea, passa al Vescovo suffraganeo più anziano per promozione.


422 Il Vescovo ausiliare o, se egli manca, il collegio dei consultori informi quanto prima la Sede Apostolica della morte del Vescovo; cosi pure colui che è eletto Amministratore diocesano la informi quanto prima della propria elezione.


423 § 1. Si nomini un solo Amministratore diocesano, riprovata qualsiasi consuetudine contraria; altrimenti l'elezione è nulla.

§ 2. L'Amministratore diocesano non sia contemporaneamente economo; perciò se l'economo della diocesi viene eletto Amministratore, il consiglio per gli affari economici elegga temporaneamente un altro economo.


424 L'Amministratore diocesano venga eletto a norma dei cann. 165-178.


425 § 1. All'ufficio di Amministratore diocesano può essere destinato validamente solo un sacerdote che abbia compiuto i trentacinque anni di età e che non sia già stato eletto, nominato o presentato per la medesima sede vacante.

§ 2. Venga eletto Amministratore diocesano un sacerdote che si distingua per dottrina e prudenza.

§ 3. Se non sono state rispettate le condizioni stabilite al § 1, il Metropolita oppure, se è vacante la stessa Chiesa metropolitana, il Vescovo suffraganeo più anziano per promozione, dopo aver preso conoscenza della vera situazione, nomini per quella volta l'Amministratore; gli atti di colui che è stato eletto contro le disposizioni del § 1 sono nulli per il diritto stesso.


426 Colui che, mentre la sede è vacante, regge la diocesi prima della nomina dell'Amministratore diocesano, ha la stessa potestà che il diritto riconosce al Vicario generale.


427 § 1. L'Amministratore diocesano è tenuto agli stessi obblighi e ha la potestà del Vescovo diocesano, escluso ciò che non gli compete o per la natura della cosa o per il diritto stesso.

§ 2. L'Amministratore diocesano ottiene la relativa potestà dal momento in cui accetta l'elezione, senza bisogno di conferma da parte di alcuno, fermo restando quanto prescrive il can. 833, n. 4.


428 § 1. Mentre la sede è vacante non si proceda a innovazioni.

§ 2. A coloro che provvedono interinalmente al governo della diocesi è proibito compiere qualsiasi atto che possa arrecare pregiudizio alla diocesi o ai diritti episcopali; in modo speciale è proibito a loro e perciò a chiunque altro, sia personalmente, sia attraverso altri, di sottrarre o distruggere o modificare qualsiasi documento della curia diocesana.


429 L'Amministratore diocesano è tenuto all'obbligo di risiedere nella diocesi e di applicare la Messa per il popolo, a norma del can. 388.


430 § 1. L'ufficio dell'Amministratore diocesano cessa con la presa di possesso della diocesi da parte del nuovo Vescovo.

§ 2. La rimozione dell'Amministratore diocesano è riservata alla Santa Sede; l'eventuale rinuncia deve essere presentata in forma autentica al collegio competente per la sua elezione, e non ha bisogno di essere accettata; in caso di rimozione, di rinuncia o di morte dell'Amministratore diocesano, ne venga eletto un altro, a norma del can. 421.


Titolo II I raggruppamenti di Chiese particolari

Capitolo I PROVINCE ECCLESIASTICHE E REGIONI ECCLESIASTICHE


431 § 1. Affinché venga promossa un'azione pastorale comune da parte di diverse diocesi vicine secondo le circostanze di persone e di luoghi, e affinché vengano favoriti in modo più adeguato i mutui rapporti dei Vescovi diocesani, le Chiese particolari più vicine siano riunite in province ecclesiastiche, delimitate da un territorio determinato.

§ 2. D'ora in avanti non vi siano di regola diocesi esenti; perciò le singole diocesi e le altre Chiese particolari che esistono nell'ambito del territorio di una provincia ecclesiastica, devono far parte di una provincia ecclesiastica.

§ 3. Spetta unicamente alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati, costituire, sopprimere o modificare le province ecclesiastiche.


432 § 1. Nella provincia ecclesiastica hanno autorità, a norma del diritto, il concilio provinciale e il Metropolita.

§ 2. La provincia ecclesiastica gode di personalità giuridica per il diritto stesso.


433 § 1. Se l'utilità lo suggerisce, specialmente nelle nazioni dove sono più numerose le Chiese particolari, le province ecclesiastiche viciniori, su proposta della Conferenza Episcopale, possono essere congiunte dalla Santa Sede in regioni ecclesiastiche.

§ 2. La regione ecclesiastica può essere eretta in persona giuridica.


434 All'assemblea dei Vescovi della regione ecclesiastica spetta favorire la cooperazione e l'attività pastorale comune nella regione; tuttavia i poteri che nei canoni di questo Codice sono attribuiti alla Conferenza Episcopale non competono a tale assemblea, a meno che alcuni di essi le siano stati concessi in modo speciale dalla Santa Sede.

Capitolo II I METROPOLITI


435 Alla provincia ecclesiastica presiede il Metropolita, che è l'Arcivescovo della diocesi cui è preposto; tale ufficio è congiunto con una sede episcopale, determinata o approvata dal Romano Pontefice.


436 § 1. Nelle diocesi suffraganee spetta al Metropolita:

1° vigilare perché la fede e la disciplina ecclesiastica siano accuratamente osservate, e informare il Romano Pontefice su eventuali abusi;

2° fare la visita canonica, per una causa precedentemente approvata dalla Santa Sede, se il suffraganeo l'avesse trascurata;

3° nominare l'Amministratore diocesano, a norma dei cann. 421, § 2 e 425 § 3.

§ 2. Dove le circostanze lo richiedono, la Sede Apostolica può conferire al Metropolita funzioni e potestà peculiari da determinare nel diritto particolare.

§ 3. Nessun'altra potestà di governo compete al Metropolita nelle diocesi suffraganee; può però celebrare funzioni sacre in tutte le chiese, come il Vescovo nelle propria diocesi, dopo aver avvertito il Vescovo, se si tratta della chiesa cattedrale.


437 § 1. Il Metropolita è tenuto all'obbligo di chiedere personalmente o tramite un procuratore il pallio al Romano Pontefice, entro tre mesi dalla consacrazione episcopale oppure, se è già stato consacrato, dalla provvisione canonica; esso esprime la potestà che , in comunione con la Chiesa di Roma, il Metropolita acquisire di diritto nella propria provincia.

§ 2. Il Metropolita può portare il pallio, nel rispetto delle leggi liturgiche, in qualsiasi chiesa della provincia ecclesiastica a cui presiede; invece non può assolutamente portarlo fuori di essa, neppure col consenso del Vescovo diocesano.

§ 3. Il Metropolita che venga trasferito ad un'altra sede metropolitana, necessita di un nuovo pallio.


438 Il titolo di Patriarca e di Primate, al di là di una prerogativa di onore, non comporta nella Chiesa latina alcuna potestà di governo, a meno che per qualcuno di essi non consti diversamente per un privilegio apostolico o per una consuetudine approvata.

Capitolo III I CONCILI PARTICOLARI


439 § 1. Il concilio plenario, cioè di tutte le Chiese particolari della medesima Conferenza Episcopale, sia celebrato ogni volta che risulti necessario o utile alla stessa Conferenza Episcopale, con l'approvazione della Sede Apostolica.

§ 2. La norma stabilita dal § 1 vale anche per la celebrazione del concilio provinciale nella provincia ecclesiastica i cui confini coincidono col territorio della nazione.


440 § 1. Il concilio provinciale per le diverse Chiese particolari della medesima provincia ecclesiastica, sia celebrato ogni volta che risulti opportuno a giudizio della maggioranza dei Vescovi diocesani della provincia, salvo il can. 439, § 2.

§ 2. Mentre è vacante la sede metropolitana, non si convochi il concilio provinciale.


441 Spetta alla Conferenza Episcopale:

1° convocare il concilio plenario;

2° scegliere il luogo in cui celebrare il concilio, nell'ambito del territorio della Conferenza Episcopale;

3° eleggere, fra i Vescovi diocesani del concilio plenario, il presidente, che deve essere approvato dalla Sede Apostolica;

4° determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la durata del concilio plenario, trasferirlo, prorogarlo o scioglierlo.


442 § 1. Spetta al Metropolita, col consenso della maggioranza dei Vescovi suffraganei:

1° convocare il concilio provinciale;

2° scegliere il luogo della celebrazione del concilio provinciale, nell'ambito del territorio della provincia;

3° determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la durata del concilio provinciale, trasferirlo, prorogarlo i scioglierlo.

§ 2. Spetta al Metropolita, e se questi è legittimamente impedito al Vescovo suffraganeo eletto dagli altri Vescovi suffraganei, presiedere il concilio provinciale.


443 § 1. Devono essere convocati ai concili particolari e in essi hanno diritto al voto deliberativo:

1° i Vescovi diocesani;

2° i Vescovi coadiutori e ausiliari;

3° gli altri Vescovi titolari che esercitano nel territorio uno speciale incarico, loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale.

§ 2. Possono essere chiamati ai concili particolari gli altri Vescovi titolari, anche emeriti, che si trovano nel territorio; essi poi hanno diritto al voto deliberativo.

§ 3. Ai concili particolari devono essere chiamati con voto solamente consultivo:

1° i Vicari generali e Vicari episcopali di tutte le Chiese particolari del territorio;

2° i Superiori maggiori degli istituti e delle società di vita apostolica, in numero da determinare, sia per gli uomini sia per le donne, dalla conferenza Episcopale o dai Vescovi della provincia, eletti rispettivamente da tutti i Superiori maggiori degli istituti e delle società che hanno sede nel territorio.

3° i rettori delle università ecclesiastiche e cattoliche, nonché i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico, che hanno sede nel territorio;

4° alcuni rettori dei seminari maggiori, in numero da determinarsi come al n. 2, eletti dai rettori dei seminari situati nel territorio.

§ 4. Ai concili particolari possono essere chiamati, con voto solamente consultivo, anche presbiteri e altri fedeli, in modo però che il loro numero non superi la metà di coloro di cui ai §§ 1-3.

§ 5. Ai concili provinciali siano invitati inoltre i capitoli cattedrali, come pure il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale di ciascuna Chiesa particolare, in modo che ognuno di essi invii due suoi membri designati collegialmente; essi però hanno voto solamente consultivo.

§ 6. Ai concili particolari possono essere invitati come ospiti anche altri, se ciò risulta opportuno a giudizio della Conferenza Episcopale, per quanto riguarda il concilio plenario, o a giudizio del Metropolita insieme con i Vescovi suffraganei, per quanto riguarda il concilio provinciale.


444 § 1. Tutti coloro che sono convocati ai concili particolari devono parteciparvi, se non sono trattenuti da un giusto impedimento, di cui sono tenuti ad informare il presidente del concilio.

§ 2. Coloro che sono convocati ai concili particolari ed hanno in essi voto deliberativo, se sono trattenuti da un giusto impedimento, possono mandare un procuratore; tale procuratore ha voto solamente consultivo.


445 Il concilio particolare cura che si provveda, nel proprio territorio, alle necessità pastorali del popolo di Dio; esso ha potestà di governo, soprattutto legislativa, cosi da poter decidere, salvo sempre il diritto universale della Chiesa, ciò che risulta opportuno per l'incremento della fede, per ordinare l'attività pastorale comune; per regolare i costumi e per conservare, introdurre, difendere la disciplina ecclesiastica.


446 Concluso il concilio particolare, il presidente provveda che vengano trasmessi alla Sede Apostolica tutti gli atti del concilio; i decreti emanati dal concilio non siano promulgati se non dopo essere stati riveduti dalla Sede Apostolica; spetta al concilio stesso definire il modo di promulgazione dei decreti e il tempo in cui i decreti promulgati iniziano ad essere obbliganti.

Capitolo IV LE CONFERENZE EPISCOPALI


447 La Conferenza Episcopale, organismo di per sé permanente, è l'assemblea dei Vescovi di una nazione o di un territorio determinato, i quali esercitano congiuntamente alcune funzioni pastorali per i fedeli di quel territorio, per promuovere maggiormente il bene che la Chiesa offre agli uomini, soprattutto mediante forme e modalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanze di tempo e di luogo, a norma del diritto.


448 § 1. La Conferenza Episcopale, come regola generale, comprende i presuli di tutte le Chiese particolari della medesima nazione, a norma del can. 450.

§ 2. Se poi, a giudizio della Sede Apostolica, sentiti i Vescovi diocesani interessati, le circostanze relative alle persone o alle cose lo suggeriscono, la Conferenza Episcopale può essere eretta per un territorio di ampiezza minore o maggiore, in modo che comprenda solamente i Vescovi di alcune Chiese particolari costituite in un determinato territorio oppure i presuli di Chiese particolari esistenti in diverse nazioni; spetta alla Sede Apostolica stabilire norme peculiari per ciascuna di esse.


449 § 1. Spetta unicamente alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati, erigere, sopprimere o modificare le Conferenze Episcopali.

§ 2. La Conferenza Episcopale, una volta eretta legittimamente, gode di personalità giuridica per il diritto stesso.


450 § 1. Appartengono alla Conferenza Episcopale per il diritto stesso tutti i Vescovi diocesani del territorio e quelli che nel diritto sono loro equiparati; inoltre i Vescovi coadiutori, i Vescovi ausiliari e gli altri Vescovi titolari che esercitano in tale territorio uno speciale incarico loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale; possono esservi invitati anche gli Ordinari di un altro rito, in modo tuttavia che abbiano soltanto voto consultivo, a meno che gli statuti della Conferenza Episcopale non stabiliscano diversamente.

§ 2. Gli altri Vescovi titolari e il Legato del Romano Pontefice non sono membri di diritto della Conferenza Episcopale.


451 Ogni Conferenza Episcopale elabori i propri statuti che devono essere riveduti dalla Sede Apostolica; in essi, fra l'altro, vengano regolate le riunioni plenarie della Conferenza, si provveda alla costituzione del consiglio permanete, della segreteria generale della Conferenza e anche di altri uffici e commissioni che, a giudizio della Conferenza, contribuiscano più efficacemente al conseguimento delle sue finalità.


452 § 1. Ogni Conferenza Episcopale si elegga il presidente, determini chi assume la funzione di pro-presidente se il presidente è legittimamente impedito e designi il segretario generale, a norma degli statuti.

§ 2. Il presidente della Conferenza e, se questi è legittimamente impedito, il pro-presidente, presiede non solo le riunioni generali della Conferenza Episcopale, ma anche il consiglio permanente.


453 Le riunioni plenarie della Conferenza Episcopale si tengano almeno una volta all'anno e inoltre ogni volta che lo richiedono speciali circostanze, secondo le disposizioni degli statuti.


454 § 1. Nelle riunioni plenarie della Conferenza Episcopale per il diritto stesso il voto deliberativo compete ai Vescovi diocesani e a quelli che nel diritto sono loro equiparati, nonché ai Vescovi coadiutori.

§ 2. Ai Vescovi ausiliari e ai Vescovi titolari che appartengono alla Conferenza Episcopale, compete il voto deliberativo oppure consultivo, secondo le disposizioni degli statuti della Conferenza; fermo restando tuttavia che il voto deliberativo compete solo a quelli di cui al § 1, quando si tratta di elaborare o modificare gli statuti.


455 § 1. La Conferenza Episcopale può emanare decreti generali solamente nelle materie in cui lo abbia disposto il diritto universale, oppure lo stabilisce un mandato speciale della Sede Apostolica, sia motu proprio, sia su richiesta della conferenza stessa.

§ 2. Perché i decreti di cui al § 1. siano emanati validamente, devono essere espressi nella riunione plenaria almeno mediante i due terzi dei voti dei presuli che avendo voto deliberativo appartengono alla Conferenza, e non ottengono forza obbligante se non vengono legittimamente promulgati, dopo essere stati riveduti dalla Sede Apostolica.

§ 3. Il modo di promulgazione e il tempo in cui i decreti acquistano forza obbligante vengono determinati dalla stessa Conferenza Episcopale.

§ 4. Nei casi in cui né il diritto universale né uno speciale mandato della Sede Apostolica abbiano concesso alla Conferenza Episcopale la potestà di cui al § 1, la decisione compete ai singoli Vescovi diocesani per la propria diocesi e la Conferenza Episcopale o il suo presidente non possono agire validamente in nome di tutti i Vescovi, a meno che tutti e singoli i Vescovi non abbiano dato il loro consenso.


456 Conclusa la riunione plenaria della Conferenza Episcopale, la relazione sugli atti della Conferenza e i suoi decreti vengano trasmessi alla Sede Apostolica, sia per farle conoscere gli atti, sia perché i decreti, se ci sono, possano essere riveduti dalla stessa.


457 Spetta al consiglio permanete dei Vescovi curare che vengano preparate le questioni da trattare nella riunione plenaria della Conferenza e che siano fatte debitamente eseguire le decisioni prese in essa; ad esso spetta pure trattare gli altri affari che gli vengono affidati, a norma degli statuti.


458 Spetta alla segreteria generale:

1° stendere la relazione degli atti e dei decreti della riunione plenaria della Conferenza e degli atti del consiglio permanente e comunicarla a tutti i membri della Conferenza, stendere inoltre altri atti commissionati ad essa dal presidente della Conferenza o dal consiglio permanente;

2° comunicare alle Conferenze Episcopali confinanti gli atti e i documenti che la Conferenza nella riunione plenaria o il consiglio permanente hanno stabilito di trasmettere loro.


459 § 1. Si favoriscano le relazioni fra le Conferenze Episcopali, soprattutto viciniori, per la promozione e la tutela del bene maggiore.

§ 2. Ogni qualvolta però le Conferenze intraprendono attivamente o modi di procedere che assumono un carattere internazionale, è necessario che venga sentita la Sede Apostolica.


Titolo III Struttura interna delle Chiese particolari

Capitolo I IL SINODO DIOCESANO


460 Il sinodo diocesano è l'assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana, a norma dei canoni seguenti.


461 § 1. Il sinodo diocesano si celebri nelle singole Chiese particolari quando, a giudizio del Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale le circostanze lo suggeriscano.

§ 2. Se il Vescovo ha la cura di più diocesi oppure ha la cura di una come Vescovo proprio e di un'altra come Amministratore, può convocare un solo sinodo diocesano da tutte le diocesi affidategli.


462 § 1. Convoca il sinodo diocesano solo il Vescovo diocesano, non chi presiede interinalmente.

§ 2. Presiede il sinodo diocesano il Vescovo diocesano, il quale tuttavia può delegare il Vicario generale o il Vicario episcopale, a svolgere tale ufficio, per le singole sessioni del sinodo.


463 § 1. Al sinodo diocesano devono essere chiamati in qualità di membri e sono tenuti all'obbligo di parteciparvi:

1° il Vescovo coadiutore e i Vescovi ausiliari;

2° i Vicari generali e i Vicari episcopali, nonché il Vicario giudiziale;

3° i canonici della chiesa cattedrale;

4° i membri del consiglio presbiterale;

5° i fedeli laici, anche membri di istituti di vita consacrata, eletti dal consiglio pastorale nel modo e nel numero da determinarsi dal Vescovo diocesano, oppure, dove tale consiglio non esiste, secondo i criteri determinati dal Vescovo diocesano;

6° il rettore del seminario maggiore diocesano;

7° i vicari foranei;

8° almeno un presbitero eletto in ciascun vicariato foraneo da tutti coloro che ivi hanno cura d'anime; inoltre deve essere eletto un altro presbitero che lo sostituisca se il primo è impedito;

9° alcuni Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica che hanno la casa nella diocesi, i quali devono essere eletti nel numero e nel modo determinati dal Vescovo diocesano.

§ 2. al sinodo diocesano possono essere chiamati in qualità di membri anche altri, sia chierici, sia membri di istituti di vita consacrata, sia fedeli laici.

§ 3. Il Vescovo diocesano, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori alcuni ministri o membri di Chiese o comunità ecclesiali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica.



464 Un membro del sinodo, se è trattenuto da legittimo impedimento, non può inviare un procuratore che vi partecipi in suo nome; avverta però il Vescovo diocesano di tale impedimento.


465 Tutte le questioni proposte siano sottomesse alla libera discussione dei membri nelle sessioni del sinodo.


466 Nel sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo diocesano, mentre gli altri membri del sinodo hanno solamente voto consultivo; lui solo sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali, che possono essere resi pubblici soltanto per la sua autorità.


467 Il Vescovo diocesano comunichi al Metropolita e alla Conferenza Episcopale i testi delle dichiarazioni e dei decreti sinodali.


468 § 1. Spetta al Vescovo diocesano, secondo il suo prudente giudizio, sospendere e sciogliere il sinodo diocesano.

§ 2. Quando la sede episcopale è vacante o impedita, il sinodo diocesano si interrompe per il diritto stesso finché il Vescovo diocesano che gli succede non decreti che esso venga continuato oppure non lo dichiari estinto.

Capitolo II LA CURIA DIOCESANA


469 La curia diocesana consta degli organismi e delle persone che aiutano il Vescovo nel governo di tutta la diocesi, cioè nel dirigere l'attività pastorale, nel curare l'amministrazione della diocesi come pure nell'esercitare la potestà giudiziaria.


470 La nomina di coloro che sono ammessi agli uffici della curia diocesana spetta al Vescovo diocesano.


471 Tutti coloro che sono ammessi agli uffici della curia devono:

1° promettere di adempiere fedelmente l'incarico secondo le modalità determinate dal diritto o dal vescovo;

2° osservare il segreto nei limiti e secondo le modalità determinate dal diritto o dal Vescovo.


472 Circa le cause e le persone che, nella curia, si riferiscono all'esercizio della potestà giudiziaria, si osservino le prescrizioni del Libro VII I processi; in ordine a ciò che riguarda l'amministrazione della diocesi, si osservino le disposizioni dei canoni seguenti.


473 § 1. Il Vescovo diocesano deve curare che tutti gli affari inerenti all'amministrazione di tutta la diocesi siano debitamente coordinati e diretti a procurare nel modo più opportuno il bene della porzione di popolo di Dio che gli è affidata.

§ 2. Spetta allo stesso Vescovo diocesano coordinare l'attività pastorale dei Vicari generali ed episcopali; dove risulta conveniente, può essere nominato il Moderatore di curia, che deve essre un sacerdote e al quale spetta, sotto l'autorità del Vescovo, di coordinare le attività che riguardano gli affari amministrativi da trattare, come pure di curare che gli altri addetti alla curia svolgano fedelmente l'ufficio loro affidato.

§ 3. Se le situazioni locali, a giudizio del Vescovo, non suggeriscono diversamente, sia nominato Moderatore di curia il Vicario generale oppure, se sono più di uno, uno dei Vicari generali.

§ 4. Quando lo ritiene opportuno, il Vescovo, per favorire maggiormente l'attività pastorale, può costituire un consiglio episcopale, composto cioè dai Vicari generali e dai Vicari episcopali.


474 Gli atti di curia che hanno per loro natura effetto giuridico, devono essere sottoscritti dall'Ordinario da cui provengono, anche in ordine alla loro validità, e nello stesso tempo devono essere sottoscritti dal cancelliere o dal notaio di curia; il cancelliere poi è tenuto ad informare degli atti il Moderatore di curia.


Art. 1

I Vicari generali ed episcopali


475 § 1. In ogni diocesi il Vescovo diocesano deve costituire il Vicario generale affinché, con la potestà ordinaria di cui è munito a norma dei canoni seguenti, presti il suo aiuto al Vescovo stesso nel governo di tutta la diocesi.

§ 2. Come regola generale, venga costituito un solo Vicario generale, a meno che l'ampiezza della diocesi o il numero degli abitanti oppure altre ragioni pastorali non suggeriscano diversamente.


476 Ogniqualvolta lo richieda il buon governo della diocesi, possono essere costituiti dal Vescovo diocesano anche uno o più Vicari episcopali; essi hanno la stessa potestà ordinaria che, per diritto universale, a norma dei canoni seguenti, spetta al Vicario generale, o per una parte determinata della diocesi, o per un genere determinato di affari, o in rapporto ai fedeli di un determinato rito o di un ceto determinato di persone.


477 § 1. Il Vicario generale e il Vicario episcopale vengono nominati liberamente dal Vescovo diocesano e da lui possono essere liberamente rimossi, fermo restando il disposto del can. 406; il Vicario episcopale che non sia il Vescovo ausiliare sia nominato per un tempo da determinarsi nell'atto di costituzione.

§ 2. Quando il Vicario generale è assente o legittimamente impedito, il Vescovo diocesano può nominare un altro che lo supplisca; la stessa norma si applica per il Vicario episcopale.


478 § 1. Il Vicario generale ed episcopale siano sacerdoti di età non inferiore ai trent'anni, dottori o licenziati in diritto canonico o in teologia oppure almeno veramente esperti in saggezza ed esperienza nel trattare gli affari.

§ 2. L'ufficio di Vicario generale ed episcopale non è compatibile con l'ufficio di canonico penitenziere; inoltre non si può affidare tale ufficio a consanguinei del Vescovo fino al quarto grado.


479 § 1. Al Vicario generale compete, in forza dell'ufficio, la stessa potestà esecutiva su tutta la diocesi che, in forza del diritto, spetta al Vescovo diocesano, la potestà cioè di porre tutti gli atti amministrativi, ad eccezione di quelli che il Vescovo si è riservato oppure che richiedono, a norma del diritto, un mandato speciale del Vescovo.

§ 2. Al Vicario episcopale compete, per il diritto stesso, la medesima potestà di cui al § 1, però circoscritta a quella determinata parte del territorio o a quel genere di affari o a quei fedeli di un rito determinato o di un gruppo soltanto, per i quali è stato costituito, fatta eccezione per quelle cause che il Vescovo ha riservato a sé o al Vicario generale, oppure che, a norma del diritto, richiedono un mandato speciale del Vescovo.

§ 3. Spettano al Vicario generale e al Vicario episcopale, nell'ambito della propria competenza, anche le facoltà abituali concesse al Vescovo dalla Sede Apostolica, come pure l'esecuzione dei rescritti, a meno che espressamente non sia stato disposto in modo diverso o a meno che non sia stata scelta l'abilità specifica della persona del Vescovo diocesano.


480 Il Vicario generale e il Vicario episcopale devono riferire al Vescovo diocesano sulle principali attività programmate e attuate e inoltre non agiscano mai contro la sua volontà e il suo intendimento.


481 § 1. La potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale cessa allo scadere del mandato, con la rinuncia e, salvi restando i cann. 406 e 409, con la rimozione intimata loro dal Vescovo diocesano e inoltre quando la sede episcopale diviene vacante.

§ 2. Mentre è sospeso l'ufficio del Vescovo diocesano, è sospesa anche la potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale, a meno che non siano insigniti della dignità episcopale.


Art. 2

Il cancelliere, gli altri notai e gli archivi


482 § 1. In ogni curia venga costituito il cancelliere il cui incarico principale, a meno che non sia stabilito altro dal diritto particolare, consiste nel provvedere che gli atti della curia siano redatti compiutamente, e siano custoditi nell'archivio della stessa.

§ 2. Se si ritiene necessario, al cancelliere può essere dato un aiutante, col nome di vice-cancelliere.

§ 3. Il cancelliere e il vice-cancelliere sono per ciò stesso notai o segretari di curia.


483 § 1. Oltre al cancelliere, possono essere costituiti altri notai, la cui scrittura o firma fa pubblica fede, e questo o per tutti gli atti, o per gli atti giudiziari solamente, e per gli atti di una causa determinata o di un negozio soltanto.

§ 2. Il cancelliere e i notai devono essere di integra reputazione e al di sopra di ogni sospetto; nelle cause in cui può essere in discussione la fama di un sacerdote, il notaio deve essere sacerdote.


484 E' dovere dei notai:

1° stendere per iscritto gli atti e gli strumenti riguardanti i decreti, le disposizioni, gli obblighi e le altre questioni per le quali si richiede il loro intervento;

2° redigere fedelmente per iscritto le pratiche in corso e apporvi la firma insieme con l'indicazione del luogo, del giorno, del mese e dell'anno;

3° esibire dalla registrazione con le dovute cautele, a chi ne fa legittima richiesta, gli atti e gli strumenti e dichiararne le copie conformi all'originale.


485 Il cancelliere e gli altri notai possono essere liberamente rimossi dall'ufficio da parte del Vescovo diocesano, non però dall'Amministratore diocesano, se non con il consenso del collegio dei consultori.


486 § 1. Tutti i documenti che riguardano la diocesi o le parrocchie devono essere custoditi con la massima cura.

§ 2. In ogni curia si costituisca in luogo sicuro l'archivio o tabularium diocesano per custodirvi, disposti secondo un ordine determinato e diligentemente chiusi, gli strumenti e le scritture che riguardano le questioni spirituali e temporali della diocesi.

§ 3. Dei documenti contenuti nell'archivio si compili un inventario o catalogo, con un breve riassunto delle singole scritture.


487 § 1. L'archivio deve rimanere chiuso e ne abbiano la chiave solo il Vescovo e il cancelliere; a nessuno è lecito entrarvi se non con licenza del Vescovo oppure, contemporaneamente del Moderatore della curia e del cancelliere.

§ 2. E' diritto degli interessati ottenere, personalmente o mediante un procuratore, copia autentica manoscritta o fotostatica dei documenti che per loro natura sono pubblici e che riguardano lo stato della propria persona.


488 Non è lecito asportare documenti dall'archivio, se non per breve tempo e col consenso del Vescovo oppure, contemporaneamente, del Moderatore della curia e del cancelliere.


489 § 1. Vi sia nella curia diocesana anche un archivio segreto o almeno, nell'archivio comune, vi sia un armadio o una cassa chiusi a chiave e che non possano essere rimossi dalla loro sede; in essi si custodiscano con estrema cautela i documenti che devono essere conservati sotto segreto.

§ 2. Ogni anno si distruggano i documenti che riguardano le cause criminali in materia di costumi, se i rei sono morti oppure se tali cause si sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna, conservando però un breve sommario del fatto con il testo della sentenza definitiva.


490 § 1. Solo il Vescovo abbia la chiave dell'archivio segreto.

§ 2. Mentre la sede è vacante, l'archivio o l'armadio segreto non si apre se non in caso di vera necessità dallo stesso Amministratore diocesano.

§ 3. Non siano asportati documenti dall'archivio o armadio segreto.


491 § 1. Il Vescovo diocesano abbia cura che anche gli atti e i documenti degli archivi delle chiese cattedrali, collegiate, parrocchiali e delle altre chiese che sono presenti nel suo territorio vengano diligentemente conservati e che compilino inventari o cataloghi in due esemplari, di cui uno sia conservato nell'archivio della rispettiva chiesa e l'altro nell'archivio diocesano.

§ 2. Il Vescovo diocesano abbia anche cura che nella diocesi vi sia un archivio storico e che i documenti che hanno valore storico vi si custodiscano diligentemente e siano ordinati sistematicamente.

§ 3. Per consultare o asportare gli atti e i documenti di cui ai §§ 1 e 2, si osservino le norme stabilite dal Vescovo diocesano.


Art. 3

Il consiglio per gli affari economici e l'economo


492 § 1. In ogni diocesi venga costituito il consiglio per gli affari economici, presieduto dallo stesso Vescovo diocesano o da un suo delegato; esso è composto da almeno tre fedeli, veramente esperti in economia e nel diritto civile ed eminenti per integrità; essi sono nominati dal Vescovo.

§ 2. I membri del consiglio per gli affari economici siano nominati per un quinquennio, però, terminato tale periodo, possono essere assunti ancora per altri quinquenni.

§ 3. Sono esclusi dal consiglio per gli affari economici i congiunti del Vescovo fino al quarto grado di consanguineità o di affinità.


493 Oltre ai compiti ad esso affidati nel Libro V I beni temporali della Chiesa, spetta al consiglio per gli affari economici predisporre ogni anno, secondo le indicazioni del Vescovo diocesano, il bilanciò preventivo delle questue e delle elargizioni per l'anno seguente in riferimento alla gestione generale della diocesi e inoltre approvare, alla fine dell'anno, il bilanciò delle entrate e delle uscite.


494 § 1. In ogni diocesi, dopo aver sentito il collegio dei consultori e il consiglio per gli affari economici, il Vescovo nomini un economo; egli sia veramente esperto in economia e distinto per onestà.

§ 2. L'economo sia nominato per un quinquennio, però, scaduto tale periodo, può essere ancora nominato per altri quinquenni; mentre è in carica, il Vescovo non lo rimuova se non per grave causa, da valutarsi dopo aver sentito il collegio dei consultori e il consiglio per gli affari economici.

§ 3. E' compito dell'economo, secondo le modalità definite dal consiglio per gli affari economici, amministrare i beni della diocesi sotto l'autorità del Vescovo, fare sulla base delle entrate stabili della diocesi le spese che il Vescovo o altri da lui legittimamente incaricati abbiano ordinato.

§ 4. Nel corso dell'anno l'economo deve presentare al consiglio per gli affari economici il bilanciò delle entrate e delle uscite.


CODICE DI DIRITTO CANONICO 403