CODICE DI DIRITTO CANONICO 1330

Titolo IV Le pene e le altre punizioni

Capitolo I


LE CENSURE


1331 § 1. Allo scomunicato è fatto divieto:

1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del sacrificio dell'Eucarestia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico;

2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti;

3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo.

§ 2. Se la scomunica fu inflitta o dichiarata, il reo:

1° se vuole agire contro il disposto del § 1, n. 1, deve essere allontanato o si deve interrompere l'azione liturgica, se non si opponga una causa grave;

2° pone invalidamente gli atti di governo, che a norma del § 1, n. 3 sono illeciti;

3° incorre nel divieto di far uso dei privilegi a lui concessi in precedenza;

4° non può conseguire validamente dignità, uffici o altro incarico nella Chiesa;

5° non si appropria dei frutti della dignità, dell'ufficio, di qualunque altro incarico, della pensione, che abbia effettivamente nella Chiesa.


1332 Chi è interdetto è tenuto dai divieti di cui al can. 1331, § 1, nn. 1 e 2; se l'interdetto fu inflitto o dichiarato, si deve osservare il disposto del can. 1331, § 2, n. 1.


1333 § 1. La sospensione, che può essere applicata soltanto ai chierici, vieta:

1° tutti od alcuni atti della potestà di ordine;

2° tutti od alcuni atti della potestà di governo;

3° l'esercizio di tutti od alcuni diritti o funzioni inerenti l'ufficio.

§ 2. Nella legge o nel precetto si può stabilire che dopo la sentenza di condanna o che dichiara la pena, chi è sospeso non possa porre validamente atti di governo.

§ 3. Il divieto non tocca mai:

1° gli uffici o la potestà di governo che non ricadano sotto la potestà del superiore che ha costituito la pena;

2° il diritto di abitare se il reo lo abbia in ragione dell'ufficio;

3° il diritto di amministrare i beni, che eventualmente appartengono all'ufficio di colui che è sospeso, se la pena sia latae sententiae.

§ 4. La sospensione che vieta di percepire i frutti, lo stipendio, le pensioni o altro, comporta l'obbligo della restituzione di quanto fu illegittimamente percepito, anche se in buona fede.


1334 § 1. L'àmbito della sospensione, entro i limiti stabiliti nel canone precedente, è definito o dalla legge stessa o dal precetto, oppure dalla sentenza o dal decreto con cui è inflitta la pena.

§ 2. La legge, ma non il precetto, può costituire una sospensione latae sententiae , senza apporvi alcuna determinazione o limitazione; tale pena poi ha tutti gli effetti recensiti nel can. 1333, § 1.


1335 Se la censura vieta la celebrazione dei sacramenti o dei sacramentali o di porre atti di governo, il divieto è sospeso ogniqualvolta ciò sia necessario per provvedere a fedeli che si trovano in pericolo di morte; che se la censura latae sententiae non sia dichiarata, il divieto è inoltre sospeso tutte le volte che un fedele chieda un sacramento, un sacramentale o un atto di governo; tale richiesta poi è lecita per una giusta causa qualsiasi.

Capitolo II


LE PENE ESPIATORIE


1336 § 1. Le pene espiatorie, che possono essere applicate a un delinquente in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato, oltre alle altre che la legge può eventualmente aver stabilito, sono queste:

1° la proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio;

2° la privazione della potestà, dell'ufficio, dell'incarico, di un diritto, di un privilegio, di una facoltà, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se semplicemente onorifica;

3° la proibizione di esercitare quanto si dice al n. 2, o di farlo in un determinato luogo o fuori di esso; queste proibizioni non sono mai sotto pena di nullità;

4° il trasferimento penale ad altro ufficio;

5° la dimissione dallo stato clericale.

§ 2. Soltanto le pene espiatorie recensite al § 1, n. 3, possono essere pene latae sententiae.


1337 § 1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può essere applicata sia ai chierici sia ai religiosi; l'ingiunzione di dimorarvi può essere applicata ai chierici secolari e, nei limiti delle costituzioni, ai religiosi.

§ 2. Per infliggere l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio, è necessario che vi sia il consenso dell'Ordinario di quel luogo, salvo non si tratti di una casa destinata alla penitenza ed alla correzione dei chierici anche extradiocesani.


1338 § 1. Le privazioni e le proibizioni recensite nel can. 1336, § 1, nn. 2 e 3, non si applicano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che non siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena.

§ 2. Non si può privare alcuno della potestà di ordine, ma soltanto proibire di esercitarla o di esercitarne alcuni atti; parimenti non si può privare dei gradi accademici.

§ 3. Per le proibizioni indicate nel can. 1336, § 1, n. 3, si deve osservare la norma data per le censure al can. 1335.

Capitolo III

RIMEDI PENALI E PENITENZE


1339 § 1. L'Ordinario può ammonire, personalmente o tramite un altro, colui che si trovi nell'occasione prossima di delinquere, o sul quale dall'indagine fatta cade il sospetto grave d'aver commesso il delitto.

§ 2. può anche riprendere, in modo appropriato alle condizioni della persona e del fatto, chi con il proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l'ordine.

§ 3. Dell'ammonizione e della riprensione deve sempre constare almeno da un qualche documento, che si conservi nell'archivio segreto della curia.


1340 § 1. La penitenza che può essere imposta in foro esterno, consiste in una qualche opera di religione, di pietà o di carità da farsi.

§ 2. Per una trasgressione occulta non s'imponga mai una penitenza pubblica.

§ 3. L'Ordinario può a sua prudente discrezione aggiungere penitenze al rimedio penale dell'ammonizione o della riprensione.


Titolo V L'applicazione delle pene


1341 L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che né con l'ammonizione fraterna né con la riprensione né con altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale è possibile ottenere sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l'emendamento del reo.


1342 § 1. Ogniqualvolta giuste cause si oppongono a che si celebri un processo giudiziario, la pena può essere inflitta o dichiarata con decreto extragiudiziale; rimedi penali e penitenze possono essere applicati per decreto in qualunque caso.

§ 2. Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto.

§ 3. Quanto vien detto nella legge o nel precetto a riguardo del giudice per ciò che concerne la pena da infliggere o dichiarare in giudizio, si deve applicare al superiore, che infligga o dichiari la pena per decreto extragiudiziale, a meno che non consti altrimenti né si tratti di disposizioni attinenti soltanto la procedura.


1343 Se la legge o il precetto dànno al giudice potestà di applicare o di non applicare la pena, questi, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può anche mitigare la pena o imporre in luogo di essa una penitenza.


1344 Ancorché la legge usi termini precettivi, il giudice, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, puo:

1° differire l'inflizione della pena a tempo più opportuno, se da una punizione troppo affrettata si prevede che insorgeranno mali maggiori;

2° astenersi dall'infliggere la pena, o infliggere una pena più mite o fare uso di una penitenza, se il reo si sia emendato ed abbia riparato lo scandalo, oppure se lo stesso sia stato sufficientemente punito dall'autorità civile o si preveda che sarà punito;

3° sospendere l'obbligo di osservare una pena espiatoria al reo che abbia commesso delitto per la prima volta dopo aver vissuto onorevolmente e qualora non urga la necessità di riparare lo scandalo, a condizione tuttavia che se il reo entro il tempo determinato dal giudice stesso commetta nuovamente un delitto, sconti la pena dovuta per entrambi i delitti, salvo che frattanto non sia decorso il tempo per la prescrizione dell'azione penale relativa al primo delitto.


1345 Ogniqualvolta il delinquente o aveva l'uso di ragione in maniera soltanto imperfetta o commise il delitto per timore o per necessità o per impeto passionale o in stato di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, il giudice può anche astenersi dall'infliggere qualunque punizione, se ritiene si possa meglio provvedere in altro modo al suo emendamento.


1346 Ogniqualvolta il reo abbia commesso più delitti, se sembri eccessivo il cumolo delle pene ferendae sententiae , è lasciato al prudente arbitrio del giudice di contenere le pene entro equi limiti.


1347 § 1. Non si può infliggere validamente una censura, se il reo non fu prima ammonito almeno una volta di recedere dalla contumacia, assegnandogli un congruo spazio di tempo per ravvedersi.

§ 2. Si deve ritenere che abbia receduto dalla contumacia il reo che si sia veramente pentito del delitto e che abbia inoltre dato congrua riparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di farlo.


1348 Quando il reo viene assolto dall'accusa o non gli viene inflitta alcuna pena, l'Ordinario può provvedere al suo bene e al bene pubblico con opportune ammonizioni o per altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale, o anche, se del caso, con rimedi penali.


1349 Se la pena è indeterminata e la legge non dispone altrimenti, il giudice non infligga pene troppo gravi, soprattutto censure, a meno che non lo richieda assolutamente la gravità del caso; non può tuttavia infliggere pene perpetue.


1350 § 1. Nell'infliggere pene ad un chierico si deve sempre provvedere che non gli manchi il necessario per un onorevole sostentamento, a meno che non si tratti della dimissione dallo stato clericale.

§ 2. L'Ordinario abbia cura di provvedere nel miglior modo possibile a chi è stato dimesso dallo stato clericale e che a causa della pena sia veramente bisognoso.


1351 La pena vincola il reo ovunque, anche venuto meno il diritto di colui che l'ha costituita o l'ha inflitta, a meno che non si disponga espressamente altro.


1352 § 1. Se la pena vieta di ricevere i sacramenti o i sacramentali, il divieto è sospeso finché il reo versa in pericolo di morte.

§ 2. L'obbligo di osservare una pena latae sententiae che non sia stata dichiarata né sia notoria nel luogo ove il delinquente, è sospeso in tutto o in parte nella misura in cui il reo non la possa osservare senza pericolo di grave scandalo o d'infamia.


1353 L'appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo.


Titolo VI La cessazione delle pene


1354 § 1. Oltre a quelli che sono enumerati nei cann. 1355-1356, tutti coloro che possono dispensare da una legge munita di una pena, o liberare da un precetto che commina una pena, possono anche rimettere quella pena.

§ 2. La legge o il precetto che costituiscono una pena possono inoltre dare anche ad altri potestà di rimettere la pena.

§ 3. Se la Sede Apostolica ha riservato a sé o ad altri la remissione della pena, la riserva deve essere interpretata in senso stretto.


1355 § 1. Possono rimettere la pena stabilita dalla legge, che sia stata inflitta o dichiarata, purché non sia riservata alla Sede Apostolica:

1° l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena, o l'ha inflitta per decreto personalmente o tramite altri;

2° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente, dopo aver però consultato l'Ordinario di cui al n. 1, a meno che per circostanze straordinarie ciò sia impossibile.

§ 2. La pena latae sententiae non ancora dichiarata stabilita dalla legge, se non è riservata alla Sede Apostolica, può essere rimessa dall'Ordinario ai propri sudditi e a coloro che si trovano nel suo territorio o vi hanno commesso il delitto, e anche da qualunque Vescovo tuttavia nell'atto della confessione sacramentale.


1356 § 1. Possono rimettere la pena ferendae sententiae o latae sententiae stabilita da un precetto che non sia stato dato dalla Sede Apostolica:

1° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente;

2° se la pena sia stata inflitta o dichiarata, anche l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena o che l'ha inflitta o dichiarata per decreto personalmente o tramite altri.

§ 2. Prima che avvenga la remissione, deve essere consultato l'autore del precetto, a meno che per circostanze straordinarie ciò non sia possibile.


1357 § 1. Ferme restando le disposizioni dei cann. 508 e 976, il confessore può rimettere in foro interno sacramentale la censura latae sententiae di scomunica o d'interdetto, non dichiarata, se al penitente sia gravoso rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda.

§ 2 Il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l'onere di ricorrere entro un mese sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione, nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno. Il ricorso poi può essere fatto anche tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente.

§ 3. Allo stesso onere di ricorrere sono tenuti, dopo essersi ristabiliti in salute, coloro che a norma del can. 976 furono assolti da una censura inflitta o dichiarata oppure riservata alla Sede Apostolica.


1358 § 1. Non si può rimettere la censura se non al delinquente che abbia receduto dalla contumacia, a norma del can. 1347, § 2; chi abbia receduto poi non si può negare la remissione.

§ 2. Chi rimette la censura può provvedere a norma del can. 1348 o anche imporre una penitenza.


1359 Se qualcuno è vincolato da numerose pene, la remissione vale soltanto per le pene in essa espresse; la remissione generale poi toglie tutte le pene, ad eccezione di quelle che il reo nella domanda abbia taciuto in mala fede.


1360 La remissione della pena estorta per mezzo di timore grave è invalida.


1361 § 1. La remissione può anche essere data ad una persona assente, oppure sotto condizione.

§ 2. La remissione in foro esterno sia data per iscritto, a meno che una grave causa suggerisca altrimenti.

§ 3. Si provveda che la domanda di remissione o la remissione stessa non sia divulgata, se non nella misura in cui ciò sia utile a tutelare la fama dell'imputato o sia necessario per riparare lo scandalo.


1362 § 1. L'azione penale si estingue per prescrizione in tre anni, a meno che non si tratti:

1° di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede;

2° dell'azione per i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397, 1398, che si prescrive in cinque anni;

3° di delitti non puniti dal diritto universale, se fu commesso il delitto, oppure, se il delitto è permanente o abituale, dal giorno in cui è cessato.


1363 § 1. Se nei limiti di tempo di cui al can. 1362, da computarsi a partire dal giorno in cui la sentenza di condanna è passata in giudicato, all'imputato non sia stato notificato il decreto esecutivo del giudice di cui al can. 1651, l'azione intesa a far eseguire la pena si estingue per prescrizione.

§ 2. Il che vale, osservate le disposizioni del diritto, se la pena è stata inflitta per decreto extragiudiziale.


PARTE II

LE PENE PER I SINGOLI DELITTI


Titolo I Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa


1364 § 1. L'apostata, l'eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae , fermo restando il disposto del can. 194, § 1, n. 2; il chierico inoltre può essere punito con le pene di cui al can. 1336, § 1, nn. 1, 2 e 3.

§ 2. Se lo richieda la prolungata contumacia o la gravità dello scandalo, possono essere aggiunte altre pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.


1365 Il reo imputato di partecipazione vietata alle sacre celebrazioni sia punito con una giusta pena.


1366 I genitori o coloro che ne fanno le veci, che fanno battezzare od educare i figli in una religione acattolica, siano puniti con una censura o con altra giusta pena.


1367 Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.


1368 Se alcuno, asserendo o promettendo qualcosa avanti all'autorità ecclesiastica, commette spergiuro, sia punito con una giusta pena.


1369 Chi in uno spettacolo o in una pubblica adunanza o in uno scritto pubblicamente divulgato, o in altro modo servendosi degli strumenti di comunicazione sociale, proferisce bestemmia od offende gravemente i buoni costumi o pronuncia ingiurie o eccita all'odio o al disprezzo contro la religione o la Chiesa, sia punito con una giusta pena.


Titolo II Delitti contro le autorità ecclesiastiche e la libertà della Chiesa


1370 § 1. Chi usa violenza fisica contro il Romano Pontefice, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica, alla quale, se si tratta di un chierico, si può aggiungere a seconda della gravità del delitto, un'altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.

§ 2. Chi fa ciò contro un Vescovo incorre nell'interdetto latae sententiae , e , se chierico anche nella sospensione latae sententiae.

§ 3. Chi usa violenza fisica contro un chierico o religioso per disprezzo della fede, della Chiesa, della potestà ecclesiastica o del ministero, sia punito con giusta pena.


1371 Sia punito con una giusta pena:

1) chi oltre al caso di cui nel can. 1364 § 1, insegna una dottrina condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico oppure respinge pertinacemente la dottrina di cui nel can. 750 § 2 o nel can. 752, ed ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta;

2) chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza.

Cf. MP Ad tuendam fidem
Versione 1983: 1° chi inoltre al caso di cui al can. 1364, § 1, insegna una dottrina condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico o respinge pertinacemente la dottrina di cui al can. 752, ed ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta;
2° chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza.


1372 Chi contro un atto del Romano Pontefice ricorre al Concilio Ecumenico o al collegio dei Vescovi, sia punito con una censura.


1373 Chi pubblicamente suscita rivalità e odi da parte dei sudditi contro la Sede Apostolica o l'Ordinario per un atto di potestà o di ministero ecclesiastico, oppure eccita i sudditi alla disobbedienza nei loro confronti, sia punito con l'interdetto o altre giuste pene.


1374 Chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l'interdetto.


1375 Coloro che impediscono la libertà del ministero o dell'elezione o della potestà ecclesiastica oppure l'uso legittimo dei beni sacri o di altri beni ecclesiastici, oppure terrorizzano l'elettore o l'eletto o chi esercita potestà o ministero ecclesiastico, possono essere puniti con giusta pena.


1376 Chi profana una cosa sacra, mobile o immobile, sia punito con giusta pena.


1377 Chi senza la debita licenza aliena beni ecclesiastici sia punito con giusta pena.


Titolo III Usurpazione degli uffici ecclesiastici e delitti nel loro esercizio


1378 § 1. Il sacerdote che agisce contro il disposto del can. 977, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.

§ 2. Incorre nella pena latae sententiae dell'interdetto, o, se chierico, della sospensione:

1° chi non elevato all'ordine sacerdotale attenta l'azione liturgica del sacrificio eucaristico;

2° chi inoltre il caso di cui al § 1, non potendo dare validamente la assoluzione sacramentale, tenta d'impartirla oppure ascolta la confessione sacramentale.

§ 3. Nei casi di cui al § 2, a seconda della gravità del delitto, possono essere aggiunte altre pene, non esclusa la scomunica.


1379 Chi oltre ai casi del can. 1378, simula di amministrare un sacramento, sia punito con giusta pena.


1380 Chi per simonia celebra o riceve un sacramento, sia punito con l'interdetto o la sospensione.


1381 § 1. Chiunque usurpa un ufficio ecclesiastico sia punito con giusta pena.

§ 2. E' equiparato all'usurpazione il conservare illegittimamente l'incarico, in seguito a privazione o cessazione.



1382 Il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso ricevette la consacrazione, incorrono nella scomunica late sententiae riservata alla Sede Apostolica.


1383 Il Vescovo che contro il disposto del can. 1015, abbia ordinato un suddito di altri senza le legittime lettere dimissorie, incorre nel divieto di conferire l'ordine per un anno.

Chi poi ricevette l'ordinazione è per il fatto stesso sospeso dall'ordine ricevuto.


1384 Chi oltre i casi di cui ai cann. 1378-1383 esercita illegittimamente l'ufficio sacerdotale o altro sacro ministero, può essere punito con giusta pena.


1385 Chi trae illegittimamente profitto dall'elemosina della Messa, sia punito con una censura o altra giusta pena.


1386 Chi dona o promette qualunque cosa per ottenere un'azione o un'omissione illegale da chi esercita un incarico nella Chiesa, sia punito con una giusta pena; cosi chi accetta i doni e le promesse.


1387 Il sacerdote che, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione sacramentale, sollecita il penitente al peccato contro il sesto precetto del Decalogo, a seconda della gravità del delitto, sia punito con la sospensione, con divieti, privazioni e, nei casi più gravi, sia dimesso dallo stato clericale.


1388 § 1. Il confessore che viola direttamente il sigillo sacramentale incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; chi poi lo fa solo indirettamente sia punito proporzionalmente alla gravità del delitto.

§ 2. L'interprete e le altre persone di cui al can. 983, § 2, che violano il segreto, siano puniti con giusta pena, non esclusa la scomunica.


1389 § 1. Chi abusa della potestà ecclesiastica o dell'ufficio sia punito a seconda della gravità dell'atto o dell'omissione, non escluso con la privazione dell'ufficio, a meno che contro tale abuso non sia già stata stabilita una pena dalla legge o dal precetto.

§ 2. Chi, per negligenza colpevole, pone od omette illegittimamente con danno altrui un atto di potestà ecclesiastica, di ministero o di ufficio, sia punito con giusta pena.


Titolo IV Il delitto di falso


1390 § 1. Chi falsamente denuncia al Superiore ecclesiastico un confessore per delitto di cui al can. 1387, incorre nell'interdetto latae sententiae e, se sia chierico, anche nella sospensione.

§ 2. Chi presenta al Superiore ecclesiastico un'altra denuncia calunniosa per un delitto, o lede in altro modo l'altri buona fama, può essere punito con una giusta pena non esclusa la censura.

§ 3. Il calunniatore può essere costretto a dare una adeguata soddisfazione.


1391 può essere punito con giusta pena, a seconda della gravità del delitto:

1° chi redige un documento ecclesiastico falso, o ne altera uno vero, lo distrugge, lo occulta, o si serve di un documento falso o alterato;

2° chi si serve in materia ecclesiastica di un altro documento falso o alterato;

3° chi asserisce il falso in un documento ecclesiastico pubblico.


Titolo V Delitti contro obblighi speciali


1392 Chierici o religiosi che contro le disposizioni dei canoni esercitino l'attività affaristica o commerciale, siano puniti a seconda della gravità del delitto.


1393 Chi viola gli obblighi impostigli da una pena, può essere punito con giusta pena.


1394 § 1. Fermo restando il disposto del can. 194, § 1, n. 3, il chierico che attenta il matrimonio anche solo civilmente, incorre nella sospensione latae sententiae ; che se ammonito non si ravveda e continui a dare scandalo, può essere gradualmente punito con privazioni, fino alla dimissione dallo stato clericale.

§ 2. Il religioso di voti perpetui, non chierico, il quale attenti il matrimonio anche solo civilmente, incorre nell'interdetto latae sententiae , fermo restando il disposto del can. 694.


1395 § 1. Il chierico concubinario, oltre il caso di cui al can. 1394, e il chierico che permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del Decalogo, siano puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gradualmente altre pene, se persista il delitto dopo l'ammonizione, fino alla dimissione dallo stato clericale.

§ 2. Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti.


1396 Chi viola gravemente l'obbligo della residenza cui è tenuto in ragione dell'ufficio ecclesiastico, sia punito con giusta pena, non esclusa, dopo esser stato ammonito, la privazione dell'ufficio.


Titolo VI Delitti contro la vita e la libertà umana


1397 Chi commette omicidio, rapisce oppure detiene con la violenza o la frode una persona, o la mutila o la ferisce gravemente, sia punito a seconda della gravità del delitto con le privazioni e le proibizioni di cui al can. 1336; l'omicidio poi contro le persone di cui al can. 1370, è punito con le pene ivi stabilite.


1398 Chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella scomunica latae sententiae.


Titolo VII Norma generale


1399 Oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la violazione esterna di cui una legge divina o canonica può essere punita con giusta pena o penitenza, solo quando la speciale gravità della violazione esige una punizione e urge la necessità di prevenire o riparare gli scandali.



LIBRO VII

I PROCESSI

PARTE I

I GIUDIZIO IN GENERALE


1400 § 1. Oggetto del giudizio sono:

1° i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare;

2° i delitti per quanto riguarda l'irrogazione e la dichiarazione della pena.

§ 2. Le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa possono tuttavia essere differite solo al Superiore o al tribunale amministrativo.


1401 La Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:

1° le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;

2° la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.


1402 Tutti i tribunali della Chiesa sono retti dai canoni seguenti, salvo le norme dei tribunali della Sede Apostolica.


1403 § 1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio, sono regolate da una legge pontificia peculiare.

§ 2. Alle stesse cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le riguardano.


Titolo I Il tribunale competente


1404 La prima Sede non è giudicata da nessuno.


1405 § 1. Il Romano Pontefice stesso ha il diritto esclusivo di giudicare nelle cause di cui al can. 1401:

1° i capi di Stato;

2° i Padri Cardinali;

3° i Legati della sede Apostolica e nelle cause penali i Vescovi;

4° le altre cause che egli stesso abbia avocato al proprio giudizio.

§ 2. Il giudice non è competente a giudicare atti o strumenti confermati in forma specifica dal Romano Pontefice, salvo non ne abbia avuto prima mandato dal medesimo.

§ 3. E' riservato al tribunale della Rota Romana giudicare:

1° i Vescovi nelle cause contenziose, fermo restando il disposto del can. 1419, § 2.

2° l'Abate primate o l'Abate superiore di una congregazione monastica, il Moderatore supremo di istituti religiosi di diritto pontificio;

3° le diocesi e le altre persone ecclesiastiche sia fisiche sia giuridiche che non hanno Superiore al di sotto del Romano Pontefice.


1406 § 1. Violato il disposto del can. 1404, atti e decisioni si ritengono come non fatti.

§ 2. Nelle cause di cui al can. 1405, l'incompetenza degli altri giudici è assoluta.


1407 § 1. Nessuno può essere chiamato in giudizio in prima istanza se non davanti al giudice ecclesiastico competente per uno dei titoli determinati nei cann. 1408-1414.

§ 2. si dice relativa l'incompetenza del giudice che non abbia l'appoggio di nessuno di questi titoli.

§ 3. L'attore segue il tribunale della parte convenuta; che se la parte convenuta abbia diversi tribunali competenti, all'attore è concessa la scelta del tribunale.


1408 Chiunque può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del domicilio o del quasi-domicilio.


1409 § 1. Il tribunale del girovago è quello del luogo ove di fatto dimora.

§ 2. Colui del quale non si conosca né il domicilio o il quasi-domicilio, né il luogo della dimora, può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale dell'attore, purché non risulti un altro tribunale legittimo.


1410 A motivo della collocazione della cosa, la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove è situata la cosa che è oggetto di litigio, ogni qualvolta l'azione è diretta contro di essa o si tratta di azione di spoglio.


1411 § 1. A motivo del contratto la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove il contratto fu stipulato o dove deve essere adempiuto, a meno che le parti concordemente non abbiano scelto un altro tribunale.

§ 2. Se la causa verta su obblighi che provengono da altro titolo, la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove l'obbligo è sorto o deve essere adempiuto.


1412 L'accusato nelle cause penali, benché assente, può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del luogo ove il delitto fu commesso.


1413 La parte può essere chiamata in giudizio:

1° nelle cause vertenti sull'amministrazione dei beni, avanti al tribunale del luogo ove l'amministrazione viene fatta;

2° nelle cause che riguardano l'eredità o i legati pii, avanti al tribunale dell'ultimo domicilio o quasi-domicilio o della dimora, a norma dei cann. 1408-1409, di colui della cui eredità o legato pio si discute, a meno che non si tratti della semplice esecuzione del legato, che deve essere esaminata secondo le norme ordinarie della competenza.


1414 A motivo della connessione, le cause tra loro connesse devono essere giudicate da un solo ed identico tribunale e nello stesso processo, a meno che non vi si opponga il disposto della legge.


1415 A motivo della prevenzione, quando due o più tribunali sono egualmente competenti, ha diritto di giudicare la causa quel tribunale che per primo cito legittimamente la parte convenuta.


1416 I conflitti di competenza tra due tribunali soggetti allo stesso tribunale di appello, sono risolti da questo tribunale; se non sono soggetti allo stesso tribunale di appello, dalla Segnatura Apostolica.



CODICE DI DIRITTO CANONICO 1330