CODICE DI DIRITTO CANONICO 1495


AZIONI ED ECCEZIONI IN SPECIE


1496 § 1. Chi avrà dimostrato con argomenti almeno probabili di avere diritto ad una qualche cosa in possesso altrui, e che cioè imminente per lui un danno se quella cosa non sia consegnata in custodia, ha diritto di ottenere dal giudice il sequestro.

§ 2. In analoghe circostanze può ottenere che sia inibito a un terzo l'esercizio di un diritto.


1497 § 1. Il sequestro della cosa è ammesso anche per assicurare un credito, purché consti sufficientemente del diritto del creditore.

§ 2. Il sequestro può estendersi anche ai beni del debitore che si trovino a qualunque titolo presso terze persone, e ai crediti del debitore.


1498 Il sequestro della cosa e l'inibizione all'esercizio del diritto non possono assolutamente essere decisi, se il danno temuto possa essere altrimenti riparato e se ne dia idonea garanzia.


1499 Il giudice può imporre a colui al quale concede il sequestro della cosa o l'inibizione all'esercizio del diritto, una cauzione previa sui danni da risarcire in caso non abbia provato il suo diritto.


1500 Per quanto concerne la natura e il valore dell'azione possessoria, si osservino le disposizioni del diritto civile del luogo ov'è situata la cosa del cui possesso si tratta.


PARTE II

IL GIUDIZIO CONTENZIOSO

SEZIONE I

IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIO


Titolo I L'introduzione della causa

Capitolo I


IL LIBELLO INTRODUTTORIO DELLA LITE


1501 Il giudice non può esaminare alcuna causa, se non gli venga presentata, a norma dei canoni, una domanda da chi ha interesse o dal promotore di giustizia.


1502 Chi vuol convenire qualcuno deve presentare al giudice competente un libello in cui si proponga l'oggetto della controversia e si richieda il ministero del giudice.


1503 § 1. Il giudice può ammettere la domanda orale, ogniqualvolta o l'attore sia impedito di presentare il libelli o la causa comporti una ricerca facile e sia di minor importanza.

§ 2. In ambo i casi tuttavia il giudice ordini al notaio di redigere un atto per iscritto, che deve essere letto all'attore e da questi approvato, e che sostituisce a tutti gli effetti di diritto il libello scritto dall'attore.


1504 Il libello con il quale s'introduce la lite deve:

1° esprimere avanti a quale giudice la causa viene introdotta, che cosa si chiede e da chi;

2° indicare su quale diritto si fonda l'attore, e almeno per sommi capi fatti e prove per dimostrare quanto è asserito;

3° essere sottoscritta dall'attore o dal suo procuratore, apponendovi giorno, mese e anno, nonché il luogo ove l'attore o il procuratore abitano o dissero di risiedere per ricevere gli atti.

4° indicare il domicilio o il quasi-domicilio del convenuto.


1505 § 1. Il giudice unico o il presidente del tribunale collegiale, dopo aver constatato che la cosa è di sua competenza e che all'attore non manca la capacità legittima di stare in giudizio, deve al più presto con un suo decreto ammettere o respingere il libello.

§ 2. Il libello può essere respinto soltanto:

1° se il giudice o il tribunale sono incompetenti;

2° se consta senza dubbio che all'attore manca la capacità legittima di stare in giudizio;

3° se non sono state osservate le disposizioni del can. 1504, nn. 1-3;

4° se è sicuramente manifesto dal libello stesso che la domanda manca di qualunque fondamento, né potrà accadere che alcun fondamento emerga dal processo.

§ 3. Se il libello fu respinto a causa di difetti che possono essere emendati, l'attore può nuovamente esibire allo stesso giudice un altro libello correttamente redatto.

§ 4. Contro la reiezione del libello, la parte ha sempre diritto di interrompere ricorso corredato da motivazioni, entro il tempo utile di dieci giorni o al tribunale d'appello o al collegio se il libello fu respinto dal presidente, la questione poi della reiezione deve essere definito con la massima celerità.


1506 Se il giudice entro un mese dalla presentazione del libello non ha emesso il decreto, con il quale ammette o respinge il libello a norma del can. 1505, la parte interessata può fare istanza perché il giudice adempia il suo compito; che se ciononostante il giudice taccia, trascorsi inutilmente dieci giorni dalla data dell'istanza, il libello si consideri ammesso.

Capitolo II


CITAZIONE E INTIMAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI


1507 § 1. Nel decreto con il quale si ammette il libello dell'attore, il giudice o il presidente deve chiamare in giudizio ovvero citare le altre parti per la contestazione della lite, stabilendo se debbano rispondere per iscritto o presentandosi davanti a lui per concordare i dubbi. Che se delle risposte scritte veda la necessità di convocare le parti, lo può stabilire con un nuovo decreto.

§ 2. Se il libello si considera accolto a norma del can. 1506, il decreto di citazione in giudizio deve essere dato entro venti giorni dal momento in cui fu fatta l'istanza, di cui in quel canone.

§ 3. Che se le parti contendenti di fatto si presentino davanti al giudice per fare la causa, non c'è bisogno di citazione, ma l'attuario metta agli atti che le parti furono presenti in giudizio.


1508 § 1. Il decreto di citazione in giudizio deve essere subito notificato alla parte convenuta e contemporaneamente reso noto agli altri che devono comparire.

§ 2. Alla citazione si aggiunga il libello introduttorio della lite, a meno che il giudice per cause gravi non ritenga che non si debba rendere noto alla parte il libello prima che questa abbia deposto in giudizio.

§ 3. Se si fa causa a una persona che non ha il libero esercizio dei suoi diritti, o la libera amministrazione delle cose in questione, la citazione deve essere intimata, a seconda dei casi, al tutore, al curatore, al procuratore speciale ovvero a chi è tenuto a norma del diritto ad incaricarsi del giudizio a nome della medesima.


1509 § 1. La notificazione di citazioni, decreti, sentenze, ed altri atti giudiziari deve essere fatta tramite i servizi postali o in altro modo assolutamente sicuro, osservate le norme stabilite per legge particolare.

§ 2. Del fatto della notificazione e del modo in cui essa fu fatta deve constare agli atti.


1510 Il convenuto che si rifiuta di ricevere la scheda di citazione o impedisce alla citazione di raggiungerlo, si consideri legittimamente citato.


1511 Se la citazione non fu legittimamente notificata, gli atti del processo sono nulli, salvo il disposto del can. 1507, § 3.


1512 Notificata legittimamente la citazione o presentatesi le parti davanti al giudice per fare la causa:

1° la cosa cessa di essere integra;

2° la causa diventa propria di quel giudice o di quel tribunale per altro competente, avanti al quale fu introdotta l'azione;

3° la potestà del giudice delegato si rende stabile, di modo che non cessa con il venir meno del diritto del delegante;

4° s'interrompe la prescrizione, a meno che non sia disposto altrimenti;

5° la lite comincia ad essere aperta; pertanto vale immediatamente il principio: lite pendente nihil innovetur


Titolo II La contestazione della lite


1513 § 1. Si ha la contestazione della lite, quando con un decreto del giudice si definiscono i termini della controversia, desunti dalle richieste e dalle risposte delle parti.

§ 2. Le richieste e le risposte, oltre che nel libello introduttorio della lite, possono essere espresse o nella risposta alla citazione o in dichiarazioni fatte a voce avanti al giudice; ma nelle cause più difficili la parti devono essere convocate dal giudice per concordare il dubbio o i dubbi, a cui si dovrà rispondere nelle sentenza.

§ 3. Il decreto del giudice deve essere notificato alle parti, le quali, salvo che non si siano già dichiarate consenzienti, possono ricorrere entro dieci giorni al giudice perché sia mutato; la questione deve poi essere definita con decreto del giudice stesso con la massima celerità.


1514 I termini della controversia una volta stabiliti non possono essere validamente mutati, se non con un nuovo decreto, per una causa grave, ad istanza di una parte dopo aver udito le altre parti ed averne soppesato le ragioni.


1515 Contestata la lite il possessore di un bene altrui cessa di essere in buona fede; pertanto se è condannato a restituire la cosa, deve rendere anche i frutti dal giorno della contestazione della lite e risarcire i danni.


1516 Contestata la lite, il giudice stabilisca alle parti un congruo spazio di tempo per proporre e completare le prove.


Titolo III L'istanza della lite


1517 L'inizio dell'istanza avviene con la citazione; la fine non si ha soltanto con la sentenza definitiva, ma anche negli altri modi stabiliti dal diritto.


1518 Se una parte contendente muoia, o cambi stato o cessi dall'ufficio in ragione del quale agisce:

1° a causa non ancora conclusa, l'istanza è sospesa fino a che sia riassunta la lite dall'erede del defunto, dal successore o dall'avente interesse;

2° a causa conclusa, il giudice deve procedere oltre, dopo aver citato il procuratore, se vi sia, altrimenti l'erede del defunto o il successore.


1519 § 1. Se cessino dall'incarico il tutore o il curatore o il procuratore, che sia necessario a norma del can. 1481, §§1 e 3, l'istanza è nel frattempo sospesa.

§ 2. Il giudice costituisca al più presto un altro tutore o curatore; può poi costituire un procuratore alla lite se la parte abbia trascurato di farlo entro un breve termine di tempo stabilito dal giudice stesso.


1520 Se nessun atto processuale sia posto dalle parti per sei mesi, senza che vi si opponga alcun impedimento, l'istanza va in perenzione. La legge particolare può stabilire altri termini per la perenzione.


1521 La perenzione ha effetto per il diritto stesso e contro tutti, anche minorenni o ad essi equiparati, e deve anche essere dichiarata d'ufficio, salvo il diritto di chiedere indennità contro i tutori, curatori, amministratori, procuratori, i quali non abbiano dimostrato di non averne colpa.


1522 La perenzione estingue gli atti del processo, ma non gli atti della causa; anzi questi possono avere valore anche in una successiva istanza, purché essa si svolga tra le stesse persone e sullo stesso oggetto; ma per ciò che riguarda gli estranei, non hanno altro valore se non di documenti.


1523 Le spese del giudizio andato in perenzione sono rispettivamente a carico di ciascuno dei contendenti nella misura in cui furono fatte dai medesimi.


1524 § 1. In qualunque stadio e grado del giudizio l'attore può rinunciare all'istanza; anzi sia l'attore sia la parte convenuta possono rinunciare agli atti del processo, sia a tutti sia ad alcuni soltanto.

§ 2. Tutori e amministratori di persone giuridiche, perché possano rinunciare all'istanza devono avere il parere o il consenso di coloro dei quali è richiesto il concorso per porre atti che eccedono i limiti dell'amministrazione ordinaria.

§ 3. Per essere valida la rinuncia deve essere fatta per iscritto e deve essere sottoscritta dalla parte o dal suo procuratore, che sia tuttavia munito di mandato speciale, deve essere comunicata all'altra parte e da essa accettata o almeno non impugnata, e deve essere ammessa dal giudice.


1525 La rinuncia ammessa dal giudice, per gli atti ai quali si è rinunciato, ottiene gli stessi effetti della perenzione dell'istanza, e obbliga il rinunciante a pagare le spese degli atti cui ha rinunciato.


Titolo IV Le prove


1526 § 1. L'incombenza di fornire le prove tocca a chi asserisce.

§ 2. Non necessitano di prova:

1° ciò che dalla legge stessa si presume;

2° i fatti asseriti da uno dei contendenti ed ammessi dall'altro, a meno che ciò nonostante la prova non sia esigita dal diritto o dal giudice.


1527 § 1. Possono essere addotte prove di qualunque genere, che sembrino utili per esaminare la causa e siano lecite.

§ 2. Se una parte fa istanza perché una prova rifiutata dal giudice venga ammessa, il giudice definisca la cosa con la massima celerità.


1528 Se una parte o un testimone si rifiutano di comparire per rispondere avanti al giudice, è consentito udirli anche tramite un laico designato dal giudice, o richiedere la loro deposizione avanti a un pubblico notaio o in qualunque altro modo legittimo.


1529 Il giudice non proceda a raccogliere le prove prima della contestazione della lite se non per una causa grave.

Capitolo I


LE DICHIARAZIONI DELLE PARTI


1530 Il giudice per scoprire più adeguatamente la verità può sempre interrogare le parti; anzi lo deve fare su istanza di una parte o per provare un fatto sul quale è di pubblico interesse togliere ogni dubbio.


1531 § 1. La parte legittimamente interrogata deve rispondere e dire integralmente la verità.

§ 2. Che se si rifiuta di rispondere, spetta al giudice valutare che cosa se ne può dedurre per la prova dei fatti.


1532 Nei casi in cui è in causa il bene pubblico, il giudice faccia fare alle parti il giuramento di dire o almeno di avere detto la verità, a meno che una causa grave non suggerisca altro; negli altri casi può farlo a sua prudente discrezione.


1533 Le parti, il promotore di giustizia e il difensore del vincolo possono presentare al giudice dei punti sui quali la parte sia interrogata.


1534 Circa l'interrogatorio delle parti si osservino proporzionalmente le regole stabilite per i testimoni nei cann. 1548, § 2, n. 1, 1558-1565.


1535 L'asserzione di un fatto circa la materia stessa del giudizio, resa per iscritto o oralmente da una parte contro di sé avanti al giudice competente, sia spontaneamente sia a domanda del giudice, è una confessione giudiziale.


1536 § 1. La confessione giudiziale di una parte, se si tratta di qualche affare privato e non è in causa il bene pubblico, libera le altre parti dall'onere della prova.

§ 2. Nelle cause poi che riguardano il bene pubblico la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti che non siano confessioni, possono aver forza probante, da valutarsi dal giudice insieme a tutte le altre circostanze della causa, ma non si può attribuire loro forza di prova piena se non si aggiungano altri elementi ad avvalorarle in modo definitivo.


1537 Spetta al giudice, soppesate tutte le circostanze, decidere qual valore dare alla confessione extragiudiziale prodotta in giudizio.


1538 La confessione o qualsiasi altra dichiarazione della parte manca assolutamente di forza probante se consti che essa fu pronunciata per errore di fatto o fu estorta con la violenza o con timore grave.

Capitolo II


PROVA DOCUMENTALE


1539 In ogni genere di giudizio è ammessa la prova per via di documenti sia pubblici sia privati.


Art. 1

Natura e forza probante dei documenti


1540 § 1. Sono documenti pubblici ecclesiastici quelli rilasciati da una persona pubblica nell'esercizio del suo compito nella Chiesa, osservate le formalità stabilite nel diritto.

§ 2. Sono documenti pubblici civili quelli che sono ritenuti tali secondo le leggi di ciascun luogo.

§ 3. Tutti gli altri documenti sono privati.


1541 Salvo che non si dimostri irrefragabilmente altro con argomenti contrari ed evidenti, i documenti pubblici fanno fede di ciò che in essi è direttamente e principalmente affermato.


1542 Il documento privato, sia riconosciuto dalla parte, sia ammesso dal giudice, ha contro il suo autore o chi l'ha sottoscritto e gli aventi causa da essi, la stessa forza probante della confessione extragiudiziale; contro estranei ha la stessa forza probante delle dichiarazioni delle parti che non siano confessioni, a norma del can. 1536, § 2.


1543 Se i documenti appaiono cancellati, corretti, interpolati o guasti per altro difetto, spetta al giudice decidere se ed in qual conto tali documento si debbano tenere.


Art. 2

Produzione dei documenti


1544 I documenti non hanno forza probante in giudizio, se non siano originali o esibiti in esemplare autentico e consegnati alla cancelleria del tribunale, perché possano essere esaminati dal giudice e dalla parte avversa.


1545 Il giudice può ordinare che sia esibito nel processo un documento comune ad entrambe le parti.


1546 § 1. Nessuno è tenuto a produrre documenti, anche se comuni, che non possono essere esibiti senza pericolo di danno a norma del can. 1548, § 2, n. 2, o senza pericolo di violazione del segreto che si deve mantenere.

§ 2. Se tuttavia è possibile descrivere almeno una piccola parte del documento e produrla in esemplare senza gli inconvenienti menzionati, il giudice può ordinarne l'esibizione.

Capitolo III


TESTIMONI E TESTIMONIANZE


1547 In qualsiasi causa è ammessa la prova tramite testimoni, sotto la direzione del giudice.


1548 § 1. I testimoni devono confessare la verità al giudice che legittimamente li interroghi.

§ 2. Salvo il disposto del can. 1550, § 2, n. 2, sono liberati dal dovere di rispondere:

1° i chierici per quanto fu loro manifestato in ragione del sacro ministero; pubblici magistrati, i medici, le ostetriche, gli avvocati, i notai e altri che sono tenuti al segreto d'ufficio anche in ragione del consiglio dato, per quanto riguarda gli affari soggetti a questo segreto;

2° coloro che dalla propria testimonianza temano per sé o per il coniuge o per i consanguinei o gli affini più vicini infamia, pericolosi maltrattamenti o altri gravi mali.


Art. 1

Chi può essere testimone


1549 Tutti possono essere testimoni, a meno che non siano espressamente riprovati dal diritto in tutto o in parte.


1550 § 1. Non siano ammessi a fare da testimone i minori al di sotto dei quattordici anni e i deboli di mente; potranno tuttavia essere uditi per decreto del giudice, con il quale se ne dichiari l'opportunità.

§ 2. Si reputano incapaci:

1° le parti in causa o coloro che compaiono in giudizio a loro nome, il giudice o i suoi assistenti, l'avvocato e gli altri che assistono o abbiano assistito le parti nella stessa causa;

2° i sacerdoti per quanto concerne tutto ciò che fu loro rivelato nella confessione sacramentale, anche se il penitente ne richieda la manifestazione; anzi, tutto ciò che da chiunque ed in qualunque modo fu udito in occasione della confessione non può essere recepito neppure come indizio di verità.


Art. 2

Presentazione ed esclusione dei testimoni


1551 La parte che ha fatto venire in giudizio un testimone può rinunciare alla sua escussione; ma la parte avversa può chiedere che ciononostante il teste sia interrogato.


1552 § 1. Quando si chiede la prova tramite testimoni, siano indicati al tribunale i loro nomi e il domicilio.

§ 2. Si esibiscano, entro il termine stabilito dal giudice, i punti degli argomenti sui quali si chiede l'interrogatorio dei testimoni; altrimenti si ritenga abbandonata la richiesta.


1553 Spetta al giudice limitare il numero troppo grande dei testimoni.


1554 Prima che i testimoni siano interrogati, dei loro nominativi siano informate le parti; che se cio, a prudente valutazione del giudice, non sia possibile senza grave difficoltà, lo si faccia almeno prima della pubblicazione delle deposizioni testimoniali.


1555 Fermo restando il disposto del can. 1550, una parte può chiedere che un testimone sia escluso, se sia dimostrata una giusta causa per l'esclusione prima dell'escussione del medesimo.


1556 La citazione del testimone avviene con un decreto del giudice legittimamente notificato.


1557 Il testimone regolarmente citato compaia o renda nota al giudice la causa della sua assenza.


Art. 3

L'esame dei testimoni


1558 § 1. I testimoni devono essere interrogati nella sede stessa del tribunale, salvo diverso parere del giudice.

§ 2. I Cardinali, i Patriarchi, i Vescovi e quelli che secondo il diritto del loro paese godono di egual beneficio, siano uditi nel luogo da loro stessi prescelto.

§ 3. Il giudice decida dove devono essere uditi coloro ai quali, per la distanza, la malattia o altro impedimento, sia impossibile o difficile raggiungere la sede del tribunale, ferme restando le disposizioni dei cann. 1418 e 1469, § 2.


1559 Le parti non possono assistere all'esame dei testimoni, a meno che il giudice non abbia ritenuto di doverle ammettere. Possono tuttavia assistervi i loro avvocati o procuratori, a meno che il giudice per circostanze di cose e di persone non abbia ritenuto doversi procedere in segreto.


1560 § 1. I testimoni devono essere esaminati uno ad uno separatamente.

§ 2. Se i testimoni sono discordi in cosa grave tra di loro o con una parte, il giudice può riunire tra loro o mettere a confronto coloro che sono in contraddizione, rimossi, per quanto è possibile, dissidi e scandalo.


1561 L'esame del testimone viene fatto dal giudice, o da un suo delegato o uditore, che deve essere assistito dal notaio; di conseguenza le parti, il promotore di giustizia, il difensore del vincolo, o gli avvocati che intervengano nell'esame, se hanno altre domande da fare al testimone, non le facciano al testimone ma al giudice o a chi ne fa le veci, perché le rivolga lui stesso, salvo che la legge particolare non disponga altrimenti.


1562 § 1. Il giudice ricordi al teste il grave obbligo di dire tutta e sola la verità.

§ 2. Il giudice faccia giurare il testimone secondo il can. 1532; che se il testimone si rifiuti di prestarlo, lo ascolti senza che abbia giurato.


1563 Il giudice verifichi innanzitutto l'identità del testimone; domandi quale rapporto egli abbia con le parti, e facendogli specificare domande sulla causa, lo interroghi anche sulle fonti della sua conoscenza e quando precisamente seppe le cose che asserisce.


1564 Le domande siano brevi, appropriate all'intelligenza di colui che deve essere interrogato, non includano più elementi insieme, non siano cavillose, non siano subdole, non suggeriscano la risposta, escludano qualunque offesa e riguardino la causa di cui si tratta.


1565 § 1. Non si comunichino in precedenza ai testimoni le domande.

§ 2. Se tuttavia la materia su cui si deve deporre è cosi lontana nella memoria da non poter essere affermata con certezza dal testimone senza essergli precedentemente richiamata, il giudice, quando ritenga che lo si possa fare senza pericolo, prevenga il testimone su qualche particolare.


1566 I testimoni facciano la testimonianza a voce, senza leggere, a meno che non si tratti di dati numerici o di conti; in tal caso potranno consultare gli appunti che abbiano portato con sé.


1567 § 1. La risposta deve essere immediatamente redatta per iscritto dal notaio e deve riferire le stesse parole della testimonianza prodotta, almeno per quanto concerne direttamente la materia del giudizio.

§ 2. può essere ammesso l'uso del magnetofono, purché le risposte siano successivamente trascritte e firmate, se possibile, da coloro che hanno deposto.


1568 Il notaio riferisca in atti sul giuramento fatto, dispensato o rifiutato, sulla presenza delle parti, sulle domande aggiunte d'ufficio e in genere su tutti i fatti degni di menzione eventualmente accaduti durante l'escussione dei testimoni.


1569 § 1. Al termine dell'interrogatorio si deve leggere al testimone quanto della sua deposizione il notaio redasse per iscritto o fargli ascoltare al magnetofono ciò che fu registrato, concedendogli facoltà di aggiungere, sopprimere, correggere e variare.

§ 2. Infine il testimone, il giudice e il notaio devono sottoscrivere l'atto.


1570 I testimoni, benché già esaminati, potranno, ad istanza della parte o d'ufficio, prima che gli atti o le testimonianze siano pubblicate, essere nuovamente chiamati a testimoniare, se il giudice lo ritenga necessario o vantaggioso, purché non vi sia pericolo di qualsiasi segreta intesa o di corruzione.


1571 Ai testimoni, secondo un'equa tassazione stabilita dal giudice, si devono rifondere sia le spese fatte sia il guadagno che essi persero per rendere la testimonianza.


Art. 4

Forza probante delle testimonianze


1572 Nella valutazione delle testimonianze, il giudice, dopo aver richiesto, se necessario, le lettere testimoniali, prenda in considerazione:

1° quale sia la condizione e l'onestà della persona;

2° se la testimonianza è fatta per conoscenza propria, soprattutto per aver veduto o udito personalmente, oppure in base alla propria opinione, per fama o per averlo udito da altri;

3° se il testimone sia costante e fermamente coerente con se stesso, oppure sia variabile, insicuro o dubbioso;

4° se abbia contestimoni su quanto ha deposto, e sia confermato o no da altri elementi di prova.


1573 La deposizione di un solo testimone non può fare fede piena, a meno che non si tratti di un testimone qualificato che deponga su cose fatte d'ufficio, o le circostanze di cose e di persone suggeriscano altro.

Capitolo IV


I PERITI


1574 Ci si deve servire dell'opera dei periti ogniqualvolta, secondo il disposto del diritto o del giudice è necessario il loro esame o il parere, fondato sulle regole della pratica e della scienza, per provare qualche fatto o per conoscere la vera natura di una cosa.


1575 Spetta al giudice nominare i periti, udite le parti o su loro proposta, oppure, se del caso, accettare relazioni già fatte da altri periti.


1576 I periti vengono esclusi o possono essere ricusati per le stesse cause per le quali sono esclusi i testimoni.


1577 § 1. Il giudice, atteso quanto i contendenti abbiano eventualmente prodotto, definisca con suo decreto i singoli punti sui quali si deve svolgere l'opera del perito.

§ 2. Al perito devono essere trasmessi gli atti di causa e gli altri documenti e sussidi di cui può aver bisogno per eseguire correttamente e fedelmente il suo compito.

§ 3. Il giudice, udito il perito stesso, stabilisca il tempo entro il quale dovrà essere espletato l'esame e presentata la relazione.


1578 § 1. I periti facciano ciascuno la propia relazione distinta da quella degli altri, a meno che il giudice non ordini che se ne faccia una sola che i singoli periti dovranno sottoscrivere; se ciò avvenga, si annotino diligentemente le differenze dei pareri, se ce ne fossero.

§ 2. I periti devono indicare con chiarezza con quali documenti o in quali modi idonei abbiano accertato l'identità delle persone, delle cose o dei luoghi, secondo quale metodo e criterio abbiano proceduto nell'espletare il compito loro richiesto, e soprattutto su quali argomenti si fondino le loro conclusioni.

§ 3. Il perito può essere convocato dal giudice perché fornisca le spiegazioni che sembrino ulteriormente necessarie.


1579 § 1. Il giudice valuti attentamente non soltanto le conclusioni dei periti, anche se concordi, ma tutte le altre circostanze della causa.

§ 2. Quando espone le ragioni della decisione, deve esprimere quali argomenti lo hanno indotto ad ammettere o a respingere le conclusioni dei periti.


1580 Ai periti devono essere pagate le spese e gli oneri, che il giudice deve stabilire secondo onestà e giustizia, osservato il diritto particolare.


1581 § 1. Le parti possono designare periti privati, i quali devono essere approvati dal giudice.

§ 2. Questi, se il giudice li ammette, possono esaminare, nella misura in cui sia necessario, gli atti di causa, e prendere parte all'esecuzione della perizia; possono poi sempre presentare la loro relazione.

Capitolo V


ACCESSO ED ISPEZIONE GIUDIZIARIA


1582 Se per la definizione della causa il giudice ritiene opportuno di recarsi in qualche luogo o d'ispezionare qualche cosa, lo stabilisca con un decreto, con cui descriva sommariamente, dopo aver udite le parti, tutto ciò che nell'ispezione deve essergli messo a disposizione.


1583 Dell'ispezione fatta si rediga uno strumento.

Capitolo VI

LE PRESUNZIONI


1584 La presunzione è la deduzione probabile da un fatto certo di una cosa incerta; è detta iuris la presunzione che viene stabilita dalla legge stessa; è detta hominis quella che è formulata dal giudice.


1585 Chi ha dalla sua parte una presunzione iuris , viene liberato dall'onere della prova, che ricade sulla parte avversa.


1586 Il giudice non formuli presunzioni, che non sono stabilite dal diritto, se non sulla base di un fatto certo e determinato, direttamente connesso con il fatto che è oggetto della controversia.


Titolo V Le cause incidentali


1587 Si ha una causa incidentale ogni qualvolta, cominciato il giudizio con la citazione, viene proposta una questione, la quale, benché non contenuta espressamente nel libello introduttorio della lite, risulta tuttavia cosi pertinente alla causa da dover essere per lo più risolta prima della questione principale.


1588 La causa incidentale si propone per iscritto o a voce, indicato il nesso che intercorre tra essa e la causa principale, avanti al giudice competente e decidere la causa principale.


1589 § 1. Il giudice, accolta la domanda e udite le parti, decida con la massima celerità se la questione incidentale proposta sembri aver fondamento ed essere connessa al giudizio principale, oppure se la si debba respingere fin da principio; e, posto che l'ammetta, se sia di tal gravità da dover essere risolta con sentenza interlocutoria oppure con decreto.

§ 2. Se poi giudichi non doversi risolvere la questione incidentale prima della sentenza definitiva, stabilisca che di essa si tenga conto quando si deciderà la causa principale.


1590 § 1. Se la questione incidentale deve essere risolta con sentenza, si osservino le norme circa il processo contenzioso orale, a meno che il giudice non ritenga diversamente, attesa la gravità della cosa.

§ 2. Se poi la questione incidentale deve essere risolta con decreto, il tribunale può affidare la cosa a un uditore o al presidente.


1591 Prima che si concluda la causa principale il giudice o il tribunale possono, intervenendo una ragione giusta, revocare o riformare il decreto o la sentenza interlocutoria, sia ad istanza di una parte, sia d'ufficio, udite le parti.

Capitolo I


LE PARTI CHE NON SI PRESENTANO IN GIUDIZIO


1592 § 1. Se la parte convenuta citata non si presento in giudizio né scuso idoneamente la sua assenza, o non rispose a norma del can. 1507, § 1, il giudice la dichiari assente dal giudizio e decida che la causa, osservato quanto è prescritto, proceda fino a sentenza definitiva e alla sua esecuzione.

§ 2. Prima che si emani il decreto di cui al § 1, deve constatare, anche a mezzo di una nuova citazione se è necessario, che la citazione legittimamente fatta pervenne in tempo utile alla parte convenuta.


1593 § 1. La parte convenuta se in seguito si presenti in giudizio o abbia risposto prima della decisione della causa, può addurre conclusioni e prove, fermo restando il disposto del can. 1600; il giudice eviti però che il giudizio si protragga di proposito con ritardi troppo lunghi e non necessari.

§ 2. Benché non si sia presentata in giudizio né abbia risposto prima della decisione della causa, può servirsi delle impugnazioni contro la sentenza; se poi provi di essere stata trattenuta da un legittimo impedimento, che senza sua colpa non le fu possibile dimostrare, può anche servirsi della querela di nullità.


1594 Se l'attore non comparve nel giorno ed ora fissati per la contestazione della lite né addusse idonea scusa:

1° il giudice lo citi una seconda volta;

2° se l'attore non obbedi alla nuova citazione, si presume abbia rinunciato all'istanza a norma dei cann. 1524-1525;

3° se in seguito voglia intervenire nel processo, si osservi il can. 1593.


1595 § 1. La parte assente dal giudizio, sia l'attore sia il convenuto, che non abbia dimostrato di avere un giusto impedimento, è obbligata sia a pagare le spese della lite che furono fatte a motivo della sua assenza, sia anche, se necessario, a indennizzare l'altra parte.

§ 2. Se l'attore e il convenuto furono assenti dal giudizio, sono solamente tenuti all'obbligo di pagare le spese della lite.

Capitolo II


CODICE DI DIRITTO CANONICO 1495