CODICE DI DIRITTO CANONICO 1595


L'INTERVENTO DI UN TERZO NELLA CAUSA


1596 § 1. Chi ne abbia interesse può essere ammesso ad intervenire nella causa, in qualunque istanza della lite, sia come parte a difendere il proprio diritto, sia accessoriamente ad aiutare una delle parti contendenti.

§ 2. Ma per essere ammesso deve presentare al giudice prima della conclusione della causa un libello, in cui brevemente dimostri il proprio diritto d'intervenire.

§ 3. Chi interviene nella causa deve essere ammesso in quello stadio in cui essa si trova, dopo avergli assegnato un termine breve e perentorio per presentare le sue prove, se la causa sia giunta alla fase probatoria.


1597 Il giudice, udite le parti, deve chiamare in giudizio un terzo, del quale sembri necessario l'intervento.


Titolo VI La pubblicazione degli atti, la conclusione in causa e la discussione della causa


1598 § 1. Acquisite le prove, il giudice con decreto deve permettere alle parti e ai loro avvocati, sotto pena di nullità, di prendere visione degli atti loro ancora sconosciuti presso la cancelleria del tribunale; anzi agli avvocati che lo chiedano si può anche dare copia degli atti; ma nelle cause che riguardano il bene pubblico il giudice, per evitare pericoli gravissimi, può decidere, garantendo tuttavia sempre ed integralmente il diritto alla difesa, che qualche atto non sia fatto conoscere a nessuno.

§ 2. Per completare le prove le parti possono presentarne altre al giudice; acquisite le quali, se necessario a parere del giudice, avrà nuovamente luogo il decreto di cui al § 1.


1599 § 1. Espletato tutto quanto riguarda le prove da produrre, si addiviene alla conclusione in causa.

§ 2. Questa conclusione si ha ogniqualvolta o le parti dichiarano di non aver null'altro da addurre, o il tempo utile stabilito dal giudice per produrre le prove è trascorso, o il giudice dichiara di ritenere sufficientemente istruita la causa.

§ 3. Sulla compiuta conclusione in causa, in qualunque modo essa sia avvenuta, il giudice emetta un decreto.



1600 § 1. Dopo la conclusione in causa il giudice può convocare ancora gli stessi o altri testimoni, oppure ordinare altre prove che in precedenza non furono richieste, soltanto:

1° nelle cause in cui si tratta del solo bene privato delle parti, se tutte le parti vi consentano;

2° nelle altre cause, udite le parti e purché vi sia una ragione grave e venga rimosso qualsiasi pericolo di frode o di subornazione;

3° in tutte le cause, ogni qualvolta è probabile che, se la nuova prova non sia ammessa, si avrà una sentenza ingiusta per le ragioni di cui al can. 1645, § 2, nn. 1-3.

§ 2. Il giudice può inoltre ordinare o ammettere che sia prodotto un documento, che, senza colpa dell'interessato, non poté essere prodotto in precedenza.

§ 3. La nuove prove siano pubblicate, osservato il can. 1598, § 1.


1601 Fatta la conclusione in causa, il giudice stabilisca un congruo spazio di tempo per presentare le difese o le osservazioni.


1602 § 1. Difese e osservazioni siano scritte, a meno che il giudice, d'accordo con le parti, non reputi sufficiente il dibattimento durante la seduta del tribunale.

§ 2. Se le difese con i documenti principali vengono stampati, è richiesta la licenza previa del giudice, salvo l'obbligo del segreto se ve ne sia alcuno.

§ 3. Per l'ampiezza della difesa, il numero degli esemplari ed altri particolari del genere, si osservi il regolamento del tribunale.


1603 § 1. Comunicate vicendevolmente le difese e le osservazioni, all'una e all'altra parte è consentito presentare delle risposte entro un breve spazio di tempo stabilito dal giudice.

§ 2. Le parti abbiano questo diritto una sola volta, a meno che al giudice per una causa grave non sembri lo si debba concedere un'altra volta; in tal caso allora la concessione fatta ad una parte si intenda fatta anche all'altra.

§ 3. Il promotore di giustizia e il difensore del vincolo hanno diritto di replicare nuovamente alle risposte delle parti.


1604 § 1. E' assolutamente proibito alle parti, ai loro avvocati o anche ad altri di dare al giudice informazioni, che rimangano fuori dagli atti di causa.

§ 2. Se la discussione della causa è fatta per iscritto, il giudice può stabilire che vi sia durante la seduta del tribunale un moderato dibattimento orale per mettere in chiaro alcune questioni.


1605 Al dibattimento orale di cui ai cann. 1602, § 1 e 1604, § 2, sia presente il notaio al fine di riferire immediatamente per scritto, se il giudice lo ordini o la parte lo chieda e il giudice acconsenta, sulle cose discusse e decise.


1606 Se le parti abbiano trascurato di preparare in tempo utile la loro difesa o si rimettano alla scienza e coscienza del giudice, questi, se dagli atti e da quanto è stato dimostrato ritenga palesemente provata la causa, potrà immediatamente pronunciare la sentenza, dopo aver tuttavia richiesto le osservazioni del promotore di giustizia e del difensore del vincolo, se intervengono nel giudizio.


Titolo VII I pronunciamenti del giudice


1607 La causa trattata per via giudiziaria, se è principale viene decisa dal giudice con sentenza definitiva; se è incidentale con sentenza interlocutoria, fermo restando il disposto del can. 1589, § 1.


1608 § 1. Per pronunciare una sentenza qualsiasi si richiede nell'animo del giudice la certezza morale su quanto deve decidere con essa.

§ 2. Il giudice deve attingere questa certezza dagli atti e da quanto è stato dimostrato.

§ 3. Il giudice deve poi valutare le prove secondo la sua coscienza, ferme restando le disposizioni della legge su l'efficacia di talune prove.

§ 4. Il giudice che non abbia potuto conseguire quella certezza, sentenzi che non consta del diritto dell'attore e prosciolga il convenuto, a meno che non si tratti di una causa che gode il favore del diritto, nel qual caso si deve pronunciare a favore della medesima.


1609 § 1. Nel tribunale collegiale, il presidente del collegio stabilisca il giorno e l'ora in cui i giudici devono ritrovarsi per la decisione, e salvo una causa peculiare non suggerisca altrimenti, la riunione si tenga nella sede stessa del tribunale.

§ 2. Fissata la data della riunione, i singoli giudici portino per iscritto le loro conclusioni in merito alla causa e le ragioni sia in diritto sia in fatto, sulla base delle quali sono pervenuti alle rispettive conclusioni; queste conclusioni, da mantenere sotto segreto, siano allegate agli atti di causa.

§ 3. Dopo aver invocato il Nome di Dio, esposte per ordine le conclusioni dei singoli secondo la precedenza, in modo tuttavia che si abbia sempre inizio con il ponente o relatore della causa, si apra la discussione sotto la guida del presidente del tribunale, soprattutto per concordare insieme ciò che si deve stabilire nella parte dispositiva della sentenza.

§ 4. Nella discussione poi a ciascuno è permesso di recedere dalla sua precedente conclusione. Il giudice tuttavia che non intende accedere alla decisione degli altri può esigere che, se vi sia l'appello, le sue conclusioni siano trasmesse al tribunale superiore.

§ 5. Che se i giudici o non vogliono o non possono addivenire a sentenza nella prima discussione, la decisione può essere differita ad una nuova riunione da tenersi non oltre una settimana, a meno che a norma del can. 1600 non si debba completare l'istruttoria della causa.


1610 § 1. Se il giudice è unico scriverà lui stesso la sentenza.

§ 2. Nel tribunale collegiale è il ponente o relatore a scrivere la sentenza, desumendo le motivazioni da quelle addotte dai singoli giudici durante la discussione, a meno che i giudici a maggioranza non abbiano stabilito le motivazioni da preferirsi; la sentenza infine dovrà essere sottoposta alla approvazione dei singoli giudici.

§ 3. La sentenza deve essere pubblicata non oltre un mese dal giorno in cui la causa fu decisa, a meno che, nel tribunale collegiale, i giudici per una grave ragione non abbiano stabilito un tempo più lungo.


1611 La sentenza deve:

1° definire la controversia discussa avanti al tribunale, dando una congrua risposta ai singoli dubbi;

2° determinare quali siano gli obblighi delle parti sorti dal giudizio, e in quale modo debbano essere adempiuti;

3° esporre le ragioni ossia i motivi, in diritto e in fatto, sui quali si fonda la parte dispositiva della sentenza;

4° decidere sulle spese processuali.


1612 § 1. E' necessario che la sentenza, dopo l'invocazione del Nome di Dio, esprima per ordine quale sia il giudice o il tribunale; chi sia l'attore, la parte convenuta, il procuratore, indicandone correttamente i nominativi e i domicili, chi sia il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, se ebbero parte nel giudizio.

§ 2. Deve quindi riferire brevemente la fattispecie con le conclusioni delle parti e la formulazione dei dubbi.

§ 3. A queste cose faccia seguito la parte dispositiva della sentenza, premesse le ragioni sulle quali si regge.

§ 4. Si chiuda con l'indicazione del giorno e del luogo in cui fu pronunciata, con le firme del giudice, o, se il tribunale è collegiale, di tutti i giudici e del notaio.


1613 Le regole sopra riferite circa la sentenza definitiva, devono essere adattate anche all'interlocutoria.


1614 La sentenza sia al più presto pubblicata, indicati i modi secondo i quali la si può impugnare; essa non ha alcun valore prima della pubblicazione, anche se la parte dispositiva, permettendolo il giudice, fu resa nota alle parti.


1615 La pubblicazione o intimazione della sentenza può avvenire o dandone un esemplare alle parti o ai loro procuratori, oppure trasmettendo ai medesimi l'esemplare stesso a norma del can. 1509.


1616 § 1. Se nel testo della sentenza sia sfuggito un errore di calcolo o vi sia stato un errore materiale nella trascrizione della parte dispositiva oppure nel riferire i fatti o le petizioni delle parti o sia stato omesso quanto richiede il can 1612, § 4, la sentenza deve essere corretta o completata dal tribunale stesso che l'ha emanata, sia ad istanza della parte sia d'ufficio, tuttavia udite sempre le parti e con decreto apposto in calce alla sentenza.

§ 2. Se una parte fa opposizione, la questione incidentale sia definita per decreto.


1617 Tutti gli altri pronunciamenti del giudice oltre alla sentenza, sono decreti, che, salvo non siano mere ordinanze, non hanno valore, se non esprimano almeno sommariamente i motivi oppure rinviino ai motivi espressi in un altro atto.


1618 La sentenza interlocutoria o il decreto hanno valore di sentenza definitiva se impediscono il giudizio o pongono fine al giudizio stesso o ad un grado di esso, nei riguardi di almeno una delle parti in causa.


Titolo VIII Impugnazione della sentenza

Capitolo I


QUERELA DI NULLITA' CONTRO LA SENTENZA


1619 Fermi restando i cann. 1622 e 1623, la nullità degli atti stabilita dal diritto positivo, che pur essendo nota alla parte proponente la querela non fu denunziata al giudice prima della sentenza, si considera sanata per mezzo della sentenza stessa ogniqualvolta si tratta di una causa relativa al bene di privati.


1620 La sentenza è viziata da nullità insanabile se:

1° fu emessa da un giudice incompetente d'incompetenza assoluta;

2° fu emessa da chi è privo della potestà di giudicare nel tribunale dove la causa fu decisa;

3° fu emessa da un giudice a ciò coatto gravemente con violenza o timore grave;

4° il giudizio fu fatto senza la domanda giudiziale di cui al can. 1501, oppure non fu istituito contro una parte convenuta;

5° fu emessa tra parti, di cui almeno una non aveva capacità di stare in giudizio;

6° qualcuno agi in nome di un altro senza legittimo mandato;

7° all'una o all'altra parte si nego il diritto alla difesa;

8° non defini la controversia, neppure parzialmente.


1621 La querela di nullità, di cui al can. 1620, può essere proposta a modo di eccezione senza limiti di tempo, e a modo di azione avanti al giudice che emise la sentenza entro dieci anni a partire dal giorno della pubblicazione della sentenza.


1622 La sentenza è viziata solo da nullità sanabile, se:

1° fu emessa da un numero non legittimo di giudici, contro il disposto del can. 1425, § 1;

2° non contiene i motivi o le ragioni della decisione;

3° manca delle firme prescritte dal diritto;

4° non riporta l'indicazione dell'anno, mese, giorno e luogo in cui fu emessa;

5° si regge su un atto giudiziale nullo o non sanato a norma del can. 1619;

6° fu emessa contro una parte legittimamente assente, secondo il can. 1593, § 2.


1623 La querela di nullità nei casi di cui al can. 1622, può essere proposta entro tre mesi dalla notizia della pubblicazione della sentenza.


1624 Esamina la querela di nullità lo stesso giudice che ha emesso la sentenza; che se la parte tema che il giudice che ha emesso la sentenza impugnata con la querela di nullità sia prevenuto e pertanto lo ritenga sospetto, può esigere che sia sostituito da un altro giudice a norma del can. 1450.


1625 La querela di nullità può essere proposta insieme all'appello, entro il termine stabilito per appellare.


1626 § 1. Possono interporre querela di nullità non solo le parti che si ritengono onerate, ma anche il promotore di giustizia o il difensore del vincolo ogniqualvolta hanno diritto d'intervenire.

§ 2. Il giudice stesso può ritrattare d'ufficio la propria sentenza nulla o correggerla entro il termine stabilito per agire dal can. 1623, a meno che nel frattempo non sia stato interposto appello insieme alla querela di nullità o la nullità sia stata sanata per il decorso del termine di cui al can. 1623.


1627 Le cause sulla querela di nullità possono essere trattate secondo le norme del processo contenzioso orale.

Capitolo II


L'APPELLO


1628 La parte che si considera onerata da una sentenza, e parimenti il promotore di giustizia e il difensore del vincolo nelle cause in cui la loro presenza è richiesta, hanno diritto di appellare contro la sentenza avanti al giudice superiore, salvo il disposto del can. 1629.


1629 Non di dà luogo all'appello:

1° contro una sentenza emessa dallo stesso Sommo Pontefice o dalla Segnatura Apostolica;

2° contro una sentenza nulla, salvo non lo si faccia congiuntamente alla querela di nullità a norma del can. 1625;

CIS 1880,3°

3° contro una sentenza passata in giudicato;

4° contro il decreto del giudice o una sentenza interlocutoria, che non abbiano valore di sentenza definitiva,a meno che non lo si faccia insieme all'appello contro la sentenza definitiva;

5° contro una sentenza o un decreto in una causa nella quale il diritto stabilisce si debba definire la questione con la massima celerità.


1630 § 1. L'appello deve essere interposto avanti al giudice dal quale fu emessa la sentenza, nel termine perentorio di quindici giorni utili dalla notizia della pubblicazione della sentenza.

§ 2. Se l'appello è fatto a voce, il notaio lo rediga per iscritto avanti allo stesso appellante.


1631 Se insorge una questione sul diritto di appello, la esamini con la massima celerità il tribunale di appello secondo le norme del processo contenzioso orale.


1632 § 1. Se nell'appello non è indicato a quale tribunale esso è diretto, si presume fatto al tribunale di cui ai cann. 1438 e 1439.

§ 2. Se l'altra parte ricorre ad un tribunale di appello diverso, esamina la causa il tribunale superiore in grado, salvo il can. 1415.

1633 L'appello deve essere proseguito avanti al giudice al quale è diretto entro un mese dalla sua interposizione, a meno che il giudice a quo non abbia stabilito alla parte un tempo più lungo per la prosecuzione.


1634 § 1. Per la prosecuzione dell'appello si richiede e basta che la parte invochi il ministero del giudice superiore perché corregga la sentenza impugnata, allegando copia di questa sentenza e indicando le ragioni dell'appello.

§ 2. Che se la parte non possa ottenere entro il tempo utile copia della sentenza impugnata dal tribunale a quo, nel frattempo non decorrono i termini, e l'impedimento va segnalato al giudice di appello, il quale obbligherà con precetto il giudice a quo ad adempiere al più presto il suo dovere.

§ 3. Nel frattempo il giudice a quo deve trasmettere al giudice di appello gli atti a norma del can. 1474.


1635 Trascorsi inutilmente i fatalia per l'appello sia avanti al giudice a quo sia avanti al giudice ad quem, si ritiene abbandonato l'appello.


1636 § 1. L'appellante può rinunciare all'appello con gli effetti di cui al can. 1525.

§ 2. Se l'appello fu interposto dal difensore del vincolo o dal promotore di giustizia, la rinuncia può essere fatta, a meno che la legge non stabilisca altrimenti, dal difensore del vincolo o dal promotore di giustizia del tribunale d'appello.


1637 § 1. L'appello fatto dall'attore vale anche per il convenuto e viceversa.

§ 2. Se sono parecchi i convenuti o gli attori, e da uno o contro uno di essi soltanto viene impugnata la sentenza, l'impugnazione si considera fatta da tutti e contro tutti ogni qualvolta la cosa richiesta sia indivisibile o l'obbligo in solido.

§ 3. Se l'appello è interposto da una parte su qualche capitolo della sentenza, la parte avversa, benché i fatalia per l'appello siano trascorsi, può incidentalmente appellare sugli altri capitoli entro il termine perentorio di quindici giorni dalla data in cui le fu notificato l'appello principale.

§ 4. Salvo non costi altro, l'appello si presume fatto contro tutti i capitoli della sentenza.


1638 L'appello sospende l'esecuzione della sentenza.


1639 § 1. Salvo il disposto del can. 1683, nel grado di appello non può essere ammessa una nuova causa per la domanda, neppure sotto forma di cumulazione per ragioni di utilità; pertanto la contestazione della lite può riferirsi esclusivamente alla conferma o alla riforma della prima sentenza in tutto o in parte.

§ 2. Nuove prove poi sono ammesse soltanto a norma del can 1600.


1640 Nel grado d'appello si deve procedere allo stesso modo che in prima istanza, salve le debite proporzioni; ma, se non si debbano eventualmente completare le prove, si addivenga alla discussione e alla sentenza immediatamente dopo la contestazione della lite fatta a norma dei cann. 1513, § 1 e 1639, § 1.


Titolo IX La cosa giudicata e la restitutio in integrum

Capitolo I


LA COSA GIUDICATA


1641 Fermo restando il disposto del can. 1643, la cosa passa in giudicato:

1° se tra le medesime parti ci furono due sentenze conformi sulla stessa richiesta e per lo stesso motivo;

2° se l'appello contro la sentenza non fu interposto entro il tempo utile;

3° se in grado di appello l'istanza ando perenta o si rinunciò ad essa;

4° se fu emessa una sentenza definitiva contro la quale non è dato appello a norma del can. 1629.


1642 § 1. La cosa passata in giudicato gode della stabilità del diritto e non può essere direttamente impugnata se non a norma del can. 1645, § 1.

§ 2. La stessa fa legge tra le parti e permette un'azione di giudicato e un'eccezione di cosa giudicata, la quale può anche essere dichiarata d'ufficio dal giudice per impedire una nuova introduzione della stessa causa.


1643 Le cause sullo stato delle persone, non escluse le cause per la separazione dei coniugi, non passano mai in giudicato.


1644 § 1. Se furono emesse due sentenze conformi in una causa sullo stato delle persone, si può adire il tribunale di appello in qualsiasi momento, adducendo nuove e gravi prove o argomenti entro il termine perentorio di trenta giorni da quando l'impugnazione fu proposta. Il tribunale di appello poi entro un mese dalla presentazione delle nuove prove e degli argomenti deve stabilire con decreto se la nuova proposizione della causa si debba ammettere o no.

§ 2. L'appello al tribunale superiore per ottenere la nuova proposizione della causa non sospende l'esecuzione della sentenza a meno che la legge non stabilisca altrimenti oppure il tribunale d'appello non ordini la sospensione a norma del can. 1650, § 3.

Capitolo II


LA RESTITUTIO IN INTEGRUM


1645 § 1. Contro una sentenza che sia passata in giudicato, purché consti palesemente della sua ingiustizia, si dà la restitutio in integrum.

§ 2. Non si ritiene che consti palesemente l'ingiustizia, se non quando:

1° la sentenza si appoggia talmente a prove successivamente trovate false, che senza di esse la parte dispositiva della sentenza non regga;

2° furono in seguito scoperti documenti che dimostrano senza incertezza fatti nuovi e che esigono una decisione contraria;

3° la sentenza fu emessa per dolo di una parte e a danno dell'altra;

4° fu evidentemente trascurato il disposto di una legge che non sia semplicemente procedurale;

5° la sentenza va contro una precedente decisione passata in giudicato.


1646 § 1. La restitutio in integrum per i motivi di cui al can. 1645, § 2, nn.1-3, deve essere chiesta al giudice che ha emesso la sentenza entro tre mesi, da computarsi a partire dal giorno in cui venne a conoscenza degli stessi motivi.

§ 2. La restitutio in integrum per i motivi di cui al can. 1645, § 2, nn. 4-5, deve essere chiesta al tribunale di appello entro tre mesi dalla notizia della pubblicazione della sentenza; che se nel caso di cui al can. 1645, § 2, n. 5, la notizia della precedente decisione si abbia più tardi, il termine decorre da questa data.

§ 3. I termini di cui sopra non decorrono per tutto il tempo in cui la persona lesa è di età minore.


1647 § 1. La richiesta di restitutio in integrum sospende l'esecuzione della sentenza non ancora intrapresa.

§ 2. Se tuttavia da probabili indizi ci sia il sospetto che la richiesta fu fatta per porre ritardi all'esecuzione, il giudice può decidere che la sentenza sia mandata ad esecuzione, assegnata tuttavia un'idonea cauzione a chi chiede la restitutio , sicché non abbia danni se questa gli sia concessa.


1648 Concessa la restitutio in integrum il giudice deve sentenziare sul merito della causa.


Titolo X Spese giudiziarie e gratuito patrocinio


1649 § 1. Il Vescovo, al quale spetta dirigere il tribunale, stabilisca norme per la propria diocesi o regione:

1° sulla condanna delle parti a pagare o compensare le spese del giudizio;

2° sugli onorari ai procuratori, avvocati, periti ed interpreti, e sul rimborso spese ai testimoni;

3° sulla concessione del gratuito patrocinio o sulla riduzione delle spese;

4° sulla riparazione dei danni, dovuta da chi non soltanto perse la causa, ma la fece sconsideratamente;

5° sul deposito pecuniario o cauzionale che deve essere fatto relativamente alle spese da pagare e ai danni da riparare.

§ 2. Contro l'ordine relativo alle spese, agli onorari e alla riparazione dei danni non si dà un appello distinto; la parte può tuttavia ricorrere entro quindici giorni allo stesso giudice, il quale potrà modificare la tassazione.


Titolo XI L'esecuzione della sentenza


1650 § 1. La sentenza che passo in giudicato può essere mandata ad esecuzione, salvo il disposto del can. 1647.

§ 2. Il giudice che ha emesso la sentenza, e, se fu interposto appello, anche il giudice di appello, possono ordinare d'ufficio o ad istanza della parte l'esecuzione provvisoria di una sentenza che non sia ancora passata in giudicato, stabilire, se del caso, idonee cauzioni, qualora si tratti di provvedimenti o di prestazioni ordinarie al necessario sostentamento oppure urga un'altra giusta causa.

§ 3. Che se la sentenza di cui al § 2. viene impugnata, il giudice che deve esaminare l'impugnazione, qualora veda che questa ha un fondamento probabile e che dalla esecuzione può insorgere un danno irreparabile, può sospendere la esecuzione oppure sottoporla a cauzione.


1651 Non potrà avere luogo l'esecuzione prima che il giudice abbia emesso il decreto esecutivo, con il quale si stabilisce che la sentenza stessa deve essere mandata ad esecuzione; questo decreto a seconda della diversa natura delle cause, sia incluso nel testo stesso della sentenza oppure sia edito separatamente.


1652 Se l'esecuzione della sentenza esige prima un rendiconto, si ha una questione incidentale, da decidersi da quello stesso giudice che emise la sentenza da mandare ad esecuzione.


1653 § 1. A meno che la legge particolare non stabilisca altro, deve mandare ad esecuzione la sentenza, personalmente o tramite altri, il Vescovo della diocesi in cui fu emessa la sentenza di primo grado.

§ 2. Che se questi non lo voglia fare o sia negligente, l'esecuzione spetta, ad istanza della parte interessata o anche d'ufficio, all'autorità cui è soggetto il tribunale di appello a norma dl can. 1339, § 3.

§ 3. Per i religiosi l'esecuzione della sentenza spetta al Superiore che emise la sentenza da mandare ad esecuzione o delego il giudice.


1654 § 1. L'esecutore, salvo alcunché non sia lasciato al suo arbitrio dal tenore stesso della sentenza, deve mandare ad esecuzione la sentenza stessa, secondo il senso ovvio delle parole.

§ 2. Al medesimo è consentito di occuparsi delle eccezioni circa il modo e il valore dell'esecuzione, non però del merito della causa; che se fosse altrimenti edotto che la sentenza è nulla o palesemente ingiusta a norma dei cann. 1620, 1622 e 1645, si astenga dall'esecuzione, e rinvii la cosa al tribunale che ha emesso la sentenza, dopo averne informato le parti.


1655 § 1. Per quanto concerne le azioni reali, ogniqualvolta sia aggiudicata all'attore una cosa, questa deve essergli data non appena la causa passa in giudicato.

§ 2. Trattandosi poi di azioni personali, quando l'imputato fu condannato a dare una cosa mobile, o a pagare una somma di denaro oppure a dare o fare altro, il giudice nel tenore stesso della sentenza o l'esecutore a sua prudente discrezione stabilisca un termine per l'adempimento dell'obbligo, che tuttavia non dovrà esser ristretto al di sotto dei quindici giorni e non andare altre sei mesi.


SEZIONE II

IL PROCESSO CONTENZIOSO ORALE


1656 § 1. Con processo contenzioso orale, di cui in questa sezione, possono essere trattate tutte le cause che il diritto non escluda, a meno che una parte non chieda il processo contenzioso ordinario.

§ 2. Se il processo orale sia usato al di fuori dei casi permessi dal diritto, gli atti giudiziari sono nulli.


1657 Il processo contenzioso orale si svolge in primo grado avanti ad un giudice unico, a norma del can. 1424.


1658 § 1. Il libello con cui s'introduce la lite, oltre alle esigenze enumerate nel can. 1504, deve:

1° esporre brevemente, in maniera integrale e con chiarezza, i fatti sui quali si fondano le richieste dell'attore;

2° indicare le prove con le quali l'attore intende dimostrare i fatti e che egli non può addurre contemporaneamente, in modo che possano essere immediatamente raccolte dal giudice.

§ 2. Al libello devono essere allegati, almeno in copia autentica, i documenti su cui si fonda la domanda.


1659 § 1. Qualora il tentativo di riconciliazione a norma del can. 1446, § 2, si sia dimostrato inutile, il giudice, se ritiene che il libello abbia qualche fondamento, entro tre giorni, con un decreto apposto in calce al libello stesso, ordini che un esemplare della domanda sia reso noto alla parte convenuta, dando a questa facoltà di mandare, entro quindici giorni, alla cancelleria del tribunale una risposta scritta.

§ 2. Questa notificazione ha gli effetti della citazione giudiziaria, di cui al can. 1512.


1660 Qualora le eccezioni della parte convenuta lo esigano, il giudice fissi un termine alla parte attrice per rispondere, cosi che dagli elementi addotti da entrambi egli abbia chiaro l'oggetto della controversia.


1661 § 1. Trascorsi i termini di cui ai cann. 1659 e 1660, il giudice, visti gli atti, determini la formulazione del dubbio; quindi citi tutti coloro che devono comparire ad una udienza, da tenersi non oltre un mese, allegando per le parti la formulazione del dubbio.

§ 2. Nella citazione le parti siano informate che possono presentare un breve scritto al tribunale a comprovare le loro asserzioni, tre giorni almeno prima della udienza.


1662 Nell'udienza in primo luogo sono trattate le questioni di cui ai cann. 1459-1464.


1663 § 1. Le prove sono raccolte durante l'udienza, salvo il disposto del can. 1418.

§ 2. La parte e il suo avvocato possono assistere all'escussione delle altre parti, dei testimoni e dei periti.


1664 Le risposte delle parti, dei testimoni e dei periti, le richieste e le eccezioni degli avvocati devono essere redatte per iscritto dal notaio, ma sommariamente e soltanto relativamente alla sostanza della cosa controversa e devono essere sottoscritte da coloro che depongono.


1665 Le prove che non siano addotte o richieste nella domanda o nelle risposte, possono essere ammesse dal giudice solo a norma del can. 1452; dopo che anche un solo teste fu ascoltato, il giudice può disporre di richiedere nuove prove soltanto a norma del can. 1600.


1666 Se nell'udienza non fu possibile raccogliere tutte le prove, si stabilisca una seconda udienza.



1667 Raccolte le prove, nella stessa udienza avviene il dibattimento orale.


1668 § 1. A meno che dal dibattimento non si evidenzi la necessità di un supplemento di istruttoria o vi sia altro che impedisca di pronunciare nel dovuto modo la sentenza, il giudice, in quello stesso luogo, conclusa l'udienza, decida separatamente la causa; la parte dispositiva della sentenza sia immediatamente letta alle parti presenti.

§ 2. Il tribunale tuttavia,per la difficoltà della cosa o per altra giusta causa, può differire la decisione fino al quinto giorno utile.

§ 3. Il testo integrale della sentenza, espressamente motivata, sia notificato alle parti al più presto e ordinariamente non altre quindici giorni.


1669 Qualora il tribunale d'appello riscontri che nel grado inferiore di giudizio fu impiegato il processo contenzioso orale nei casi esclusi dal diritto, dichiari la nullità della sentenza e rinvii la causa al tribunale che ha emesso la sentenza.


1670 Per tutto il resto che si riferisce al modo di procedere si osservino le disposizioni sul giudizio contenzioso ordinario. Il tribunale poi con suo decreto, corredato dei motivi, può derogare a quelle norme processuali che non siano stabilite per la validità, allo scopo di renderlo più spedito, salva la giustizia.


PARTE III

ALCUNI PROCESSI SPECIALI


Titolo I I processi matrimoniali


Capitolo I LE CAUSE PER LA DICHIARAZIONE DI NULLITA' DEL MATRIMONIO


Art. 1 Il tribunale competente


1671 Le cause matrimoniali dei battezzati per diritto proprio spettano al giudice ecclesiastico.


1672 Le cause sugli effetti puramente civili del matrimonio spettano al magistrato civile, a meno che il diritto particolare non stabilisca che le medesime cause, qualora siano trattate incidentalmente e accessoriamente, possano essere esaminate e decise dal giudice ecclesiastico.


1673 Sulle cause di nullità del matrimonio che non siano riservate alla Sede Apostolica è competente:

1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato;

2° il tribunale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio;

3° il tribunale del luogo in cui la parte attrice ha il domicilio, purché entrambe le parti risiedano nel territorio della stessa Conferenza Episcopale, e il Vicario giudiziale del luogo di domicilio della parte convenuta, udita la medesima, sia d'accordo;

4° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove, purché si aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del luogo della parte convenuta, il quale prima la interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire.


Art. 2 Diritto di impugnare il matrimonio


1674 Sono abili ad impugnare il matrimonio:

1° i coniugi;

2° il promotore di giustizia, quando la nullità sia già stata divulgata, se non si possa convalidare il matrimonio o non sia opportuno.


1675 § 1. Il matrimonio che, viventi entrambi i coniugi, non fu accusato, non può più esserlo dopo la morte di entrambi o di uno di essi, a meno che la questione della validità non pregiudichi la soluzione di un'altra controversia sia in foro canonico sia in foro civile.

§ 2. Se poi un coniuge muore durante il processo, si osservi il can. 1518.



CODICE DI DIRITTO CANONICO 1595