CODICE DI DIRITTO CANONICO 1676

Art. 3 L'ufficio dei giudici


1676 Il giudice prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale.


1677 § 1. Accolto il libello il presidente o il ponente notifichi il decreto di citazione a norma del can. 1508.

§ 2. Trascorso il termine di quindici giorni dalla notifica il presidente o il ponente, a meno che una delle parti non abbia richiesto l'udienza per la contestazione della lite, entro dieci giorni stabilisca d'ufficio con suo decreto la formulazione del dubbio o dei dubbi e la notifichi alle parti.

§ 3. La formula del dubbio non chieda soltanto se consta della nullità del matrimonio nel caso, ma deve anche determinare per quale capo o per quali capi è impugnata la validità delle nozze.

§ 4. Dopo dieci giorni dalla notificazione del decreto, se le parti non obiettano nulla, il presidente o il ponente con un nuovo decreto stabilisca l'istruttoria della causa.


Art. 4 Le prove


1678 § 1. Il difensore del vincolo, i patroni delle parti, e, se intervenga nel giudizio, anche il promotore di giustizia, hanno diritto:

1° di essere presenti all'esame delle parti, dei testimoni e dei periti, salvo il disposto del can. 1559;

2° di prendere visione degli atti giudiziari, benché non ancora pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti.

§ 2. Le parti non possono assistere all'esame di cui al § 1, n. 1.


1679 A meno che non si abbia da altra fonte pienezza di prove, il giudice, per valutare a norma del can. 1536 le deposizioni delle parti, si serva, se è possibile, di testimoni sulla credibilità delle parti stesse, oltre ad altri indizi ed amminicoli.


1680 Nelle cause sull'impotenza o sul difetto di consenso per malattia mentale, il giudice si serva dell'opera di uno o più periti, a meno che dalle circostanze non appaia evidentemente inutile; nelle rimanenti cause si osservi il disposto del can. 1574.


Art. 5 La sentenza e l'appello


1681 Ogniqualvolta nell'istruttoria della causa fosse insorto un dubbio assai probabile che il matrimonio non sia stato consumato, il tribunale, sospesa la causa di nullità con il consenso delle parti, può completare l'istruttoria in vista della dispensa super rato , ed infine trasmettere gli atti alla Sede Apostolica insieme alla domanda di dispensa di uno o di entrambi i coniugi ed al voto del tribunale e del Vescovo.


1682 § 1. La sentenza che da principio dichiaro la nullità del matrimonio insieme agli appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d'ufficio al tribunale di appello entro venti giorni dalla pubblicazione della sentenza.

§ 2. Se fu emanata una sentenza a favore della nullità del matrimonio in primo grado, il tribunale di appello, ponderate le osservazioni del difensore del vincolo e anche delle parti, se ve ne siano, con suo decreto confermi sollecitamente la decisione oppure ammetta la causa all'esame ordinario del nuovo grado.


1683 Se nel grado di appello si adduca un nuovo capo di nullità del matrimonio, il tribunale lo può ammettere e su di esso giudicare come se fosse in prima istanza.


1684 § 1. Dopo che la sentenza che dichiaro la nullità del matrimonio in primo grado fu confermata in grado di appello con un decreto o una seconda sentenza, coloro, il cui matrimonio fu dichiarato nullo, possono contrarre nuove nozze, non appena il decreto o la nuova sentenza siano stati loro notificati, a meno che non lo proibisca un divieto apposto alla sentenza stessa o al decreto oppure stabilito dall'Ordinario del luogo.

§ 2. Le disposizioni del can. 1644 devono essere osservate, anche se la sentenza che dichiaro la nullità del matrimonio fu confermata non già con un'altra sentenza, ma con decreto.


1685 Non appena la sentenza diviene esecutiva, il Vicario giudiziale la deve notificare all'Ordinario del luogo in cui fu celebrato il matrimonio. Questi poi deve provvedere affinché al più presto si faccia menzione nei registri dei matrimoni e dei battezzati della nullità di matrimonio decretata e degli eventuali divieti stabiliti.


Art. 6 Il processo documentale


1686 Ricevuta la domanda presentata a norma del can. 1677, il Vicario giudiziale o un giudice dal medesimo designato, tralasciate le formalità del processo ordinario, citate però le parti e con l'intervento del difensore del vincolo, puo dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio, se da un documento che non sia soggetto a contraddizione o ad eccezione alcuna, consti con certezza l'esistenza di un impedimento dirimente o la mancanza della forma legittima, purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa, oppure che il procuratore non aveva un mandato valido.


1687 § 1. Contro questa dichiarazione il difensore del vincolo, se prudentemente giudichi che non vi sia certezza dei difetti di cui al can. 1686 o della mancata dispensa, deve appellare al giudice di seconda istanza, al quale si devono trasmettere gli atti ammonendolo per iscritto che si tratta di un processo documentale.

§ 2. Alla parte che si ritiene onerata resta il diritto di appellare.


1688 Il giudice di seconda istanza, con l'intervento del difensore del vincolo e dopo aver udito le parti, decida allo stesso modo di cui al can. 1686 se la sentenza debba essere confermata o se piuttosto si debba procedere nella causa per il tramite ordinario del diritto; nel qual caso la rimandi al tribunale di prima istanza.


Art. 7

Norme generali


1689 Nella sentenza si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, cui siano eventualmente tenute l'una verso l'altra e verso la prole, per quanto riguarda il sostentamento e l'educazione.


1690 Le cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio non possono essere trattate con il processo contenzioso orale.


1691 In tutto il resto attinente al modo di procedere, si devono applicare, salvo la natura della cosa non si opponga, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio contenzioso ordinario, osservate le norme speciali per le cause sullo stato delle persone e per le cause riguardanti il bene pubblico.

Capitolo II


CAUSE DI SEPARAZIONE DEI CONIUGI


1692 § 1. La separazione personale dei coniugi battezzati, salvo non sia legittimamente disposto altro per luoghi particolari, può essere definita con decreto del Vescovo diocesano, oppure con sentenza del giudice a norma dei canoni seguenti.

§ 2. Dove la decisione ecclesiastica non ottiene effetti civili o si preveda una sentenza civile non contraria al diritto divino, il Vescovo della diocesi dove dimorano i coniugi, ponderate le peculiari circostanze, potrà concedere licenza di ricorrere al tribunale civile.

§ 3. Se la causa verte anche sugli effetti puramente civili del matrimonio, il giudice faccia in modo che, osservato il disposto del § 2, la causa fin dal suo inizio sia presentata avanti al tribunale civile.


1693 § 1. Salvo che una parte o il promotore di giustizia chiedano il processo contenzioso ordinario, si faccia uso del processo contenzioso orale.

§ 2. Se si è fatto uso del processo contenzioso ordinario ed è stato interposto l'appello, il tribunale di secondo grado proceda a norma del can. 1682, § 2, osservato quanto è prescritto.


1694 Per quanto concerne la competenza del tribunale si osservi il disposto del can. 1673.


1695 Il giudice, prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia uso di mezzi pastorali, affinché i coniugi si riconcilino e siano indotti a ristabilire la convivenza coniugale.


1696 Le cause di separazione dei coniugi riguardano anche il bene pubblico; in esse deve pertanto sempre intervenire il promotore di giustizia a norma del can. 1433.

Capitolo III


PROCESSO PER DISPENSA DAL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO


1697 I solo coniugi, o uno di essi benché l'altro sia contrario, hanno diritto di chiedere la grazia della dispensa dal matrimonio rato e non consumato.


1698 § 1. La sola Sede Apostolica giudica sul fatto della inconsumazione del matrimonio e sulla esistenza di una giusta causa per la concessione della dispensa.

§ 2. La dispensa poi è concessa esclusivamente dal Romano Pontefice.


1699 § 1. Per l'accettazione del libello con cui si chiede la dispensa è competente il Vescovo della diocesi ove l'oratore ha il domicilio o il quasi-domicilio; questi, se consta il fondamento della domanda, deve ordinare l'istruzione del processo.

§ 2. Se il caso proposto tuttavia presenta speciali difficoltà di ordine giuridico o morale, il Vescovo diocesano consulti la Sede Apostolica.

§ 3. Contro il decreto con cui il Vescovo respinge il libello, è dato il ricorso alla Sede Apostolica.


1700 § 1. Fermo restando il disposto del can. 1681, il Vescovo affidi l'istruttoria di questi processi o stabilmente o caso per caso al tribunale della propria o di altra diocesi, oppure ad un sacerdote idoneo.

§ 2. Che se fu introdotta domanda giudiziaria per la dichiarazione di nullità dello stesso matrimonio, l'istruttoria venga affidata allo stesso tribunale.


1701 § 1. In questi processi deve sempre intervenire il difensore del vincolo.

§ 2. Non è ammesso un patrono, ma per la difficoltà del caso il Vescovo può permettere che l'oratore o la parte convenuta si avvalgano dell'opera di un legale.


1702 Nell'istruttoria si ascoltino entrambi i coniugi e si osservino per quanto è possibile i canoni circa le prove da raccogliersi nel giudizio contenzioso ordinario e nelle cause di nullità di matrimonio, purché si possano adattare alla natura di questi processi.


1703 § 1. Non vi è la pubblicazione degli atti; tuttavia il giudice, qualora veda a causa delle prove addotte un grave ostacolo si frappone contro la domanda dell'oratore o contro l'eccezione della parte convenuta, lo renda noto con prudenza alla parte interessata.

§ 2. Il giudice può mostrare alla parte che ne faccia richiesta un documento prodotto o una testimonianza raccolta e stabilire il tempo per presentare le deduzioni.


1704 § 1. L'istruttore, terminata l'istruttoria, trasmetta tutti gli atti al Vescovo con appropriata relazione; questi esprima il suo voto secondo verità, sia sul fatto dell'inconsumazione sia sulla giusta causa per la dispensa e sulla opportunità della grazia.

§ 2. Se l'istruzione del processo è stata affidata ad un altro tribunale a norma del can. 1700, le osservazioni a favore del vincolo siano fatte nel medesimo tribunale, ma il voto di cui al § 1 spetta al Vescovo committente, al quale l'istruttore insieme con gli atti trasmetterà appropriata relazione.


1705 § 1. Il Vescovo trasmetta alla Sede Apostolica tutti gli atti insieme al suo voto ed alle osservazioni del difensore del vincolo.

§ 2. Se, a giudizio della Sede Apostolica, si richiede un supplemento d'istruttoria, ciò sarà segnalato al Vescovo indicando la materia circa la quale l'istruzione deve essere completata.

§ 3. Che se la Sede Apostolica pronunciò con rescritto che da quanto fu prodotto non consta l'inconsumazione, in tal caso il legale di cui al can. 1701, § 2, può prendere visione degli atti del processo, ma non del voto del Vescovo, presso la sede del tribunale, per valutarne se si possa addurre qualche grave ragione allo scopo di proporre nuovamente la domanda.


1706 Il rescritto della dispensa è trasmesso dalla Sede Apostolica al Vescovo; questi poi notificherà il rescritto alle parti ed inoltre ordinerà al più presto al parroco del luogo dove fu contratto il matrimonio e dove fu ricevuto il battesimo che si faccia menzione della dispensa concessa nei registri dei matrimoni e dei battezzati.

Capitolo IV

PROCESSO DI MORTE PRESUNTA DEL CONIUGE


1707 § 1. Ogniqualvolta la morte del coniuge non può essere dimostrata con un documento autentico ecclesiastico o civile, non si consideri l'altro coniuge libero dal vincolo matrimoniale se non dopo la dichiarazione di morte presunta pronunciata dal Vescovo diocesano.

§ 2. La dichiarazione di cui al § 1 può essere fatta dal Vescovo diocesano soltanto dopo aver conseguito, fatte opportune indagini, la certezza morale del decesso del coniuge dalla deposizione di testimoni, per fama oppure da indizi. La sola assenza del coniuge, benché prolungata, non è sufficiente.

§ 3. Nei casi incerti e complessi il Vescovo consulti la Sede Apostolica.


Titolo II Cause per la dichiarazione di nullità della sacra ordinazione


1708 Hanno diritto di accusare la validità della sacra ordinazione sia il chierico stesso, sia l'Ordinario cui il chierico è soggetto o nella cui diocesi fu ordinato.


1709 § 1. Il libello deve essere inviato alla Congregazione competente, la quale deciderà se la causa debba essere trattata dalla stessa Congregazione della Curia Romana o da un tribunale da essa designato.

§ 2. Inviato il libello, al chierico è proibito per il diritto stesso di esercitare gli ordini.


1710 Se la Congregazione ha rinviato la causa ad un tribunale, si osservino, a meno che non si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio contenzioso ordinario, salve le disposizioni di questo titolo.


1711 In queste cause il difensore del vincolo gode degli stessi diritti ed è tenuto agli stessi doveri del difensore del vincolo del matrimonio.


1712 Dopo la seconda sentenza a conferma della nullità della sacra ordinazione, il chierico perde tutti i diritti propri dello stato clericale ed è libero da tutti gli obblighi.


Titolo III Modi per evitare i giudizi


1713 Per evitare le contese giudiziarie si può utilmente ricorrere alla transazione o riconciliazione, oppure affidare la controversia al giudizio di uno o più arbitri.


1714 Per la transazione, il compromesso e il giudizio arbitrale si osservino le norme prescelte dalle parti, oppure, se le parti non ne abbiano scelto, la legge data dalla Conferenza Episcopale, se vi sia, o la legge civile vigente nel luogo dove la convenzione viene fatta.


1715 § 1. Non può esserci valida transazione o compromesso su tutto ciò che appartiene al bene pubblico e sulle altre cose di cui le parti non possono disporre liberamente.

§ 2. Trattandosi di beni ecclesiastici temporali, si osservino, ogniqualvolta la materia lo richiede, le formalità stabilite dal diritto per l'alienazione delle cose ecclesiastiche.


1716 § 1. Se la legge civile non riconosce valore alla sentenza arbitrale che non sia confermata dal giudice, perché abbia valore in foro canonico la sentenza arbitrale circa una controversia ecclesiastica occorre la conferma del giudice ecclesiastico del luogo in cui fu emessa.

§ 2. Se poi la legge civile ammette l'impugnazione della sentenza arbitrale avanti al giudice civile, la stessa impugnazione è ammessa in foro canonico avanti al giudice ecclesiastico competente a giudicare la controversia in primo grado.


PARTE IV

IL PROCESSO PENALE

Capitolo I

L'INDAGINE PREVIA


1717 § 1. Ogniqualvolta l'Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi con prudenza, personalmente o tramite persona idonea, sui fatti, le circostanze e sull'imputabilità, a meno che questa investigazione non sembri assolutamente superflua.

§ 2. Si deve provvedere che con questa indagine non sia messa in pericolo la buona fama di alcuno.

§ 3. Chi fa l'indagine ha gli stessi poteri ed obblighi che ha l'uditore nel processo; lo stesso non puo, se inseguito sia avviato un procedimento giudiziario, fare da giudice in esso.



1718 § 1. Qualora gli elementi raccolti sembrino bastare l'Ordinario decida:

1° se si possa avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla;

2° se cio, atteso il can. 1341, sia conveniente;

3° se si debba ricorrere al processo giudiziario, oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba procedere con decreto extragiudiziale.

§ 2. L'Ordinario revochi o modifichi il decreto di cui al § 1, ogniqualvolta da elementi nuovi gli sembri di dover disporre diversamente

§ 3. Nell'emanare i decreti di cui ai §§ 1 e 2, l'Ordinario, se prudentemente lo ritiene opportuno, ascolti due giudici e altri esperti in diritto.

§ 4. Prima di decidere a norma del § 1, l'Ordinario, consideri se non sia conveniente, per evitare giudizi inutili, che egli stesso o l'investigatore, consenzienti le parti, dirima la questione dei danni secondo il giusto e l'onesto.


1719 Gli atti dell'indagine e i decreti dell'Ordinario, con i quali l'indagine ha inizio o si conclude e tutto ciò che precede l'indagine, se non sono necessari al processo penale, si conservino nell'archivio segreto della curia.

Capitolo II - LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1720 Se l'Ordinario ha ritenuto doversi procedere con decreto per via extragiudiziale:

1° renda note all'imputato l'accusa e le prove, dandogli possibilità di difendersi, a meno che l'imputato debitamente chiamato non abbia trascurato di presentarsi;

2° valuti accuratamente con due assessori tutte le prove e gli argomenti;

3° se consta con certezza del delitto e l'azione criminale non è estinta, emani il decreto a norma dei cann. 1342-1350, esponendo almeno brevemente le ragioni in diritto e in fatto.


1721 § 1. Se l'Ordinario ha decretato doversi avviare un processo penale giudiziario, trasmetta gli atti dell'indagine al promotore di giustizia, il quale presenti al giudice il libello di accusa a norma dei cann. 1502 e 1504.

§ 2. Avanti al tribunale superiore copre il ruolo di attore il promotore di giustizia costituito presso quel tribunale.


1722 L'Ordinario per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e garantire il corso della giustizia, può in qualunque stadio del processo, udito il promotore di giustizia e citato l'accusato stesso, allontanare l'imputato dal ministero sacro o da un ufficio o compito ecclesiastico, imporgli o proibirgli la dimora in qualche luogo o territorio, o anche vietargli di partecipare pubblicamente alla santissima Eucarestia; tutti questi provvedimenti, venendo meno la causa, devono essere revocati, e cessano per il diritto stesso con il venir meno del processo penale.


1723 § 1. Il giudice citando l'imputato deve invitarlo a costituirsi un avvocato a norma del can. 1481, § 1, entro un termine da lui stesso stabilito.

§ 2. Che se l'imputato non vi abbia provveduto, il giudice stesso prima della contestazione della lite nomini un avvocato, che rimarrà nell'incarico fin tanto che l'imputato non se ne sia costituito uno proprio.


1724 § 1. In qualunque grado del giudizio il promotore di giustizia può rinunciare all'istanza, per mandato o con il consenso dell'Ordinario che ha deliberato l'avvio del processo.

§ 2. Perché la rinuncia sia valida occorre che sia accettata dall'imputato, salvo questi non sia stato dichiarato assente dal giudizio.


1725 Nella discussione della causa, sia che essa avvenga per iscritto sia oralmente, l'imputato abbia sempre il diritto di scrivere o di parlare per ultimo, personalmente o tramite il suo avvocato o promotore.


1726 In qualunque grado e stadio del giudizio penale, se consta con evidenza che il delitto non fu commesso dall'imputato, il giudice lo deve dichiarare con sentenza ed assolvere l'imputato, anche se contemporaneamente consti l'estinzione dell'azione criminale.


1727 § 1. L'imputato può interporre appello, anche se la sentenza lo ha prosciolto solo perché la pena era facoltativa o il giudice fece uso dei poteri di cui nei cann. 1344 e 1345.

§ 2. Il promotore di giustizia può appellare ogniqualvolta giudichi che non si sia sufficientemente provveduto a riparare lo scandalo o a reintegrare la giustizia.


1728 § 1. Salve le disposizioni dei canoni di questo titolo, nel giudizio penale devono essere applicati, se non vi si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio contenzioso ordinario, osservate le norme speciali per le cause riguardanti il bene pubblico.

§ 2. L'accusato non è tenuto a confessare il delitto, né può essergli imposto il giuramento.

Capitolo III - L'AZIONE PER LA RIPARAZIONE DEI DANNI


1729 § 1. La parte lesa può promuovere nel corso del giudizio penale stesso un'azione contenziosa per la riparazione dei danni ad essa inferti dal delitto, a norma del can. 1596.

§ 2. L'intervento della parte lesa di cui al § 1, non è più ammissibile se non fu fatto nel primo grado del giudizio penale.

§ 3. L'appello nella causa sui danni avviene a norma dei cann. 1628-1640, anche se nel giudizio penale non è possibile l'appello; che se sono interposti entrambi gli appelli, anche se da parti diverse, si faccia un unico giudizio di appello, salvo il disposto del can. 1730.


1730 § 1. Per evitare eccessivi ritardi nel processo penale, il giudice può differire il giudizio sui danni fino a che abbia emanato la sentenza definitiva nel giudizio penale.

§ 2. Il giudice che abbia cosi agito, dopo aver emesso la sentenza nel giudizio penale, deve giudicare sui danni, anche se il giudizio penale è ancora in corso a causa di una impugnazione interposta, o l'imputato è stato assolto per un motivo che non toglie l'obbligo di riparare i danni.


1731 La sentenza emanata nel giudizio penale, pur essendo passata in giudicato, non dà alcun diritto alla parte lesa, a meno che questa non sia intervenuta a norma del can. 1729.


PARTE V

IL MODO DI PROCEDERE NEI RICORSI AMMINISTRATIVI E NELLA RIMOZIONE O NEL TRASFERIMENTO DEI PARROCI

SEZIONE I

IL RICORSO CONTRO I DECRETI AMMINISTRATIVI


1732 Quanto è stabilito nei canoni di questa sezione per i decreti, deve essere applicato a tutti gli atti amministrativi singolari, che vengono dati in foro esterno fuori del giudizio, ad eccezione di quelli emanati dal Romano Pontefice stesso o dal Concilio Ecumenico stesso.


1733 § 1. E' assai desiderabile che, ogniqualvolta qualcuno si ritenga onerato da un decreto, non vi sia contesa tra di lui e l'autore del decreto, ma tra di loro si provveda di comune accordo a ricercare un'equa soluzione, ricorrendo anche a persone autorevoli per la mediazione e lo studio, cosi che per via idonea si eviti o si componga la controversia.

§ 2. La Conferenza Episcopale può stabilire che in ciascuna diocesi si costituisca stabilmente un vero e proprio ufficio o consiglio, che abbia il compito, secondo norme da stabilirsi dalla Conferenza medesima, di ricercare e suggerire eque soluzioni; se la Conferenza poi non diede tale disposizione può costituirlo anche il Vescovo.

§ 3. L'ufficio o consiglio, di cui al § 2, operi principalmente allorquando sia richiesta la revoca del decreto a norma del can. 1734, né siano spirati i termini per ricorrere; che se è stato proposto ricorso contro il decreto, lo stesso Superiore o il giudice che esamina il ricorso, esorti il ricorrente e l'autore del decreto, ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, a ricercare tali soluzioni.


1734 § 1. Chiunque prima di presentare ricorso deve chiedere per iscritto la revoca o la correzione del decreto al suo autore; presentata questa domanda s'intende con ciò stesso richiesta la sospensione dell'esecuzione.

§ 2. La domanda deve essere fatta entro il termine perentorio di dieci giorni utili dalla legittima intimazione del decreto.

§ 3. Le norme dei §§ 1 e 2 non valgono:

1° per il ricorso da presentare al Vescovo contro i decreti emessi dalle autorità a lui soggette;

2° per ricorso da presentare contro un decreto in cui si decide il ricorso gerarchico, a meno che la decisione non sia presa dal Vescovo;

3° per i ricorsi da proporre a norma dei cann. 57 e 1735.


1735 Se entro trenta giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui al can. 1734, l'autore del decreto emetta un nuovo decreto con il quale corregga il primo o decida che si deve respingere la domanda, i termini per il ricorso decorrono dall'intimazione del nuovo decreto; se poi entro trenta giorni non decide nulla, i termini decorrono dal trentesimo giorno.


1736 § 1. In quelle materie in cui il ricorso gerarchico sospende l'esecuzione del decreto, anche la domanda di cui al can. 1734 produce lo stesso effetto.

§ 2. In tutti gli altri casi, a meno che l'autore stesso del decreto, entro dieci giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui al can. 1734, non abbia deciso di sospendere l'esecuzione, la sospensione può frattanto essere richiesta al suo Superiore gerarchico, che la può decidere soltanto per le cause gravi ed evitando sempre che la salvezza delle anime ne subisca danno.

§ 3. Sospesa l'esecuzione del decreto a norma del § 2, qualora in seguito sia presentato ricorso, colui che deve giudicare il ricorso stesso, a norma del can. 1737, § 3 decida se la sospensione debba essere confermata oppure revocata.

§ 4. Se nessun ricorso viene presentato contro il decreto nel termine stabilito, per ciò stesso cessa la sospensione della esecuzione messa in atto nel frattempo a norma dei §§ 1 o 2.


1737 § 1. Chi sostiene di essere onerato da un decreto, può ricorrere al Superiore gerarchico di colui che ha emesso il decreto, per un motivo giusto qualsiasi; il ricorso può essere presentato avanti all'autore stesso del decreto, il quale lo deve immediatamente trasmettere al Superiore gerarchico competente.

§ 2. Il ricorso deve essere presentato entro il termine perentorio di quindici giorni utili, che nei casi di cui al can. 1734, § 3, decorrono dal giorno in cui il decreto fu intimato, in tutti gli altri casi invece decorrono a norma del can. 1735.

§ 3. Anche nei casi in cui il ricorso non sospende per il diritto stesso l'esecuzione, né la sospensione fu decisa a norma del can. 1736, § 2, il Superiore può tuttavia per una causa grave ordinare che l'esecuzione sia sospesa, evitando che la salvezza delle anime ne subisca danno.


1738 Il ricorrente ha sempre diritto di valersi di un avvocato o procuratore, evitando inutili ritardi; anzi sia costituito un patrono d'ufficio se il ricorrente non ha un patrono e il Superiore lo ritenga necessario; il Superiore può tuttavia sempre ordinare al ricorrente di presentarsi personalmente per essere interrogato.


1739 Al Superiore che giudica il ricorso è consentito, a seconda dei casi, non solo di confermare o dichiarare invalido il decreto, ma anche di rescinderlo, revocarlo, o, se ciò sembra al Superiore più opportuno, correggerlo, subrogarlo, abrogarlo.


SEZIONE II - PROCEDURA PER LA RIMOZIONE E IL TRASFERIMENTO DEI PARROCI

Capitolo I - MODO DI PROCEDERE NELLA RIMOZIONE DEI PARROCI



1740 Quando il ministero pastorale di un parroco per qualche causa, anche senza sua colpa grave, risulti dannoso o almeno inefficace, quel parroco può essere rimosso dalla parrocchia da parte del Vescovo.


1741 Le cause, per le quali il parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia, sono principalmente queste:

1° il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale;

2° l'inettitudine o l'infermità permanente della mente o del corpo, che rendano il parroco impari ad assolvere convenientemente i suoi compiti;

3° la perdita della buona considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l'avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno in breve;

4° grave negligenza o violazione dei doveri parrocchiali, che persista dopo l'ammonizione;

5° cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa, ogniqualvolta a questo male non si possa porre altro rimedio.


1742 § 1. Se dall'istruttoria svolta è risultato esservi la causa di cui al can. 1740, il Vescovo discuta la cosa con due parroci scelti dal gruppo a ciò stabilmente costituito dal consiglio presbiterale, su proposta del Vescovo; che se poi ritenga si debba addivenire alla rimozione, indicati per la validità la causa e gli argomenti, convinca paternamente il parroco a rinunziare entro quindici giorni.

§ 2. Per i parroci che sono membri di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, si osservi il disposto del can. 682, § 2.


1743 La rinuncia può essere fatta dal parroco non soltanto in maniera pura e semplice, ma anche sotto condizione, purché questa possa essere legittimamente accettata dal Vescovo e di fatto egli la accetti.


1744 § 1. Se il parroco entro i giorni stabiliti non avrà risposto, il Vescovo lo inviti nuovamente prorogando i termini di tempo utile per rispondere.

§ 2. Se al Vescovo consta che il parroco ha ricevuto il secondo invito e non ha risposto benché non fosse trattenuto da alcun impedimento, o se il parroco senza addurre alcun motivo si rifiuta di rinunciare, il Vescovo emetta il decreto di rimozione.


1745 Se poi il parroco contesta la causa addotta e le sue motivazioni, allegando motivi che il Vescovo sembrino insufficienti, questi per agire validamente:

1° lo inviti a raccogliere in una relazione scritta, dopo aver esaminato gli atti, le sue impugnazioni, anzi ad addurre le prove in contrario, se ne abbia;

2° quindi, completata se necessario l'istruttoria, insieme agli stessi parroci, di cui al can. 1742, § 1, se non se ne debbano designare altri essendo quelli impossibilitati, valuti la cosa;

3° infine stabilisca se il parroco debba essere rimosso o no, ed emetta subito il relativo decreto.



1746 Il Vescovo provveda al parroco rimosso sia con l'assegnazione di un altro ufficio, se a questo sia idoneo, sia con una pensione a seconda che il caso lo comporti e le circostanze lo permettano.


1747 § 1 Il parroco rimosso deve astenersi dall'esercitare delle funzioni di parroco, quanto prima lasci libera la casa parrocchiale, e consegnare tutto ciò che appartiene alla parrocchia, a colui al quale essa fu affidata dal Vescovo.

§ 2. Se poi si tratta di un infermo, che dalla casa parrocchiale non può trasferirsi altrove senza incomodo, il Vescovo gliene consenta l'uso anche esclusivo, finché perdura tale necessità.


CAPITOLO II

MODO DI PROCEDERE NEL TRASFERIMENTO DEI PARROCI


1748 Se il bene delle anime oppure la necessità o l'utilità della Chiesa richiedono che un parroco sia trasferito dalla sua parrocchia, che egli regge utilmente, ad un'altra o ad un altro ufficio, il Vescovo gli proponga il trasferimento per iscritto e lo convinca ad accettare per amore di Dio e delle anime.


1749 Se il parroco non intende assecondare il consiglio e i pressanti inviti del Vescovo, ne esponga i motivi per iscritto.


1750 Se il Vescovo nonostante le ragioni addotte, giudica di non dover recedere dal suo proposito, insieme a due parroci scelti a norma del can. 1742, §1, valuti le ragioni favorevoli o contrarie al trasferimento; che se poi ritiene che il trasferimento si debba fare, rivolga nuovamente al parroco paterne esortazioni.


1751 §1. Fatto quanto detto sopra, se ancora il parroco rifiuta e il Vescovo reputa che il trasferimento deve essere fatto, emani il decreto di trasferimento, decidendo che, trascorso il tempo stabilito, la parrocchia sarà vacante.

§2. Trascorso inutilmente questo tempo, dichiari vacante la parrocchia.


1752 Nelle cause di trasferimento si applichino le disposizioni del can. 1747, attenendosi a principi di equità canonica e avendo presente la salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema.





CODICE DI DIRITTO CANONICO 1676