Dominum et vivificantem 52

Motivo del Giubileo: si è manifestata la grazia

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52. Nel mistero dell'incarnazione l'opera dello Spirito, "che dà la vita", raggiunge il suo vertice. Non è possibile dare la vita, che in Dio è in modo pieno, che facendo di essa la vita di un Uomo, quale è Cristo nella sua umanità personalizzata dal Verbo nell'unione ipostatica. E, al tempo stesso, col mistero dell'incarnazione si apre in modo nuovo la fonte di questa vita divina nella storia dell'umanità: lo Spirito Santo. Il Verbo, "generato prima di ogni creatura", diventa "il primogenito tra molti fratelli" (
Rm 8,29) e così diventa anche il capo del corpo che è la Chiesa, la quale nascerà sulla Croce e sarà rivelata il giorno della Pentecoste - e nella Chiesa, il capo dell'umanità: degli uomini di ogni nazione, di ogni razza, di ogni paese e cultura, di ogni lingua e continente, tutti chiamati alla salvezza. "Il Verbo si fece carne, (quel Verbo in cui) era la vita e la vita era la luce degli uomini... A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (cfr. Jn 1,14 Jn 1,4 Jn 1,12s). Ma tutto ciò si è compiuto ed incessantemente si compie "per opera dello Spirito Santo".

"Figli di Dio", infatti, sono - come insegna l'Apostolo - "tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio" (cfr. Rm 8,14). La figliolanza dell'adozione divina nasce negli uomini sulla base del mistero dell'incarnazione, dunque grazie a Cristo, l'eterno Figlio. Ma la nascita, o rinascita, avviene quando Dio Padre "manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio" (cfr. Ga 4,6 Rm 5,5 2Co 1,22). Allora, infatti, "riceviamo uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!"" (Rm 8,15). Pertanto, quella figliolanza di Dio, innestata nell'anima umana con la grazia santificante, è opera dello Spirito Santo. "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo" (Rm 8,16s). La grazia santificante è nell'uomo il principio e la fonte della nuova vita: vita divina, soprannaturale.

L'elargizione di questa nuova vita è come la risposta definitiva di Dio alle parole del Salmista, nelle quali in certo modo risuona la voce di tutte le creature: "Se mandi il tuo Spirito saranno creati e rinnoverai la faccia della terra" (cfr. Ps 104[103],30). Colui che nel mistero della creazione dà all'uomo e al cosmo la vita nelle sue molteplici forme visibili ed invisibili, egli ancora la rinnova mediante il mistero dell'incarnazione. La creazione viene così completata dall'incarnazione e permeata fin da quel momento dalle forze della redenzione, che investono l'umanità e tutto il creato. Ce lo dice san Paolo, la cui visione cosmico-teologica sembra riprendere la voce dell'antico Salmo: la creazione "attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19), ossia di coloro che Dio, avendoli "da sempre conosciuti", ha anche "predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo" (Rm 8,29). Si ha così una soprannaturale "adozione" degli uomini, di cui è origine lo Spirito Santo, amore e dono. Come tale egli viene elargito agli uomini. E nella sovrabbondanza del dono increato ha inizio, nel cuore di ogni uomo, quel particolare dono creato, mediante il quale gli uomini "diventano partecipi della natura divina" (cfr. 2P 1,4). così la vita umana viene penetrata per partecipazione dalla vita divina, soprannaturale. Si ha la nuova vita, nella quale, come partecipi del mistero dell'incarnazione, "gli uomini nello Spirito Santo hanno accesso al Padre" (cfr. Ep 2,18 DV 2).

Vi è, dunque, una stretta relazione tra lo Spirito, che dà la vita, e la grazia santificante e quella molteplice vitalità soprannaturale, che ne deriva nell'uomo: tra lo Spirito increato e lo spirito umano creato.

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53. Si può dire che tutto ciò rientra nell'ambito del grande Giubileo, sopra menzionato. Bisogna, infatti, oltrepassare la dimensione storica del fatto, considerato nella sua superficie. Bisogna raggiungere, nello stesso contenuto cristologico del fatto, la dimensione pneumatologica, abbracciando con lo sguardo della fede i due millenni dell'azione dello Spirito di verità, il quale, attraverso i secoli, ha attinto dal tesoro della redenzione di Cristo dando agli uomini la nuova vita, operando in essi l'adozione nel Figlio unigenito, santificandoli, sicché essi possono ripetere con san Paolo: "Abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio" (cfr.
1Co 2,12).

Ma, seguendo questo motivo del Giubileo, non è possibile limitarsi ai duemila anni trascorsi dalla nascita di Cristo. Bisogna risalire indietro, abbracciare tutta l'azione dello Spirito Santo anche prima di Cristo - sin dal principio, in tutto il mondo e, specialmente, nell'economia dell'Antica Alleanza.

Questa azione, infatti, in ogni luogo e in ogni tempo, anzi in ogni uomo, si è svolta secondo l'eterno piano di salvezza, per il quale essa è strettamente unita al mistero dell'incarnazione e della redenzione, che a sua volta esercito il suo influsso nei credenti in Cristo venturo. Ciò è attestato in modo particolare nella Lettera agli Efesini (cfr. Ep 1,3-14).

La grazia, pertanto, porta congiuntamente in sé una caratteristica cristologica ed insieme pneumatologica, che si verifica soprattutto in coloro che espressamente aderiscono al Cristo: "In lui (in Cristo)... avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità in attesa della completa redenzione" (Ep 1,13s).

Ma, sempre nella prospettiva del grande Giubileo, dobbiamo anche guardare più ampiamente e andare "al largo", sapendo che "il vento soffia dove vuole", secondo l'immagine usata da Gesù nel colloquio con Nicodemo (cfr. Jn 3,8).

Il Concilio Vaticano II, concentrato soprattutto sul tema della Chiesa, ci ricorda l'azione dello Spirito Santo anche "al di fuori" del corpo visibile della Chiesa.

Esso parla appunto di "tutti gli uomini di buona votontà, nel cui cuore opera invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò, dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti, nel modo che Dio conosce, la possibilità di essere associati al mistero pasquale" (GS 22 cfr. LG 16).

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54. "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (
Jn 4,24). Queste parole Gesù le ha dette in un altro suo colloquio: quello con la Samaritana. Il grande Giubileo, che si celebrerà al termine di questo millennio ed all'inizio di quello successivo, deve costituire un potente appello rivolto a tutti coloro che "adorano Dio in spirito e verità". Deve essere per tutti una speciale occasione per meditare il mistero di Dio uno e trino, il quale in se stesso è completamente trascendente nei riguardi del mondo, specialmente del mondo visibile: è, infatti, Spirito assoluto, "Dio è spirito" (Jn 4,24); ed insieme, in modo mirabile, è non solo vicino a questo mondo, ma vi è presente e, in certo senso, immanente, lo compenetra e vivifica dall'interno. Ciò vale in modo speciale per l'uomo: Dio è nell'intimo del suo essere, come pensiero, coscienza, cuore; è realtà psicologica e ontologica, considerando la quale sant'Agostino diceva di lui: "E' più intimo del mio intimo". Queste parole ci aiutano a capir meglio quelle rivolte da Gesù alla Samaritana: "Dio è spirito". Solo lo Spirito può essere "più intimo del mio intimo" sia nell'essere, sia nell'esperienza spirituale; solo lo Spirito può essere tanto immanente nell'uomo e nel mondo, permanendo inviolabile e immutabile nella sua assoluta trascendenza.

Ma in modo nuovo e in forma visibile la presenza divina nel mondo e nell'uomo si è manifestata in Gesù Cristo. In lui davvero "è apparsa la grazia" (cfr. Tt 2,1). L'amore, di Dio Padre, dono, grazia infinita, principio di vita, è divenuto palese in Cristo, e nell'umanità di lui si è fatto "parte" dell'universo, del genere umano, della storia. Quell'"apparizione" della grazia nella storia dell'uomo, mediante Gesù Cristo, si è compiuta per opera dello Spirito Santo, che è il principio di ogni azione salvifica di Dio nel mondo: egli, "Dio nascosto" (cfr. Is 45,15) che come amore e dono "riempie l'universo" (cfr. Sg 1,7). Tutta la vita della Chiesa, quale si manifesterà nel grande Giubiieo, significa andare incontro al Dio nascosto: incontro allo Spirito, che dà la vita.

Lo Spirito Santo nel dissidio interno dell'uomo: la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne

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55. Purtroppo, risulta dalla storia della salvezza che quel farsi vicino e presente di Dio all'uomo e al mondo, quella mirabile "condiscendenza" dello Spirito incontra nella nostra realtà umana resistenza ed opposizione. Quanto sono eloquenti da questo punto di vista le parole profetiche del vegliardo di nome Simeone, il quale "mosso dallo Spirito" si reco al tempio di Gerusalemme, per annunciare davanti al bambino di Betlemme che "egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione" (
Lc 2,27 Lc 2,34).

L'opposizione a Dio, che è Spirito invisibile, nasce in una certa misura già sul terreno della radicale diversità del mondo da lui, cioè dalla sua "visibilità" e "materialità" in rapporto a lui "invisibile" e "assoluto Spirito"; dalla sua essenziale e inevitabile imperfezione in rapporto a lui, essere perfettissimo. Ma l'opposizione diventa conflitto, ribellione sul terreno etico per quel peccalo che prende possesso del cuore umano, nel quale "la carne... ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito desideri contrari alla carne" (Ga 5,17). Di questo peccato lo Spirito Santo deve "convincere il mondo", come abbiamo detto.

San Paolo è colui che in modo particolarmente eloquente descrive la tensione e la lotta, che agita il cuore umano. "Vi dico dunque - leggiamo nella Lettera ai Galati -: camminate secondo lo spirito, e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne, infatti, ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste" (Ga 5,16s). Già nell'uomo come essere composto, spirituale-corporale, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo "spirito" e la "carne". Ma essa di fatto appartiene all'eredità del peccato, ne è una conseguenza e, nello stesso tempo, una conferma.

Essa fa parte dell'esperienza quotidiana. Come scrive l'Apostolo: "Del resto, le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio..., ubriachezze, orge e cose del genere". Sono i peccati che si potrebbero definire "carnali". Ma l'Apostolo ne aggiunge anche altri: "Inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie" (cfr. Ga 5,19-21). Tutto questo costituisce "le opere della carne".

Ma a queste opere, che sono indubbiamente cattive, Paolo contrappone "il frutto dello Spirito", come "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Ga 5,22s). Dal contesto risulta chiaro che per l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua soggettività personale; egli tratta, invece, delle opere, o meglio delle stabili disposizioni - virtù e vizi - moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all'azione salvifica dello Spirito Santo.

perciò, l'Apostolo scrive: "Se pertanto viviamo dello spirito, camminiamo anche secondo lo spirito" (Ga 5,25). E in altri passi: "Coloro infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli, invece, che vivono secondo lo spirito, alle cose dello spirito"; "Viviamo, infatti, sotto il dominio dello spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in noi" (cfr. Rm 8,5 Rm 8,9). La contrapposizione che san Paolo stabilisce tra la vita "secondo lo spirito" e la vita "secondo la carne", genera un'ulteriore contrapposizione: quella della "vita" e della "morte". "I desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello spirito portano alla vita e alla pace"; di qui l'ammonimento: "Se vivete secondo la carne, voi morirete; se, invece, con l'aiuto dello Spirito farete morire le opere del corpo, voi vivrete" (Rm 8,6 Rm 8,13).

A ben considerare, questa è un'esortazione a vivere nella verità, cioè secondo i dettami della retta coscienza e, nello stesso tempo, è una professione di fede nello Spirito di verità, come in colui che dà la vita. Il corpo, infatti, "è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione"; "così dunque... siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne" (Rm 8,10 Rm 8,12). Siamo piuttosto debitori a Cristo, che nel mistero pasquale ha operato la nostra giustificazione, ottenendo a noi lo Spirito Santo: "Infatti, siamo stati comprati a caro prezzo" (cfr. 1Co 6,20).

Nei testi di san Paolo si sovrappongono - e reciprocamente si compenetrano - la dimensione ontologica (la carne e lo spirito), quella etica (il bene e il male morale), quella pneumatologica (l'azione dello Spirito Santo nell'ordine della grazia). Le sue parole (specialmente nelle Lettere ai Romani e ai Galati) ci fanno conoscere e sentire al vivo la grandezza di quella tensione e lotta, che si svolge nell'uomo tra l'apertura verso l'azione dello Spirito Santo e la resistenza e l'opposizione a lui, al suo dono salvifico. I termini o poli contrapposti sono, da parte dell'uomo, la sua limitatezza e peccaminosità, punti nevralgici della sua realtà psicologica ed etica; e, da parte di Dio, il mistero del dono, quell'incessante donarsi della vita divina nello Spirito Santo. Di chi sarà la vittoria? Di chi avrà saputo accogliere il dono.

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56. Purtroppo, la resistenza allo Spirito Santo, che san Paolo sottolinea nella dimensione interiore e soggettiva come tensione, lotta, ribellione che avviene nel cuore umano, trova nelle varie epoche della storia e, specialmente, nell'epoca moderna la sua dimensione esteriore, concretizzandosi come contenuto della cultura e della civiltà, come sistema filosofico, come ideologia, come programma di azione e di formazione dei comportamenti umani. Essa trova la sua massima espressione nel materialismo, sia nella sua forma teorica - come sistema di pensiero, sia nella sua forma pratica - come metodo di lettura e di valutazione dei fatti e come programma, altresi, di condotta corrispondente. Il sistema che ha dato il massimo sviluppo e ha portato alle estreme conseguenze operative questa forma di pensiero, di ideologia e di prassi, è il materialismo dialettico e, storico, riconosciuto tuttora come sostanza vitale del marxismo.

In linea di principio e di fatto il materialismo esclude radicalmente la presenza e l'azione, di Dio, che è spirito, nel mondo e, soprattutto, nell'uomo per la fondamentale ragione che non accetta la sua esistenza, essendo un sistema essenzialmente e programmaticamente ateo. E' il fenomeno impressionante del nostro tempo, al quale il Concilio Vaticano II ha dedicato alcune pagine significative: l'ateismo (cfr.
GS 19 GS 20 GS 21). Anche se non si può parlare dell'ateismo in modo univoco né si può ridurlo esclusivamente alla filosofia materialistica, dato che esistono varie specie di ateismo e forse si può dire che spesso si usa tale parola in senso equivoco, tuttavia è certo che un vero e proprio materialismo, inteso come teoria che spiega la realtà e assunto come principio-chiave dell'azione personale e sociale, ha carattere ateo. L'orizzone dei valori e dei fini dell'agire, che esso delinea, è strettamente legato all'interpretazione come "materia" di tutta la realtà. Se esso parla a volte anche dello "spirito" e delle "questioni dello spirito", per esempio nel campo della cultura o della morale, ciò fa soltanto in quanto considera certi fatti come derivati (epifenomeni) dalla materia, la quale secondo questo sistema è l'unica ed esclusiva forma dell'essere. Ne consegue che, secondo tale interpretazione, la religione può essere intesa solamente come una specie di "illusione idealistica", da combattere nei modi e con i metodi più opportuni secondo i luoghi e le circostanze storiche, per eliminarla dalla società e dal cuore stesso dell'uomo. Si può dire, pertanto, che il materialismo è lo sviluppo sistematico e coerente di quella "resistenza" e opposizione, denunciate da san Paolo con le parole: "La carne ha desideri contrari allo spirito". Questa conflittualità è, pero, reciproca, come mette in rilievo l'apostolo nella seconda parte del suo aforisma: "Lo spirito ha desideri contrari alla carne". Chi vuole vivere secondo lo Spirito, nell'accettazione e nella corrispondenza alla sua azione salvifica, non può non respingere le tendenze e le pretese, interne ed esterne, della "carne", anche nella sua espressione ideologica e storica di "materialismo" antireligioso. Su questo sfondo così caratteristico del nostro tempo si devono sottolineare i "desideri dello spirito" nei preparativi al grande Giubileo, come richiami che risuonano nella notte di un nuovo tempo di avvento, in fondo al quale, come duemila anni fa, "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,6 cfr. Is 40,5). Questa è una possibilità e una speranza, che la Chiesa affida agli uoniini di oggi. Essa sa che l'incontro-scontro tra i "desideri contrari allo spirito", che caratterizzano tanti aspetti della civiltà contemporanea, specialmente in alcuni suoi ambiti, e i "desideri contrari alla carne", con l'avvicinarsi di Dio, con la sua incarnazione, con la sua sempre nuova comunicazione nello Spirito Santo, può presentare in molti casi un carattere drammatico e forse risolversi in nuove sconfitte umane. Ma essa crede fermamente che, da parte di Dio, è sempre un comunicarsi salvifico, una venuta salvifica e, semmai, un salvifico "convincere del peccato" ad opera dello Spirito.

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57. Nella contrapposizione paolina dello "spirito" e della "carne" è inscritta anche la contrapposizione della "vita" e della "morte". Grave problema, questo, circa il quale bisogna dire subito che il materialismo, come sistema di pensiero, in ogni sua versione, significa l'accettazione della morte quale definitivo termine dell'esistenza umana. Tutto ciò che è materiale è corruttibile e, perciò, il corpo umano (in quanto "animale") è mortale. Se l'uomo nella sua essenza è solo "carne", la morte rimane per lui un confine e un termine invalicabile. Allora si capisce come si possa dire che la vita umana è esclusivamente un "esistere per morire". Bisogna aggiungere che sull'orizzonte della civiltà contemporanea - specialmente di quella più sviluppata in senso tecnico-scientifico - i segni e i segnali di morte sono diventati particolarmente presenti e frequenti. Basti pensare alla corsa agli armamenti e al pericolo, in essa insito, di un'autodistruzione nucleare, D'altra parte, si è rivelata sempre più a tutti la grave situazione di vaste regioni del nostro pianeta, segnate dall'indigenza e dalla fame apportatrici di morte. Si tratta di problemi che non sono solo economici, ma anche e prima di tutto etici. Senonché, sull'orizzonte della nostra epoca si addensano "segni di morte" anche più cupi: si è diffuso il costume - che in alcuni luoghi rischia di diventare quasi un'istituzione - di togliere la vita agli esseri umani prima ancora della loro nascita, o anche prima che siano arrivati al naturale traguardo della morte, E ancora: nonostante tanti nobili sforzi in favore della pace, sono scoppiate e sono in corso nuove guerre, che privano della vita o della salute centinaia di migliaia di uomini, E come non ricordare gli attentati alla vita umana da parte del terrorismo, organizzato anche su scala internazionale? Purtroppo, questo è solo un abbozzo parziale ed incompleto del quadro di morte che si sta componendo nella nostra epoca, mentre ci avviciniamo sempre di più alla fine del secondo millennio cristiano. Dalle tinte fosche della civiltà materialistica e, in particolare, da quei segni di morte che si moltiplicano nel quadro sociologico-storico, in cui essa si è attuata, non sale forse una nuova invocazione, più o meno consapevole, allo Spirito che dà la vita? In ogni caso, anche indipendentemente dall'ampiezza delle speranze o delle disperazioni umane, come delle illusioni o degli inganni, derivanti dallo sviluppo dei sistemi materialistici di pensiero e di vita, rimane la certezza cristiana che lo Spirito soffia dove vuole e che noi possediamo "le primizie dello Spirito", e che, perciò, possiamo anche essere soggetti alle sofferenze del tempo che passa, ma "gemiamo interiormente aspettando... la redenzione del nostro corpo" (cfr.
Rm 8,23), ossia di tutto il nostro essere umano, corporeo e spirituale. Gemiamo, si, ma in un'attesa carica di indefettibile speranza, perché proprio a questo essere umano si è avvicinato Dio, che è Spirito. Dio Padre ha mandato "il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e, in vista del peccato, ha condannato il peccato" (Rm 8,26). Al culmine del mistero pasquale, il Figlio di Dio, fatto uomo e crocifisso per i peccati del mondo, si è presentato in mezzo ai suoi apostoli dopo la risurrezione, ha alitato su di loro e ha detto: "Ricevete lo Spirito Santo". Questo "soffio" continua sempre. Ed ecco, "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza" (Rm 8,26).

Lo Spirito Santo nel rafforzamento dell'"uomo interiore"

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58. Il mistero della Risurrezione e della Pentecoste è annunciato e vissuto dalla Chiesa, che è l'erede e la continuatrice della testimonianza degli apostoli circa la risurrezione di Gesù Cristo. Essa è la testimone perenne di questa vittoria sulla morte, che ha rivelato la potenza dello Spirito Santo e ha determinato la sua nuova venuta, la sua nuova presenza negli uomini e nel mondo. Infatti, nella risurrezione di Cristo lo Spirito Santo Paraclito si è rivelato soprattutto come colui che dà la vita: "Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito, che abita in voi" (
Rm 8,11). Nel nome della risurrezione di Cristo la Chiesa annuncia la vita, che si è manifestata oltre il limite della morte, la vita che è più forte della morte. Al tempo stesso, essa annuncia colui che dà questa vita: lo Spirito vivificatore; lo annuncia e con lui coopera nel dare la vita. Infatti se "il corpo è morto a causa del peccato..., lo spirito è vita a causa della giustificazione" (Rm 8,10), operata da Cristo crocifisso e risorto. E in nome della risurrezione di Cristo la Chiesa serve la vita che proviene da Dio stesso, in stretta unione ed in umile servizio allo Spirito.

Proprio per questo servizio l'uomo diventa in modo sempre nuovo la "via della Chiesa", come ho già detto nell'Enciclica su Cristo Redentore (RH 14) ed ora ripeto in questa sullo Spirito Santo. Unita con lo Spirito, la Chiesa è consapevole più di ogni altro della realtà dell'uomo interiore, di ciò che nell'uomo è più profondo ed essenziale, perché spirituale ed incorruttibile. A questo livello lo Spirito innesta la "radice dell'immortalità" (cfr. Sg 15,3), dalla quale spunta la nuova vita: cioè, la vita dell'uomo in Dio, che, come frutto della sua autocomunicazione salvifica nello Spirito Santo, può svilupparsi e consolidarsi solo sotto l'azione di costui. perciò, l'Apostolo si rivolge a Dio in favore dei credenti, ai quali dichiara: "Piego le ginocchia davanti al Padre..., perché vi conceda... di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore" (cfr. Ep 3,14-16).

Sotto l'influsso dello Spirito Santo matura e si rafforza quest'uomo interiore, cioè "spirituale". Grazie alla divina comunicazione lo spirito umano, che "conosce i segreti dell'uomo", si incontra con lo "Spirito che scruta le profondità di Dio" (cfr. 1Co 2,10s). In questo Spirito, che è il dono eterno, Dio uno e trino si apre all'uomo, allo spirito umano. Il soffio nascosto dello Spirito divino fa si che lo spirito umano si apra, a sua volta, davanti all'aprirsi salvifico e santificante di Dio. Per il dono della grazia, che viene dallo Spirito, l'uomo entra in "una vita nuova", viene introdotto nella realtà soprannaturale della stessa vita divina e diventa "dimora dello Spirito Santo", "tempio vivente di Dio" (cfr. Rm 8,9 1Co 6,19). Per lo Spirito Santo, infatti, il Padre e il Figlio vengono a lui e prendono dimora presso di lui (cfr. Jn 14,23). Nella comunione di grazia con la Trinità si dilata l'"area vitale" dell'uomo, elevata al livello soprannaturale della vita divina. L'uomo vive in Dio e di Dio: vive "secondo lo Spirito" e "pensa alle cose dello Spirito".

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59. L'intima relazione con Dio nello Spirito Santo fa si che l'uomo comprenda in modo nuovo anche se stesso, la propria umanità. Viene così realizzata pienamente quell'immagine e somiglianza di Dio, che è l'uomo sin dall'inizio (cfr. Gn 1,26s). Tale intima verità dell'essere umano deve essere di continuo riscoperta alla luce di Cristo, che è il prototipo del rapporto con Dio, e, in lui, deve essere anche riscoperta la ragione del "ritrovarsi pienamente attraverso un dono sincero di sé" con gli altri uomini, come scrive il Concilio Vaticano II: proprio in ragione della somiglianza divina che "manifesta che nella terra l'uomo... è l'unica creatura che Dio abbia voluto per se stessa", nella sua dignità di persona, ma aperta all'integrazione e alla comunione sociale (cfr.
GS 24). La conoscenza efficace e l'attuazione piena di questa verità dell'essere avvengono solo per opera dello Spirito Santo. L'uomo impara questa verità da Gesù Cristo e la attua nella propria vita per opera dello Spirito, che egli stesso ci ha dato.

Su questa via - sulla via di una tale maturazione interiore, che include la piena scoperta del senso dell'umanità - Dio si fa intimo all'uomo, penetra sempre più a fondo in tutto il mondo umano. Dio uno e trino, che in se stesso "esiste" come trascendente realtà di dono interpersonale, comunicandosi nello Spirito Santo come dono all'uomo, trasforma il mondo umano dal di dentro, dall'interno dei cuori e delle coscienze. Su questa via il mondo, reso partecipe del dono divino, diventa - come insegna il Concilio - "sempre più umano, sempre più profondamente umano" (cfr. GS 38 GS 40), mentre in esso matura, mediante i cuori e le coscienze degli uomini, il Regno in cui Dio sarà definitivamente "tutto in tutti" (cfr. 1Co 15,28): come dono e amore. Dono e amore: è questa l'eterna potenza dell'aprirsi di Dio uno e trino all'uomo e al mondo, nello Spirito Santo. Nella prospettiva dell'anno Duemila dalla nascita di Cristo si tratta di ottenere che un numero sempre più grande di uomini "possa ritrovarsi pienamente... attraverso un dono sincero di sé", secondo la citata esnressione del Concilio. Che sotto l'azione dello Spirito Paraclito si realizzi nel nostro mondo quel processo di vera maturazione nell'umanità, nella vita individuale e in quella comunitaria, in ordine al quale Gesù stesso, "quando prega il Padre perché "tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola" (Jn 17,21-22), ...ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità" (cfr. GS 24). Il Concilio ribadisce tale verità sull'uomo, e la Chiesa vede in essa un'indicazione particolarmente forte e determinante dei propri compiti apostolici. Se, infatti, l'uomo è la via della Chiesa, questa via passa attraverso tutto il mistero di Cristo, come divino modello dell'uomo. Su questa via lo Spirito Santo, rafforzando in ciascuno di noi "l'uomo interiore", fa si che l'uomo sempre meglio "si ritrovi attraverso un dono sincero di sé. Si può dire che in queste parole della Costituzione pastorale del Concilio si riassuma tutla l'antropologia cristiana: quella teoria e prassi, fondata sul Vangelo, nella quale l'uomo scoprendo in se stesso l'appartenenza a Cristo e, in lui, l'elevazione a figlio di Dio, comprende meglio anche la sua dignità di uomo, proprio perché è il soggetto dell'avvicinamento e della presenza di Dio, il soggetto della condiscendenza divina, nella quale è contenuta la prospettiva ed addirittura la radice stessa della definitiva glorificazione.

Allora si può veramente ripetere che "gloria di Dio è l'uomo vivente, ma vita dell'uomo è la visione di Dio": l'uomo, vivendo una vita divina, è la gloria di Dio, e di questa vita e di questa gloria lo Spirito Santo è il dispensatore nascosto. Egli - dice il grande Basilio - "semplice nell'essenza, molteplice nelle sue virtù..., si diffonde senza che subisca alcuna diminuzione, è presente a ciascuno di quanti sono capaci di riceverlo come se fosse lui solo, ed in tutti infonde la grazia sufficiente e completa".

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60. Quando, sotto l'influsso del Paraclito, gli uomini scoprono questa dimensione divina del loro essere e della loro vita, sia come persone che come comunità, essi sono in grado di liberarsi dai diversi determinismi, derivati principalmente dalle basi materialistiche del pensiero, della prassi e della sua relativa metodologia.

Nella nostra epoca questi fattori sono riusciti a penetrare fin nell'intimo dell'uomo, in quel santuario della coscienza, dove lo Spirito Santo immette di continuo la luce e la forza della vita nuova secondo la "libertà dei figli di Dio". La maturazione dell'uomo in questa vita è impedita dai condizionamenti e dalle pressioni, che su di lui esercitano le strutture e i meccanismi dominanti nei diversi settori della società. Si può dire che in molti casi i fattori sociali, anziché favorire lo sviluppo e l'espansione dello spirito umano, finiscono con lo strapparlo alla genuina verità del suo essere e della sua vita - sulla quale veglia lo Spirito Santo - per sottometterlo al "principe di questo mondo".

Il grande Giubileo del Duemila contiene, pertanto, un messaggio di liberazione ad opera dello Spirito, che solo può aiutare le persone e le comunità a liberarsi dai vecchi e nuovi determinismi, guidandole con la "legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù" (
Rm 8,2), così scoprendo e attuando la piena misura della vera libertà dell'uomo. Infatti - come scrive san Paolo - là "dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà" (2Co 3,17). Tale rivelazione della libertà e, dunque, della vera dignità dell'uomo acquista una particolare eloquenza per i cristiani e per la Chiesa in stato di persecuzione - sia nei tempi antichi, sia in quello presente: perché i testimoni della Verità divina diventano allora una vivente verifica dell'azione dello Spirito di verità, presente nel cuore e nella coscienza dei fedeli, e non di rado segnano col loro martirio la suprema glorificazione della dignità umana.

Anche nelle comuni condizioni della società i cristiani, come testimoni dell'autentica dignità dell'uomo, contribuiscono al molteplice rinnovamento della faccia della terra", collaborando con i loro fratelli per realizzare e valorizzare tutto ciò che nell'odierno progresso della civiltà, della cultura, della scienza, della tecnica e degli altri settori del pensiero e dell'attività umana, è buono, nobile e bello (cfr. GS 53-59). Ciò fanno come discepoli di Cristo, che - come scrive il Concilio - "con la sua risurrezione costituito Signore, ...opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi, con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra" (cfr. GS 38). così essi affermano ancor più la grandezza dell'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, grandezza che s'illumina al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, il quale "nella pienezza del tempo", per opera dello Spirito Santo, è entrato nella storia e si è manifestato vero uomo, lui generato prima di ogni creatura, "in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui" (1Co 8,6).



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