Ecclesia in europa




ESORTAZIONE APOSTOLICA

POST-SINODALE

ECCLESIA IN EUROPA



DEL SANTO PADRE

GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI

AI PRESBITERI E AI DIACONI

AI CONSACRATI E ALLE CONSACRATE

ED A TUTTI I FEDELI LAICI


SU GESÙ CRISTO,

VIVENTE NELLA SUA CHIESA,

SORGENTE DI SPERANZA PER L'EUROPA


INTRODUZIONE



Annuncio di gioia per l'Europa


1 La Chiesa in Europa ha accompagnato con sentimenti di partecipazione i suoi Vescovi riuniti in Sinodo per la seconda volta, mentre erano intenti alla meditazione di Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa.

È un tema che anch'io, riprendendo con i miei fratelli Vescovi le parole della Prima Lettera di san Pietro, voglio proclamare a tutti i cristiani d'Europa all'inizio del terzo millennio. « Non vi sgomentate, [...] né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » (3, 14-15).
1

Quest'annuncio è continuamente risuonato lungo il Grande Giubileo del Duemila, con cui il Sinodo, celebrato nella sua immediata vigilia, è stato in stretta relazione, quasi porta aperta su di esso. 2 Il Giubileo è stato « un unico, ininterrotto canto di lode alla Trinità », un autentico « cammino di riconciliazione » e un « segno di genuina speranza per quanti guardano a Cristo e alla sua Chiesa ». 3 Lasciandoci in eredità la gioia dell'incontro vivificante con Cristo, che « è lo stesso, ieri, oggi e sempre » (Eb 13, 8), ci ha riproposto il Signore Gesù come unico e indefettibile fondamento della speranza vera.

Un secondo Sinodo per l'Europa


2 L'approfondimento del tema della speranza costituiva fin dall'inizio lo scopo principale della Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Ultimo delle serie dei Sinodi a carattere continentale celebrati in preparazione al Grande Giubileo del Duemila, 4 esso aveva come scopi di analizzare la situazione della Chiesa in Europa e di offrire indicazioni per promuovere un nuovo annuncio del Vangelo, come sottolineavo nella convocazione da me resa pubblica il 23 giugno 1996, al termine dell'Eucaristia celebrata nello stadio olimpico di Berlino. 5

L'Assemblea sinodale non poteva fare a meno di riprendere, verificare e sviluppare quanto emerso nel Sinodo precedente dedicato all'Europa e che si era celebrato nel 1991, all'indomani della caduta dei muri, intorno al tema « Per essere testimoni di Cristo che ci ha liberato ». Da quella Prima Assemblea Speciale era emersa l'urgenza e la necessità della « nuova evangelizzazione », nella consapevolezza che « l'Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo ». 6

A nove anni di distanza, la convinzione che « è compito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo » 7 si è ripresentata con la sua forza stimolante. Il tema scelto per la nuova Assemblea sinodale riproponeva, secondo l'angolatura della speranza, la medesima sfida. Si trattava, quindi, di proclamare questo annuncio di speranza a un'Europa che sembrava averla smarrita. 8

L'esperienza del Sinodo


3 L'Assemblea sinodale, svoltasi dal 1o al 23 ottobre 1999, si è rivelata una preziosa opportunità di incontro, di ascolto e di confronto: si è approfondita la reciproca conoscenza tra Vescovi di diverse parti dell'Europa e con il Successore di Pietro e, tutti insieme, abbiamo potuto edificarci a vicenda, grazie soprattutto alle testimonianze di quanti, sotto i passati regimi totalitari, hanno sopportato per la fede dure e prolungate persecuzioni. 9 Ancora una volta, abbiamo vissuto momenti di comunione nella fede e nella carità, animati dal desiderio di realizzare un fraterno « scambio di doni », arricchiti mutuamente con la diversità delle esperienze di ciascuno. 10

Ne è emersa la volontà di recepire l'appello che lo Spirito rivolge alle Chiese in Europa per impegnarle di fronte alle nuove sfide. 11 Con uno sguardo pieno di amore, i partecipanti all'incontro sinodale non hanno temuto di osservare la realtà attuale del Continente, rilevandone luci ed ombre. Chiara è risultata la consapevolezza che la situazione è segnata da gravi incertezze a livello culturale, antropologico, etico e spirituale. Altrettanto nitidamente si è andata affermando una crescente volontà di penetrare in questa situazione e di interpretarla per vedere i compiti che attendono la Chiesa: ne sono usciti « utili orientamenti per rendere sempre più visibile il volto di Cristo mediante un più incisivo annuncio corroborato da una coerente testimonianza ». 12


4 Vivendo l'esperienza sinodale con discernimento evangelico, è andata sempre più maturando la consapevolezza dell'unità che, senza rinnegare le differenze derivanti dalle vicende storiche, collega le varie parti dell'Europa. È un'unità che, affondando le sue radici nella comune ispirazione cristiana, sa comporre le diverse tradizioni culturali e che chiede, a livello sociale come a livello ecclesiale, un continuo cammino di conoscenza reciproca aperta ad una maggiore condivisione dei valori di ciascuno.

Lungo il Sinodo, man mano si è resa evidente una forte tensione verso la speranza. Pur facendo proprie le analisi della complessità che caratterizza il Continente, i Padri sinodali hanno colto come l'urgenza forse più grande che lo attraversa, a Est come ad Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme. Tutte le riflessioni del Sinodo sono state orientate a rispondere a questo bisogno a partire dal mistero di Cristo e dal mistero trinitario. Il Sinodo ha voluto riproporre la figura di Gesù vivente nella sua Chiesa, rivelatore del Dio Amore che è comunione delle tre Persone divine.

L'icona dell'Apocalisse


5 Con la presente Esortazione post-sinodale, sono lieto di poter condividere con la Chiesa che è in Europa i frutti di questa Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Intendo così assecondare il desiderio espresso al termine dell'assise sinodale, allorché i Pastori mi hanno trasmesso i testi delle loro riflessioni, con la preghiera di offrire alla Chiesa pellegrinante in Europa un documento sullo stesso tema del Sinodo. 13

« Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » (Ap 2,7). Nell'annunciare all'Europa il Vangelo della speranza, terrò come guida il libro dell'Apocalisse, « rivelazione profetica » che dischiude alla comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono (cfr Ap 1,1). L'Apocalisse ci pone di fronte a una parola rivolta alle comunità cristiane, affinché sappiano interpretare e vivere il loro inserimento nella storia, con i suoi interrogativi e le sue tribolazioni, alla luce della vittoria definitiva dell'Agnello immolato e risorto. Nel contempo, siamo di fronte a una parola che impegna a vivere abbandonando la ricorrente tentazione di costruire la città degli uomini a prescindere da Dio o contro di lui. Quando, infatti, ciò si verificasse, sarebbe la stessa convivenza umana a conoscere, prima o poi, una irrimediabile sconfitta.

L'Apocalisse contiene un incoraggiamento rivolto ai credenti: al di là di ogni apparenza, e anche se non se ne vedono ancora gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed è definitiva. Ne segue l'orientamento a porsi di fronte alle vicende umane con un atteggiamento di fondamentale fiducia, che sgorga dalla fede nel Risorto, presente ed operante nella storia.



CAPITOLO PRIMO

GESÙ CRISTO È NOSTRA SPERANZA


« Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo

e il Vivente » (Ap 1,17-18)


Il Risorto sta sempre con noi


6 In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa all'epoca dell'Autore dell'Apocalisse (cfr Ap 1,9), la parola che risuona nella visione è una parola di speranza: « Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi » (Ap 1,17-18). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al « lieto annuncio », che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo e l'Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è l'Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr Ap 5,6): è immolato, perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi, perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l'infinita onnipotenza dell'amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle (cfr Ap 1,16), cioè la Chiesa di Dio perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di Colui che ha già vinto il male. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro (cfr Ap 2,1): è presente e attivo nella sua Chiesa in preghiera. Egli è anche « colui che viene » (Ap 1,4) mediante la missione e l'azione della Chiesa lungo la storia; viene come mietitore escatologico, alla fine dei tempi, per portare a compimento tutte le cose (cfr Ap 14,15-16 Ap 22,20).


I. Sfide e segni di speranza

per la Chiesa in Europa

L'offuscamento della speranza


7 Questa parola è rivolta oggi anche alle Chiese in Europa, spesso tentate da un offuscamento della speranza. Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare come una stagione di smarrimento. Tanti uomini e donne sembrano disorientati, incerti, senza speranza e non pochi cristiani condividono questi stati d'animo. Numerosi sono i segnali preoccupanti che, all'inizio del terzo millennio, agitano l'orizzonte del Continente europeo, il quale, « pur nel pieno possesso di immensi segni di fede e testimonianza e nel quadro di una convivenza indubbiamente più libera e più unita, sente tutto il logoramento che la storia antica e recente ha prodotto nelle fibre più profonde dei suoi popoli, generando spesso delusione ». 14

Tra i tanti aspetti, ampiamente richiamati anche in occasione del Sinodo, 15 vorrei ricordare lo smarrimento della memoria e dell'eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l'impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all'Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo.

Nel Continente europeo non mancano certo i prestigiosi simboli della presenza cristiana, ma con l'affermarsi lento e progressivo del secolarismo, essi rischiano di diventare puro vestigio del passato. Molti non riescono più ad integrare il messaggio evangelico nell'esperienza quotidiana; cresce la difficoltà di vivere la propria fede in Gesù in un contesto sociale e culturale in cui il progetto di vita cristiano viene continuamente sfidato e minacciato; in non pochi ambiti pubblici è più facile dirsi agnostici che credenti; si ha l'impressione che il non credere vada da sé mentre il credere abbia bisogno di una legittimazione sociale né ovvia né scontata.


8 A questo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura nell'affrontare il futuro. L'immagine del domani coltivata risulta spesso sbiadita e incerta. Del futuro si ha più paura che desiderio. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della vita. Tra le espressioni e i frutti di questa angoscia esistenziale vanno annoverati, in particolare, la drammatica diminuzione della natalità, il calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, la fatica, se non il rifiuto, di operare scelte definitive di vita anche nel matrimonio.

Si assiste a una diffusa frammentazione dell'esistenza; prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose, l'odierna situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l'egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi. Agli occhi di molti, la globalizzazione in corso, invece di indirizzare verso una più grande unità del genere umano, rischia di seguire una logica che emargina i più deboli e accresce il numero dei poveri della terra.

Connesso con il diffondersi dell'individualismo, si nota un crescente affievolirsi della solidarietà inter-personale: mentre le istituzioni di assistenza svolgono un lavoro lodevole, si osserva un venir meno del senso della solidarietà, di modo che, anche se non mancano del necessario materiale, molte persone si sentono più sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di sostegno affettivo.


9 Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l'uomo come « il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo », per cui « non c'è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell'edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana ». 16 La cultura europea dà l'impressione di una « apostasia silenziosa » da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse.

In tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di presentare la cultura europea a prescindere dall'apporto del cristianesimo che ha segnato il suo sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all'emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una « cultura di morte ». 17

L'insopprimibile nostalgia della speranza


10 Ma, come hanno sottolineato i Padri sinodali, « l'uomo non può vivere senza speranza: la sua vita sarebbe votata all'insignificanza e diventerebbe insopportabile ». 18 Spesso chi ha bisogno di speranza crede di poter trovar pace in realtà effimere e fragili. E così la speranza, ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene identificata, ad esempio, nel paradiso promesso dalla scienza e dalla tecnica, o in forme varie di messianismo, nella felicità di natura edonistica procurata dal consumismo o quella immaginaria e artificiale prodotta dalle sostanze stupefacenti, in alcune forme di millenarismo, nel fascino delle filosofie orientali, nella ricerca di forme di spiritualità esoteriche, nelle diverse correnti del New Age. 19

Tutto questo, però, si rivela profondamente illusorio e incapace di soddisfare quella sete di felicità che il cuore dell'uomo continua ad avvertire dentro di sé. Permangono così e si acuiscono i segni preoccupanti del venir meno della speranza, che talvolta si manifestano anche attraverso forme di aggressività e di violenza. 20

Segni di speranza


11 Nessun essere umano può vivere senza prospettive di futuro. Tanto meno la Chiesa, che vive dell'attesa del Regno che viene e che già è presente in questo mondo. Sarebbe ingiusto non cogliere i segni dell'influsso del Vangelo di Cristo nella vita delle società. I Padri sinodali li hanno rintracciati e sottolineati.

Tra questi segni vanno annoverati il recupero della libertà della Chiesa nell'Est europeo, con le nuove possibilità per l'azione pastorale ad essa dischiuse; il concentrarsi della Chiesa sulla sua missione spirituale e il suo impegno a vivere il primato dell'evangelizzazione anche nei rapporti con la realtà sociale e politica; l'accresciuta presa di coscienza della missione propria di tutti i battezzati, nella varietà e complementarietà dei doni e dei compiti; l'aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana.

Una comunità di popoli


12 Guardando all'Europa come comunità civile, non mancano segnali che aprono alla speranza: in essi, pur tra le contraddizioni della storia, con uno sguardo di fede possiamo cogliere la presenza dello Spirito di Dio che rinnova la faccia della terra. Così li hanno descritti i Padri sinodali a conclusione dei loro lavori: « Constatiamo con gioia la crescente apertura dei popoli, gli uni verso gli altri, la riconciliazione tra nazioni per lungo tempo ostili e nemiche, l'allargamento progressivo del processo unitario ai Paesi dell'Est europeo. Riconoscimenti, collaborazioni e scambi di ogni ordine sono in sviluppo, così che, a poco a poco, si crea una cultura, anzi una coscienza europea, che speriamo possa far crescere, specialmente presso i giovani, il sentimento della fraternità e la volontà della condivisione. Registriamo come positivo il fatto che tutto questo processo si svolga secondo metodi democratici, in modo pacifico e in uno spirito di libertà, che rispetta e valorizza le legittime diversità, suscitando e sostenendo il processo di unificazione dell'Europa. Salutiamo con soddisfazione ciò che è stato fatto per precisare le condizioni e le modalità del rispetto dei diritti umani. Nel contesto, infine, della legittima unità economica e politica in Europa, mentre registriamo i segni della speranza offerti dalla considerazione data al diritto e alla qualità della vita, ci auguriamo vivamente che, in una fedeltà creativa alla tradizione umanistica e cristiana del nostro Continente, sia garantito il primato dei valori etici e spirituali ». 21

I martiri e i testimoni della fede


13 Ma intendo attirare l'attenzione in particolare su alcuni segni emersi nella vita propriamente ecclesiale. Innanzitutto, con i Padri sinodali, voglio riproporre a tutti, perché non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell'ultimo secolo, all'Est come all'Ovest. Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue.

Questi testimoni, in particolare quanti tra di loro hanno affrontato la prova del martirio, sono un segno eloquente e grandioso, che ci è chiesto di contemplare e imitare. Essi ci attestano la vitalità della Chiesa; ci appaiono come una luce per la Chiesa e per l'umanità, perché hanno fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo; in quanto appartenenti a diverse confessioni cristiane, risplendono anche come segno di speranza per il cammino ecumenico, nella certezza che il loro sangue « è anche linfa di unità per la Chiesa ».
22

Ancora più radicalmente, essi ci dicono che il martirio è la suprema incarnazione del Vangelo della speranza: « I martiri, infatti, annunciano questo Vangelo e lo testimoniano con la loro vita fino all'effusione del sangue, perché sono certi di non poter vivere senza Cristo e sono pronti a morire per lui nella convinzione che Gesù è il Signore e il Salvatore dell'uomo e che, quindi, solo in lui l'uomo trova la pienezza vera della vita. In tal modo, secondo l'ammonimento dell'apostolo Pietro, si mostrano pronti a rendere ragione della speranza che è in loro (cfr 1P 1P 3,15). I martiri, inoltre, celebrano il “Vangelo della speranza”, perché l'offerta della loro vita è la manifestazione più radicale e più grande di quel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, che costituisce il vero culto spirituale (cfr Rm 12,1), origine, anima e culmine di ogni celebrazione cristiana. Essi, infine, servono il “Vangelo della speranza”, perché con il loro martirio esprimono in grado sommo l'amore e il servizio all'uomo, in quanto dimostrano che l'obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza sociale che onora e promuove la dignità e la libertà di ogni persona ». 23

La santità di molti


14 Frutto della conversione operata dal Vangelo è la santità di tanti uomini e donne del nostro tempo. Non solo di quanti sono stati proclamati ufficialmente tali dalla Chiesa, ma anche di coloro che, con semplicità e nella quotidianità dell'esistenza, hanno dato testimonianza della loro fedeltà a Cristo. Come non pensare agli innumerevoli figli della Chiesa che, lungo la storia del Continente europeo, hanno vissuto una santità generosa ed autentica nel nascondimento della vita familiare, professionale e sociale? « Tutti costoro, come “pietre vive” aderenti a Cristo “pietra angolare”, hanno costruito l'Europa come edificio spirituale e morale, lasciando ai posteri l'eredità più preziosa. Il Signore Gesù lo aveva promesso: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (GV 14,12). I Santi sono la prova vivente del compiersi di questa promessa, e incoraggiano a credere che ciò è possibile anche nelle ore più difficili della storia ». 24

La parrocchia e i movimenti ecclesiali


15 Il Vangelo continua a portare i suoi frutti nelle comunità parrocchiali, tra le persone consacrate, nelle associazioni di laici, nei gruppi di preghiera e di apostolato, in diverse comunità giovanili, come pure attraverso la presenza e la diffusione di nuovi movimenti e realtà ecclesiali. In ciascuno di essi, infatti, il medesimo Spirito sa suscitare rinnovata dedizione al Vangelo, generosa disponibilità al servizio, vita cristiana segnata da radicalismo evangelico e da slancio missionario.

Ancora oggi in Europa, nei Paesi post-comunisti come in Occidente, la parrocchia, pur bisognosa di costante rinnovamento,
25 continua a conservare e ad esercitare una sua missione indispensabile e di grande attualità in ambito pastorale ed ecclesiale. Essa rimane in grado di offrire ai fedeli lo spazio per un reale esercizio della vita cristiana, come pure di essere luogo di autentica umanizzazione e socializzazione sia in un contesto di dispersione e anonimato proprio delle grandi città moderne, sia in zone rurali con poca popolazione. 26


16 Nello stesso tempo, con i Padri sinodali, mentre esprimo la mia grande stima per la presenza e l'azione delle diverse associazioni e organizzazioni apostoliche e, in particolare, dell'Azione Cattolica, desidero rilevare il contributo proprio che, in comunione con le altre realtà ecclesiali, e mai in via isolata, possono offrire i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Questi ultimi, infatti, « aiutano i cristiani a vivere più radicalmente secondo il Vangelo; sono culla di diverse vocazioni e generano nuove forme di consacrazione; promuovono soprattutto la vocazione dei laici e la portano a esprimersi nei diversi ambiti della vita; favoriscono la santità del popolo; possono essere annuncio ed esortazione per coloro che diversamente non incontrano la Chiesa; spesso sostengono il cammino ecumenico ed aprono vie per il dialogo interreligioso; sono di antidoto contro la diffusione delle sette; sono di grande aiuto nel diffondere vivacità e gioia nella Chiesa ». 27

Il cammino ecumenico


17 Ringraziamo il Signore per il grande e confortante segno di speranza costituito dai progressi che ha saputo realizzare il cammino ecumenico nella prospettiva della verità, della carità e della riconciliazione. Si tratta di uno dei grandi doni dello Spirito Santo per un Continente, come quello europeo, che ha dato origine alle gravi divisioni tra i cristiani nel secondo millennio, e che soffre ancora molto per le conseguenze di esse.

Ricordo con commozione alcuni momenti di grande intensità sperimentati durante i lavori sinodali e l'unanime convinzione, espressa anche dai Delegati Fraterni, che tale cammino – nonostante i problemi che ancora permangono e quelli nuovi che vanno nascendo – non può essere interrotto, ma deve continuare con rinnovato ardore, con più profonda determinazione e con l'umile disponibilità di tutti al perdono reciproco. Volentieri faccio mie alcune espressioni dei Padri sinodali, poiché « il progresso nel dialogo ecumenico, che ha il suo fondamento più profondo nello stesso Verbo di Dio, rappresenta un segno di grande speranza per la Chiesa di oggi: la crescita dell'unità tra i cristiani, infatti, è di mutuo arricchimento per tutti ».
28 Occorre « guardare con gioia ai progressi fin qui ottenuti nel dialogo sia con i fratelli delle Chiese ortodosse sia con quelli delle comunità ecclesiali provenienti dalla Riforma, riconoscendo in essi un segno dell'azione dello Spirito, per la quale lodare e ringraziare il Signore ». 29


II. Ritornare a Cristo,

fonte di ogni speranza

Confessare la nostra fede


18 Dall'Assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la Chiesa ha da offrire all'Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude, 30 dono che sta all'origine dell'unità spirituale e culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro integrazione. Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all'inizio del terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c'è salvezza (cfr At 4, 12). La sorgente della speranza, per l'Europa e per il mondo intero, è Cristo, « e la Chiesa è il canale attraverso il quale passa e si diffonde l'onda di grazia scaturita dal Cuore trafitto del Redentore ». 31

Sulla base di questa confessione di fede sgorga dal nostro cuore e dalle nostre labbra « una gioiosa confessione di speranza: tu, o Signore, risorto e vivo, sei la speranza sempre nuova della Chiesa e dell'umanità; tu sei l'unica e vera speranza dell'uomo e della storia; tu sei “tra noi la speranza della gloria” (Col 1,27) già in questa nostra vita e oltre la morte. In te e con te, noi possiamo raggiungere la verità, la nostra esistenza ha un senso, la comunione è possibile, la diversità può diventare ricchezza, la potenza del Regno è all'opera nella storia e aiuta l'edificazione della città dell'uomo, la carità dà valore perenne agli sforzi dell'umanità, il dolore può diventare salvifico, la vita vincerà la morte, il creato parteciperà della gloria dei figli di Dio ». 32

Gesù Cristo nostra speranza


19 Gesù Cristo è la nostra speranza perché Lui, il Verbo eterno di Dio che da sempre è nel seno del Padre (cfr GV 1,18), ci ha amati a tal punto da assumere in tutto, eccetto il peccato, la nostra natura umana diventando partecipe della nostra vita, per salvarci. La confessione di questa verità è al cuore stesso della nostra fede. La perdita della verità su Gesù Cristo o una sua incomprensione impediscono di penetrare nello stesso mistero dell'amore di Dio e della comunione trinitaria. 33

Gesù Cristo è la nostra speranza perché Egli rivela il mistero della Trinità. Questo è il centro della fede cristiana, che può offrire ancora un grande apporto, come sinora ha fatto, all'edificazione di strutture che, ispirandosi ai grandi valori evangelici o confrontandosi con essi, promuovano la vita, la storia e la cultura dei diversi popoli del Continente.

Sono molteplici le radici ideali che hanno contribuito con la loro linfa al riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell'importanza dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione della solidarietà e del bene comune, al riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico. Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto che non può essere ignorato; al contrario, nel processo della costruzione della « casa comune europea », occorre riconoscere che questo edificio si deve poggiare anche su valori che trovano nella tradizione cristiana la loro piena epifania. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti.

La Chiesa « non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale » 34 dell'Europa, e perciò vuole coerentemente rispettare la legittima autonomia dell'ordine civile. Tuttavia, essa ha il compito di ravvivare nei cristiani d'Europa la fede nella Trinità, ben sapendo che tale fede è foriera di autentica speranza per il Continente. Molti dei grandi paradigmi di riferimento sopra accennati, che sono alla base della civiltà europea, affondano le loro radici ultime nella fede trinitaria. Questa contiene uno straordinario potenziale spirituale, culturale ed etico, in grado, tra l'altro, di illuminare anche alcune grandi questioni che oggi si agitano in Europa, come la disgregazione sociale e la perdita di un riferimento che dia senso alla vita e alla storia. Ne segue la necessità di una rinnovata meditazione teologica, spirituale e pastorale sul mistero trinitario. 35


20 Le Chiese particolari in Europa non sono delle semplici entità o organizzazioni private. In realtà, esse operano con una specifica dimensione istituzionale che merita di essere giuridicamente valorizzata, nel pieno rispetto dei giusti ordinamenti civili. Nel riflettere su se stesse, le comunità cristiane devono riscoprirsi quale dono con cui Dio arricchisce i popoli che vivono nel Continente. Questo è l'annuncio gioioso che esse sono chiamate a portare ad ogni persona. Nell'approfondire la propria dimensione missionaria, esse devono attestare costantemente che Gesù Cristo « è il mediatore unico e costitutivo di salvezza per l'intera umanità: solo in lui l'umanità, la storia e il cosmo trovano il loro significato definitivamente positivo e si realizzano totalmente; egli ha in se stesso, nel suo evento e nella sua persona, le ragioni definitive della salvezza; egli non è solo un mediatore di salvezza, ma è la fonte stessa della salvezza ». 36

Nel contesto dell'attuale pluralismo etico e religioso che va sempre più caratterizzando l'Europa, c'è bisogno, quindi, di confessare e riproporre la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del mondo. Pertanto – come ho fatto al termine dell'Assemblea sinodale –, con tutta la Chiesa, invito i miei fratelli e le mie sorelle nella fede, a sapersi costantemente aprire con fiducia a Cristo e a lasciarsi rinnovare da lui, annunciando con il vigore della pace e dell'amore a tutte le persone di buona volontà che chi incontra il Signore conosce la Verità, scopre la Vita, trova la Via che ad essa conduce (cfr GV 14,6 Sal 16 [15], 11). Dal tenore della vita e dalla testimonianza della parola dei cristiani, gli abitanti dell'Europa potranno scoprire che Cristo è il futuro dell'uomo. Nella fede della Chiesa, « non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati » (At 4, 12). 37


21 Per i credenti, Gesù Cristo è la speranza di ogni persona perché dona la vita eterna. Egli è « il Verbo della vita » (1 Gv 1, 1), venuto nel mondo perché gli uomini « abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza » (GV 10,10). Egli ci mostra così come il vero senso della vita dell'uomo non rimane racchiuso nell'orizzonte mondano, ma si spalanca sull'eternità. Missione di ogni Chiesa particolare in Europa è di tener conto della sete di verità di ogni persona e del bisogno di valori autentici che animino i popoli del Continente. Con rinnovata energia, essa deve riproporre la novità che la anima. Si tratta di porre in atto un'articolata azione culturale e missionaria, mostrando con azioni e argomentazioni convincenti come la nuova Europa abbia bisogno di ritrovare le proprie radici ultime. In tale contesto, quanti si ispirano ai valori evangelici hanno una funzione essenziale da svolgere, che appartiene al solido fondamento sul quale edificare una convivenza più umana e più pacifica perché rispettosa di tutti e di ciascuno.

È necessario che le Chiese particolari in Europa sappiano restituire alla speranza la sua originaria componente escatologica.
38 La vera speranza cristiana, infatti, è teologale ed escatologica, fondata sul Risorto, che verrà di nuovo come Redentore e Giudice e che ci chiama alla risurrezione e al premio eterno.


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