Ecclesia in Africa IT 24

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La presentazione, il 25 luglio 1990, dei Lineamenta a Lomé, in Togo, in occasione della nona Assemblea generale dello S.C.E.A.M., è stata senz'altro una tappa nuova e importante dell'iter preparatorio all'Assemblea speciale. Si può ben dire che la pubblicazione dei Lineamenta ha avviato decisamente i preparativi del Sinodo in tutte le Chiese particolari dell'Africa. L'Assemblea dello S.C.E.A.M. a Lomé ha adottato una Preghiera per l'Assemblea speciale ed ha chiesto che fosse recitata, sia in pubblico che in privato, in tutte le parrocchie africane fino alla celebrazione del Sinodo. Questa iniziativa dello S.C.E.A.M. è stata veramente felice e non è passata inosservata nella Chiesa universale.

Per favorire, poi, la diffusione dei Lineamenta, parecchie Conferenze episcopali e diocesi hanno tradotto il documento nella loro lingua, come, per esempio, in swahili, arabo, malgascio ed altri idiomi. "Pubblicazioni, conferenze e simposi sui temi del Sinodo sono stati organizzati da diverse Conferenze episcopali, Istituti di teologia e seminari, Associazioni di Istituti di vita consacrata, diocesi, alcuni importanti giornali e periodici, singoli Vescovi e teologi" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Relazione del Segretario Generale (11 aprile 1994), VI: L'Osservatore Romano, 11-12 aprile 1994, p. 10].

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Rendo vivamente grazie a Dio Onnipotente per la cura attenta con cui sono Assemblea speciale per l'Africa, La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l'Anno 2000: "Mi sarete testimoni" (
Ac 1,8), Lineamenta, Città del Vaticano 1990; Instrumentum laboris, Città del Vaticano 1993] del Sinodo. E stato un impegno affrontato e svolto da africani, Vescovi ed esperti, a cominciare dalla Commissione antepreparatoria del Sinodo, nel gennaio e nel marzo 1989. La Commissione fu poi rilevata dal Consiglio della Segreteria Generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, da me istituito il 20 giugno 1989.

Sono profondamente riconoscente, inoltre, al gruppo di lavoro che ha così ben curato le liturgie eucaristiche per l'apertura e la chiusura del Sinodo.

Il gruppo, che contava tra i suoi membri teologi, liturgisti ed esperti in canti e strumenti africani d'espressione liturgica, ha voluto far si, secondo il mio desiderio, che esse fossero segnate da un chiaro carattere africano.

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Ora devo aggiungere che la risposta degli Africani al mio appello a partecipare alla preparazione del Sinodo è stata veramente ammirevole.

L'accoglienza riservata ai Lineamenta, sia all'interno che al di fuori delle comunità ecclesiali africane, ha superato largamente ogni previsione. Molte Chiese locali si sono servite dei Lineamenta per mobilitare i fedeli e, fin d'ora, possiamo senz'altro dire che i frutti del Sinodo cominciano a manifestarsi in un nuovo impegno e in una rinnovata presa di coscienza dei cristiani d'Africa (cfr. Ibid. Delle 34 Conferenze episcopali in Africa e Madagascar, 31 hanno inviato le loro osservazioni, mentre le altre 3 non l'hanno potuto fare a motivo delle situazioni difficili in cui si trovavano].

Lungo le diverse fasi della preparazione dell'Assemblea speciale, numerosi membri della Chiesa in Africa - clero, religiosi, religiose, laici - si sono inseriti in maniera esemplare nell'itinerario sinodale, "camminando insieme", mettendo ciascuno i propri talenti al servizio della Chiesa e pregando insieme con fervore per il successo del Sinodo. Più d'una volta gli stessi Padri del Sinodo hanno segnalato, nel corso dell'Assemblea sinodale, che il loro lavoro veniva facilitato grazie proprio alla "preparazione accurata e minuziosa di questo Sinodo, svoltasi con il coinvolgimento attivo di tutta la Chiesa in Africa ad ogni livello" (Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 1: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4; cfr. Relatio post disceptationem (22 aprile 1994), 1: L'Osservatore Romano, 24 aprile 1994, p. 8].

Dio vuole salvare l'Africa

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L'Apostolo dei Gentili ci dice che Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (
1Tm 2,4-6). Poiché Dio chiama tutti gli uomini ad un unico e medesimo destino, che è divino, "dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale" (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, GS 22; cfr. CEC 1260]. L'amore redentore di Dio abbraccia l'intera umanità, ogni razza, tribù e nazione: abbraccia quindi anche le popolazioni del continente africano. La Provvidenza divina volle che l'Africa fosse presente durante la Passione di Cristo nella persona di Simone di Cirene, costretto dai soldati romani ad aiutare il Signore nel portare la Croce (cfr. Mc 15,21).

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La liturgia della sesta domenica di Pasqua del 1994, durante la solenne Celebrazione eucaristica per la conclusione della Sessione di lavoro dell'Assemblea speciale, mi offri l'occasione di sviluppare una riflessione sul disegno salvifico di Dio nei confronti dell'Africa. Una delle letture bibliche, tratta dagli Atti degli Apostoli, rievocava un avvenimento che può essere considerato come il primo passo nella missione della Chiesa verso i pagani: il racconto della visita fatta da Pietro, sotto l'impulso dello Spirito Santo, alla casa di un pagano, il centurione Cornelio. Fino a quel momento il Vangelo era stato proclamato soprattutto tra gli ebrei. Dopo aver esitato non poco, Pietro, illuminato dallo Spirito, decise di recarsi nella casa di un pagano. Arrivato colà, fu gioiosamente sorpreso per il fatto che il centurione attendeva Cristo e il Battesimo. Il libro degli Atti degli Apostoli riferisce: "I fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio" (10,45-46).

In casa di Cornelio, in un certo senso, si riprodusse il miracolo della Pentecoste. Pietro disse allora: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto (...]. Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?" (
Ac 10,34-35 Ac 10,47).

Comincio così la missione della Chiesa ad gentes, della quale Paolo di Tarso diventerà il principale araldo. I primi missionari arrivati nel cuore dell'Africa hanno certamente conosciuto una meraviglia simile a quella sperimentata dai cristiani dei tempi apostolici davanti all'effusione dello Spirito Santo.

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Il disegno di Dio per la salvezza dell'Africa sta all'origine della diffusione della Chiesa nel continente africano. Essendo tuttavia la Chiesa, secondo la volontà di Cristo, per sua natura missionaria, ne segue che la Chiesa in Africa è chiamata ad assumere essa stessa un ruolo attivo al servizio del progetto salvifico di Dio. Per questo ho spesso detto che "la Chiesa in Africa è la Chiesa missionaria e di missione" (Discorso all'Udienza generale del 21 agosto 1985, 3: Insegnamenti VIII, 2 (1985), 512].

L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha avuto il compito di esaminare gli strumenti mediante i quali gli Africani potranno meglio realizzare il mandato che il Signore risorto ha donato ai suoi discepoli: "Andate, dunque, ed ammaestrate tutte le nazioni" (
Mt 28,19).

CAPITOLO II LA CHIESA IN AFRICA


I. Breve storia dell'Evangelizzazione nel Continente

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Il giorno dell'apertura dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, prima assise del genere nella storia, i Padri sinodali hanno ricordato alcune delle meraviglie operate da Dio nel corso dell'evangelizzazione dell'Africa. E una storia che risale all'epoca della nascita stessa della Chiesa.

La diffusione del Vangelo in Africa è avvenuta in fasi diverse. I primi secoli del cristianesimo videro l'evangelizzazione dell'Egitto e dell'Africa del Nord. Una seconda fase, riguardante le regioni di quel continente situate al sud del Sahara, ha avuto luogo nei secoli XV e XVI. Una terza fase, caratterizzata da uno sforzo missionario straordinario, è iniziata nel XIX secolo.

Prima fase

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In un messaggio ai Vescovi e a tutti i popoli dell'Africa in ordine alla promozione del benessere materiale e spirituale del continente, il mio venerato predecessore Paolo VI richiamo con parole memorabili il glorioso splendore del passato cristiano dell'Africa. "Pensiamo alle Chiese cristiane d'Africa, l'origine delle quali risale ai tempi apostolici ed è legata, secondo la tradizione, al nome e all'insegnamento dell'evangelista Marco. Pensiamo alla schiera innumerevole di santi, martiri, confessori, vergini, che ad esse appartengono. In realtà, dal secolo II al secolo IV la vita cristiana nelle regioni settentrionali dell'Africa fu intensissima e all'avanguardia tanto nello studio teologico quanto nella espressione letteraria. Balzano alla memoria i nomi dei grandi dottori e scrittori, come Origene, sant'Atanasio, san Cirillo, luminari della Scuola alessandrina, e, sull'altro lembo della sponda mediterranea africana, Tertulliano, san Cipriano, e soprattutto sant'Agostino, una delle luci più fulgenti della cristianità. Ricorderemo i grandi santi del deserto, Paolo, Antonio, Pacomio, primi fondatori del monachesimo, diffusosi poi, sul loro esempio, in Oriente e in Occidente. E, tra i tanti altri, non vogliamo omettere il nome di san Frumenzio, chiamato Abba Salama, il quale, consacrato vescovo da sant'Atanasio, fu l'apostolo dell'Etiopia" (Messaggio Africae terrarum (29 ottobre 1967), 3: AAS 59 (1967), 1074-1075]. Durante questi primi secoli della Chiesa in Africa, anche alcune donne hanno reso la loro testimonianza a Cristo. Tra esse è doverosa una menzione particolare delle sante Felicita e Perpetua, di santa Monica e di santa Tecla.

"Questi luminosi esempi, come pure le figure dei santi Papi africani Vittore I, Melchiade e Gelasio I, appartengono al patrimonio comune della Chiesa, e gli scritti degli autori cristiani d'Africa ancor oggi sono fondamentali per approfondire, alla luce della Parola di Dio, la storia della salvezza. Nel ricordo delle antiche glorie dell'Africa cristiana, noi desideriamo esprimere il nostro profondo rispetto per le Chiese con le quali non siamo in piena comunione: la Chiesa greca del Patriarcato di Alessandria, la Chiesa copta dell'Egitto e la Chiesa etiopica, che hanno in comune con la Chiesa cattolica l'origine e l'eredità dottrinale e spirituale dei grandi Padri e Santi, non soltanto della loro terra, ma di tutta la Chiesa antica. Esse hanno molto operato e sofferto per mantenere l.c., 1075]. Tali Chiese recano ancora oggi la testimonianza della vitalità cristiana che esse attingono dalle loro radici apostoliche, particolarmente in Egitto e in Etiopia e, fino al XVII secolo, in Nubia. Sul resto del continente cominciava allora un'altra tappa dell'evangelizzazione.

Seconda fase

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Nei secoli XV e XVI, l'esplorazione della costa africana da parte dei portoghesi fu ben presto accompagnata dall'evangelizzazione delle regioni dell'Africa situate a sud del Sahara. Tale sforzo riguardava, tra altre zone, le regioni dell'attuale Benin, di Sao Tomé, dell'Angola, del Mozambico e del Madagascar.

Il 7 giugno 1992, domenica di Pentecoste, in occasione della commemorazione dei 500 anni dell'evangelizzazione dell'Angola, a Luanda, ebbi a dire tra l'altro: "Gli Atti degli Apostoli indicano con il loro nome gli abitanti di diversi luoghi che presero direttamente parte alla nascita della Chiesa ad opera del soffio dello Spirito Santo. Ecco ciò che tutti dicevano: "Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio" (
Ac 2,11). Cinquecento anni fa, a questo coro di lingue si sono aggiunti i popoli dell'Angola. In quel momento, nella vostra Patria africana, si è rinnovata la Pentecoste di Gerusalemme. I vostri antenati udirono il messaggio della Buona Novella, che è la lingua dello Spirito. I loro cuori accolsero per la prima volta questa parola ed essi chinarono il capo nell'acqua del fonte battesimale, in cui l'uomo, ad opera dello Spirito Santo, muore insieme a Cristo crocifisso e rinasce a nuova vita nella sua risurrezione (...]. Fu certamente lo stesso Spirito a spingere quegli uomini di fede, i primi missionari, che nel 1491 approdarono alla foce del fiume Zaire, a Pinda, dando inizio ad una vera e propria epopea missionaria. Fu ancora lo Spirito Santo, operante a modo suo nel cuore degli uomini, che spinse il grande re del Congo Nzinga-a-Nkuwu a sollecitare la venuta di missionari per annunciare il Vangelo. Fu lo Spirito Santo che sostenne la vita di quei quattro primi cristiani angolani che, di ritorno dall'Europa, testimoniarono il valore della fede cristiana. Dopo i primi missionari, molti altri vennero dal Portogallo e da altri paesi europei per continuare, ampliare e consolidare l'opera iniziata" (Omelia nel V centenario dell'evangelizzazione dell'Angola (Luanda, 7 giugno 1992), 2: AAS 85 (1993), 511-512].

Un certo numero di sedi episcopali fu eretto durante tale periodo, e una delle primizie di questo impegno missionario fu la consacrazione a Roma, nel 1518, da parte di Leone X, di Don Enrico, figlio di Don Alfonso I, re del Congo, come vescovo titolare di Utica. Don Enrico divento così il primo vescovo autoctono dell'Africa nera.

Fu in quel periodo, esattamente nell'anno 1622, che il mio predecessore Gregorio XV eresse stabilmente la Congregazione De Propaganda Fide con lo scopo di meglio organizzare e sviluppare le missioni.

A causa di difficoltà di vario genere, la seconda fase dell'evangelizzazione dell'Africa si concluse nel XVIII secolo con l'estinzione di pressoché tutte le missioni nelle regioni situate a sud del Sahara.

Terza fase

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La terza fase di evangelizzazione sistematica dell'Africa comincio nel XIX secolo, periodo caratterizzato da uno sforzo straordinario, promosso dai grandi apostoli e animatori della missione africana. Fu un periodo di rapida crescita, come mostrano chiaramente le statistiche presentate all'Assemblea sinodale dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (cfr. Situazione della Chiesa in Africa e Madagascar (alcuni aspetti e osservazioni): L'Osservatore Romano, 16 aprile 1994, pp.6-8; Ufficio Statistico Della Chiesa, Chiesa in Africa: cifre e statistiche: L'Osservatore Romano, 15 aprile 1994, p.6]. L'Africa ha risposto molto generosamente alla chiamata di Cristo. In questi ultimi decenni numerosi paesi africani hanno celebrato il primo centenario dell'inizio della loro evangelizzazione. Veramente la crescita della Chiesa in Africa, da cent'anni a questa parte, costituisce una meraviglia della grazia di Dio.

La gloria e lo splendore del periodo contemporaneo dell'evangelizzazione in Africa sono illustrati in modo mirabile dai santi che l'Africa moderna ha donato alla Chiesa. Papa Paolo VI ebbe modo di esprimere con eloquenza questa realtà quando canonizzo i martiri dell'Uganda nella Basilica di San Pietro, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale del 1964: "Questi martiri africani aggiungono all'albo dei vittoriosi, qual è il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi a quelle meravigliose dell'Africa antica (...]. L'Africa, bagnata dal sangue di questi Martiri, primi dell'èra nuova (oh, Dio voglia che siano gli ultimi, tanto il loro olocausto è grande e prezioso!), risorge libera e redenta" (Omelia per la canonizzazione dei beati Carlo Lwanga, Mattia Mulumba Kalemba e 20 compagni martiri ugandesi (18 ottobre 1964): AAS 56 (1964), 905-906].

34 La lista dei santi che l'Africa dona alla Chiesa, lista che è il suo più grande titolo di onore, continua ad allungarsi. Come potremmo non menzionare, tra i più recenti, Clementina Anwarite, vergine e martire dello Zaire, che ho beatificato in terra africana nel 1985, Vittoria Rasoamanarivo, del Madagascar e Giuseppina Bakhita, del Sudan, beatificate anch'esse durante il mio Pontificato? E come non ricordare il beato Isidoro Bakanja, martire dello Zaire, che ho avuto il privilegio di elevare all'onore degli altari durante l'Assemblea speciale per l'Africa? "Altre cause stanno maturando. La Chiesa in Africa deve provvedere a redigere il suo proprio Martirologio, aggiungendo alle magnifiche figure dei primi secoli (...] i martiri e i santi degli ultimi tempi" (Giovanni Paolo II, Omelia per la celebrazione conclusiva dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi (8 maggio 1994), 6: L'Osservatore Romano, 9-10 maggio 1994, p.5].

Di fronte alla formidabile crescita della Chiesa in Africa durante gli ultimi cent'anni, di fronte ai frutti di santità che sono stati ottenuti, non vi è che un'unica spiegazione possibile: tutto ciò è dono di Dio, poiché nessuno sforzo umano avrebbe potuto compiere una simile opera in un periodo relativamente così breve. Tuttavia, non c'è posto per un trionfalismo umano. Facendo memoria dello splendore glorioso della Chiesa in Africa, i Padri sinodali hanno voluto soltanto celebrare le meraviglie compiute da Dio per la liberazione e la salvezza dell'Africa.

"Ecco l'opera del Signore, una meraviglia ai nostri occhi" (Ps 118(117],23).

"Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome" (
Lc 1,49).

Omaggio ai missionari

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La splendida crescita e le realizzazioni della Chiesa in Africa sono dovute in gran parte all'eroica e disinteressata dedizione di generazioni di missionari. Ciò è da tutti riconosciuto. La terra benedetta dell'Africa è, in effetti, disseminata di tombe di valorosi araldi del Vangelo.

Quando i Vescovi dell'Africa si sono incontrati a Roma per l'Assemblea speciale, erano ben consapevoli del debito di riconoscenza che il loro continente ha verso i suoi antenati nella fede.

Nel discorso rivolto alla prima Assemblea dello S.C.E.A.M. a Kampala, il 31 luglio 1969, Papa Paolo VI fece riferimento a questo debito di riconoscenza: "Voi Africani siete oramai i missionari di voi stessi. La Chiesa di Cristo è davvero piantata in questa terra benedetta (cfr. Decr.
AGD 6). Un dovere dobbiamo noi compiere: noi dobbiamo ricordare coloro che hanno in Africa, prima di voi ed ancora oggi con voi, predicato il Vangelo, come ci ammonisce la Sacra Scrittura: "Ricordatevi dei vostri predecessori, che vi hanno annunciato la parola di Dio, e considerando la fine della loro vita, imitate la loro fede" (He 13,7). E una storia che non dobbiamo dimenticare. Essa conferisce alla Chiesa locale la nota della sua autenticità e della sua nobiltà, la nota "apostolica"; essa è un dramma di carità, di eroismo, di sacrificio, che fa grande e santa, fin dall'origine, la Chiesa africana" (Discorso al Simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar (Kampala, 31 luglio 1969), 1: AAS 61 (1969), 575].

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L'Assemblea speciale ha degnamente assolto questo debito di riconoscenza in occasione della sua prima Congregazione generale, quando ha dichiarato: "E il caso qui di rendere un vibrante omaggio ai missionari, uomini e donne di tutti gli Istituti religiosi e secolari, e a tutti i paesi che, nel corso dei 2000 anni circa di evangelizzazione del continente africano (...] si sono dedicati intensamente a trasmettere la fiamma della fede cristiana (...]. Ecco perché noi, felici eredi di questa meravigliosa avventura, vogliamo rendere grazie a Dio in questa solenne circostanza" (Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 5: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4].

Nel Messaggio al popolo di Dio i Padri sinodali hanno rinnovato con vigore l'omaggio ai missionari, ma non hanno dimenticato di rendere omaggio ai figli ed alle figlie dell'Africa, specialmente ai catechisti ed agli interpreti, che hanno collaborato con loro (cfr. N. 10: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 4].

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E grazie alla grande epopea missionaria, di cui il continente africano è stato teatro particolarmente durante gli ultimi due secoli, che abbiamo potuto incontrarci a Roma per celebrare l'Assemblea speciale per l'Africa. Il seme a suo tempo sparso ha recato frutti abbondanti. I miei Fratelli nell'episcopato, figli dei popoli dell'Africa, ne sono eloquenti testimoni. Insieme con i loro presbiteri, essi portano ormai sulle spalle gran parte del lavoro dell'evangelizzazione. L'attestano anche i numerosi figli e figlie dell'Africa che aderiscono alle antiche Congregazioni missionarie o che entrano nei nuovi Istituti nati in terra africana, raccogliendo nelle loro mani la fiaccola della consacrazione totale al servizio di Dio e del Vangelo.

Radicamento e crescita della Chiesa

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Il fatto che nell'arco di quasi due secoli il numero dei cattolici in Africa sia rapidamente cresciuto costituisce di per sé un risultato notevole sotto ogni punto di vista. Confermano, in particolare, il consolidamento della Chiesa nel continente elementi quali il sensibile e rapido aumento del numero delle circoscrizioni ecclesiastiche, la crescita del clero autoctono, dei seminaristi e dei candidati negli Istituti di vita consacrata, la progressiva estensione della rete dei catechisti, il cui contributo alla diffusione del Vangelo fra le popolazioni africane è a tutti ben noto. Di fondamentale rilievo è, infine, l'alta percentuale di Vescovi nativi, che compongono ormai la Gerarchia nel continente.

I Padri sinodali hanno preso atto di numerosi passi assai significativi compiuti dalla Chiesa in Africa nei campi dell'inculturazione e del dialogo ecumenico (cfr. Relatio post disceptationem (22 aprile 1994), 22-26: L'Osservatore Romano, 24 aprile 1994, p. 8]. Le notevoli e meritorie realizzazioni nel campo22 aprile 1994), 22-26: L'Osservatore dell'educazione sono universalmente riconosciute.

Anche se i cattolici costituiscono solo il quattordici per cento della popolazione africana, le istituzioni cattoliche nel campo della sanità rappresentano il diciassette per cento dell'insieme delle strutture sanitarie di tutto il continente.

Le iniziative intraprese con coraggio dalle giovani Chiese dell'Africa per portare il Vangelo "fino agli estremi confini della terra" (
Ac 1,8) sono sicuramente degne di nota. Gli Istituti missionari sorti in Africa si sono numericamente accresciuti ed hanno iniziato a fornire missionari non solo per i paesi del continente, ma anche per altre regioni della terra. Sacerdoti diocesani d'Africa, il cui numero sta lentamente crescendo, cominciano a rendersi disponibili, per periodi limitati, come presbiteri fidei donum, in altre diocesi, povere di personale, nella loro nazione o altrove. Le province africane degli Istituti religiosi di diritto pontificio, sia maschili che femminili, hanno anch'esse visto aumentare i loro membri. In tal modo la Chiesa si pone al servizio dei popoli africani; essa accetta inoltre di essere coinvolta nello "scambio di doni" con altre Chiese particolari nell'ambito dell'intero popolo di Dio. Tutto questo manifesta, in modo tangibile, la maturità raggiunta dalla Chiesa in Africa: è questo che ha reso possibile la celebrazione dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi.

Che cosa è diventata l'Africa?

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Poco meno di trent'anni fa, non pochi paesi africani si rendevano indipendenti rispetto alle potenze coloniali. Questo ha suscitato grandi attese per quanto riguarda lo sviluppo politico, economico, sociale e culturale dei popoli africani.

Benché "in alcuni paesi la situazione interna, purtroppo, non si sia ancora consolidata, e la violenza abbia avuto o abbia ancora talvolta il sopravvento, ciò non può dar luogo ad una condanna generale che coinvolga tutto un popolo o tutta una nazione o, peggio ancora, tutto un continente" (Paolo VI, Messaggio Africae terrarum (29 ottobre 1967), 6: AAS 59 (1967), 1076].

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Ma qual è la situazione reale d'insieme del continente africano oggi, specialmente dal punto di vista della missione evangelizzatrice della Chiesa? I Padri sinodali, in proposito, si sono posti innanzitutto una domanda: "In un continente saturo di cattive notizie, in che modo il messaggio cristiano costituisce una "buona novella" per il nostro popolo? In mezzo ad una disperazione che invade ogni cosa, dove sono la speranza e l'ottimismo che il Vangelo reca con sé? L'evangelizzazione promuove molti di quei valori essenziali che tanto mancano al nostro continente: speranza, pace, gioia, armonia, amore e unità" (Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 2: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4].

Dopo aver sottolineato, giustamente, che l'Africa è un immenso continente con situazioni molto diverse e che occorre per questo evitare di generalizzare sia nel valutare problemi che nel suggerire soluzioni, l'Assemblea sinodale ha dovuto con dolore rilevare: "Una situazione comune è, senza dubbio, il fatto che l'Africa sia piena di problemi: in quasi tutte le nostre nazioni c'è una miseria spaventosa, cattiva amministrazione delle scarse risorse disponibili, instabilità politica e disorientamento sociale. Il risultato è sotto i nostri occhi: squallore, guerre, disperazione. In un mondo controllato dalle nazioni ricche e potenti, l'Africa è praticamente divenuta un'appendice senza importanza, spesso dimenticata e trascurata da tutti" (Ibid., 4, l.c].

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Per molti Padri sinodali l'Africa di oggi può essere paragonata a quell'uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico; egli cadde nelle mani dei briganti che lo spogliarono, lo percossero e se ne andarono lasciandolo mezzo morto (cfr.
Lc 10,30-37). L'Africa è un continente in cui innumerevoli esseri umani - uomini e donne, bambini e giovani - sono distesi, in qualche modo, sul bordo della strada, malati, feriti, impotenti, emarginati e abbandonati. Essi hanno un bisogno estremo di buoni Samaritani che vengano loro in aiuto.

Da parte mia, auspico che la Chiesa continui pazientemente ed instancabilmente la sua opera di buon Samaritano. In effetti per un lungo periodo regimi, oggi scomparsi, hanno posto a dura prova gli Africani ed hanno indebolito la loro capacità di reazione: l'uomo ferito deve ritrovare tutte le risorse della propria umanità. I figli e le figlie dell'Africa hanno bisogno di presenza comprensiva e di sollecitudine pastorale. Occorre aiutarli a raccogliere le proprie energie, per porle al servizio del bene comune.

Valori positivi della cultura africana

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L'Africa, malgrado le sue grandi ricchezze naturali, permane in una situazione economica di povertà. Essa possiede, tuttavia, una molteplice varietà di valori culturali e di inestimabili qualità umane, che può offrire alle Chiese e all'intera umanità. I Padri sinodali hanno posto in evidenza alcuni di tali valori culturali, che certamente costituiscono una preparazione provvidenziale alla trasmissione del Vangelo; sono valori che possono favorire un'evoluzione positiva della drammatica situazione del continente, ed avviare quella ripresa globale da cui dipende l'auspicato sviluppo delle singole nazioni.

Gli Africani hanno un profondo senso religioso, il senso del sacro, il senso dell'esistenza di Dio creatore e di un mondo spirituale. La realtà del peccato nelle sue forme individuali e sociali è assai presente alla coscienza di quei popoli, e sentito è pure il bisogno di riti di purificazione e di espiazione.

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Nella cultura e nella tradizione africane, il ruolo della famiglia è universalmente considerato come fondamentale. Aperto a questo senso della famiglia, dell'amore e del rispetto della vita, l'Africano ama i figli, che sono accolti gioiosamente come un dono di Dio. "I figli e le figlie dell'Africa amano la vita. E proprio l'amore per la vita a comandare loro di attribuire così grande importanza alla venerazione degli avi. Credono istintivamente che quei morti continuino a vivere e rimangono in comunione con loro. Non è questa, in qualche modo, una preparazione alla fede nella comunione dei santi? I popoli dell'Africa rispettano la vita che viene concepita e nasce. Gioiscono di questa vita.

Rifiutano l'idea che possa essere annientata, anche quando a ciò vorrebbero indurli le cosiddette "civiltà progressiste". E le pratiche ostili alla vita vengono loro imposte per mezzo di sistemi economici al servizio dell'egoismo dei ricchi" (Giovanni Paolo II, Omelia per la liturgia d'apertura dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi (10 aprile 1994), 3: AAS 87 (1995), 180-181]. Gli Africani manifestano rispetto per la vita fino al suo termine naturale e riservano in seno alla famiglia un posto agli anziani e ai parenti.

Le culture africane hanno un senso acuto della solidarietà e della vita comunitaria. Non si concepisce in Africa una festa che non venga condivisa con l'intero villaggio. Di fatto, la vita comunitaria nelle società africane è espressione della famiglia allargata. Con ardente desiderio prego e chiedo di pregare perché l'Africa conservi sempre tale preziosa eredità culturale e perché mai soccomba alla tentazione dell'individualismo, così estraneo alle sue migliori tradizioni.

Alcune opzioni dei popoli africani

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Anche se non vanno affatto minimizzati gli aspetti tragici della situazione africana più sopra evocati, vale la pena di ricordare qui talune realizzazioni positive dei popoli del continente che meritano di essere lodate e incoraggiate. I Padri sinodali nel loro Messaggio al popolo di Dio hanno, ad esempio, ricordato con gioia l'avvio del processo democratico in tanti paesi africani, ed hanno auspicato che esso si consolidi e siano prontamente rimossi gli ostacoli e le resistenze allo Stato di diritto, grazie alla collaborazione di tutti i protagonisti ed al loro senso del bene comune (cfr. N. 36: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5].

I "venti di cambiamento" soffiano con vigore in molti luoghi del continente, e il popolo chiede con sempre maggiore insistenza il riconoscimento e la promozione dei diritti e delle libertà dell'uomo. Al riguardo, rilevo con soddisfazione che la Chiesa in Africa, fedele alla sua vocazione, si colloca con decisione al fianco degli oppressi, dei popoli senza voce ed emarginati.

L'incoraggio fermamente a continuare nel rendere tale testimonianza. L'opzione preferenziale per i poveri è "una forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa (...]. La preoccupazione stimolante verso i poveri - i quali, secondo la significativa formula, sono i "poveri del Signore" - deve tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti e giungere con decisione a una serie di necessarie riforme" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987),
SRS 42-43: AAS 80 (1988), 572-574].

45 Nonostante la povertà e i pochi mezzi a disposizione, la Chiesa in Africa riveste un ruolo di primo piano in ciò che concerne lo sviluppo umano integrale; le sue notevoli realizzazioni in questo campo sono spesso riconosciute dai governi e dagli esperti internazionali.

L'Assemblea speciale per l'Africa ha espresso profonda riconoscenza verso "tutti i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà che lavorano nel campo dell'assistenza e della promozione umana con la nostra Caritas o con le nostre organizzazioni per lo sviluppo" (Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 39: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5]. L'assistenza che essi, come buoni Samaritani, danno alle vittime africane delle guerre e delle catastrofi, ai rifugiati ed ai profughi, merita ammirazione, riconoscenza e sostegno da parte di tutti.

Ritengo doveroso manifestare un vivo ringraziamento alla Chiesa in Africa per il ruolo che essa ha svolto, nel corso degli anni, a favore della pace e della riconciliazione in non poche situazioni di conflitto, di sconvolgimento politico o di guerra civile.


Ecclesia in Africa IT 24