Ecclesia in Africa IT 46

II. Problemi attuali della Chiesa in Africa

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I Vescovi d'Africa si trovano di fronte a due quesiti di fondo: come deve la Chiesa portare avanti la sua missione evangelizzatrice all'approssimarsi dell'anno 2000? Come i cristiani africani potranno divenire testimoni sempre più fedeli del Signore Gesù? Per offrire a tali quesiti adeguate risposte i Vescovi, prima e durante l'Assemblea speciale, hanno passato in rassegna le principali sfide alle quali la comunità ecclesiale africana deve oggi far fronte.

Evangelizzazione in profondità

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Il primo, fondamentale dato rilevato dai Padri sinodali è la sete di Dio dei popoli africani. Per non mandare delusa una simile attesa, i membri della Chiesa devono anzitutto approfondire la loro fede (cfr. Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 6: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4]. In effetti, proprio perché evangelizzatrice, la Chiesa deve cominciare "con l'evangelizzare se stessa" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 15: AAS 68 (1976), 14].

Occorre che essa raccolga la sfida contenuta in "questo tema della Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità" (Ibid., l.c., 15].

Il Sinodo ha preso atto dell'urgenza di proclamare in Africa la Buona Novella a milioni di persone non ancora evangelizzate. La Chiesa sicuramente rispetta e stima le religioni non cristiane professate da numerosissime persone sul continente africano, perché esse costituiscono l'espressione vivente dell'anima di larghi settori della popolazione, tuttavia "né il rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei problemi sollevati costituiscono per la Chiesa un invito a tacere l'annuncio di Cristo di fronte ai non cristiani. Al contrario, essa pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo (cfr.
Ep 3,8), nella quale noi crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità" (Ibid., 53, l.c., 42].

48 I Padri sinodali affermano con ragione che "un interesse profondo per un'inculturazione vera ed equilibrata del Vangelo si rivela necessario per evitare la confusione e l'alienazione nella nostra società, sottoposta ad una rapida evoluzione" (Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 6: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4]. Visitando il Malawi, io stesso ebbi modo di dire: "Io vi lancio una sfida oggi, una sfida che consiste nel rigettare un modo di vivere che non corrisponde al meglio delle vostre tradizioni locali e della fede cristiana. Molte persone in Africa guardano al di là dell'Africa, verso la cosiddetta "libertà del modo di vivere moderno". Oggi io vi raccomando caldamente di guardare in voi stessi. Guardate alle ricchezze delle vostre tradizioni, guardate alla fede che abbiamo celebrato in questa assemblea. Là voi troverete la vera libertà, là troverete il Cristo che vi condurrà alla verità" (Omelia a conclusione della sesta Visita pastorale in Africa (Lilongwe, 6 maggio 1989), 6: Insegnamenti XII, 1 (1989), 1183].

Superamento delle divisioni 49. Un'altra sfida evidenziata dai Padri sinodali riguarda le diverse forme di divisione che occorre comporre grazie ad una sincera pratica del dialogo (cfr. Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 6: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4]. E stato a ragione rilevato che, all'interno delle frontiere ereditate dalle potenze coloniali, la coesistenza di gruppi etnici, di tradizioni, di lingue ed anche di religioni diverse incontra spesso ostacoli dovuti a gravi ostilità reciproche. "Le opposizioni tribali mettono a volte in pericolo se non la pace, almeno il perseguimento del bene comune della società nel suo insieme, e creano anche difficoltà alla vita delle Chiese e all'accoglienza dei Pastori di altre etnie" (Pontificia Commissione "Iustitia et Pax", Documento I pregiudizi razziali. La Chiesa di fronte al razzismo (3 novembre 1988), 12: Ench. Vat. 11, 918]. Ecco perché la Chiesa in Africa si sente interpellata dal preciso compito di ridurre tali fratture. Anche da questo punto di vista l'Assemblea speciale ha sottolineato l'importanza del dialogo ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure del dialogo con la religione tradizionale africana e con l'Islam. I Padri si sono domandati, inoltre, con quali mezzi si possa raggiungere tale meta.

Matrimonio e vocazioni

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Una sfida importante, sottolineata quasi unanimemente dalle Conferenze episcopali d'Africa nelle risposte ai Lineamenta, concerne il Matrimonio cristiano e la vita familiare (cfr. Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Instrumentum laboris, 68; Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 17: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 5; Relatio post disceptationem (22 aprile 1994), 6,9,21: L'Osservatore Romano, 24 aprile 1994, p. 8]. La posta in gioco è altissima: infatti "il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981),
FC 75: AAS 74 (1982), 173].

Un altro fondamentale compito che l'Assemblea speciale ha posto in evidenza è costituito dalla cura delle vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata: occorre discernerle con saggezza, farle accompagnare da formatori capaci, controllare la qualità della formazione di fatto offerta. Dalla sollecitudine posta nella soluzione di questo problema dipende l'avverarsi della speranza di una fioritura di vocazioni missionarie africane, quale è richiesta dall'annunzio del Vangelo in ogni parte del continente ed anche oltre i suoi confini.

Difficoltà socio-politiche

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"In Africa, la necessità di applicare il Vangelo alla vita concreta è fortemente sentita. Come si potrebbe annunciare Cristo in quell'immenso continente, dimenticando che esso coincide con una delle aree più povere del mondo? Come non tener conto della storia intrisa di sofferenze di una terra dove molte nazioni sono tuttora alle prese con la fame, la guerra, le tensioni razziali e tribali, l'instabilità politica e la violazione dei diritti umani? Tutto ciò costituisce una sfida all'evangelizzazione" (Giovanni Paolo II, Angelus (20 marzo 1994), L'Osservatore Romano, 21-22 marzo 1994, p. 5].

Tutti i documenti preparatori, come anche le discussioni durante lo svolgimento dell'Assemblea, hanno messo ampiamente in evidenza il fatto che questioni come la povertà crescente in Africa, l'urbanizzazione, il debito internazionale, il commercio delle armi, il problema dei rifugiati e dei profughi, i problemi demografici e le minacce che pesano sulla famiglia, l'emancipazione delle donne, la propagazione dell'AIDS, la sopravvivenza in alcuni luoghi della pratica della schiavitù, l'etnocentrismo e le opposizioni tribali, fanno parte delle sfide fondamentali esaminate dal Sinodo.

Invadenza dei mass-media

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Infine, l'Assemblea speciale si è preoccupata dei mezzi di comunicazione sociale, questione di enorme importanza poiché si tratta, al tempo stesso, di strumenti di evangelizzazione e di mezzi di diffusione di una nuova cultura che ha bisogno di essere evangelizzata (cfr. Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 45-48: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5]. I Padri sinodali sono stati, così, messi di fronte al triste fatto che "i paesi in via di sviluppo, più che trasformarsi in nazioni autonome, preoccupate del proprio cammino verso la giusta partecipazione ai beni ed ai servizi destinati a tutti, diventano pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco. Ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, i quali, essendo per lo più gestiti da centri nella parte Nord del mondo, non tengono sempre nella dovuta considerazione le priorità e i problemi propri di questi paesi né rispettano la loro fisionomia culturale, ma anzi, non di rado, essi impongono una visione distorta della vita e dell'uomo, e così non rispondono alle esigenze del vero sviluppo" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987),
SRS 22: AAS 80 (1988), 539].

III. Formazione degli operatori dell'Evangelizzazione

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Con quali risorse la Chiesa in Africa riuscirà a rilevare le sfide appena menzionate? "La più importante, dopo la grazia di Cristo, è evidentemente quella del popolo. Il popolo di Dio - inteso nel senso teologico della Lumen gentium, questo popolo che comprende i membri del Corpo di Cristo nella sua totalità - ha ricevuto il mandato, che è allo stesso tempo un onore e un dovere, di proclamare il messaggio evangelico (...]. La comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per l'evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all'interno della Chiesa" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 8: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4]. Per questo il Sinodo ha messo fortemente l'accento sulla formazione degli operatori dell'evangelizzazione in Africa. Ho già ricordato la necessità di una formazione appropriata dei candidati al sacerdozio e di quelli che sono chiamati alla vita consacrata. L'Assemblea ha ugualmente prestato dovuta attenzione alla formazione dei fedeli laici, ben riconoscendone il ruolo insostituibile nell'evangelizzazione dell'Africa. In particolare, si è messo l'accento, giustamente, sulla formazione dei catechisti laici.

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Un'ultima domanda s'impone: la Chiesa in Africa ha formato sufficientemente i laici ad assumere con competenza le loro responsabilità civili ed a considerare i problemi d'ordine socio-politico alla luce del Vangelo e della fede in Dio? E questo sicuramente un compito che interpella i cristiani; esercitare sul tessuto sociale un influsso volto a trasformare non soltanto le mentalità, ma le stesse strutture della società in modo che vi si rispecchino meglio i disegni di Dio sulla famiglia umana. Proprio per questo ho auspicato per i laici una formazione completa che li aiuti a condurre una vita pienamente coerente. La fede, la speranza e la carità non possono non orientare il comportamento dell'autentico discepolo di Cristo in ogni sua attività, situazione e responsabilità. Giacché "evangelizzare per la Chiesa è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, con il suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 18: AAS 68 (1976), EN 17], i cristiani devono essere formati a vivere le implicazioni sociali del Vangelo in modo che la loro testimonianza divenga una sfida profetica nei confronti di tutto ciò che nuoce al vero bene degli uomini e delle donne dell'Africa, come di ogni altro continente.

CAPITOLO III EVANGELIZZAZIONE E INCULTURAZIONE

Missione della Chiesa

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"Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (
Mc 16,15).

Tale è il mandato che, prima di salire al Padre, Cristo risorto lascio agli Apostoli: "Allora essi partirono e predicarono dappertutto" (Mc 16,20).

"Il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa (...]. Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare" (Ibid., EN 14, l.c., 13]. Nata dall'azione evangelizzatrice di Gesù e dei Dodici, essa è a sua volta inviata, "depositaria della Buona Novella che si deve annunziare (...].

La Chiesa comincia con l'evangelizzare se stessa". In seguito, "la Chiesa, a sua volta, invia gli evangelizzatori. Mette nella loro bocca la parola che salva" (Ibid., EN 15, l.c., 15]. Come l'Apostolo dei Gentili, la Chiesa può dire: "Predicare il Vangelo è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

La Chiesa annuncia la Buona Novella non solamente attraverso la proclamazione della parola che ha ricevuto dal Signore, ma anche mediante la testimonianza della vita, grazie alla quale i discepoli di Cristo rendono ragione della fede, della speranza e dell'amore che sono in essi (cfr. 1P 3,15).

Questa testimonianza che il cristiano rende a Cristo e al Vangelo può condurre fino al sacrificio supremo: il martirio (cfr. Mc 8,35). La Chiesa e il cristiano, infatti, annunciano Colui che è "segno di contraddizione" (Lc 2,34).

Proclamano "un Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani" (1Co 1,23). Come ho avuto modo di dire più sopra, oltre agli illustri martiri dei primi secoli, l'Africa può gloriarsi dei suoi martiri e santi dell'epoca moderna.

L'evangelizzazione ha per scopo di "trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa" (Ibid., EN 18, l.c., 17]. Nell'unico Figlio e attraverso di Lui, saranno rinnovati i rapporti degli uomini con Dio, con gli altri uomini, con la creazione tutta intera. Per questo l'annuncio del Vangelo può contribuire all'interiore trasformazione di tutte le persone di buona volontà che hanno il cuore aperto all'azione dello Spirito Santo.

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Testimoniare il Vangelo con le parole e con gli atti: ecco la consegna che l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha ricevuto e che trasmette ora alla Chiesa del continente. "Mi sarete testimoni" (
Ac 1,8): questa è la posta in gioco, questi dovranno essere in Africa i frutti del Sinodo in ogni ambito della vita umana.

Nata dalla predicazione di coraggiosi Vescovi e sacerdoti missionari, efficacemente aiutati dai catechisti - "degna di lode è anche quella schiera tanto benemerita dell'opera missionaria tra le genti" (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa AGD 17] -, la Chiesa in Africa, terra divenuta "nuova Patria di Cristo" (Paolo VI, Omelia per la canonizzazione dei beati Carlo Lwanga, Mattia Mulumba Kalemba e 20 compagni martiri dell'Uganda (18 ottobre 1964): AAS 56 (1964), 907-908], è ormai responsabile della missione nel continente e nel mondo: "Africani, voi siete ormai missionari di voi stessi", diceva a Kampala il mio predecessore PaoloVI (Discorso al Simposio delle Conferenze episcopali d'Africa e di Madagascar (31 luglio 1969), 1: AAS 61 (1969), 575; cfr. Propositio 10]. Poiché la grande maggioranza degli abitanti del continente africano non ha ancora ricevuto l'annuncio della Buona Novella della salvezza, il Sinodo raccomanda che siano incoraggiate le vocazioni missionarie e domanda che sia favorita e attivamente sostenuta l'offerta di preghiere, di sacrifici e di aiuti concreti in favore del lavoro missionario della Chiesa (cfr. Propositio 10].

Annuncio

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"Il Sinodo ricorda che evangelizzare è annunciare attraverso la parola e la vita la Buona Novella di Gesù Cristo, crocifisso, morto e risuscitato, via, verità e vita" (Propositio 3]. All'Africa, pressata d'ogni parte da germi d'odio e di violenza, da conflitti e da guerre, gli evangelizzatori devono proclamare la speranza della vita radicata nel mistero pasquale. E proprio quando, umanamente parlando, la sua vita sembrava destinata alla sconfitta, che Gesù institui l'Eucaristia, "pegno dell'eterna gloria" (Antifona O sacrum convivium: secondi Vespri della solennità del Corpo e Sangue di Cristo, ad Magnificat], per perpetuare nel tempo e nello spazio la sua vittoria sulla morte. Ecco perché l'Assemblea speciale per l'Africa, in questo periodo in cui il continente africano per certi aspetti versa in condizioni critiche, ha voluto presentarsi come "Sinodo della risurrezione, Sinodo della speranza (...]. Cristo, nostra Speranza, è vivo, noi vivremo!" (Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 2: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 4]. L'Africa non è votata alla morte, ma alla vita! E dunque necessario "che la nuova evangelizzazione sia centrata sull'incontro con la persona vivente di Cristo" (Propositio 4]. "Il primo annuncio deve mirare a far fare questa esperienza sconvolgente ed entusiasmante di Gesù Cristo che chiama e trascina al suo seguito in un'avventura di fede" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 9: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 4]. Compito, questo, singolarmente facilitato dal fatto che "l'Africano crede in Dio creatore a partire dalla sua vita e dalla sua religione tradizionale. E dunque aperto anche alla piena e definitiva rivelazione di Dio in Gesù Cristo, Dio con noi, Verbo fatto carne.

Gesù, la Buona Novella, è Dio che salva l'Africano (...] dall'oppressione e dalla schiavitù" (Propositio 4].

L'evangelizzazione deve raggiungere "l'uomo e la società a tutti i livelli della loro esistenza. Essa si manifesta in attività diverse, in particolare in quelle specificamente prese in considerazione dal Sinodo: annuncio, inculturazione, dialogo, giustizia e pace, mezzi di comunicazione sociale" (Propositio 3].

Perché questa missione riesca pienamente, occorre fare in modo che "nell'evangelizzazione il ricorso allo Spirito Santo sia insistente, così che si realizzi una continua Pentecoste, nella quale Maria, come già nella prima, avrà il suo posto" (Propositio 4]. In effetti, la forza dello Spirito Santo guida la Chiesa alla verità tutta intera (cfr.
Jn 16,13) e le dona di andare incontro al mondo per testimoniare Cristo con fiduciosa sicurezza.

58 La parola che esce dalla bocca di Dio è viva ed efficace, e non ritorna mai a Lui senza effetto (cfr. Is 55,11 He 4,12-13). Bisogna dunque proclamarla senza sosta, insistere "in ogni occasione opportuna e non opportuna (...] con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2). Affidata in primo luogo alla Chiesa, la parola di Dio scritta "non va soggetta a privata spiegazione" (2P 1,20); spetta alla Chiesa di offrirne l'autentica interpretazione (cfr. Propositio 6].

Per far si che la parola di Dio sia conosciuta, amata, meditata e serbata nel cuore dei fedeli (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51) è necessario intensificare gli sforzi per facilitare l'accesso alla Sacra Scrittura, specialmente mediante traduzioni integrali o parziali della Bibbia, fatte per quanto possibile in collaborazione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali e accompagnate da guide di lettura per la preghiera, lo studio in famiglia o in comunità. Occorre inoltre promuovere la formazione biblica per i membri del clero, per i religiosi, per i catechisti e per gli stessi laici in generale; predisporre adeguate celebrazioni della Parola; favorire l'apostolato biblico con l'aiuto del Centro Biblico per l'Africa e il Madagascar e di altre strutture simili, da incoraggiare ad ogni livello. In breve, si dovrà cercare di porre la Sacra Scrittura nelle mani di tutti i fedeli sin dall'infanzia (cfr. Ibid].


Urgenza e necessità dell'inculturazione

59 I Padri sinodali hanno a più riprese sottolineato l'importanza particolare che riveste per l'evangelizzazione l'inculturazione, quel processo cioè mediante il quale la "catechesi "s'incarna" nelle differenti culture" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), CTR 53: AAS 71 (1979), 1319].

L'inculturazione comprende una duplice dimensione: da una parte, "l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo" e, dall'altra, "il radicamento del cristianesimo nelle varie culture" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), RMi 52: AAS 83 (1991), 229; cfr. Propositio 28]. Il Sinodo considera l'inculturazione come una priorità e un'urgenza nella vita delle Chiese particolari per un reale radicamento del Vangelo in Africa (cfr. Propositio 29], "un'esigenza dell'evangelizzazione" (Propositio 30], "un cammino verso una piena evangelizzazione" (Propositio 32], una delle maggiori sfide per la Chiesa nel continente all'approssimarsi del terzo millennio (cfr. Propositio 33].

Fondamenti teologici

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"Ma quando venne la pienezza del tempo" (
Ga 4,4), il Verbo, seconda Persona della Santissima Trinità, Figlio unico di Dio, "si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo" (Simbolo niceno-costantinopolitano, DS 150]. E il sublime mistero dell'Incarnazione del Verbo, un mistero che ha avuto luogo nella storia: in circostanze di tempo e di luogo ben definite, in mezzo ad un popolo con una sua propria cultura, che Dio aveva eletto ed accompagnato lungo l'intera storia della salvezza allo scopo di mostrare, mediante quanto operava in esso, ciò che intendeva fare per tutto il genere umano.

Dimostrazione evidente dell'amore di Dio per gli uomini (cfr. Rm 5,8), Gesù Cristo, con la sua vita, con la Buona Novella annunciata ai poveri, con la passione, la morte e la gloriosa risurrezione, ha operato la remissione dei nostri peccati e la nostra riconciliazione con Dio, suo Padre e, grazie a Lui, nostro Padre. La Parola che la Chiesa annuncia è precisamente il Verbo di Dio fatto uomo, soggetto e oggetto Egli stesso di tale Parola. La Buona Novella è Gesù Cristo.

Come "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14), così la Buona Novella, la parola di Gesù Cristo annunciata alle nazioni, deve calarsi dentro l'ambiente di vita dei suoi ascoltatori. L'inculturazione è precisamente questo inserimento del messaggio evangelico nelle culture (cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), CTR 53: AAS 71 (1979), 1319]. In effetti, l'Incarnazione del Figlio di Dio, proprio perché integrale e concreta (cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Università di Coimbra (15 maggio 1982), 5: Insegnamenti V, 2 (1982), 1695], è stata anche incarnazione in una specifica cultura.

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Data la stretta e organica relazione che esiste tra Gesù Cristo e la parola che annuncia la Chiesa, l'inculturazione del messaggio rivelato non potrà non seguire la "logica" propria del mistero della Redenzione. L'Incarnazione del Verbo, in effetti, non costituisce un momento isolato, ma tende verso "l'Ora" di Gesù e il mistero pasquale: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (
Jn 12,24). "Io, dice Gesù, quando saro elevato da terra, attirero tutti a me" (Jn 12,32). Questo annientamento di sé, questa kenosi necessaria all'esaltazione, itinerario di Gesù e di ciascuno dei suoi discepoli (cfr. Ph 2,6-9), è illuminante per l'incontro delle culture con Cristo e il suo Vangelo. "Ogni cultura ha bisogno di essere trasformata dai valori del Vangelo alla luce del mistero pasquale" (Propositio 28].

E guardando al mistero dell'Incarnazione e della Redenzione che si deve operare il discernimento dei valori e degli anti-valori delle culture. Come il Verbo di Dio è divenuto in tutto simile a noi, ad eccezione del peccato, così l'inculturazione della Buona Novella assume tutti gli autentici valori umani purificandoli dal peccato e restituendoli al loro pieno significato.

L'inculturazione ha profondi legami anche con il mistero della Pentecoste. Grazie all'effusione e all'azione dello Spirito, che unifica doni e talenti, tutti i popoli della terra, entrando nella Chiesa, vivono una nuova Pentecoste, professano nella loro lingua l'unica fede in Gesù Cristo e proclamano le meraviglie che il Signore ha operato per loro. Lo Spirito, che sul piano naturale è sorgente originaria della saggezza dei popoli, conduce con un'illuminazione soprannaturale la Chiesa alla conoscenza della Verità tutta intera. A sua volta la Chiesa, assumendo i valori delle diverse culture, diviene la "sponsa ornata monilibus suis", la "sposa che si adorna dei suoi gioielli" (cfr. Is 61,10).

Criteri e ambiti dell'inculturazione

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E un compito difficile e delicato, poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al Vangelo e alla Tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle culture. Giustamente, quindi, i Padri sinodali hanno osservato: "Circa i rapidi cambiamenti culturali, sociali, economici e politici, le nostre Chiese locali dovranno lavorare ad un processo d'inculturazione sempre rinnovato, rispettando i due criteri seguenti: la compatibilità con il messaggio cristiano e la comunione con la Chiesa universale (...]. In ogni caso si avrà cura di evitare ogni sincretismo" (Propositio 31].

"Come cammino verso una piena evangelizzazione, l'inculturazione mira a porre l'uomo in condizione di accogliere Gesù Cristo nell'integralità del proprio essere personale, culturale, economico e politico, in vista della piena adesione a Dio Padre, e di una vita santa mediante l'azione dello Spirito Santo" (Propositio 32].

Nel rendere grazie a Dio per i frutti che gli sforzi dell'inculturazione hanno già portato alla vita delle Chiese del continente, particolarmente alle antiche Chiese orientali d'Africa, il Sinodo ha raccomandato "ai Vescovi e alle Conferenze episcopali di tenere conto che l'inculturazione ingloba tutti gli ambiti della vita della Chiesa e dell'evangelizzazione: teologia, liturgia, vita e struttura della Chiesa. Tutto ciò sottolinea il bisogno di una ricerca nell'ambito delle culture africane in tutta la loro complessità". Proprio per questo il Sinodo ha invitato i Pastori "a sfruttare al massimo le molteplici possibilità che la disciplina attuale della Chiesa già accorda al riguardo" (Ibid].

Chiesa come Famiglia di Dio

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Non solo il Sinodo ha parlato dell'inculturazione, ma l'ha anche concretamente applicata, assumendo come idea-guida per l'evangelizzazione dell'Africa quella di Chiesa come Famiglia di Dio (cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
LG 6]. In essa i Padri sinodali hanno riconosciuto una espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa. L'immagine pone, in effetti, l'accento sulla premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia (cfr. Propositio 8]. La nuova evangelizzazione tenderà dunque ad edificare la Chiesa come famiglia, escludendo ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie, favorendo la solidarietà e la condivisione per quanto concerne il personale e le risorse tra le Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine etnico (cfr. Ibid]. "E vivamente auspicabile che i teologi elaborino la teologia della Chiesa-Famiglia in tutta la ricchezza insita in tale concetto, sviluppandone la complementarietà mediante altre immagini della Chiesa" (Ibid].

Ciò suppone una riflessione approfondita sul patrimonio biblico e tradizionale che il Concilio Vaticano II ha raccolto nella Costituzione dogmatica Lumen gentium. Il mirabile testo espone la dottrina sulla Chiesa ricorrendo ad immagini, tratte dalla Sacra Scrittura, quali Corpo mistico, popolo di Dio, tempio dello Spirito, gregge ed ovile, casa in cui Dio dimora con gli uomini. Secondo il Concilio, la Chiesa è sposa di Cristo ed è madre nostra, città santa e primizia del Regno venturo. Di queste suggestive immagini occorrerà tener conto nello sviluppare, secondo il suggerimento del Sinodo, una ecclesiologia centrata sul concetto di Chiesa-famiglia di Dio (cfr. Ibid]. Si potrà allora apprezzare in tutta la sua ricchezza e densità l'affermazione da cui prende le mosse la Costituzione conciliare: "La Chiesa è in Cristo come il sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa LG 1. Si veda l'insieme dei capp. I e II della medesima].

Campi di applicazione

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Nella pratica, senza alcun pregiudizio per le tradizioni proprie di ciascuna Chiesa, latina o orientale, "dovrà essere perseguita l'inculturazione della liturgia, avendo cura che nulla cambi quanto agli elementi essenziali, affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche" (Propositio 34].

Il Sinodo ha inoltre riaffermato che, anche quando la dottrina è difficilmente assimilabile nonostante un lungo periodo di evangelizzazione, o, ancora, quando la sua pratica pone seri problemi pastorali, soprattutto nella vita sacramentale, occorre restare fedeli all'insegnamento della Chiesa e, al tempo stesso, rispettare le persone nella giustizia e con vera carità pastorale. Ciò presupposto, il Sinodo ha espresso l'auspicio che le Conferenze episcopali, in collaborazione con le Università e gli Istituti cattolici, creino delle commissioni di studio, specialmente per quanto riguarda il Matrimonio, la venerazione degli antenati e il mondo degli spiriti, al fine di esaminare a fondo tutti gli aspetti culturali dei problemi posti dal punto di vista teologico, sacramentale, rituale e canonico (cfr. Propositiones 35-37].

Dialogo

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"L'atteggiamento di dialogo è il modo d'essere del cristiano all'interno della sua comunità, come nei confronti degli altri credenti e degli uomini e donne di buona volontà" (Propositio 38]. Il dialogo anzitutto va praticato all'interno della Chiesa-Famiglia, a tutti i livelli: tra Vescovi, Conferenze episcopali o Assemblee della Gerarchia e Sede Apostolica, fra le Conferenze o Assemblee episcopali delle varie nazioni dello stesso continente e quelle degli altri continenti e, in ciascuna Chiesa particolare, tra il Vescovo, il presbiterio, le persone consacrate, gli operatori pastorali ed i fedeli laici; come pure tra i differenti riti all'interno della stessa Chiesa. Sarà cura dello S.C.E.A.M. dotarsi "di strutture e di mezzi che garantiscano l'esercizio di questo dialogo" (Propositio 39], in particolare per favorire una solidarietà pastorale organica.

"Uniti a Cristo nella loro testimonianza in Africa, i cattolici sono invitati a sviluppare un dialogo ecumenico con tutti i fratelli battezzati delle altre Confessioni cristiane, affinché si realizzi l'unità per la quale Cristo ha pregato ed in tal modo il loro servizio alle popolazioni del continente renda il Vangelo più credibile agli occhi di quanti e di quante cercano Dio" (Propositio 40]. Tale dialogo potrà concretizzarsi in iniziative come la traduzione ecumenica della Bibbia, l'approfondimento teologico dell'uno o dell'altro aspetto della fede cristiana, o ancora offrendo insieme una testimonianza evangelica a favore della giustizia, della pace e del rispetto della dignità umana. Ci si preoccuperà per questo di creare commissioni nazionali e diocesane per l'ecumenismo (cfr. Ibid].

Insieme, i cristiani sono responsabili della testimonianza da rendere al Vangelo nel continente. I progressi dell'ecumenismo hanno anche come scopo quello di dare maggiore efficacia a questa testimonianza.

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"L'impegno del dialogo deve abbracciare pure i musulmani di buona volontà. I cristiani non possono dimenticare che molti musulmani intendono imitare la fede di Abramo e vivere le esigenze del Decalogo" (Propositio 41]. A questo riguardo, il Messaggio del Sinodo sottolinea che il Dio vivo, Creatore del cielo e della terra e Signore della storia, è il Padre della grande famiglia umana che noi formiamo.

Come tale, Egli vuole che gli rendiamo testimonianza nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a tutti i livelli. Lungi dal desiderare di essere colui in nome del quale si uccidono altri uomini, Egli impegna i credenti a mettersi insieme al servizio della vita nella giustizia e nella pace (cfr. N. 23: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5]. Si farà dunque particolare attenzione a che il dialogo islamico-cristiano rispetti da una parte e dall'altra l'esercizio della libertà religiosa, con tutto ciò che questo comporta, comprese anche le manifestazioni esteriori e pubbliche della fede (cfr. Propositio 41]. Cristiani e musulmani sono chiamati ad impegnarsi nel promuovere un dialogo immune dai rischi derivanti da un irenismo di cattiva lega o da un fondamentalismo militante, e nel levare la loro voce contro politiche e pratiche sleali, così come contro ogni mancanza di reciprocità in fatto di libertà religiosa (cfr. Ibid].

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Quanto alla religione tradizionale africana, un dialogo sereno e prudente potrà, da una parte, garantire da influssi negativi che condizionano il modo di vivere di molti cattolici e, dall'altra, assicurare l'assimilazione di valori positivi quali la credenza in un Essere Supremo, Eterno, Creatore, Provvidente e giusto Giudice che ben s'armonizzano col contenuto della fede. Essi possono anzi essere visti come una preparazione al Vangelo, poiché contengono preziosi semina Verbi in grado di condurre, come già è avvenuto nel passato, un grande numero di persone ad "aprirsi alla pienezza della Rivelazione in Gesù Cristo attraverso la proclamazione del Vangelo" (Propositio 42].

Occorre, pertanto, trattare con molto rispetto e stima quanti aderiscono alla religione tradizionale, evitando ogni linguaggio inadeguato ed irrispettoso.

A tal fine, nelle case di formazione sacerdotali e religiose verranno date opportune istruzioni sulla religione tradizionale (cfr. Ibid].


Ecclesia in Africa IT 46