Ecclesia in Africa IT 68

Sviluppo umano integrale

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Lo sviluppo umano integrale - sviluppo di ogni uomo e di tutto l'uomo, specialmente di chi è più povero ed emarginato nella comunità - si pone nel cuore stesso dell'evangelizzazione. "Tra evangelizzazione e promozione umana - sviluppo e liberazione - ci sono infatti dei legami profondi. Legami d'ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, autentica crescita dell'uomo?" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 31: AAS 68 (1976), 26].

Così, quando inauguro il ministero pubblico nella sinagoga di Nazaret, il Signore Gesù scelse, per illustrare la sua missione, il testo messianico del libro di Isaia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio; per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore" (
Lc 4,18-19 cfr. Is 61,1-2).

Il Signore si considera, dunque, come inviato per alleviare la miseria degli uomini e combattere ogni forma di emarginazione. E venuto a liberare l'uomo; è venuto a prendere le nostre infermità e a caricarsi delle nostre malattie: "Di fatto tutto il ministero di Gesù è legato all'attenzione di quanti, attorno a lui, erano toccati dalla sofferenza: persone nel dolore, paralitici, lebbrosi, ciechi, sordi, muti (cfr. Mt 8,17)" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Lineamenta, 79]. "E impossibile accettare che nell'evangelizzazione si possa o si debba trascurare l'importanza dei problemi, oggi così dibattuti, che riguardano la giustizia, la liberazione, lo sviluppo e la pace del mondo" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 31: AAS 68 (1976), 26]: la liberazione che l'evangelizzazione annuncia "non può limitarsi alla semplice e ristretta dimensione economica, politica, sociale o culturale, ma deve mirare all'uomo intero, in ogni sua dimensione, compresa la sua apertura verso l'assoluto, anche l'Assoluto che è Dio" (Ibid., EN 33, l.c., 27].

Giustamente afferma il Concilio Vaticano II: "La Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato. così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia" (Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GS 40]. La Chiesa annuncia e comincia ad attuare il Regno di Dio sulle orme di Gesù, poiché "la natura del Regno è la comunione di tutti gli esseri umani tra di loro e con Dio" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), RMi 15: AAS 83 (1991), 263]. così "il Regno è fonte di liberazione piena e di salvezza totale per gli uomini: con questi la Chiesa cammina e vive, realmente e intimamente solidale con la loro storia" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici (30 dicembre 1988), CL 36: AAS 81 (1989), 459].

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La storia degli uomini assume il proprio autentico senso nell'Incarnazione del Verbo di Dio che è il fondamento della ripristinata dignità umana. E mediante Cristo, "immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura" (
Col 1,15), che l'uomo è stato redento; anzi, "con l'Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GS 22]. Come non gridare con san Leone Magno: "Cristiano, prendi coscienza della tua dignità"? (Sermo XXI, 3: SCh 22a, 72].

Annunciare Cristo è dunque rivelare all'uomo la sua dignità inalienabile, che Dio ha riscattato mediante l'incarnazione del suo unico Figlio.

Il Concilio Vaticano II così prosegue: "Poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo personale dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo" (Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GS 41].

Dotato di tale incomparabile dignità, l'uomo non può vivere in condizioni di vita sociale, economica, culturale e politica infra-umane. Ecco il fondamento teologico della lotta per la difesa della dignità personale, per la giustizia e la pace sociale, per la promozione umana, la liberazione e lo sviluppo integrale dell'uomo e di ogni uomo. Ecco anche perché, tenendo conto di questa dignità, lo sviluppo dei popoli - all'interno di ciascuna nazione e nelle relazioni internazionali - deve realizzarsi in maniera solidale, come osservava in modo quanto mai appropriato il mio predecessore Paolo VI (cfr. Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), PP 48: AAS 59 (1967), 281]. E precisamente in questa prospettiva che egli poteva affermare: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace" (Ibid., PP 87, l.c., 299]. Si può, dunque, a giusto titolo dire che "lo sviluppo integrale suppone il rispetto della dignità umana, la quale non può realizzarsi che nella giustizia e nella pace" (Propositio 45].


Farsi voce di chi non ha voce

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Forti della fede e della speranza nella potenza salvifica di Gesù, i Padri del Sinodo hanno concluso i lavori rinnovando l'impegno ad accettare la sfida di essere strumenti della salvezza in ogni differente ambito della vita dei popoli africani. "La Chiesa - hanno dichiarato - deve continuare ad esercitare il suo ruolo profetico ed essere la voce di coloro che non hanno voce" (Ibid], affinché ovunque la dignità umana sia riconosciuta ad ogni persona, e l'uomo sia sempre al centro di ogni programma dei governi. Il Sinodo "interpella la coscienza dei capi di Stato e dei responsabili della cosa pubblica, perché garantiscano sempre più la liberazione e lo sviluppo delle loro popolazioni" (Ibid]. Solo a questo prezzo si costruisce la pace tra le nazioni.

L'evangelizzazione deve promuovere quelle iniziative che contribuiscono a sviluppare e a nobilitare l'uomo nella sua esistenza spirituale e materiale. Si tratta dello sviluppo di ogni uomo e di tutto l'uomo, preso non soltanto in modo isolato, ma anche e specialmente nel quadro di uno sviluppo solidale ed armonioso di tutti i membri di una nazione e di tutti i popoli della terra (cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), PP 48: AAS 59 (1967), 281].

Infine, l'evangelizzazione deve denunciare e combattere quanto avvilisce e distrugge l'uomo. "All'esercizio del ministero dell'evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della denuncia, e questa non può prescindere da quello, che le offre la vera solidità e la forza della motivazione più alta" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987),
SRS 41: AAS 80 (1988), 572].

Mezzi di comunicazione sociale

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"Da sempre Dio si caratterizza per la sua volontà di comunicare. Egli lo compie in modi differenti. A tutte le creature animate o inanimate egli dona l'essere. Con l'uomo particolarmente egli intreccia delle relazioni privilegiate.

"Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (
He 1,1-2)" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Instrumentum laboris, 127]. Il Verbo di Dio è, per sua natura, parola, dialogo e comunicazione. Egli è venuto a restaurare, da una parte, la comunicazione e la relazione fra Dio e gli uomini, e, dall'altra, quella degli uomini tra di loro.

I mass-media hanno attirato l'attenzione del Sinodo sotto due aspetti importanti e complementari: come universo culturale nuovo ed emergente e come un insieme di mezzi al servizio della comunicazione. Essi costituiscono dall'inizio una cultura nuova che ha il suo linguaggio proprio e soprattutto i suoi valori e controvalori specifici. A questo titolo hanno bisogno, come tutte le culture, di essere evangelizzati (cfr. Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 45-46: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5].

In effetti, ai nostri giorni i mass-media costituiscono non solamente un mondo, ma una cultura e una civiltà. Ed è anche a questo mondo che la Chiesa è inviata a portare la Buona Novella della salvezza. Gli araldi del Vangelo devono dunque entrarvi per lasciarsi permeare da tale nuova civiltà e cultura, al fine pero di sapersene opportunamente servire. "Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendola - come si suol dire - "un villaggio globale". I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), RMi 37, c: AAS 83 (1991), 285].

La formazione all'uso dei mass-media è dunque una necessità, non soltanto per chi annuncia il Vangelo, il quale deve, tra l'altro, possedere lo stile della comunicazione, ma anche per il lettore, il recettore ed il telespettatore che, formati alla comprensione del tipo di comunicazione, devono saperne cogliere gli apporti con discernimento e spirito critico.

In Africa, dove la trasmissione orale è una delle caratteristiche della cultura, tale formazione riveste una capitale importanza. Questo stesso tipo di comunicazione deve ricordare ai Pastori, specialmente ai Vescovi ed ai sacerdoti, che la Chiesa è inviata per parlare, per predicare il Vangelo mediante la parola ed i gesti. Essa non può dunque tacere, col rischio di venir meno alla sua missione; a meno che, in certe circostanze, il silenzio non sia esso stesso un modo di parlare e di testimoniare. Noi dobbiamo dunque sempre annunciare in ogni occasione opportuna e non opportuna (cfr. 2Tm 4,2), allo scopo di edificare nella carità e nella verità.

CAPITOLO IV NELLA PROSPETTIVA DEL TERZO MILLENNIO CRISTIANO

I. Le sfide attuali

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L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi è stata convocata per dare modo alla Chiesa di Dio, diffusa sul continente, di riflettere sulla sua missione evangelizzatrice in vista del terzo millennio, e di predisporre, come ebbi a ricordare, "un'organica solidarietà pastorale nell'intero territorio africano e nelle isole attigue" (Angelus (6 gennaio 1989), 2: Insegnamenti XII, 1 (1989), 40]. Tale missione comporta, come già s'è rilevato, urgenze e sfide dovute ai profondi e rapidi mutamenti delle società africane ed agli effetti derivanti dall'affermarsi di una civiltà planetaria.

La necessità del Battesimo

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La prima urgenza è naturalmente l'evangelizzazione stessa. Da un lato, la Chiesa deve assimilare e vivere sempre meglio il messaggio di cui il Signore l'ha costituita depositaria. Dall'altro, essa deve testimoniare ed annunciare questo messaggio a quanti ancora non conoscono Gesù Cristo. E infatti per loro che il Signore ha detto agli Apostoli: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (
Mt 28,19).

Come nella Pentecoste, la predicazione del kérigma ha come scopo naturale di condurre chi ascolta alla metànoia e al Battesimo: "L'annuncio della parola di Dio mira alla conversione cristiana, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la fede" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), RMi 46: AAS 83 (1991), 292]. La conversione a Cristo, peraltro, "è connessa col Battesimo: lo è non solo per la prassi della Chiesa, ma per volere di Cristo, che ha inviato la sua Chiesa a far discepole tutte le genti e a battezzarle (cfr. Mt 28,19); lo è anche per l'intrinseca esigenza di ricevere la pienezza della vita in Lui: "In verità, in verità ti dico - Gesù insegna a Nicodemo - se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio" (Jn 3,5). Il Battesimo, infatti, ci rigenera alla vita dei figli di Dio, ci unisce a Gesù Cristo, ci unge nello Spirito Santo: esso non è un semplice suggello della conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e la attesti, bensi è sacramento che significa e opera questa nuova nascita dallo Spirito, instaura vincoli reali e inscindibili con la Trinità, rende membri del Corpo di Cristo, che è la Chiesa" (Ibid., RMi 47, l.c., 293-294]. Pertanto, un itinerario di conversione che non giungesse al Battesimo si fermerebbe a metà strada.

In verità, gli uomini di buona volontà che, senza alcuna loro colpa, non sono raggiunti dall'annuncio evangelico, ma vivono in armonia con la loro coscienza secondo la legge di Dio, saranno salvati da Cristo e in Cristo. Per ogni essere umano, infatti, c'è sempre in atto la chiamata di Dio, che attende di essere riconosciuta ed accolta (cfr. 1Tm 2,4). E proprio per facilitare questo riconoscimento e questa accoglienza che ai discepoli di Cristo è richiesto di non darsi pace finché a tutti non sia portato il lieto annuncio della salvezza.

Urgenza dell'evangelizzazione

74 Il Nome di Gesù Cristo, infatti, è il solo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (cfr. Ac 4,12). Poiché vi sono in Africa milioni di persone non ancora evangelizzate, la Chiesa si trova di fronte al compito, necessario ed urgente, di proclamare la Buona Novella a tutti, e di condurre coloro che ascoltano al Battesimo e alla vita cristiana. "L'urgenza dell'attività missionaria emerge dalla radicale novità di vita, portata da Cristo e vissuta dai suoi discepoli. Questa nuova vita è dono di Dio, e all'uomo è richiesto di accoglierlo e di svilupparlo, se vuole realizzarsi secondo la sua vocazione integrale in conformità a Cristo" (Ibid., RMi 7, l.c., 255-256]. Questa vita nuova nell'originalità radicale del Vangelo comporta anche delle rotture rispetto ai costumi ed alla cultura di qualunque popolo della terra, poiché il Vangelo non è mai un prodotto interno di un determinato paese, ma viene sempre "da fuori", viene dall'Alto. Per i battezzati la grande sfida sarà sempre costituita dalla coerenza di un'esistenza cristiana conforme agli impegni del Battesimo, che significa morte al peccato e risurrezione quotidiana ad una vita nuova (cfr. Rm 6,4-5). Senza tale coerenza, i discepoli di Cristo difficilmente potranno essere "sale della terra" e "luce del mondo" (Mt 5,13 Mt 5,14). Se la Chiesa in Africa s'impegna con vigore e senza esitazioni su questa via, la Croce potrà essere piantata in ogni parte del continente per la salvezza dei popoli che non hanno paura di aprire le porte al Redentore.

Importanza della formazione

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In tutti i settori della vita ecclesiale la formazione è di capitale importanza. Nessuno, infatti, può realmente conoscere le verità di fede che non ha mai avuto modo di apprendere, né è in grado di porre atti ai quali non è mai stato iniziato. Ecco perché "la comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per l'evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all'interno della Chiesa" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Relatio ante disceptationem (11 aprile 1994), 8: L'Osservatore Romano, 13 aprile 1994, p. 4]. Questo concerne pure i Vescovi, i presbiteri, i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, quelli degli Istituti secolari e tutti i fedeli laici.

La formazione missionaria non può non occupare un posto privilegiato.

Essa è "opera della Chiesa locale con l'aiuto dei missionari e dei loro Istituti, nonché del personale delle giovani Chiese. Questo lavoro deve essere inteso non come marginale, ma come centrale nella vita cristiana" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990),
RMi 83: AAS 83 (1991), 329]. Il programma di formazione includerà, in modo particolare, la formazione dei laici a svolgere appieno il loro ruolo di animazione cristiana dell'ordine temporale (politico, culturale, economico, sociale), che è impegno caratteristico della vocazione secolare del laicato. Non si mancherà, a questo proposito, di incoraggiare laici competenti e motivati ad impegnarsi nell'azione politica (cfr. Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 33: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5], nella quale, mediante un degno esercizio delle cariche pubbliche, potranno "provvedere al bene comune e al tempo stesso aprire la via al Vangelo" (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'apostolato dei laici AA 14].

Approfondire la fede

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La Chiesa in Africa, per essere evangelizzatrice, deve "cominciare con l'evangelizzare se stessa (...]. Essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell'amore.

Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 15: AAS 68 (1976), 14].

Oggi in Africa, "la formazione alla fede (...] è rimasta troppo spesso allo stadio elementare, e le sètte traggono facilmente vantaggio da questa ignoranza" (Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza episcopale del Camerun (Yaoundé, 13 agosto 1985), 4: Insegnamenti VIII, 2 (1985), 378]. E perciò urgente un serio approfondimento della fede, perché la rapida evoluzione della società ha fatto sorgere nuove sfide, legate in particolare ai fenomeni di sradicamento familiare, di urbanizzazione, di disoccupazione, come pure alle molteplici seduzioni materialiste, ad una certa secolarizzazione e a quella sorta di trauma intellettuale che provoca la valanga di idee insufficientemente vagliate, diffuse dai media (cfr. Ibid., 5, l.c.].

La forza della testimonianza

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La formazione deve mirare a dare ai cristiani non soltanto un'abilità tecnica per trasmettere meglio i contenuti della fede, ma anche una convinzione personale profonda per testimoniarli efficacemente nella vita. Tutti coloro che sono chiamati a proclamare il Vangelo cercheranno dunque di agire con totale docilità allo Spirito, il quale "oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da Lui" (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 75: AAS 68 (1976), 65]. "Le tecniche dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l'azione discreta dello Spirito. Anche la preparazione più raffinata dell'evangelizzatore, non opera nulla senza di Lui. Senza di Lui la dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini. Senza di Lui, i più elaborati schemi a base sociologica o psicologica si rivelano vuoti e privi di valore" (Ibid., l.c., 65-66].

Una vera testimonianza da parte dei credenti è oggi essenziale in Africa per proclamare in maniera autentica la fede. In particolare, è necessario che essi offrano la testimonianza di un sincero amore reciproco. "La vita eterna è che "conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (
Jn 17,3).

Scopo ultimo della missione è di far partecipare alla comunione che esiste tra il Padre e il Figlio: i discepoli devono vivere l'unità tra loro, rimanendo nel Padre e nel Figlio, perché il mondo conosca e creda (cfr. Jn 17,21-23). E', questo, un significativo testo missionario, il quale fa capire che si è missionari anzitutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l'unità nell'amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa" (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), RMi 23: AAS 83 (1991), 269-270].

Inculturare la fede

78 A motivo della profonda convinzione che "la sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche della fede", perché "una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso nazionale del movimento ecclesiale d'impegno culturale (16 gennaio 1982), 2: Insegnamenti V, 1 (1982), 131], l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha ritenuto l'inculturazione una priorità ed un'urgenza nella vita delle Chiese particolari in Africa: solo così il Vangelo può porre salde radici nelle comunità cristiane del continente. Sulla scia del Concilio Vaticano II (cfr. Decr. sull'attività missionaria della Chiesa AGD 22], i Padri sinodali hanno interpretato l'inculturazione come un processo comprendente tutta l'estensione della vita cristiana - teologia, liturgia, consuetudini, strutture della Chiesa -, senza ovviamente intaccare il diritto divino e la grande disciplina della Chiesa, avvalorata nel corso dei secoli da straordinari frutti di virtù e di eroismo (cfr. Propositio 32; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia SC 37-40].

La sfida dell'inculturazione in Africa consiste nel far si che i discepoli di Cristo possano assimilare sempre meglio il messaggio evangelico, pur restando fedeli a tutti i valori africani autentici. Inculturare la fede in tutti i settori della vita cristiana ed umana si pone quindi come compito arduo, per il cui assolvimento è necessaria l'assistenza dello Spirito del Signore che conduce la Chiesa alla verità tutta intera (cfr. Jn 16,13).

Una comunità riconciliata

79. La sfida del dialogo è, in fondo, la sfida della trasformazione delle relazioni tra gli uomini, tra le nazioni e tra i popoli nella vita religiosa, politica, economica, sociale e culturale. E la sfida dell'amore di Cristo per tutti gli uomini, amore che il discepolo deve riprodurre nella sua vita: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

"L'evangelizzazione continua il dialogo di Dio con l'umanità, un dialogo che tocca il suo vertice nella persona di Gesù Cristo" (Propositio 38]. Per mezzo della Croce, Egli ha distrutto in se stesso l'inimicizia (cfr. Ep 2,16) che divide ed allontana gli uomini gli uni dagli altri.

Ora, nonostante la civiltà contemporanea del "villaggio globale", in Africa come altrove nel mondo lo spirito di dialogo, di pace e di riconciliazione è lungi dall'abitare il cuore di tutti gli uomini. Le guerre, i conflitti, gli atteggiamenti razzisti e xenofobi dominano ancora troppo il mondo delle relazioni umane.

La Chiesa in Africa avverte l'esigenza di diventare per tutti, grazie alla testimonianza resa dai suoi figli e dalle sue figlie, luogo di autentica riconciliazione. così, perdonati e riconciliati vicendevolmente, essi potranno recare al mondo il perdono e la riconciliazione che Cristo, nostra pace (cfr. Ep 2,14), offre all'umanità mediante la sua Chiesa. Altrimenti il mondo assomiglierà sempre più ad un campo di battaglia, dove contano solo gli interessi egoistici e dove regna la legge della forza, che allontana fatalmente l'umanità dall'auspicata civiltà dell'amore.

II. La famiglia

Evangelizzare la famiglia

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"Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981),
FC 75: AAS 74 (1982), 173]. In effetti, non solamente la famiglia è la prima cellula della comunità ecclesiale viva, ma lo è anche della società. In Africa, in particolare, la famiglia rappresenta il pilastro su cui è costruito l'edificio della società. Ecco perché il Sinodo considera l'evangelizzazione della famiglia africana come una delle priorità maggiori, se si vuole che essa assuma, a sua volta, il ruolo di soggetto attivo nella prospettiva dell'evangelizzazione delle famiglie mediante le famiglie.

Dal punto di vista pastorale, ciò costituisce una vera sfida, date le difficoltà d'ordine politico, economico, sociale e culturale alle quali i nuclei familiari in Africa devono far fronte nel contesto dei grandi mutamenti della società contemporanea. Pur adottando i valori positivi della modernità, la famiglia africana dovrà pertanto salvaguardare i propri valori essenziali.

La Santa Famiglia come modello

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A questo proposito la Santa Famiglia che, secondo il Vangelo (cfr.
Mt 2,14-15), ha vissuto per qualche tempo in Africa, è "prototipo ed esempio di tutte le famiglie cristiane" (Ibid., 86, l.c., 189-190], modello e sorgente spirituale per ogni famiglia cristiana (cfr. Propositio 14].

Per riprendere le parole di Papa Paolo VI, pellegrino in Terra Santa, "Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù: la scuola del Vangelo (...]. Qui, a questa scuola si comprende la necessità di avere una disciplina spirituale, se si vuole (...] diventare discepoli di Cristo" (Omelia nella Basilica dell'Annunciazione a Nazaret (5 gennaio 1964): AAS 56 (1964), 167].

Nella sua profonda meditazione sul mistero di Nazaret, Paolo VI invita a raccogliere una triplice lezione: di silenzio, di vita familiare, di lavoro. Nella casa di Nazaret ciascuno vive la propria missione in perfetta armonia con gli altri membri della Santa Famiglia.

Dignità e ruolo dell'uomo e della donna

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La dignità dell'uomo e della donna deriva dal fatto che, quando Dio creo l'uomo, "a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (
Gn 1,27). Sia l'uomo che la donna sono creati "ad immagine di Dio", dotati cioè d'intelligenza e di volontà e, conseguentemente, di libertà. Lo dimostra il racconto relativo al peccato dei progenitori (cfr. Gn 3). Il Salmista canta così la dignità incomparabile dell'uomo: "Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Ps 8,6-7).

Creati l'uno e l'altro ad immagine di Dio, l'uomo e la donna, pur differenti, sono essenzialmente uguali dal punto di vista dell'umanità. "Ambedue sin dall'inizio sono persone, a differenza degli altri esseri viventi del mondo che li circonda. La donna è un altro "io" nella loro comune umanità" (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), MD 6: AAS 80 (1988), 1662-1664; Lettera alle donne (29 giugno 1995), 7: L'Osservatore Romano, 10-11 luglio 1995, p. 5], e ciascuno costituisce un aiuto per l'altro (cfr. Gn 2,18-25).

"Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in eguale modo all'uomo e alla donna, arricchendoli dei diritti inalienabili e delle responsabilità che sono proprie della persona umana" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), FC 22: AAS 74 (1982), 107]. Il Sinodo ha deplorato quei costumi africani e quelle pratiche "che privano le donne dei loro diritti e del rispetto che è loro dovuto" (Propositio 48] e ha chiesto che la Chiesa nel continente si sforzi di promuovere la salvaguardia di tali diritti.

Dignità e ruolo del Matrimonio

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Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è Amore (cfr.
1Jn 4,8). "La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo definitivo compimento in Gesù Cristo, lo sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a sé come suo proprio corpo.

Egli rivela la verità originaria del Matrimonio, la verità del "principio" e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna fin dalla loro creazione (cfr. Ep 5,32-33); il Matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), FC 13: AAS 74 (1982), 93-94].

L'amore reciproco fra gli sposi battezzati manifesta l'amore di Cristo e della Chiesa. Segno dell'amore di Cristo, il Matrimonio è un sacramento della Nuova Alleanza: "Gli sposi sono per la Chiesa il richiamo permanente di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per l'altro, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il Matrimonio, come ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia" (Ibid FC 13].

Esso dunque è uno stato di vita, una via di santità cristiana, una vocazione che deve condurre alla risurrezione gloriosa ed al Regno, dove "non si prende né moglie né marito" (Mt 22,30). Per questo, il Matrimonio esige un amore indissolubile; grazie a questa sua stabilità può contribuire efficacemente a realizzare appieno la vocazione battesimale degli sposi.

Salvare la famiglia africana

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Molti sono stati gli interventi nell'aula del Sinodo che hanno evidenziato le minacce attualmente incombenti sulla famiglia africana. Le preoccupazioni dei Padri sinodali erano tanto più giustificate in quanto il documento preparatorio di una Conferenza delle Nazioni Unite, tenutasi nel settembre del 1994 al Cairo, in terra africana, sembrava con tutta evidenza voler adottare risoluzioni in contrasto con non pochi valori familiari africani. Facendo proprie le preoccupazioni da me precedentemente manifestate alla Conferenza ed ai Capi di Stato del mondo intero (cfr. Messaggio alla Signora Nafis Sadik, Segretaria generale della Conferenza internazionale del 1994 su popolazione e sviluppo (18 marzo 1994): AAS 87 (1995), 190-196], essi hanno lanciato un pressante appello perché sia salvaguardata la famiglia: "Non lasciate - essi hanno gridato - che la famiglia africana venga umiliata proprio sulla sua terra! Non permettete che l'Anno Internazionale della Famiglia divenga l'anno della distruzione della famiglia!" (Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l'Africa, Messaggio del Sinodo (6 maggio 1994), 30: L'Osservatore Romano, 8 maggio 1994, p. 5].

La famiglia aperta alla società

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Il matrimonio, per sua natura, trascende la coppia, avendo la speciale missione di perpetuare l'umanità. Allo stesso modo, per natura, la famiglia va oltre i limiti del focolare domestico: essa è orientata verso la società. "La famiglia possiede vincoli vitali ed organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l'alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l'anima della vita e lo sviluppo della società stessa. così in forza della sua natura e vocazione, lungi dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito sociale" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981),
FC 42: AAS 74 (1982), 134].

In tale linea, l'Assemblea speciale per l'Africa afferma che fine dell'evangelizzazione è edificare la Chiesa, come Famiglia di Dio, anticipazione, anche se imperfetta, del Regno sulla terra. Le famiglie cristiane dell'Africa diventeranno in questo modo vere "chiese domestiche", contribuendo al progresso della società verso una vita più fraterna. E così che si opererà la trasformazione delle società africane mediante il Vangelo! CAPITOLO V "MI SARETE TESTIMONI" IN AFRICA Testimonianza e santità 86. Le sfide segnalate mostrano quanto opportuna sia stata l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi: il compito della Chiesa nel continente è immenso; per affrontarlo è necessaria la collaborazione di tutti. La testimonianza ne costituisce l'elemento centrale. Cristo interpella i suoi discepoli in Africa ed affida loro il mandato che diede agli Apostoli il giorno dell'Ascensione: "Mi sarete testimoni" (Ac 1,8) in Africa.

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L'annuncio della Buona Novella con la parola e le opere apre il cuore delle persone al desiderio della santità, della configurazione a Cristo. San Paolo, nella prima Lettera ai Corinti, si rivolge "a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo" (1,2). La predicazione del Vangelo ha pure come scopo la costruzione della Chiesa di Dio, nella prospettiva dell'avvento del Regno, che Cristo consegnerà al Padre alla fine dei tempi (cfr.
1Co 15,24).

"L'entrata nel Regno di Dio domanda una trasformazione di mentalità (metanoia) e di comportamento e una vita di testimonianza in parole e opere, nutrita in seno alla Chiesa dalla partecipazione ai sacramenti, particolarmente all'Eucarestia, sacramento della salvezza" (Propositio 5].

Costituisce una via alla santità anche l'inculturazione, mediante la quale la fede penetra nella vita delle persone e delle loro comunità originarie.

Come nell'Incarnazione Cristo ha assunto la natura umana con esclusione solo del peccato, analogamente mediante l'inculturazione il messaggio cristiano assimila i valori della società alla quale è annunciato, scartando quanto è segnato dal peccato. Nella misura in cui la comunità ecclesiale sa integrare i valori positivi di una determinata cultura, diventa strumento della sua apertura alle dimensioni della santità cristiana. Una inculturazione condotta con saggezza purifica ed eleva le culture dei vari popoli.

Un ruolo importante, da questo punto di vista, è chiamata a svolgere la liturgia. In quanto modo efficace di proclamare e di vivere i misteri della salvezza, essa può validamente contribuire ad elevare ed arricchire specifiche manifestazioni della cultura di un certo popolo. Sarà pertanto compito dell'autorità competente curare l'inculturazione, secondo modelli artisticamente pregevoli, di quegli elementi liturgici che, alla luce delle norme vigenti, possono essere modificati (cfr. Propositio 34].


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