Brentano - Emmerick: Misteri AT 800


Cap. III LA VITA SULLA TERRA

- il primo periodo -

9 Caino e il popolo dei giganti.

10 Noè, la costruzione dell’arca e i suoi discendenti.

11 La costruzione della Torre di Babele.

12 Derketo.

13 Semiramide e i misteri delle Piramidi.

14 Visioni intorno a Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo e Semiramide.

15 La storia di Giobbe.


9 Caino e il popolo dei giganti

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Riferimenti biblici - Corruzione dell'umanità

"Gli uomini frattanto si erano moltiplicati sulla faccia della terra ed erano nate loro delle figlie. I figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie tutte quelle che a loro piacevano. Allora il Signore disse: ‘Il mio spirito non rimanga per sempre umiliato nell’uomo, perché è carne: la sua vita non sarà che di 120 anni’. In quel tempo esistevano i giganti sulla terra e anche dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini che generavano loro dei figli. Sono essi quegli eroi famosi fin dai tempi antichi.

Il Signore, vedendo che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i pensieri concepiti nel loro cuore erano soltanto malvagi, si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo; e disse: ‘Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da me formato: uomini e animali, rettili e uccelli dell’aria, poiché mi pento di averli fatti’.

Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.

Questa è la storia di Noè. Noè fu giusto, intemerato fra i suoi contemporanei: egli camminò con Dio. Noè generò tre figli: Sen, Cam e Jafet.

Ora tutta la terra era corrotta davanti a Dio e tutta piena d’iniquità; Iddio guardò la terra ed ecco era corrotta, poiché ogni mortale aveva corrotto la sua condotta su di essa” (
Gn 6,1-12).



Le visioni

Vidi Caino errabondo sulla terra, sembrava impazzito, piantava alberi e poi tornava a sradicarli. All’improvviso gli apparve una figura di luce che così gli domandò: “Caino dov’è tuo fratello Abele?". Caino, pur non vedendo subito chi parlava, si volse e rispose arrogante: “Non lo so, non mi è stato dato in custodia!". Allora la figura luminosa, che era Dio, gli disse che il sangue di Abele gridava dalla terra fino a Lui. Caino divenne timoroso e disputò a lungo con il Signore: “Tu mi mandi errabondo per il mondo e chiunque potrà uccidermi".

Il Signore gli rispose: "No! Chiunque ti ucciderà sarà punito sette volte tanto”, e così dicendo gli mise un segno per proteggerlo affinché chiunque lo avesse incontrato non lo avrebbe ucciso[35].

Poi Dio, nella sua onnipotente misericordia, gli mostrò una regione dove avrebbe dovuto stabilire la sua dimora. Caino gli disse: “Ma maledicendomi la terra vuoi affamarmi!", ma Dio lo rassicurò in questo modo: “Potrai mangiare la carne degli animali e da te sorgerà un popolo che potrà edificare ancora qualcosa di buono”. Caino quindi non vide più il Signore e abitò una terra piuttosto infruttuosa nella quale fondò un paese.

Dove Caino aveva consumato il fratricidio, nella valle di Giosafatte, di fronte al monte Calvario, continuarono a manifestarsi avvenimenti delittuosi.

Allorché i discendenti dei nostri progenitori iniziarono a moltiplicarsi furono molte le persone di colore; Cam ebbe figli dalla pelle più bruna di quelli di Sem. Gli uomini dalla pelle bianca erano considerati i più nobili. Con il passare dei secoli quelli dalla pelle più bruna procrearono figli dal colorito sempre più scuro.

Prima del diluvio universale, l’aspetto geofisico della regione dove si svolsero questi avvenimenti era diverso da come si presentò successivamente.

Il territorio era più pianeggiante e i monti molto più sassosi.

Il monte degli ulivi era solo una semplice altura.

La grotta del presepio era molto rocciosa e il paesaggio intorno selvatico. Gli uomini delle varie generazioni, che allora iniziavano a moltiplicarsi, erano di statura più alta di quelli che conosciamo oggigiorno.

Vidi Caino ritirarsi nella terra assegnatagli da Dio, la quale fu poi divisa tra i suoi figli e i nipoti.

Non vidi più Caino compiere cattive azioni e, nonostante egli lavorasse duramente, era trattato male dagli stessi figli e nipoti. Egli non fu mai maledetto ma fortemente castigato.

Uno dei suoi discendenti fu Tubalcain, l’antenato dei forgiatori di rame, degli ebanisti, dei primi artisti e dei giganti[36].

I discendenti di Caino erano molto legati al mondo dei sensi, perciò si allontanavano sempre più da Dio. Essi presero dimora sul monte dove erano caduti gli Angeli cattivi, e le loro donne finirono per essere utilizzate da questi ultimi per sedurre gli uomini del mondo.

I discendenti di Caino avevano corporature gigantesche ed erano forniti di molte qualità che misero però al servizio degli spiriti cattivi, dei quali ne divennero strumento.

Sul monte, quindi, si diffuse una generazione dedita al culto della violenza e della seduzione, la quale tentò di coinvolgere anche i discendenti di Set.

Allora Dio, irritato da tali infamità, annunciò a Noè[37] che camminava con Lui la necessità di purificare tutti i peccati con il diluvio universale.

Ho visto il popolo di giganti fare cose straordinarie: trasportare con una facilità sorprendente macigni sulla cima della montagna, aggrapparsi e salire sulle pareti di questa e sugli alberi, produrre immagini sulle pietre e sui metalli e altre cose soprannaturali che sembrano possibili solo con l’aiuto del demonio. Ma della sapienza di Dio in tutto questo non c’era traccia alcuna. Essi erano adoratori di numerosi idoli: da una pietra infatti produssero una stravagante immagine che fecero oggetto di venerazione e qualche volta li vidi produrre perfino figure di animali mostruosi. Conoscevano e possedevano tutte le arti malefiche, potevano profetare tutto e preparavano veleni. Le loro donne inventarono la musica. Le vidi partire per raggiungere una popolazione devota a Dio, con l’intento di sedurla e renderla schiava dei sensi. Costoro non avevano città e neppure case, ma li vidi costruire torri grandi e rotonde utilizzando pietre splendenti. Sotto queste torri c’erano strette gallerie sotterranee che conducevano in grandi caverne dove praticavano atroci rituali. Vidi che sacrificavano in modo orribile i bambini, seppellendoli vivi dinanzi a strani idoli di pietra.

Alla fine Dio fece sommergere dalle acque del diluvio la montagna del male.

I discendenti di Cam, dopo il diluvio, ebbero contatti con gli spiriti del male. Ne provenne così un’altra discendenza di posseduti, maghi e potenti mondani, uomini grandi, selvaggi e strani. Anche Semiramide fu posseduta da questi spiriti e acquistò immensi poteri, ma le fu preclusa la beatitudine[38]. Ci furono altri famosi posseduti che furono poi considerati divinità.

Le prime donne che si lasciarono dominare dagli spiriti del male lo fecero coscientemente, le discendenti di queste furono solo strumenti inconsci che avevano ereditato nella carne e nel sangue il peccato originale[39].

Vidi anche Enoc[40], il progenitore di Noè. Egli era un uomo buonissimo e camminava con Dio. Costruì in molti luoghi all’aperto altari di pietra per onorare Dio, dove la terra fruttificava in modo straordinario.

Lo vidi perfino scrivere, non so cosa e come. Enoc conservò i princìpi religiosi e li trasmise ai suoi discendenti, tra i quali Noè[41].



Appendice esplicativa: Enoc

Enoc è una figura d'eccezione, egli non conobbe la morte perché essa è legata al peccato come il frutto all'albero (Gn 3). Scrive L. Réau che "nella migliore teologia del Medioevo, il rapimento di Enoc è, come l'ascensione di Elia, una prefigurazione dell'Ascensione di Cristo e dell'Assunzione della Vergine, come anche della resurrezione dei morti nel Giudizio finale".


10 Noè, la costruzione dell’arca e i suoi discendenti

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Riferimenti biblici

"Iddio disse a Noè: ‘La fine di ogni carne è giunta dinanzi a me, perché la terra è piena di violenze per causa degli uomini, ecco io li sterminerò insieme alla terra! Fatti un’arca di legno resinoso; falla a celle e spalmala di bitume dentro e fuori. Ecco come la farai: la lunghezza dell’arca sarà 300 cubiti, la larghezza 50, e l’altezza 30. Farai un tetto all’arca e lo terminerai un cubito più in alto; a un lato dell’arca farai la porta, e farai un primo, un secondo e un terzo piano.

Io farò venire il diluvio, le acque sulla terra, per distruggere ogni carne che ha alito vitale sotto il cielo: tutto ciò che è sulla terra morrà! Ma io stabilirò con te la mia alleanza: tu entrerai nell'arca, tu e i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te[42].

Di tutto ciò che ha vita, cioè di ogni animale, fanne entrare nell’arca due di ogni specie, maschio e femmina, per conservarli in vita con te. Degli uccelli secondo la loro specie, degli animali domestici secondo la loro specie, e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due di ogni specie verranno a te perché tu li conservi in vita. E tu prendi di tutto ciò che è commestibile e fattene una provvista: servirà di nutrimento per te e per loro’. E Noè così fece, ed eseguì tutto quello che Dio gli aveva comandato" (
Gn 6,13-22).


Il diluvio e l’arca sulle acque

“Noè aveva seicento anni quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. Noè entrò nell’arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali mondi e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo entrarono a due a due con Noè nell’arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè.

Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono.

Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

In quello stesso giorno entrò nell’arca Noè con i suoi figli Sem, Cam e Jafet, la moglie di Noè, le tre mogli dei suoi tre figli: essi e tutti i viventi secondo la loro specie e tutto il bestiame secondo la specie e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie, tutti i volatili secondo la loro specie, tutti gli uccelli, tutti gli esseri alati.

Vennero dunque a Noè nell’arca, a due a due, di ogni carne in cui è soffio di vita. Quelli che venivano, maschio e femmina d’ogni carne, entrarono come gli aveva comandato Dio: il Signore chiuse la porta dietro di lui.

Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque.

Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto.

Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini.

Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì.

Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell’arca” (Gn 7,6-23).

Dio aveva promesso ad Adamo la venuta di un Redentore, ma non si sapeva né quando e neppure da quale stirpe dei suoi discendenti.

Dopo il diluvio la promessa viene ripetuta a Sem (Gn 9,26), scartando Cam e Jafet; poi, tra i diversi discendenti di questo primo, e fu scelto Abramo. Con lui comincia a delinearsi meglio la generazione da cui discenderà il Messia[43].



Le visioni

Ebbi una visione di Noè con una lunga veste e, nonostante avesse la figura di un vecchio, il suo aspetto era fanciullesco. Lo vidi entrare in un frutteto e incidere gli alberi con un coltello curvo. Improvvisamente giunse una nube dinanzi a lui, nella quale c’era una figura bianca vestita di luce. Di fronte a questa stupenda apparizione Noè cadde in ginocchio. La figura, che era Dio, gli ordinò di costruirsi un’arca perché Egli voleva distruggere tutti gli uomini con la loro cattiveria.

Noè fu molto rattristato da questo ammonimento e lo vidi pregare affinché Dio mitigasse il tremendo castigo. Siccome non iniziò subito a costruire l’arca, il Signore dovette ammonirlo ancora due volte prima che egli iniziasse l’opera. Vidi però Noè lasciare questa regione, diretto verso la terra che più tardi sarebbe stata abitata da Zoroastro, o Zarathustra, un antico profeta persiano. Zarathustra era conosciuto come legislatore e abitava con altre persone sotto le tende in regioni solitarie. Egli aveva un altare davanti al quale sacrificava.

Noè e la sua famiglia non eressero mai dimore fisse perché credevano alla promessa del diluvio che avrebbe inondato tutta la Terra. Il popolo senza-Dio, invece, non credendo al diluvio, aveva eretto fisse dimore servendosi di grosse pietre. In quel tempo gli spiriti malvagi seminavano un’ondata di dissoluzione nella mente degli uomini, abbruttendoli e rendendoli aggressivi.

Essi quindi praticavano i vizi più innaturali e la violenza più estrema, depredando e distruggendo.

Servendosi di arti diaboliche, il popolo senza-Dio cercò di sedurre i discepoli di Noè.

La prima vittima di questo popolo fu Mosoc, figlio di Jafet e nipote di Noè. Un giorno, mentre egli si trovava al lavoro nei campi, fu inebriato dai malvagi con il succo di una pianta. Essi gli avevano dato a credere che fosse vino[44].

Mosoc divenne il padre di Hom[45] e pregò suo fratello Tubai di prenderlo con sé per nascondere la sua ignominia. Per amore fraterno Tubai prese il bimbo e lo portò a casa sua; lo nutrì con una radice e lo chiamò come la medesima, da qui prende origine il suo nome.

Quando Hom fu portato sull’arca della salvezza la radice con cui si nutriva fu utile a tutti.

Vidi le indicibili sofferenze che Noè patì durante la costruzione dell’arca. Gli operai da lui assunti erano molto cattivi nei suoi confronti e lo trattavano come un buffone pazzo, perché nessuno di essi conosceva lo scopo di quella costruzione assai balorda. Nonostante il compenso pagato in bestiame fosse buono, gli operai non perdevano occasione per deridere Noè. Egli stesso trasportava le tavole di legno sulle sue spalle curve; lo vidi simile al Redentore sotto il peso della croce.

Per la costruzione dell’arca fu adoperato il legno delle palme, degli olivi, dei cetri e dei cipressi. Il cantiere si trovava su una collina circondata da una valle.

Dapprima fu costruita la base dell’arca. Quando la base fu ben impeciata e rifinita, fu posta la prima fila di pali. Su questi venne posta una seconda base, o pavimento, sul quale un’altra fila di pali sorreggeva il tetto.

L’arca fu dunque costruita in due piani ed era chiusa sopra. Ogni piano era suddiviso in piccoli locali separati con muschio, ovatta da alberi e piante di tutti i tipi e di tutte le grandezze. Al centro del tetto c’era un finestrino quadrangolare.

Quando l’arca fu tutta impeciata splendeva come uno specchio al sole. Vidi Noè lavorare da solo nel locale dov’erano stati sistemati gli animali.

Nella costruzione dell’arca era stato considerato ogni minimo particolare e le necessità delle persone, ognuno aveva per sé un piccolo spazio separato dagli altri.

C’erano due lunghi corridoi, uno per ogni piano, che attraversavano l’imbarcazione. In fondo all’arca, nella parte rotonda, c’era un altare semicircolare di legno circondato da un tappeto rudimentale. Davanti all’altare si trovava un catino con del carbone acceso. A destra e a sinistra erano state costruite pareti separatorie dove erano state accatastate diverse suppellettili e cassette contenenti le riserve alimentari, gli esemplari delle piante, verdure, moltissime semenze e perfino arbusti, alcuni tutti verdi ancora conficcati nella terra ammassata alle pareti. Vidi anche viti con lunghi steli e grossi grappoli d’uva, insomma si era preparato tutto l’occorrente per l’inizio di una nuova vita dopo il diluvio.

Vidi Noè esausto per le fatiche, ma pieno di gratitudine verso Dio. Una notte l'Onnipotente gli apparve esortandolo a chiamare gli animali dai quattro angoli della terra, servendosi di un piffero.

Allora Noè iniziò a consumare sacrifici incruenti nell’arca: vidi l’altare rivestito con panni cultuali, uno rosso e l’altro bianco. Egli prese da una cassetta-reliquiario le ossa di Adamo e, mentre pregava e sacrificava il sacro incenso, le pose sopra l’altare su cui vidi un calice simile a quello dell'ultima Cena. Questo gli era stato portato da tre figure maschili vestite di bianco e che tempo dopo si sarebbero recate anche da Abramo per annunciargli la nascita del figlio. Le figure angeliche si erano recate da Noè esortandolo a salvare il calice dall’inondazione del mondo. Nel calice vidi un chicco di grano e un ramicello di vite, Noè li infilò in una mela gialla che mise nel calice scoperto.

Il ramicello doveva crescere. Vidi poi il calice passare in diverse mani fino a Melchisedeck che lo portò nella terra di Canaan[46].

Vidi che non c’era più il sole, grosse nuvole coprivano interamente il cielo e si preannunciava un forte temporale.

Quanto più si avvicinava il tempo del Giudizio tanto più il cielo si oscurava.

Allora Noè fece un tratto di strada con il piffero ed emise un suono per ognuna delle quattro direzioni del mondo. Dopo poco vidi giungere diversi animali. Procedevano verso l’arca con un certo ordine, una coppia per ogni specie, una femmina e un maschio. Molti erano di grande statura, come i bianchi elefanti e i cammelli, li vidi angosciati come se temessero la tempesta. Entrarono nell’arca salendo su una passarella di legno. Gli uccelli entrarono dal finestrino quadrangolare posto in alto sul tetto, volando diretti nelle grosse gabbie; mentre gli uccelli acquatici si diressero al primo piano dell’imbarcazione.

Il bestiame da macello arrivò in sette coppie per ogni specie e si diresse al secondo piano dell’arca.

Ebbi una visione dell’arca sull’altura dov’era stata costruita, nel suo colore blu lucente sembrava immersa nelle nuvole. Noè annunciò ai suoi che era molto vicino il tempo in cui il mondo sarebbe stato sommerso dalla grande inondazione. Egli aveva preso con sé sull’arca Sem, Cam e Jafet con le loro mogli e tutta la discendenza.

I nipoti di Noè avevano già cinquanta e ottant’anni; vidi i loro figli grandi e piccoli. Tutti quelli che avevano contribuito alla costruzione dell’arca e che erano rimasti liberi da ogni forma d’idolatria erano stati ammessi nell’imbarcazione della salvezza. Furono salvate dall’arca oltre cento persone, tutti dovevano prendere parte all’accudimento delle piante e dei numerosi animali che dovevano essere nutriti, le stalle e le gabbie pulite ogni giorno. Vidi i figli di Cam, di Sem e di Jafet e molti altri ragazzi e bambine, vidi anche Hom, erano tutti i buoni discendenti di Noè. Le Sacre Scritture menzionano solo Caino, Abele e Set come figli di Adamo, eppure, come già dissi, ne vidi anche altri. Probabilmente si tratta delle otto persone che vengono menzionate nella prima Lettera di Pietro (3, 20), le quattro coppie della stirpe di Adamo destinate a ripopolare la terra[47].

Quando l’acqua iniziò a crescere Noè e i suoi erano già tutti dentro l’arca.

Allora la famiglia di Noè con i suoi discendenti e tutti gli altri si immersero nella preghiera solenne di ringraziamento a Dio. Poi ritirarono i ponti e chiusero le porte dell’imbarcazione.

A terra erano rimasti perfino i parenti prossimi di Noè con i loro bambini più piccoli; erano tutti quelli che non lo avevano creduto e durante la costruzione dell’arca si erano allontanati da lui[48].

Scoppiò un terribile temporale, i fulmini calavano dal cielo come colonne di fuoco e la pioggia era torrenziale.

La collina dove stava l'arca fu presto sommersa. Vidi molte persone che, colte dalla disperazione, tentarono di salvarsi aggrappandosi sulla cima degli alti alberi e salendo sui monti; sull’acqua vidi galleggiare numerosi corpi di neonati.

Infine vidi calare una profonda oscurità sull’immensa catastrofe.

Mi apparve la figura terribile di un diavolo nero, con una lunga coda, che librava nella tempesta gettando gli uomini nella profonda disperazione.

Perfino i rospi e i serpenti cercavano qua e là il loro angolo per ripararsi dal diluvio.

In un’altra visione vidi la superficie terrestre completamente inondata: cadaveri, arbusti, alberi e carogne di animali galleggiavano sull’acqua.

“Le acque si ritirarono a poco a poco dalla terra e passati 150 giorni si abbassarono. Ai diciassette del settimo mese l’arca si fermò sulle montagne dell'Ararat, e le acque continuarono ad abbassarsi fino al decimo mese, e il primo giorno del decimo apparvero le vette dei monti. Trascorsi ancora quaranta giorni, Noè aprì la finestra dell’arca, che aveva fatto, e mandò fuori il corvo, il quale uscì andando e tornando, finché le acque non si furono prosciugate dalla terra e passati 150 giorni si abbassarono. Dopo mandò fuori la colomba per vedere se le acque fossero diminuite sulla superficie della terra..." (Gn 8,3-8).

Vidi l’arca approdare sulla cima di un'altissima montagna rocciosa, nella regione corrispondente all’attuale Siria. Parte della terra era già emersa dall’acqua. La terra che emergeva lentamente era ricoperta da una fanghiglia verde, come se fosse muffa.

Subito dopo il diluvio, per alcuni mesi, gli abitanti dell’arca mangiarono solo molluschi marini e pesci; più tardi mangiarono anche pane e uccelli, ma solo quando questi ultimi avevano iniziato a moltiplicarsi. Appena la terra si asciugò essi piantarono e seminarono, allora il terreno, che era diventato molto fertile, diede spighe di grano alte e robuste.

Noè mise il primo accampamento nella pianura, nello stesso luogo in cui Abramo pianterà la sua tenda. Solo più tardi gli abitanti dell’arca piazzeranno le tende su un monte del Caucaso, o del Libano. Vidi scendere la maledizione di Noè su Cam sotto forma di una nuvola nera, mentre Sem e Jafet invece ricevettero la sua benedizione. Li vidi inginocchiati dinanzi a lui mentre l’accoglievano.



Maledizione di Cam, benedizione di Sem e Jafet

"I figli di Noè che uscirono dall’arca erano: Sem, Cam e Jafet. Cam è il padre di Canaan. Questi sono i tre figli di Noè e da questi fu ripopolata tutta la terra. Noè cominciò a far l’agricoltore e piantò una vigna; ne bevve il vino, s’inebriò e dormiva ignudo all'interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e corse fuori a dirlo ai suoi fratelli. Ma Sem e Jafet presero un mantello, se lo misero sulle spalle, e camminando all'indietro, coprirono la nudità del loro padre; e siccome avevano la faccia volta all’indietro, non videro la sua nudità.

Quando Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, apprese ciò che gli aveva fatto il suo figlio minore e disse: ‘Maledetto sia Canaan! Sia per i suoi fratelli l’ultimo degli schiavi!’.

Poi soggiunse: ‘Benedetto sia Sem dal Signore Iddio e sia Canaan suo servo! Iddio estenda Jafet, e abiti nelle tende di Sem, e sia Canaan suo servo!’. Noè, dopo il diluvio, visse ancora 350 anni. Tutto il tempo che visse Noè fu di anni 950, poi morì" (Gn 18-29).

Frattanto Cam, dopo la maledizione del padre, era stato interamente avvolto dalle tenebre; quando la nuvola oscura si diradò egli aveva perduto la luminosità e perfino la pelle gli si era scurita.

Dal tempo di questa maledizione egli rimase scuro così come la sua anima.

Vidi Tubai[49] e il figlio di Jafet, con i suoi figli e i figli di suo fratello Mosoc, farsi istruire da Noè su una lontana regione che avevano intenzione di abitare. Erano in tutto quindici grandi famiglie. Compresi che Tubai voleva allontanarsi dai figli di Cam.

Noè pianse quando questa gente prese commiato da lui, poiché costoro erano rivolti verso il bene e camminavano con Dio. Erano molto belli, i loro capelli rossi, o color dell’oro, avevano riflessi scintillanti; portavano pellicce di lana tenute chiuse da cinture, le braccia erano nude, lo notai che queste pellicce erano state appena tolte agli animali uccisi, perché erano sporche di sangue.

Essi non avevano molti bagagli, ma portavano però molte casse piene di semi e radici. Non vidi cammelli, ma cavalli, asini e quadrupedi dalle grandi corna, simili agli alci.

Noè, lanciando uno sguardo nel lontano nordest, si fece promettere dalle famiglie di Tubai che esse avrebbero conservato la fede e osservato la legge Divina. Poi prese dall’arca cinture, vesti e arredi sacri, donandoli ai capifamiglia, facendosi promettere che li avrebbero indossati solo nelle occasioni solenni, e che non sarebbero stati mai usati dai discendenti non benedetti.

Egli diede a Tubai e al suo popolo anche un vaso di pelle contenente un bussolo d’oro a forma di un uovo[50].

Infine Noè consegnò loro alcuni rotoli di pelle al cui interno si trovavano piccolissimi e strani bastoncini di legno.

La brava gente quindi partì e raggiunse la regione del nordest, piazzando le tende ai piedi di un monte altissimo e coltivando tutta la terra circostante. Alla fine eressero un lungo pergolato sotto il monte, che era caldo e accogliente da un lato, ma freddo e inabitabile dall’altro[51]. Più tardi l’intera regione, compresa anche l’altra parte del monte, divenne molto fredda e inabitabile, tanto che un nipote di Tubai, Dsemschid[52], decise di trasferirsi con la sua famiglia verso il sudovest.

La maggior parte del seguito di Dsemschid non aveva conosciuto Noè perché era nata qui, ai piedi del monte; solo i pochi anziani rimasti si ricordavano di aver preso commiato da lui. Questi furono adagiati su lettighe rudimentali e portati via con molta premura.

Vidi Hom adulto. Lo vidi diverso dagli altri: aveva una statura gigantesca e il suo aspetto era molto serio; indossava l’abito sacerdotale e un lungo mantello. Egli viveva solitario sulla cima del monte, osservando le stelle e praticando la magia. Una notte il diavolo lo visitò e gli mostrò il suo futuro. Hom vide che avrebbe fondato un ordine esoterico magico e che la sua dottrina avrebbe ottenebrato l’insegnamento di Enoc[53]. Compresi che il Maligno voleva intorbidare, per suo mezzo, l’insegnamento di Enoc e di Noè al quale si ispiravano i discepoli di Tubai. Hom, influenzato dalle visioni del diavolo, istillò falsi insegnamenti nell’antica verità. Egli studiava e osservava le stelle e spesso aveva visioni ingannatorie, le quali solo apparentemente erano simili e conformi alla verità insegnata da Noè e da Enoc. In effetti le sue visioni conducevano all’idolatria e alla legge del demonio. Tubai, che era un uomo spirituale e devoto a Dio, guardava con molto sospetto questi insegnamenti. Inoltre egli era triste perché il padre di Dsemschid, che era un fedele seguace di Hom, finì posseduto dallo spirito di questo mago.

Hom aveva un buon contatto con l’acqua e il fuoco; poteva deviare a piacimento il corso dei fiumi e insegnava che Dio viveva nel fuoco. Quando unì due fonti d’acqua in un sol fiume, che poi diventò un torrente impetuoso, fu venerato dai suoi seguaci come un Dio. Egli estraeva da una pianta medicinale un succo che beveva da un vaso di metallo scuro. Questi vasi venivano prodotti da una famiglia che abitava in una regione molto lontana.

Vidi gli appartenenti a questa stirpe sparpagliati su un monte. Essi erano intenti ad accendere fuochi e maneggiare un metallo liquido bollente che lasciavano scorrere in alcune forme come vasi.

Hom non era sposato e non invecchiava mai; ebbe però molte visioni sul suo trapasso. Quando morì non restò più nulla di lui, il nemico dell’umanità prese anche il suo corpo. I suoi seguaci però erano convinti che egli, come Enoc, sarebbe ritornato al santo luogo da dove era venuto.

Dsemschid, invece, grazie alla sua saggezza, divenne la guida della sua stirpe[54]. Il suo popolo fu destinato da Dio a moltiplicarsi e a divenire saggio. Egli era severo e di poche parole, ma di grande cuore e molto prudente.

Il carisma di Dsemschid era dovuto anche al suo aspetto nobile e intelligente. Dotato di un temperamento molto vivace guidò il suo popolo verso le regioni calde. Egli aveva appreso l'insegnamento di Hom, ma l’aveva modificato attraverso lo studio degli astri e ne praticava il lato migliore.

Il suo popolo era devoto al culto del sacro fuoco e custodiva la tradizione e la saggezza della propria razza.

Dsemschid ebbe cura che la gente non si allontanasse mai dalle proprie origini e dall’antica tradizione.

Frattanto vidi che gli altri popoli che si moltiplicavano sulla terra erano quasi tutti selvaggi, aggressivi e rozzi. Nessuno di essi era paragonabile a quello di Dsemschid per nobiltà, mitezza e saggezza.

Vidi questo "Condottiero di Dio” spesso tastare il terreno con uno strano strumento, che fu poi chiamato “vomere d’oro". Secondo i segni che ne riceveva dalle proprietà della terra egli stabiliva se formare insediamenti, coltivare i campi o costruire strade di pietra.

Vidi che Dsemschid dapprima restava in silenziosa contemplazione dinanzi al suo vomere, poi infilava un bastoncino nel terreno[55] oppure passava avanti. Il simbolo dello strumento era disegnato sulla sua veste in luogo delle tasche.

Il vomere d’oro" di Dsemschid ricorda quello che Giuseppe e Asenet portarono in Egitto per misurare il campo; questo però era più simile ad una croce e aveva sopra un anello che serviva a legarlo nel deposito.

Dsemschid indossava spesso un pesante mantello; vidi che dalla cintura gli scendevano lungo i fianchi quattro strisce di pelle che erano legate sotto le ginocchia, due dietro e due davanti.

Ai piedi portava rudimentali calzari di pelle mantenuti da cinghie. Sul petto aveva un'iscrizione a lettere d'oro che cambiava secondo le indicazioni astrologiche. Sulla testa portava una corona d’oro a dentelli, sul lato frontale fuoriusciva un lungo ferro, a forma di corno.

Dsemschid parlava molto dell'immortalità di Enoc. Era convinto che quest’ultimo avesse in sé tutte le qualità di Noè, da lui adorato come il padre e il custode di tutto il bene. Nella sua tenda vidi il vaso d’oro ovale che avrebbe custodito il primo fuoco; aveva un coperchio simile ad una corona traforata e sarebbe stato salvato da Noè.

Quando Dsemschid metteva l'accampamento agganciava il vaso sotto una tenda variopinta, considerata il centro della vita spirituale della comunità. Sotto la tenda si accendeva il fuoco sacro, si pregava e si consumavano sacrifici, mentre “il Condottiero di pace” insegnava al suo popolo che Dio abita nella luce e nel fuoco, servito dagli spiriti e dalle divinità. Dsemschid affidò ad alcuni fedeli il compito di insediarsi in una regione arida, per dare vita e verzura alla terra sterile. Per favorire le osservazioni astrologiche egli fece costruire alte torri munite di gradini.

Tra le sue consorti ne vidi una bellissima e di una stirpe superiore, con essa "il Condottiero di pace" ebbe il suo successore. Vidi che le donne vivevano separate dagli uomini ed erano a loro molto dipendenti, indossavano corte gonnelline e tutta la parte superiore del corpo era coperta da una retina tenuta da cinghie. La gola era cinta da una stoffa decorata che scendeva fino alle ginocchia.

Vidi che tutti gli insediamenti fondati da Dsemschid avevano strade in direzione di Babele, egli però non giunse mai in questa città.

Le terre da lui coltivate erano quasi tutte disabitate. Non ho mai veduto che scacciasse o facesse violenza ad altri popoli, era sempre pacifico ed animato da buoni propositi. Per questa sua caratteristica fu chiamato “il Condottiero di pace”. Infatti la sua missione sembra che fosse quella di costruire insediamenti e seminare campi. Dsemschid cavalcava un piccolo quadrupede a strisce, non era né un puledro e nemmeno un asino[56]. Il suo seguito invece usava cavalli o asini. Vidi questo popolo lasciare la regione dove viveva perché un cambiamento climatico aveva reso il paese inabitabile.

Dsemschid attraversò con la sua gente un’altissima montagna ghiacciata; molti morirono. Dopo alcuni anni furono costretti a lasciare il nuovo insediamento per sfuggire alle persecuzioni di un popolo violento. Nelle sue frequenti migrazioni questa gente incontrò popolazioni bisognose d’aiuto, come anche singole persone che sfuggivano ai numerosi tiranni del tempo. Tutti si sottomettevano volentieri al “Condottiero di pace”, perché egli era mite e donava loro grano, libertà e benedizioni. Infatti Dsemschid era molto benevolo con i bisognosi che, come Giobbe, erano stati derubati e cacciati via dai paesi di origine. I nuovi aggregati non conoscevano ancora il fuoco, essi cuocevano il pane sulle pietre riscaldandolo ai raggi del sole. Allorché Dsemschid mostrò loro il fuoco fu subito considerato un vero dio. Una volta egli incontrò un popolo che usava sacrificare i bambini seppellendoli vivi vicino ad un idolo mostruoso. Allora costrinse questa gente assai malvagia ad interrompere tale atrocità e portò nel suo accampamento le piccole vittime, consegnandole ad alcune donne. Quando i fanciulli crebbero s’inserirono tra la popolazione.

Dopo numerose migrazioni, Dsemschid mise l'accampamento in un territorio meridionale a sinistra del monte dei profeti. Poi proseguì verso il Caucaso. Nei tempi antichissimi questa regione era molto popolata mentre i nostri paesi[57] erano solo pantano e foreste.

Nelle zone meridionali della Terra si ebbero i primi veri insediamenti umani.

Un famoso discendente di Dsemschid fu Zoroastro, "Astro splendente”[58], che rinnovò l'insegnamento del suo progenitore. Dsemschid incise sulle tavole di pietra le leggi da dare al suo popolo in una lingua primitiva e antichissima, la quale aveva una vaga somiglianza con quelle classiche dell’antichità. Una sola parola aveva il significato di un’intera frase.

Secondo quanto vidi, la storia di Hom e Dsemschid fu insegnata da Gesù ai filosofi pagani di Lanifa[59].

Questi ultimi avevano un alto concetto di Dsemschid; essi erano convinti che egli fosse stato un re dell’antichità, e che sarebbe giunto in India con un pugnale d’oro ricevuto da Dio.

I filosofi pagani sapevano già per scienza infusa che Dsemschid avrebbe fondato molti paesi e vi avrebbe diffuso la sua benedizione. Essi chiesero a Gesù i particolari su questa guida straordinaria. Il Salvatore rispose che costui era un uomo intelligente, saggio e naturale, donato di grazia e destinato quindi da Dio ad essere guida luminosa dei primi popoli della terra. Egli aveva guidato i suoi sulla via della salvezza dopo la caduta della torre di Babele e la dispersione delle genti. Inoltre aveva sottoposto alcuni paesi a guide valenti simili a lui. Tutto questo era stato possibile perché la sua stirpe viveva alquanto nella luce e non si era oscurata nella coscienza come le altre.

Gesù però spiegò ai filosofi quali storie fantastiche circolassero intorno al noto personaggio di Dsemschid, e come sarebbe stato scambiato erroneamente per il prete Melchisedek. Allora i filosofi chiesero a Gesù informazioni sul re di Salem[60]. Il Signore, con voce bonaria, raccontò loro che costui istruì alla legge celeste le buone famiglie di contadini che poi insediò nelle nuove regioni.

Inoltre si occupò di mantenerli puri e pronti ad accogliere la luce dello Spirito Santo, affinché potessero essere capaci della promessa e dell’alleanza con Lui.

Gesù spiegò ai saggi ciprioti che Melchisedek rappresentava innanzitutto un simbolo che viveva presente nei cuori degli uomini di buona volontà. Era l’immagine dell'uomo vicino alla grazia della salvezza, il santo che possedeva la verità della promessa e del mistero svelato.

Melchisedek fu l’iniziatore del sacrificio del pane e del vino portato a compimento da Gesù Cristo, che lo confermerà fino alla fine dei tempi.




Brentano - Emmerick: Misteri AT 800