Brentano - Emmerick: Misteri AT 1900

19 Giacobbe

1900 114-115

Riferimenti biblici

Ecco la storia di Isacco, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco; e Isacco all’età di quarant'anni prese per moglie Rebecca, figlia di Batuel, l’Arameo, di Paddan-Aram, e sorella di Labano, pure arameo. Isacco pregò il Signore per sua moglie, perché era sterile. Il Signore lo esaudì e Rebecca, sua moglie, concepì.

I figli si urtavano nel suo seno ed ella disse: "Se è così, che sarà di me?”. E andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose:

“Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli, nati da te, si separeranno. L’uno sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà al minore”.

Quando giunse il tempo di dare alla luce, ecco che due gemelli erano nel suo seno.

Quello che nacque per primo era rosso e tutto come un mantello di pelo e gli fu posto nome Esaù, il peloso. Poi nacque suo fratello, il quale con la mano teneva il calcagno d’Esaù e gli fu posto nome Giacobbe. Quand’essa diede alla luce Isacco, aveva sessantanni (
Gn 25,19-28).



Le visioni

Rebecca sapeva che Esaù non possedeva nessuna luce per penetrare nei misteri divini.

Esaù era balordo e pigro, stava sempre a caccia e aveva due mogli che non godevano la stima dei genitori. Il suo nome significa “il peloso”.

Giacobbe, invece, era molto vivace, intelligente e più vicino a sua madre. Il suo nome significa “Colui che Dio protegge”[112]. Isacco, il padre, preferiva Esaù[113] ed era intenzionato a dargli la benedizione. Infatti quando fu molto avanzato nell’età e cieco, temendo di morire, lo mandò a chiamare.

Rebecca tentò invano di persuadere suo marito a cambiare idea, ma questi la respinse ed ordinò ad Esaù di cacciare della buona selvaggina per lui e di cucinargliela, poi avrebbe ottenuto la benedizione. Rebecca, che aveva ascoltato tutto[114], mise Giacobbe al corrente e gli disse: "Presto, va’ subito al gregge, scegli due capretti, lo li cucinerò come piace a tuo padre; tu glieli presenterai e riceverai la benedizione in luogo di Esaù”. Giacobbe ribadì che se il padre l'avesse palpato avrebbe subito riconosciuto che non aveva le braccia pelose di Esaù, quindi l'avrebbe maledetto invece di benedirlo. A quest’obiezione vidi Rebecca pensierosa, poi così rassicurò suo figlio: “Se vi sarà maledizione ricadrà su di me! Tu non ti preoccupare, fa’ quello cheti dico”. Fiducioso nelle parole della madre, Giacobbe corse a prendere gli animali. Dopo poco tempo egli fu di ritorno con due bei capretti; mentre Rebecca preparava la pietanza gustosa per il vecchio Isacco fece indossare a Giacobbe la veste più bella di Esaù. Con le pelli dei capretti gli ricoprì le mani, le braccia, il collo[115] e gliele pose anche sul petto.

Quando Giacobbe, timoroso, si presentò dal padre col piatto appetitoso, Isacco, dopo aver mangiato, gli domandò: “Sei proprio Esaù? La voce è quella di Giacobbe”. Insospettito dalla voce, tastò le braccia, il petto e le mani di suo figlio. A questo punto intervenne la volontà di Dio, lasciando credere al vecchio che quel corpo fosse di Esaù. Così il padre gli diede la promessa benedizione[116]: “Avvicinati e abbracciami figlio mio!”. Prima dell’incontro con suo figlio, Isacco aveva preparato con l’aiuto di Rebecca una misteriosa bevanda in un calice fatto di madreperla, il liquido era trasparente e rossiccio. Ebbi la percezione che fosse il sangue d'Isacco misto ad acqua.

Vidi Giacobbe scoprire il petto e rimanere diritto dinanzi al padre cieco. Il quale gli benedisse la fronte con la mano destra, poi scese e gli benedisse l’alto ventre, quasi all’altezza dello stomaco, e ancora la spalla destra e quella sinistra. Allora, pregando ad alta voce, e ponendo la mano destra sul capo e la sinistra sul cuore di Giacobbe, Isacco lo invitò a bere dal calice di madreperla.

Mentre Isacco tracciava nel vuoto i segni della benedizione, vidi che Giacobbe teneva le mani aperte a mezza altezza come i preti usano fare con il dominus vobiscum[117].

Allorché il padre toccò il petto del figlio ebbi l’impressione di assistere ad una sublime operazione mistica: come se Isacco avesse messo un cuore nuovo nel corpo di Giacobbe continuando a crederlo Esaù.

Alla fine della benedizione vidi il vecchio completamente esausto, come se avesse lasciato scorrere tutto il suo sangue nelle vene del figlio. Così compresi il motivo per cui egli aveva voluto nutrirsi prima della cerimonia.

Frattanto Esaù, ritornato dalla caccia, nonostante fosse sfinito, cucinò e si recò dal padre. Quando scoprì l’inganno divenne furente, in verità più per l’invidia che per la sofferenza della mancata benedizione.

Dopo aver lottato fisicamente con Giacobbe, Esaù sembrò accontentarsi di un piatto di lenticchie, carne e foglie di lattughe; un buon pasto offertogli dal fratello in cambio del riconoscimento dell’acquisita primogenitura.

Quando avvenne quest’episodio i due fratelli avevano superato la quarantina.

Rebecca, vedendo che la rabbia di Esaù non si era esaurita con il pasto ma rimaneva ancora assai grande, esortò Giacobbe a rifugiarsi da suo fratello Labano.

Vidi che prima di partire egli prese commiato dai genitori. Isacco lo benedì ancora una volta e gli consigliò di prendere in sposa una delle figlie di Labano; Rebecca pianse mentre salutava il figlio sulla via verso la Mesopotamia. Forte della benedizione paterna lo vidi partire verso il nord, indossava una lunga veste, sotto i piedi portava suole sostenute da legacci e intorno al capo aveva una fascia arrotolata. In una mano teneva un lungo bastone e sotto l’altro braccio aveva una bottiglia, portava un sacco pieno di pane appeso alla spalla; non aveva nient’altro con sé. Lo vidi dormire nello stesso luogo dove fu fondata Betel[118].

Al tramonto del sole Giacobbe pose una pietra sotto il suo capo e dormì disteso sulla schiena, con il bastone appoggiato sulle braccia. Vidi la scala che egli sognò[119] in quella notte, e udii le parole del racconto biblico:

“lo sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo Padre, e Iddio d’Isacco! lo darò a te e alla tua progenie la terra dove tu riposi; e la tua progenie sarà come la polvere della terra; ti estenderai a Occidente e a Oriente, a settentrione e a mezzogiorno e, in te e nella tua progenie, saranno benedette tutte le nazioni della terra. Ed ecco io sono con te; ti custodirò dovunque andrai, e ti ricondurrò in questa terra, poiché non ti abbandonerò, finché non avrò compiuto quanto ti ho promesso” (Gn 28,13-16).

Allora vidi intorno alla scala crescere una verde vite sulla quale c’erano molte immagini, era tutta la progenie di Isacco. La vite passava sul suo corpo e continuava fino alla cima della scala, arrivando al cielo. Essa si divideva in tre rami, i cui germogli, nella cima che terminava in cielo, formavano una piramide trilatera.

Vidi tutta la generazione di Giacobbe aumentare e salire la scala, fino a giungere a Gesù.

Giacobbe si svegliò al mattino e costruì un rudimentale altare con alcune pietre piatte, e la pietra che gli era servita da giaciglio. Quindi accese un fuoco sotto le pietre sacrificandovi sopra qualcosa, poi versò un liquido su esso attraverso le pietre,

Io credo che egli avesse acceso il fuoco per mezzo dello sfregamento di due pietre piatte, come avevo visto fare i Re Magi. Giacobbe rimase inginocchiato dinanzi all’altare per molto tempo, poi riprese il viaggio con il suo bastone in pugno. Ad Ainon, dove sostò, fece scaturire una fonte d’acqua che servirà a Giovanni come fonte battesimale. Lo vidi ancora pregare a Mahanaim. Siccome Dio lo proteggeva gli preservò intatta la veste che indossava fino al suo arrivo in Mesopotamia. Sulla sponda orientale del fiume Jabbok, nello stesso luogo dove avrebbe lottato con l’Angelo, Giacobbe ebbe la visione di due schiere di spiriti celesti. Quando li vide librare nell’aria vicino ai suoi fianchi comprese che gli erano stati inviati da Dio per proteggerlo. Il compimento di questa visione lo avrà sulla via del ritorno.

Vidi Giacobbe[120] mentre fuggiva dalla Mesopotamia con le mogli e i figli, il bestiame e la servitù. Era inseguito dal suocero Labano convinto di essere stato derubato degli idoli, mentre la vera responsabile del furto era sua figlia Rachele. Vidi i cinque idoli, erano di un materiale assai strano simile al metallo.

Mentre Labano inseguiva Giacobbe sentì una voce che gli disse: "Bada di non dire niente a Giacobbe, proprio niente!’’. Obbediente al comando celeste, egli raggiunse il corteo di Giacobbe animato da sentimenti pacifici.

Intanto Esaù si muoveva con un seguito di quattrocento uomini per aggredire il fratello. Giacobbe, che lo temeva, gli inviò incontro dei messaggeri colmi di doni.

Poi fece guadare alle sue mogli e ai figli il fiume Jabbok e rimase solo con alcuni servi ad affrontare la collera di Esaù. Nell’attesa, aveva piazzato la sua tenda sotto le stelle in quello stesso luogo dove aveva avuto la visione degli spiriti celesti. La tenda era aperta nella parte superiore. Giacobbe si preparò alla preghiera, chiuse la tenda da tutti i lati e allontanò i servi. Aveva il capo rivolto al cielo stellato come se volesse rivolgersi a Dio in modo diretto, per gridare soprattutto la sua paura dinanzi all’avanzare di Esaù.

Mentre Giacobbe pregava, improvvisamente vidi scendere dall’alto una luce possente in cui si delineava una grande figura che gli si pose davanti.

A quella vista Giacobbe divenne estatico e iniziò a lottare con lei. Mi sembrò che la grande figura circonfusa di luce divina lo volesse gettare fuori dalla tenda, vidi che lo afferrò sbattendolo in tutte le direzioni del mondo. Giacobbe però aveva afferrato bene la strana figura lucente e riuscì sempre a mantenersi al centro della tenda. Mi fu rivelato che questa scena rappresentava simbolicamente Israele, che pur spinta da tutte le parti non sarà mai scacciata via.

Quando Giacobbe si volse verso il centro della tenda la figura lucente, che era un Angelo[121] stupendo, lo afferrò nell’anca e così gli disse: “Lasciami andare che spunta l’aurora". Udendo queste parole, Giacobbe si risvegliò dall'estasi e vide l’Angelo dinanzi a lui, e pronto gli rispose: “No! Non ti lascio andare, se non mi benedici”; egli aveva un gran bisogno di questa benedizione perché si sentiva debole e temeva l’arrivo di Esaù. Allora l’Angelo gli chiese: “Come ti chiami?”. Questa domanda apparteneva già alla benedizione. Egli rispose: “Giacobbe”, e l’Angelo: “Tu ti chiamerai Israele perché sei stato forte contro Dio e gli uomini, ed hai vinto”[122]. Udii Giacobbe domandargli a sua volta: “Dimmi anche il tuo nome, ti prego?”. “Perché domandi, non mi conosci?”, allora vidi Giacobbe cadere ai suoi piedi contrito in timorosa riverenza. L’Angelo luminoso gli si avvicinò e lo benedisse, così come Dio aveva fatto con Abramo che a sua volta trasmise la benedizione ad Isacco.

Questa benedizione infondeva particolare pazienza e perseveranza a chi la riceveva.

Allorché l’Angelo scomparve Giacobbe vide l’aurora. Chiamò questo luogo Penuel, cioè Volto di Dio, perché “Ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva” (Gn 32,25-31).

Dopo aver vinto l’Angelo, Giacobbe non temette più Esaù, allora fece togliere la tenda e guadò anch’egli il fiume Jabbok.

Lo vidi camminare al tramonto, zoppicava sul lato destro dove l’aveva afferrato l’Angelo, ed era esausto per la lotta sostenuta, ma lo vidi felice e nella grazia di Dio.

"Affida al Signore il tuo cammino, metti in lui la speranza: egli agirà.

Farà brillare come luce la tua giustizia, il tuo diritto a guisa del meriggio..." (Ps 37).



Quando Dio lotta e si arrende

Che Nostro Signore ci volti e ci giri a sinistra o a destra; che, come tra gli altri fece con Giacobbe, ci stringa e ci storca in cento modi: ci opprima ora per un verso, ora per l'altro-, in breve, ci faccia pure mille mali, noi non lo lasceremo fino a che non ci abbia dato la sua eterna benedizione.

Così, Figlia mia, Dio non ci abbandona mai che per trattenerci meglio, non ci lascia mai che per custodirci meglio; non lotta mai con noi se non per arrendersi a noi e benedirci.

San Francesco di Sales, Lettera dell’8 settembre 1605 a Santa Giovanna di Chantal



Finalmente Esaù andò via[123] per sempre e Giacobbe prese possesso della regione di Sukkot; aveva con sé molti servi e il suo gregge. Abitò la collina Ainon per dieci anni. Poi estese il suo insediamento verso settentrione fin oltre il fiume Giordano, in direzione di Salem.

Vidi che Abramo, Isacco, Giacobbe, e i padri antichi indossavano vesti lunghe ed erano segnati alla destra del corpo con una piccola protuberanza, simile ad un grosso seme lucente.

Era un segno della santità, una benedizione, un mistero. Anche il primogenito Esaù era nato con questo segno perciò Isacco ebbe una pronunciata preferenza per lui; ma la madre aveva visto lo stesso segno anche sul corpo di Giacobbe[124]. Quando l’Angelo colpì Giacobbe all’articolazione del femore destro gli conferì la benedizione celeste; non lo ferì, ma gli rimase una protuberanza.

Giacobbe aveva stretto a sé l’Angelo perché inconsciamente voleva salvarsi dall'insicurezza e dalle preoccupazioni.

Egli sapeva bene che quel segno profondo di santità esisteva nella sua carne e nel suo spirito ed era necessario che uscisse fuori con l’aiuto dell’Angelo, perciò non lo lasciò andare. Lottò con lui e lo mantenne finché non ottenne la benedizione che lo svegliò alla vera vita in Dio.

Anche Giuseppe ricevette la benedizione di un Angelo mentre si trovava nelle carceri del Faraone d’Egitto.



21 La storia di Giuseppe e Asenet

2100
Riferimenti biblici (
Gn 37,1-50,26).

Giuseppe, figlio di Giacobbe, è venduto dai fratelli, che l’odiavano a causa dei suoi sogni, agli ismaeliti.

“I fratelli gli portavano invidia, suo padre invece stava ad osservare le cose” (Gn 37,11).

I fratelli si accordarono per farlo morire. Ma Ruben, uno dei fratelli, indusse gli altri a non ucciderlo. Infine fu venduto agli ismaeliti. Costoro vendettero Giuseppe in Egitto a Putifar, ufficiale del Faraone, capitano delle guardie (Gn 37,36). Resistette alla moglie di Putifar, e fu messo in prigione. Spiegò i sogni dei compagni di carcere, spiegò i sogni del Faraone.

In seguito alla giusta interpretazione del sogno del Faraone venne creato viceré d’Egitto. Gli fu data in moglie Asenet, figlia di Putifar, sacerdote di On. Ella generò due figli maschi. Giuseppe mise a dura prova i fratelli.

Giacobbe apprese la notizia che suo figlio era vivo ed era governatore di tutto l’Egitto (Gn 45,26).

Quando Giacobbe vide i carri che Giuseppe aveva mandato a prenderlo, il suo spirito riprese a vivere (Gn 45,27). Giuseppe incontrò Giacobbe che frattanto si era trasferito in Egitto dall'arida terra di Canaan. “Mio padre e i miei fratelli, coi loro greggi e i loro armenti e con tutto ciò che posseggono, sono arrivati dalla terra di Caan e si trovano già nella regione di Gessen” (Gn 47,1).

Gli israeliti si stabilirono in Egitto nella regione di Sichem. Giacobbe benedisse Manasse ed Efraim, i figli di Giuseppe (Gn 48,9). Giacobbe benedisse i suoi dodici figli (49, 1). Morte di Giacobbe (Gn 49, 28, 32); "E quando Giacobbe ebbe finito di dare questi ordini ai suoi figli, ritrasse i suoi piedi nel letto, rese il suo spirito e si riunì ai suoi padri” (Gn 49,33).

Le sue ossa furono allora trasportate via dall’Egitto e collocate a Sichem.

Giuseppe morì in età di centodieci anni e venne imbalsamato, poi deposto in un sarcofago, in Egitto (Gn 50,26).



Le visioni

Vidi Giuseppe che era molto amato dalla gente. A sedici anni viene venduto dai fratelli ad una carovana di ismaeliti diretti in Egitto[125].

Aveva una statura media, era slanciatissimo e portava i capelli divisi in tre file.

Quando fu viceré d'Egitto portava i capelli rasati, più tardi di nuovo lunghi.

Suo padre, Giacobbe, aveva pensato di proteggere Giuseppe con una lunga veste colorata[126] e alcuni frammenti delle ossa di Adamo, ben sapendo che i suoi fratelli non l’amavano. Giuseppe, senza conoscerne la provenienza, custodì le reliquie in un sacchettino di pelle che portava appeso al collo. Quando i suoi fratelli lo vendettero gli tolsero la sua veste colorata e anche la tunica da lui indossata quel giorno, ma non gli levarono il sacchettino di pelle con le reliquie.

Lo vidi seminudo, coperto solo con una fascia sul basso ventre e una specie di scapolare contenente i frammenti delle sante ossa.

La veste che gli aveva donato suo padre era bianca con larghi nastri rossi, sul petto aveva tre bende nere trasversali con ornamenti gialli, era leggermente tagliata ai lati in modo da permettere buoni movimenti e più larga sotto di quella che portano i nostri preti[127]. La tunica solita che Giuseppe indossava era invece lunga fino alle ginocchia.

Durante la sua permanenza nelle carceri del Faraone Giuseppe divenne noto ai sovrani d’Egitto per la sua arte profetica.

Quando poi divenne luogotenente di Putifar, e andò ad abitare nella sua casa, si occupò così bene degli affari del suo padrone che lo fece risplendere agli occhi del Faraone.

Allora quest’ultimo volle conoscere Giuseppe. La moglie del Faraone, che era molto predisposta alla scienza divina, appena lo vide finì per venerarlo come un dio. Entrata in contatto con il lucente carisma di Giuseppe, prese il Faraone e così gli disse: “Quest’uomo è stato inviato senz’altro dai nostri dei per proteggere l’Egitto, egli è certamente un essere divino”. Giuseppe venne quindi accolto alla corte del Faraone, la cui moglie gli donò il calice che poi egli consegnerà a Beniamino[128].

Il calice è sempre quello che vidi custodito da Noè sull’arca, e che fu poi usato da Abramo e Melchisedek per celebrare l’antica Alleanza. Questa volta ne vidi meglio anche i particolari: di trasparenza stupenda, nella parte superiore era simile al calice della Cena del Signore, ai lati aveva però due piccoli manici ed era senza il piede. Durante l’esodo dall’Egitto vidi i figli d’Israele portarlo via in una cassa assieme ad alcuni vasetti. Giuseppe trascorse sette anni in carcere nella più grande afflizione, qui accolse e custodì il mistero della benedizione di Giacobbe come gli antichi padri. In carcere fu visitato dalla visione della sua progenie.

Dopo la sua scarcerazione la moglie di Putifar voleva sedurlo, ma egli, che era casto e devoto a Dio, non avrebbe mai fatto un torto al suo padrone. Quindi non dormì più nella sua casa quando Putifar era assente. Costei era una virago, una donna di grande statura e forte, con la pelle bruna; indossava spesso una stretta e fine tunica colorata, traforata e con immagini, sopra portava un’ampia veste. Giuseppe, che aveva ricevuto la massima fiducia da Putifar, appena comprese che le intenzioni della padrona non erano sincere, si ritirò.

Una volta lo vidi intento a compilare dei papiri; stava in una grande sala con altre persone che scrivevano in piedi. Allorché la consorte di Putifar, vestita in modo scomposto, lo avvicinò per parlargli egli si discostò subito da lei.

Presso il sacerdote pagano di Heliopolis vidi Asenet in clausura con sette fanciulle veggenti. Figlia di Dina e di Sichem era profetessa e coltivava la scienza degli idoli.

Asenet era dotata di un grande spirito di veggenza ed una inspiegabile e illuminata saggezza; Giuseppe sentiva molto rispetto e devozione per lei. Asenet agiva in silenzio ed era prodiga di consigli. Viveva molto ritirata perché la sua pronunciata bellezza e il luminoso carisma attiravano molta gente; era molto esperta circa l'astrologia egiziana. Nonostante avesse un’idea occulta ed errata della religione dei patriarchi non la vidi mai praticare arti magiche.

Spesso diveniva estatica e allora numerose visioni scorrevano dinanzi agli occhi della sua anima. Ebbe la conoscenza cosmica dell’immensità del Creato, della natura e del futuro dell’umanità, profetò l’esodo del popolo d’Israele attraverso il deserto. Asenet scrisse le sue conoscenze ed esperienze spirituali su numerosi rotoli; questi erano foglie di una pianta acquatica[129]. La vidi mentre tratteggiava lettere meravigliose, alcune delle quali avevano le figure di animaletti e uccelli.

Vidi che i numerosi rotoli[130] riempiti da Asenet provocarono l’incomprensione dei sacerdoti e dei dotti egiziani.

La veggente vedeva spesso il diavolo soffiare sulle dispute e piangeva disperata. Ma, tempo dopo, in seguito all’interpretazione corretta dei suoi papiri, Asenet fu venerata come Iside e Giuseppe come Osiride.

Vidi che il sacerdote aveva l’abitudine di sacrificare durante la notte, mentre Asenet, guidata dalla luce lunare, si recava su una torre dotata di un giardino pensile per contemplare il cielo stellato. Nelle estasi notturne ella vedeva la vera natura dell’universo e il mistero dei corpi astrali.

L’accoglimento di tutte queste verità le fu possibile solo perché era stata eletta da Dio.

Asenet restò sempre invisa ai sacerdoti pagani che ne temevano la santa popolarità; invano essi cercarono di muovere il popolo contro di lei.

Per mezzo delle sue rivelazioni Asenet riuscì ad introdurre nel paese molte novità utili, come l’uso delle vacche e degli altri animali. Inoltre insegnò l’arte della tessitura e della preparazione del formaggio, come diverse specie di artigianato fino ad allora non ancora conosciute in Egitto. Soprattutto ella si manifestò esperta guaritrice curando numerosi infermi. Giuseppe introdusse l’uso dell’aratro, istruendo i contadini e gli schiavi a maneggiarlo. Vidi che la profetessa faceva cuocere in grandissime caldaie la carne degli animali sacrificati, allo scopo che potesse essere conservata e usata durante le carestie. Le caldaie erano sepolte nella terra e il tempo di cottura era lunghissimo. Gli egiziani ne rimasero molto ammirati.

Ebbi una visione in cui Asenet e Giuseppe erano presso il sommo sacerdote. Lei si avvicinò a Giuseppe senza alcuna intenzione passionale, ma lui la scacciò via con un gesto della mano.

Allora Asenet si ritirò e pianse amaramente nella sua cella. Vidi i suoi capelli lunghissimi.

Notai che la santa donna portava un’immagine stupenda impressa sulla cavità gastrale dello stomaco: in un guscio a forma di cuore stava un bimbo con le braccia distese il quale manteneva in una mano un guscio più piccolo, nell’altra mano impugnava una coppa o un calice. Inoltre, nel guscio grande vidi tre spighe e la figura di una colomba che pizzicava un grappolo d’uva nel calice tenuto dal bambino. Giacobbe era a conoscenza di quest’immagine meravigliosa impressa sul corpo di sua nipote. Quando entrò in Egitto e seppe da suo figlio di Asenet, egli conobbe subito che si trattava della sua parente. Anche Giuseppe portava un segno impresso sul petto, però molto semplice: l’immagine di un grappolo d’uva con molte bacche.

Un Angelo apparve ad Asenet, aveva un fiore di loto nella mano e indossava la veste lucente delle celebrazioni solenni. Lei lo guardò e si coprì. L’Angelo, salutandola, le comandò di vestirsi a festa e di preparargli un pasto. Asenet allora si ritirò per ricomparire dopo poco vestita a festa, portava un tavolinetto con sopra del vino e dei panini[131] lievitati nella cenere. Ella non era timida di fronte alle sante apparizioni, ma umile e dimessa come Abramo e gli antichi padri.

Quando l'Angelo le chiese del miele lei gli disse che non ne mangiava, come le altre vergini, e quindi non ne aveva.

A questa risposta lui la informò che il miele si trovava tra gli idoli della sua stanza. Infatti vidi che Asenet aveva nella stanza adiacente numerose statue con la testa di animale e il corpo di serpente. Ai piedi di uno di questi idoli ella vide un grande favo[132], che subito depose ai piedi dell’Angelo.

Egli lo benedisse e ne mangiò una parte. A questo punto vidi il miele rilucere.

Subito dopo Asenet disse all’Angelo che non voleva mai più bere vino, ma sentiva la necessità del miele[133].

Allora l’Angelo la benedisse e guidò il dito nelle quattro direzioni. Questo significava che lei doveva prepararsi ad essere la madre spirituale delle moltitudini terrestri.

In effetti Asenet fu molto amata dai popoli per la sua grazia e la sua coscienza celeste, più tardi fu adorata come dea dai moltissimi petti[134].

Prima di andar via l’Angelo le profetò che lei sarebbe divenuta la sposa di Giuseppe e la benedisse due volte: una sul cuore e l’altra sul grembo, come già aveva fatto con Abramo e con Isacco.

Vidi Asenet con un fiore di loto nelle mani, attendeva Giuseppe che si era recato dal sacerdote per chiederla sposa. Circonfusa di luce, mi sembrò un figura angelica.

Nonostante l’origine di Asenet restasse per lui ancora un mistero, Giuseppe era molto attratto dalla saggezza e dalle virtù della profetessa.

A causa del suo amore per la veggente Giuseppe era in serio pericolo di vita perché il figlio del Faraone voleva possedere a tutti i costi Asenet. Egli sfuggì ad un agguato mortale grazie a Giuda, che fece in tempo ad avvertirlo[135].

Beniamino difese Asenet dalle pretese del figlio del Faraone.

Vidi Dan e Gad[136] che, avvertiti da Dio, furono puniti con la morte dei loro figli.

Giuseppe, come il sommo sacerdote, possedeva il santo segno del più elevato potere spirituale: era un anello che nella parte inferiore aveva un segno a forma di T e serviva da sigillo. Spesso veniva mostrato al popolo come una sacralità.

Ebbi la percezione che quest’anello non fosse estraneo al mistero dell’alleanza custodito da Giuseppe.

Vidi che Asenet, come i grandi patriarchi, possedeva una verga che vibrava al contatto con le fonti d’acqua. Quando lei affondava lo strumento nel terreno subito dopo ne affiorava l’acqua, tutto ciò era dovuto all’influsso positivo degli astri. Vidi che durante i cortei Asenet e Giuseppe guidavano un carro luminoso.

Con la visita dell’Angelo la santa donna aveva ricevuto un’insegna dorata su cui erano incise molte figure e disegni.

La vidi con l’insegna sul petto; la sua veste le scendeva fin oltre le ginocchia e le gambe erano coperte da fasce. Sulle spalle portava un largo mantello annodato davanti. Il cappuccio aveva la forma di un elmo e consisteva in penne colorate e perle, le scarpe erano accinghiate come i nostri pattini.

Quando Giuseppe giunse in Egitto era stata da poco costruita la nuova Menfi, sita a circa sette ore di cammino dall’antica città. La strada che le collegava era costellata di idoli dalle strane sembianze: alcuni dall’aspetto femminile, altri avevano la figura di animali, qualcuno ancora aveva il volto di cane e il corpo umano. Essi erano collocati su pietre piatte che fungevano da piedistalli.

Questa strada, all’infuori degli idoli, era desolata e solitaria, in lontananza si scorgevano due piramidi gigantesche.

Il paesaggio circostante era ricco di boschi e di paludi.

Mi sembra che il Nilo avesse cambiato il suo corso già prima che la sacra Famiglia giungesse in Egitto.

A quel tempo gli egiziani veneravano quasi tutti gli animali: i coccodrilli, i serpenti e perfino i rospi.

Quando la sacra Famiglia giunse nel paese non era ancora venerato il Dio-Toro; il culto fu introdotto in seguito al sogno del Faraone delle sette vacche grasse e magre.

Ho visto gli egiziani venerare strani corpi fasciati[137] e alcuni idoli con un’insegna sul petto, su cui erano incise in modo stupendo le piante delle antiche città lungo il corso del Nilo.

I disegni erano stati incisi seguendo le indicazioni delle stelle, che erano frequentemente osservate dai sacerdoti idolatri. Basandosi sul simbolismo degli astri, il sommo sacerdote dava istruzioni in merito ai nuovi insediamenti e alla costruzione dei canali. Così sorse la nuova Menfi.

Appresi che la magia egiziana era legata alle forze occulte sotterranee, e gli spiriti malvagi erano intrisi di potenza tellurica. Vidi un sacerdote pagano praticare la magia contemplando gli odiosi idoli degli animali, mentre un sottile vapore scuro entrava nella sua bocca.

Subito dopo l’estatico iniziò a profetare. Era come se si fosse svelato improvvisamente in lui un mondo dimenticato nelle profondità della sua anima. Egli poteva vedere vicino e lontano i paesi e gli uomini, tutte le cose nascoste, velate e segrete. Durante l’estasi prese contatto con gli spiriti che avevano relazione con tali cose. La magia egiziana dei tempi seguenti, invece, mi apparve più dipendente dall’influsso degli spiriti dell’aria. Quello che i maghi vedevano per mezzo di questi spiriti appariva come riflesso delle loro azioni. Vidi gli spiriti del male come ombre indefinite.

Quando i sacerdoti egiziani si preparavano all’osservazione stellare iniziavano un periodo di digiuno e di purificazione; inoltre, per espiare i peccati, si chiudevano nei sacchi e si gettavano nella cenere. Prima di osservare da una torre le stelle facevano praticare un sacrificio cruento.

Vidi che i pagani e i sacerdoti idolatri avevano una conoscenza superficiale dei misteri celebrati dinanzi al popolo eletto da Set, Enoc, Noè e i patriarchi. Nelle celebrazioni pagane vedevo solo riti orrendi. Attraverso i pagani operava il diavolo, che più avanti si servirà degli eretici per annebbiare le rivelazioni divine agli uomini. Vidi che per proteggere i misteri dell’antica Alleanza dagli spiriti del male, Dio li circondò con il sacro fuoco[138].

Giacobbe in Mesopotamia aveva avuto la visione di Giuseppe venduto dai fratelli. Egli era venuto a sapere profeticamente che il figlio sarebbe stato prima perduto e poi ritrovato. Allorché i suoi figli gli portarono la veste di Giuseppe macchiata di sangue[139] per simularne l’avvenuta morte, sentii Giacobbe dire: "Piangerò Giuseppe finché non l’avrò ritrovato”.

Allora vidi che Dio delegò i suoi Angeli a scendere su di lui per illuminarlo sulla vita di Giuseppe. Egli però non poteva rivelare a nessuno queste conoscenze perché aveva dubbi sulla veridicità delle visioni.

Racconterò adesso alcune mie visioni sulla vita di Giacobbe in Egitto: quando questi raggiunse suo figlio in Egitto fece a ritroso la stessa strada che farà più tardi Mosé. Subito dopo il suo arrivo nel paese Giacobbe fraternizzò con Putifar e gli altri sacerdoti. Essi ne subirono il carisma religioso e si fecero circoncidere[140]. Giacobbe andò ad abitare in un luogo piuttosto distante dalla dimora di Giuseppe; quando si ammalò, suo figlio si recò da lui. In quest’occasione Giacobbe apprese dell’insegna dorata portata da Asenet sul petto, e del segno meraviglioso impresso sulla carne, allora disse a suo figlio: "Questa è carne della tua carne, questa è gamba delle tue gambe”. Giuseppe, fortemente toccato, svenne; quando ritornò a casa e riferì ad Asenet cosa aveva detto suo padre i due piansero di commozione.

Dopo un certo tempo, sentendosi prossimo alla morte, Giacobbe mandò a chiamare Giuseppe per prendere commiato da lui e chiedergli di essere sepolto nella terra di Canaan. Infine volle che suo figlio glielo giurasse mettendogli la mano sotto i fianchi. Quindi il padre gli lasciò la benedizione e morì. Erano trascorsi solo quattro mesi dal suo insediamento in Egitto, Giacobbe già godeva la stima e la lode di questo popolo.

Vidi la benedizione di Giuseppe rilucere nella sua mano destra.

Nella notte prima dell’esodo degli israeliti i resti di Giacobbe furono messi nell’arca assieme alle reliquie di Giuseppe.

Le sante ossa furono venerate come santuario del popolo eletto durante la marcia nel deserto e poi nella Terra Promessa. Asenet, dall’unione con Giuseppe, aveva generato diciotto figli, alcuni erano gemelli. I primi furono Manasse e Efraim. Ella morì tre anni prima di Giuseppe e fu imbalsamata dalle donne giudee. In un primo tempo, finché il consorte rimase in vita, il suo corpo riposò in solitudine nel sepolcro-monumento.

Quando anche Giuseppe morì, fu imbalsamato dai giudei alla presenza degli egiziani, lo ne vidi l’anima mentre si congiungeva con quella di Asenet e diventava una sola sostanza celeste con lei.

Anche i sacerdoti egiziani e gli astrologi[141] ebbero la comprensione dell’alto significato di Giuseppe e della sua benedizione.

Vidi i vecchi israeliti mentre estraevano qualcosa dagli intestini di Giuseppe.

Quando gli anziani e i sacerdoti l’ebbero estratta, la chiusero in una statuetta d'oro e l'affidarono in segreto ad una levatrice ebrea. Lei la celò in una piccola bussola che infilò in una grossa canna su un canale del Nilo, badando bene che gli egiziani non la vedessero.

Nella notte dell’esodo una nutrice della tribù di Asser consegnò questa bussola a Mosé. Il suo nome era Sara.

Vidi che gli egiziani iniziarono a perseguitare gli israeliti perché essi avevano celato la piccola reliquia estratta dal corpo di Giuseppe. Un altro motivo di odio fu la sorprendente prolificazione degli israeliti dopo la morte di Giuseppe.

Gli egiziani sapevano bene che gli ebrei senza le ossa di Giuseppe non sarebbero mai andati via dal paese, perciò ne rubarono la salma più volte. Ma alcuni rabbini sapevano dove era stato celato il santo corpo. La maggior parte del popolo giudeo, pur venerando il corpo di Giuseppe, non era a conoscenza dell’importante mistero contenuto in esso, solo alcuni anziani e gli iniziati ne possedevano il vero significato mistico. Il santo corpo era il vero santuario dove riposava la promessa dell’antica Alleanza.




Brentano - Emmerick: Misteri AT 1900