S. FREUD IL PROBLEMA DELLA FELICITA'

S. FREUD

Il problema della felicità



(Mc 10,22) (Ps 23,6) (Si 2,9) (Jc 1,25) (Jn 6,68) (Mt 8,25)



«La domanda circa lo scopo della vita umana è stata posta innumerevoli volle; non ha ancora trovato una risposta soddisfacente, forse neppure l’ammette. Alcuni tra coloro che l’hanno posta hanno aggiunto che, se dovesse risultare che la vita non ha alcuno scopo, essa perderebbe di valore. Ma questa minaccia non cambia nulla. Sembra piuttosto che abbiamo il di­ritto di respingere la domanda. Sua premessa sembra essere quella presunzione umana della quale conosciamo già molte altre espressioni. Non si parla di uno scopo di vita degli animali, a meno che la loro vocazione non consista nel servire all’uomo. Neppure questo, però, è so­stenibile, perché di molti animali l’uomo non sa che farsene —eccetto descriverli, classificarli, studiarli — e innumerevoli specie di animali si sono sottratte anche a questa utilizzazione, es­sendo vissute ed essendosi estinte prima che l’uomo le vedesse. Ancora una volta la religione soltanto sa rispondere alla domanda circa lo scopo della vita umana. Non si sbaglierà con­cludendo che l’idea di uno scopo della vita sussiste e viene meno con il sistema religioso.

Ci dedichiamo perciò ad una domanda più semplice, ovvero che cos’è che gli uomini stessi, at­traverso il loro comportamento, ci fanno riconoscere essere scopo e intenzione della loro vita, che cosa esigono da essa e cosa vogliono conseguire in essa. Sbagliare risposta è molto impro­babile: tendono alla felicità, vogliono diventare felici e rimanerlo. Questa aspirazione ha due lati, una mela positiva ed una negativa: da una parte mira all’assenza di dolore e dispiacere, dall’altra al provare intensamente sentimenti di piacere. Secondo il suo significato più stretto la parola “felicità” viene riferita solo al secondo aspetto. Conformemente a questa ripartizione delle mete l’attività degli uomini si sviluppa in due direzioni, a seconda che essa cerchi di rea­lizzare — prevalentemente o addirittura esclusivamente — l’una o l’altra di queste mete.

Come si vede è semplicemente il programma del principio di piacere che pone lo scopo della vita. Questo principio domina l’operare dell’apparato psichico fin dall’inizio; non ci può es­sere alcun dubbio sulla sua efficacia, pur essendo il suo programma in discordia con il mondo intero, sia con il macrocosmo che con il microcosmo. Esso non è affatto realizzabile, tutti gli ordinamenti dell’universo gli si oppongono; si potrebbe dire che nel piano della Creazione non è contemplato che l’uomo sia “felice”. Ciò che chiamiamo ‘felicità” in senso stretto, scaturisce dal soddisfacimento, piuttosto improvviso, di bisogni fortemente repressi ed è possibile, per sua natura, soltanto come fenomeno episodico».



S. FREUD IL PROBLEMA DELLA FELICITA'