Autobiografia 39

Ardente desiderio del chiostro. - Conforti e rimproveri di Gesù.

39 In questo tempo però il desiderio di farmi monaca mi andava sempre più aumentando; lo palesavo al Confessore, che mi dava quasi sempre risposte poco consolanti; mi sfogavo con Gesù, e una mattina, [che] più che mai sentivo questo desiderio forte forte, Gesù mi disse: «O figlia, di che temi? Nascondilo nel mio cuore questo desiderio, e dal mio cuore nessuno potrà strapparlo». Gesù mi parlò così, perché era così forte questa smania di andare in convento per sempre più unirmi a Lui, che temevo che qualcuno me la potesse togliere; ma Gesù pronto mi consolò con quelle parole, che più le dimenticai.
Gesù non mancava mai di farsi sentire e vedere, specialmente quando ero afflitta. Un giorno (che noto in modo particolare) ero stata, come sempre meritavo, gridata da un mio fratello, perché uscivo per tempo per andare in Chiesa. Oltre alla contesa ebbi pure qualche piccolo colpetto, che io ben meritavo, e me ne lamentai; il mio Gesù ne rimase poco contento e mi rimproverò con certe parole, che veramente mi ferirono. «Figlia, - mi disse - concorri anche tu ad accrescere le pene del mio cuore? Ti ho esaltata al posto di mia figlia, onorata del titolo di mia serva, ed ora come ti comporti? Figlia arrogante, serva infedele. Cattiva!».
Quelle parole fecero tanta impressione sul mio cuore, che Gesù dopo quella volta aggiunse nuove croci, e sempre mi dette la forza di ringraziarlo e non più lamentarmi.
Un rimprovero più forte mi fece Gesù una volta con queste parole, che più tardi conobbi essere adatte al vero, ma per quel momento non capii. «Figlia, - mi disse - sei troppo querula nelle avversità, troppo perplessa nelle tentazioni, e troppo timida nel governo degli affetti. Io da te non voglio che amore: amore nelle avversità, amore nelle preghiere, amore negli affronti, amore in ogni cosa. E dimmi, figlia, potrai negarmi sì giusta soddisfazione e sì poca mercede?». Non ebbi parole per rispondere a Gesù: il cuore mi scoppiava per il dolore; alcune parole pronunziai che io ben ricordo: «Il mio cuore, - gli dissi - o Gesù, è pronto a far tutto, è pronto a scoppiare per il dolore, se voi lo volete. Mio Dio! e...».


Le sante Missioni in S. Martino.

40 Già era trascorso il mese di Giugno, e verso la fine di questo erano cominciate in S. Martino le S. Missioni. Preferii sempre lasciare le dette Missioni, che non assistere alle prediche del Cuor di Gesù; infine queste terminarono, e cominciai ogni sera ad andare alle prediche in S. Martino. Qual fu la mia impressione nel vedere quei Sacerdoti predicare, non lo posso descrivere! L'impressione fu assai grande, perché riconobbi in essi l'abito col quale avevo veduto rivestito Confratel Gabriele, la prima volta che lo vidi. Un'affezione speciale mi prese per essi, [tanto] che da quel giorno non più persi una predica.
Eravamo all'ultimo giorno delle S. Missioni, tutto popolo era riunito in Chiesa per fare la S. Comunione generale; io pure tra molti presi parte, e Gesù, che si vede gradì questa cosa, si fece sentire bene bene all'anima mia e mi dimandò: «Gemma, ti piace l'abito col quale è rivestito quel Sacerdote?» (E m'indicò un Passionista che era poco lontano da me). Non occorreva che a Gesù gli rispondessi con le parole: il cuore più che altro parlava coi suoi palpiti. «Ti piacerebbe (soggiunse Gesù) essere rivestita tu pure del medesimo abito?». «Mio Dio!» esclamai... «Sì - mi soggiunse Gesù - tu sarai una figlia della mia Passione, e una figlia prediletta. Uno di questi figli sarà il tuo padre. Va' e palesa ogni cosa...». E a quello indicato da Gesù riconobbi il P. Ignazio.
Obbedii infatti; il giorno (che era l'ultimo di dette Missioni) ci andai, ma per quanto mi sforzassi, non mi riuscì parlare delle cose mie; invece di P. Ignazio, corsi da P. Gaetano, al quale palesai con forza tutte le cose accadute nei tempi trascorsi e che ho già parlato. Mi ascoltò con infinita pazienza e mi promise che il Lunedì dopo le S. Missioni sarebbe tornato in Lucca ed avrebbe fatto di tutto per confessarmi. Rimanemmo in questo modo. Passò una settimana e poi potei di nuovo riconfessarmi da Lui, e durai per più volte.
In questo tempo, e per mezzo di questo Sacerdote, feci la conoscenza con una Signora, alla quale posi fino d'allora un amore di madre, e che ho sempre riguardata come tale.


I tre voti.

41 L'unica ragione, per la quale andai a confessarmi da quel Sacerdote, era una sola: il Confessore ordinario più volte mi aveva proibito che non facessi i tre voti, di castità, obbedienza e povertà, perché fino che stavo nel mondo mi era impossibile osservarli; io, che avevo sempre un gran desiderio di farli, colsi quella occasione, e fu la prima cosa che gli chiesi, e subito me li fece fare dal 5 Luglio fino alla festa solenne dell'8 Settembre, e quel giorno poi rinnovarli di nuovo. Di questa cosa ne rimasi molto contenta; anzi fu per me una delle maggiori mie consolazioni.
Con gran fatica di questo Sacerdote e con mia gran vergogna palesai ogni cosa: di tutte le grazie particolari che il Signore mi aveva fatte, delle visite spesse dell'Angelo Custode, della presenza di Gesù e di alcune penitenze, che senza permesso di nessuno e solo di mia testa facevo ogni giorno. La prima proibizione fu di smettere ogni cosa; anzi esso stesso volle alcuni di quegli strumenti che mi servivo; infine poi questo Sacerdote mi parlò chiaro e mi disse che da se stesso non poteva ben dirigermi, e bisognava che parlasse al mio Confessore.
Io non volevo accondiscendere a questa cosa, perché prevedevo già una bella contesa, e il pericolo di essere abbandonata da Monsignore per la mia poca sincerità e fiducia in Lui; non volevo a nessun patto, e mai volli palesare il nome del Confessore, dicendo che non lo conoscevo, e non mi ricordo bene se inventai anche un nome falso. Ma questa trappola non andò tanto in lungo; con mia vergogna fui scoperta. P. G. [= Padre Gaetano] seppe che il mio Confessore era Monsignore, ma non poteva parlargli, se io non gli davo il permesso; infine dopo averlo fatto bene inquietare glielo detti, e si trovarono tutti e due egualmente d'accordo. Da Monsignore ebbi il permesso di andare pure a confessarmi da quel Sacerdote, e non mi gridò, come avrei ben meritato; allora parlai dei voti fatti, e Lui pure li approvò, e ai tre nominati me ne fece aggiungere un altro: sincerità al proprio Confessore. Il Confessore allora mi comandò di essere nascosta e di non parlare a nessuno delle cose mie, solo a Lui.


Vana visita del medico. - Lamenti e rimproveri di Gesù.

42 Intanto le cose del Venerdì continuavano, e Monsignore credé bene di farmi visitare dal medico a mia insaputa, ma ne ebbi l'avviso da Gesù stesso, che mi disse: «Di' al Confessore che in presenza del medico non farò nulla di tutto ciò che desidera». Per ordine di Gesù avvisai il Confessore; ma esso fece a modo suo, e le cose andarono come Gesù le aveva descritte, e come già sa.
Babbo mio, da quel giorno cominciò una nuova vita per me, e qui avrei da dire tanto, ma se Gesù lo vuole, lo dirò a Lei solo (in Confessione).
Ecco la prima e la più bella umiliazione che il mio caro Gesù mi dette; nondimeno la mia gran superbia e il mio amor proprio si risentirono, e Gesù nella infinita sua carità mi continuava le sue grazie e i suoi favori. Un giorno mi disse amorevolmente (perché, babbo mio, Gesù mi rivolse queste parole, lo dirò a Lei solo, ma forse le capirà senza che io le spieghi): «Figlia, che devo dire Io, quando tu nelle tue dubbiezze, nelle tue afflizioni, nelle tue avversità, di tutti ti ricordi, meno [che] di me; a tutti ricorri per aver qualche alleviamento e qualche conforto, meno che a me?».
Babbo mio, ha capito? Giusto rimprovero di Gesù, e che capii aver meritato; ma nondimeno continuai nelle solite cose, e Gesù di nuovo mi riprese dicendomi: «Gemma, credi che non resti offeso, quando tu nei maggiori tuoi bisogni mi posponi a oggetti, i quali non possono esserti di consolazione? Soffro, figlia, - mi disse - quando ti vedo che ti dimentichi di me». Quest'ultimo rimprovero mi bastò, e mi servì per distaccarmi affatto da ogni creatura per tutta rivolgermi verso il Creatore.


Il P. Germano.

43 Ebbi allora di nuovo proibizione dal Confessore di tutte le cose straordinarie del Venerdì e Giovedì, e Gesù per un poco obbedì, ma dopo ritornai al solito e più ancora di prima. Non ebbi più paura allora di palesargli [al Confessore] ogni cosa, ed Esso arditamente mi disse che se Gesù non gli avesse fatto vedere le cose chiare, non avrebbe creduto a simili fantasticherie. Non persi tempo, feci nello stesso giorno una preghiera speciale a Gesù in Sacramento per questo scopo, ed ecco, come spesso mi accadeva, mi sentii raccogliere internamente e ben presto [venne] il rapimento dei sensi. Mi trovai dinanzi a Gesù, ma non era solo: aveva vicino a Sé un uomo coi capelli bianchi; all'abito conobbi essere un Sacerdote Passionista; aveva le mani giunte e pregava, pregava caldamente. Lo guardai, e Gesù mi pronunziò queste parole: «Figlia, lo conosci?». Risposi di no, come era vero. «Vedi - soggiunse -: quel Sacerdote sarà il tuo Direttore, e sarà quello che conoscerà in te, misera creatura, l'opera infinita della mia misericordia».
Dopo accaduta questa cosa non ci pensai più. Un giorno per caso vidi un piccolo ritratto: era appunto quel Sacerdote, che avevo veduto davanti a Gesù; il ritratto però lo assomigliava ben poco. L'unione intima nella preghiera con Lei, babbo mio, mi cominciò d'allora, dalla prima volta che lo vidi così in sogno davanti a Gesù. Desiderai sempre d'allora in poi di averlo con me, ma per quanto lo desiderassi mi pareva conoscere che ciò fosse impossibile. Pregai, e cominciai fino d'allora a pregare più volte al giorno, e dopo più mesi Gesù mi consolò col farlo venire. Ora smetto di dire, perché d'allora in poi mi ha sempre conosciuta e sa tutto.

N. N. .
Gemma.




























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