Gemma al P. Germano





LETTERE DI S. GEMMA GALGANI

AL P. GERMANO DI S. STANISLAO, PASSIONISTA



lettera 1

A P. Germano, L 1: 29 gennaio 1900

1 29 gennaio 1900
Molto Rev.do Padre,
Sono già parecchi giorni, che ero nell'incertezza se dovevo o no scrivergli; più volte la Sig.ra Cecilia mi aveva di Lei parlato, ed io già da gran tempo mi sentivo nel cuore prima di tutto un gran desiderio di vederlo, e [poi] anche di scrivergli; domandai il permesso al Confessore, se potevo, ma sempre mi diceva di no. Sabato passato poi glielo richiesi di nuovo e mi disse di sì, e ne fui contenta. Ma eccomi al punto di scrivere, che mi sento presa quasi da timore, e sa il perché? Devo scrivergli certe cose tanto curiose, che certo Lei stesso si meraviglierà. Glielo dico francamente: la mia testa è un po' mattuccia, e ora s'immagina di vedere e di sentire cose impossibili; dico impossibili, perché Gesù non ha mai parlato, né si è fatto mai vedere da certe anime, quale è la mia tanto cattiva.
Tempo indietro mi venne nell'idea di dire a Gesù se mi faceva vedere Lei: subito non mi contentò, ma dopo qualche giorno, mi parve che mentre pregavo, di vedere un Passionista, che esso pure pregava davanti a Gesù Sacramentato; e Gesù mi disse: «Vedi chi è P. Germano?». Lo guardai, e sa come lo vidi? Era un po' grosso, era in ginocchio fermo con le mani giunte, e mi pareva che avesse i capelli più bianchi che neri.
Ma passo ad altro più curioso. Sono quasi due anni che mi ammalai gravemente di spinite; stetti a letto un anno e poi la B. M. M. [= Margherita Maria] Alacoque mi guarì. Nel tempo che fui a letto, una Signora mi portò a leggere la vita di Confratel Gabriele; la lessi tante tante volte; un giorno poi la venne a riprendere, ma io che [non] volevo dargliela più, le dissi che non l'avevo ancor finita di leggere. Me la lasciò ancora un po'; tenevo quella vita coll'immagine sotto il guanciale, e mi pareva che mi rendesse tanto contenta, che non sapevo spiegarmi; tutti i giorni temevo che quella Signora tornasse a riprenderla; un giorno poi venne e me la portò via. Appena ne fui privata, cominciai a piangere: mi pareva che mi avessero levato tutto, e ritornai al solito tutta seria: tutta la mia consolazione era in quel libro. Venne poi la notte, e mi parve che un giovine vestito di bianco mi si accostasse al letto e mi parve di sentire queste parole: «Gemma, ti è così dispiaciuto privarti di quel libro?». «O tanto!» risposi. «E perché?». Non risposi, perché non lo sapevo neppure io. Lui allora si apri la veste bianca che aveva davanti, e sotto era vestito a Passionista; prese il segno, me lo fece baciare e poi disse: «Sta' contenta, ché questo dispiacere che hai provato, un giorno poi ti sarà premiato con una consolazione infinitamente maggiore. Coraggio, mi disse, e avanti!» e sparì.
Quelle cose, per dire il vero, mi consolarono tanto, ma poi mi fecero dimenticare tutto, perché non pensai più a Confratel Gabriele né alla vita. Così passai tanto tempo. In questo tempo poi, per riconoscenza alla B. M. [=Margherita], mi decisi di farmi monaca Salesiana (già da parecchi anni mi sentivo il desiderio di farmi religiosa, ma a nessuno mai l'avevo detto). Manifestai il desiderio al Confessore e alla famiglia; tutti erano contenti. Infatti il primo Maggio andai per far gli esercizi, e dopo 18 giorni riuscii. Era tutto stabilito che dovevo rientrare per sempre entro il mese di Giugno; mi sentivo assai contenta, ma quando mi dicevano di dovere entrare, mi sentivo un certo che curioso, che mi veniva quasi da piangere, e molte volte mi sentivo dire all'orecchio queste parole: «Non sarai mai Salesiana; un'altra vita più penitente ti viene preparata». Di queste cose mai ne parlavo al Confessore, perché io attendevo solo ad andare in convento per pensare solo a Dio, e pensavo che tutte le regole sono buone; ma venuto il momento di andare, il Confessore del convento vi si oppose, e non fu possibile smuoverlo dalla sua idea.
Intanto si avvicinava il tempo delle missioni qui in Lucca; mancavano 8 giorni a principiare; una notte Confratel Gabriele venne e mi disse: «Vai a confessarti da P. Gaetano, digli tutto ciò che fino ad ora hai taciuto al Confessore, e digli ancora che vuoi farti monaca, ma vuoi una regola molto austera». Vennero le missioni e mi decisi di andarci proprio l'ultimo giorno, pochi momenti prima della predica; ci andai e gli dissi tutto, e da lui poi mi ci sono confessata parecchie altre volte. Appena P. G. [= Gaetano] sentì dirmi che volevo farmi monaca, mi disse: «Ci sono anche le Passioniste». Da quel momento il mio pensiero si è fermato su quelle parole, e la mia volontà è di farmi Passionista. Dissi la cosa al Confessore e ne fu contento, e Lui pure mi disse che per me ci vuole una regola tanto più rigorosa che le Salesiane; poi dopo quel tempo insieme alla vocazione, mi venne una gran devozione a Confratel Gabriele; cominciai a pregarlo, e tuttora lo faccio che mi conceda la grazia di essere presto [Passionista].
Un giorno poi venni a sapere che la Sig.ra Cecilia aveva il desiderio di fondare qua a Lucca un monastero di Passioniste; mi venne in mente di domandarlo a Confratel Gabriele. Una notte mi parve di rivederlo e gli domandai: «O il convento verrà fatto?». Mi rispose: «Sorella mia, ci è tempo ancora due anni (era il mese di Settembre), ma però ti assicuro che verrà fatto». «Ma io potrò essere Passionista?». Mi rispose così: «Sorella mia sarai». «Ma dove? - gli domandai. - O fammi mandare a Corneto». «Perché così lontano?». «Per dimenticare tutti, e perché tutti dimentichino me». Non mi rispose; mi benedì e andò via; quando fu per sparire: «Non temere, sarai Passionista».
Un'altra volta pure piangevo, perché volevo una grazia da Gesù, e Lui [Confratel Gabriele] mi disse: «Perché ti sgomenti? Ricorri alla Mamma mia addolorata; io in vita mia qualunque grazia avessi chiesta a Lei, non mi ricordo che me l'abbia mai negata». Un giorno poi mi trovava proprio sgomenta, perché vedevo che mi sembrava impossibile essere Passionista, perché non ho niente niente; ne ho soltanto un gran desiderio. Gesù almeno mi conceda presto questa grazia, perché non ho pace, soffro molto, perché me ne vedo lontana. Più nessuno ormai mi potrà distogliere da questa cosa. Quando mai ci arriverò? Confratel Gabriele mi rispose: «Ma perché fai così? Dunque non credi alle mie parole? Sta' certa che sarai Passionista». Dopo che Confratel Gabriele mi ha dette queste cose, io mi sento tutta contenta, ma poi vedo che nessuno ci pensa a dire qualche cosa; il Confessore mi pare che neppure ci pensi.
Ci arriverò a quel giorno? O Gesù mio, fa che sia presto; da qualche giorno mi è preso il desiderio così forte, che continuamente il mio pensiero è lassù». Mi pare di non potere più aspettare, di quando in quando ripeto: «Dio mio, tu mi hai posto nel cuore la vocazione, e tu pensaci, ma fa presto».
Un altro giorno, che pareva che il Confessore mi volesse mettere in convento, e pareva che alcune persone mi volessero fare uscire il pensiero di farmi Passionista, Confratel Gabriele mi disse: «Gemma, va' pure a portare la croce dove vuole il Confessore, ché poi verrà il tempo che dovrai portarla in altro posto. A coloro che vogliono che tu abbandoni il pensiero di farti Passionista, non ci pensare. È più facile che cada il Cielo, che non si effettuino le parole che ti ho detto». Queste ultime parole le disse perché alle volte mi vengono dei pensieri che non sia vero nulla e che sia tutta fantasia; poi delle volte mi vergogno a dire queste cose al Confessore, e Gabriele mi dice che faccio peccato di superbia; alle volte ho taciuto qualche cosa, e Lui mi ha detto: «Se non sei sincera, io non mi faccio più vedere da te; però se sei buona, ti prometto ogni sera dalle 11 a mezzanotte di venire». Lo pregai però, che se il Confessore mi mettesse in convento, di non farsi vedere dalla Superiora, perché non vorrebbe. Infatti è venuto fino ad ora tutte le sere, e mi ripete: «Sarai Passionista». A me solamente il nome mi riempie tutta di contentezza. Che sarà, se Gesù mi farà grazia di essere davvero?
In questi ultimi giorni poi mi è accaduta una cosa anche più curiosa. Un giorno mentre pregavo, mi andò via la testa, e mi trovai davanti Confratel Gabriele che mi dimandò: «Gemma, hai nulla da dirmi?». «O ci ho tante cose anche da parte del Confessore. Vuol sapere di questo convento, chi sarà che dovrà dare principio all'opera, chi dovrà terminare e quanto tempo ancora vi sarà?».
Quando ebbi dette quelle parole, mi vennero davanti delle persone, e Gabriele me le fece vedere ad una ad una; erano 7 e ne conobbi tre. «O chi sono quelle lì?» gli domandai. Ed esso: «Saranno Passioniste. Di' a Monsignore che è Lui stesso [che] tra 21 mesi sarà quello che dovrà dar principio a questa grand'opera; si faccia pure coraggio, che il diavolo è pronto per dare degli assalti sì forti; ma che importa? Avanti!». Si chetò, e dopo mi fece vedere una Signorina e mi disse: «Guarda: - guardai - questa poi dovrà dar l'ultimo colpo all'opera; la conosci?». «No». risposi. Mi disse il nome, il cognome, la città ove era nata e cresciuta; e mi lasciò e sparì anche Gabriele.
Io però ero poco persuasa di tutto questo, e per ben tre volte di seguito mi è accaduto lo stesso, e l'ultima volta mi ag- giunse: «Terminati i due anni. in giorno di Venerdì si comincierà». «E io?» gli dissi. «Tu sarai Passionista».
Che testa matta che sono, non lo nego, anzi ne son certa. Io ho scritto tutto questo a Lei, perché il Confessore me lo aveva ordinato; del resto quello che soffro, lo so solo io, perché tutto mi sembra impossibile.
Ancora un'ultima cosa. Domenica sera piangevo; Confratel Gabriele venne e mi disse: «Perché piangi?». «Ho paura di non poter andare in convento, non ci pensa nessuno». E Lui: «Non temere: il primo Venerdì di Marzo, sarai felice». «Ma come felice, non lo sai in che consiste la mia felicità?». E Lui: «Sarai in convento». «E dove?». «Dio ti benedica», disse e sparì. Ogni notte poi viene, e quanto mi grida e mi riprende se nel corso del giorno faccio dei peccati; altre volte mi dice, anzi stanotte mi ha detto (perché io volevo terminare questa lettera senza metterci l'ultima cosa, ma Lui): «O perché provi così ripugnanza a scrivere a P. Germano, non sai tu chi è? È mio fratello». Senz'altro stamani ho tutto terminato.
Eccomi alla fine di queste cose. Un'altra cosa poi gli chiedo. Se può, mi aiuti nell'essere Passionista, la mia volontà è ferma; mi aiuti, non posso più aspettare, guarda se mi accettano? Non ho nulla nulla, sono povera povera, ne ho solo il desiderio. Gesù me la concederà la grazia. Su tutto questo lo prego di fare come un sigillo sacramentale.
Lo prego a darmi la sua Benedizione, e mi aiuti, lo prego, e preghi pure per la povera,

Gemma.












lettera 2

A P. Germano, L 2: 17 febbraio 1900

2



17 febbraio 1900
Molto Rev.do P. Germano,

Tutto quello che scrivo, lo scrivo solo per obbedienza, ma con la più gran fatica. Oh! più volte ho avuto un grande desiderio di scrivergli, ma solo per dirgli che voglio essere Passionista (Padre, il solo nome tutta mi scuote), che mi aiuti, che soffro perché non posso arrivare al colmo del mio desiderio, perché mi sembra che il mio Confessore stesso non pensi a me; ma per tutto quello che mi sembra di vedere e sentire ogni giorno (che non è altro che immaginazione o opera del diavolo), per questo sento una pena grandissima; ma ho il comando, e quello supera ogni cosa. Lunedì passato il Confessore mi aveva dato il permesso di scrivere a Lei e a P. Ignazio, se avessi voluto, come pure al Provinciale. Mi consolai, ma venendo al momento di scrivergli, altro non sapevo dire che queste sole parole: «Padre, il tempo passa, io non ne posso più, mi aiuti, mi faccia Passionista. Gesù lo vuole, Gesù lo vuole!». Ieri sera però, nel trovarmi dinanzi a Gesù Sacramentato a pregare, fui chiamata (era la mia fantasia che mi faceva udire tali cose), mi parve che fosse Gesù. (Padre, prima di continuare a leggere, lo prego per carità, non creda, non creda nulla, scrivo solo per obbedire; di tutto il resto non ne avrei detto una parola). Mi disse: «Figlia, scrivi pure a P. G. [= Germano] che il Confessore tuo volentieri si metterebbe in relazione con Lui. Lo faccia, ché questo pure è il mio desiderio». «Ma Gesù, - soggiunsi io - t'intendo: tu vuoi che P. Germano sappia ogni cosa riguardo a me». Volevo continuare, ma mi parve che Gesù (ovvero la mia testa) non mi lasciasse finire di parlare e dicesse: «Questo è il mio volere d'ora in avanti: che il tuo Confessore ogni cosa riferisca al P. Germano». Udite che mi parve sentire quelle cose, non potei più parlare, e Gesù mi sembrò che ancora continuasse: «Figlia, obbedienza cieca, obbedienza perfetta, ecco il primo ricordo. L'altro, tu sia come un corpo morto; ogni cosa che faranno di te, prontamente eseguisci. Infine, in questi giorni non farai nessuna cosa, senza prima aver dimandato a me consiglio». E sa perché Gesù mi diceva così? Perché ora non lo posso più vedere, non ci posso più parlare fino a che la Sig.ra Cecilia non torna. Se sono con lei, con Gesù ci posso stare, fuori con Lei, ed ora con la sua cognata, non devo più curarmi di Gesù; pregare con Lei, e con nessun altro.
Mi contento così però, perché così faccio la volontà di Gesù. Padre, per carità, non creda nulla di tutto questo; per scrivergli queste cose, mi sono fatta tanta violenza, ma ho voluto obbedire.
Mi aiuti, mi fa Passionista? Muoio dal desiderio. Due sono le cause per le quali il Confessore mi tiene sempre nel mondo. La 1a perché ho una malattia che si chiama isterismo, e con quella non mi prenderebbero; ma Gesù mi assicura che appena entrata sarò guarita, e di me non sarà nulla fino dopo la S. Professione. L'altra poi è grossa: non ho nulla nulla, sono senza babbo e mamma, e senza quattrini; possiedo una cosa sola: il desiderio grande grande di farmi Passionista.
Mi raccomando, mi aiuti, non posso più, mi metta in convento; ci voglio andare, perché allora starò sempre con Gesù, e mi parrebbe che dentro non l'offenderei mai.
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.

Stamani dopo la SS. Comunione, Gesù mi è parso che si sia fatto sentire. Padre, che momenti! Ma per qualche tempo tutto è finito! Ripetevo a Gesù: «Gesù mio!...». Non ho potuto esprimermi, ma Gesù mi ha capito, e mi ha risposto: «Figlia, sta' quieta, presto sarai Passionista». Ogni volta che mi pare di sentire dire quelle parole, mi sento tutta muovere dentro, ma non mi so spiegare. P. G. [== Germano], Gesù lo vuole, mi contenti, e contenti nello stesso tempo Gesù.
Mi benedica e preghi tanto per la povera

Gemma.

Mi fa la carità di rispondermi una riga? Ma mi fa, è vero, Passionista?






lettera 3

A P. Germano, L 3: 25 marzo 1900

3
25 marzo 1900
Molto Rev.do Padre,

Questa volta gli scrivo proprio perché non ne posso più. Se sapesse! Il Confessore stamattina ha detto assolutamente che avanti Pasqua vuol combinare ogni cosa per mettermi in convento di S. Teresa al Borgo di Lucca. Più volte me ne aveva parlato, ma mai veniva a un punto da decidere; stamattina ha voluto parlare con una zia di casa, l'ha incaricata di scrivere alle monache, a mandare le regole e tante altre cose che occorrono.
Nel sentire tutte quelle cose, glielo confesso, ho pianto anche assai. Dopo la SS. Comunione poi ho pianto davvero con Gesù; raccontavo a Lui questa cosa, e in quel momento era tanta la confusione in cui mi trovavo. che credevo essere sola davvero con Lui, ed ho esclamato forte: «Gesù mio, che fai? Tu mi hai messo nel cuore la vocazione di farmi Passionista, e poi così mi allontani? Non mi dai adunque la grazia di poterla effettuare?». A questo punto sono stata scossa dalla mia sorellina che era vicina. e mi ha portata fuori di Chiesa. Più tardi, di nuovo ho parlato con Monsignore, e mi ha risposto queste sole parole: «Figlia, obbedienza cieca e umiltà profonda». Gli ho chiesto il permesso di scrivere a Lei; me l'ha subito accordato, e di più mi ha detto: «Scrivi a Lui ogni cosa, e pregalo a nome mio che ti risponda più presto possibile».
Possibile che Gesù non voglia mantenere le sue parole? Ma dunque non mi vorrà Passionista? Sarò forse stata ingannata dal nemico? E se ciò fosse? Padre, non ha ancora conosciuto il bisogno grande che ho dei suoi santi consigli. Padre, se sapesse il piacere che provo quando ricevo una sua riga! E sa perché? Perché le sue parole mi danno coraggio. Quando mi arrivò la prima, creda ero al punto di non averne maggior bisogno, e da quel momento sono stata sempre più felice di poter piangere e soffrire con Gesù; perché, a dire il vero, Gesù ha accresciuto un po' i miei piccoli patimenti. Il diavolo da parecchi giorni mi tormenta di continuo, di notte e di giorno, fino mentre dormo. Gesù appena mi guarda, e se mi guarda è serio serio, che alle volte sono costretta a non guardarlo; mi pare fino che mi scacci. Questo è un vero tormento. Se ho qualche conforto, me lo dà M. [=Maria] SS. Addolorata. Non manca ogni sabato di venirmi a far pregare, anzi ieri sera non venne sola, era con Confratel Gabriele, e gliele mandai a dire da loro a Gesù le cose; e anche oggi, perché è la sua festa, ha ottenuto da Gesù di farmi pregare.
Ora poi, Padre, sono abbandonata quasi anche da Gesù. E allora che farò? a chi ricorrerò io? Glielo dimanda Lei a Gesù di queste cose? E gli dica anche che se volesse anche il sacrifizio di non farmi Passionista, lo farei, purché Gesù non fosse più serio. Faccio tutto. Chi sa se si farà più vedere da me? Ma se Gesù non mi guarda più, che m'importa? Io Lui lo guardo sempre, e se non mi vuole più con Sé, io invece gli sto sempre d'intorno, voglio pensare sempre a Lui, che alla fine tornerà come prima.
Padre, per carità mi raccomandi a Gesù: gli dica che voglio essere buona, e se non mi vuole Passionista, me lo levi dalla mente. Il Confessore dice che lassù mi ci terrà un anno, ma poi quando ci sono, chi ci penserà? Mi benedica, e se mi facesse la carità di rispondermi presto.
Preghi Gesù per la povera

Gemma.










lettera 4

A P. Germano, L 4: 30 marzo 1900

4
30 marzo 1900
Molto Rev.do Padre,

Gesù gli renda mille volte merito di tutto il gran bene che stamattina hanno prodotto in me quelle sue parole. Son veramente decisa di far sempre e poi sempre la volontà del Confessore, senza pensare a quello che accadrà. Più volte il Confessore mi ripete quelle sue medesime parole: «Figlia, a te ci penso Io, tu pensa solo ad amare Gesù, e pregare per me».
Se sapesse il gran bene che mi hanno fatto i suoi rimproveri! È vero, è vero tutto ciò che Lei mi diceva; e purtroppo erano pensieri che mi turbavano, e tante volte ho perfino lasciato di pensare a Gesù. Già di questo me ne ero accusata col Confessore, e Lui mi ordinò di non avere altri pensieri che per Gesù, o altrimenti mi avrebbe levato la SS. Comunione. È ormai tempo che mi risolva a fare per l'avvenire la volontà del proprio Confessore e non mai più la mia. E pure ogni volta che ho fatto una cosa di mia testa, l'ho sempre pagata assai cara; prima mi ha castigata Gesù, poi il Confessore; ma pure sempre vi ricadevo; ma ora no, non sarà più così. Glielo prometto di non fare più un lamento, e di non più piangere. Andrò dove il Confessore vuole. Ma è già qualche giorno che il sacrifizio era fatto.
Un'ultima volta ancora voglio ringraziarlo di quei cari rimproveri che mi ha dato; non dubiti, saprò approfittarne e voglio che da Lei stesso se ne avveda. A quello che ha detto il Confessore, nel mese di Aprile dovrei andare in convento. Quando ci sono, poiché il Confessore me lo permette, gli scrivo subito. Mi benedica, e preghi Gesù per la povera.

Gemma.












lettera 5

A P. Germano, L 5: marzo-aprile 1900

5

Marzo-aprile 1900
Molto Rev.do Padre,

Ma lo amerò proprio davvero Gesù? Ho un forte desiderio di amarlo, questo sì, vorrei struggermi per amarlo, ma... Più volte ho dimandato a Gesù che m'insegni Lui il vero modo di amarlo, e Gesù allora mi pare che mi faccia vedere tutte le sue SS. Piaghe aperte e mi dica: «Guarda, figlia mia, guarda quanto ho patito. Vedi questa croce, questi chiodi, queste spine? tutto è opera di amore. Guarda e impara come si ama». Alle volte poi mi dice: «Vedi, figlia mia: il regalo più grosso che Io posso fare ad un'anima, che a me sia molto cara, è di darle da patire». Allora non posso stare senza gettarmi ai piedi di Gesù e ringraziarlo tanto, perché mi pare che anche a me mi dia qualche piccola cosa da patire. Ma come le sopporto io quelle cosette, che Gesù per sua bontà mi manda? Male. Dal momento poi che ebbi la sua lettera, ho preso l'abitudine di fare ogni mattina prima della SS. Comunione, la visita a Gesù Sacramentato nel modo che Lei m'insegnò. Dopo quella visita, o come mi sento più in forze di patire! Non mi sgomento neppure più. E alle volte, dopo fatta la visita, Gesù mi dice: «Va', figlia, e coraggio!». E ogni mattina mi dà la Benedizione. L'altro consiglio che mi dava, cioè di disprezzare ogni cosa, coll'aiuto di Dio, ho fatto anche quello. Povero Gesù, alle volte gli ho fatto le corna, gli ho sputato in viso, e Lui stava buono buono, mi guardava, rideva e mi accarezzava (perché così ordinava il Confessore).
Feci sentire la sua lettera a Monsignor Volpi: è rimasto contento contento. Ieri ero sgomenta sgomenta, perché ho un dubbio grosso: ho paura che in tutte le cose straordinarie che ogni giorno mi accadono, ho paura d'ingannarmi e d'ingannare gli altri. Questo non lo vorrei fare davvero. Il Confessore mi disse che non ci pensassi neppure, e poi mi disse ancora che scrivessi a Lei questa cosa. Padre, preghi Gesù che mi aiuti, ché gli altri particolarmente non li vorrei ingannare. Ho paura, tanta paura; in certi giorni vorrei fino che nessuno mi vedesse. E poi, stia a sentire. Delle volte quando mi metto a pregare, specialmente a fare la Meditazione sopra la Passione di Gesù, mi va via la testa (ora non creda che mi vada via la testa davvero, mi va via il cervello di dentro, ma io resto come mi metto), e allora non vedo più nessuno, altro che Gesù, e non sento più nulla, anche se mi facessero qualche cosa. Il Confessore ha voluto che gli scriva anche questo. Ho provato, sa, a distrarmi, a vedere se non mi riusciva addormentarmi, e pregare invece con la bocca, ma mi pare che non mi riesca. Alle volte, se sono stata buona, allora Gesù dopo la Comunione si fa sentire, ma mi addormento subito.
Per carità, Padre, m'ingannerò e ingannerò anche gli altri? preghi Gesù che gliele faccia conoscere un po' queste cose; in ogni modo io non vorrei fare peccati, e non vorrei offendere Gesù. Ma Gesù mi aiuta, lo sento. Una cosa però mi consola: perché in mente non ci ho mai altri che Gesù. Tante volte mi accade che mi domandano una cosa o fanno discorsi, ma io non capisco nulla, e allora ho della mattuccia quanto voglio. Allora mi sento contenta. E Gesù, quando vede che sia stata un po' buonetta (perché mi fa sempre aiutare dall'Angelo Custode, e anche mi castiga, se sto cattiva), mi sta nel cuore, e mi si fa sentire, e delle volte fino troppo, perché il cuore batte forte forte, e ho sempre paura che mi esca dal posto. E allora morirei; e se Gesù vuole, non vorrei anche morire, perché non ho fatto nulla per Lui, che Lui ha fatto tanto per me. In quei momenti, ho paura dalla contentezza di andare fino fuor di testa. Mi pare che Gesù mi voglia tanto bene, e sono invece tanto cattiva; ma col suo aiuto voglio essere buona.
Se sapesse, Padre, come ci sto male per il mondo! mi aiuta a farmi monaca? ma Passionista. Il Confessore giorni sono voleva mettermi in un altro convento, ma provvisoriamente, fino a tanto che Gesù mi volesse Passionista, ma poi pare che ora non abbia più idea. Io non trovo pace, sto male, vorrei andare in convento, solo per servire meglio Gesù. Padre, se può, me lo affretta il momento? Mi pare quasi di non potere più aspettare; se Gesù volesse che per ora andassi in altro convento, sarebbe un sacrifizio grosso, ma lo farei volentieri, pure di uscire dal mondo; mi basta solo in fine di essere Passionista. E sa dove voleva mettermi Monsignore? (Perché è Confessore mio): nelle Suorine Addolorate. Io faccio tutto quello che mi faranno fare, quello solo che vuole Gesù; ma, Padre, mi aiuti, non posso più aspettare. Me lo affretta, è vero, il momento? Se dovessi dirgli tutto quello che vuole il Confessore, mi ci vorrebbe troppo, perché Lui ha detto: «Digli tutto», e ho paura anche di seccarlo.
Ora mi risponde, è vero? mi basta pochine righe; se sapesse come mi fanno bene le sue lettere! Preghi tanto per la povera

Gemma.







lettera 6

A P. Germano, L 7: giugno 1900

6
Giugno 1900
Padre Germano,

Feci la sua protesta il giorno 25 Maggio nella Chiesa dei Frati Francescani, in giorno di Venerdì, dopo la SS. Comunione; fino da quel momento l'ho portata sempre sul cuore. Ma se sapesse! A quella brutta bestia gli dispiacque assai questa cosa, e da quel tempo mi è venuto sempre di più a tentarmi, con assalti anche più grandi. Non passa notte che non mi si faccia vedere nella maniera la più sudicia, e nei giorni passati giunse perfino a farsi vedere nella forma del mio proprio Confessore. Io rimasi convinta che fosse Lui, ma me ne confessai e scoprii l'inganno; ma ci volle assai per convincermi.
Un nuovo assalto me lo dette ieri, dopo poco che mi ero confessata. Stia a sentire. Monsignore mi disse che credeva bene per ora di levarmi quelle piccole penitenze, che da qualche tempo mi accordava. Per dire il vero, questa cosa tanto tanto mi dispiacque. Ma siccome dopo tanto che il Confessore mi predicava che la cosa più grata a Gesù è l'obbedienza, e io sembra che la cominci un po' a capire, l'assicurai che ero contenta di fare quello che Lui voleva.
Se sapesse, il Confessore quanto si affatica per farmi divenire buona, e in particolare obbediente! Ma la mia testa è assai dura; il mio corpo, quando si tratta di obbedire, o quanta fatica gli ci vuole! Insomma, giunta a casa dopo essermi confessata, bisognò che mi levassi da dosso certe cosette che appunto in quel giorno l'avevo; mi tolsi ogni cosa, sempre però tranquilla. Ma mi durò poco; appena mi trovai un momento sola, che era il tempo di pregare, m'inginocchiai e principiai a recitare la Corona delle Cinque Piaghe di Gesù. Ero alla quarta piaga, e vedo davanti a me una figura somigliante a Gesù, tutto flagellato allora allora; terminai la Corona, poi dissi ad alta voce: «Benedetto Gesù e Maria!». Non mi rispondeva; lo ripetei, e lui diceva: «Benedetti, benedetti»; ma non mai pronunziava il nome di Gesù e Maria.
Capii chi era, mi feci il segno della croce, ma lui mi stava davanti sempre col cuore aperto, tutto sanguinoso, e cominciò a dirmi così: «È proprio così, o figlia mia, che mi ricompensi? Guardami come sono, lo vedi quanto soffro per te? e tu invece ora non puoi più darmi il sollievo di quelle penitenze. O non erano mica poi gran cosa! Puoi benissimo continuare come prima». «No, no, - rispondevo - voglio obbedire; così disobbedisco, se faccio quel che vuoi te». E. lui: «Ma infine non è mica stato il Confessore che lo ha comandato; è stato quel... di P. Germano, e tu non sei punto obbligata a obbedire a Lui; Lui comandi alle sue, tu da' retta a me», e tante altre cose. In fine fui sul punto di prendere la disciplina, come facevo altre volte in simili casi, ma no: Gesù vero mi aiutò; mi aiutò; mi alzai, presi l'acqua benedetta, e tornai in calma, dopo avere avuto qualche colpo che di tanto in tanto mi regala. E poi sa perché dissi: Benedetto Gesù e Maria? Perché una mattina dopo la Comunione mi sembrò che Gesù mi dicesse, che quando vedevo qualche cosa, subito dicessi quelle parole: se rispondevano, era roba di Gesù; se no, era del nemico.
Da quel che gli ho detto, capirà bene il bisogno grande che ho di farmi raccomandare a Gesù; fa una gran carità chi prega per me, ci pensi Lei.
Ma guardi quanto è buono Monsignore: vide che io mi ero rassegnata volentieri a lasciare ogni cosa, mi accordò tutto di nuovo; mi dice continuamente che sia buona e cerchi di farmi santa. che coll'aiuto di M. [= Maria] SS. vogliamo vincere. Ora però gli vorrei dire una cosa. Io vorrei andare in convento; se mi ci facesse mettere!
Preghi tanto per me, e poi vorrei se mi rispondesse presto. Mi benedica e vorrei che pensasse a farmi mettere in convento. Sono la povera

Gemma.

In seguito scriverà anche la Sig.ra Cecilia, intanto riceva i loro saluti.





lettera 7

A P. Germano, L 6: 22 giugno 1900

7
22 giugno 1900
Padre Germano,

Quanti giorni sono che aspetto che Lei mi scriva una riga sola sola; ma che! mai nulla per ora. Pochi momenti fa ho ricevuto le immagini, lo ringrazio tanto, ma se ci fosse stata la lettera, sarei rimasta più contenta. Se sapesse che gran bene mi fanno le sue parole! Se sono inquietata dal nemico, torno subito in calma; quelle parole mi danno forza e tanto coraggio, e quasi quasi mi sembra di non aver più paura e di vincere ogni assalto. Quest'ultima che ebbi il giorno dell'Ascensione, o quella non poteva giungere in miglior punto! Quanto mi sollevò quella lettera! Nella seconda poi che mi scrisse, lessi queste parole: «Non temere, ché in ogni modo Gesù è in mezzo al tuo cuore». Non ci attesi però; ma alle volte, quando sono inquietata dal demonio, il Confessore me le ripete; ma anche allora penso che se Lei veramente mi conoscesse, quelle parole non le avrebbe scritte. Possibile! Gesù nel mio cuore!
Voglio dirgli qualche cosa del mio cuore, affinché lo possa conoscere. È un cuore pieno di, peccati di ogni sorta; vi è una mescolanza di affetti, vi sono continuamente pensieracci cattivi, immagini brutte e sudicie, pieno di rabbia; e quest'ultima è la passione predominante, e spesso spesso vi entra qualche po' d'invidia. Eccolo: così è il mio cuore. È tanto tempo, sa, che desidero divenire buona, ma che! sempre in peggio. E Gesù mi sopporta ancora. S'immagini, Padre, è più di un anno, e in questo tempo non ho ancora imparato a vincere quella ripugnanza che sento quando devo andare a confessarmi. Credevo che col tempo passasse, ma invece sento che ogni giorno mi cresce. Alle volte mi sembra quasi di morire nel dire certe cose, ma pure sento che Gesù mi aiuta, e nonostante la tanta ripugnanza dico ogni cosa. E dopo come mi trovo contenta!
Quel brutto diavolaccio non si è ancora stancato; alle volte, perché non preghi, mi picchia; sono tre giorni che non mi ha lasciata mai raccogliere un minuto solo. Oggi spero mi lasci stare, perché Gesù alle volte nelle sue grandi feste non mi fa tormentare. E oggi è la festa del suo Cuore SS. Povero Cuore di Gesù! Quante mai ne ho fatte! Quante volte l'ho offeso! E ancora Gesù ha sempre di me compassione, si trattiene con me, e quanto più io l'offendo, tanto più mi tratta con dolcezza.
L'altra mattina mi parve che dopo la SS. Comunione mi dicesse così. (Sono solita ogni mattina, la prima grazia che dimando a Gesù, è che mi facesse andare in convento), e Gesù mi rispose: «Ma sai, figlia mia, che vi è una vita ancor più beata di quella in convento?». E non mi disse altro. Penso più volte quale sia questa vita, ma non arrivo a conoscerla; però la desidero tanto, che ho sempre lì fissa la mente. Vorrei possederla e presto. Lo chiedo a Gesù che mi faccia andare in quella vita più beata, ma mi risponde che dimandi il permesso al Confessore. E di questa cosa Lui non sa anche niente, ma stasera glielo dico. E poi ogni volta che mi vado a confessare, mi dimanda sempre: «P. Germano ti ha anche risposto?». E ma perché? Perché vuole che tutte le lettere che mi manda Lei, le legga e poi le vuole con sé. Si figuri, mi ha privato anche di quelle, ma io anche di questo ne ho fatto un po' di sacrifizio a Gesù; però, ogni volta che mi confessa, mi rammenta sempre qualche sua parola e mi dice: «Ricordati che P. G. [= Germano] vuol che tu faccia così». Fino Gesù mi parve che un giorno, serio serio. mi dicesse: «Ogni desiderio di P. G. [= Germano] deve essere per te un comando». Non capii quel che voleva dire. Certe cose di Gesù non le capisco nulla. Quanto avrei piacere di parlare con Lei! Posso sperare di averlo? Gli vorrei dire tante cose; prima vorrei che mi facesse diventar buona, poi che m'insegnasse pregare bene bene, poi se volesse mettermi in convento.
Mi risponde una riga sola? Quando dico così, non voglio mica dire una riga sola davvero; dico così perché ho paura che s'inquieti.
Mi raccomandi a Gesù e lo dica anche agli altri, che fanno una gran carità chi prega per me. Gli chiedo la sua Benedizione, e poi dica a Confratel Gabriele che pensi alla povera

Gemma.

(Vorrei andare in convento; mi ci fa mettere?).
Dice la Sig.ra Cecilia se le fa la carità di mandarle qualche librettino del S. Collegio. È stata da Moris, ma ancora non l'ha potuto vedere; ma teme assai che ricusi, perché ha perduto affatto la vista; ma pure ora è nelle mani di Monsignore, che sembra ci abbia tanto trasporto, e tutto si accomoderà per bene.
Io del S. Collegio non ne parlo mai con lei; sto impiattata, perché se alcuno sapesse che vi appartengo, ne resterebbero scandalizzati. Qua mi conoscono, forse là non ancora. Vorrei pure dirgli tante cose di questo Collegio. E sa ancora di chi vorrei parlargli? di questa Sig.ra Cecilia; ma come fare? È troppo lontano; me lo lasci dire un'altra volta. Si può sperare di averlo qualche giorno a Lucca? Monsignore sarebbe contento contento. Le chiedo la benedizione a nome di tutte le sorelle che appartengono al Sacro Collegio.






Gemma al P. Germano