GPII 1979 Insegnamenti - Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: San Stanislao testimone della Polonia cattolica

Testo: Carissimi connazionali! Vorrei salutarvi in occasione di questo eccezionale incontro con le parole del saluto cristiano: "Sia lodato Gesù Cristo".

Vorrei salutare insieme con voi il qui presente Cardinale Stefano Wyszynski, Primate di Polonia, Protettore della cura pastorale dei polacchi dell'emigrazione, in cui vediamo tutti l'eccezionale, vivo simbolo dell'unità dei Polacchi in Patria e in tutto il mondo. Insieme con il Cardinale Primate saluto i Pastori della Chiesa in Polonia presenti a questa udienza: Henryk Gulbinowicz, Arcivescovo di Wroclaw, Kazimierz Majdanski, Vescovo di Szczecin-Kamien, Jozef Glemp, Vescovo di Warmia, Bronislaw Dabrowski, Segretario della Conferenza Episcopale di Polonia, Jan Wosinski, Vescovo Ausiliare di Plock.

In modo particolare saluto cordialmente il Vescovo Wladyslaw Rubin, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Delegato del Cardinale Primate per la cura pastorale dei Polacchi dell'emigrazione e il Vescovo Szczepan Wesoly, coadiutore del Vescovo Rubin nello stesso lavoro.

Saluto tutti coloro che hanno la cura pastorale dei polacchi in tutto il mondo, saluto anche le Suore, che sono qui presenti con tutti i rappresentanti della Polonia dai cinque continenti e venti Paesi da tutto il mondo.

Questo eccezionale incontro è stato possibile realizzarlo in occasione del grande giubileo di san Stanislao. L'anniversario della sua morte, avvenuta nel 1079 per mano del re Boleslao Smialy, è sempre stato celebrato ogni cento anni.

L'ultima volta è stato celebrato nel 1889 a Cracovia, in Polonia e in tutto il mondo. La Provvidenza Divina ha prodotto fatti così meravigliosi che questo Giubileo è festeggiato dalla Polonia e dai Polacchi dell'emigrazione insieme con il Papa, un Papa che fino a poco tempo fa è stato successore di san Stanislao sulla Cattedra episcopale di Cracovia. Lo stesso Papa che insieme con il Cardinale Primate, i Vescovi della Polonia, e particolarmente con i Vescovi che sono in Roma, stava preparando il programma di questo giubileo sia a Cracovia sia nella Città Eterna.


2. Diverse circostanze dimostrano che il novecentesimo anniversario del martirio del Vescovo di Cracovia deve avere un particolare rilievo anche a Roma. Tra queste circostanze questa è importante: che san Stanislao, come patrono principe della Polonia, è particolare testimone del millennio del nostro Battesimo; questo millennio è stato vissuto con una ininterrotta comunione con la Cattedra di Pietro in Roma. La canonizzazione di san Stanislao ha avuto luogo ad Assisi nel 1253, anche per questo i nostri pensieri devono essere rivolti alla "terra italiana", che per i legami culturali e storici tante e tante volte nel corso dei secoli si è dimostrata vicina alla Polonia.

Un'altra particolare circostanza è l'anniversario dell'istituzione che fin dalla sua origine porta il nome di san Stanislao. Mi riferisco al romano Ospizio Polacco congiunto alla chiesa di San Stanislao, della cui origine - quattrocento anni fa - noi siamo debitori al Servo di Dio Cardinale Stanislao Hozjusz, Vescovo di Warmia e uno dei legati pontifici al Concilio Tridentino.

Questa chiesa con l'Ospizio di San Stanislao è un particolare segno della storica presenza della Polonia in Roma.


3. E' un segno molto importante nei nostri tempi. Ecco dopo la seconda guerra mondiale accanto alla chiesa di San Stanislao a Roma ha sede il Centro per la cura pastorale dei Polacchi all'estero. Qui accanto a questa chiesa ha sede il principale centro in cui ha lavorato fino al 1964 come responsabile l'arcivescovo Jozef Gawlina, e poi il Vescovo Wladyslaw Rubin. Il Cardinale Bozjusz ha fondato questo Ospizio romano per i pellegrini che giungono a Roma. Erano i tempi della Prima Repubblica Polacca, gli ultimi tempi del secolo d'oro della storia polacca.

Si può pensare che non soltanto i pellegrini provenienti dalla Polonia avranno avuto qui il loro ospizio, ma proprio la Polonia: questa nazione da tanti secoli unita alla Chiesa Cattolica, ha avuto in Roma una casa che testimoniasse la sua presenza fra le altre nazioni cattoliche d'Europa.

Dagli ultimi anni dell'Ottocento e poi attraverso il Novecento, si sono verificati dolorosi cambiamenti nella nostra nazione e nel nostro Stato, che hanno costretto tanti figli della nostra Patria all'emigrazione. E' stata un'emigrazione politica, ideologica e culturale. Solo successivamente per trovare lavoro e allora numerosi milioni di Polacchi poveri, particolarmente dalla campagna, sono emigrati in gran parte oltre oceano. Contemporaneamente a quest'ondata migratoria è iniziata l'ultima guerra. La guerra ha sorpreso fuori dei confini della nostra frontiera tanti figli e figlie della Patria, e questi per la loro Patria e per la sua indipendenza hanno offerto la vita su tutti i fronti del mondo, e dopo la guerra non hanno potuto tornare in Polonia per la quale avevano combattuto.

Allora anche nella nostra epoca si scrive una nuova parte dei libri sui pellegrinaggi polacchi, come faceva Mickiewicz. Questo nostro incontro odierno dobbiamo inscriverlo in questa parte. Lasciamo alla Divina Provvidenza di dare un significato importante a questo incontro tra i connazionali da tutto il mondo con il Papa polacco, perché nessuno di noi lo può dare. Per dargli un significato pieno noi dovremmo avere la scienza del passato e del futuro. La scienza del futuro dipende totalmente dalla Sapienza e dalla Potenza di Dio.


4. Noi adesso fermiamoci a questo punto che ci permette di ripercorrere la nostra storia e anche di conoscere il presente: noi dobbiamo trarre dal nostro incontro dei motivi fondamentali, che ci portano direttamente al grande anniversario di san Stanislao. La tradizione medievale ci conferma che lui è eccezionale patrono dei Polacchi. Questa Polonia dei Piasti che è stata dispersa doveva avere questo patrono dell'unità della Patria, non solo per rimanere unita ma soprattutto per incamminarsi verso una strada di progresso. Noi sappiamo che questo sviluppo è iniziato dalla fine del quattordicesimo secolo, quando l'unità si poggio prima alla corona di Wladyslaw Lokietek e poi si fondo su quella di Kazimierz Wielki. In questo tempo inizia il periodo dell'universalismo polacco, in cui c'è il primo rilievo dell'Università di Cracovia; e poi seguirono altri rilievi: l'inizio della dinastia Jagellonica, la provvidente opera della beata regina Jadwiga, l'unione polacco-lituana, il grande sviluppo della cultura umanistica cristiana. Questi sono stati i frutti del Battesimo della Polonia, quali si sono rivelati in quel preciso momento storico.

Universalismo significa appartenenza alla comunità umana, più ampia della propria Nazione. Significa anche maturità di questa Nazione che dà quasi pieno diritto fra tutte le nazioni del mondo. L'universalismo ha carattere profondamente umanistico e anche vi vediamo un eccezionale riflesso cristiano, che desidera unire gli uomini sulla base del pieno rispetto della loro dignità, del loro essere soggetti, della loro libertà e dei loro diritti. Tutti abbiamo lo stesso Padre.


5. In questo eccezionale incontro odierno noi dobbiamo augurarci - con l'aiuto della Grazia di Dio e per intercessione di Maria Madre della Chiesa che è nostra Signora di Jasna Gora, Regina della Polonia, con l'intercessione di san Stanislao, di sant'Adalberto e di tutti i Santi e Beati polacchi fino al Beato Massimiliano Kolbe e alla Beata Maria Teresa Ledochowska - che tutti noi dovunque siamo riusciamo a dare testimonianza della maturità della Polonia, a rendere più forte il nostro diritto di cittadini fra tutte le Nazioni d'Europa e del mondo, e a servire a questo nobile scopo: testimoniare l'universalismo cristiano.

lo ho avuto parecchie volte la fortuna nel tempo passato di visitare i grandi centri dell'emigrazione polacca. Oggi vi prego, cari connazionali, di accettare la benedizione dalla mano del Papa, dal Primate della Polonia, e dai Vescovi qui presenti che rappresentano l'Episcopato polacco - e portatela alle vostre famiglie, alle vostre comunità, alle vostre parrocchie, ai vostri ambienti di lavoro - come segno di questo incontro che rimarrà sempre nel mio cuore.

Data: 1979-05-16

Data estesa: Mercoledì 16 Maggio 1979.









A Montecassino (Frosinone)

Titolo: Mesto pellegrinaggio per pregare e per ricordare

Testo: Signor Primo Ministro! Illustri Signori! Vi ringrazio sinceramente per la vostra presenza, e ringrazio lei, Signor Presidente del Consiglio, per le nobili parole che mi ha voluto rivolgere nel momento in cui mi accingo a visitare questi luoghi sacri all'umano dolore e alla speranza cristiana.

Il Papa viene, anzitutto, in mesto pellegrinaggio per pregare e per ricordare coloro che in queste zone durante uno dei periodi più tragici della seconda guerra mondiale, versarono il loro sangue: sono migliaia; appartenevano a varie nazioni, a varie razze, a varie religioni: erano uomini. cioè figli di Dio e, quindi, tra loro fratelli in Cristo! I loro congiunti li piangono ancora, e si chiedono il "perché" della violenta fine di questi giovani, che certamente sognavano la vita e non la morte, l'amore e non l'odio, la gioia e non la sofferenza, la pace e non la guerra! Vengo pertanto ad unirmi, con la profondità del mio essere di uomo, di cristiano, di sacerdote, di Vescovo, di Papa, alla preghiera ardente, al ricordo struggente e al dolore ancora vivo di quelli che sono rimasti con un grande vuoto incolmabile nel loro cuore e nella loro casa.

Ma vengo, anche, per ascoltare e per trasmettere a tutti il messaggio di coloro che riposano in questo cimitero militare polacco, come pure nei cimiteri militari britannico, germanico, italiano e francese: essi ci dicono che il sacrificio della loro giovane vita non può essere stato inutile; che il loro sangue deve aver contribuito a rendere gli uomini più buoni, più aperti, più solidali gli uni con gli altri; che la loro estrema sofferenza, umanamente incomprensibile, ha acquistato pieno significato in quanto unita a quella di Cristo, che ha assunto su di sé anche il dolore e la morte.

Invito tutti ad unirvi alla mia preghiera in suffragio delle anime dei soldati sepolti sotto le zolle di questi cimiteri, ma anche dei soldati caduti in tutte le guerre, compiendo il loro dovere verso la Patria, e che vivono, per l'eternità, in Dio.

In questa prospettiva, acquista quasi un significato emblematico la mia sosta all'Abbazia di Montecassino: completamente distrutta dalla furia bellica e rinata dalle sue macerie, continua ad essere per l'Europa e per il mondo un centro di spiritualità e di civiltà. In questo giorno così solenne, nel nome di Dio e nel nome dell'uomo, ripeto a tutti: "Non uccidete! Non preparate agli uomini distruzioni e sterminio! Pensate ai vostri fratelli che soffrono fame e miseria! Rispettate la dignità e la libertà di ciascuno!" (RH 16).

A tutti la mia benedizione apostolica.

Data: 1979-05-17

Data estesa: Giovedì 17 Maggio 1979.





Omelia nel cimitero polacco - Montecassino (Frosinone)

Titolo: Ardente preghiera per la riconciliazione e la pace

Testo:

1. Venite, saliamo sul monte... (Is 2,3 cfr. Mi 4,2). Ascoltiamo oggi questo invito del profeta e lo rileggiamo come un imperativo interiore: l'imperativo della coscienza e l'imperativo del cuore. Il giorno 18 maggio ci obbliga moralmente a venire su questo monte; a fermarci con la preghiera sulle labbra davanti alle tombe dei soldati qui caduti; a guardare le mura del monastero che allora - trentacinque anni fa - fu ridotto in macerie; a ricordare quegli avvenimenti; a cercare, ancora una volta, di trarne un'insegnamento per il futuro.

Camminiamo qui sulle tracce di una grande battaglia, una di quelle che hanno dato il colpo decisivo all'ultima guerra in Europa, alla seconda grande guerra mondiale. Questa guerra, negli anni 1939-1945, ha coinvolto quasi tutte le Nazioni e gli Stati del nostro continente, ha coinvolto nella sua orbita anche le potenze extra europee, ha manifestato i vertici dell'eroismo dei militari, ma ha svelato anche il pericoloso volto della crudeltà umana, ha lasciato dietro di sé le tracce dei campi di sterminio, ha tolto la vita a milioni di esseri umani, ha distrutto i frutti del lavoro di molte generazioni. E' difficile enumerare tutte le calamità che con essa si abbatterono sull'uomo manifestandogli - al suo termine - anche la possibilità, attraverso i mezzi della più moderna tecnica degli armamenti, di un eventuale futuro annientamento di massa, di fronte al quale impallidiscono le distruzioni del passato.


2. Chi ha condotto questa guerra? Chi ha compiuto l'opera di distruzione? Gli uomini e le Nazioni. Questa era una guerra delle Nazioni europee pur legate fra di loro dalle tradizioni di una grande cultura: scienza ed arte profondamente radicate nel passato dell'Europa cristiana. Gli uomini e le Nazioni: questa era la loro guerra; e, come fu loro la vittoria e la sconfitta, così anche gli effetti di questo conflitto ad essi appartengono.

Perché hanno combattuto gli uni contro gli altri, uomini e nazioni? Sicuramente non li hanno spinti a questa terribile strage fratricida le verità del Vangelo e le tradizioni della grande cultura cristiana.

Sono stati coinvolti dalla guerra con la forza di un sistema che, in antitesi al Vangelo e alle tradizioni cristiane, era stato imposto ad alcuni popoli con spietata violenza come un programma, costringendo, al tempo stesso, gli altri ad opporre resistenza con le armi in pugno. In lotte gigantesche quel sistema subi una sconfitta definitiva. Il giorno 18 maggio è stato una delle tappe decisive di quella sconfitta.

Trovandoci a Montecassino nel XXXV anniversario di quel giorno, desideriamo, attraverso l'eloquente rievocazione di quella giornata, comprendere davanti a Dio, e alla storia, il significato di tutta la terribile esperienza della seconda guerra mondiale. Ciò non è facile; anzi, in un certo qual modo, diventa impossibile esprimere in brevi parole ciò che è stato oggetto di tante ricerche, di studi e di monografie, e certamente lo sarà ancora per lungo tempo.

Tutta la nostra generazione è sopravvissuta a questa guerra, la quale ha gravato sulla sua maturazione e sul suo sviluppo, ma continua a vivere tuttora nell'orbita delle conseguenze di un tale conflitto. Non è dunque facile parlare di un problema che ha nella vita di noi tutti una dimensione tanto profonda. Di un problema ancora vivo e legato in un certo senso al sangue e al dolore di tanti cuori e di tante Nazioni.


3. Tuttavia, se ci sforziamo di comprendere tale problema dinanzi a Dio e alla storia, allora più che qualsiasi regolamento di conti col passato, prendono rilievo gli insegnamenti per il futuro. Questi si impongono con grande forza, dal momento che la storia non è soltanto il grande poligono degli avvenimenti, ma è anche soprattutto un libro aperto di quegli insegnamenti stessi; essa è fonte della sapienza della vita per gli uomini e per le Nazioni.

Quanto rileggiamo in questo libro, così dolorosamente aperto dinanzi a noi, ci conduce all'ardente preghiera, al fervente grido per la riconciliazione e per la pace. Siamo venuti qui, soprattutto, per pregare per questo, e per questo gridare a Dio e agli uomini. Poiché pero la pace sulla terra dipende dalla buona volontà degli uomini, è difficile non riflettere, almeno brevemente, in quale direzione devono orientarsi tutti gli sforzi delle persone di buona volontà bisogna che tali siano tutti se vogliamo assicurare questo grande bene della pace e della riconciliazione per noi e per le generazioni future.

Il Vangelo di oggi contrappone due programmi. Uno basato sul principio dell'odio, della vendetta e della lotta. Un altro sulla legge dell'amore. Cristo dice: "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori" (Mt 5,44). E' una grande esigenza.

Coloro che sono sopravvissuti alla guerra, come noi, che si sono incontrati con l'occupazione, con la crudeltà, con la violazione di tutti i diritti umani, la più brutale, sanno quanto grave e difficile sia questa esigenza.

Eppure, dopo così terribili esperienze come l'ultima guerra, diventiamo ancor più consapevoli che sul principio che dice: "occhio per occhio e dente per dente" (Mt 5,38) e sul principio dell'odio, della vendetta, della lotta, non si può costruire la pace e la riconciliazione tra gli uomini e tra le Nazioni; essa soltanto si può costruire sul principio della giustizia e dell'amore reciproco. E perciò fu questa la conclusione che, dalle esperienze della seconda guerra mondiale, ha tratto l'Organizzazione delle Nazioni Unite, proclamando la "Carta dei diritti dell'uomo". Soltanto sulla base del pieno rispetto dei diritti degli uomini e dei diritti delle Nazioni - del pieno rispetto! - può essere costruita, in futuro, la pace e la riconciliazione dell'Europa e del mondo.


4. Preghiamo, quindi, su questo luogo di grande battaglia per la libertà e per la giustizia, affinché le parole della liturgia odierna si incarnino nella vita.

Preghiamo Dio che è Padre degli uomini e dei popoli, così come prega oggi il profeta: "perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri... egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli.

Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra..." (Is 2,3-4).

Preghiamo così, tenendo presente che non si tratta più di spade o di lance, ma delle armi nucleari; dei mezzi di distruzione, che sono capaci di ridurre al nulla la terra abitata dagli uomini.

Ricordiamo anche che a Montecassino, Papa Paolo VI ha proclamato, nel 1964, durante il Concilio Vaticano II, san Benedetto patrono dell'Europa, facendo riferimento alle millenarie tradizioni benedettine di lavoro, di preghiera e di cultura frutto della pace e della riconciliazione.

Ricordiamo, infine, che il luogo sul quale ci troviamo è stato reso fertile dal sangue di tanti eroi: dinanzi alla loro morte per la grande causa della libertà e della pace siamo venuti a chinare, ancora una volta, il capo.


5. Cari Connazionali! E' insolito questo momento, in cui posso insieme con voi partecipare a questo grande anniversario. Trentacinque anni fa è terminata la battaglia di Monte Cassino, una di quelle che ha deciso le sorti dell'ultima guerra. Per noi, che allora, nel 1944, abbiamo vissuto la terribile oppressione dell'occupazione, per la Polonia, che si trovava alla vigilia dell'insurrezione di Varsavia, questa battaglia fu una nuova conferma di quella incrollabile volontà di vita, della tensione alla piena indipendenza della Patria, che non ci lasciarono mai nemmeno un istante. A Monte Cassino combatté il soldato polacco, qui mori, qui verso il suo sangue, col pensiero fisso alla Patria, che per noi è una Madre così amata, proprio perché l'amore ad essa esige così tanti sacrifici e rinunce.

Non è mio compito pronunciarmi sul tema del significato di questa battaglia, sul tema dei successi del soldato polacco qui, in questi rocciosi pendii. Gli abitanti di questo bel paese, l'Italia, ricordano che il soldato polacco ha portato alla loro patria la liberazione. Lo ricordano con stima e con amore. Noi sappiamo che questo soldato, per tornare in Polonia, ha percorso una strada lunga e tortuosa: "dalla terra italiana alla Polonia..." come un tempo le legioni di Dabrowski. Lo ha guidato la consapevolezza di una giusta causa. Proprio per tale giusta causa, sorse e non cessa di esistere il diritto della nazione all'esistenza, all'indipendenza, a una vita sociale che rispetti lo spirito delle proprie convinzioni, delle tradizioni nazionali e religiose, alla sovranità del proprio stato. Questo diritto della nazione, violato nel corso di più di cento anni di smembramenti, è stato brutalmente violato e minacciato di nuovo nel settembre del 1939. Ed ecco, durante questo tempo, dal 1 settembre fino a Monte Cassino, questo soldato ha percorso tante strade, con lo sguardo fisso nella Provvidenza di Dio e nella giustizia della storia, con l'immagine della Madre di Jasna Gora negli occhi... è venuto e di nuovo ha combattuto come la precedente generazione "per la libertà nostra e vostra".


6. Oggi, stando qui in questo posto, a Monte Cassino, desidero essere servo e araldo di questo ordine della vita umana, sociale, internazionale, che si costruisce sulla giustizia e sull'amore: secondo le indicazioni del Vangelo di Cristo. E proprio per questo sento insieme a voi - soprattutto a voi tutti che avete combattuto qui 35 anni fa - l'eloquenza morale di questa lotta. La sento insieme a voi, cari Connazionali, e nello stesso tempo insieme a tutti coloro che qui riposano: i vostri compagni d'armi. Insieme a tutti, cominciando dal Comandante Supremo e dal Vescovo Militare. Tutti, fino al più giovane soldato semplice.

Molte volte sono venuto in questo cimitero. Ho letto le scritte sulle lapidi, che danno testimonianza a ciascuno di coloro che qui sono caduti, e indicano il giorno e il luogo della loro nascita. Queste iscrizioni hanno riverberato negli occhi della mia anima l'immagine della Patria, di quella in cui sono nato. Queste scritte, di tanti posti della terra polacca - da tutte le parti, dall'est all'ovest e dal sud al nord - non cessano di gridare qui, nel cuore stesso dell'Europa, ai piedi dell'abbazia che ricorda i tempi di san Benedetto, non cessano di gridare, così come hanno gridato i cuori dei soldati che qui combatterono: "O Dio, che hai protetto la Polonia, per così numerosi secoli....".

Chiniamo la fronte davanti agli eroi.

Raccomandiamo le loro anime a Dio.

Raccomandiamo a Dio la Patria. La Polonia, l'Europa, i Mondo.

Data: 1979-05-17

Data estesa: Giovedì 17 Maggio 1979.





Al cimitero polacco - Montecassino (Frosinone)

Titolo: La fratellanza dei popoli si fondi sui valori spirituuali

Testo: fratelli e figli carissimi! Trentacinque anni fa, il 18 maggio 1944, i soldati polacchi del Generale Anders, giunti da poco sul fronte e aggregati all'"Ottava Armata" britannica, riuscivano a issare la bandiera polacca biancorossa sulle macerie ancora fumanti di questa storica Abbazia.

Tre mesi prima, il 15 febbraio 1944, centinaia di tonnellate di esplosivo erano state rovesciate dai bombardieri distruggendo l'Abbazia, ritenuta obiettivo bellico, mentre tra un bombardamento e l'altro il tiro incrociato delle artiglierie terrestri e marine seminava morte e rovina dovunque.

Nel cimitero polacco più di mille croci ricordano il sacrificio di questi giovani che per la libertà e per la pace, insieme a molti altri eserciti, combatterono e morirono.

Trentacinque anni sono passati; ed ecco oggi, qui a Montecassino, nella celebre Abbazia risorta e gloriosa, un figlio della Polonia, diventato Pontefice, ricordare e suffragare i suoi fratelli, insieme a tutti i caduti. vittime delle idee sbagliate e degli umani contrasti.

Oh, veramente misteriosi sono i disegni di Dio e imprevedibili le vie della storia! Chi mai avrebbe potuto immaginare che questo secolo così stupendo per le conquiste e per il progresso avrebbe visto scatenati tanto odio e tanta crudeltà? E chi mai avrebbe potuto prevedere che proprio dalla martoriata e umiliata Polonia, sarebbe sorta la voce del successore di Pietro? Non resta che rimanere trepidanti davanti all'avvenire, ben sicuri pero che attraverso le vicende talvolta tragiche dell'umanità, Cristo vince sempre e l'amore, alla fine, è sempre ugualmente vincitore! Già nove anni fa volli salire quassù, a Montecassino, con duecento sacerdoti ex prigionieri dei campi di concentramento di Dackau e di Mathausen.

Oggi, divenuto Vicario di Cristo, sono tornato con nel cuore non solo più la Polonia, ma l'Italia e il mondo intero! Sono qui per pregare, per meditare con voi e anche per delineare un programma di vita alla luce di Montecassino e di san Benedetto.

1. Ascoltiamo prima la voce di Montecassino.

Che cosa ci può dire, che cosa ci vuol dire questo insigne monumento di religiosità e di umanità? Tre volte fu distrutto e tre volte risorse dalle sue macerie, rimanendo centro mistico di ineffabile valore per l'Italia, per l'Europa e per il mondo. Qui sono saliti gli umili e i potenti, i santi e i peccatori, i mistici e i disperati.

Qui sono venuti poeti, scrittori, filosofi ed artisti.

Qui sono giunte anime assetate di verità o tormentate dal dubbio e hanno trovato pace e certezza.

Qui sono arrivate affrante e spaventate moltitudini inermi e profughe, vittime delle burrasche dei tempi, e hanno trovato rifugio e conforto.

Come mai questo afflusso di gente umile o importante a Montecassino? Dante Alighieri, come voi ben sapete, lo fa spiegare dallo stesso san Benedetto: / "Quel monte a cui Cassino è nella costa / fu frequentato già in su la cima / dalla gente ingannata e mal disposta. // E quel son io che su vi portai prima / lo nome di Colui che in terra addusse / la verità che tanto ci sublima: // E tanta grazia sovra me rilusse / ch'io ritrassi le ville circostanti / dall'empio culto che il mondo sedusse" ("Paradiso", XXII,37-45).

Qui si è sempre venuti e si viene per incontrare "la verità che tanto ci sublima", per respirare un'atmosfera diversa, trascendente, trasformante.

Perciò, o popoli, venite a Montecassino! Venite a meditare sulla storia passata e a comprendere il significato vero del nostro terreno pellegrinaggio! Venite a riacquistare pace e serenita, tenerezza con Dio e amicizia con gli uomini, per riportare speranza e bontà nelle frenetiche metropoli del mondo moderno, nell'angoscia di tante anime tormentate e deluse! Venite specialmente voi, giovani, assetati di innocenza, di contemplazione, di interiore bellezza, di gioia pura; voi che cercate i significati ultimi e decisivi dell'esistenza e della storia, venite, e riconoscete e gustate la spiritualità cristiana e benedettina, prima di lasciarvi attirare da altre esperienze! E voi, monaci benedettini, tenete viva la vostra spiritualità, la vostra mistica contemplazione unita al lavoro, inteso come servizio di Dio e dei fratelli! La vostra intima letizia sia la lode di Dio per mezzo del forte e dolce sermone latino e delle sublimi e purificanti melodie gregoriane. Siate di esempio al mondo con il vostro lavoro nel silenzio e nell'umile obbedienza.


2. Ascoltiamo in particolare la voce di san Benedetto.

Uomo rappresentativo e vero gigante della storia, san Benedetto è grande non solo per la sua santita, ma anche per la sua intelligenza e la sua operosità, che seppero dare un nuovo corso agli avvenimenti della storia.

Della sua vita interessante e avventurosa ricordiamo soltanto gli estremi: nato a Norcia nel 480 circa, ossia sulle interne montagne dell'Umbria, Benedetto studio per qualche tempo la retorica a Roma, poi, spaventato o disgustato dalla corruzione dell'ambiente, si ritiro presso il lago dell'Aniene, a Subiaco, nella solitudine, dove sorsero ben tredici monasteri. Costretto ad abbandonare la valle dell'Aniene, Benedetto si diresse verso quest'alta collina che domina il Borgo di Cassino, dove nel 529 fondo il celebre monastero e si dedico all'evangelizzazione di quelle popolazioni ancora pagane, mentre sua sorella Scolastica reggeva il cenobio delle religiose.

Verso la fine del quinto secolo il mondo era sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dalla fine dell'Impero Romano, dall'invasione di altri popoli e dalla decadenza dei costumi. In questa notte oscura della storia, san Benedetto fu un astro luminoso. Dotato di una profonda sensibilità umana, san Benedetto nel suo progetto di riforma della società guardo soprattutto all'uomo, seguendo tre linee direttive: - il valore dell'uomo singolo, come persona; - la dignità del lavoro, inteso come servizio di Dio e dei fratelli: - la necessità della contemplazione, ossia della preghiera: avendo compreso che Dio è l'Assoluto, e nell'Assoluto viviamo, l'anima di tutto deve essere la preghiera: "Ut in omnibus glorificetur Deus" (S. Benedetto, "Regola").

In sintesi, perciò, si può dire che il messaggio di san Benedetto sia un invito all'interiorità. L'uomo deve prima di tutto entrare in se stesso, deve conoscersi profondamente, deve scoprire dentro di sé l'anelito a Dio e le tracce dell'Assoluto. Il carattere teocentrico e liturgico della riforma sociale propugnata da san Benedetto, sembra ricalcare la celebre esortazione di sant'Agostino: "Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas" (S. Agostino, "Vera religione", 39, 72). San Gregorio, nei suoi celebri "Dialoghi", in cui narra la vita di san Benedetto, scrive che egli "abito solo con se stesso sotto gli occhi di chi ci guarda dall'alto: solus superni spectatoris oculis habitavit secum" (S. Gregorio Magno, "Dialogorum Liber", lib. II., c. III: Migne, PL 125. 204).

Ascoltiamo la voce di san Benedetto: dalla solitudine interiore, dal silenzio contemplativo, dalla vittoria sul rumore del mondo esterno, da questo "abitare con se stessi", nasce il dialogo con sé e con Dio, che porta fino alle vette dell'ascetica e della mistica.


3. E infine, ascoltiamo ancora la voce dei tempi.

La voce dei tempi nostri, che viviamo con ansia e con trepidazione, ci dice che gli uomini tendono sempre più all'unità. Si sente il bisogno di una maggiore conoscenza reciproca tra i singoli e tra i popoli.

Ma oggi specialmente l'Europa sta realizzando la sua unità, non solo economica, ma anche sociale e politica, pur nel rispetto delle singole nazionalità. Molti e complicati sono i problemi che devono essere affrontati e risolti, dal campo culturale e scolastico a quello giuridico ed economico.

Ma ascoltando san Benedetto, che fu definito da Pio XII "Padre dell'Europa" e che Paolo VI decreto celeste patrono di essa, i tempi spingono verso una sempre più intensa comprensione vicendevole, che vinca e superi le disuguaglianze sociali, l'indifferenza egoistica, la prepotenza, l'intolleranza.

E non è questo il messaggio della fede cristiana? Questa fede cristiana che è l'anima e lo spirito dell'Europa e che ci invita ad essere miti, pazienti, misericordiosi, operatori di pace, puri di cuore, poveri in spirito, affamati e assetati di giustizia (cfr. Mt 5,1-12).

La voce di san Benedetto si congiunge così alla voce dei tempi. Il programma di vita siano per l'Europa e per tutti le Beatitudini! Anche a noi san Paolo dice: "Rivestitevi come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri... Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori!" (Col 3,12-15).

Noi vogliamo pregare qui per questa pace di Cristo; e se guardiamo tutta l'attuale ricerca di una più grande unità fra i popoli europei, speriamo che questa porti anche ad una più profonda consapevolezza delle radici - radici spirituali, radici cristiane - perché, se si deve costruire una casa comune, si deve anche costruire un fondamento più profondo. Non basta un fondamento superficiale. E quel fondamento più profondo - lo abbiamo visto anche nella nostra analisi - vuol dire sempre "spirituale".

Preghiamo che la ricerca di un'Europa più unita sia basata sul fondamento spirituale della tradizione benedettina, della tradizione cristiana, cattolica, che vuol dire universale.

Solamente nel nome di questa tradizione è possibile che adesso, in questo luogo, oggi, venga come Vescovo di Roma il figlio di un popolo diverso come lingua e come storia, ma radicato nello stesso fondamento, nella stessa tradizione spirituale, nella stessa cristianità con un passato così cristiano che egli può essere tra voi non solamente come uno della casa, ma anche come il vostro pastore.

Rivolgiamo a Maria santissima il nostro sguardo e il nostro cuore! Ci assista lei per essere tutti d'accordo nell'unire l'Europa e il mondo intero nell'unico sole che è Cristo! Nel 1944, al termine delle tragiche giornate di Montecassino, non appena le truppe giunsero alle vette delle rovine ancora fumanti, un gruppo di soldati cattolici polacchi volle erigervi una piccola cappella dedicata a Maria; poi l'ornarono come consentivano quelle drammatiche circostanze, e infine si prostrarono in fiduciosa preghiera. Su quel suolo si eleva oggi questa nuova Chiesa.

Fratelli e figli carissimi, uniamoci nella preghiera a Maria, nella imitazione delle sue virtù, nell'amore filiale e coerente; e poi procediamo avanti con fede e coraggio dicendo con san Benedetto: "Ora et labora et noli contristari!".

Data: 1979-05-17

Data estesa: Giovedì 17 Maggio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)