GPII 1979 Insegnamenti - Ai lavoratori - Monterrey (Messico)





Ai Vescovi dell'America Centrale e delle Antille - Messico

Titolo: Messaggio prima della partenza dal Messico

Testo: Cari fratelli.

Prima di lasciare il suolo messicano, sento la necessità di inviare a voi e, attraverso voi, a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, un paterno saluto.

Saluto segnato dalla pena di non aver potuto visitare questi cari figli, pur essendo tanto vicino ai vostri Paesi.

Pena che si traduce in una espressione più profonda di amore.

Dite loro che il Papa durante i giorni vissuti nel Nuovo Continente, ha pensato molto a loro e ha pregato molto per loro.

La vicinanza materiale dovuta alla mia visita in Messico, mi ha fatto sentire più vivo il mio affetto e il mio interesse per tutta l'America Latina, e in modo particolare ha ricordato con amore speciale tutto l'Arcipelago delle Antille, durante la mia breve permanenza a Santo Domingo.

Ora che il mio pensiero e il mio affetto è più vicino a voi, mi ritorna alla memoria in modo speciale il ricordo delle calamità materiali che solo poco tempo fa colpirono alcuni Paesi, soprattutto il Guatemala e il Nicaragua.

Ringraziamo il Signore perché il processo di ricostruzione continua a realizzarsi in modo soddisfacente.

Se poteste comprendere quanto il Papa desideri che le genti di queste Nazioni siano capite in tutta la loro dimensione di esseri umani, e che coloro che hanno la possibilità e il potere lo esercitino con una completa giustizia, che è la condizione per la pace e lo sviluppo dei popoli! Il Papa ritorna a Roma, ma resta con voi la sua parola: che sia uno stimolo costante affinché continuiate a lavorare con rinnovato sforzo giorno dopo giorno, perché il grande amore per la vostra Patria si manifesti nell'impegno a favore del bene e della convivenza fraterna di questa grande famiglia che i Paesi del Continente Americano formano, tutti insieme e ciascuno singolarmente.

Impartendo ai Vescovi e, grazie a loro, a tutti i popoli di queste terre, la benedizione, il Papa desidera consolidare, accrescere e approfondire questi vincoli che si sono stabiliti grazie alla sua missione pastorale.

Sia lodato Dio Onnipotente che ci ha permesso, attraverso la Conferenza dell'Episcopato Latino Americano, di rendere per qualche giorno le terre d'America il centro della Chiesa; sono stati tutti giorni importanti per il presente e per il futuro della evangelizzazione in questo amato e grande Continente.

Data: 1979-02-01

Data estesa: Giovedì 1 Febbraio 1979.





Ai cristiani delle Bahamas - Nassau (Bahama)

Titolo: Uniti nella solidarietà dell'amore

Testo: Vi sono grato per questa accoglienza. E' per me una grande gioia, di ritorno verso Roma, poter fare sosta a Nassau, poter trattenermi con l'amato popolo delle Bahamas.

Il mio primo saluto è rivolto alle autorità di questa giovane nazione, da non molto tempo indipendente. Voi avete favorito in ogni modo la mia visita e vorrei dunque esprimervi la mia gratitudine. Vi assicuro inoltre le mie preghiere per la auspicata realizzazione dei nobili obiettivi che voi siete chiamati a realizzare al servizio di tutti gli uomini e le donne di questo paese.

Essendo qui tra di voi questa sera, colgo l'occasione per rivolgere i miei migliori auguri a tutta la popolazione delle Bahamas. Io spero che per ciascuno di voi si possa realizzare un progresso costante nel senso dell'autentico e umano avanzamento dell'uomo. Nella profonda convinzione della suprema dignità della persona umana, le popolazioni di tutte queste isole diano il proprio contributo, individuale e particolare, al bene comune tenendo conto dei diritti personali e dei doveri di tutti i cittadini.

Stare con voi significa anche condividere la vostra speranza di dare un vostro contributo speciale alla società, quale nazione sovrana all'interno della famiglia delle nazioni, in modo da concorrere a costruire l'edificio della pace mondiale sulle solide colonne della verità e della giustizia, della carità e della libertà. Che Iddio benedica tutti i vostri sforzi e che vi aiuti a svolgere questo importante compito a beneficio della presente e delle future generazioni.

In questa eccezionale occasione estendo un saluto particolare a tutti i figli e le figlie della Chiesa cattolica. Assicuro a ciascuno l'amore nel Signore Gesù Cristo, e confido che la mia presenza possa essere un vero segno per voi dei grandi vincoli di fede e carità che vi legano ai cattolici di qualsiasi parte del mondo. Invoco per voi la forza e la gioia di questa solidarietà e fratellanza in modo che voi possiate sempre rendere testimonianza della vostra fede attraverso la trasparenza delle vostre vite cristiane. Le parole di Gesù sono una perenne sfida per tutti noi: "Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Con profondo rispetto ed amore fraterno vorrei pure salutare gli altri confratelli cristiani delle Bahamas, coloro che professano con noi che "Gesù Cristo è il Figlio di Dio" (1Jn 4,15). Siate certi del nostro desiderio di collaborare lealmente e costantemente per poter ottenere dalla grazia divina l'unità voluta da Cristo Signore. I miei sentimenti d'amicizia vanno parimenti a tutti gli uomini e le donne di buona volontà residenti in questa parte dell'oceano Atlantico. In quanto figli dell'unico Padre celeste noi siamo uniti nella solidarietà dell'amore e nella proclamazione della incomparabile dignità della persona umana.

In questo momento, durante questa breve sosta, io avverto la speranza che è in ciascuno di voi, popolo delle Bahamas: una speranza verso il futuro che è ampia come l'oceano che vi circonda. E' un onore per me condividere questa speranza e poterla esprimere ora, insieme alla certezza che essa vi sosterrà in tutti i vostri validi sforzi come popolo unito. Chiedo a Dio di condurvi al pieno compimento del vostro destino. La sua benedizione ricca e duratura raggiunga tutto il popolo delle Bahamas. Che egli assista i poveri, conforti gli ammalati, guidi i giovani e porti la pace in ogni cuore.

Iddio benedica le Bahamas, oggi e per sempre! Data: 1979-02-01

Data estesa: Giovedì 1 Febbraio 1979.





Saluto al capo del Governo italiano - Roma

Testo: Ho accolto con vivo compiacimento, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, le gentili parole di saluto e di augurio che Ella ha voluto rivolgermi, anche a nome del Governo Italiano. Al termine di questo primo viaggio apostolico, che mi ha portato al di là dell'oceano nella nobile e cara terra del Messico, un sentimento prevale sugli altri, che si affollano nell'animo trepidante e commosso: il sentimento della gratitudine.

Sono grato, anzitutto, al Signore e alla Vergine santa di Guadalupe per il costante aiuto, con cui mi hanno sostenuto in questi giorni, permettendomi di coronare felicemente una iniziativa delicata e importante, intrapresa in adempimento dell'universale mandato, che Cristo stesso mi ha affidato, chiamandomi alla responsabilità di suo Vicario nella Sede di Pietro.

Penso poi, con vivissima riconoscenza, alle tante dimostrazioni di premura, di devozione e di affetto, riservatemi dalle popolazioni incontrate nel corso del mio pellegrinaggio e, in particolare, dai venerati fratelli nell'Episcopato, convenuti a Puebla in rappresentanza dell'intera Gerarchia cattolica dell'America Latina. Il mio cuore ha potuto pulsare all'unisono con loro: ho gioito, sofferto, sperato con loro; soprattutto con loro ho pregato, implorando dal Padre comune l'avvento di un mondo, fatto più pacifico, più giusto, più umano dall'adesione sincera al messaggio d'amore del suo Figlio incarnato. E ora, al mio rientro in questa sede romana, nella quale l'orbe cattolico riconosce il centro e la sorgente della propria unità, una nuova e gradita emozione suscita in me questa vostra accoglienza così spontanea e cordiale: saluto, pertanto, con animo deferente e grato, il Signor Cardinale Segretario di Stato e le altre Personalità ecclesiastiche, le Autorità politiche, civili e militari italiane, i membri del Corpo Diplomatico e voi tutti che non avete badato a incomodi pur di potermi recare di persona il vostro benvenuto.

Voglia Iddio ricompensarvi di tanta cortesia e con voi colmi pure dei suoi favori quanti si sono prodigati per la perfetta riuscita del viaggio, a cominciare dai dirigenti, dai piloti e dal personale delle Compagnie Aeree, a cui debbo se la trasvolata è stata attraente e confortevole. A conferma di questi voti sono lieto di impartire a voi qui presenti, alla diletta Città di Roma e a quanti mi hanno seguito col pensiero e con la preghiera una speciale confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-02-01

Data estesa: Giovedì 1 Febbraio 1979.

Ai Cardinali presenti in Roma - L'incontro con il Messico nella sua realtà umana e cristiana

Signori Cardinali.

1. Nel momento in cui si conclude il mio primo viaggio missionario, elevo a Dio il più vivo ringraziamento per la grande esperienza che egli mi ha concesso di vivere nella pienezza di un lavoro apostolico che ha occupato, con particolare intensità, ogni ora delle trascorse giornate.

2. Ho ritenuto mio dovere intraprendere questo viaggio (collegato con lo svolgimento della III Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano a Puebla, da tempo preannunciata) seguendo, in questo, l'esempio del mio predecessore Paolo VI, di venerata memoria, che volle inaugurare questa nuova forma nell'adempimento dell'ufficio papale nella Chiesa.

3. E' difficile parlare compiutamente di questa indimenticabile esperienza mentre ancora riecheggiano nel mio animo le mille voci ascoltate e tanto immediati e vivi sono ancora i ricordi di quanto ho potuto vedere, delle persone che ho potuto incontrare, dei temi che ho avuto occasione di affrontare.

4. Bisognerà ritornare per lungo tempo su tutto ciò con la preghiera, con la riflessione e con il cuore; ma già da ora posso affermare che questo viaggio, dopo la breve ma significativa tappa a Santo Domingo, è stato un eccezionale incontro con il Messico nella sua realtà umana e cristiana; un incontro con il popolo di Dio di questo Paese che ha risposto con un grande atto di fede alla presenza del Papa e che, iniziato nel cuore della Chiesa messicana che è Guadalupe, si è allargato fino a raggiungere le tappe di Puebla, di Oaxaca, di Guadalajara e Monterrey.

5. Con la ricchezza dei suoi contenuti e la molteplicità delle sue manifestazioni, questo incontro offre, in certo senso, un vivo contesto ai compiti che, insieme con i Vescovi dell'America Latina, abbiamo affrontato nell'ambito della III Conferenza Generale di quell'Episcopato che, iniziatasi come sapete il 27 gennaio scorso, con la solenne concelebrazione presso il santuario della Vergine di Guadalupe, proseguono a Puebla sul tema "L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina" per concludersi il 12 febbraio prossimo venturo.

Introducendone i lavori il 28 gennaio, ho rivolto alla Chiesa sudamericana, con grande speranza e fiducia, un messaggio che la presenza dei mezzi della comunicazione sociale e dei professionisti dell'informazione (i quali hanno voluto seguire con ampiezza di tempo ogni tappa del mio breve ma intenso viaggio) ha reso concretamente universale.

Del significato dei lavori di Puebla e dei singoli problemi là affrontati, bisognerà certamente parlare più di una volta ritornando sopra i diversi argomenti.

6. Ora, rientrando dopo sette giorni alla Sede Apostolica, sento il bisogno di ringraziare di cuore tutti coloro che, ad ogni livello, hanno contribuito a preparare e ad organizzare questo viaggio molto ben riuscito pur svolgendosi in tempo tanto breve.

Vorrei ringraziare anche tutti coloro che hanno sopportato con me il peso di questo viaggio: le Loro Eccellenze Caprio, Casaroli, Martin, Marcinkus, Monsignor Noè e tutte le altre persone del seguito, della stampa, della radio e della televisione, tutti i laici che mi hanno seguito lungo l'intero viaggio.

7. Permettete, infine, che io rivolga un grazie particolare a voi per l'accoglienza che mi avete riservato, a tutto il Collegio dei Cardinali che ho sentito tanto vicini con la preghiera e con il cuore nel corso di queste indimenticabili giornate; e in modo tutto speciale al Cardinale Decano che ha saputo tanto bene interpretare i sentimenti di tutti voi e al Cardinale Segretario di Stato per il prezioso lavoro svolto con generosa disponibilità nei giorni della mia assenza.

La Vergine di Guadalupe, che ho tanto pregato in questi giorni, dia forza, con la sua intercessione, al nostro impegno perché non siano deluse le speranze suscitate dal viaggio apostolico che oggi ho concluso.

Data: 1979-02-01

Data estesa: Giovedì 1 Febbraio 1979.





Festa della Presentazione del Signore - Cristo illumina il mistero dell'uomo

"Lumen ad revelationem gentium" (Luce per illuminare le genti).

1. La liturgia della festa odierna ci ricorda, anzitutto, le parole del profeta Malachia: "Ecco, entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate... ecco viene". Di fatto queste parole si avverano in questo momento: entra per la prima volta nel suo tempio Colui che è il suo Signore. Si tratta del tempio dell'antica alleanza, la quale costituiva la preparazione per l'alleanza nuova. Dio stringe questa nuova alleanza col suo popolo in Colui, che "ha unto e mandato nel mondo", cioè nel suo Figlio. Il tempio dell'antica alleanza aspetta quell'Unto, il Messia.

La ragione, per così dire, della sua esistenza è questa attesa.

Ed ecco entra. Portato dalle mani di Maria e di Giuseppe. Entra come un bambino di quaranta giorni al fine di adempiere alle esigenze della legge di Mosè.

Lo portano nel tempio come tanti altri bambini israeliti: il bambino di poveri genitori. Entra dunque inosservato e - quasi in contrasto con le parole del profeta Malachia - non atteso da nessuno. "Deus absconditus" (Dio nascosto: cfr. Is 45,15). Nascosto nella carne umana, nato nella stalla nei pressi della città di Betlemme. Sottomesso alla legge del riscatto, come la sua Genitrice a quella della purificazione.

Benché tutto sembri indicare che nessuno qui, in questo momento, lo attenda e nessuno lo scorga, in realtà non è così. Il vecchio Simeone va incontro a Maria e a Giuseppe, prende il Bambino sulle braccia e pronuncia le parole che sono una viva eco della profezia di Isaia: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo / vada in pace secondo la tua parola, / perché i miei occhi han visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,29-32 cfr. Is 2,2-5 Is 25,7).

Queste parole sono la sintesi di tutta l'attesa, la sintesi dell'antica alleanza. L'uomo, che le enuncia, non parla da se stesso. E' profeta: parla dal profondo della rivelazione e della fede di Israele. Annuncia il compimento dell'antico e l'inizio del nuovo.


2. Oggi la Chiesa benedice le candele che danno luce. Queste candele sono, nello stesso tempo, simbolo dell'altra luce, della luce che è proprio Cristo. Egli ha incominciato ad esserlo dal momento della sua nascita. Si è rivelato come luce agli occhi di Simeone il quarantesimo giorno dopo la sua nascita. Poi come luce è rimasto per trent'anni nel nascondimento di Nazaret. In seguito, ha iniziato a insegnare, e il periodo del suo insegnamento è stato breve. Ha detto: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8 Jn 12). Quanto è stato crocifisso "si fece buio nella terra" (Mt 27,45), ma il terzo giorno queste tenebre hanno ceduto il posto alla luce della risurrezione.

E' con noi la luce! Che cosa illumina? Illumina il buio delle anime umane. Le tenebre dell'esistenza. Perenne e immenso è lo sforzo dell'uomo per aprirsi la strada e arrivare alla luce; luce della conoscenza e dell'esistenza. Quanti anni, a volte, l'uomo dedica per chiarire a se stesso qualche fatto, per trovare la risposta a una determinata domanda. E quanto lavoro su noi stessi costa ad ognuno di noi affinché possiamo, attraverso tutto ciò che in noi è "oscuro", tenebroso, attraverso tutto il nostro "io peggiore", attraverso l'uomo soggiogato alla concupiscenza della carne, degli occhi, e alla superbia dell vita (cfr. 1Jn 2,16) svelare ciò che è luminoso: l'uomo di semplicità, di umiltà, di amore, di disinteressato sacrificio; i nuovi orizzonti del pensiero, del cuore, della volontà, del carattere. "Le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende", scrive san Giovanni (1Jn 1,8).

Se chiediamo che cosa illumini questa luce, riconosciuta da Simeone nel Bambino di quaranta giorni, ecco la risposta. E' la risposta dell'esperienza interiore di tanti uomini, che hanno deciso di seguire questa luce. E' la risposta della vostra vita, miei cari fratelli e sorelle, religiosi e religiose, che oggi partecipate alla Liturgia di questa festa, tenendo nelle vostre mani le candele accese. E' come pregustare la vigilia pasquale quando la Chiesa, cioè ognuno di noi, tenendo alta la candela accesa varcherà la soglia del tempio, cantando "Lumen Christi". In modo particolare è in profondità che Cristo illumina il mistero dell'uomo. Particolarmente e profondamente, e con quanta delicatezza nello stesso tempo, discende nel segreto delle anime e delle coscienze umane. E' il Maestro della vita, nel senso più profondo. E' il Maestro delle nostre vocazioni. Eppure proprio lui, lui, l'unico, ha rivelato ad ognuno di noi e sempre rivela a tanti uomini la verità che "l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé (cfr. Lc 17,33)" (GS 24).

Rendiamo grazie oggi per la luce che è in mezzo a noi. Rendiamo grazie per tutto ciò che, mediante il Cristo, è diventato in noi stessi luce; ha cessato di essere "il buio e l'incognito".

3. Alla fine Simeone dice a Maria, prima nei riguardi del suo Figlio: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione". Poi nei riguardi di lei stessa: "E anche a te una spada trafiggerà l'anima, perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,34-35).

Questo giorno è la sua festa: la festa di Gesù Cristo, nel quarantesimo giorno della sua vita, nel tempio di Gerusalemme secondo le prescrizioni della legge di Mosè (Lc 2,22-24). Ed è pure la festa di lei: di Maria.

Lei regge il Bambino nelle sue braccia. Lui, anche nelle sue mani, è la luce delle nostre anime, la luce che illumina le tenebre della conoscenza e dell'esistenza umana, dell'intelletto e del cuore.

I pensieri di tanti cuori vengono svelati quando le sue materne mani portano questa grande luce divina, quando la avvicinano all'uomo.

Ave, tu che sei diventata Madre della nostra luce a prezzo del grande sacrificio del tuo Figlio, a prezzo del materno sacrificio del tuo cuore!

4. E, infine, mi sia consentito, oggi, all'indomani del mio ritorno dal Messico, ringraziarti, o Madonna di Guadalupe, per questa Luce, che il tuo Figlio è per i figli e le figlie di quel Paese e anche di tutta l'America Latina. La III Conferenza Generale dell'Episcopato di quel Continente, iniziata solennemente ai tuoi piedi, o Maria, nel santuario a Guadalupe, dal 2B gennaio sta svolgendo a Puebla i suoi lavori sul tema dell'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina, e si sforza di mostrare le vie per le quali la luce di Cristo deve raggiungere la generazione contemporanea in quel grande e promettente Continente.

Raccomandiamo nella preghiera tali lavori, guardando oggi al Cristo portato in braccio da sua Madre, e ascoltando le parole di Simeone: "Lumen ad revelationem gentium".

Data: 1979-02-02

Data estesa: Venerdì 2 Febbraio 1979.





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nessuna barriera all'amore di Cristo

Testo: Desidero oggi esprimere la mia profonda gratitudine a Dio che mi ha permesso, proprio all'inizio del mio pontificato, di compiere un particolare servizio alla Chiesa e al Popolo di Dio che è in Messico. Per cogliere adeguatamente il significato di questo servizio, occorre avere davanti agli occhi l'intero passato, il più lontano e quello recente, della Chiesa in tale Paese, così come pure la situazione contemporanea del Messico e di tutta l'America Latina, la quale è oggetto di studio della Conferenza a Puebla dei Rappresentanti dell'Episcopato di tutto quel Continente.

Il servizio del Papa era direttamente collegato con questa conferenza, e ciò ha offerto l'occasione di mettere di fatto in risalto la collegialità episcopale nella sollecitudine pastorale per la Chiesa.

In pari tempo, il mio servizio ha trovato nell'intera comunità cattolica del Messico un terreno largamente preparato. Di ciò sono testimonianza non soltanto i numerosi incontri con i Vescovi, con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose, con il laicato, con la gioventù, con i malati, con gli operai e con i "campesinos", ma anche tutto lo svolgimento della visita. L'incontro con il Messico cattolico è durato in realta l'intero periodo della mia permanenza in quel Paese, senza intervalli. Ogni passaggio lungo le strade, ogni uscita oltre il portone della residenza, diventavano subito un incontro al quale hanno partecipato sommariamente milioni di persone. Lo stesso ha avuto luogo durante la sosta di un giorno a Santo Domingo nel viaggio di andata, e anche nelle Isole Bahamas, per il breve spazio di due ore, nel viaggio di ritorno. benché questo scalo sia avvenuto in ore di notte profonda.

E proprio per questo incontro con il Popolo di Dio, che è la Chiesa viva - per l'insieme di questo incontro e soprattutto per quanto ha avuto luogo in Messico -, desidero oggi qui sulla piazza di San Pietro ringraziare Dio, Gesù Cristo e la sua Madre. La manifestazione e, in un certo senso, la testimonianza della Chiesa come una grande comunità che crede e che prega, che è "un cuore solo" e un solo spirito è frutto particolare di questi giorni, tanto impegnativi, ma quanto mai benedetti.

Può forse tutto ciò risolvere i molteplici problemi della vita quotidiana del Messico e dell'America Latina, quei problemi ai quali si riferivano i vari passi dei miei discorsi, e sui quali lavorerà fino al 12 febbraio corrente la Conferenza a Puebla? Certamente no.

Tuttavia, questo grande e molteplice incontro con il Popolo di Dio, il suo svolgimento e il clima creato permettono, ci spingono a guardare questi problemi in un contesto ben preciso: il contesto soprattutto degli uomini, delle comunità che vivono la fede e la speranza; che apprezzano la libertà; che sono assetati di giustizia e di pace.

Bisogna dunque guardare tutti questi problemi, in primo luogo, con vero amore verso l'uomo così come egli è.

Tutto l'incontro "messicano" ha dimostrato con quale intensità l'uomo di quel Paese - e certamente di tutto il Continente latino-americano - crede a questo amore portato da Cristo, e con quale intima aspirazione aspetta soprattutto questo amore. In esso vede la soluzione principale e più profonda dei suoi problemi. Si rallegra con la sola speranza di questa soluzione.

Oggi, in questo appuntamento per l'"Angelus", raccomando alle vostre preghiere tutti gli uomini che ho incontrato in Messico: nella capitale, a Guadalupe, a Puebla, a Oaxaca, a Guadalajara, a Monterrey, sulle strade e per le vie, e durante tutte le riunioni e i discorsi. Tutti gli uomini del Messico e dell'America Latina.

Preghiamo, perché la Chiesa possa compiere la sua missione e il suo servizio nei confronti di tutti quegli uomini, affinché essi mostrino l'amore di Cristo che supera tutto (cfr. 1Co 13,4) come il programma della loro vita quotidiana, familiare e sociale; e preghiamo perché questo amore si dimostri più forte di tutto ciò che lo ostacola e cerca di distruggerlo.

Che tale sia il frutto del mio servizio nei confronti della Chiesa in Messico e nell'America Latina.

Data: 1979-02-04

Data estesa: Domenica 4 Febbraio 1979.










Ai ragazzi e ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricordi incancellabili del pellegrinaggio in Messico

Testo: Carissimi ragazzi e ragazze! Carissimi giovani! Eccoci di nuovo qui, nella Basilica di San Pietro, per la consueta udienza settimanale. Anche quest'oggi siete venuti numerosi per incontrarvi con il Papa, e io vivamente apprezzando questa attestazione di fede e di ossequio filiale, vi ringrazio sentitamente e vi saluto con affetto. La vostra giovinezza, la vostra vivacità, la vostra gioia, sono un grande tonificante e una spinta ad un sempre più intenso impegno nel servizio delle vostre anime.

1. Il primo pensiero che desidero esprimervi oggi riguarda, come è ovvio, il mio recente viaggio nell'America Latina, la quale rappresenta quasi la metà della popolazione cattolica della terra. Penso che l'avrete potuto seguire, almeno in parte, alla televisione o sui giornali.

Il mio animo è pieno di ricordi incancellabili: questo viaggio stupendo, anche se faticoso, è stato una vera grazia del Signore, impetrata certamente dai miei venerati predecessori, di cui porto il grande nome: Giovanni XXIII, Paolo VI e Papa Giovanni Paolo I. Essi mi hanno accompagnato nel lungo e consolante pellegrinaggio da Santo Domingo a Città del Messico, da Guadalajara a Puebla, da Oaxaca a Monterrey, in un gioioso e incalzante programma di impegni e di cerimonie.

E' stato un incontro con milioni e milioni di persone, che spinte dalla fede e dalla speranza si sono strette intorno al Vicario di Cristo. E' stato, soprattutto, un continuo incontro di preghiera e di meditazione. Ho potuto parlare a vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, operai, universitari, studenti, campesinos, indios, ammalati, emarginati, bambini, come pure a responsabili delle Nazioni e dei Governi. Ho parlato negli stadi, nelle piazze, nelle strade, nei grandi Santuari, nelle Cattedrali, tra le montagne degli Indios, nei "barrios" dei poveri, negli ospedali. Dappertutto le folle si sono strette attorno al Papa come un giorno si stringevano attorno a Gesù.

E in questo momento, vorrei rivolgere un paterno pensiero a tutti i giovani e fanciulli, così ardenti e allegri, che ho incontrato. In particolare, mi è caro ricordare i bambini ammalati di Città del Messico e i piccoli Indios di Cuilapan.2. Il secondo pensiero riguarda l'assemblea dell'Episcopato latino-americano, riunita nella città di Puebla. Ho avuto la fortuna di inaugurare personalmente questa terza assemblea il sabato 27 gennaio, quando ho presieduto la concelebrazione nel santuario della Madonna di Guadalupe, e poi domenica 28 gennaio, pronunciando il discorso di inizio dei lavori nella cappella del Seminario Maggiore a Puebla.

Si tratta - come è noto - della terza riunione dell'Episcopato dell'America Latina: la prima ha avuto luogo a Rio de Janeiro nel 1955; la seconda a Medellin nel 1968.

A Puebla sono presenti ventuno Cardinali, sessantasei arcivescovi, centotrenta vescovi, quarantacinque religiosi e religiose, trentatré laici e laiche, quattro diaconi, quattro campesinos, quattro indigeni e cinque osservatori non-cattolici.

Tale assemblea ha come argomento di discussione un problema molto importante: "L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina". La raccomando perciò vivamente alle vostre fervorose preghiere.

3. Vorrei concludere le notizie ora esposte con un pensiero circa la "collegialità episcopale", di cui a lungo parla il Concilio Vaticano II nella costituzione "Lumen Gentium".

Voi sapete che Gesù scelse i dodici Apostoli e solo a loro conferi i suoi poteri per l'adempimento della loro missione: annunziare la verità, salvare e santificare le anime, guidare la Chiesa.

A capo dei dodici stabili Pietro, come fondamento della Chiesa e Pastore universale di tutte le anime, con l'incarico di "confermare i fratelli", avendo dal Signore una speciale assistenza per non errare nella dottrina circa la fede e la morale. La missione e i poteri degli Apostoli sono passati ai Vescovi; la missione e i poteri di Pietro sono passati al Papa, e cioè al Vescovo di Roma, suo successore.

Vedete come, nella volontà e nel progetto di Gesù, la Chiesa è un corpo solo, tutto unito e ben compaginato: i Vescovi formano una unità, una "collegialità" con Pietro, e cioè con il Papa, come Capo.

Quindi per mezzo dei Vescovi si ascende agli Apostoli e dagli Apostoli si giunge a Gesù e, per mezzo di Gesù, si arriva alla Santissima Trinità.

Per essere sicuri di amare veramente Gesù, bisogna essere uniti al proprio Vescovo. Giustamente la costituzione "Lumen Gentium" (LG 28), afferma che nella persona dei Vescovi, coadiuvati dai sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo.

Perciò, cari giovani e ragazzi, amate il vostro Vescovo, che è padre, amico e maestro; pregate per lui e con lui; ascoltate la sua parola e realizzate le sue iniziative; rendetegli bello e consolante il ministero pastorale.

L'incontro con il Vescovo sia sempre una gioia e una festa, perché è un incontro con Gesù! Con tale voto vi affido all'amore materno della Madonna di Guadalupe e tutti di cuore benedico.

Al pellegrinaggio della diocesi di Senigallia Un particolare saluto va ai partecipanti del pellegrinaggio della diocesi di Senigallia, guidato dal Vescovo Monsignor Odo Fusi Pecci, e organizzato a conclusione del centenario della morte del Santo Padre Pio IX.

Voi siete concittadini di un mio grande predecessore, che con la sua personalità e il suo lungo e travagliato pontificato segno un'epoca cruciale della storia della Chiesa e della storia d'Italia. La sua memoria valga a fare di tutti noi dei membri sempre più responsabili nell'ambito della comunità cristiana, e costantemente sensibili alla volontà di Dio, che si manifesta nei segni dei tempi.

A un gruppo di ammalati

Un saluto particolarmente cordiale desidero poi rivolgere a tutti gli ammalti qui presenti.

Carissimi, sappiate che la vostra sofferenza, unita a quella di Cristo, diventa mezzo prezioso di redenzione e di salvezza, a benedizione anche dei vostri fratelli.

In ogni giorno della vostra vita vi accompagni la grazia e la pace del Signore. E' questo il mio augurio e la mia preghiera per ciascuno di voi, mentre di cuore vi benedico.

Alle coppie di giovani sposi Desidero rivolgere, ora, un cordiale e paterno benvenuto a tutti gli sposi novelli qui presenti, e in particolare a coloro che, appartenendo al Movimento dei Focolari, hanno partecipato ad un corso di spiritualità familiare, tenuto a Rocca di Papa.

Siete venuti dal Vicario di Cristo per ricevere la sua benedizione sulla vostra unione, che l'apostolo san Paolo chiama "grande sacramento" (Ep 5,32), paragonandola all'unione, intima e profonda, di Cristo Signore con la sua Chiesa.

La comunione di vita, infatti, da voi accettata con libero e responsabile consenso, è stata voluta dal Creatore stesso, per cui essa non può essere soggetta all'arbitrio umano, ma deve uniformarsi al divino disegno che, proprio per il bene dell'uomo, l'ha stabilita unica e indissolubile.

Aprite l'animo a serena fiducia: nella misura in cui vivrete la vostra unione in filiale e orante rapporto col Signore, non vi potranno mancare gli aiuti per svolgere la vostra sublime missione e vi sarà dato anche su questa terra di assaporare le vere gioie, quelle del cuore, che nessuno potrà sottrarvi.

Vi accompagni nel vostro fidente cammino la mia benedizione.

All'Orchestra "Staatsoper" di Monaco di Baviera Un particolare saluto di benvenuto va oggi all'"Orchestra Staatsoper di Monaco", che tiene una rappresentazione straordinaria qui a Roma. Questo prezioso scambio culturale, che supera i confini naturali, possa servire a un arricchimento reciproco e approfondire la comprensione e l'unione tra i popoli.

Al "Circo Americano" Oggi abbiamo tra noi anche la comunità del "Circo Americano", la quale, dopo una tournée di tre anni fuori d'Italia, è ora ritornata a Roma. So che, tra i suoi molti componenti di varie nazioni, ci sono anche alcuni cittadini polacchi.

Ebbene a voi e a tutta questa grande famiglia circense, diretta dal Signor Enis Togni, va il mio sincero saluto e l'augurio cordiale che la vostra itinerante professione artistica contribuisca veramente a distribuire gioia e serenità agli uomini, che incontrate sul vostro cammino.

Mentre volentieri ci disponiamo ad assistere al breve spettacolo, che gentilmente avete voluto offrirci, vi assicuro che sempre vi accompagna la mia particolare benedizione.

Data: 1979-02-07

Data estesa: Mercoledì 7 Febbraio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Ai lavoratori - Monterrey (Messico)