GPII 1979 Insegnamenti - Ai seminaristi del Seminario Romano Maggiore - Roma

In tal modo, l'eterno e unigenito Figlio, "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre", ha sulla terra i suoi fratelli, ed egli è "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Pensare alla vocazione vuol dire avere familiarità con l'eterno mistero che è il mistero della Carità, il mistero della Grazia. Questa è decisamente la dimensione fondamentale e piena della nostra preparazione al sacerdozio. La Grazia costituisce, nello stesso tempo, il fondamento essenziale della vocazione in ognuno di noi. Vi auguro di approfondire la vostra vocazione sacerdotale nel seminario, iniziando da tale mistero di grazia. La vocazione è grazia e dono di Dio in Gesù Cristo. Mediante il sacerdozio, noi diventiamo particolarmente somiglianti a Gesù, "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29).

Tale consapevolezza del dono divino, dà alla nostra vocazione il suo senso profondo, nella prospettiva di tutta la nostra vita. La vita umana, allora, ha pieno valore quando costituisce il riflesso e l'adempimento dell'Eterna Verità e dell'unico Amore.


2. Continuando a seguire il pensiero di san Paolo ci rendiamo consapevoli che la vocazione, oltre che un dono, è un compito. Di più, il suo consolidamento e approfondimento lungo il corso della vita umana non può avvenire senza sforzo e senza lotta spirituale. Altrimenti come comprendere e spiegare queste parole: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31). Tali parole hanno il loro vero significato, il loro primo valore solo sulle labbra dell'uomo che non solo cerca, ma anche combatte. Per che cosa combatte? A che cosa conduce la lotta? Combatte proprio per la vittoria che consiste nella realizzazione dell'eterno pensiero di Dio in se stesso, nella sua anima, per la verità della sua vocazione, per il più profondo significato di essa. In questa ricerca, in questa lotta interna deve situarsi, in un certo senso, fronte a fronte con la piena realtà d'amore, che Dio ha rivelato all'uomo in Cristo: "Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32).

Il risultato di tale confronto con la realtà rivelata dell'amore di Dio, e in particolare con quella della nostra eterna vocazione, è questa domanda di san Paolo: "Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo" (Rm 8,35).

Proprio così. Al centro della riflessione sulla nostra vocazione sacerdotale si colloca questo amore: "mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20); "fissatomi, mi amo" (cfr. Mc 10,21). Se non ci fosse stato questo sguardo, se non ci fosse questo amore, io non sarei qui. Non sarei su questa strada. Questa strada deve essere la mia vocazione fino alla fine della mia vita... So in che cosa essa consiste? Persevero in essa? La risposta di san Paolo è: "Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati" (Rm 8,37). Questo è un compito incredibilmente importante. Questo è il principio chiave di tutta la formazione al sacerdozio e alla vita sacerdotale, dell'ascesi sacerdotale e del ministero sacerdotale: "Io sono infatti persuaso - continua l'Apostolo - che né morte né vita... né presente né avvenire... né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura, potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).

Che cosa può significare "altezza"? Che cosa può significare "altra creatura"? Che cosa può significare "profondità", nella prospettiva della nostra vocazione? Bisogna guardare tutto ciò con pieno senso di concretezza, considerando adeguatamente la realtà che "io stesso" costituisco. E bisogna guardare tutto ciò con spirito di fede; con spirito di speranza e di fiducia.


3. Quest'ultima parola ci orienta verso Maria, "Madre della fiducia". La ricorrenza odierna è particolarmente cara per tutti voi, perché il Seminario Romano è appunto dedicato alla Madonna della Fiducia.

Davanti alla devota immagine della Madre della Fiducia, tanto venerata e tanto amorosamente custodita in questo seminario, da oltre un secolo e mezzo schiere innumerevoli di seminaristi si sono inginocchiate e, nell'aiuto materno di Maria, hanno trovato la forza per superare i momenti di difficoltà e la generosità di impegno richiesta dalla fedele corrispondenza alla vocazione.

"Mater mea, fiducia mea", è la giaculatoria familiare tra queste mura.

Maria è sorgente inesauribile di fiducia perché è Madre nostra. Ognuno di noi può dire: Gesù "fissatomi, mi amo" (cfr. Mc 10,21). Egli mi ha rivolto il suo sguardo particolare e mi ha amato in modo speciale quando, dall'alto della croce, disse al discepolo, indicando la Madre: "Ecco tua Madre" (Jn 19,27).

Se dunque accettare la vocazione, scegliere il sacerdozio, perseverare nel sacerdozio vuol dire "credere all'amore" (1Jn 4,16), allora, in tutta la vostra vita (prima seminaristica, poi sacerdotale) bisogna inserire profondamente anche quello sguardo dall'alto della croce e le ultime parole del nostro Maestro: "Ecco tua Madre". Con l'aiuto di una tale fede e di una tale fiducia viene costruito il nostro sacerdozio. Esso assume una particolare somiglianza con Colui che, proprio come Figlio di Maria, è diventato "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Allora il sacerdozio assorbe in sé, in un certo modo, un particolare e personale raggio di questa speranza e di questa fiducia, tanto necessaria all'uomo chiamato, nel percorrere i sentieri talvolta difficili della vita, sui quali deve rispondere all'eterno Amore.

Data: 1979-02-24

Data estesa: Sabato 24 Febbraio 1979.





Ai rappresentanti delle Università Cattoliche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le Università Cattoliche per una pastorale della cultura

Testo: Signor Cardinale, cari fratelli e figli.

Occorre proprio che dica quanto sia felice di ritrovarmi un po' con voi, membri del Consiglio della Federazione internazionale delle Università Cattoliche o Rettori delle Università Cattoliche d'Europa? L'Annuario pontificio del 1978 mi nomina ancora tra i membri della Congregazione per l'Educazione cattolica, dove ho preso dimestichezza con i vostri problemi. Ho anche serbato un eccellente ricordo della mia partecipazione a quell'incontro di Lublino cui avete or ora gentilmente accennato. Quanto al lavoro di professore universitario, è ben chiaro che io valuti tutto il suo interesse e la sua importanza, dopo gli anni che io stesso ho dedicato all'insegnamento presso l'Università di Lublino.

1. Certo ne siete già convintissimi, eppure tengo a sottolineare ancora che le Università cattoliche hanno un posto privilegiato nel cuore del Papa, come devono averne uno in tutta la Chiesa e nelle preoccupazioni dei suoi pastori, pur in mezzo alle molteplici attività del loro ministero. Votate ad un lavoro di ricerca e di insegnamento esse hanno per tal via anche un ruolo di testimonianza e un apostolato, senza i quali la Chiesa non potrebbe evangelizzare pienamente e con effetti duraturi né il vasto mondo della cultura né, naturalmente, le nuove generazioni: queste saranno sempre più esigenti nell'affrontare nella fede le svariate domande poste dalle scienze e dai differenti sistemi del pensiero. Fin dai primi secoli la Chiesa ha sentito l'importanza di una pastorale dell'intelligenza - basti ricordare san Giustino e sant'Agostino - e in tale campo innumerevoli sono state le sue iniziative.

Non occorre ch'io citi i testi del recente Concilio: li conoscete a memoria. Da qualche tempo l'attenzione dei responsabili di Chiese è stata giustamente attratta dai bisogni spirituali di ambienti sociali scristianizzati o ben poco cristianizzati: operai, rurali, emigranti, poveri di ogni tipo. E' necessario, e il Vangelo ce lo impone. Ma il mondo universitario ha anch'esso e più che mai bisogno di una presenza di Chiesa: e voi contribuite ad assicurarla, nel vostro quadro specifico.


2. Recentemente, rivolgendomi ai professori e agli studenti del Messico, indicavo tre obiettivi per gli Istituti universitari cattolici: portare un contributo specifico alla Chiesa e alla società mediante uno studio davvero completo dei differenti problemi, con l'ansia di enucleare il pieno significato dell'uomo rigenerato in Cristo e così permettere il suo sviluppo integrale; formare pedagogicamente degli uomini che, dopo aver realizzato una sintesi personale tra fede e cultura, siano a loro volta capaci di tenere il proprio posto nella società e di testimoniarvi la fede; costituire una vera comunità di professori e studenti, la quale già di per sé testimoni un cristianesimo vivo.


3. Insisto qui su alcuni punti fondamentali. La ricerca, a livello universitario presuppone lealtà, serietà e, per tal via, libertà di investigazione scientifica.

A tal prezzo voi renderete testimonianza alla verità, servirete la Chiesa e la società e meriterete la stima del mondo universitario: e questo in tutti i rami del sapere.

Ma quando si tratta dell'uomo, del campo delle scienze umane, occorre aggiungere che, se è giusto trar profitto dalle diverse metodologie, non basta affatto sceglierne una né operare la sintesi di molte per determinare ciò che è l'uomo nel suo profondo. Il cristiano non potrebbe lasciarsene imprigionare, tanto più che non è succube, eventualmente, dei loro presupposti; egli sa che deve oltrepassare la prospettiva puramente naturale; la sua fede gli fa affrontare l'antropologia nella prospettiva della piena vocazione e della salvezza piena dell'uomo; quella è la luce del suo lavoro, l'asse che guida la sua ricerca. Cioè, una Università cattolica non è solo un campo di ricerca religiosa aperto a tutti i sensi: presuppone, nei professori, un'antropologia illuminata dalla fede, coerente con la fede e in particolare con la Creazione e con la Redenzione del Cristo. Nel pullulare degli attuali contatti, che tuttavia troppo sovente finiscono in una riduzione dell'uomo, i cristiani - proprio perché rifiutano ogni concezione parziale dell'uomo - hanno un ruolo originale da svolgere perfino nella ricerca e nell'insegnamento.

Quanto alla ricerca teologica propriamente detta, essa non può sussistere senza cercare la sua sorgente e la sua regola nella Scrittura e nella Tradizione, nell'esperienza e nelle decisioni della Chiesa, date dal Magistero nel corso dei secoli. Questi brevi richiami sottolineano le esigenze specifiche della responsabilità del corpo insegnante nelle Facoltà cattoliche. E' in tal senso che le Università cattoliche devono serbare il loro proprio carattere; è in questo quadro che esse, non solo ai loro studenti ma anche alle altre Università, testimoniano la serietà della Chiesa nell'accostare il mondo del pensiero e un'autentica intelligenza della fede.


4. Di fronte a questa grande e difficile missione è sommamente auspicabile la collaborazione tra le Università cattoliche del mondo intero: per loro stesse e per sviluppare in modo conveniente i loro rapporti con il mondo della cultura. Ciò equivale a sottolineare tutta l'importanza della vostra Federazione. Incoraggio di gran cuore le sue iniziative e soprattutto lo studio del tema della prossima assemblea sui problemi etici della società tecnologica moderna: tema capitale, cui sono io stesso assai interessato, e sul quale spero di tornare in altra occasione.

Che lo Spirito Santo vi guidi con la sua luce e vi dia la forza necessaria! Che l'intercessione della Madonna vi serbi disponibili alla sua azione, alla volontà di Dio! Sapete che resto vicino alle vostre preoccupazioni e al vostro lavoro. Di gran cuore vi do la mia benedizione apostolica.

Data: 1979-02-24

Data estesa: Sabato 24 Febbraio 1979.





Benedizione di nozze di due giovani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Amore, fedeltà e onestà sono il fondamento della famiglia

Testo: Cari Sposi.

Tra breve pronuncerete le parole della promessa sacramentale che dinanzi a Dio e alla Chiesa vi farà coniugi in Cristo Gesù. Sono parole concise (certamente le conoscete a memoria), ma il loro significato, il loro peso specifico, la loro forza unitiva, sono particolarmente grandi. Promettendovi reciprocamente l'amore, la fedeltà e l'onestà matrimoniale, non solo riconfermerete ciò di cui adesso rendono testimonianza i vostri giovani cuori, ma, nello stesso tempo, porrete le fondamenta per la costruzione della casa del vostro comune futuro. L'uomo deve abitare sulla terra, e per abitarvi ha bisogno non solo di un edificio costruito su di un fondamento materiale; oggi ha bisogno di un fondamento spirituale. L'amore, la fedeltà e l'onestà matrimoniale costituiscono quel fondamento sul quale unicamente può poggiare la comunità matrimoniale, il fondamento sul quale si può costruire l'abitazione spirituale per la futura famiglia.

Noi tutti, qui radunati, diamo una grande importanza a queste parole, che tra breve pronuncerete. Sappiamo quale valore abbiano queste parole, per voi personalmente e, nello stesso tempo, quanto esse siano importanti per la Chiesa e per la società.

Una sola cosa auspichiamo per voi in questo giorno e soprattutto imploriamo da Dio: che queste parole costituiscano il principio di tutta la vostra vita; che possiate, con l'aiuto della grazia divina, realizzarle nella vostra vita, osservando reciprocamente questi solenni voti, che oggi, dinanzi a Dio, a vicenda formulate.

Che Cristo sia con voi sempre. Non allontanate mai gli occhi da lui.

Cercatelo col pensiero, col cuore e con la preghiera, affinché egli guidi il vostro giovane amore verso questi grandi compiti, di cui da oggi in poi voi vi assumete la responsabilità. E nuovi uomini - i vostri bambini, futuro frutto della vostra unione - testimonino che adempite fedelmente l'eterno disegno d'amore del Creatore stesso; e successivamente essi trovino, attraverso voi, la via a Cristo e alla sua Chiesa. In questo modo renderete grazie a Dio per l'amore che egli ha suscitato nei vostri cuori e che vi permette oggi di esprimere e di confermare con questo grande Sacramento.

Data: 1979-02-25

Data estesa: Domenica 25 Febbraio 1979.





Alla parrocchia nostra Signora di Czestochowa - Roma

Titolo: La parrocchia dimora di Dio con gli uomini

Testo:

1. Esprimo la mia particolare gioia per la visita odierna in questa parrocchia romana della borgata La Rustica, dedicata a nostra Signora di Czestochowa. Venendo qui, do inizio alla visita canonica che poi verrà condotta a termine dal Vescovo Monsignor Giulio Salimei, il quale ha particolare cura pastorale per il Settore Est di Roma.

La mia gioia è resa ancora più grande del ricordo tanto vivo nella mia mente e nel mio cuore del giorno, in cui sono venuto qui insieme con il Cardinale Stefan Wyszynski ed altri Vescovi Polacchi, che partecipavano alle ultime sessioni del Concilio Vaticano II nel 19

65. Contemporaneamente si avvicinava il giubileo del primo Millennio del Battesimo della Polonia, e il Papa Paolo VI decise di mettere in evidenza anche a Roma quel grande avvenimento della storia del Popolo e della Chiesa polacca. Proprio per questo dispose che fosse costruita una Chiesa dedicata alla Madonna di Czestochowa sul territorio della Parrocchia, che in quei mesi era in progetto, per venire incontro alle esigenze spirituali e pastorali di questa zona, che allora era emarginata dalla città e a cui ben si addiceva la denominazione di "Rustica".

Mi ricordo che quando siamo venuti per la prima volta in questo luogo, proprio durante il Concilio, c'erano qui ancora i campi spaziosi, e le case si delineavano all'orizzonte.

Ma iniziarono subito i lavori per la chiesa parrocchiale; presto sospesi, essi ripresero solo nel 1969, e finalmente nell'ottobre del 1971 avvenne la consacrazione della nuova chiesa da parte del Carnale Wyszynski ed anche con la mia partecipazione.

Carissimi fratelli e sorelle, nella lettura di oggi leggiamo che san Paolo si rivolge ai Corinzi, chiamandoli "lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini" (2Co 3,2). Riferendomi a queste parole voglio dire che anche la vostra parrocchia e la chiesa sono tale lettera scritta profondamente nel cuore dello scomparso Papa Paolo VI e di tutto l'Episcopato Polacco. Essa è nata da questa singolare iscrizione "nei cuori" e da una grande fede. Perciò la mia commozione è particolarmente profonda, venendo qui per la prima volta come successore di Paolo VI e, nello stesso tempo, come testimone delle origini della vostra cara parrocchia.


2. San Paolo, indirizzandosi ai fedeli di Corinto, scrive che essi sono "una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori" (2Co 3 2Co 3).

Su tavole di pietra Dio-Jahvè aveva dato, molto tempo prima, i comandamenti a Mosè sul Monte Sinai. Pero li aveva dati affinché essi venissero continuamente iscritti "sulle tavole di carne dei vostri cuori", cioè dei cuori umani. Per ciò Dio non si è fermato alla rivelazione dei suoi comandamenti al Popolo di Dio, ma ci ha mandato il Figlio per dare testimonianza del suo amore verso di noi. E proprio questo il Figlio, Gesù Cristo, scrive nei nostri cuori: scrive con l'eloquenza della sua vita, del suo Vangelo, della sua misericordia per i peccatori, della sua bontà per i bambini e per gli uomini sofferenti. Gesù Cristo scrive nei nostri cuori con la forza dello Spirito Santo che ci ha ottenuto sulla croce, affinché noi uomini siamo sensibili e aperti all'azione del Dio vivente. Anche se l'uomo fosse lontano da Dio, come quella sposa infedele di cui parla oggi il profeta Osea, Dio non smetterebbe di cercarlo con il suo amore. Gesù Cristo cerca ogni pecora perduta per indicarle la strada e ridarle la vita.

In modo magnifico rendono testimonianza di ciò le parole del Salmo responsoriale di oggi: "Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia.

Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe".


3. La Chiesa rende testimonianza dell'amore che Dio ha per ogni uomo, e perciò, come Cristo-pastore, va incontro agli uomini ovunque essi si trovino. così anch'essa va continuamente incontro a tutti gli abitanti di questo quartiere, sia a quelli che sono venuti prima, sia a quelli che ora arrivano da diverse parti.

Conosco la fatica della maggior parte di voi, che siete operai delle vicine industrie o dell'edilizia. So bene che la parrocchia si è formata gradualmente, con abitanti d'importazione, in un quartiere, che ancora oggi purtroppo non gode di tutti i servizi sociali. Il mio desiderio cordiale è che cresca pienamente anche la vostra vita cittadina e che vengano attuate le richieste più conformi alla vostra dignità umana. A ciò si adoperano già, anche se da un punto di vista religioso, i responsabili diretti della pastorale parrocchiale: i benemeriti Padri Benedettini Silvestrini e tutti i loro degni collaboratori nella catechesi, nei contatti con le famiglie, nella cura dei malati. La predicazione del Vangelo non è mai disgiunta da una sana promozione umana! Abbiamo ascoltato dal Vangelo di oggi due raffronti: "Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri; ma vino nuovo in otri nuovi" (Mc 2,21-22).

C'è una grande saggezza pratica e una grande prudenza in questi due raffronti. La Chiesa si ispira a questo principio nella sua attività pastorale.

Quando si crea un nuovo ambiente umano, un nuovo quartiere, sorge anche una nuova parrocchia, perché non si può "versare vino nuovo in otri vecchi"; e "nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio".


4. Il Vescovo di Roma augura oggi alla parrocchia della Madonna di Czestochowa alla borgata La Rustica - parrocchia giovane - che in essa si sviluppi una nuova vita in pienezza.

Gli uomini che sono venuti qui hanno costruito le case; in queste case sono entrate le famiglie. Alle pareti sono stati attaccati dei quadri, forse anche un quadro religioso prediletto: di Gesù Cristo, della sua Madre. La vita umana necessariamente ha bisogno della casa umana.

Anche la parrocchia è una famiglia. La sua casa è questo tempio: "la dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21,3). In questa casa al posto centrale si trova il quadro della Madonna di Czestochowa, segno della presenza della Madre a fianco del Figlio, in vicinanza del suo tabernacolo.

Amate la casa della vostra famiglia.

Amate anche questa casa, in cui dimora con voi Dio.

La vita umana, che si sviluppa in tante case, trovi qui il suo punto centrale. Incontratevi qui in preghiera! Incontratevi alla tavola del Verbo Divino e dell'Eucaristia.

Incontratevi davanti alla Madre, che con il suo sguardo vi parla di questo grande amore con cui il Padre vi ha amati in Cristo.

"Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici".

La visita canonica che oggi ho iniziato e che in seguito verrà condotta dal Vescovo Monsignor Salimei vi sia di aiuto per l'unificazione della vostra parrocchia e per il consolidamento, in essa, della vita cristiana.

Data: 1979-02-25

Data estesa: Domenica 25 Febbraio 1979.





Al Congresso europeo dei Movimenti per la Vita - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita vincerà sulla morte

Testo: Illustri Signori! Siate i benvenuti nella casa del Papa! Ho accolto volentieri il desiderio da voi espresso, di una speciale Udienza in occasione del vostro secondo Congresso Europeo, perché questo incontro mi offre l'occasione di dire a voi, e a tutti gli aderenti ai Movimenti per la Vita, una parola di lode e di incoraggiamento a perseverare nel nobile impegno, che vi siete assunto in difesa dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali. Voi lottate perché sia riconosciuto ad ogni uomo il diritto a nascere, a crescere, a sviluppare armoniosamente le proprie capacità, a costruire liberamente e dignitosamente il proprio destino trascendente.

Sono, questi, scopi altissimi e io mi rallegro nel vedere che, nel perseguirli, sono uniti non solo i figli della Chiesa cattolica, ma anche appartenenti ad altre confessioni religiose e persone di diverso orientamento ideologico, perché considero ciò come un'espressione di quell'"accordo nell'appoggiarsi su alcuni principi, elementari ma fermi", "principi di umanità" che "ogni uomo di buona volontà può ritrovare... nella sua propria coscienza", a cui mi riferivo nel mio recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.

Fedele alla missione ricevuta dal suo Fondatore divino, la Chiesa ha affermato sempre, ma con particolare vigore nel Concilio Ecumenico Vaticano II, la sacralità della vita umana. Chi non ricorda quelle parole solenni? "Dio, Signore della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita umana dal momento del concepimento deve essere protetta con la massima cura" (GS 51). Forti di questa convinzione, i Padri conciliari non hanno esitato a condannare senza mezzi termini "tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo dello spirito; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita infraumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili" (GS 27).

In questo contesto si colloca il vostro impegno. Esso consiste in primo luogo in un'azione, intelligente e assidua, di sensibilizzazione delle coscienze circa l'inviolabilità della vita umana in tutti i suoi stadi, in modo che il diritto ad essa sia efficacemente riconosciuto nel costume e nelle leggi, come valore fondante di ogni convivenza che voglia dirsi civile; esso si esprime, poi, nella coraggiosa presa di posizione contro ogni forma di attentato alla vita, da qualunque parte esso provenga; esso, infine, si traduce nell'offerta disinteressata e rispettosa, di aiuti concreti alle persone che incontrano difficoltà nel conformare il proprio comportamento ai dettami della coscienza.

Si tratta di un'opera di grande umanità e di generosa carità, che non può non raccogliere l'approvazione di ogni persona consapevole delle possibilità e dei rischi, a cui va incontro questa nostra società.

Non vi scoraggino le difficoltà, le opposizioni, gli insuccessi che potete incontrare sul vostro cammino. E' in questione l'uomo e, quando è in gioco una simile posta, nessuno può chiudersi in un atteggiamento di rassegnata passività senza, con ciò, abdicare a se stesso. Come Vicario di Cristo, Verbo di Dio incarnato, io vi dico: abbiate fede in Dio, Creatore e Padre di ogni essere umano; abbiate fiducia nell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio e chiamato ad essergli figlio, nel Figlio. In Cristo, morto e risorto, la causa dell'uomo ha già avuto il suo verdetto definitivo: la vita vincerà sulla morte! Con questa speranza nel cuore, volentieri concedo a voi tutti, in pegno dell'assistenza divina, la mia apostolica benedizione.

Data: 1979-02-26

Data estesa: Lunedì 26 Febbraio 1979.





Esortazione per la Quaresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Invito alla penitenza e alla solidarietà

Testo: Voi vi domandate: "Che cos'è diventata la Quaresima?". Voi ritenete che la rinuncia assai relativa al cibo non significa gran che, quando tanti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, vittime di guerre o di catastrofi, soffrono molto, fisicamente e moralmente.

Il digiuno riguarda l'ascesi personale, sempre necessaria, ma la Chiesa chiede ai battezzati di caratterizzare anche in altro modo questo tempo liturgico.

La Quaresima ha infatti per noi un preciso significato: deve manifestare agli occhi del mondo che l'intero Popolo di Dio, perché peccatore, si prepara nella penitenza a rivivere liturgicamente la Passione, la Morte e la Risurrezione di Cristo. Questa testimonianza pubblica e collettiva ha la propria sorgente nello spirito di penitenza di ciascuno di noi e ci induce altresi ad approfondire interiormente tale comportamento e a meglio motivarlo.

Rinunciare non significa soltanto donare il superfluo, ma talvolta anche il necessario, come la vedova del Vangelo, la quale sapeva che il proprio obolo era già un dono ricevuto da Dio. Rinunciare significa liberarsi dalla schiavitù di una civiltà che ci spinge sempre più alla comodità e al consumo, senza alcuna preoccupazione nemmeno per la conservazione del nostro ambiente, patrimonio comune dell'umanità.

Le vostre comunità ecclesiali vi invitano a prender parte a "campagne di Quaresima"; esse vi aiutano anche a orientare l'esercizio del vostro spirito di penitenza, condividendo ciò che possedete con quanti hanno meno o niente.

Restate forse ancora inoperosi perché nessuno vi ha invitato a lavorare? Al cantiere della carità cristiana mancano operai; la Chiesa vi chiama. Non aspettate che sia troppo tardi per soccorrere Cristo che è in prigione o senza vestiti, Cristo che è perseguitato o rifugiato, Cristo che ha fame o è senza casa.

Aiutate i nostri fratelli e le nostre sorelle che mancano del minimo necessario per uscire da condizioni disumane ed entrare in un'autentica promozione umana.

A voi tutti che siete decisi di dare questa testimonianza evangelica di penitenza e di solidarietà, la mia benedizione nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1979-02-27

Data estesa: Martedì 27 Febbraio 1979.









Omelia a Santa Sabina per l'inizio della Quaresima - Roma

Titolo: Richiamo a vincere il peccato

Testo:

1. "Ritornate a me con tutto il cuore con digiuni... Ritornate al Signore vostro Dio!" (Jl 2,12-13).

Ecco, oggi annunciamo la Quaresima con le parole del profeta Gioele, e la iniziamo con tutta la Chiesa. Annunciamo la Quaresima dell'anno del Signore

1979 col rito che è ancor più eloquente delle parole del profeta. La Chiesa benedice oggi le ceneri, ricavate dai rami benedetti nella domenica delle Palme dell'anno scorso, per imporle su ognuno di noi. Chiniamo quindi le nostre teste, e nel segno delle ceneri riconosciamo tutta la verità delle parole rivolte da Dio al primo uomo: "Ricordati! polvere tu sei e in polvere tornerai" (Gn 3,19).

Si! Ricordiamo questa realtà soprattutto durante il tempo di Quaresima, al quale la liturgia della Chiesa ci introduce quest'oggi. E un "tempo forte". In questo periodo le verità divine debbono parlare ai nostri cuori con una forza del tutto particolare. Debbono incontrarsi con la nostra esperienza umana, con la nostra coscienza. La prima verità, oggi proclamata, ricorda all'uomo la sua caducità, ricorda la morte, che è per ciascuno di noi la fine della vita terrena.

La Chiesa insiste oggi grandemente su questa verità, comprovata dalla storia di ogni uomo: Ricordati che la tua vita sulla terra ha un limite!

2. Ma il messaggio del Mercoledì delle Ceneri non finisce qui. Tutta la liturgia odierna avverte: ricordati di quel limite; e in pari tempo: non fermarti su quel limite! La morte non è soltanto una necessità "naturale". La morte è un mistero.

Ecco: entriamo nel tempo particolare, in cui tutta la Chiesa, più che mai, vuole meditare sulla morte come mistero dell'uomo in Cristo. Il Cristo-Figlio di Dio ha accettato la morte come necessità di natura, come parte inevitabile della sorte dell'uomo sulla terra, Gesù Cristo ha accettato la morte come conseguenza del peccato. Sin dall'inizio la morte si è congiunta col peccato: la morte del corpo ("in polvere tornerai") e la morte dello spirito umano a causa della disubbidienza a Dio, allo Spirito Santo. Gesù Cristo ha accettato la morte in segno di ubbidienza a Dio, al fine di restituire allo spirito umano il pieno dono dello Spirito Santo. Gesù Cristo ha accettato la morte per vincere il peccato. Gesù Cristo ha accettato la morte per vincere la morte nell'essenza stessa del suo perenne mistero.


3. Perciò il messaggio del Mercoledì delle Ceneri si esprime con le parole di san Paolo: "Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Co 5,20-21).

Collaborate con lui.

Il significato del Mercoledì delle Ceneri non si limita a ricordarci la morte e il peccato; è anche un forte richiamo a vincere il peccato, a convertirci.

L'uno e l'altro esprimono la collaborazione con Cristo. Durante la Quaresima abbiamo davanti agli occhi tutta la divina "economia" della grazia e della salvezza! In questo tempo di Quaresima ricordiamoci di "non accogliere invano la grazia di Dio" (2Co 6,1).

Gesù Cristo stesso è la più sublime grazia della Quaresima. E' lui stesso che si presenta davanti a noi nella mirabile semplicità del Vangelo: della sua parola e delle sue opere. Ci parla con la forza del suo Getsemani, del giudizio davanti a Pilato, della flagellazione, dell'incoronazione di spine, della via crucis, della sua crocifissione, con tutto ciò che può scuotere il cuore dell'uomo.

La Chiesa intera desidera in questo periodo quaresimale essere unita a Cristo, affinché la sua predicazione e il suo servizio siano ancor più fecondi.

"Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2Co 6,2).


4. Compenetrato dalla profondità della liturgia odierna, dico quindi a te, Cristo, io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, con tutti i miei fratelli e sorelle nell'unica fede della tua Chiesa, con tutti i fratelli e sorelle dell'immensa famiglia umana: "Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso" (Ps 50).

"Il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo" (Jl 2,18).

Amen.

(Rientrando in Vaticano sosta nel convento di monache camaldolesi:) Sono lieto, carissime sorelle in Cristo, di questo incontro da voi tanto desiderato. Nel porgervi un affettuoso saluto, voglio ricordarvi come e quanto la Chiesa guardi con materna sollecitudine al vostro impegno di orazione, di contemplazione e di sacrificio.

L'attendere a Dio è considerato dai maestri della vita spirituale la più nobile e più alta forma di attività dell'essere umano, in quanto questo concentra tutto se stesso nell'adorazione e nell'ascolto dell'Infinito Essere, che vuole la salvezza di tutta l'umanità. Ben si comprende, allora, come a tale orazione di lode si accompagni la preghiera di propiziazione e d'impetrazione affinché si compia quel divino volere.

E tanto più è accetta a Dio quella preghiera quanto più innocente e pura è l'anima che la presenta. Ecco, allora, la preziosa forma di collaborazione che voi, claustrali di vita eminentemente contemplativa, offrite alla Chiesa per il bene delle anime.

Non solo io vi chiedo di perseverare nei vostri generosi propositi, ma vi esorto a progredire sempre più nell'amicizia con Dio, a ravvivare continuamente la fiamma dell'amore, quasi vulcani ammantati di neve. Nell'ora presente così difficile per le tante difficoltà che manifesta, la vostra preghiera alimentata dal sacrificio nella solitudine e nel silenzio attiri sulla terra la bontà misericordiosa di Dio. E con questo auspicio invoco sull'intera Comunità la divina assistenza e paternamente vi benedico.

(A un gruppo di studentesse americane ospiti delle monache:) Mi rallegro per questa occasione di incontrare un gruppo di studenti che studia a Roma. La Chiesa non si stanca di ribadire il suo amore e la sua stima verso coloro che studiano. In particolare la Chiesa di Roma è lieta di darvi il benvenuto e di mostrarvi la tradizione dell'arte di cui è fedele custode e puntuale promotrice.

La Chiesa spera inoltre che la bellezza di questa Città e della sua arte vi guideranno alla maggior comprensione del mistero dell'uomo, posto al centro di tutte le cose che sono sulla terra (cfr. GS 12).

Contemporaneamente la Chiesa crede e professa, comunicandolo a tutti, che Cristo è "la risposta, il centro e la meta di tutta la storia umana" (cfr. GS 10).

Care giovani auspico che nei vostri studi incontriate Cristo in tutta la sua umanità e divinità. Dio vi benedica tutte.

Data: 1979-02-28

Data estesa: Mercoledì 28 Febbraio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Ai seminaristi del Seminario Romano Maggiore - Roma