GPII 1979 Insegnamenti - A giovani tedofori - Città del Vaticano (Roma)

A giovani tedofori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla vostra luce un messaggio di pace per i popoli europei

Testo: Cari giovani tedofori! Siate benvenuti nella Casa del Papa, che ora vi accoglie con grande simpatia e benevolenza, insieme col vostro zelante Arcivescovo, Monsignor Alberti, con l'Abate di Subiaco, Padre Stanislao Andreotti, con le Autorità civili e con quanti, ecclesiastici e laici, costituiscono il Comitato per le Celebrazioni del XV Centenario della nascita di san Benedetto abate e della sorella santa Scolastica, illustri e venerati figli della nobile terra umbra, patria eletta di santi.

Sono molto grato al Signor Sindaco di Ascoli Piceno per le parole che ha voluto indirizzarmi, e a voi tutti per il delicato pensiero di essere qui venuti a ricevere il mio benedicente auspicio, prima di iniziare la marcia della "Fiaccola benedettina", la quale, da voi portata a mano, passerà in tante città del Lazio e dell'Umbria per giungere infine a Norcia, dove resterà accesa per tutto il tempo delle feste in onore dei due santi nursini.

Nell'accendere e benedire codesta significativa fiaccola, formulo l'augurio che in ogni città e villaggio, dove essa passerà, susciti sentimenti di fraternità, di amicizia e di pace, di cui san Benedetto fu apostolo infaticabile in mezzo ai popoli d'Europa, che lo videro impegnato nell'azione evangelica per un risveglio cristiano sotto il segno della croce e dell'aratro e del relativo motto emblematico "Ora et labora".

Alla luce splendente di codesta fiaccola possano quanti incontrerete lungo le strade della vostra carovana sentirsi fratelli, e comporre le ragioni dei dissidi e dei conflitti, che fanno gli uomini nemici tra loro, e diventare capaci di perdono reciproco, di rispetto, di concordia e di collaborazione! Sia la vostra davvero la fiaccola della luce e della pace, in un momento in cui l'egoismo e la violenza, come è stato accennato, fanno avvertire più che mai il bisogno di una maggiore presa di coscienza di questi inestimabili valori cristiani e sociali.

E a voi, cari giovani atleti, che recate con fierezza religiosa e insieme sportiva codesta fiaccola benedettina, non posso non rivolgere un particolare pensiero di compiacimento per la generosità con cui portate avanti ed onorate la tradizione cristiana della vostra terra e la mettete in pratica anche nel singolare ed impegnativo campo dello sport, non meno che in quello delle virtù cristiane, magistralmente descritte da san Benedetto, quando, nel capo IV della sua "Regola", raccomanda al monaco e quindi ad ogni cristiano di essere "non superbo, non violento, non mangiatore, non sonnacchioso, non pigro, non mormoratore, non detrattore... ma casto, mite, zelante, umile, obbediente".

Cercate di conoscere un po' meglio e un po' di più le radici da cui proviene una così bella maniera di vivere e testimoniare la propria fede religiosa. Continuate su questo solco limpidamente tracciato dal vostro santo conterraneo ed apportatevi il contributo della vostra persona e della vostra opera.

E' questo l'augurio che vi faccio con tutto il cuore, pregando per voi e con voi il vostro e mio san Benedetto, affinché vi protegga sempre con la sua potente intercessione. Avvaloro questi voti con la benedizione apostolica, che di cuore imparto a voi tutti e alle vostre famiglie.

Data: 1979-03-18

Data estesa: Domenica 18 Marzo 1979.





Nella parrocchia di Giuseppe al Forte Boccea (Roma)

Titolo: Costruiamo la casa di Dio insieme alle case degli uomini

Testo:

1. "La Casa del Padre mio".

Oggi Cristo pronuncia queste parole sulla soglia del tempio di Gerusalemme. Compare su questa soglia per "rivendicare" di fronte agli uomini la Casa del Padre suo, per reclamare i suoi diritti su questa Casa. Gli uomini hanno fatto di essa una piazza di mercato. Cristo li rimprovera severamente; egli si pone decisamente contro tale deviazione. Lo zelo per la Casa di Dio l divora (cfr. Jn 2,17), perciò egli non esita ad esporsi alla malevolenza degli anziani del popolo ebreo e di tutti coloro che sono responsabili di ciò che è stato fatto contro la Casa del Padre suo, contro il Tempio. E' memorabile questo avvenimento. Memorabile la scena. Con le parole della sua santa ira Cristo ha iscritto profondamente nella tradizione della Chiesa la legge della santità della Casa di Dio. Pronunciando quelle misteriose parole riguardanti il tempio del suo corpo: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo faro risorgere" (Jn 2,19), Gesù ha consacrato in una volta sola tutti i templi del Popolo di Dio. Queste parole acquistano una ricchezza di significato tutta particolare nel periodo della Quaresima quando, meditando la passione di Cristo e la sua morte - distruzione del tempio del suo corpo - noi ci prepariamo alla solennità della Pasqua, al momento cioè in cui Gesù si rivelerà ancora a noi nello stesso tempio del suo corpo, nuovamente innalzato dalla potenza di Dio, che vuol costruire in esso, di generazione in generazione, l'edificio spirituale della nuova fede, speranza e carità.


2. Vengo oggi alla Parrocchia di San Giuseppe e a tutti voi, qui presenti, desidero esprimere, insieme col cordiale saluto, la mia profonda gioia perché anche questo quartiere ha il suo Tempio, la sua Casa di Dio.

Non l'ebbe subito, al momento dell'erezione canonica della parrocchia, avvenuta il 19 giugno 1961. Dovettero passare alcuni anni prima che si potesse giungere, esattamente il 18 maggio 1970, alla consacrazione e inaugurazione del nuovo Tempio, di questa vostra Chiesa, che ora si eleva, con la sua ariosa navata, verso il cielo a cantare la gloria di Dio.

Voglio dire una parola cordiale di plauso al Parroco e ai Sacerdoti Giuseppini, ai quali la parrocchia è affidata. Essi concludono quest'anno le celebrazioni per il primo centenario di fondazione della loro benemerita Congregazione, sbocciata dal cuore apostolico del Venerabile Giuseppe Marcello, Vescovo di Acqui. Questa nuova Chiesa è una testimonianza eloquente dello zelo e della generosità dei suoi figli spirituali. Immagino facilmente le fatiche, i sacrifici, le rinunzie che deve aver comportato per essi il portare a termine questo edificio sacro, così accogliente, funzionale e devoto, come anche il completamento dei locali parrocchiali, che sono ad esso affiancati. Vada ad essi la mia lode e il mio ringraziamento.

Estendo poi, com'è giusto, l'espressione del mio apprezzamento sincero a tutti i fedeli, senza il cui contributo costante e generoso non sarebbe stato certamente possibile portare avanti, anno dopo anno, fino al felice compimento un'impresa tanto complessa e costosa.

Mi è caro, inoltre, cogliere questa occasione per manifestare al Signor Cardinale Vicario, presente qui con noi, la grande considerazione in cui tengo l'impegno che egli pone nell'opera della costruzione di nuove chiese, nel favorire cioè il sorgere di un'adeguata Casa del Signore nei nuovi quartieri, che vanno a mano a mano formandosi. L'edificio materiale, nel quale il popolo fedele si raccoglie per ascoltare la Parola di Dio e partecipare alla celebrazione dei divini misteri, rappresenta un coefficiente di primaria importanza per la crescita e il consolidamento di quella comunità di fede, di speranza e d'amore che è la parrocchia.

A questo proposito, una parola di riconoscimento e di gratitudine deve pure essere riservata all'Eccellentissimo Vescovo Ausiliare, Monsignor Remigio Ragonesi, cui è affidato il settore Ovest della diocesi, al quale appartiene anche la vostra Parrocchia. Egli va svolgendo, con dedizione e zelo ammirevoli, la visita pastorale di questa zona, e lo scopo della sua venuta tra voi è di prender atto del lavoro compiuto, di coordinare le iniziative di apostolato, di consolidare l'intesa all'interno della famiglia parrocchiale, di risvegliare il senso di responsabilità in tutti i fedeli. Accoglietene, dunque, l'insegnamento e le direttive con animo aperto e docile.

Ho appreso con piacere che sono presenti nel territorio della parrocchia ben quattordici Istituti religiosi, tra i quali anche un Monastero Carmelitano di stretta osservanza. A tutte queste anime, che seguono il Signore nella pratica dei consigli evangelici, va il saluto del Papa, il quale molto conta sul loro apporto alla vita della Comunità. Qualunque sia la loro finalità specifica immediata - l'educazione della gioventù, la cura dei malati, l'assistenza ai vecchi, la vita di contemplazione e di penitenza - sempre deve essere viva nel loro animo la consapevolezza dello stretto rapporto che corre tra il loro impegno istituzionale e la vita della parrocchia, giacché questo è il luogo concreto nel quale la Chiesa universale si fa, in modo più completo, visibile e sperimentabile dagli abitanti di ogni quartiere.

Non può mancare, a questo punto, una parola di saluto e di esortazione rivolta espressamente ai laici, a quelli soprattutto che, con disponibilità generosa, si affiancano ai loro Pastori, per assumersi con essi la responsabilità dell'evangelizzazione. Scorrendo la relazione, che mi è stata presentata, ho rilevato che in parrocchia si sta attuando un intenso programma di catechesi, con incontri ben distribuiti durante la settimana, frequentati da un buon numero di ragazzi e di adulti. Rivolgo a tutti la mia lode, a cui aggiungo l'incoraggiamento a continuare con costanza, grazie anche al reclutamento di nuove forze tra i giovani.

Non mi è sfuggita la presenza di numerosi altri Gruppi, che si propongono di animare cristianamente importanti settori della vita comunitaria, quali il settore missionario, quello familiare, il caritativo, il ricreativo, lo sportivo, ecc. A tutti un cordiale "bravi" e l'invito pressante a perseverare con slancio generoso, nonostante le immancabili difficoltà. Voi lavorate per il Regno di Cristo, che è Regno di amore, di solidarietà, di pace, che è dunque regno verso il quale aspira il cuore di ogni essere umano. Questa consapevolezza vi conforti e vi stimoli nell'attiva partecipazione alle varie iniziative pastorali, promosse dalla parrocchia.


3. Il centro di tutto questo sforzo apostolico, di questa opera evangelizzatrice è la Casa di Dio, la Casa del Padre. Intorno a questa Casa si sono moltiplicate le case nelle quali abitano gli uomini, abitano le singole famiglie. Enorme è l'importanza della casa per la vita familiare. Immensa. Fondamentale. Tante circostanze condizionano lo sviluppo corretto della vita di una famiglia, ma fra di esse al primo posto si trova certamente la casa familiare.

Voi sapete che su questo tema, "una casa per ogni famiglia", la diocesi di Roma si è impegnata a riflettere in questi giorni di Quaresima, nell'intento di sensibilizzare le coscienze dei fedeli e di favorire, nei singoli e nella comunità, l'assunzione delle opportune decisioni, atte a contribuire alla giusta soluzione di così grave problema.

E' un'azione che deve trovare corrispondenza responsabile e generosa da parte di tutti. Essa, del resto, costituisce giustamente oggetto di sollecitudine delle autorità. Le case si costruiscono per l'uomo, per appagare i suoi bisogni fondamentali. Non si può alterare questa loro fondamentale finalità per altri scopi o motivi. In una società onestamente solidale non possono mancare le case per le famiglie, dalle quali dipende il futuro di questa medesima società.

Non può neppure mancare la Casa per Dio, per il Padre degli uomini e delle famiglie. Non accada che la nostra civiltà abbia a cedere mai alla tentazione: "Abbiamo bisogno delle case, non abbiamo bisogno delle chiese".


4. La casa è abitazione dell'uomo. E' una condizione necessaria perché l'uomo possa venire al mondo, crescere, svilupparsi, perché possa lavorare, educare ed educarsi, perché gli uomini possano costituire quella unione più profonda e più fondamentale, che ha il nome di "famiglia".

Si costruiscono le case per le famiglie. In seguito, nelle case, si costruiscono sulla verità e sull'amore le famiglie stesse. Il primo fondamento di questa costruzione è l'alleanza matrimoniale, che si esprime nelle parole del Sacramento, con le quali lo sposo e la sposa si promettono reciprocamente l'unione, l'amore, la fedeltà coniugale. Su questo fondamento poggia quell'edificio spirituale, la cui costruzione non può cessare mai. I coniugi, come genitori, devono costantemente applicare alla propria vita, da costruttori sapienti, la misura dell'unione, dell'amore, dell'onestà e della fedeltà matrimoniale. Devono rinnovare quotidianamente questo giuramento nei loro cuori e a volte ricordarlo anche con le parole. Oggi, in occasione di questa visita pastorale, io li invito a farlo in modo particolare, perché la visita pastorale deve servire al rinnovamento di quel tempio, che tutti formiamo in Cristo crocifisso e risorto. San Paolo dice che Cristo è "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24). Sia egli la vostra potenza e la vostra sapienza, cari sposi e genitori. Lo sia per tutte le famiglie di questa parrocchia. Non vi private di questa potenza e di questa sapienza! Consolidatevi in esse. Educate in esse i vostri figli e non permettete che questa potenza e questa sapienza, che è Cristo, debba un giorno essere loro tolta. Da nessun ambiente e da nessuna istituzione.

Non permettete che qualcuno possa distruggere quel "tempio" che voi costruite nei vostri figli. Questo è il vostro dovere, ma questo è anche il vostro sacrosanto diritto. Ed è un diritto che nessuno può violare senza commettere un arbitrio.


5. La famiglia è costruita sulla sapienza e sulla potenza di Cristo stesso, perché essa è poggiata su di un Sacramento. Ed è anche costruita e costantemente si costruisce sulla legge divina, che non può in nessun modo essere sostituita da qualsiasi altra legge. Può forse un legislatore umano abolire i comandamenti che ci ricorda oggi la lettura del libro dell'Esodo: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non pronunciare falsa testimonianza" (Ex 20,13-16)? Conosciamo tutti a memoria il Decalogo. I dieci comandamenti costituiscono il necessario concatenamento della vita umana personale, familiare, sociale. Se queste congiunzioni mancano, la vita dell'uomo diventa inumana. Perciò il dovere fondamentale della famiglia, e poi della scuola, e di tutte le istituzioni è l'educazione e il consolidamento della vita umana sul fondamento di questa Legge, che a nessuno è lecito violare.

Così stiamo costruendo con Cristo il tempio della vita umana, nel quale abita Dio. Costruiamo in noi la Casa del Padre. Che lo zelo per la costruzione di questa Casa costituisca la componente della vita di tutti noi qui presenti; di tutta la parrocchia di cui il patrono è san Giuseppe, sposo di Maria Madre di Dio, patrono delle famiglie, protettore del Figlio di Dio, patrono della Santa Chiesa.

Domani, 19 marzo, celebreremo la sua solennità liturgica. Duri sotto la sua protezione e si sviluppi la vostra parrocchia come una famiglia di Dio.

Data: 1979-03-18

Data estesa: Domenica 18 Marzo 1979.










Ai ragazzi in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Valore pedagogico della rinuncia

Testo: Questo vostro incontro col Papa, cari ragazzi e ragazze, sembra oggi assumere un significato particolare per la circostanza in cui esso si svolge: l'avvento della primavera! Tale circostanza conferisce al mio saluto di "benvenuto", che con paterno affetto rivolgo a ciascuno di voi, una tonalità più viva e varia, perché richiama alla mente la vostra condizione: voi siete la primavera della vita, la primavera della Chiesa, la primavera di Dio! Giunga, quindi, a voi caro il mio saluto e il mio augurio, quale mi viene suggerito dal Libro Sacro: "Crescete come rose piantate lungo un rivo perenne, come incenso emanate buon odore, fiorite come il giglio, diffondete profumo, intonate un canto di lode e benedite il Signore per tutte le sue opere" (Si 39,17-19).

Perché tale augurio non rimanga pura espressione verbale, ma si muti in consolante realtà, tenete presente che la natura non concede nulla di bello senza impegno e senza lavoro. Il tempo quaresimale ci insegna, appunto, quale deve essere l'attività generosa del cristiano affinché si abbia la primavera dello spirito, il rifiorire del bene, il risorgere a vita nuova con Gesù e in Gesù. Al conseguimento di tale mirabile scopo, la Chiesa, Madre sapiente ed amorosa, ci indica i mezzi adatti, quali appunto, la preghiera, il digiuno, l'elemosina. Con la preghiera si viene in contatto, si stabilisce un dialogo vivo e interessante col Signore.

Il digiuno, su cui intendo oggi richiamare brevemente la vostra attenzione, è il secondo elemento necessario alla primavera dello spirito. Esso, più che semplice astinenza da alimenti o cibo materiale, rappresenta una realtà complessa e profonda. Il digiuno è un simbolo, è un segno, è un richiamo serio e stimolante ad accettare o compiere rinunce. Quali rinunce? Rinuncia all'"io", cioè a tanti capricci o aspirazioni malsane; rinuncia ai propri difetti, alla passione irruente, ai desideri illeciti. Digiuno è saper dire "no", secco e deciso, a quanto viene suggerito o chiesto dall'orgoglio, dall'egoismo, dal vizio, dando ascolto alla propria coscienza, rispettando il bene altrui, mantenendosi fedeli alla santa Legge di Dio. Digiuno significa porre un limite ai tanti desideri, talora buoni, per avere il pieno dominio di sé, per imparare a regolare i propri istinti, per allenare la volontà nel bene. Gesti del genere, un tempo, passavano sotto il nome di "fioretti". Cambia il nome, ma resta la sostanza! Essi erano e rimangono atti di rinuncia, compiuti per amore del Signore o della Madonna, con un nobile scopo da conseguire. Erano e sono uno "sport", un allenamento insostituibile per riuscire vittoriosi nelle gare dello spirito! Digiuno, infine, significa privarsi di qualcosa per sovvenire alla necessità del fratello, diventando, in tal modo, esercizio di bontà, di carità.

Il digiuno compreso, attuato, vissuto in tal modo diventa penitenza, cioè conversione a Dio, in quanto purifica il cuore dalle tante scorie del male, abbellisce l'anima di virtù, allena la volontà al bene, dilata il cuore ad accogliere l'abbondanza della divina grazia. In tale conversione la fede diventa più salda, la speranza più lieta, la carità più operosa! Convertiti a Dio, riempiti dello Spirito del Signore, voi avrete nel cuore una gioia vera, profonda e prorompente; voi mostrerete un sorriso genuino e conquistatore; voi vedrete la vostra giovinezza come un dono stupendo, degno di essere vissuto in pienezza e autenticità di vita umana e cristiana.

Con queste brevi considerazioni, che auguro suscitino profonda eco nell'animo e nella condotta vostra, ricevete, come attestato di grande benevolenza e pegno di copiose grazie celesti, la mia paterna benedizione, che di cuore estendo alle vostre famiglie e a tutte le persone a voi care.

Data: 1979-03-21

Data estesa: Mercoledì 21 Marzo 1979.

All'Istituto Internazionale per i Diritti dell'Uomo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nasce dal Vangelo l'impegno per la difesa dei diritti umani

Testo: Signor Presidente, signore, signori.

Vi ringrazio di cuore per la vostra visita! E' un segno di deferenza verso il ministero pontificio che mi è stato conferito da poco tempo, e un'occasione per sottolineare gli sforzi che il vostro Istituto e la Santa Sede compiono, a livelli evidentemente differenti e secondo competenze specifiche, per promuovere il rispetto e l'esercizio pratico dei diritti fondamentali della persona umana.

In questo breve incontro, sono felice di esprimere la mia stima all'Istituto Internazionale dei Diritti dell'Uomo, fondato ormai dieci anni fa dal signor René Cassin. Le tre grandi direttive fissate al vostro paziente lavoro sono di una evidente attualità: indicare con saggezza e perseveranza i diritti dell'uomo, far proseguire le ricerche in questo campo, sensibilizzare l'opinione pubblica, con tatto ed opportunità.

Il vostro lavoro interessa la Chiesa cattolica e, devo dire, interessa tutti i cristiani che sono ben consapevoli del carattere sacro di tutta la persona umana, messo in così forte evidenza dalla Bibbia fin dalle sue prime pagine: "Dio creo l'uomo a sua immagine" (Gn 1,27).

In questi giorni in cui ricorre il 40° anniversario dell'elezione di Pio XII alla Sede di Pietro, mi permetto di sottolineare che questo Papa non ha cessato di incitare i cattolici a collaborare attivamente con gli uomini di buona volontà nelle Organizzazioni chiamate a proteggere i diritti dell'uomo, come l'Organizzazione delle Nazioni Unite, e molte altre meritevoli istituzioni. Il 25 aprile 1957, parlando della "comunità mondiale in formazione" ai partecipanti alla XI assemblea Plenaria della "Pax Romana", dichiarava: "Un cristiano non può restare indifferente davanti all'evoluzione del mondo... Non solamente può ma deve lavorare per l'avvento di questa comunità". L'imparzialità della storia obbliga a costatare che Pio XII, in vent'anni, ha fatto fare un considerevole progresso alla riflessione della Chiesa sul carattere inviolabile della persona, la dignità della famiglia, le prerogative e i limiti dell'autorità pubblica, i diritti delle minoranze etniche, il diritto ad esprimere pubblicamente le proprie opinioni, il diritto alla libertà politica, il diritto dei rifugiati, dei prigionieri, dei perseguitati, il diritto all'educazione religiosa, il diritto al culto di Dio sia privato che pubblico (cfr. Pio XII, "Radiomessaggio natalizio", 24 dicembre 1942; AAS 35 (1943) 9). Dai suoi messaggi risulta che la persona umana non può mai essere sacrificata a un interesse politico nazionale o internazionale, comunque sia.

Giovanni XXIII, in seguito, ha largamente sviluppato questi temi, particolarmente nelle sue mirabili encicliche "Mater et Magistra" e "Pacem in Terris". Paolo VI li ha ripresi e approfonditi negli innumerevoli documenti che caratterizzarono il suo pontificato: sia sufficiente menzionare il suo discorso al Corpo diplomatico del 14 gennaio 1978, e anche il messaggio pubblicato il 26 ottobre 1974, congiuntamente ai Padri Sinodali, e consacrato all'impegno della Chiesa per la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo. Un tale impegno nasce dal Vangelo in cui troviamo l'espressione più profonda della dignità dell'uomo e il motivo più pressante degli sforzi per promuovere i suoi diritti. E la Chiesa, voi lo sapete, concepisce questo compito nel quadro della sua missione al servizio della piena salvezza dell'uomo, redento da Cristo, come ho appena esposto nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis".

Queste poche parole siano per voi luce e conforto! E' giusto ripeterci gli uni gli altri che l'attenzione prioritaria degli spiriti e dei cuori per la dignità di tutta la persona umana, sul piano dell'insegnamento e dell'azione concreta e multiforme costituisce un'opera che deve realizzare sempre di più l'unanimità di tutti gli uomini di buona volontà.

Data: 1979-03-22

Data estesa: Giovedì 22 Marzo 1979.



Lettera ai Vescovi dell'America Latina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Prospettive di evangelizzazione nel Continente Latino-Americano

Testo: Amati fratelli nell'Episcopato.

L'intenso lavoro della III Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-americano, che ho avuto il piacere di inaugurare personalmente e che con particolare predilezione e interesse nei confronti della Chiesa di questo Continente ho accompagnato nelle varie tappe del suo sviluppo, si riassume in queste pagine che avete messo nelle mie mani.

Conservo vivo il gratissimo ricordo del mio incontro con voi, unito nello stesso amore e sollecitudine per i vostri popoli, nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, e in seguito nel seminario di Puebla. Questo Documento, frutto di una assidua preghiera, di riflessione profonda e di intense cure apostoliche, offre - così avete proposto - un vasto insieme di orientamenti pastorali e dottrinali, su questioni di somma importanza. Deve servire, con i suoi validi criteri, da luce e stimolo permanente per la evangelizzazione nel presente e nel futuro, dell'America Latina.

Potete sentirvi soddisfatti e ottimisti per i risultati di questa Conferenza, preparata accuratamente dal CELAM, con la partecipazione corresponsabile di tutte le Conferenze Episcopali. La Chiesa dell'America Latina è stata rafforzata nella sua vigorosa unità, nella sua identità particolare, nella volontà di rispondere alle necessità e alle sfide attentamente considerate durante la vostra assemblea. Rappresenta, in verità, un grande passo in avanti nella missione essenziale della Chiesa, quella di evangelizzare.

Le vostre esperienze, regole, preoccupazioni e aneliti, nella fedeltà al Signore, alla sua Chiesa e alla Sede di Pietro, devono convertirsi in vita per le comunità che servite. Per questo motivo dovrete proporre in tutte le vostre Conferenze Episcopali e Chiese Particolari, piani con mete concrete, ai livelli corrispondenti e in armonia con il CELAM nell'ambito continentale.

Dio voglia che in breve tempo tutte le comunità ecclesiali siano informate e penetrate dallo spirito di Puebla e delle direttrici di questa storica Conferenza.

Il Signore Gesù, Evangelizzatore per eccellenza e Vangelo lui stesso, ci benedica con abbondanza.

Maria Santissima, Madre della Chiesa e Stella della evangelizzazione, guidi i vostri passi, in un rinnovato impulso evangelizzatore del Continente Latino-americano.

Data: 1979-03-23

Data estesa: Venerdì 23 Marzo 1979.





Al pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Napoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La presenza di Cristo nella nostra vita quotidiana

Testo: Carissimi fratelli e sorelle dell'arcidiocesi di Napoli! Ascoltando la voce del vostro cuore cristiano e l'invito del vostro venerato Pastore, il Cardinale Corrado Ursi, e dei vostri Sacerdoti, siete venuti dal Papa, con un pellegrinaggio maestoso, che mi commuove. Siate i benvenuti voi tutti, lavoratori e fedeli che affollate questa incomparabile Basilica.

E siate i benvenuti anche voi studenti e giovani che, nell'Aula Paolo VI, state ora ascoltando la mia voce e che avro il piacere, fra poco, di incontrare. Mentre parlo vi sento qui vicini, anche se la Basilica Vaticana non è riuscita a contenervi tutti.

Che cosa dirvi, se non il mio grazie per la vostra bontà? Che cosa manifestarvi, se non l'elogio per la vostra fede? Si, diletti fedeli di Napoli! Fede religiosa e bontà d'animo si coniugano magnificamente nelle vostre tradizioni cristiane e nel vostro costume di vita! Ed io porgo a voi qui presenti e a tutti i vostri concittadini il mio saluto più sentito e cordiale: alle Autorità religiose e civili; agli uomini dello studio, della tecnica, del lavoro; alle madri di famiglia; agli anziani; ai giovani e alle giovani che si affacciano agli orizzonti e alle responsabilità della vita; ai fanciulli e ai bambini che allietano le famiglie con la loro gioiosa confidenza; agli ammalati e ai sofferenti e a tutti coloro che per qualsiasi motivo hanno qualche pena nel loro animo! Tutti ricevano il saluto del Vicario di Cristo! La vostra Napoli, così suggestiva nello stupendo spettacolo del cielo e del mare pieni di luce e di azzurro, è città fedele, è città buona ed è anche città sofferente per tanti motivi, non ultimo per l'insidioso e funesto morbo che ha strappato così numerosi bambini all'affetto dei loro cari. E io, come Pastore e Padre, compiacendomi della vostra fede e unendomi al vostro dolore, intendo raccogliere nel mio cuore tutte le vostre gioie e tutte le vostre preoccupazioni, dicendo con il Salmista: "Ecco, quanto è buono e quanto è soave che i fratelli si trovino assieme!" (Ps 132,1). Nei primi tempi della Chiesa, a Gerusalemme, ad Antiochia, a Roma, i cristiani si recavano ad incontrare Pietro per sentire la sua Parola, per ascoltare le sue esperienze, per riportarne coraggio e fervore spirituale. così anche voi siete venuti per sentire dal suo successore una parola di amore e di vita. E io, prendendo lo spunto dal tempo quaresimale, che stiamo trascorrendo, e dalla mia prima Lettera Enciclica, vi parlero brevemente della presenza di Cristo Redentore nella nostra vita quotidiana.

1. Gesù è prima di tutto il sostegno della nostra sofferenza.

La sofferenza è una realtà terribilmente vera e talvolta perfino atroce e straziante. Dolori fisici, morali, spirituali travagliano la povera umanità di tutti i tempi. Dobbiamo essere riconoscenti alla scienza, alla tecnica, alla medicina, alle organizzazioni sociali e civili, che cercano in tutti i modi di eliminare o almeno di alleviare la sofferenza; ma essa rimane sempre vittoriosa e la sconfitta pesa sull'uomo afflitto e impotente. Anzi, sembra quasi che ad un maggior progresso sociale corrisponda un regresso morale, con la conseguenza di altre sofferenze, paure, inquietudini.

La sofferenza è anche una realtà misteriosa e sconvolgente.

Ebbene, noi cristiani, guardando Gesù Crocifisso troviamo la forza di accettare questo mistero. Il cristiano sa che, dopo il peccato originale, la storia umana è sempre un rischio, ma sa pure che Dio stesso ha voluto entrare nel nostro dolore, provare il nostro spasimo, passare attraverso l'agonia dello spirito e lo strazio del corpo. La fede in Cristo non toglie la sofferenza, ma la illumina, la eleva, la purifica, la sublima, la rende valida per l'eternità.

In qualunque nostra pena, morale o fisica, guardiamo il Crocifisso! Regni ben visibile e venerato il Crocifisso nelle vostre case. Solo lui ci può confortare e rassicurare! Amiamo il Crocifisso, come voleva il vostro grande Teologo e Dottore della Chiesa, san'Alfonso Maria de' Liguori!

2. In secondo luogo, Gesù è il fondamento della nostra gioia.

La gioia cristiana è una realtà non facile a descriversi, perché è spirituale e fa parte anch'essa del mistero. Chi veramente crede che Gesù è il Verbo Incarnato, il Redentore dell'uomo, non può non sentire nell'intimo un senso di immensa gioia, che è consolazione, pace, abbandono, rassegnazione, letizia.

Diceva il Salmista: "Gustate e vedete quanto è buono il Signore!" (Ps 33,9). E il filosofo e scienziato francese Blaise Pascal, nella famosa notte della conversione, scrisse nel Testamento: "Gioia! Gioia! Pianto di gioia!". Non spegnete questa gioia che nasce dalla fede in Cristo, Crocifisso e risorto! Testimoniate la vostra gioia! Educate a godere di questa gioia! - E la gioia della luce interiore sul significato della vita e della storia.

- E' la gioia della presenza di Dio nell'anima, mediante la "grazia".

E' la gioia del perdono di Dio, mediante i suoi Sacerdoti, quando per disgrazia si è offeso il Suo amore infinito, e pentiti si ritorna tra le sue braccia di Padre.

- E' la gioia dell'attesa della felicità eterna, per cui la vita è intesa come un "esodo", un pellegrinaggio, pur impegnati nelle vicende del mondo.

Anche a noi, come agli Apostoli, Gesù dice: "Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Jn 15,11). "Nssuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Jn 16,23).


3. Infine, Gesù è la garanzia della nostra speranza.

L'uomo non può vivere senza speranza; tutti gli uomini sperano in qualcuno e in qualche cosa. Pero, purtroppo, non mancano tante delusioni e, talvolta, s'affaccia perfino l'abisso della disperazione. Ma noi sappiamo che Gesù Redentore, morto crocifisso e gloriosamente risorto, è la nostra speranza! "Surrexit Christus spes mea!".

Gesù ci dice che, nonostante le difficoltà della vita, merita impegnarsi con volontà tenace e benefica nella costruzione e nel miglioramento della "città terrena" con l'animo sempre teso verso quella eterna. Il cristiano si prodiga nella concreta realizzazione del bene comune, vince il proprio egoismo col senso della solidarietà e nell'impegno per la promozione di tutto ciò che serve per la dignità e l'integrità della persona umana. La Chiesa è una comunità di "servitori" e ogni cristiano deve sentirsi chiamato a rendere sempre più bella, più unita, più giusta la propria città.


4. Rivolgendomi in modo speciale a voi, cari lavoratori, che siete qui convenuti numerosi e fervorosi, vi dico: illuminate di carità e di speranza cristiana il vostro lavoro! Infatti, che cos'è il lavoro se non una collaborazione con la potenza e l'amore di Dio, per mantenere la nostra vita e per renderla più umana e più conforme al disegno di Dio? E allora, portate la vostra serenità e la vostra fiducia cristiana sul posto di lavoro! Elevate i vostri animi e offrite a Dio le vostre fatiche.

Il Papa è particolarmente vicino a voi lavoratori, è partecipe delle vostre preoccupazioni e dei vostri problemi, vi ama con affetto sincero e incoraggia ogni iniziativa diretta a favorire le vostre legittime aspirazioni.

A voi lavoratori, Gesù porge la sua mano di amico, di fratello, di Redentore! Egli vi sia sempre di luce, di sostegno e di conforto.

Con tali voti, invochiamo Maria Santissima in questa solennità liturgica dell'Annunziazione. Che Maria, venerata a Pompei con tanta devozione da immense moltitudini, sia la vostra Madre e la vostra Regina e faccia di voi dei cristiani sempre più convinti e coerenti! A tutti giunga, propiziatrice e confortatrice, la mia benedizione apostolica.

Data: 1979-03-24

Data estesa: Sabato 24 Marzo 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - A giovani tedofori - Città del Vaticano (Roma)