GPII 1979 Insegnamenti - A un gruppo di lavoratori genovesi - Città del Vaticano (Roma)


2. Vi diro ancora, come seconda conseguenza, abbiate fiducia! Questa parola "fiducia" allarga i polmoni e dà le ali al cuore, dà un sollievo senza misura, è qualcosa come uscire dall'incubo. L'età nostra è in gran parte segnata dall'angoscia e dal timore, dalle ansie e dalle paure. La fiducia si contrappone a quanto vi affanna: essendo essa, infatti, serenità d'impegno, sovrana intrepidezza nelle contrarietà, assegnamento sul misterioso, ma operante aiuto, che la Provvidenza non fa mancare a nessuno. La fiducia trova la sua massima espressione nelle parole pronunziate da Cristo sulla croce: "Padre, rimetto il mio spirito nelle tue mani" (Lc 23,46). In mezzo alle tante e tante difficoltà la fiducia vi sostiene e vi fa alzare lo sguardo al cielo, per dire al Padre che, quando voi avete fatto tutto, faccia lui quel che manca ancora.


3. Infine, siate operatori di concordia e di pace. In questo tempo contrassegnato, per tanta parte, dalle divisioni sociali e da tante forme di violenza, è necessario che voi diate testimonianza davanti al mondo di fratellanza cristiana nell'ambiente dove vivete e lavorate. Occorre un impegno deciso per la costruzione di un mondo più umano, più giusto, più solidale. Con ciò non si vuole negare la legittima difesa dei diritti inalienabili, come pure la promozione economica e sociale dei lavoratori meno favoriti e meno retribuiti, e specialmente di quelli più umili, più poveri, più disagiati e più oppressi. Anzi colgo volentieri questa occasione per deplorare, ancora una volta, situazioni non corrispondenti alla dignità umana e cristiana in cui purtroppo tanti lavoratori vengono a trovarsi a causa della disoccupazione o di fatiche estenuanti, al limite di ogni sopportazione. Spesso la tecnica moderna è diventata, invece che strumento di promozione, meccanismo destinato a schiacciarlo, fino a privarlo talvolta dei suoi attributi più sacri e intangibili.

Come ho già accennato nella recente enciclica: "lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che è contrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della vita morale e dell'etica" (RH 15).

Vorrei che, tornando alle vostre case, alle vostre famiglie e al vostro posto di lavoro recaste a tutti i vostri cari e a tutti i vostri colleghi il mio benedicente saluto: dite a tutti che li porto nel cuore e che li raccomando nella preghiera a Dio e alla Madonna santissima, tanto venerata da tutti i veri genovesi sotto il titolo di Nostra Signora della Guardia, nel suo celebrato Santuario in Val Polcevera. Alla "guardia" di lei pongo ora le vostre aspirazioni, le vostre sofferenze e le vostre fatiche, mentre di gran cuore imparto la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-04-02

Data estesa: Lunedì 2 Aprile 1979.





Lettera al cardinale Carberry - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: 50° di ordinazione sacerdotale

Testo: Al Nostro Venerabile Fratello Cardinale Giovanni Carberry Arcivescovo di San Lodovico.

Far memoria dei singolari doni di Dio e ringraziare più fervidamente il divino largitore è piissimo dovere dell'animo grato e contemporaneamente sollievo dalle preoccupazioni quotidiane e motivo di gioia. Con l'animo pieno di gratitudine perciò ti siamo vicini, Nostro Venerabile Fratello, e ricolmi di gioia vogliamo commemorare con te mediante questa Nostra Lettera il 50° della tua ordinazione sacerdotale ormai prossimo. Infatti riteniamo che sia compito del supremo Pastore della Chiesa non solo preoccuparsi con sollecitudine paterna dei fedeli, ma onorare in modo particolare, con una maggiore attenzione, coloro che sono Nostri Fratelli, apostoli delle Chiese e gloria di Cristo (cfr. 2Co 8,23).

Con l'amato gregge al quale ti dedichi da undici anni e con coloro che hai seguito con predilezione come maestro delle cose sacre, noi stessi ti esprimiamo la nostra gioia e invochiamo dal Signore abbondanti e ottimi doni.

Sappiamo bene quale posizione particolare tu occupi ancor oggi tra i Vescovi della tua patria come presidente delle Commissioni per la Sacra Liturgia e per l'Ecumenismo; sappiamo anche quanto ti sei adoperato per curare l'istruzione evangelica delle Chiese, per superare le difficoltà, per aiutare i diversi ordini delle comunità: sacerdoti e laici, maestri e discepoli, giovani e anziani. Hai dedicato inoltre gran parte della tua attività nella perenne formazione e aggiornamento dei sacerdoti e dei religiosi e per la comunione tra di loro e con il loro Vescovo. Sappiamo anche che hai curato corsi di educazione cristiana per laici e che l'apostolato della Chiesa ha avuto grande impulso dalla tua sollecitudine. E ci è noto che hai seguito le vocazioni con particolare attenzione, e che ti sei preoccupato in modo particolare dei collegi e dei seminari, perché le diocesi avessero i loro ministri, che attendessero alla parola di Dio e alimentassero negli uomini la vita divina con perpetua fiamma.

Grande dunque è il motivo di gioia spirituale che ti si presenta in questa occasione, gioia attinta alle fonti divine, pegno di quel grande premio che verrà dato nel Regno dei cieli ai servi buoni e fedeli. Ringraziamo perciò con te Dio, autore e perfezionatore delle nostre buone opere, e gli chiediamo che si degni di far crescere ciò che è stato seminato e irrigato.

Infine invochiamo su di te, a cui auguriamo un lungo corso di vita, l'amore della Madre di Dio, la Vergine Maria, alla quale continuamente hai affidato te e il tuo lavoro, e ti impartiamo di cuore la benedizione apostolica, di cui vogliamo far partecipi anche i Vescovi Ausiliari e tutti i tuoi cari.

Data: 1979-04-02

Data estesa: Lunedì 2 Aprile 1979.









Agli Istituti di educazione cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Specializzazione e interdisciplinarità nella formazione culturale del sacerdote

Testo: Fratelli e figli carissimi! Consentitemi di rivolgermi, innanzitutto, all'Eminentissimo Cardinale Prefetto Gabriel-Marie Garrone, al quale desidero esprimere un grazie sincero sia per la sua presenza, sia per le nobili parole che ha testé pronunciate. E' a tutti noto l'impegno con cui egli si è adoperato, per lunghi anni, come primo responsabile alla guida della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica; ed è noto, parimenti, il contributo da lui dato al Concilio Vaticano II, fin dalla fase preparatoria, con la sensibilità di un Pastore attento e aperto alle esigenze dei nuovi tempi. Sono meriti di cui voglio quest'oggi dargli un pubblico riconoscimento, mentre estendo la più viva gratitudine ai Cardinali che come Membri della medesima Congregazione, sono convenuti l'annuale sessione plenaria, al Segretario, al Sottosegretario. Porgo, poi, il mio cordiale saluto ai Professori, ai Superiori ed agli Studenti dei Centri Romani di Studi Accademici.

Nel dare inizio all'incontro, vorrei premettere un riferimento personale: per parecchi anni ho avuto l'opportunità di partecipare ai lavori di questa Sacra Congregazione, e si è trattato di un'esperienza per me molto preziosa, perché non solo ne ho ricavato grande profitto, ma, nello stesso tempo, ho potuto confrontarla con le esperienze nel mio campo di lavoro pastorale, in Polonia.

Come ben sapete, oggetto della sollecitudine di questo Dicastero sono le Scuole Cattoliche di ogni ordine e grado, ma oggetto di specialissima sollecitudine sono i Seminari ecclesiastici; il che evoca immediatamente il grave e delicato problema delle vocazioni sacerdotali, senza far dimenticare, naturalmente, il problema degli Istituti Superiori di vario indirizzo: le Università, le Facoltà Teologiche, le altre Facoltà di Studi Ecclesiastici, ecc.

Ed anche a questo proposito, debbo ricordare di aver preso parte agli importanti lavori della Congregazione relativi alla preparazione della nuova costituzione apostolica, che sostituirà - come documento legislativo - la costituzione "Deus Scientiarum Dominus". In base al mandato del Concilio Vaticano II fu già pubblicato, nel maggio del 1968, un documento "transitorio". "Normae quaedam ad Constitutionem apostolicam Deus Scientiarum Dominus, de studiis academicis ecclesiasticis recognoscendam".

Successivamente, dopo la consultazione di tutti gli ambienti interessati alla dottrina ed all'insegnamento cattolico, è stato raccolto un copioso materiale per la redazione della nuova costituzione, che dovrà essere promulgata tra breve.

Ora - ed è una terza premessa di ordine psicologico e personale - l'insieme dei problemi riguardanti l'educazione cristiana, il particolare significato della scienza nell'esperienza storica della Chiesa, l'attuale missione della Chiesa stessa in questo campo, sono tematiche a me particolarmente vicine e congeniali.

In effetti apprezzo molto questo settore dell'attività della Chiesa perché ho grande stima della cultura umana: "Genus humanum arte et ratione vivit".

Se l'uomo come ho scritto nella mia prima enciclica costituisce "la prima e fondamentale via della Chiesa" (RH 14), come potrebbe questa disinteressarsi di quanto, anche al semplice livello naturale, ha diretta attinenza con l'elevazione dell'uomo? Come potrebbe rimanere estranea alle istanze e ai fermenti, ai travagli e ai traguardi, alle difficoltà e alle conquiste dell'odierna cultura? Non sarebbero, un tale disinteresse ed una tale estraneità, quasi una fuga dalle proprie responsabilità ed un atto di omissione per il "vulnus" che ne deriverebbe alla sua stessa funzione evangelizzatrice? Nell'interpretare il comando supremo di Cristo, io ritengo che non si insisterà mai abbastanza sul significato pregnante e sulle molteplici implicazioni delle parole "docete" e "docentes" (cfr. Mt 28,18-19 nel testo greco: "matheteusate" "didaskontes").

Comprendete, pertanto, come secondo una si ampia ed alta prospettiva l'incontro odierno avvenga non soltanto con voi qui presenti, ma, almeno indirettamente e certo intenzionalmente, si estenda ai docenti e agli iscritti di tutti gli Istituti di istruzione e di educazione cattolici, sparsi nel mondo. I loro compiti, la loro missione, il loro "creativo" contributo alla missione universale della Chiesa, sono come lo sfondo di questa solenne udienza di oggi.


2. In un ambito, pero, più immediato e diretto, l'udienza riunisce un'eletta e numerosa rappresentanza degli Istituti Superiori Romani, e ciò è per me motivo di grande gioia. Ho desiderato vivamente questo incontro, e mi rallegro che esso si svolga proprio nel tempo, in cui i Cardinali e gli altri rappresentanti dell'Episcopato sono riuniti per l'annuale sessione presso la Sacra Congregazione che è preposta all'organizzazione e all'animazione della missione della Chiesa nel campo scientifico ed educativo. L'iniziativa di trovarci insieme è partita dai Rettori degli Istituti Romani, con i quali ho già avuto modo di trattare i preliminari di una problematica così importante per la vita della Chiesa nella Città Eterna. Questi Istituti, infatti, rappresentano una ricchezza particolare di questa Chiesa: da un lato, essi accolgono un folto gruppo di professori, di scienziati, di studiosi che, grazie al loro ingegno ed alla loro preparazione, fanno onore alla dottrina e alla fede; dall'altro, sono aperti agli studenti di tutto il mondo e costituiscono, pertanto, un significativo e suggestivo "campionario" delle nazionalità, delle lingue, delle componenti culturali e delle varietà rituali del mondo cattolico. E' per questo che, non da oggi, va ad essi un meritato riconoscimento internazionale.

Da parte mia, desidero qui nominarli distintamente, a dimostrazione della stima e della fiducia che nutro per essi, e questi sentimenti intendono confermare e dilatare nel tempo direi quelli di tanti miei predecessori sulla Cattedra di Pietro. Ecco, innanzitutto, il gruppo delle Università insignite dei titolo di "Pontificie": la Gregoriana, affidata ai Figli di sant'Ignazio e ricca di una plurisecolare e ben collaudata esperienza didattica e scientifica; la Lateranense che, per essere non soltanto topograficamente contigua alla Patriarcale Basilica di San Giovanni e al Seminario Romano Maggiore, ha una tipica fisionomia di romanità e una singolare funzione; poi l'Università Urbaniana, destinata specificamente alla causa primaria dell'evangelizzazione e alla formazione del Clero per le Missioni; poi ancora l'Università di San Tommaso d'Aquino, altrimenti detta l'Angelicum, che ebbi la fortuna di frequentare in un operoso e sempre ricordato biennio; ed infine la Salesiana che, pur di fondazione recente, vuol affermarsi con una nota di originalità nel settore delle discipline pedagogiche.

Seguono i Pontifici Atenei Anselmiano e Antoniano, diretti dai Religiosi di san Benedetto e di san Francesco. Poi ancora gli Istituti Biblico, Orientale, di Musica Sacra, di Archeologia Cristiana. Ed infine le facoltà Teologiche di San Bonaventura, Teresianum, Marianum. Comprendendo anche l'Istituto di Studi Arabi e la Facoltà "Auxilium", sono in tutto 16 i Centri Accademici esistenti in Roma, con un numero complessivo di oltre 950 docenti e di circa

7.000 studenti iscritti.

Sono molti, sono pochi? Al di là del dato quantitativo, di per sé variabile e, comunque, non assoluto, si presenta il panorama grandioso e consolante di tutta una serie di forze vive ed assai qualificate; c'è la realtà di una ricchezza che, prima che culturale e dottrinale, è di natura spirituale; si ammira questo complesso di strutture didattiche che è a disposizione non solo della Chiesa cattolica, ma anche della società umana, che la Chiesa è chiamata a servire.

Per confermare il prestigio e le ulteriori potenzialità di queste forze, basta portare l'attenzione su due fatti a) Il primo è dato dalla molteplicità delle specializzazioni scientifiche, che si hanno all'interno di questi stessi Centri; non si può parlare di doppioni o di scuole inutili, perché, se in tutte esse si ritrova e funziona - com'è ovvio - lo schema delle discipline sacre fondamentali (a cominciare dalla scienza-regina, la teologia), in ciascuna c'è come una nota caratteristica, tale da conferirle un'originale collocazione nel quadro generale degli studi ecclesiastici. Penso, in proposito, alle varie "specialità" ed alle "scuole superiori" di impostazione moderna, che con geniale intuizione sono state create, negli anni più recenti. E' stata, questa, una risposta alla crescita culturale del mondo.

b) L'altro fatto, che desidero ricordare in termini elogiativi, è che le accennate "specialità" e, quindi, i correlativi Istituti specializzati, sono disponibili ad una feconda collaborazione con altre "specialità" ed Istituti. In tal modo, all'istanza oggettiva e sempre più emergente nell'attività e nella metodologia scientifica odierna - l'istanza della cosiddetta interdisciplinarietà - e al bisogno di evitare il particolarismo e il frammentarismo culturale, voi avete del pari corrisposto con una collaborazione aperta, intelligente, generosa, fruttuosa. Ed è per me un piacere riconoscere la rilevanza di questo attivo scambio culturale, che vuol dire migliore coordinazione delle iniziative, tempestivo confronto dei risultati, equilibrata assegnazione delle ricerche da compiere. Tutto ciò, come favorisce il generale incremento dei buoni studi, così moltiplica i contatti tra le persone con vantaggio reciproco, stimola l'integrazione tra i diversi Istituti, testimonia la vivacità e la vitalità del ritmo degli studi all'interno della Chiesa.


3. Ma, a questo punto, vorrei insistere soprattutto sull'importanza di una autentica formazione scientifica nella globalità della formazione sacerdotale, come ricordo anche nella Lettera che indirizzero ai Sacerdoti per il prossimo Giovedì Santo. Se la Chiesa ha tanto a cuore la promozione degli studi superiori e, quindi, l'approntamento di strutture adeguate, lo fa "in definitiva" per assolvere meglio la sua missione nel mondo e per servire meglio la causa dell'uomo; ma lo fa "direttamente" per preparare coloro a cui, per tanta parte, tale missione e tale servizio son demandati: cioè i Sacerdoti. Per essere completa ed adatta alle esigenze dei tempi, la formazione dei Sacerdoti deve essere anche scientifica. E la ragione o, meglio, le ragioni di questa più esigente preparazione sono tanto evidenti, che mi sembra superflua ogni spiegazione.

Necessaria, anzitutto, nei sacri ministri è una solida cultura generale, come "humus" fecondo e recettivo di nuovi germi e suscettibile di più rigogliosi sviluppi. Poi occorre che essi siano avviati ed aiutati a raggiungere una vera e propria specializzazione a livello universitario che li metta in condizione di partecipare ai processi creativi della cultura in ogni tipo di società, nella quale la Chiesa si trova a svolgere la sua missione (cfr. OT 38).

Ecco allora le due componenti di questa formazione: cultura generale e cultura specialistica. In realtà, non si sottolineerà mai abbastanza la necessità di un ricco corredo dottrinale per la formazione di una personalità sacerdotale matura, quale si conviene a chi deve essere pastore e maestro ed è chiamato a svolgere multiformi servizi legati appunto alla vocazione del sacerdote, del pastore e del maestro.

Oggi è, questo, un compito di singolare e grande responsabilità. Abbiamo bisogno di uomini che abbiano una profonda conoscenza dei problemi dell'uomo e del mondo, ma tale conoscenza non si potrà arrestare al livello puramente umano e profano: dovrà basarsi, soprattutto, sulla "scienza della fede", dovrà anzi scaturire da un preciso atteggiamento di fede, da un attivo esercizio di fede, che significa comunione e colloquio col Verbo stesso di Dio, il Maestro che insegna e detta "ab intus". "Ille... qui consulitur, docet qui in interiore homine habitare dictus est Christus, idest incommutabilis Dei Virtus atque sempiterna Sapientia" (S. Agostino, "De Magistro", 11,38: PL 32, 1216; cfr. Ep 3,16 1Co 1,24). Abbiamo bisogno di Sacerdoti dotati di saldo senso teologico, in ascolto attento della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero. Abbiamo bisogno di Sacerdoti, che insegnando la fede e la morale, costruiscano e non distruggano. Tutto ciò presuppone completezza dottrinale, onestà intellettuale, adesione fedele al "sacro deposito", coscienza della partecipazione alla "funzione profetica" di Cristo: è necessaria, insomma, una maturità di qualità superiore.


4. In questa problematica tanto vasta, i cui accenni meriterebbero un ben più lungo sviluppo, desidero ancora rilevare un aspetto. Ritengo, infatti, che bisogna prestare una speciale attenzione all'"esperienza di Roma", come elemento di quella formazione che porta ad ogni Chiesa locale un sano e fecondissimo lievito di universalità. Ciò dicendo, mi riallaccio ai ricordi del tempo dei miei studi romani ed alle esperienze, altresi, fatte durante i miei successivi contatti con la "Roma sacra", la quale offre succhi ed alimenti vitali ad ogni cristiano e, soprattutto, ad ogni Sacerdote. Che cosa insegna Roma? "Hic saxa ipsa loquuntur", si può giustamente dire. Oh, non è retorico insistere su questo dato storico-ambientale: Roma, città unica al mondo, è il centro d'irradiazione della fede cristiana. Bisogna, dunque, aver coscienza di questo fatto, bisogna esserne degni, bisogna corrispondere e collaborare alla funzione esemplare che a Roma compete nei confronti dell'intero mondo cattolico. E voi giovani, che avete la fortuna di compiere gli studi a Roma, dovete "approfittare" di questa permanenza e dell'insegnamento che qui vi viene impartito; dovete attingere fermezza di fede e larghezza di prospettive dalle memorie che la testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo, il sangue degli innumeri Martiri, le vestigia di una vicenda religiosa ormai bimillenaria hanno qui concentrato.


5. E' in questo spirito che rivolgo il mio fiducioso augurio a tutti i componenti degli Istituti Superiori, nella prossimità della Santa Pasqua. E' in questo spirito che porto il mio fervido augurio alla Congregazione per l'Educazione Cattolica, al suo venerato e benemerito Prefetto, ai Signori Cardinali e Vescovi.

Agli uni ed agli altri, tra loro collegati da un impegno che, pur avendo espressioni e forme differenti, è finalisticamente unitario perché orientato verso la stessa meta, io raccomando di vivere, con attenta e lucida consapevolezza, quest'ora solenne della Chiesa (cfr. Giovanni Paolo II, RH 1).

Mentre l'umanità sta camminando verso il Duemila, non è lecito al Popolo di Dio attardarsi, arrestarsi, o retrocedere. La Chiesa deve camminare nella storia con gli occhi rivolti indietro ("Ecclesia retro-oculata") e insieme in avanti ("Ecclesia ante-oculata"), ma fissi soprattutto in alto verso Cristo, suo Signore ("Ecclesia supra-oculata"): "levatis ad Dominum oculis...". E' dall'alto, infatti, è da Lui che le viene l'ispirazione, la forza, la resistenza, il coraggio. E come potrebbero i membri del Popolo di Dio rimanere inerti? Fratelli e figli carissimi, il periodo post-conciliare ha portato con sé un complesso di interrogativi alla Chiesa, quasi a continuazione degli interrogativi di fondo del Concilio Vaticano II: "Ecclesia Dei, quid dicis de te ipsa?". Ora sarebbe una forma di reticenza non parlare della crisi sopravvenuta, o negare, ad esempio, che talvolta certi interrogativi sono stati posti in forma "radicale" ed hanno assunto un carattere di "contestazione", o ignorare che questa, tra l'altro, ha interessato e quasi investito il sacerdozio ministeriale, la vocazione sacerdotale, nonché il Seminario come istituzione. Non c'è bisogno, d'altronde, di ricordare il calore di alcuni dibattiti e polemiche. Eppure, tante discussioni hanno determinato opportune precisazioni e "messe a punto". Ripreso lo studio di quei problemi basti pensare al Sinodo del 1971, esaminate a fondo le obiezioni o i nuovi elementi delle diverse questioni, le cose han ripreso la loro giusta collocazione e ne son derivate significative conferme. Si può dire che, grazie a questo sforzo critico ed autocritico, dalla fase "negativa" cominciamo già a passare ad un'attuazione "positiva" del Vaticano II, cioè a quell'autentico rinnovamento o "aggiornamento", che fu tra gli obiettivi dell'amabile Pontefice che animosamente lo volle.

Con tutti i presenti io prego il Signore Gesù, nel suo mistero pasquale, perché un tale rinnovamento si manifesti nel vasto settore dell'educazione e dell'istruzione, in particolare mediante una nuova fioritura di sante vocazioni in tutte le Chiese locali. Dico le vocazioni sacerdotali, religiose, missionarie: vocazioni mature per opera delle relative Istituzioni, cioè dei Seminari, degli Studentati, dei Centri Universitari; vocazioni mature di quella maturità, della quale han bisogno i testimoni del Vangelo, nei nostri tempi così difficili e gravi di responsabilità. "Spes non confundit!" (Rm 5,5). Non tutte le difficoltà sono superate, ma è tempo ormai di riprendere, con non mai confusa speranza, il cammino, contando nell'aiuto immancabile di Colui che, se ha affidato la Chiesa agli uomini, ha garantito che non li abbandonerà: "Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus" (Mt 28,20). Con espressione che fu cara al mio predecessore e padre Paolo VI vi diro, dunque: Avanti nel nome del Signore e con la mia affettuosa benedizione! Data: 1979-04-04

Data estesa: Mercoledì 4 Aprile 1979.





Agli universitari romani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La croce, suprema cattedra della verità di Dio e dell'uomo

Testo:

1. "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi!" (Lc 22,15).

Queste parole di Cristo mi vengono in mente oggi, mentre ci incontriamo insieme intorno all'altare della Basilica di San Pietro per partecipare alla celebrazione dell'Eucaristia. Sin dagli inizi, da quando mi e stato concesso di stare a quest'altare, ho desiderato molto di incontrarmi con voi, con la gioventù che studia all'Università e nelle Scuole Superiori di questa Città. Sentivo che mi mancavate, voi universitari della diocesi dei Papa. Avevo il desiderio, lasciatemelo dire, di sentirvi vicini. Sono abituato da anni a tali incontri.

Molte volte nel periodo di Quaresima - ed anche di Avvento - mi era dato di trovarmi in mezzo agli studenti universitari in Cracovia, in occasione della chiusura degli esercizi spirituali che raccoglievano migliaia di partecipanti. In questo giorno mi incontro con voi. Saluto cordialmente tutti voi che siete qui presenti. E in voi e mediante voi saluto tutti i vostri Colleghi e Colleghe, i vostri Professori, i Ricercatori, le vostre facoltà, le organizzazioni, i responsabili dei vostri ambienti. Saluto tutta Roma "accademica".

In questo periodo in cui Cristo ogni anno parla a noi di nuovo nella vita della Chiesa con la sua "Pasqua", si svela nei cuori umani, particolarmente nei cuori giovani, il bisogno di essere con lui. Il tempo di Quaresima, la Settimana Santa, il Triduo Sacro sono non soltanto un ricordo degli avvenimenti accaduti quasi duemila anni fa, ma costituiscono un invito particolare alla partecipazione.


2. Pasqua significa "passaggio".

Nell'Antico Testamento significava l'esodo dalla "casa di schiavitù" dell'Egitto e il passaggio del Mar Rosso, sotto una singolare protezione di Jahvè, verso la "Terra Promessa". La peregrinazione duro quaranta anni. Nel Nuovo Testamento questa pasqua storica si è compiuta in Cristo durante i tre giorni: da giovedi sera alla mattina della domenica. Ed essa significa il passaggio attraverso la Morte verso la risurrezione, e insieme l'esodo dalla schiavitù del peccato verso la partecipazione alla vita di Dio mediante la Grazia. Cristo dice nel Vangelo di oggi: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte" (Jn 8,51). Queste parole indicano nello stesso tempo che cosa è il Vangelo. E' il libro della vita eterna, verso la quale corrono le innumerevoli vie del pellegrinaggio terreno dell'uomo. Ciascuno di noi cammina su una di quelle strade.

Il Vangelo insegna su ognuna di esse. E in ciò consiste proprio il mistero di questo sacro libro. Di qui nasce il fatto che esso è molto letto, e da qui proviene la sua attualità. La nostra vita acquista nella luce del Vangelo una dimensione nuova. Acquista il suo senso definitivo. Perciò la vita stessa dimostra di essere un passaggio.


3. La vita umana è passaggio.

Questa vita non è un insieme che si racchiude in modo definitivo fra la data della nascita e la data della morte. E' aperta verso l'ultimo compimento in Dio. Ognuno di noi sente dolorosamente la chiusura della vita, il limite che pone la morte. Ognuno di noi è in qualche modo cosciente del fatto che l'uomo non è contenuto completamente in questi limiti, e che non può morire definitivamente.

Troppe domande non pronunciate e troppi problemi insoluti - se non nella dimensione della vita personale, individuale, almeno in quella della vita delle comunità umane: delle famiglie, delle nazioni, dell'umanità - si arrestano al momento della morte di ogni uomo. Infatti nessuno di noi vive solo. Attraverso ciascun uomo passano diversi cerchi. Ha detto anche san Tommaso: "Anima humana est quodammodo omnia" ("Comm. in Arist. "De Anima"", III, 8, lect. 13). Portiamo in noi il bisogno di "universalizzazione". In un determinato momento, la morte interrompe tutto ciò...

Chi è Cristo? E' il figlio di Dio, che ha assunto la vita umana nel suo temporale orientamento verso la morte. Ha accettato la necessità della morte.

Prima che la morte lo raggiungesse, egli venne a più riprese minacciato da essa.

Il Vangelo d'oggi ci ricorda una di queste minacce: "...raccolsero pietre per scagliarle contro di lui" (Jn 8,59).

Cristo è colui che ha accettato tutta la realtà del morire umano. E proprio perciò egli è colui che ha compiuto un rivolgimento fondamentale nel modo di capire la vita. Ha mostrato che la vita è un passaggio, non solamente al limite della morte, ma a una vita nuova. così la Croce per noi è diventata suprema cattedra della verità di Dio e dell'uomo. Tutti dobbiamo essere alunni - "in corso o fuori corso" - di questa cattedra. Allora comprenderemo che la Croce è anche la culla dell'uomo nuovo.

Coloro che sono suoi allievi guardano così la vita, così la percepiscono. E così insegnano agli altri. Tale significato della vita essi imprimono in tutta la realtà temporale: nella moralità, nella creatività, nella cultura, nella politica, nell'economia. Tante volte si è affermato - come sostenevano per esempio i seguaci di Epicuro nei tempi antichi e come fanno nella nostra epoca per altri motivi alcuni seguaci di Marx - che tale concetto della vita distoglie l'uomo dalla realtà temporale, e che in un certo modo la annulla.

La verità è ben altra. Solo tale concezione della vita dà la piena importanza a tutti i problemi della realtà temporale. Essa apre la possibilità della loro piena collocazione nell'esistenza dell'uomo. E una cosa è sicura: tale concezione della vita non permette di chiudere l'uomo nelle cose della temporaneità, non permette di subordinarlo completamente ad esse. Decide della sua libertà.


4. La vita è una prova.

Dando alla vita umana questo significato "pasquale", che cioè essa è un passaggio alla libertà, Gesù Cristo ha insegnato con la sua parola e ancor di più col proprio esempio che essa è una prova. La prova corrisponde all'importanza delle forze che sono accumulate nell'uomo. L'uomo è creato "per" la prova, e chiamato ad essa sin dall'inizio. Bisogna pensare profondamente a questa chiamata, meditando già i primi capitoli della Bibbia, particolarmente i primi tre. L'uomo viene li definito non soltanto come un essere creato "a immagine di Dio" (Gn

1,26-27), ma contemporaneamente viene definito come un essere sottoposto alla prova. Ed è questa - se bene analizziamo il testo - la prova del pensiero, del "cuore" e della volontà, la prova della verità e dell'amore. In questo senso essa è al tempo stesso la prova dell'alleanza con Dio. Quando questa prima alleanza è stata rotta, Dio l'ha conclusa di nuovo. Le letture d'oggi ricordano l'alleanza con Abramo, che è stata una via di preparazione alla venuta di Cristo.

Cristo conferma questo significato della vita: essa è la grande prova dell'uomo. E proprio per questo ha senso per l'uomo. Non ha senso, invece, se riteniamo che l'uomo nella vita deve soltanto trarre profitto, usare, "prendere", anzi lottare accanitamente per il diritto ad approfondire, ad usare, a "prendere"...

La vita ha il suo senso quando viene considerata e vissuta come una prova di carattere etico. Cristo conferma questo senso, e nello stesso tempo definisce l'adeguata dimensione di questa prova che è la vita umana. Rileggiamo accuratamente, per esempio, il discorso della montagna, e ancora il capitolo 25 del Vangelo di Matteo: l'immagine del giudizio. Basta solo questo per rinnovare in noi la fondamentale coscienza cristiana nel senso della vita.

Il concetto della "prova" si collega strettamente con il concetto della responsabilità. Ambedue sono indirizzati alla nostra volontà, ai nostri atti.

Accettate, cari amici, entrambi questi concetti - o piuttosto ambedue le realtà - come gli elementi della costruzione della propria umanità. Questa vostra umanità è già matura, e, in pari tempo, è ancora giovane. Si trova in fase di formazione definitiva del progetto della vita. Questa formazione avviene proprio negli anni "accademici", nel tempo degli studi superiori. Forse quel progetto personale di vita è sospeso per ora su molte incognite. Forse mancate ancora di una esatta visione del vostro posto nella società, del lavoro al quale vi preparate attraverso i vostri studi Certamente è questa una difficoltà grande; ma le difficoltà del genere non possono paralizzare le vostre iniziative. Non possono far nascere soltanto l'aggressione. La stessa aggressione non risolverà nulla. Non cambierà in meglio la vita. L'aggressione può soltanto renderla "cattiva in altro modo". Vi sento denunciare, nel vostro linguaggio così franco, la senilità delle ideologie e l'insufficienza ideale della "macchina sociale". Ebbene, per promuovere la vera dignità - anche intellettuale - dell'uomo e non lasciarvi a vostra volta irretire in diversi settarismi, non dimenticate che è indispensabile acquisire una profonda formazione in base all'insegnamento, che ci ha lasciato Cristo nelle sue parole e nell'esempio della propria vita. Cercate di accettare le difficoltà che dovete affrontare proprio come una parte di quella prova che è la vita di ogni uomo. Bisogna assumere questa prova con tutta responsabilità. E' una responsabilità nello stesso tempo personale: per la mia vita, per il suo futuro profilo, per il suo valore; ed è insieme responsabilità sociale: per la giustizia e la pace, per l'assetto morale del proprio ambiente nativo e di tutta la società, è una responsabilità per l'autentico bene comune. L'uomo che ha una tale consapevolezza del senso della vita non distrugge ma costruisce il futuro. Ce lo insegna Cristo.


5. E ci insegna anche che la vita umana ha il senso di una testimonianza alla verità e all'amore. Poco tempo fa ho avuto l'occasione di esprimermi su questo tema, parlando alla gioventù universitaria del Messico e delle molte nazioni dell'America Latina. Mi permetto di citare alcuni pensieri di quel discorso, che interessa forse anche gli studenti europei e romani. Esiste oggi un coinvolgimento mondiale degli impegni, delle paure e nello stesso tempo delle speranze, dei modi di pensare e di valutare, che travaglia il vostro giovane mondo. In quella circostanza ho rilevato, fra l'altro, che è necessario promuovere una "cultura integrale, che tenda allo sviluppo completo della persona umana, nella quale risaltino i valori dell'intelligenza, della volontà, della coscienza, della fraternità, tutti basati in Dio Creatore e che sono stati meravigliosamente esaltati in Cristo" (GS 61).

Alla formazione scientifica cioè occorre aggiungere una profonda formazione morale e cristiana, che sia intimamente vissuta e che realizzi una sintesi sempre più armonica tra fede e ragione, tra fede e cultura, tra fede e vita. Unire insieme la dedizione ad una ricerca scientifica rigorosa e la testimonianza di una vita cristiana autentica: ecco l'impegno entusiasmante di ogni studente universitario (cfr. Giovanni Paolo II, "Discorso agli Universitari cattolici", 31 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 236-237). E ripeto anche a voi ciò che in febbraio ho scritto agli studenti delle Scuole latino-americane: "Gli studi devono comportare non solo una determinata quantità di conoscenze acquisite nel corso della specializzazione, ma anche una peculiare maturità spirituale, che si presenta come responsabilità per la verità: per la verità nel pensiero e nell'azione" (Giovanni Paolo II, "Discorso agli Universitari Cattolici", 31 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 253).

Ci bastino queste poche citazioni.

Esiste nel mondo contemporaneo una grande tensione. In fin dei conti questa è una tensione per il senso della vita umana, per il significato che possiamo e che dobbiamo dare a questa vita se essa deve essere degna dell'uomo, se deve essere tale che valga la pena di essere vissuta. Esistono pure chiari sintomi di allontanamento da queste dimensioni; infatti il materialismo sotto diverse forme, ereditato dagli ultimi secoli, è capace di coartare questo senso della vita. Ma il materialismo non forma per niente le più profonde radici della cultura europea né mondiale. Esso non è per niente un correlativo né una piena espressione del realismo epistemologico ne etico.

Cristo - permettetemi di dire così - è il più grande realista della storia dell'uomo. Riflettete un po' su questa formulazione. Meditate che cosa essa può significare.

E' proprio in virtù di questo realismo che Cristo dà testimonianza al Padre, e dà testimonianza all'uomo. Egli stesso infatti sa "quello che c'è in ogni uomo" (Jn 2,25). Lui sa! Lo ripeto senza voler offendere nessuno di coloro che in qualsiasi tempo hanno cercato o cercano oggi di capire che cosa è l'uomo, e vogliono insegnarlo. E proprio in base a questo realismo, Cristo insegna che la vita umana ha senso in quanto è testimonianza della verità e dell'amore.

Pensateci sopra, voi che come studenti dovete essere particolarmente sensibili alla verità e alla testimonianza della verità. Voi siete, per così dire, i professionisti dell'intelligenza, in quanto vi applicate allo studio delle discipline umanistiche e scientifiche, in vista della preparazione all'ufficio che vi attende nella società.

Pensateci sopra, voi che avendo cuori giovani sentite quanto bisogno di amore nasce in essi. Voi, che cercate una forma di espressione per questo amore nella vostra vita. Ci sono alcuni, che trovano tale espressione nella esclusiva dedizione di se stessi a Dio. La stragrande maggioranza sono coloro che trovano l'espressione di quest'amore nel matrimonio, nella vita familiare. Preparatevi a ciò solidamente. Ricordate che l'amore come un sentimento nobile è dono del cuore, ma è contemporaneamente un grande compito che bisogna assumere in favore dell'altro uomo, in favore di lei, in favore di lui. Cristo aspetta un tale vostro amore. Desidera essere con voi quando esso si forma nei vostri cuori, e quando matura nel giuramento sacramentale. E dopo, e sempre.


6. Cristo dice: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi" (Lc 22,15). Quando la mangio per la prima volta con i discepoli pronuncio parole particolarmente cordiali e particolarmente impegnative: "Non vi chiamo più servi... ma vi ho chiamati amici..." (Jn 15,15); "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri" (Jn 15,12). Ricordate queste parole del discorso di addio di Cristo, dal Vangelo di Giovanni, adesso, nel periodo della Passione del Signore. Ripensatele di nuovo.

Purificate i vostri cuori nel Sacramento della Riconciliazione. Mentono quelli che accusano l'invito della Chiesa alla penitenza come proveniente da una mentalità "repressiva". La Confessione sacramentale non costituisce una repressione ma una liberazione; non ripristina sensi di colpa, ma cancella la colpa, scioglie il male commesso e dà la grazia del perdono. Le cause del male non vanno cercate all'esterno dell'uomo, ma anzitutto all'interno del suo cuore; e il rimedio parte ancora dal cuore.

Allora i cristiani, mediante la sincerità del proprio impegno di conversione, debbono ribellarsi all'appiattimento dell'uomo e proclamare con la propria vita la gioia della vera liberazione dal peccato mediante il perdono di Cristo. La Chiesa non ha un suo progetto pronto di scuola universitaria, di società, ma essa ha un progetto di uomo, dell'uomo nuovo, rinato dalla Grazia.

Ritrovate la verità interiore delle vostre coscienze. Lo Spirito Santo vi accordi la grazia di un sincero pentimento, di un fermo proposito di ravvedimento, e di una sincera confessione delle colpe.

Vi conceda egli una profonda gioia spirituale.

S'avvicina "il Giorno fatto dal Signore" ().

Siate preparati a questo Giorno! Data: 1979-04-05

Data estesa: Giovedì 5 Aprile 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - A un gruppo di lavoratori genovesi - Città del Vaticano (Roma)