GPII 1979 Insegnamenti - All'Associazione Statunitense della Scuola Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

All'Associazione Statunitense della Scuola Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La grande vocazione dell'educazione cattolica

Testo: Sia lodato Gesù Cristo.

E' per me una gioia potermi rivolgere ai membri dell'Associazione Statunitense della Scuola Cattolica come promotori della grande causa dell'Educazione Cattolica. Attraverso voi vorrei trasmettere il mio messaggio di incoraggiamento e di benedizione alle numerose Scuole Cattoliche del vostro Paese, a tutti gli studenti, a tutti gli insegnanti e a tutti coloro che generosamente si prestano per l'educazione cattolica. Insieme all'apostolo Pietro vi rivolgo un saluto di fede in Gesù Cristo nostro Signore: "Pace a tutti coloro che sono in Cristo" (1P 5,14).

Quali educatori cattolici riuniti nella comunione della Chiesa universale e raccolti in preghiera, voi vi aiutate reciprocamente nella comprensione del valore che vi assisterà nel vostro importante lavoro, nella vostra missione ecclesiale. Lo Spirito Santo è con voi e la Chiesa è profondamente grata della vostra attività. Il Papa vi parla per confermare il vostro ruolo di primo piano come educatori cattolici, per assistervi, per guidarvi, per sostenervi.

Tra le molte riflessioni che sarebbe opportuno fare, vorrei, all'inizio del mio pontificato, sottolineare brevemente tre punti in particolare. Sono: il valore delle Scuole Cattoliche, l'importanza degli insegnanti e degli educatori cattolici, e la natura stessa dell'educazione cattolica. Si tratta di temi a lungo trattati dai miei predecessori. Ma oggi ritengo importante aggiungere la mia testimonianza alla loro, sperando di dare nuovo impulso all'educazione cattolica in tutti gli Stati Uniti d'America.

Con profonda convinzione approvo e ribadisco le parole che Paolo VI ebbe occasione di pronunciare davanti ai Vescovi del vostro paese: "Fratelli, noi conosciamo le difficoltà connesse al mantenimento delle Scuole Cattoliche, le incertezze per il futuro, ma ciononostante confidiamo nell'aiuto di Dio e nella vostra zelante collaborazione e nel vostro sforzo instancabile perché le Scuole Cattoliche possano continuare, nonostante i gravi ostacoli, ad adempiere il loro ruolo provvidenziale al servizio della vera educazione cattolica, e al servizio della vostra nazione" (Paolo VI, "Discorso" del 15 settembre 1975). Certamente la scuola cattolica deve rimanere il veicolo privilegiato dell'educazione cattolica in America. In quanto strumento di apostolato essa è degna dei maggiori sacrifici.

Ma nessuna scuola cattolica può avere efficacia senza insegnanti cattolici premurosi, convinti del grande ideale dell'educazione cattolica. La Chiesa necessita di uomini e donne tutti intenti ad insegnare con la parola e nei fatti, orientati a contribuire, a permeare tutto il contesto educativo dello Spirito di Cristo. Questa è una grande vocazione, e il Signore stesso ricompenserà tutti coloro che come educatori si dedicano alla diffusione della parola di Dio.

Affinché la scuola cattolica e gli insegnanti cattolici possano rendere il loro contributo insostituibile alla Chiesa e al mondo, la meta stessa dell'educazione cattolica deve essere cristallina. Amati figli e figlie della Chiesa cattolica, fratelli e sorelle nella fede: l'educazione cattolica consiste soprattutto nel comunicare Cristo, nel contribuire a dar forma a Cristo nella vita degli altri. Nell'espressione del Concilio Vaticano II coloro che sono battezzati devono essere maggiormente consapevoli del dono della fede che hanno ricevuto, devono imparare ad adorare il Padre in spirito e verità, e devono essere istruiti a vivere la novità della vita cristiana nella giustizia e nella santità della verità (cfr. GE 2).

Questi sono chiaramente gli obiettivi fondamentali dell'educazione cattolica: la loro cura e promozione conferisce senso alla scuola cattolica e descrive precisamente la dignità della vocazione degli educatori cattolici.

Si tratta dunque di comunicare soprattutto Cristo e di trasmettere la sua Buona Novella facendola radicare nei cuori dei fedeli. Pertanto siate forti nel perseguire questi obiettivi. La causa dell'educazione cattolica è la causa di Gesù Cristo e del suo Vangelo al servizio dell'uomo.

Siate anche certi della solidarietà dell'intera Chiesa e della grazia sostenitrice di Nostro Signore Gesù Cristo. Nel suo nome vi imparto la mia benedizione apostolica: nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.

Amen.

Data: 1979-04-16

Data estesa: Lunedì 16 Aprile 1979.







A sacerdoti di Bologna - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Autenticità e servizio: carismi del sacerdozio

Testo: Signor Cardinale.

1. L'incontro di stamani è allietato da questi giovani Sacerdoti della sua arcidiocesi, ai quali Ella ha imposto le mani nel corso dell'ultimo decennio. Mi pare di leggere sul suo volto il legittimo orgoglio di un padre che si vede attorniato da una numerosa e forte corona di figli, sui quali egli sa di poter contare per l'oggi e per il domani. A Lei dunque, Signor Cardinale, ed a questi suoi Sacerdoti vada il mio saluto cordiale con un aperto e sincero benvenuto.

E' sempre per me motivo di gioia tutta speciale il potermi intrattenere con i Sacerdoti, perché con essi mi pare di poter entrare immediatamente in sintonia a motivo degli ideali, delle speranze, delle esperienze lieti e tristi, in una parola, della vocazione che, per provvidenziale disposizione divina, ci accomuna. Il desiderio spontaneo, che provo in questi casi, sarebbe quello di mettermi in ascolto dei problemi di ognuno, di porre domande circa le iniziative apostoliche, le difficoltà incontrate, i risultati ottenuti, i progetti per il futuro. Vorrei poi poter discorrere, in fraterna comunione di Spirito, del mistero dell'elezione divina, della grandezza della missione a cui siamo chiamati, delle responsabilità formidabili di cui siamo portatori. Discorrerne per ravvivare in noi la coscienza del ruolo insostituibile, che il sacerdozio ministeriale deve svolgere a servizio del Popolo di Dio.

Ho affidato alcuni pensieri su questa nostra fondamentale funzione ecclesiale alla Lettera, che ho indirizzato a tutti i Sacerdoti in occasione della recente celebrazione liturgica del Giovedì Santo. Confido che essa sia stata accolta da voi, figli carissimi, con la medesima apertura di cuore con cui io l'ho scritta; e mi auguro che su di essa si soffermi la vostra riflessione attenta, intelligente, disponibile, così che sia per ciascuno di conforto e di sprone a perseverare gioiosamente nella donazione di se stesso a Cristo ed alla Chiesa.

Qui vorrei soltanto annotare come due siano le esigenze particolarmente avvertite dal clero, soprattutto da quello giovane: l'esigenza dell'autenticità e quella della vicinanza all'uomo del nostro tempo. Sono due esigenze degne di grande considerazione, perché esprimono una sincera volontà di coerenza con la propria missione.

Scorrendo il testo della Lettera menzionata, avrete trovato che ho indicato nella conformazione a Cristo "buon Pastore" il più valido criterio di autenticità sacerdotale e nell'impegno di offrire agli altri la testimonianza di una personalità sacerdotale che sia per tutti "un chiaro e limpido segno ed una indicazione" ("Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979", 5 e 7), il modo più efficace di attuare una presenza "significativa" tra gli uomini d'oggi. Non è, infatti, cedendo alle suggestioni di una facile laicizzazione, che si esprima o nell'abbandono dell'abito ecclesiastico o nell'assimilazione di abitudini mondane o nell'assunzione di un mestiere profano, non è così che si avvicina efficacemente l'uomo d'oggi. Tale assimilazione potrebbe forse, a prima vista, dare l'impressione di una immediatezza di contatti; ma a che cosa varrebbe, se essa dovesse essere "pagata" con la perdita della specifica carica evangelizzatrice e santificatrice, che fa del Sacerdote il sale della terra e la luce del mondo? Il rischio che il sale diventi scipito o che la luce sia soffocata è già chiaramente ipotizzato da Gesù nel Vangelo (cfr. Mt 5,13-16). A che servirebbe un Sacerdote così "assimilato" al mondo da diventarne parte mimetizzata e non più fermento trasformatore? Sono queste - ne sono certo - anche le vostre convinzioni; ed è per questo che il poter contemplare un gruppo così bello e così promettente di giovani Sacerdoti, stretti intorno al loro Vescovo, mi riempie l'anima di contentezza. Nel rinnovarvi, pertanto, il ringraziamento per questa vostra visita, nella quale leggo l'attestazione di un'intensa volontà di comunione sempre più stretta col successore di Pietro, vi assicuro volentieri di uno speciale ricordo presso l'Altare del Signore, e nel suo Nome a tutti dono la mia paterna benedizione apostolica, estensibile alle vostre famiglie e alle anime affidate al vostro generoso ministero.

Data: 1979-04-19

Data estesa: Giovedì 19 Aprile 1979.





Messaggio per XVI Giornata Mondiale delle vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pregare, chiamare, rispondere: i tre cardini della vocazione

Testo: Carissimi Fratelli nell'Episcopato, Carissimi figli e figlie di tutto il mondo! E' la prima volta che il nuovo Papa si rivolge a voi in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni.

Innanzitutto il mio e vostro ricordo affettuoso, pieno di riconoscenza, vada al compianto Papa Paolo VI. Riconoscenza, perché egli, durante il Concilio, ha istituito questa Giornata di preghiera per tutte le vocazioni di speciale consacrazione a Dio e alla Chiesa. Riconoscenza, perché ogni anno, per quindici anni, egli ha illuminato questa Giornata con la sua parola di Maestro e ci ha incoraggiati con il suo cuore di Pastore.

Seguendo il suo esempio, ora mi rivolgo a voi in questa sedicesima Giornata Mondiale per confidarvi alcune cose che mi stanno molto a cuore, quasi tre parole d'ordine: pregare - chiamare - rispondere.

1. Prima di tutto, pregare. E' certamente grande lo scopo per cui dobbiamo pregare, se Cristo stesso ci ha comandato di farlo: "Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). Sia questa Giornata una pubblica testimonianza di fede e di obbedienza al comando del Signore. Celebratela dunque nelle vostre cattedrali: il Vescovo insieme al clero, i religiosi, le religiose, i missionari, gli aspiranti al sacerdozio e alla vita consacrata, il popolo, i giovani, molti giovani. Celebratela nelle parrocchie, nelle comunità, nei santuari, nei collegi e nei luoghi dove sono persone che soffrono. Si innalzi in ogni parte del mondo questo assalto al cielo, per chiedere al Padre ciò che Cristo ha voluto che noi domandiamo.

Sia una Giornata piena di speranza. Ci trovi riuniti, come in un cenacolo universale: "Perseveravano concordi nella preghiera... con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14), nell'attesa fiduciosa dei doni dello Spirito Santo.

Infatti, sull'altare del sacrificio eucaristico, attorno al quale ci stringiamo pregando, c'è lo stesso Cristo che prega con noi e per noi e ci assicura che otterremo ciò che chiediamo: "Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,19ss).

Noi siamo molti riuniti nel suo nome e chiediamo soltanto ciò che lui vuole. Di fronte alla sua solenne promessa, com'è possibile non pregare con animo pieno di speranza? Sia questa Giornata un centro di irradiazione spirituale. La nostra preghiera si diffonda e continui nelle chiese, nelle comunità, nelle famiglie, nei cuori credenti, come in un monastero invisibile, da cui salga al Signore una invocazione perenne.


2. Chiamare. Vorrei rivolgermi ora o voi, Fratelli nell'Episcopato, ai vostri cooperatori nel sacerdozio, per confortarvi e incoraggiarvi nel ministero che già state lodevolmente compiendo. Siamo fedeli al Concilio che ha esortato i Vescovi a "coltivare con tutte le forze, "quam maxime", le vocazioni sacerdotali e religiose, con speciale cura verso le vocazioni missionarie" (CD 15).

Cristo, che ha comandato di pregare per gli operai della messe, li ha anche personalmente chiamati. Le sue parole di chiamata sono conservate nel tesoro del Vangelo: "Venite dietro a me e vi faro pescatori di uomini" (Mt 4,19). "Vieni e seguimi" (Mt 19,21). "Se uno mi vuol servire, mi segua" (Jn 12,26). Queste parole di chiamata sono affidate al nostro ministero apostolico e noi dobbiamo farle ascoltare, come le altre parole del Vangelo, "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). E' volontà di Cristo che le facciamo ascoltare. Il Popolo di Dio ha diritto di ascoltarle da noi.

Gli ammirevoli programmi pastorali delle singole Chiese, le Opere delle vocazioni che, secondo il Concilio, devono disporre e promuovere tutta l'attività pastorale per le vocazioni (cfr. "Optatiam Totius", 2) aprono la strada, preparano il buon terreno alla grazia del Signore. Dio è sempre libero di chiamare chi vuole e quando vuole, secondo la "straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ep 2,7). Ma ordinariamente egli chiama per mezzo delle nostre persone e della nostra parola. Dunque, non abbiate paura di chiamare. Scendete in mezzo ai vostri giovani. Andate personalmente incontro ad essi e chiamate. I cuori di molti giovani, e meno giovani, sono predisposti ad ascoltarvi. Molti di essi cercano uno scopo per cui vivere; sono in attesa di scoprire una missione che vale, per consacrare ad essa la vita. Cristo li ha sintonizzati sul suo e sul vostro appello. Noi dobbiamo chiamare. Il resto lo farà il Signore, che offre a ciascuno il suo dono particolare, secondo la grazia che gli è stata data (cfr. 1Co 7,7 Rm 12,6).

Compiamo questo ministero con larghezza di cuore. Apriamo il nostro animo, come vuole il Concilio, "oltre i confini delle singole diocesi, nazioni, famiglie religiose o riti, e, guardando alle necessità della Chiesa universale, portiamo aiuto specialmente a quelle regioni dove più urgente è la richiesta di operai per la vigna del Signore" ("Optatiam Totius", 2). Ciò che ho detto ai Vescovi e ai loro cooperatori nell'ordine sacerdotale vorrei dirlo anche alle Superiore e ai Superiori Religiosi, ai Moderatori di Istituti Secolari, ai responsabili della vita missionaria, affinché ognuno svolga la sua parte, secondo le proprie responsabilità, in vista del bene generale della Chiesa.


3. Rispondere. Parlo in modo particolare a voi, giovani. Anzi, vorrei parlare con voi, con ognuno di voi. Mi siete molto cari e ho grande fiducia in voi. Vi ho chiamati speranza della Chiesa e mia speranza.

Ricordiamo alcune cose insieme. Nel tesoro del Vangelo sono conservate le belle risposte date al Signore che chiamava. Quella di Pietro e di Andrea suo fratello: "Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono" (Mt 4,20). Quella del pubblicano Levi: "Ed egli lasciando tutto, si alzo e lo segui" (Lc 5,28). Quella degli Apostoli: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Quella di Saulo: "Che cosa devo fare, Signore?" (Ac 22,10). Dai tempi del primo annuncio del Vangelo fino ai nostri tempi un numero grandissimo di uomini e donne hanno dato la loro personale risposta, la loro libera e cosciente risposta a Cristo che chiama. Hanno scelto il sacerdozio, la vita religiosa, la vita missionaria, come scopo e ideale dell'esistenza. Hanno servito il Popolo di Dio e l'umanità, con fede, con intelligenza, con coraggio, con amore. Adesso, è la vostra ora. Tocca a voi rispondere. Avete forse paura? Allora ragioniamo insieme, alla luce della fede. La nostra vita è dono di Dio. Dobbiamo farne qualcosa di buono. Ci sono molti modi per spendere bene la vita, impegnandola a servizio di ideali umani e cristiani. Se oggi vi parlo di consacrazione totale a Dio nel sacerdozio, nella vita religiosa, nella vita missionaria, è perché Cristo chiama a questa straordinaria avventura molti fra voi. Egli ha bisogno, vuole avere bisogno delle vostre persone, della vostra intelligenza, delle vostre energie, della vostra fede, del vostro amore, della vostra santità. Se è al sacerdozio che Cristo vi chiama, è perché egli vuole esercitare il suo sacerdozio attraverso la vostra consacrazione e missione sacerdotale. Vuole parlare agli uomini d'oggi con la vostra voce. Consacrare l'Eucaristia e perdonare i peccati per mezzo di voi. Amare con il vostro cuore.

Aiutare con le vostre mani. Salvare con le vostre fatiche. Pensateci bene. La risposta che molti di voi possono dare è rivolta personalmente a Cristo, che vi chiama a queste grandi cose.

Troverete delle difficoltà. Pensate forse che io non le conosca? Vi dico che l'amore vince ogni difficoltà. La vera risposta ad ogni vocazione è opera di amore. La risposta alla vocazione sacerdotale, religiosa, missionaria può sorgere soltanto da un profondo amore a Cristo. Questa forza di amore ve la offre lui stesso, come dono che si aggiunge al dono della sua chiamata e rende possibile la vostra risposta. Abbiate fiducia in "Colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20). E, se potete, donate con gioia, senza paura, la vostra vita a lui, che per primo ha dato la sua per voi.

Per questo vi esorto a pregare così: "Signore Gesù, che hai chiamato chi hai voluto, chiama molti di noi a lavorare per te, a lavorare con te. Tu, che hai illuminato con la tua parola quelli che hai chiamati, illuminaci col dono della fede in te. Tu, che li hai sostenuti nelle difficoltà, aiutaci a vincere le nostre difficoltà di giovani d'oggi. E se chiami qualcuno di noi, per consacrarlo tutto a te, il tuo amore riscaldi questa vocazione fin dal suo nascere e la faccia crescere e perseverare sino alla fine. così sia".

Mentre affido questi voti e questa preghiera alla potente intercessione di Maria santissima, Regina degli Apostoli, con la speranza che i chiamati sappiano discernere e seguire generosamente la voce del divino Maestro, invoco su di voi, carissimi Fratelli nell'Episcopato, e su voi, dilettissimi figli e figlie della Chiesa intera, i doni di pace e di serenità del Redentore e vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-01-06

Data estesa: Sabato 6 Gennaio 1979.





Ad alcuni sacerdoti di Milano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le componenti essenziali del sacerdozio cattolico

Testo: Carissimi Sacerdoti di Milano! Celebrando il 25° anniversario della vostra Ordinazione Sacerdotale, avete voluto solennizzarlo con un incontro personale col Papa, di ritorno da un devoto pellegrinaggio in Polonia, nella mia amatissima terra natale, presso il Santuario mariano di Czestochowa.

Ed io vi ringrazio sentitamente di questa vostra filiale devozione, e con affetto profondo e sincero vi accolgo e a tutti porgo il mio saluto; anzi vi abbraccio con tutto l'amore che deve sgorgare dal nostro comune Sacerdozio e dalla mia missione di Padre universale. Siate dunque i benvenuti, voi Superiori che provenite da Milano, città celebre in tutto il mondo per la sua storia avventurosa e per la sua intelligente laboriosità; diocesi di grandi Vescovi, di santi sacerdoti, di laici impegnati; terra di ministero pastorale solerte e premuroso del mio venerato predecessore Paolo VI! Siate benvenuti, voi che siete stati pellegrini nella mia Patria, dove le lunghe e dolorose vicende storiche si intrecciano ad una fede cristiana sempre sentita e vissuta! Ma siate benvenuti soprattutto voi Sacerdoti che celebrate il giubileo sacerdotale! Venticinque anni di Sacerdozio sono tanti! Sono una mistica e preziosa cattedrale costruita con oltre diecimila Sante Messe celebrate, con migliaia e migliaia di assoluzioni impartite, con innumerevoli Matrimoni, Unzioni degli Infermi amministrati per mezzo dei divini poteri conferiti da Gesù stesso per il tramite degli Apostoli e mediante l'aurea catena della imposizione delle mani! Che cosa possiamo fare se non ringraziare e ripetere col Salmista: "Misericordias Domini in aeternum cantabo" (Ps 88,2)? Venticinque anni di Sacerdozio significano anche un periodo di lunga esperienza e di concreta riflessione sulla vera identità del Sacerdote. Dopo tanti anni di operoso ministero nella vigna e nella messe del Signore, "dopo aver sopportato il peso della giornata e il caldo" (Mt 20,12), si possono ricavare più facilmente le componenti essenziali del Sacerdozio Cattolico, a nostra conferma per perseverare e ad insegnamento di tutti i confratelli.

1. La nostra forza interiore sta nella vocazione.

Siamo stati chiamati! Questa è la verità fondamentale che deve infonderci coraggio e letizia! Gesù stesso disse agli Apostoli: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16). E l'autore della Lettera agli Ebrei ammonisce: "Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio!" (He 5,4). La chiamata è stata dapprima interiore: misteriosa, causata da vari motivi; ma poi, dopo la lunga e necessaria preparazione nel Seminario, sotto la direzione di Superiori oculati e responsabili, è diventata ufficiale, garantita, quando la Chiesa ci ha chiamati e ci ha consacrati per mezzo del Vescovo.

Nessuno infatti oserebbe diventare ministro di Cristo, in continuo contatto con l'Altissimo! Nessuno avrebbe il coraggio di caricarsi il peso delle coscienze e di accettare così una sacra e mistica solitudine! La chiamata ci dà la forza di essere con costanza e fedeltà ciò che siamo: nei momenti di serenità, ma soprattutto nei momenti di crisi e di sconforto, diciamo a noi stessi: "Coraggio! Sono stato chiamato! "Ecce ego, mitte me"" (Is 6,8).


2. La nostra gioia è l'Eucaristia.

Ricordiamo le parole del Divin Maestro agli apostoli: "Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre, l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,15).

Il Sacerdote è prima di tutto per l'Eucaristia e vive dell'Eucaristia.

Noi possiamo "consacrare" e incontrare personalmente il Cristo col divino potere della "transustanziazione"; noi possiamo comunicarci di Gesù, vivo, vero, reale; noi possiamo distribuire alle anime il Verbo, incarnato, morto e risorto per la salvezza del mondo! Ogni giorno noi siamo in udienza privata con Gesù! Perciò fate sempre della Santa Messa il centro propulsore della giornata, l'incontro personale con Colui che è l'unica e vera nostra gioia; un'adeguata preparazione e un congruo ringraziamento sono quindi assolutamente necessari ad ogni Santa Messa, per poter gustare la gioia del Sacerdozio.


3. Infine la nostra preoccupazione deve essere l'amore e il servizio delle anime, nel posto che la Provvidenza ci ha assegnato mediante i Superiori. In qualunque luogo ci troviamo, nelle turbinose parrocchie delle metropoli come negli sperduti paesi delle montagne, ci sono sempre persone da amare, da servire, da salvare; c'è sempre da meditare su quelle consolanti parole che segneranno il nostro eterno destino: "Bene, servo buono e fedele, poiché sei stato fedele nel poco, vieni e prendi parte alla gioia del tuo Signore!" (Mt 25,23). Queste mie parole vi accompagnino come ricordo del vostro 25°, mentre vi chiedo di pregare per me, per tutti i Sacerdoti e affinché il Signore susciti numerose vocazioni.

Vi assista, vi illumini vi conforti Maria Santissima, alla quale mi rivolgo con le stesse parole pronunciate da Paolo VI alla ripresa del Concilio Vaticano II: "O Maria, guarda noi tuoi figli, guarda noi, fratelli e discepoli e apostoli e continuatori di Gesù: fa' che siamo coscienti della nostra vocazione e della nostra missione; fa' che siamo non indegni di assumere nel nostro sacerdozio, nella nostra parola, nell'oblazione della nostra vita per i fedeli a noi affidati, la rappresentanza, la personificazione di Cristo. Tu, o piena di grazia, fa' che il sacerdozio, che Te onora, sia anch'esso santo e immacolato!" (Paolo VI, "Discorso", 11 ottobre 1963).

E rimanga sempre con voi la mia confortatrice benedizione!

Data: 1979-04-21

Data estesa: Sabato 21 Aprile 1979.





A un gruppo di neo diaconi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Obbedienza e gioia nello spirito del diaconato

Testo: Amatissimi Diaconi.

Nella lunga storia della Chiesa a Roma non è infrequente costatare la presenza di diaconi affiancati al Papa nel suo ministero, vederli al suo fianco.

Questa mattina sono particolarmente felice di essere circondato da diaconi, poiché il nostro rapporto - la nostra comunione ecclesiale - ha la sua più alta espressione nel santo Sacrificio Eucaristico.

La nostra gioia - vostra e mia - è accresciuta dalla presenza dei vostri genitori e congiunti. Tutti noi siamo riuniti per celebrare il Mistero Pasquale e per vivere l'amore di Gesù. Il suo è un amore sacrificale: un amore che lo ha spinto a consegnare la sua vita per il suo popolo e a riprenderla di nuovo. Il suo amore sacrificale si è manifestato con grande generosità nella vita dei vostri genitori, ed è giusto che in questo giorno essi vivano un momento eccezionale di serenità, soddisfazione e giusto orgoglio.

Commemorando la Risurrezione del Signore Gesù, vogliamo ricordare le sue varie apparizioni segnalate negli Atti degli Apostoli: la sua apparizione a Maria Maddalena, ai due discepoli, agli Undici Apostoli. Rinnoviamo la nostra fede - la nostra fede cattolica - e gioiamo ed esultiamo perché il Signore è veramente risorto, alleluia! Oggi più che mai siamo coscienti di cosa significhi essere un popolo di Pasqua e poter cantare l'inno dell'"alleluia" come nostro canto.

L'avvenimento della Pasqua, la Risurrezione fisica di Cristo, pervade la vita intera della Chiesa. Essa dona forza ai cristiani in ogni luogo, per ogni evento della vita. Ci rende sensibili verso l'umanità con tutti i suoi limiti, le sue sofferenze ed esigenze. La Risurrezione ha il grandioso potere di liberare, sollevare, procurare giustizia, santità e gioia.

Ma per voi, Diaconi, questa mattina si annuncia un messaggio particolare. Con la vostra ordinazione sacramentale voi siete stati associati in modo particolare al Vangelo del Cristo Risorto. Siete stati incaricati di rendere un servizio speciale, diaconia, nel nome di Cristo Risorto. Durante la cerimonia dell'ordinazione il Vescovo ha detto a ciascuno di voi: "Ricevi il Vangelo di Cristo, di cui ora diventi araldo. Credi a ciò che leggi, insegna ciò in cui credi, pratica ciò che insegni". In questo modo siete stati chiamati a prendervi a cuore le parole degli Atti degli Apostoli. Come diaconi siete stati associati a Pietro e Giovanni e a tutti gli Apostoli. Voi sostenete il ministero apostolico ed avete parte alla sua proclamazione. Come gli Apostoli voi pure dovete sentire l'urgenza di proclamare in parole ed opere la Risurrezione del Signore Gesù. Anche voi dovete sentire l'esigenza di fare del bene, di servire nel nome di Gesù crocifisso e risorto, e di portare la parola di Dio dentro la vita del suo popolo santo.

Nella prima lettura di oggi gli Apostoli dicono: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato". Voi siete chiamati, in obbedienza alla fede, a proclamare, sulla base della loro testimonianza - sulla base di quanto è stato proclamato nella Chiesa sotto la guida dello Spirito Santo - il grande mistero del Signore Risorto, che nel momento della sua Risurrezione comunica la vita a tutti i suoi fratelli perché egli comunica la sua vittoria sul peccato e sulla morte. Ricordate che gli Apostoli, a causa della loro proclamazione della Risurrezione divennero monito e sfida per molti.

Essi furono diffidati di non parlare più nel nome di Gesù Risorto. Ma la loro risposta fu limpida e pronta: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire più a voi che a lui, giudicatelo voi stessi". E in questa obbedienza a Dio essi trovarono la suprema ragione della gioia pasquale.

Lo stesso accade a voi, nuovi diaconi di questo periodo pasquale. In quanto associati ai Vescovi e ai sacerdoti della Chiesa, la vostra discepolanza sarà segnata da queste due caratteristiche: obbedienza e letizia. Ciascuno, nel suo proprio modo, rivelerà l'autenticità della propria vita. La vostra capacità di annunciare il Vangelo dipenderà dalla vostra coerenza alla fede degli Apostoli.

L'efficacia della vostra diaconia sarà misurata dalla fedeltà della vostra obbedienza al mandato della Chiesa. E' Cristo Risorto che vi ha chiamato ed è la sua Chiesa che vi manda a proclamare il messaggio trasmesso dagli Apostoli. Ed è la Chiesa che dà autenticità al vostro ministero. Abbiate fiducia che la forza autentica del Vangelo che proclamate vi riempirà di una letizia sublime: gioia sacrificale, certamente, ma gioia che trasforma per essere intimamente associati a Gesù Risorto nella sua trionfante missione di salvezza. Tutti i discepoli di Gesù, e voi diaconi a titolo speciale, sono chiamati a condividere la grande gioia della Pasqua sperimentata dalla Madre Santa. Nella Risurrezione di suo Figlio, noi vediamo Maria, "Mater plena sanctae laetitiae", divenire per tutti noi "Causa nostrae laetitiae". Obbedienza e letizia sono dunque le vere espressioni del vostro essere discepoli. Sono pure condizioni per il vostro ministero effettivo ed allo stesso tempo, sono doni della grazia di Dio, conseguenze del grande mistero della Risurrezione che proclamate.

Cari Diaconi, vi parlo come a figli, fratelli ed amici. Questo è un giorno di gioia particolare. Ma facciamo che sia anche un giorno di particolari decisioni. Alla presenza del Papa, sotto lo sguardo degli Apostoli Pietro e Paolo, in compagnia di Stefano, davanti alla testimonianza dei vostri genitori, ed in comunione con la Chiesa universale, rinnovate ancora una volta la vostra consacrazione ecclesiale a Gesù Cristo, che servite e il cui messaggio di salvezza siete chiamati a diffondere in tutta la sua integrità e purezza, con tutte le sue esigenze e in tutta la sua forza. E sappiate che è con con immenso amore che ripeto a voi e ai vostri confratelli diaconi di tutta la Chiesa, le parole del Vangelo di questa mattina, le parole di Nostro Signore Gesù Cristo: "Andate in tutto il mondo, proclamate la Buona Novella a tutte le creature".

Questo è il significato del vostro ministero. Questo sarà anche il vostro più grande servizio per l'umanità. Questa è la vostra risposta all'amore di Dio. Amen.

Data: 1979-04-21

Data estesa: Sabato 21 Aprile 1979.





A giovani diaconi tedeschi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimonianza e servizio al Popolo di Dio

Testo: Eccellenza Reverendissima, Egregio Signor Regens, cari Diaconi! Vi saluto cordialmente nella gioia dell'ottava di Pasqua, in questo breve incontro. La pace del Signore risorto sia con tutti voi! Il vostro desiderio di fare una visita al Vescovo di Roma, durante il vostro soggiorno in questa città, rafforza la vostra fede nella sua missione universale per la Chiesa tutta. A lui spetta oggi, come successore di Pietro, il primo coraggioso testimone della Risurrezione di Cristo, il compito di confermare i fratelli nella fede (cfr. Lc 22,31ss).

A questo compito desidero chiamare ora voi con particolare gioia ed incoraggiarvi, come diaconi, nella vostra chiamata e nella vostra strada al sacerdozio. E' qualcosa di veramente grande essere chiamati da Dio ad una stretta partecipazione alla missione di salvezza di suo Figlio per la redenzione dell'uomo. La grazia della chiamata al sacerdozio è, come ho brevemente sottolineato nella mia lettera ai sacerdoti, "la più grande misericordia dello Spirito Santo" ("Lettera a tutti i Sacerdoti della Chiesa in occasione del Giovedì Santo", 8 aprile 1979, 2). E' un tesoro prezioso che noi portiamo in fragili recipienti e perciò deve essere maggiormente e più accuratamente custodito.

Afferrate questo dono con entrambe le mani, senza indugi e riserve, con totale disponibilità per il servizio al Popolo di Dio, con amore coraggioso e pronto al sacrificio per Cristo e per la sua Chiesa.

Fin dall'inizio - vi consegno ancora qualche parola della lettera già nominata - siate convinti di questo preparatevi coscienziosamente perché: "infine, gli uomini si rivolgono sempre e solo al sacerdote che è cosciente pienamente del suo sacerdozio, al sacerdote pienamente credente, che coraggiosamente dichiara la sua fede, prega con devozione, insegna con convinzione, serve e realizza nella sua vita la dottrina delle beatitudini, sa vivere in modo altruista ed è vicino a tutti, in particolare a coloro che si trovano maggiormente nel bisogno" ("Lettera a tutti i Sacerdoti della Chiesa, in occasione del Giovedì Santo", 8 aprile 1979, 7).

La mia particolare preghiera per voi e il mio augurio per il vostro Vescovo e la vostra diocesi, è che per ognuno di voi il sacerdozio sia così ricco per la grazia di Dio e per il vostro impegno personale.

L'esempio convincente di un buon sacerdote sarà anche il mezzo più efficace per nuove vocazioni sacerdotali. Per questo imparto di cuore a voi tutti, per grazia di Cristo, il Risorto ed Eterno Sacerdote, la benedizione apostolica.

Data: 1979-04-21

Data estesa: Sabato 21 Aprile 1979.


GPII 1979 Insegnamenti - All'Associazione Statunitense della Scuola Cattolica - Città del Vaticano (Roma)