GPII 1979 Insegnamenti - Al pellegrinaggio nazionale croato - Città del Vaticano (Roma)

Al pellegrinaggio nazionale croato - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tredici secoli di storia croata nella fedeltà della Chiesa

Testo: Cari fratelli nell'Episcopato, cari sacerdoti, religiosi e religiose, cari figli e figlie della "sempre fedele" Croazia! La grazia e la pace di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo sia con voi" (cfr. Ga 1,3). "Con le braccia aperte vi stringo a me e con amore paterno vi accolgo" (Papa Giovanni VIII, "Lettera al popolo e al clero croato": Mansi, "Sacrorum Conciliorum Collectio", XVII. 126) qui, sulla Tomba di san Pietro, in occasione dell'anniversario significativo della professione di fedeltà dei Croati alla Santa Sede, che è nello stesso tempo il ricordo della benevolenza paterna dei Successori di san Pietro verso di voi.

Molti sono i motivi che giustificano questa nostra comune gioia, come ha ben detto nel suo discorso il mio fratello nell'Episcopato, arcivescovo Franjo Kuharic.

Veramente, in questo incontro sulla tomba di san Pietro sembra si sia concentrata tutta la vostra storia di oltre tredici secoli, e in modo speciale i grandi avvenimenti della vita della vostra Chiesa, sin da quando, al tempo del Battesimo del vostro popolo, essa entro nel grembo della Chiesa Romana, che è "capo e maestra di tutte le Chiese" (Papa Giovanni VIII, "Lettere al Vescovo Teodosio: Mansi, "Sacrorum Conciliorum Collectio, XVII, 124). Vi ricordate della "Croazia Bianca", vostra terra d'origine che si trova proprio là dove si trova la mia patria? Sento presente la vostra bella e cara nazione, tutto il vostro popolo entro e fuori i confini della vostra Patria, le vostre antiche e nuove fedeltà, le vostre ansie. Qui è presente il ricordo dei vostri antenati, dei vostri principi e re cristiani, dei vostri vescovi e sacerdoti, della vostra lingua liturgica paleocroata, delle vostre meravigliose chiese, e in modo speciale dei vostri santuari mariani.

Intanto, oggi ricordiamo specialmente i rapporti della Croazia con la Santa Sede, così chiaramente espressi nelle lettere di Papa Giovanni VIII al principe Branimiro, al clero e popolo croato, e al vescovo Teodosio. Questo avveniva precisamente undici secoli fa. Gli avvenimenti di allora rallegravano il cuore del successore di Pietro, ed erano decisivi per la storia futura del popolo croato e della Chiesa, per la vostra fede, cultura e indipendenza politica.

Avendo dinanzi agli occhi il ricco e plurisecolare passato del vostro popolo, mi sembra di poter sottolineare questi tre suoi momenti straordinari: Primo: la fedeltà a Gesù Cristo e al Vangelo, fedeltà che i vostri antenati seppero testimoniare con il fervore e lo spirito dei martiri nella secolare lotta "per la nobile Croce e la libertà d'oro".

Secondo: l'amore e l'adesione dei Croati alla Chiesa Romana, alla Cattedra di san Pietro. Questa Chiesa è veramente stata vostra Madre, alla cui dottrina santa i vostri antenati si sono dissetati come "ad una sorgente limpidissima" (Papa Giovanni VIII, "Lettera al principe croato Branimiro": Mansi, "Sacrorum Conciliorum Collectio", XVII, 125).

Terzo: l'amore, la fedeltà e la devozione dei Croati verso Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, che voi di cuore invocate "Regina dei Croati" e filialmente onorate nei vostri santuari.

Questa vostra triplice fedeltà voi anche oggi confermate come "Grande Voto" di fedeltà a Gesù, alla Chiesa e alla Madre di Dio, particolarmente dopo le solennità giubilari a Marija Bistrica, a Solin e a Biskupija. Siate fedeli, siate costanti, siate orgogliosi del vostro nome cristiano! Mentre oggi innalzo le mie mani per benedire voi presenti, tutto il vostro popolo e tutta la vostra terra, prego il Signore che custodisca la vostra fede, ed imploro la Madre di Dio affinché sempre e ovunque sia la "vostra validissima avvocata". Estendo la mia benedizione ai vostri vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, affinché, fedeli alla propria vocazione, siano di esempio a tutti, non deviino (Papa Giovanni VIII, "Lettera al vescovo Teodosio": Mansi, "Sacrorum Conciliorum Collectio", XVII, 124), ma annuncino il Vangelo di Cristo come gioioso messaggio di salvezza, di verità, di amore e di concordia.

Benedico tutti voi presenti, le vostre famiglie, i giovani e i vecchi, i lavoratori e gli intellettuali, e vi prego: rimanete fedeli a Dio e a Pietro, coltivate il buono spirito di famiglia, rispettate la vita, educate una gioventù sempre più numerosa e conservate la bella tradizione della preghiera di famiglia.

Mi rivolgo soprattutto a voi, giovani fedeli: conoscete e amate Gesù Cristo, unico Redentore dell'uomo, e siate fieri del vostro nome cristiano.

Benedico paternamente anche i numerosi operai, venuti da altre terre.

Sono a conoscenza delle preoccupazioni e delle difficoltà dei lavoratori, perciò vi esorto a non dimenticare mai la vostra fede e ad amare il vostro focolare familiare, la vostra Chiesa e la vostra Patria.

Miei cari Croati! Vi ringrazio per questo incontro, per questa espressione di fedeltà rinnovata.

Come una volta Papa Giovanni VIII, così oggi mi rallegro anch'io per la vostra fede, per il vostro affetto, per la vostra fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.

Il Papa vi ama.

Il Papa vi abbraccia e vi accoglie.

Il Papa vi benedice! Amen! Data: 1979-04-30

Data estesa: Lunedì 30 Aprile 1979.





Omelia al Santuario mariano del Divino Amore - Roma

Titolo: Maria, Madre della Chiesa per virtù del Divino Amore

Testo: Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle, in unione di fede e di preghiera sotto la sguardo della Vergine santissima del Divino Amore, la quale da questo suggestivo Santuario, che è il cuore della devozione mariana della diocesi di Roma e dintorni, vigila maternamente su tutti i fedeli, che si affidano alla sua protezione e alla sua custodia nel loro pellegrinaggio quaggiù in terra.

1. In questo primo giorno del mese di maggio, insieme con tutti voi, anch'io ho voluto venire in pellegrinaggio in questo luogo benedetto per inginocchiarmi ai piedi della Immagine miracolosa, che da secoli non cessa di dispensare grazie e conforto spirituale, e per dare così solenne inizio al mese mariano, che nella pietà popolare trova espressioni quanto mai gentili di venerazione e di affetto verso la Madre nostra dolcissima. La tradizione cristiana che ci fa offrire fiori, "fioretti" e pii propositi alla Tuttabella e alla Tuttasanta trovi in questo Santuario, che sorge nel bel mezzo della campagna romana, ricca di luce e di verde, il punto ideale di riferimento in questo mese a lei consacrato. Tanto più che la sua Immagine, raffigurata seduta in trono, con in braccio Gesù Bambino, e con la colomba discendente su di lei quale simbolo dello Spirito Santo, che è appunto il Divino Amore, ci richiama alla mente i vincoli dolci e puri che uniscono la Vergine Maria allo Spirito Santo e al Signore Gesù, Fiore sbocciato dal suo grembo, nell'opera della nostra redenzione: quadro mirabile già contemplato, in una lirica invocazione, dal sommo Poeta italiano, quand'egli fa esclamare a san Bernardo: "Nel ventre tuo si riaccese l'Amore / per lo cui caldo ne l'eterna pace / così è germinato questo Fiore" (Dante, "Paradiso", XXXIII,7-9).


2. In questa temperie spirituale di pietà mariana, si celebra la prossima domenica la giornata di preghiere per le vocazioni ecclesiastiche, siano esse sacerdotali che semplicemente religiose: giornata a cui la Chiesa dà grande importanza, in un momento in cui il problema delle vocazioni è al centro delle più vive preoccupazioni e sollecitudini della pastorale ecclesiale. Non vi dispiaccia di mettere questa intenzione nelle vostre preghiere durante tutto il mese di maggio.

Il mondo ha oggi più che mai bisogno di sacerdoti e religiosi, di suore, di anime consacrate per venire incontro agli immensi bisogni degli uomini: sono bambini e giovani, che attendono chi insegni loro la via della salvezza; sono, uomini e donne, a cui il pesante lavoro quotidiano fa sentire più acuto il bisogno di Dio; sono anziani, malati e sofferenti, che attendono chi si chini sulle loro tribolazioni e schiuda loro la speranza del cielo. E' un dovere del popolo cristiano domandare a Dio, per l'intercessione della Madonna, che mandi operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38), facendo ascoltare a tanti giovani la sua voce che stimoli la loro coscienza ai valori soprannaturali e faccia loro comprendere e valutare, in tutta la sua bellezza, il dono di tale chiamata.


3. Ma oltre a dare inizio al mese di maggio, sono venuto, come Vescovo di Roma, a visitare il centro parrocchiale, che all'ombra del Santuario svolge la sua attività pastorale in mezzo alle popolazioni circostanti sotto le direttive del Cardinale Poletti, mio Vicario Generale, del Vescovo Ausiliare, Monsignor Riva, e ad opera dello zelante Parroco, don Silla, dei vice-parroci e delle suore, Figlie della Madonna del Divino Amore.

Cari sacerdoti, conosco il vostro zelo e le difficoltà che incontrate nel lavoro apostolico a causa della distanza e dell'isolamento in cui si trovano le borgate e i casolari affidati alle vostre cure pastorali. Ma siate intrepidi nella fede e nella fedeltà al vostro ministero per sviluppare sempre più tra le anime il senso della parrocchia, come comunità di veri credenti; per incrementare la pastorale familiare, per cui una casa o gruppi di case diventino luogo di evangelizzazione, di catechesi e di promozione umana; e per dedicare la dovuta attenzione ai ragazzi e ai giovani, che rappresentano l'avvenire della Chiesa. In questo vostro sforzo, vi esprimo il mio incoraggiamento e vi esorto "in mezzo al Popolo di Dio, che guarda a Maria con immenso amore e speranza" a ricorrere nelle difficoltà "a lei con speranza e amore eccezionali. Difatti, voi dovete annunciare Cristo che è suo Figlio: e chi vi trasmetterà meglio la verità su di lui, se non sua Madre? Voi dovete nutrire i cuori umani con Cristo: e chi può rendervi più coscienti di ciò che fate, se non Colei che lo ha nutrito?" (Giovanni Paolo II, "Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo", n. 11).


4. Ho già parlato dell'attenzione che questa parrocchia dedica ai ragazzi: ebbene, proprio ai fanciulli che fra poco riceveranno il Sacramento della Cresima desidero rivolgere una parola di sincero affetto e di compiacimento per la preparazione che hanno fatto per ricevere degnamente il dono dello Spirito Santo, che nel giorno di Pentecoste fu mandato sugli Apostoli per essere in mezzo agli uomini testimoni intrepidi del Cristo e messaggeri valorosi della buona novella. Cari ragazzi, col Sacramento della Confermazione voi riceverete la virtù della fortezza, affinché non abbiate a indietreggiare davanti agli ostacoli che si frappongono sul sentiero della vostra vita cristiana. Ricordatevi che l'imposizione delle mani e il segno della croce col sacro crisma vi configureranno più perfettamente a Cristo e vi daranno la grazia e il mandato di spanderne tra gli uomini il suo "buon profumo" (2Co 2,15).


5. Ed ora, mentre ci apprestiamo a celebrare il sacrificio eucaristico, in cui salutiamo sull'altare il "vero corpo nato dalla Vergine Maria", non possiamo non risentire nel nostro animo le soavi espressioni della liturgia della Parola, le quali hanno esaltato Maria, come la "Sposa adorna per il suo sposo" (cfr. Ap 21,1-5), la "Donna" da cui è nato il Figlio di Dio (cfr. Ga 4,4-7) e, infine, la Genitrice del "Figlio dell'Altissimo" (cfr. Lc 1,26-38). Come vedete, la Madonna è legata a Gesù; è per Gesù; è Madre di Gesù; introduce Gesù nel mondo: ella è quindi al vertice delle sorti dell'umanità. E' lei che per virtù dello Spirito Santo, cioè del Divino Amore, rende Cristo nostro fratello con la sua divina maternità e come è Madre di Cristo nella carne, così lo è, per solidarietà spirituale, del Corpo mistico di Cristo, che siamo noi tutti; è Madre della Chiesa. Perciò mentre sale al Padre Celeste il sacrificio di lode, eleviamo alla nostra dolcissima Madre, davanti al suo Santuario, una preghiera che sgorga dal nostro cuore di figli devoti: Salve, o Madre, Regina del mondo.

Tu sei la Madre del bell'Amore, Tu sei la Madre di Gesù fonte di ogni grazia, il profumo di ogni virtù, lo specchio di ogni purezza.

Tu sei gioia nel pianto, vittoria nella battaglia, speranza nella morte.

Quale dolce sapore il tuo nome nella nostra bocca, quale soave armonia nelle nostre orecchie, quale ebbrezza nel nostro cuore! Tu sei la felicità dei sofferenti, la corona dei martiri, la bellezza delle vergini.

Ti supplichiamo, guidaci dopo questo esilio al possesso del tuo Figlio, Gesù.

Amen.

Data: 1979-05-01

Data estesa: Martedì 1 Maggio 1979.











Telegramma al Card. Ugo Poletti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Deplorazione per l'attentato di Roma

Testo: Appresa con profonda costernazione la notizia del nuovo gravissimo atto terroristico che ha colpito con vile premeditata ferocia tutori dell'ordine nell'adempimento del proprio dovere, mentre le esprimo la mia più accorata deplorazione per il ripetersi di tali manifestazioni di odio assurdo che tentano di scalzare le basi morali della corretta e civile convivenza, affido a lei, Signor Cardinale, il compito di recare ai familiari della vittima e dei feriti l'espressione della mia commossa partecipazione al loro dolore e alla loro trepidazione insieme con l'assicurazione di speciali fervide preghiere avvalorate dalla confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-05-04

Data estesa: Venerdì 4 Maggio 1979.





Ai Vescovi delle Antille in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità della Chiesa si manifesta nella nostra comunione d'amore

Testo: Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo, con affetto profondamente fraterno vi do oggi il benvenuto.

Come membri e osservatori della Conferenza Episcopale delle Antille vi siete riuniti sulla tomba dell'apostolo Pietro insieme al suo successore per celebrare la vostra unità in Cristo e nella Chiesa. Provenendo da una Conferenza al servizio di tante diverse nazioni e popoli dei Caraibi e del Continente, ritengo che siate in grado di meditare con particolare interesse il grande tema dell'unità della Chiesa. Credo pure che l'enfasi posta dal Concilio Vaticano II sul mistero della Chiesa come "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1) abbia un significato particolarmente profondo per tutti voi. E poiché riflettere su questa tematica è fonte di immensa gioia e insieme di forza pastorale, questa mattina ve la propongo, chiedendo allo Spirito Santo, per il cui potere la Chiesa è unificata nella comunione ecclesiale e nel suo ministero (cfr. LG 4) di infondervi la grazia per cui Cristo ha pregato: che noi possiamo essere "consummati in unum" (Jn 17,23).

La comunione e il ministero sono in verità i due grandi aspetti dell'unità della Chiesa, della quale noi siamo servitori e custodi. Considerare la Chiesa come comunione significa penetrare nel cuore del suo mistero e nella identità del nostro ministero di Vescovi, chiamati a proclamare che "la nostra comunione è col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3).

La comunione che promuoviamo e alimentiamo è una comunione di fede in Dio. Crediamo nel Padre che rivela se stesso in questo suo amore infinito, e che, attraverso la potenza dello Spirito Santo, ci dona la salvezza nel suo Verbo incarnato. Crediamo in nostro Signore Gesù Cristo, che con la sua morte raccoglie nell'unità della sua Chiesa i figli di Dio che erano dispersi (cfr. Jn 11,52).

Per noi Vescovi questa comunione di fede è la base del nostro compito apostolico di edificare la Chiesa per mezzo della proclamazione del Vangelo, in sintonia con san Paolo, quando afferma: "Di questo Vangelo io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro" (2Tm 1,11).

La nostra comunione di fede fa luce anche sull'unità del nostro ministero, nel quale, insieme alla Chiesa universale, noi proclamiamo l'eterno messaggio di salvezza in Cristo. La nostra comunione di fede ci impone una grande responsabilità, verso la quale siamo sostenuti dalla potenza di Dio, per poter trasmettere ai nostri fedeli la pienezza della dottrina cristiana. Nel suo ultimo discorso pronunciato nel giorno stesso in cui mori, il mio predecessore Giovanni Paolo I parlo di questo dal punto di vista del Popolo di Dio dicendo: "Tra i diritti del fedele, uno dei più grandi è il diritto a ricevere la parola di Dio in tutta la sua interezza e purezza, in tutta la sua forza e con tutte le sue implicazioni" (Giovanni Paolo I, "Discorso ai Vescovi delle Filippine", 28 settembre 1978).

Parimenti l'unità della Chiesa si manifesta nella nostra comunione d'amore, amore che è più grande delle nostre stesse forze e che ci viene infuso col Battesimo, un amore che ci fa amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutta la mente, e il prossimo come noi stessi (cfr. Mt 22,37-39). Sant'Agostino ci consegna una grande intuizione della verità quando ci dice: "Amare Dio è soprattutto un comandamento, ma amare il prossimo è principalmente un'attività" ("Dei dilectio prior est ordine praecipiendi, proximi autem dilectio prior est ordine faciendi) (S. Agostino, "In Io. tract.", 17). In linea con questa indicazione il nostro ministero guadagna un nuovo vigore se noi andiamo verso tutte le genti portando loro l'amore di Cristo, mettendo in pratica il suo comandamento d'amore. Nella comunione d'amore noi troviamo l'energia sostenitrice per servire l'umanità. Dal messaggio del Vangelo impariamo a rispettare l'uomo e a promuovere le esigenze ineludibili della dignità umana, ad aiutare l'umanità nel perseguire nel compito di costruire la civiltà dell'amore.

Secondo l'espressione del Concilio Vaticano II la grande unità voluta da Cristo per la sua Chiesa è modellata e trae origine dall'unità della Santissima Trinità e permane all'interno della Chiesa Cattolica (cfr. LG 8 UR 2-3). Tuttavia noi sappiamo che il compito di promuovere il ristabilirsi dell'unità fra tutti i cristiani è lungi dall'essere realizzato.

Questo è un compito affidatoci dal Signore. La fedeltà a Gesù Cristo richiede che noi lavoriamo vigorosamente per la causa dell'unità dei cristiani. Attualmente lo Spirito Santo ha rivelato al mondo l'importanza di questa questione: "ut omnes unum sint" (Jn 17,21).

L'obiettivo del Concilio Ecumenico è chiaro, e come Papa ho affermato che "fin dal momento della mia elezione mi sono votato formalmente a sostenere l'applicazione delle sue indicazioni e direttive, considerandole uno dei miei primi doveri" (Giovanni Paolo II, "Discorso al Segretariato per l'unione dei cristiani", 18 novembre 1978).

Allo stesso modo dobbiamo essere disposti ad assumerci la responsabilità di compiere gli sforzi e di adottare i mezzi che conducano all'unità dei cristiani. Il Concilio dà indicazioni precise al riguardo. Molto importante è la verifica della nostra personale fedeltà a Cristo: noi siamo costantemente chiamati alla conversione o cambiamento del cuore. Oggi appare utile ripetere il rilievo del Concilio che "questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico, e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale" (UR 8).

E' inevitabile, quanto salutare, che i cristiani, mentre si adoperano per la ricostituzione dell'unità, avvertano il dolore delle divisioni esistenti.

Come ho indicato nel sopra menzionato discorso: "La malattia non viene sanata somministrando dei sedativi bensì attaccando le sue vere cause". Dobbiamo proseguire a lavorare umilmente e risolutamente per rimuovere le vere divisioni per ricostituire la piena unità nella fede che è la condizione per poter condividere l'Eucaristia. Di grande importanza è il fatto che "in ogni celebrazione eucaristica è in gioco l'intera fede della Chiesa; si manifesta e si realizza la comunione ecclesiale in tutte le sue dimensioni" (UR 8).

Perciò condividere l'Eucaristia presuppone l'unità nella fede.

L'intercomunione tra i cristiani divisi non costituisce la risposta all'appello di Cristo verso la perfetta unità. Dio ha posto un termine per la realizzazione del suo disegno di salvezza per l'unità cristiana. Mentre attendiamo quel momento nella preghiera e nel dialogo, sforzandoci di poter offrire al Signore un cuore sempre più puro, dobbiamo anche attendere l'azione del Signore.

Non bisogna smettere di ripetere che la restaurazione dell'unità dei cristiani è, soprattutto, un dono dell'amore di Dio. Nel frattempo, in virtù del Battesimo comune e del patrimonio di fede che noi già condividiamo, dobbiamo aumentare la nostra comune testimonianza del Vangelo e il nostro comune servizio all'umanità. In questo contesto vorrei ripetere le parole dette nella mia recente visita a Nassau: "Con rispetto profondo ed amore fraterno desidero salutare anche tutti gli altri cristiani delle Bahamas" - e ora aggiungo: di tutte le Antille - "tutti coloro che professano con noi che "Gesù è il Figlio di Dio" (1Jn 4,15).

Siate certi del nostro desiderio di collaborare lealmente e con perseveranza per ottenere dalla grazia di Dio l'unità voluta da Cristo Signore".

Cari fratelli nell'Episcopato, il mistero dell'unità in Cristo e nella sua Chiesa deve essere vissuto fino in fondo dal popolo di Dio. E la base e il centro di ogni comunità cristiana è la celebrazione dell'Eucaristia (cfr. PO 6). Vi chiedo di ricordare ai vostri fedeli che il vero privilegio è quello di riunirsi per la Messa domenicale che sostiene, nobilita e santifica tutto ciò che essi fanno durante la settimana.

Tornando al campo delle vostre cure pastorali, vi chiedo di confermare ancora una volta il mio amore a tutti i sacerdoti, e di fare il possibile per vivere, insieme con loro, l'unità della comunione ecclesiale e del ministero in tutta la sua intensità. I missionari, tuttora necessari nei vostri paesi, hanno un posto speciale nel mio cuore come in quello di Cristo Salvatore. Raccomando inoltre i seminaristi alla vostra cura pastorale, affinché essi possano imparare dall'esperienza quanto intenso e personale sia l'amore che essi sono chiamati a manifestare in nome di Cristo Buon Pastore, il quale conosce le proprie pecore per nome. Anche a coloro che collaborano con voi per la causa del Vangelo, particolarmente i catechisti, esprimo tutta la mia gratitudine. Il mio incoraggiamento speciale va alle famiglie cristiane che rendono testimonianza all'alleanza dell'amore divino e all'unità della Chiesa di Cristo.

Prima di concludere, rivolgo un appello alla gioventù delle vostre Chiese locali. Nella comunione della Chiesa essi rappresentano un segno della giovinezza e del dinamismo della Chiesa stessa; essi sono la speranza del suo futuro. Facciamo tutto quanto è in nostro potere perché i giovani siano istruiti nella giustizia e nella verità e vengano nutriti dalla parola di Dio perché rifiutando tutte le ideologie fallaci essi possano vivere nella vera libertà come fratelli e sorelle di Gesù Cristo.

A tutti quanti sono uniti con voi nella comunione della Chiesa imparto la mia benedizione apostolica ed invoco l'intercessione di Maria, la Regina del cielo e Madre del Cristo Risorto.

Non dimentico che tra voi vi sono numerosi Vescovi di lingua francese ed anche di dipartimenti francesi d'oltre mare, ma la vicinanza, la somiglianza dei problemi pastorali, vi portano a vivere in solidarietà con gli altri Vescovi della regione delle Antille. Trasmettete ai vostri sacerdoti, ai vostri religiosi e religiose, ai laici cristiani delle vostre diocesi, il pensiero affettuoso del Papa, con la sua esortazione a formare delle comunità ben unite, che sappiano approfondire ed esprimere la loro fede, e si curino di vivere il Vangelo al centro della loro vita.

A tutti voi, cari fratelli, i miei auguri più calorosi per il vostro ministero e la mia benedizione apostolica! Data: 1979-05-04

Data estesa: Venerdì 4 Maggio 1979.





Alla gioventù salesiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nostra vita sia un'acclamazione a Cristo nostra salvezza

Testo: Carissimi giovani.

1. Il mio benvenuto paterno e festoso a voi, cari ragazzi e ragazze, che frequentate le opere dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, qui convenuti per incontrare ed ascoltare il Papa, anche in rappresentanza di tutti i fanciulli, i giovani e le giovani che fanno parte delle associazioni religiose, delle scuole, dei centri professionali, dei gruppi culturali, ricreativi e sociali, animati e diretti dai Figli di Don Bosco.

A tutti voi qui presenti, a tutti i vostri amici compagni, a tutta la gioventù salesiana, che da oltre un secolo prosegue la sua marcia ardente e coraggiosa lungo i sentieri del mondo, va il mio saluto affettuoso, carico di emozione e di speranze: voi siete la speranza, l'attesa di un domani più giusto, più dignitoso, più pacifico. Il Papa vi guarda con intensità di sentimenti presaghi e di auspici, che, attraverso voi, si allargano all'umanità intera. Vi ringrazio di questa grandiosa manifestazione di affetto e ricambio così l'incontenibile entusiasmo con un solo saluto: evviva la gioventù salesiana! Fedeli allo spirito di Don Bosco, grande santo e insieme educatore, voi volete rendere omaggio al successore di Pietro, confermandogli la fedeltà del vostro amore e del vostro servizio, in occasione del XXV anniversario della canonizzazione di Domenico Savio, ragazzo dell'Oratorio di Valdocco, alunno prediletto e frutto prezioso dell'opera formativa del figlio di Mamma Margherita.

Voi siete impegnati, per tutta la durata di quest'anno, in una larga serie di iniziative, sia nei diversi centri locali che su scala nazionale, per dare nuovo e vigoroso impulso alle associazioni giovanili d'ispirazione cristiana e per approfondire il sistema educativo di Don Bosco, applicandone i criteri di fondo, i principi-chiave alle esigenze dei tempi moderni.

Voi attendete dal Papa una parola di orientamento e d'incoraggiamento per questa rinnovata azione giovanile in Italia, ed io sono qui con voi, anzitutto, per invocare i lumi dello Spirito del Signore su questa importante iniziativa, che sta tanto a cuore alla Chiesa e ai suoi Pastori.


2. La prima indicazione che voglio offrirvi è un invito all'ottimismo, alla speranza e alla fiducia. E' vero che l'umanità attraversa un difficile momento e che si ha sovente la penosa e sofferta impressione che le forze del male, in tante manifestazioni della vita associata, abbiano il sopravvento. Troppo spesso l'onestà, la giustizia, il rispetto della dignità dell'uomo devono segnare il passo, o ne escono soccombenti. Eppure, noi siamo chiamati a vincere il mondo con la nostra fede (cfr. 1Jn 5,4) perché apparteniamo a Colui che, con la sua morte e risurrezione, ha ottenuto per ciascuno di noi la vittoria sul peccato e sulla morte, e ci ha resi quindi capaci di un'affermazione umile, serena, ma sicura del bene sul male.

Cari giovani, siamo suoi, siamo di Cristo, ed è lui che vince in noi.

Dobbiamo crederlo profondamente, dobbiamo vivere tale certezza, altrimenti le difficoltà continuamente insorgenti avranno, purtroppo, il potere di far penetrare nei nostri animi quel tarlo insidioso, che si chiama scoraggiamento, assuefazione, supino adattamento alla prepotenza del male.

La tentazione più sottile che oggi affligge i cristiani, ed i giovani in particolare, è proprio quella della rinuncia alla speranza nella vittoriosa affermazione di Cristo. Il suggeritore di ogni insidia, il Maligno, è da sempre fortemente impegnato nello spegnere nel cuore di ogni uomo la luce di una tale speranza. Non è strada facile quella della milizia cristiana, ma dobbiamo percorrerla nella consapevolezza di possedere una forza interiore di trasformazione, comunicataci con la vita divina, che ci è stata donata in Cristo Signore. In virtù della vostra testimonianza, voi farete intendere che i più alti valori umani sono assunti in un cristianesimo vissuto con coerenza, e che la fede evangelica non propone soltanto una visione nuova dell'uomo e dell'universo, ma dona soprattutto la capacità di realizzare un tale rinnovamento.

A questo proposito, vi ricordo le parole rivolte ai giovani dai Padri Conciliari a conclusione del Concilio Ecumenico: "La Chiesa guarda a voi con fiducia e con amore... Essa possiede ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi con generosità, di rinnovarsi e ripartire per nuove conquiste".

Senza la certa speranza nella vittoria di Cristo in voi e nel mondo che vi circonda non vi può essere ottimismo, e senza ottimismo non può sussistere quella serena giocondità che è propria dei giovani. Sono ancora troppi i giovani, oggi, che hanno già rinunciato alla giovinezza.


3. Il secondo suggerimento del Papa per voi e per quanti curano la vostra educazione umana e cristiana riguarda l'urgente bisogno di rinascita, avvertito un po' a tutte le latitudini, di validi modelli di associazioni giovanili cattoliche.

Non si tratta di dare vita a espressioni militanti prive di slanci ideali e basate sulla forza del numero, ma di animare delle vere comunità, permeate di spirito di bontà, di reciproco rispetto, e di servizio, e soprattutto rese compatte da una stessa fede e da un'unica speranza. La presente generazione giovanile, anche quando si avvale degli agi che le vengono offerti dalla civiltà consumistica, avverte che tanta prodigalità nasconde una seduzione illusoria, e che non ci si può arrestare all'esperienza gaudente dell'opulenza materialistica.

Voi siete, quindi, alla ricerca continua - viverla è già corrispondere alla vocazione cristiana - del vero valore della vostra vita, della vostra personale responsabilità. Ora, in tale ricerca, non si può procedere isolati, proprio a ragione della fragilità del singolo, esposta ai più diversi attacchi.

Nella adesione ad un gruppo, nella spontaneità e nell'omogeneità di un cerchio di amici, nel costruttivo confronto di idee ed iniziative, nel reciproco sostegno può stabilirsi e conservarsi la vitalità di quel rinnovamento sociale a cui voi tutti aspirate.

Voi giovani tendete al traguardo prezioso del completamento comunitario, della conversazione, dell'amicizia, del darsi e del ricevere, dell'amore. Le associazioni giovanili stanno rifiorendo: il Papa vi esorta ad essere fedeli, perspicaci, ricchi di genialità in questo sforzo di dare respiro sempre più ampio a tali sodalizi. E' un invito pressante che rivolgo a tutti i responsabili dell'educazione cristiana della gioventù, cioè degli uomini di domani.


4. Dove troverete la forza, cari giovani ed amici, per sostenere il vostro ottimismo, per dare un'anima alle vostre associazioni? Domenico Savio, in occasione della proclamazione del dogma dell'Immacolata, l'8 dicembre 1854, davanti all'altare di Maria - come ci attesta Don Bosco - rinnovo le promesse della prima Comunione, dicendo tra l'altro: "Maria, vi dono il mio cuore, fate che sia sempre vostro; Gesù e Maria, siate sempre gli amici miei". Ecco, carissimi figli, dove attingere la forza per i vostri programmi di rinnovamento: Gesù e Maria. Essi non sono solo modelli, sono amici, più ancora sono parte della vostra vita. Voi appartenete a loro; essi vi appartengono. Si tratta di saperlo e di credervi.

Gesù è il Messia di ogni epoca, anche di questa promettente vigilia degli anni duemila; è lui l'Uomo della speranza, l'Uomo cardine dell'umanità. Egli è colui che svela e compie in noi le profezie divine di personale e sociale liberazione. Lui il Liberatore, l'Uomo-Dio della nostra salvezza. Il vostro impegno giovanile di vita, in tutte le sue espressioni, nello studio e nel lavoro, in famiglia ed in società, deve portarvi a riconoscere interiormente ed a proclamare che Gesù è colui che fonda il valore, la gioia e la speranza di ciascun uomo. Abbiate l'intelligenza ed il coraggio - la Chiesa ed il Papa ve lo chiedono - di fare della vostra vita un'acclamazione ed una testimonianza a Cristo nostra salvezza.

Una parola su Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa, al cui patrocinio amoroso Dio stesso ha voluto affidare, attraverso il suo "si" obbedienziale, le sorti dell'umanità intera. A lei il Figlio assegna il compito materno d'implorare per noi una salvezza individuale e collettiva.

Cari giovani, la rinascita di autentici valori cristiani nell'epoca presente, quali la fraternità, la giustizia e la pace, è affidata ancora una volta all'intervento ed alla pedagogia materna di Maria. Anche per l'oggi, Maria è Madre della divina grazia, è Regina delle vittorie.


5. E termino queste mie parole con un invito alla fortezza cristiana, virtù che in modo tutto particolare si addice ai giovani. Siate testimoni intrepidi di Cristo Risorto e non indietreggiate mai davanti agli ostacoli che si frappongono sul sentiero della vostra vita di cristiani.

Ottimismo, unione, fortezza: ecco l'augurio che vi rivolgo, riconoscente ancora una volta per la vostra visita, che mi ha recato tanta gioia.

Nell'estendere il mio saluto a quanti vi hanno accompagnato, e specialmente ai Membri del Consiglio Superiore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e ai vostri genitori e familiari, invoco su tutti voi l'effusione dei favori e delle gioie celesti, mentre di cuore vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1979-05-05

Data estesa: Sabato 5 Maggio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Al pellegrinaggio nazionale croato - Città del Vaticano (Roma)