GPII 1979 Insegnamenti - Ai partecipanti al convegno sulla Pastorale Familiare - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti al convegno sulla Pastorale Familiare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia punto di riferimento per la promozione dell'uomo

Testo: Ed ora sono veramente lieto di rivolgere un particolare saluto ai partecipanti al Convegno sulla Pastorale Familiare che è in corso in questi giorni, qui a Roma e specialmente ai cari fratelli nell'Episcopato che vi prendono parte.

Vi ringrazio per questa visita, carissimi, che, se a voi offre la possibilità di riannodare i vostri vincoli di fedeltà e di comunione col successore di Pietro, a me dà l'opportunità di discorrere brevemente su un tema di vitale importanza per la società e per la Chiesa del nostro tempo.

Il Convegno di questi giorni sulla Pastorale Familiare riguarda certamente un aspetto focale della vita e della responsabilità dei battezzati. La sua attualità è confermata doppiamente, da un punto di vista sia positivo che negativo. Da una parte, infatti, voi anticipate, almeno parzialmente, l'argomento di un qualificato avvenimento ecclesiale qual è il futuro quinto Sinodo dei Vescovi, che tratterà appunto "Le funzioni della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo". Dall'altra parte, una seria riflessione sul tema è richiesta dalla semplice constatazione, secondo cui l'odierno clima psicologico, sociale e ideologico ha spesso notevoli effetti di disturbo sul matrimonio e sulla vita familiare.

Mio dovere, pertanto, è di lodare e di stimolare ogni iniziativa intesa a salvaguardare, a educare e a promuovere prima la presa di coscienza e poi la pratica realizzazione degli impegni spettanti ai vicendevoli rapporti tra le famiglie cristiane e la comunità ecclesiale. Mi piace ripetere a voi, perché universalmente valido, ciò che già dissi a Puebla ai Vescovi dell'America Latina: "Fate ogni sforzo affinché vi sia una pastorale della famiglia. Dedicatevi ad un settore così prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione nel futuro dipende in gran parte dalla "chiesa domestica"". così pure ben si esprime il recente documento della Conferenza Episcopale Italiana su "Evangelizzazione e sacramento del matrimonio" (n. 177), quando afferma che la "famiglia non dev'essere soltanto il termine dell'azione responsabile delle diverse strutture della società civile, ma deve diventare responsabile collaboratrice". Perché ciò avvenga, occorre un'efficace educazione alla maturità integrale, umana e cristiana, dei coniugi, dei figli, e degli uni insieme agli altri.

In un mondo, nel quale sembra venir meno la funzione portante di molte istituzioni e la qualità della vita soprattutto urbana si deteriora in modo impressionante, la famiglia può e deve diventare un luogo di autentica serenità e di crescita armoniosa; e questo, non per isolarsi in forme di orgogliosa autosufficienza, ma per offrire al mondo una luminosa testimonianza di quanto sia possibile il recupero e la promozione integrale dell'uomo, se questa ha come punto di partenza e di riferimento la sana vitalità della cellula primaria del tessuto civile ed ecclesiale.

E' necessario, dunque, che la famiglia cristiana si trasformi sempre più in una comunità di amore, tale da permettere di superare, nella fedeltà e nella concordia, le inevitabili prove derivanti dalle quotidiane preoccupazioni; in una comunità di vita, per dare origine e coltivare gioiosamente nuove e preziose esistenze umane ad immagine di Dio; in una comunità di grazia, che faccia costantemente del Signore Gesù Cristo il proprio centro di gravitazione e il proprio punto di forza, così da fecondare gli impegni di ciascuno e attingere sempre nuova lena nel cammino di ogni giorno.

E a voi, che in maniera così qualificata vi dedicate a problemi tanto fondamentali, vanno il mio plauso e il mio incoraggiamento più cordiali, con l'auspicio che le vostre fatiche siano davvero proficue, in vista di una reale incidenza di famiglie rinnovate in Cristo per un nuovo dinamismo della Chiesa e per un generale benessere della società umana.

Di questi voti è pegno sincero la paterna benedizione apostolica, che di cuore imparto a voi tutti e a quanti affiancano il vostro prezioso lavoro.

Data: 1979-05-05

Data estesa: Sabato 5 Maggio 1979.





A vescovi indiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il nostro aiuto è nel nome del Signore

Testo: Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo E' per me una gioia incontrare per la seconda volta, a così breve distanza di tempo, un gruppo di Vescovi dall'India. Vi rivolgo oggi il benvenuto, come ho già fatto la settimana scorsa con i vostri fratelli Vescovi, nell'amore di Cristo.

Riunendovi in questa vostra visita "ad limina" in Roma, voi sembrate rievocare i sentimenti espressi da tutti i Vescovi della Chiesa in occasione del Concilio Vaticano II: "Convenendo in unità... noi portiamo nel nostro cuore le difficoltà, le fatiche fisiche e psichiche, le pene, le aspettative e le speranze di tutti i popoli che ci sono affidati" ("Messaggio a tutti gli uomini dei Padri Conciliari", 20 ottobre 1962). Per parte mia, abbraccio in voi tutti i diletti popoli che voi siete chiamati a servire.

La mia grande speranza è che questa visita vi infonda rinnovato vigore e forza per il vostro lavoro pastorale, e vi faccia sperimentare la gioia di sapere e di capire lucidamente, che tutto il vostro fervore è sostenuto dalla Chiesa universale. Esso è condiviso dal Papa, come colui che nel mistero della Chiesa rappresenta "il Pastore Supremo" (1P 5,4), e si adopera per compiere nel suo nome il ministero del servizio universale. In particolare è mio desiderio incoraggiarvi, miei fratelli nell'Episcopato, confermarvi nella fede (cfr. Lc 22,32), non soltanto con parole ed opere, ma in virtù del carisma posto nella Chiesa dal suo Fondatore, Gesù Cristo, e reso attivo dal suo Spirito. Questo, infatti, è il significato del nostro incontro quando ci riuniamo nella celebrazione della nostra comunione ecclesiale e gerarchica. Dallo studio e ora dai nostri incontri personali mi sono reso conto di una quantità di risultati che emergono nella vostra quotidiana sollecitudine nello spirito del Vangelo.

Mi sento spiritualmente unito con voi quando affrontate con coraggio, fiducia, perseveranza, i vari ostacoli che osteggiano il vostro ministero e che vi frenano nel vostro lavoro di evangelizzazione e di servizio all'umanità. Con la mia preghiera io vi seguo nel vostro lavoro pastorale, benedicendo in particolare ogni iniziativa intrapresa per aumentare il numero dei collaboratori nel Vangelo, ogni sforzo fatto nell'ottica che gli studenti seminaristi vengano educati nella autentica dottrina e nella santità della vita. Io vi confesso il mio profondo interesse per i vostri programmi catechetici, per la vostra educazione dei giovani e per l'apostolato della gioventù, per i vostri sforzi di difendere la santità del matrimonio e consolidare l'unità del popolo di Dio nella fede e nell'amore e per instillare in ciascuno una coscienza missionaria. Desidero esservi vicino con comprensione fraterna e solidarietà, quando voi, per parte vostra, cercate di essere vicini al vostro popolo in tutte le sue aspirazioni di umano benessere e di pienezza di vita in Cristo. Siate certi del mio sostegno per quanto viene fatto nelle vostre Chiese locali - da parte del clero dei religiosi e dei laici - per soccorrere i bisognosi, i poveri, i malati, per mostrare solidarietà, per suscitare speranza e per diffondere l'amore del cuore di Cristo. In tutti questi obiettivi, fratelli, io sono con voi nel santo nome di Gesù.

Con il passar degli anni, davanti alle grandi conquiste del mondo moderno, ma anche agli imperscrutabili disegni della provvidenza di Dio verso la Chiesa, non possiamo fare a meno di convincerci del fondamentale principio espresso pure dal Salmista, che "Il nostro aiuto è nel nome del Signore" (Ps

128,4). Per noi discepoli di Cristo, ministri del Vangelo, e pastori del popolo di Dio, è di fondamentale importanza che questo principio divenga un atteggiamento mentale ed insieme norma di vita.

Veramente il nostro aiuto è nel nome del Signore! Questa luminosa verità, cari fratelli, è di una portata immensa, e ha dei risvolti immediati in tutte le nostre attività pastorali, poiché ogni nostra azione viene svolta sotto il segno e nel santo nome di Gesù Cristo, dalla Forza della sua grazia, e soltanto per la sua gloria.

Il messaggio che proclamiamo è proclamato nel suo nome: nel nome del Signore Gesù, il Salvatore del mondo. La nostra è una proclamazione di salvezza in lui: salvezza nel suo nome. Questa verità è l'oggetto specifico dell'insegnamento apostolico, proclamato dall'apostolo Pietro per ispirazione dello Spirito Santo. E oggi il successore di Pietro desidera proclamare ciò nuovamente, a voi e con voi e per voi, e per il vostro popolo: "In nessun altro c'è salvezza, non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

E nel nome di Gesù che noi compiamo tutto il nostro ministero. Il pentimento e la remissione dei peccati sono predicati nel suo nome a tutte le nazioni (cfr. Lc 24,47). Noi stessi siamo stati mondati e santificati e giustificati nel nome di nostro Signore Gesù Cristo (cfr. 1Co 6,11). Attraverso la fede abbiamo "la vita nel suo nome" (Jn 20,31). Inoltre, lo Spirito Santo stesso è stato inviato a noi dal Padre nel nome di Gesù (cfr. Jn 14,26). Nella incessante proclamazione della universale mediazione di Cristo, e nella esplicita e solenne confessione della sua divinità, la preghiera di tutte le generazioni di cristiani viene presentata al Padre: "per Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum". In questo nome c'è aiuto per i viventi, consolazione per i morenti, e gioia e speranza per il mondo intero.

Siamo chiamati ad invocare questo nome, a pregarlo e a proclamarlo ai nostri fratelli. Tutta la nostra vita e il nostro ministero devono essere indirizzati alla gloria di questo nome. Questo atteggiamento corrisponde al volere di Dio; esso si trova nella più profonda armonia con il piano del Padre di costituire Cristo Capo della Chiesa "il primogenito fra molti fratelli" (Rm 8,29) e il compimento di tutta la creazione. Con profonda convinzione ed amore profondo la Chiesa si rivolge al suo Redentore con le parole: "Tu solus sanctus, tu solus Dominus, tu solus Altissimus, Iesu Christe". L'efficacia della nostra missione sovrannaturale esige che noi agiamo sempre in nome di Gesù, perché si realizzi "il suo primato tutte le cose" (Col 1,18).

Secondo questa prospettiva, cari fratelli, affrontiamo dunque gli ostacoli, confrontiamoci con le sfide, accogliamo i successi; compiamo tutto "nel nome del Signore Gesù" (Col 3,17). Con le parole e le opere proclamiamo: "Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam" (Ps 115,1).

Data: 1979-05-05

Data estesa: Sabato 5 Maggio 1979.





Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Testo: La Chiesa dedica la IV domenica di Pasqua al Buon Pastore. E' questa una figura molto interessante e cara all'antica Chiesa di Roma come risulta da tante testimonianze storiche; è una figura ricca di significato per quanti hanno familiarità con la Sacra Scrittura.

Il Buon Pastore è Gesù Cristo, Figlio di Dio e di Maria, nostro fratello e Redentore; anzi va detto che lui è l'unico, vero ed eterno Pastore delle nostre anime! Egli, mentre attribuisce a sé tale titolo, si dà premura di giustificare il motivo e la validità di questa attribuzione personale: solo lui, infatti, conosce le sue pecore ed esse lo conoscono (cfr. Jn 10,14); solo lui "offre la vita per le pecore" (cfr. Jn 10,11); solo lui le guida e le conduce per vie sicure; solo lui le difende dal male, simboleggiato dal lupo rapace. In tale mirabile opera, pero, Cristo non vuole essere ed agire da solo, ma intende associare a sé dei collaboratori - uomini scelti tra gli uomini a favore di altri uomini (cfr. He 5,1) - che chiama con "vocazione" particolare d'amore, investe dei suoi poteri sacri ed invia quali apostoli nel mondo, perché essi continuino, sempre e dappertutto, sino alla fine dei secoli, la sua missione salvifica. Cristo, dunque, ha bisogno, vuole avere bisogno della risposta, dello zelo, dell'amore dei "chiamati", affinché possa ancora conoscere, guidare, difendere e amare tante altre pecore, immolando, se necessario, anche la vita di esse! Ecco, pertanto, che la IV domenica di Pasqua, insieme con l'immagine del Buon Pastore, ricorda pure coloro che sono scelti e inviati a prolungarne, nel tempo e nello spazio, la missione (Vescovi e Sacerdoti), e richiama, altresi, il problema delle Vocazioni ecclesiastiche, motivo di tante speranze e trepidazioni della Chiesa. Tenendo presente che - come afferma il Concilio - "il dovere di promuovere le vocazioni sacerdotali spetta a tutta la Comunità cristiana" (OT 2) e considerando l'urgenza e la gravità di detto problema, sorge spontanea l'idea di connettere la domenica del Buon Pastore con la necessità di ricorrere alla preghiera fervente e fiduciosa al Signore. Essa, invero, consente di riscoprire di continuo le dimensioni di quel Regno, per la cui venuta preghiamo ogni giorno, ripetendo le parole che Cristo ci ha insegnato. Allora avvertiamo quale sia il nostro posto nella realizzazione di questa richiesta: "Venga il tuo regno..."; quando preghiamo, scorgeremo più facilmente quei "campi che già biondeggiano per la mietitura" (Jn 4,35) e comprenderemo quale significato abbiano le parole che Cristo pronunzio alla vista di essi: "Pregate, dunque, il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38).

Per l'effettiva e consolante soluzione del problema delle vocazioni, la comunità cristiana deve, dunque, sentirsi impegnata anzitutto a pregare, pregare molto, con fiducia e perseveranza, non tralasciando inoltre di promuovere opportune iniziative pastorali, e di offrire, specie mediante le anime "consacrate", una testimonianza luminosa di vita vissuta in fedeltà alla divina vocazione. Occorre fare dolce violenza al cuore del Signore, che ci fa l'onore di chiamarci a collaborare con lui per l'affermazione e dilatazione del suo Regno sulla terra, perché "la carità di Cristo" (2Co 5,14) risvegli la divina chiamata nel cuore di tanti giovani e in altre anime nobili e generose, spinga gli esitanti ad una decisione, sostenga nella perseveranza coloro che hanno compiuto la loro scelta a servizio di Dio e dei fratelli. Iddio conceda a tutti di comprendere appieno che la presenza, la qualità, il numero e la fedeltà delle vocazioni costituiscono un segno della presenza viva e operante della Chiesa nel mondo e motivo di speranza per il suo avvenire.

Rivolgo, infine, un appello particolare e cordiale ai giovani.

Carissimi, guardate all'ideale rappresentato dalla figura del Buon Pastore - ideale di luce, di vita, di amore - e, nello stesso tempo considerate che il nostro tempo ha bisogno di rifarsi a tali ideali. Se Cristo vi guarda con occhio di predilezione, se vi sceglie, se vi chiama ad essere suoi collaboratori, non esitate un attimo a dire - a imitazione della Vergine santissima all'Angelo il vostro generoso "si". Non ne avrete rimpianti; il vostro gaudio sarà vero e pieno, e la vostra vita apparirà ricca di frutti e di meriti, perché diverrete con lui e per lui messaggeri di pace, operatori di bene, collaboratori di Dio nella salvezza del mondo.

Data: 1979-05-06

Data estesa: Domenica 6 Maggio 1979.





Omelia nella Chiesa di Sant'Antonio di Padova - Roma

Testo: Carissimi fratelli e sorelle! Oggi, in tutta la Chiesa Cattolica, si celebra la Giornata per le Vocazioni sacerdotali e religiose, e io sono lieto di celebrarla con voi, qui a Roma, nel centro della cristianità, e nella vostra parrocchia affidata ai Sacerdoti della Congregazione dei "Rogazionisti", che cordialmente saluto. L'odierna Domenica è stata dedicata a questa suprema ed essenziale necessità proprio perché la Liturgia ci presenta la figura di Gesù "Buon Pastore".

Già l'Antico Testamento parla comunemente di Dio come Pastore di Israele, del popolo dell'alleanza, da lui scelto per realizzare il progetto della salvezza. Il Salmo 22 è un inno meraviglioso al Signore, Pastore delle nostre anime: "Il Signore è il mio Pastore; non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce; mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino... Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me..." (Ps 22,1-3).

I profeti Isaia, Geremia ed Ezechiele ritornano sovente sul tema del popolo "gregge del Signore": "Ecco il vostro Dio!... Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna..." (Is 40,11) e soprattutto annunciano il Messia come Pastore che pascerà veramente le sue pecore e non le lascerà più sbandare: "Suscitero per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore..." (Ez 34,23).

Nel Vangelo è familiare questa dolce e commovente figura del pastore, la quale anche se i tempi sono cambiati a causa dell'industrializzazione e dell'urbanesimo, mantiene sempre il suo fascino e la sua efficacia; e tutti ricordiamo la parabola tanto toccante e suggestiva del Buon Pastore che va in cerca della pecorella smarrita (Lc 15,3-7).

Nei primi tempi della Chiesa poi l'iconografia cristiana si servi grandemente e sviluppo questo tema del Buon Pastore la cui immagine appare spesso, dipinta o scolpita, nelle Catacombe, nei sarcofagi, nei battisteri. Tale iconografia, così interessante e devota, ci attesta che, fin dai primi tempi della Chiesa, Gesù "Buon Pastore" colpi e commosse gli animi dei credenti e dei non credenti e fu motivo di conversione, di impegno spirituale e di conforto. Ebbene, Gesù "Buon Pastore" è vivo e vero ancora oggi in mezzo a noi, in mezzo all'umanità intera, e a ciascuno vuol far sentire la sua voce e il suo amore.

1. Che cosa significa essere il Buon Pastore? Gesù ce lo spiega con chiarezza convincente: - il pastore conosce le sue pecore e le pecore conoscono lui: come è bello e consonante sapere che Gesù ci conosce uno per uno, che non siamo degli anonimi per lui, che il nostro nome (quel nome che è concordato dall'amore dei genitori e degli amici) lui lo conosce! Non siamo "massa", "moltitudine", per Gesù! Siamo "persone" singole con un valore eterno, sia come creature sia come persone redente! lui ci conosce! lui mi conosce, e mi ama e ha dato se stesso per me! (Ga 2,20); - il pastore nutre le sue pecore e le conduce a pascoli freschi e abbondanti: Gesù è venuto per portare la vita alle anime, e darla in misura sovrabbondante. E la vita delle anime consiste essenzialmente in tre supreme realtà: la verità, la grazia, la gloria. Gesù è la verità, perché è il Verbo incarnato, è la "pietra angolare", come diceva san Pietro ai capi del popolo e agli anziani, sulla quale solamente è possibile costruire l'edificio familiare, sociale, politico: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,11-12). Gesù ci dà la "grazia", ossia la vita divina per mezzo del Battesimo e degli altri Sacramenti. Mediante la "grazia", diventiamo partecipi della stessa natura trinitaria di Dio! Mistero immenso, ma di indicibile gioia e consolazione! Gesù infine ci darà la gloria del paradiso, gloria totale ed eterna, dove saremo amati e ameremo, partecipi della stessa felicità di Dio che è Infinito anche nella gioia! "Ciò che saremo non è stato ancora rivelato - commenta san Giovanni -. Sappiamo pero che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è" (1Jn 3,3); - il pastore difende le sue pecore; non è come il mercenario che quando arriva il lupo fugge, perché non gli importa nulla delle pecore. Purtroppo sappiamo bene che nel mondo ci sono sempre i mercenari che seminano l'odio, la malizia, il dubbio, il turbamento delle idee e dei sensi. Gesù invece, con la luce della sua parola divina e con la forza della sua presenza sacramentale ed ecclesiale, forma la nostra mente, fortifica la volontà, purifica i sentimenti e così difende e salva da tante dolorose e drammatiche esperienze; - il pastore offre perfino la vita per le pecore: Gesù ha realizzato il progetto dell'amore divino mediante la sua morte in croce! egli si è offerto in croce per redimere l'uomo, ogni singolo uomo, creato dall'amore per l'eternità dell'Amore; - il pastore infine sente il desiderio di ampliare il suo gregge: Gesù afferma chiaramente la sua ansia universale: "E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo ovile e un solo pastore" (Jn 10,16). Gesù vuole che tutti gli uomini lo conoscano, lo amino, lo seguano.


2. Gesù ha voluto nella Chiesa il sacerdote come "Buon Pastore".

La parrocchia è la comunità cristiana, illuminata dall'esempio del Buon Pastore, attorno al proprio parroco e ai sacerdoti collaboratori.

Nella parrocchia il sacerdote continua la missione e il compito di Gesù; e perciò deve "pascere il gregge", deve insegnare, istruire, dare la grazia, difendere le anime dall'errore e dal male, consolare, aiutare, convertire e soprattutto amare.

Perciò, con tutta l'ansia del mio cuore di Pastore della Chiesa universale vi dico: amate i vostri sacerdoti! Stimateli, ascoltateli, seguiteli! Pregate ogni giorno per loro. Non lasciateli soli né all'altare né nella vita quotidiana! E non cessate mai di pregare per le vocazioni sacerdotali e per la perseveranza nell'impegno della consacrazione al Signore e alle anime. Ma soprattutto create nelle vostre famiglie un'atmosfera adatta allo sbocciare delle vocazioni. E voi genitori siate generosi nel corrispondere ai disegni di Dio sui vostri figli.


3. Infine, Gesù vuole che ognuno sia "buon pastore".

Ogni cristiano, in forza del battesimo, è chiamato ad essere lui stesso un "buon pastore" nell'ambiente in cui vive. Voi genitori dovete esercitare le funzioni del Buon Pastore verso i vostri figli e anche voi, figli, dovete essere di edificazione con il vostro amore, la vostra obbedienza e soprattutto con la vostra fede coraggiosa e coerente. Anche le reciproche relazioni tra i coniugi devono essere improntate all'esempio del Buon Pastore, affinché sempre la vita familiare sia a quell'altezza di sentimenti e di ideali voluti dal Creatore, per cui la famiglia è stata definita "chiesa domestica". così pure nella scuola, sul lavoro, nei luoghi del gioco e del tempo libero, negli ospedali e dove si soffre, sempre ognuno cerchi di essere "buon pastore" come Gesù. Ma soprattutto siano "buoni pastori" nella società le persone consacrate a Dio: i religiosi, le suore, coloro che appartengono agli Istituti Secolari. Oggi e sempre dobbiamo pregare per tutte le vocazioni religiose, maschili e femminili, perché nella Chiesa questa testimonianza della vita religiosa sia sempre più numerosa, sempre più viva, sempre più intensa e sempre più efficace. Il mondo oggi ha più che mai bisogno di testimoni convinti e totalmente consacrati! Carissimi fedeli, termino ricordando l'accorata invocazione di Gesù buon Pastore: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il padrone della messe, affinché mandi molti operai alla sua messe" (Mt 9,37 Lc 10,2).

Volesse il cielo che la mia visita pastorale suscitasse nella vostra parrocchia qualche vocazione sacerdotale in mezzo a voi, giovani e fanciulli, innocenti e devoti; qualche vocazione religiosa e missionaria in mezzo a voi, fanciulle e giovinette, che sbocciate alla vita, piene di entusiasmo! Raccomandiamo il desiderio a Maria santissima, Madre di Gesù, Buon Pastore, Madre nostra e ispiratrice di ogni sacra vocazione! Invochiamo anche l'intercessione del Servo di Dio, il Canonico Annibale di Francia, fondatore della Congregazione dei "Rogazionisti", la quale, col centro vocazionale "Rogate", dedica la sua attività principalmente per la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Data: 1979-05-06

Data estesa: Domenica 6 Maggio 1979.




Alle reclute della Guardia Svizzera - Eredi di una grande tradizione di fedeltà alla Chiesa e al Papa

Testo: Care reclute della Guardia Svizzera, Cari fratelli e sorelle.

La festa del giuramento di nuove guardie è per me, come è stato per i miei predecessori, una piacevole occasione per un primo familiare incontro con voi, i vostri parenti e i rappresentanti della Guardia Pontificia.

Per questo oggi do il mio più cordiale benvenuto a voi tutti, soprattutto alle nuove reclute, ai loro genitori e fratelli e faccio i miei migliori auguri al Signor Comandante e all'intera Compagnia della Guardia Svizzera.

Gli anni in cui voi, cari amici, prestate servizio nella Guardia Pontificia sono anni che donate alla Chiesa. L'assunzione di questo servizio è per ognuno di voi una adesione personale alla Chiesa e a Cristo nella persona e nella missione del suo Vicario visibile oggi, il Papa, per la cui protezione e difesa alcune guardie hanno addirittura dato la loro vita. Il giorno del vostro giuramento, 6 maggio, è anche il giorno dedicato al ricordo delle Guardie Pontifice e alla loro commemorazione.

Come ho brevemente sottolineato nella mia enciclica "Redemptor Hominis" (RH 21), Cristo ci insegna che "il migliore uso della libertà è la carità che si realizza nel dono e nel servizio". Carità e dono devono determinare anche il vostro futuro servizio come Guardie. La fedeltà, alla quale vi siete impegnati attraverso il giuramento, è rivolta in primo luogo allo scrupoloso adempimento dei compiti e doveri che oggi avete assunto.

Infine pero, la vostra promessa di fedeltà è per Cristo stesso, che alla sua sequela ci dà la responsabilita di fare e di chiedere a noi stessi ciò a cui, con il nostro lavoro, siamo chiamati.

Il vostro amore a Cristo e alla Chiesa nel servizio della Guardia Svizzera possa compiersi pienamente ed approfondirsi ulteriormente. La fedeltà ai numerosi piccoli doveri giornalieri vi insegni ad adempiere ai vostri grandi compiti con la stessa devozione e fiducia come cristiani responsabili e coscienti secondo la volontà di Dio. Poiché, così ci assicura Cristo, "Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto" (Lc 16,10). A questo vi aiuti Dio, con la sua grazia che illumina e rinforza, e la mia benedizione apostolica che io, care reclute, imparto di cuore a voi, ai vostri cari parenti e a tutti i presenti.

In questo primo incontro con le giovani reclute della Guardia Svizzera, ormai legate alla persona del Papa col giuramento prestato ieri, voglio aggiungere qualche parola in francese. Voglio dirvi, cari Figli - e questa espressione di "Figli" traduce tutto il mio affetto - quanto sia contento di poter ormai contare veramente su di voi. Voi avete l'incarico di vegliare sul Santo Padre: ebbene il Santo Padre si affida a voi in tutta tranquillità! Vi ringrazia di consacrargli qualche anno della vostra vita e promette ai vostri genitori - qui presenti - di occuparsi di voi.

Vi sono grato della vostra collaborazione nel creare attorno a me e ai miei collaboratori un clima che, pur mantenendo l'ordine necessario, permette di accogliere i visitatori in un modo semplice, amabile e dignitoso allo stesso tempo.

Voi siete eredi di una grande tradizione di fedeltà alla Chiesa e alla Santa Sede. I vostri padri hanno posto qui il loro onore. Vi esorto a fare altrettanto, e ad esserne pienamente felici e fieri. A ciascuno di voi e alle vostre famiglie, la mia Benedizione paterna e i miei cordiali auguri.

Data: 1979-05-07

Data estesa: Lunedì 7 Maggio 1979.








Ai vescovi e alla Chiesa di Polonia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per i 900 anni della morte di san Stanislao

Testo: Ai venerabili fratelli Stefano Wyszynski, cardinale di Santa Romana Chiesa, arcivescovo metropolita di Gniezno e Varsavia, Francesco Macharski, arcivescovo metropolita di Cracovia, agli altri Vescovi e a tutta la Chiesa di Polonia: nel compimento del nono secolo dalla morte di san Stanislao, vescovo e martire

1. La fulgida schiera di quanti, per la difesa della fede e delle virtù cristiane, hanno affrontato con coraggio tormenti e morte ha dato abitualmente alla Chiesa, sin dall'inizio e lungo i secoli, meravigliosa vigoria e forza. Giustamente esclama sant'Agostino: "La terra si è impregnata del sangue dei martiri come di un seme, dal quale è spuntata la messe della Chiesa. Parlano di Cristo più i morti che i vivi. Parlano oggi, oggi predicano: tace la lingua ma gridano le gesta" ("Serm". 286,4; PL 32, 1298). Sembra che siffatti pensieri possano oggi applicarsi, con singolare corrispondenza, alla Chiesa che vive in Polonia: anch'essa è cresciuta dal sangue dei martiri, tra i quali posto eminente occupa san Stanislao, la cui vita e morte pare che parlino con insistenza.

Proprio nell'anno in cui la Chiesa là stabilita celebra il compimento del nono secolo dal martirio dello stesso san Stanislao, Vescovo di Cracovia, non e possibile che manchi la voce del Vescovo di Roma, successore del beato Pietro.

Questo giubileo è di estrema importanza e si connette strettamente con la storia della Chiesa e della Nazione Polacca: questo popolo, per più di mille anni ha avuto e coltivato intimi legami con la stessa Chiesa. Quella voce, lo ripetiamo, non può mancare tanto più che colui il quale, ancora poco fa, era successore di san Stanislao nella sede episcopale di Cracovia, per un misterioso disegno di Dio, è stato promosso alla Cattedra di Pietro quale Pastore universale della Chiesa.

E' davvero straordinaria questa occasione che ci si offre: al nono centenario della morte di san Stanislao pubblichiamo questa lettera che noi stessi avevamo chiesto venisse redatta: prima al nostro grande predecessore Paolo VI, e poi all'immediato suo successore, Giovanni Paolo I, che esercito il ministero pontificale solo per 33 giorni. Oggi dunque, diamo attuazione non solo a quanto abbiamo chiesto come Arcivescovo di Cracovia ad ambedue i nostri predecessori, ma realizziamo anche un particolare, vivo desiderio dell'animo nostro. Chi mai avrebbe potuto immaginare che, proprio all'approssimarsi delle feste programmate per questo giubileo di san Stanislao, noi stessi avremmo lasciato la sede episcopale di Cracovia, già retta da quel Santo, e per i voti dei Cardinali a Conclave saremmo passati alla sede di Roma? Chi mai avrebbe potuto supporre che noi avremmo festeggiato quei grandi giorni non come "padre nella propria casa", ma in qualità di ospite tornato nelle terre dei padri in qualità di primo Papa Polacco e come primo Pontefice in visita a quelle regioni?


2. Secondo il calendario liturgico della Chiesa di Polonia la festa di san Stanislao viene da secoli celebrata l'8 maggio. Ma a Cracovia la solennità esterna è trasferita alla domenica successiva a quel giorno: allora dalla cattedra, sul colle "Wavel", si snoda la processione verso la chiesa di San Michele in "Rupella", dove, secondo la tradizione, il Vescovo Stanislao, originario del villaggio di Szczepanow, fu martirizzato durante la celebrazione dell'eucaristia da Boleslao l'Ardito.

Quest'anno è stato stabilito che le grandi solennità in onore di san Stanislao, rivestendo il carattere di giubileo, si protraggano dalla domenica successiva all'8 maggio fino al periodo compreso tra le domeniche di Pentecoste e della Santissima Trinità. Della più grande importanza è, infatti, il giorno di Pentecoste, in cui la Chiesa ricorda la sua nascita nel Cenacolo di Gerusalemme: di li gli Apostoli, radunati prima in preghiera con la Madre di Gesù, Maria (cfr. Ac 1,14), uscirono pieni di quella forza che era stata infusa nei loro animi come speciale dono dello Spirito Santo. Usciti di li, si diffusero per il mondo ad eseguire l'ordine di Cristo: "Perciò, andate ad ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Sicché gli Apostoli uscirono dal Cenacolo dalla Pentecoste: di li, ugualmente provengono lungo la storia umana i loro successori; di li, nella sua epoca, usci anche san Stanislao di Szczepanow a testimoniare, lui che recava in petto il medesimo dono della fortezza, la verità del Vangelo sino alla effusione del sangue.

Ebbene, quella generazione, lontana da noi nove secoli, fu una generazione di nostri antenati: essi, come san Stanislao, loro Vescovo nella sede di Cracovia, sono ossa delle nostre ossa e sangue del sangue nostro.

Il periodo di ministero pastorale fu per lui breve, dall'anno 1072 al

1079, un arco cioè di sette anni: ma il suo frutto ancora perdura, giacché in lui si verificarono davvero le parole di Cristo agli Apostoli: "Vi ho costituiti perché andiate a portar frutto e perché il vostro frutto perduri" (Jn 15,16).


3. Le solennità in onore di san Stanislao, con le quali, a nove secoli dalla sua morte, ci riferiamo in certo qual modo al "Cenacolo di Pentecoste", rivestono un profondissimo significato: infatti dal Cenacolo provengono quanti, secondo la parola di Cristo, sono andati per il mondo intero "ad ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 25,19). E la Nazione Polacca nell'anno 966 ebbe il lavacro battesimale nel nome della Santissima Trinità.

Dunque, or non è molto, si è compiuto un millennio da quell'epoca che segno in pari tempo l'inizio della storia della Chiesa in Polonia e della stessa Nazione Polacca. Occorre proprio tenere in evidenza la grande efficacia nascosta nel battesimo: nel sacramento, cioè, in forza del quale veniamo sepolti insieme a Cristo (cfr. Col 2,12), per esser partecipi della sua risurrezione, di quella vita che il Figlio di Dio fatto uomo volle fosse vita delle nostre anime; e l'inizio di tale vita è nel battesimo, il quale, perché amministrato in nome della Santissima Trinità, dà agli uomini "il potere di divenir figli di Dio" (Jn 1,12) nello Spirito Santo.

Il millennio di quel battesimo, celebrato nel 1966 in Polonia come anno dedicato alla glorificazione della Santissima Trinità, include anche questo giubileo di san Stanislao: infatti di questo sacramento - dal quale ogni uomo viene consacrato a Dio in maniera particolare (cfr. LG 44) - vanno considerati come i frutti più rigogliosi proprio i santi: essi in vita e in morte si son resi "dono eterno" a Dio (III Preghiera Eucaristica).

Perciò, quando nella festa della Santissima Trinità di quest'anno 1979 faremo memoria solenne del martirio di san Stanislao, ricorderemo anche il battesimo, amministrato in nome della Santissima Trinità, dal quale egli spunto come primo e, certo, maturo frutto di santità. A lui tutta la Nazione ha tanto guardato: in questo Santo, della sua stessa gente, la Polonia, una volta immersa nel salutare lavacro dei cristiani, ha riconosciuto con animo riconoscente il frutto di quella nuova vita di cui egli fu partecipe.

Tutto ciò spinge ad includere con speciale venerazione il nono centenario del martirio di san Stanislao nel Millennio del battesimo ricevuto dai nostri antenati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

E per dar maggiore impulso a tale venerazione stabiliamo - secondo il desiderio dei Vescovi di Polonia - che la memoria di san Stanislao venga elevata al grado di memoria obbligatoria nel calendario liturgico della Chiesa universale.


4. Il culto prestato a san Stanislao per nove secoli ha messo profonde radici in Polonia. Non poco contribui ad accrescere tale venerazione la canonizzazione con cui l'8 settembre 1253 il nostro predecessore, Papa Innocenzo IV, in Assisi presso il sepolcro di san Francesco, decreto a questo meraviglioso personaggio gli onori dei Santi. Davvero poggia su radici profonde questo culto! Esse pervadono tutta la storia della Chiesa in Polonia, compaiono nella vita stessa della Nazione, sono unite al suo destino. Il culto di san Stanislao è attestato non solo dalle annuali festività, ma anche dalle nostre diocesi, chiese e parrocchie dedicate a lui in quella terra e fuori: dovunque, infatti, arrivavano, i figli della Polonia introducevano il culto di questo grande patrono. Per molti secoli san Stanislao era stato il principale patrono della Polonia; ma, per concessione di Giovanni XXIII, nostro predecessore, egli condivide la protezione della Nazione con la beata Vergine Maria, Regina della Polonia e con san Wojciech (Adalberto). Per cui, volgendo il nono centenario del martirio di san Stanislao, tale solenne commemorazione riguarda non solo la sede di Cracovia, ma anche Gniezno e Montechiaro. Infatti per quasi mille anni accanto a san Stanislao, Presule di Cracovia, veniva posto san Wojciech (Adalberto), il cui corpo. martoriato sotto il re Boleslao il Grande soprannominato Chrobry. fu sepolto a Gniezno. Quindi l'uno e l'altro santo, Stanislao e Adalberto, ed insieme la beata Vergine Maria, Regina della Polonia e Madre della Chiesa, difendono la patria.

I luoghi relativi alla vita e alla morte di san Stanislao sono religiosamente onorati: egli è particolarmente venerato nella Chiesa cattedrale di Cracovia sul colle "Wavel", dove si trova il suo sepolcro, nonché nel tempio del villaggio "Rupella" e nel suo villaggio natale Szczepanow, che ora si trova nel territorio della diocesi di Tarnow. Vengono venerate le sue reliquie, specialmente quella del capo, che ancor oggi reca segni evidenti delle ferite mortali inferte nove secoli fa. Intorno a queste reliquie del capo si raccolgono ogni anno abitanti della città regale e pii pellegrini da tutta la Polonia, per onorarle con grandiosa processione per le vie di Cracovia. E proprio a questa processione partecipavano nei secoli passati i re di Polonia successori di Boleslao l'Ardito, il quale, come s'e detto, nel 1079 aveva ucciso san Stanislao ma, secondo la tradizione, era morto fuori della patria e riconciliato con Dio.

Non ha, proprio quest'ultimo fatto, un particolare significato? Non è forse la prova che san Stanislao e stato nei secoli per i suoi concittadini, autorità e sudditi, il fautore della riconciliazione con Dio? Non svela forse quel particolare legame spirituale, di cui tutti grazie al suo martirio sono stati e sono tuttora partecipi? Questo certo è effetto di una morte la quale in forza del mistero battesimale è stata profondamente innestata nella Risurrezione di Cristo, nella sua verità, nel suo amore: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dar la vita per i propri amici" (Jn 15,13).


5. San Stanislao patrono dei Polacchi! Con quanta commozione il Pontefice Romano pronunzia queste parole! egli per tanti anni della sua vita e del suo ministero episcopale si è sentito unito a questo patrono e a tutta la tradizione a lui relativa. Egli ha avuto a cuore tutti gli studi che nel secolo passato e nel nostro hanno avuto per oggetto i fatti di nove secoli or sono e i moventi che portarono a quel crimine. Tali studi provano che il fatto in sé, affidato alla storia, e lo stesso illustre protagonista sono ancora fonte di attività, di ricerca e precisazione del vero: tutto ciò possa sempre aver vitalità e importanza per la vita dell uomo, della Nazione e della Chiesa.

Pertanto, a motivo di questa singolare "vitalità" di san Stanislao, patrono della Polonia, occorre che noi, nel nono centenario della sua testimonianza resa in vita e in morte, offriamo a Dio Uno e Trino, attraverso la Madre di Cristo e della Chiesa, tutte le realtà che hanno costituito e costituiscono tuttora quella ricca eredità che la storia della salvezza in Polonia connette con l'anno 1079. E' un'eredità di fede, di speranza, di carità, che dà piena e convincente spiegazione della vita umana e sociale. E' un'eredità di sollecitudine per la salvezza e il bene spirituale e materiale del prossimo, cioè dei cittadini della stessa Nazione e di tutti coloro ai quali dobbiamo servire con stabile perseveranza. E' anche un'eredità di libertà, la quale è manifestata dallo stesso servizio e dalla donazione, attuati per amore. E', infine, una meravigliosa tradizione di solidale unità, per la cui realizzazione nella storia dei Polacchi san Stanislao, la sua morte, il suo culto e soprattutto la sua canonizzazione han dato grande apporto come provano i fatti.

La Chiesa di Polonia ogni anno onora tale eredità; ogni anno si volge alla nobile tradizione di san Stanislao, la quale è divenuta un singolare patrimonio dell'animo Polacco. In questo anno del Signore, 1979, la Chiesa di Polonia, in circostanze particolari, desidera volgersi alla stessa tradizione: si augura di scrutarla più profondamente e di trarne risultati per la vita pratica di ogni giorno; desidera riceverne aiuto nella lotta contro le debolezze, i vizi, i peccati, specialmente contro quelli che più si oppongono al bene dei Polacchi e della Polonia; cerca di rafforzare con una nuova difesa sia la fede e la speranza del premio futuro, in forza delle quali adempiere la propria missione, sia la fiducia nel servizio da prestare per la salvezza di ciascuno e di tutti.

A tali desideri, a simili ardenti richieste dei cuori, che giungono sino a noi dalla patria, noi, Giovanni Paolo II, Polacco, ci associamo intimamente. E mentre la nostra mente è presa dalla grande importanza di questo giubileo, impartiamo con grande affetto la benedizione apostolica a voi, venerabili fratelli, agli altri Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della Polonia.

Data: 1979-05-08

Data estesa: Martedì 8 Maggio 1979.



GPII 1979 Insegnamenti - Ai partecipanti al convegno sulla Pastorale Familiare - Città del Vaticano (Roma)