GPII 1979 Insegnamenti - Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)

Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)

Titolo: Qui raggiungo lo scopo del mio viaggio in Irlanda

Testo: Cari fratelli e sorelle in Cristo, figli fedeli e figlie di Maria.

1. Qui raggiungo lo scopo del mio viaggio in Irlanda: il santuario di Nostra Signora di Knock. Dal momento in cui ho saputo del centenario di questo Santuario, che si va celebrando in quest'anno, ho sentito un forte desiderio di venire qui, il desiderio di compiere ancora un altro pellegrinaggio al Santuario della Madre di Cristo, la Madre della Chiesa, la Regina della Pace. Non vi sorprenda questo mio desiderio. Cominciando dalla mia prima gioventù e nel mio Paese, è stato per me una pratica il fare pellegrinaggi ai santuari della Madonna. Ne ho compiuti anche mentre ero vescovo e cardinale. So molto bene che ogni popolo, ogni Paese, e anche ogni diocesi, ha i suoi luoghi santi in cui il cuore di tutto il popolo di Dio batte, si potrebbe dire, in modo più vivo: luoghi di un incontro speciale fra Dio e gli esseri umani; luoghi in cui Cristo abita in maniera speciale in mezzo a noi. Se questi luoghi sono tanto spesso consacrati a sua Madre, questo ci rivela in forma più completa la natura della sua Chiesa. Fin dal Concilio Vaticano II, che concluse la sua costituzione sulla Chiesa con il capitolo su "La Beata Vergine Maria, Madre di Dio, nel Mistero di Cristo e della Chiesa", questo fatto è oggi per noi più evidente che mai: si, per tutti noi, per tutti i cristiani. Non proclamiamo con tutti i nostri fratelli, anche con quelli con i quali non siamo ancora uniti in piena unità, che siamo un popolo pellegrino? Come una volta questo popolo pellegrino sotto la guida di Mosè così noi, il popolo di Dio della nuova alleanza, stiamo camminando come pellegrini sotto la guida di Cristo.

Sono qui come un pellegrino, un segno della Chiesa pellegrinante attraverso il mondo e partecipante, mediante la mia presenza come successore di Pietro, in un modo del tutto speciale alla celebrazione centenaria di questo Santuario. La liturgia della parola della Messa di oggi mi offre il modo di dare il mio saluto di pellegrino a Maria, mentre mi accosto avanti a lei nel Santuario mariano dell'Irlanda a Cnoc Mhuire, la collina di Maria.


2. "Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno" (Lc 1,42).

Queste sono le parole con cui Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, saluto Maria, sua parente di Nazaret.

"Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno"! Questo è anche il mio saluto alla Muire Mathair Dé, Maria la Madre di Dio, Regina d'Irlanda, in questo Santuario di Knock. Con queste parole, io voglio esprimere l'immensa gioia e gratitudine che riempie oggi il mio cuore in questo posto. Non avrei potuto desiderare di fare altrimenti. I momenti più alti dei miei recenti viaggi pastorali sono stati le visite ai Santuari di Maria: alla Madonna di Guadalupe nel Messico, alla Madonna Nera di Jasna Gora nella mia patria e, tre settimane fa, alla Madonna di Loreto in Italia. Oggi vengo qui perché voglio che voi tutti sappiate che la mia devozione a Maria lega me al popolo d'Irlanda in maniera specialissima.


3. La vostra è un'antica tradizione spirituale di devozione alla Madonna. Maria può veramente dire dell'Irlanda quanto abbiamo appena sentito nella prima lettura: "Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso" (Si 24,12). La venerazione a Maria è così profondamente intessuta nella vostra fede che le sue origini si perdono nei primi secoli dell'evangelizzazione del vostro Paese. Mi è stato detto che nel gergo irlandese, i nomi di Dio, di Gesù e di Maria sono legati l'uno all'altro, e che raramente nella preghiera o nella benedizione si nomina il nome di Dio senza menzionare anche il nome di Maria. So pure che avete una poesia irlandese dell'VIII secolo che chiama Maria "Sole della nostra stirpe", e che una litania dello stesso periodo la onora come "Madre della Chiesa celeste e terrestre". Ma meglio di qualsiasi espressione letteraria è la costante e radicata devozione a Maria che giustifica il successo dell'evangelizzazione di san Patrizio, che vi porto la fede cattolica in tutta la sua pienezza.

E' conveniente allora, e questo mi dà grande felicità nel constatarlo, che il popolo irlandese mantenga questa devozione tradizionale alla Madre di Dio nelle sue famiglie e parrocchie, e in maniera particolare a questo Santuario di Cnoc Mhuire. Per un secolo intero voi avete santificato questo luogo di pellegrinaggio con le vostre preghiere, i vostri sacrifici, la vostra penitenza.

Tutti quelli che sono venuti qui hanno ricevuto la benedizione per mezzo dell'intercessione di Maria. Da quel giorno di grazia, il 21 agosto del 1879, fino a oggi gli ammalati e i sofferenti, gli handicappati nel corpo e nella mente, i turbati nella loro fede o nelle loro coscienze, tutti sono stati guariti, confortati e confermati nella loro fede perché hanno avuto fiducia che la Madre di Dio li avrebbe condotti al suo figlio Gesù. Ogni volta che un pellegrino viene in questo luogo che una volta era un oscuro villaggio paludoso nella Contea di Mayo, ogni volta che un uomo, una donna o un bambino s'incontra nella vecchia chiesa dell'apparizione o nel nuovo Santuario di Maria Regina d'Irlanda, è per rinnovare la sua fede nella salvezza che viene per mezzo di Gesù, il quale trasformo tutti noi in figli di Dio ed eredi del regno dei cieli.

Avendo fiducia in Maria, voi ricevete Cristo. In Maria "il Verbo si fece carne"; in lei il Figlio di Dio divenne uomo, così che tutti noi potessimo conoscere quanto è grande la nostra dignità umana. Stando in questo luogo consacrato, noi guardiamo in alto alla Madre di Dio e diciamo: "Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno".

Il tempo presente è un momento importante nella storia della Chiesa universale e, in particolare, della Chiesa in Irlanda. Tante cose sono cambiate.

Tanti nuovi e validi significati sono stati trovati in quello che si esprime nell'essere cristiani. Tanti nuovi problemi debbono essere affrontati dai fedeli, sia per il cresciuto ritmo di cambiamento nella società, sia per le nuove esigenze richieste al popolo di Dio, esigenze di vivere al massimo la missione dell'evangelizzazione. Il Concilio Vaticano II e il Sinodo dei Vescovi hanno portato una nuova vitalità pastorale in tutta la Chiesa. Il mio venerato predecessore Paolo VI formulo sagge direttive per il rinnovamento e offri a tutto il popolo di Dio ispirazione ed entusiasmo per questo compito. In ogni cosa che egli disse e fece, Paolo VI insegno alla Chiesa di essere aperta a ogni bisogno dell'umanità e nello stesso tempo di essere fedele senza debolezze al messaggio inalterabile di Cristo. Leale all'insegnamento del Collegio dei vescovi insieme con il Papa, la Chiesa d'Irlanda ha accettato con gratitudine le ricchezze del Concilio e dei Sinodi. Il cattolico popolo irlandese ha aderito fedelmente, alcune volte nonostante le pressioni contrarie, alle ricche espressioni di fede, alle ferventi pratiche sacramentali e alla dedizione alla carità, che sono state sempre un'impronta particolare della vostra Chiesa. Ma il compito del rinnovamento in Cristo non finisce mai. Ogni generazione, con la sua mentalità e caratteristiche proprie, è come un nuovo continente da conquistare a Cristo. La Chiesa deve costantemente cercare nuove strade che la rendano capace di capire più profondamente e portare avanti con rinnovato vigore la missione ricevuta dal suo Fondatore. In questo arduo compito, come tante altre volte in altri tempi quando la Chiesa si trovava davanti a una nuova sfida, noi ci rivolgiamo a Maria, la Madre di Dio e la Sede della Sapienza, avendo fiducia che lei ci indicherà la via verso il suo Figlio. Un'antichissima omelia irlandese per la festa dell'Epifania (dal "Leabhar Breac") dice che come i Magi trovarono Gesù sulle ginocchia di sua Madre, così noi oggi troviamo Cristo sulle ginocchia della Chiesa.


4. Maria fu veramente unita a Gesù. I Vangeli non ci hanno conservato molte delle sue parole, ma quelle che sono state ricordate ci riportano di nuovo a suo Figlio e alle parole di lui. A Cana di Galilea, ella tornando dal Figlio verso i servi disse: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Lo stesso messaggio ella rivolge a noi oggi.


5. "Fate quello che vi dirà". Ciò che Gesù ci dice - con la sua vita e con la sua parola - ci è stato conservato nei Vangeli, e nelle lettere degli Apostoli e di san Paolo, e ci è stato trasmesso dalla Chiesa. Dobbiamo renderci familiari con queste parole. E lo facciamo ascoltando le letture della Sacra Scrittura nella liturgia della parola che ci introduce al Sacrificio eucaristico; leggendo le Scritture da noi stessi; nella famiglia, o insieme con gli amici, riflettendo su quanto il Signore ci dice quando recitiamo il Rosario e uniamo la nostra devozione alla Madre di Dio con la preghiera meditata dei misteri della vita di suo Figlio.

Ogni volta che abbiamo problemi, che ci sentiamo appesantiti, che dobbiamo fare scelte imposteci dalla fede, la parola del Signore ci conforterà e ci guiderà.

Cristo non ha abbandonato i suoi seguaci senza guida nel compito di capire e vivere il Vangelo. Prima di ritornare al Padre, promise di inviare il suo Santo Spirito alla Chiesa: "Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Jn 14,26).

Questo stesso Spirito guida i successori degli Apostoli, i vostri Vescovi, uniti con il Vescovo di Roma, al quale fu affidato il compito di preservare la fede e di "predicare il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Ascoltate le loro voci, perché esse vi portano la Parola del Signore.


6. "Fate tutto quello che vi dirà". Tante voci differenti assalgono il cristiano nel mondo di oggi così meraviglioso e così esigente. Tante false voci si ascoltano che sono in conflitto con la parola del Signore. Sono le voci che vi suggeriscono che la verità è meno importante del profitto personale; che il benessere, la salute e il piacere sono i veri scopi della vita; che il rifiuto di una nuova vita è migliore della generosità di spirito e della responsabilità dell'accoglienza; che la giustizia deve essere ottenuta ma senza un impegno personale del cristiano; che la violenza può essere un mezzo per ottenere un buon fine; che l'unità può essere costruita senza abbandonare l'odio.

E ora torniamo da Cana di Galilea al Santuario di Knock. Non sentiamo che la Madre di Cristo additandolo pure a noi qui e rivolgendoci le stesse parole che uso a Cana ci dice: "Fate tutto quello che vi dirà"? Ella lo sta dicendo a tutti noi. La sua voce è ascoltata più espressamente dai miei fratelli nell'Episcopato, i pastori della Chiesa in Irlanda, i quali, invitandomi qui mi hanno chiesto di rispondere a un invito che veniva dalla Madre della Chiesa. E così, venerabili fratelli, sto rispondendo, mentre col pensiero mi addentro nel passato del vostro Paese e mentre sento anche la forza del suo eloquente presente, così pieno di gioia, eppure, nello stesso tempo, così preoccupante e talvolta tanto doloroso. Sto rispondendo, come ho fatto a Guadalupe nel Messico e a Jasna Gora in Polonia. Nel mio nome e a favore di voi e nel nome di tutto il cattolico popolo d'Irlanda, pronuncio, alla fine di questa omelia, le seguenti parole di fiducia e di consacrazione: "Madre, in questo santuario tu accogli il popolo di Dio di tutta l'Irlanda e costantemente additi ad esso Cristo nell'Eucaristia e nella Chiesa. In questo momento solenne noi ascoltiamo con particolare attenzione le tue parole: "Fate tutto quello che il mio Figlio vi dirà". E noi desideriamo rispondere alle tue parole con tutto il cuore. Noi desideriamo fare quanto il tuo Figlio ci dice, quanto ci comanda, poiché egli ha parole di vita eterna. Noi desideriamo compiere e adempiere tutto ciò che viene da lui, tutto ciò che è contenuto nella Buona Novella, così come i nostri antenati fecero per molti secoli. La loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa e il loro eroico attaccamento alla Sede Apostolica, hanno in certo modo impresso in noi tutti un segno indelebile presente in tutti noi.

Questa fedeltà, lungo i secoli, ha fatto maturare frutti di eroismo cristiano e di virtuose tradizioni di vita in consonanza con la legge di Dio, specialmente in consonanza col più santo comandamento del Vangelo, quello dell'amore. Abbiamo ricevuto questa splendida eredità dalle loro mani agli inizi d'un'epoca nuova, poiché ci avviciniamo al compimento del secondo millennio da quando il Figlio di Dio fu generato da te, nostra "alma Mater", e noi intendiamo trasmettere questa eredità al futuro con la medesima fedeltà con la quale i nostri antichi padri resero ad essa testimonianza.

Oggi, perciò, in occasione della prima visita di un Papa in Irlanda, noi affidiamo e consacriamo a te, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, i nostri cuori, le nostre coscienze, i nostri lavori, affinché possano aiutarci a mantenere la fede che professiamo. Affidiamo e consacriamo a te tutti coloro che formano la comunità del popolo irlandese e la comunità del Popolo di Dio che vive in questo Paese. Noi affidiamo e consacriamo a te i vescovi dell'Irlanda, il clero, i religiosi e le religiose, i contemplativi monaci e suore, i seminaristi, i novizi.

Affidiamo e consacriamo a te i padri e le madri, i giovani, i ragazzi. Affidiamo e consacriamo a te gli insegnanti, i catechisti, gli studenti, gli scrittori, i poeti, gli autori, gli artisti, i lavoratori e i loro capi, gli impiegati e i dirigenti, i professionisti, quelli che sono impegnati in politica e nella vita pubblica, coloro che formano la pubblica opinione. Affidiamo e consacriamo a te gli sposi e quelli che si preparano al matrimonio, quelli che sono chiamati a servire te e il prossimo nel celibato, gli infermi, gli anziani, i malati di mente, gli handicappati e tutti coloro che li assistono e si prendono cura di loro. Affidiamo e consacriamo a te i prigionieri e quanti si sentono reietti, gli esiliati, quanti sentono la lontananza della casa, e coloro che sono soli.

Affidiamo alla tua cura materna la terra d'Irlanda, dove sei stata e sei tanto amata. Aiuta questa terra a stare, sinceramente, sempre con te e col Figlio tuo. La prosperità non induca mai gli uomini e le donne d'Irlanda a dimenticare Dio o abbandonare la loro fede. Mantienili nella prosperità fedeli alla fede che non avrebbero mai abbandonato nella povertà e nella persecuzione. Tienili lontani dalla cupidigia, dall'invidia, dalla ricerca di interesse egoistico o particolaristico. Aiutali a lavorare insieme con un senso di ideale cristiano e per una comune meta cristiana, costruire cioè una società giusta, pacifica e fondata sull'amore, in cui i poveri non sono mai trascurati e i diritti di tutti, specialmente dei deboli, vengano rispettati. Regina dell'Irlanda, Maria madre della Chiesa celeste e terrestre, Mathair Dé, conserva l'Irlanda fedele alla sua tradizione spirituale e alla sua eredità cristiana. Aiutala a rispondere alla sua missione storica di portare la luce di Cristo alle nazioni e così, lavorando alla gloria di Dio, essere l'onore dell'Irlanda.

O Madre, possiamo rimanere silenziosi su ciò che troviamo di più penoso, che ci lascia molte volte tanto scoraggiati? In modo particolare affidiamo a te questa grande ferita che ora affligge il nostro popolo, nella speranza che le tue mani siano capaci di curarla e guarirla. Siamo tutti interessati a quelle giovani anime che sono state coinvolte in atti sanguinosi di vendetta e di odio. Madre, non abbandonare questi giovani cuori. Madre, sta' con loro nelle loro ore più oscure, quando non possiamo né consigliarli né assisterli. Madre, proteggi noi tutti e specialmente la gioventù irlandese dall'essere travolti dall'inimicizia e dall'odio. Insegnaci a distinguere chiaramente ciò che procede dall'amore per il nostro Paese da ciò che porta l'impronta della distruzione e il marchio di Caino.

Facci comprendere che i mezzi cattivi non possono mai portare a buon fine, che ogni vita umana è sacra, che l'assassinio è assassinio, poco importa quale ne sia il motivo o il fine. Salva gli altri, quelli che assistono a questi terribili avvenimenti, da un altro pericolo: quello di vivere una vita priva di ideali cristiani o in conflitto coi principi di moralità.

Possano le nostre orecchie ascoltare con tutta chiarezza la tua voce materna: "Fate tutto quello che il mio Figlio vi dirà". Aiutaci a perseverare con Cristo; aiutaci, o Madre della Chiesa, anche a costruire il suo Corpo Mistico, vivendo quella vita che egli solo può concederci dalla sua pienezza, e che è insieme divina e umana".

Data: 1979-09-30

Data estesa: Domenica 30 Settembre 1979.





Agli ammalati - Knock (Irlanda)

Titolo: Il valore straordinario della sofferenza

Testo: Cari fratelli e sorelle.

Sono frequenti, nei Vangeli, i riferimenti al particolare amore e interesse di Nostro Signore per gli ammalati e per tutti coloro che soffrono. Gesù amo i sofferenti, e questo suo atteggiamento si è trasferito nella sua Chiesa.

Amare gli ammalati è qualcosa che la Chiesa ha imparato da Cristo.

Sono felice, oggi, di trovarmi insieme con gli ammalati e con gli handicappati. Sono venuto per rendere testimonianza dell'amore di Cristo per voi, e a dirvi che anche la Chiesa e il Papa vi amano.

Nutrono per voi rispetto e stima. Sono convinto che ci sia qualcosa di veramente particolare nella vostra missione nella Chiesa.

Con la sua sofferenza e la sua morte, Gesù prese su di sé tutta l'umana sofferenza, conferendo ad essa un nuovo valore. Di fatto, egli chiama ogni ammalato, chiama ogni persona che soffre a collaborare con lui nella salvezza del mondo. Per questo, il dolore e la sofferenza non vengono sopportati da soli, né invano. Sebbene riesca difficile capire la sofferenza, Gesù ha chiarito che questo valore è legato alla sua stessa sofferenza, al suo stesso sacrificio. In altre parole, con le vostre sofferenze voi aiutate Gesù nella sua opera di salvezza.

Questa grande verità è difficile da esprimere con precisione, ma san Paolo la spiega così: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

La vostra chiamata alla sofferenza richiede una fede forte e pazienza.

Si, questo vuol dire che voi siete chiamati all'amore con una particolare intensità. Ma ricordate che la Beata Madre di Dio è insieme con voi, così come era insieme con Gesù ai piedi della Croce. E non vi lascerà mai soli.

Data: 1979-09-30

Data estesa: Domenica 30 Settembre 1979.





Ai vescovi d'Irlanda - Knock (Irlanda)

Titolo: Sostegno del Papa e della Chiesa al ministero dei vescovi

Testo: Miei cari fratelli.

1. Una volta ancora voglio che sappiate quanto profonda è la mia gratitudine verso di voi per avermi invitato a venire in Irlanda. Per me questa visita è la realizzazione di un profondo desiderio del mio cuore: quello di venire come servo del Vangelo e come pellegrino al Santuario della Madonna di Knock in occasione del suo centenario.

Io vengo anche come il vostro fratello Vescovo di Roma ed ho grandemente desiderato questo giorno: cosicché noi possiamo celebrare insieme l'unità dell'Episcopato nel Signore nostro Gesù Cristo; cosicché noi possiamo dare pubblica testimonianza della dimensione della nostra collegialità episcopale e cosicché noi possiamo riflettere insieme sul ruolo del comando pastorale nella Chiesa, particolarmente a riguardo della nostra comune responsabilità per il benessere del popolo di Dio in Irlanda.

Noi siamo particolarmente consapevoli dello speciale incarico che ci è stato confidato come Vescovi. Infatti "in virtù della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica" (LG 22) noi siamo costituiti membri del Collegio incaricato della missione pastorale del nostro Signore Gesù Cristo.


2. La collegialità episcopale che noi condividiamo si manifesta in modi diversi.

Oggi si esprime in forma assai importante: il successore di Pietro è presente con voi allo scopo di confermarvi personalmente nella vostra fede, nel vostro apostolico ministero, e, insieme con voi, esercitare la cura pastorale dei fedeli d'Irlanda. così il mio pellegrinaggio come pastore della Chiesa universale è visto nella sua profonda dimensione di comunione ecclesiale e gerarchica. E attraverso l'azione dello Spirito Santo l'insegnamento sulla collegialità trova espressione ed attuazione qui ed in questo momento.

Nel mio primo discorso al Collegio dei Cardinali ed al mondo dopo la mia elezione alla Sede di Pietro, io chiesi "una più profonda riflessione sulle implicazioni della collegialità episcopale" (Primo radiomessaggio "Urbi et Orbi", 17 ottobre 1978: AAS 70 (1978) 919-927). Sono anche convinto che il mio incontro con la Conferenza episcopale oggi conduce ad una migliore comprensione della natura della Chiesa vista come popolo che prende i suoi cittadini da ogni razza e li rende cittadini di un regno che è di natura celeste e non terrestre" (LG 13).


3. Nel nostro incontro stiamo vivendo l'esperienza del popolo di Dio in Irlanda prima in una dimensione verticale, risalendo attraverso tutte le generazioni fino all'autentico inizio, quale esso fu, della cristianità in questo Paese. Nello stesso tempo noi raggiungiamo la dimensione orizzontale rilevando quanto il popolo di Dio che è in Irlanda sia legato nell'unità e nell'universalità della Chiesa con tutti i popoli della terra condividendo il mistero della Chiesa universale e la sua grande missione di salvezza. I Vescovi d'Irlanda soprattutto hanno la loro propria partecipazione in questa dimensione della vita della Chiesa intera perché condividono il compito del collegio episcopale: con Pietro e sotto Pietro. E così quest'incontro del Papa con i Vescovi d'Irlanda è molto importante e particolarmente eloquente sia per l'Irlanda che per la Chiesa Universale.


4. La base della nostra identità personale, del nostro comune legame e del nostro ministero si trova in Gesù Cristo Figlio di Dio e Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento.

Per questa ragione, fratelli, la mia prima esortazione giungendo oggi tra voi è questa: "Teniamo fissi i nostri occhi in Gesù che ispira e perfeziona la nostra fede" (He 12,2).

Poiché siamo Pastori di questo gregge dobbiamo logicamente guardare a colui che è Pastore Capo - "Principe dei Pastori" lo chiama Pietro nella sua prima lettera (1P 5,4) - per illuminarci, per sostenerci, per ricevere la gioia che tocca a chi serve il gregge e che lo guida "lungo il giusto cammino per la gloria del suo nome" (Ps 23,3).

Ma l'efficacia del nostro servizio all'Irlanda e all'intera Chiesa dipende dalla nostra personale relazione con Colui che san Pietro chiama "Pastore e Vescovo delle vostre anime" (1P 2,25). La base sicura della nostra autorità pastorale è dunque una profonda relazione personale di fede e di amore con Gesù Cristo nostro Signore. Come i Dodici anche noi siamo stati chiamati ad essere con lui, ad essere suoi compagni (cfr. Mc 3,14), noi possiamo presentarci come capi religiosi del nostro popolo nella situazione che coinvolge profondamente la loro vita quotidiana soltanto dopo che siamo stati in orante comunione con il Maestro, soltanto dopo che abbiamo scoperto nella fede che il Signore ha reso Cristo "nostra sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30). Nella nostra vita siamo chiamati ad ascoltare, custodire e compiere la Parola di Dio.

Nelle Sacre Scritture, e specialmente nel Vangelo, noi incontriamo Cristo costantemente; e attraverso il potere dello Spirito Santo le sue Parole diventano luce e forza per noi e per il nostro popolo. Le sue parole contengono uno speciale potere di conversione e noi impariamo dal suo esempio.

Attraverso il contatto nella preghiera con il Gesù del Vangelo, noi, suoi servitori e apostoli, assorbiamo in forma crescente la sua serenità, assumiamo i suoi atteggiamenti. Soprattutto noi acquistiamo questo fondamentale atteggiamento d'amore per il Padre suo tanto più che ciascuno di noi prova una profonda gioia ed un appagamento nella verità della nostra relazione filiale: lo amo il Padre (Jn 14,31), il Padre ama il Figlio (Jn 3,35).

La nostra relazione con Cristo ed in Cristo trova la sua più alta ed unica espressione nel sacrificio Eucaristico nel quale noi agiamo in pienezza in persona Christi. La nostra personale relazione con Gesù è poi una garanzia di fiducia per noi e per il nostro ministero. Nella nostra fede noi troviamo la vittoria che vince il mondo. Dal momento che noi siamo uniti con Gesù e da lui sostenuti, non c'è sfida che non possiamo accettare, non difficoltà che non possiamo superare, non ostacolo che non possiamo vincere per il Vangelo. Infatti Cristo stesso garantisce che "Colui che crede in me compirà le opere che io faccio; ed anche più grandi di quelle che io faccio" (Jn 14,12). Si, fratelli, la risposta a così tanti problemi si trova solo nella fede: una fede manifesta e sostenuta dalla preghiera.


5. La nostra relazione con Gesù costituirà la base più fruttuosa del nostro rapporto con i nostri sacerdoti se ci sforzeremo di essere loro fratelli, padri, amici e guide. Nella carità di Cristo noi siamo chiamati ad ascoltarli e a comprenderli; a scambiare punti di vista riguardanti l'evangelizzazione e la missione pastorale che essi condividono con noi quali cooperatori dell'ordine episcopale. Per tutta la Chiesa ma specialmente per i sacerdoti noi dobbiamo essere un segno visibile e umano dell'amore di Cristo e della fedeltà della Chiesa. così noi sosteniamo i nostri preti con il messaggio evangelico, confortandoli con la certezza del magistero e fortificandoli contro le pressioni alle quali essi devono resistere. Con la parola e con l'esempio noi dobbiamo costantemente invitare i nostri sacerdoti a pregare.

Noi siamo chiamati a mostrare generosamente ai nostri preti quell'umana attenzione, quel personale interesse, quella sincera stima attraverso la quale essi percepiranno immediatamente il nostro amore. Nonostante la molteplicità dei nostri impegni i nostri preti devono riconoscere in noi il fedele riflesso del Pastore e guardiano delle loro anime (cfr. 1P 2,25).

I nostri sacerdoti hanno fatto numerosi sacrifici, compresa la rinuncia al matrimonio per amore del Regno dei Cieli; ed essi devono essere fermamente incoraggiati a perseverare. La fedeltà a Cristo e le esigenze dell'umana dignità e della libertà domandano che essi si mantengano costantemente nel loro proposito.

La sollecitudine pastorale che noi abbiamo per i sacerdoti deve essere manifestata anche nei confronti dei nostri seminaristi. Facciamo in modo di esercitare personalmente la nostra responsabilità nei loro confronti, particolarmente nell'introdurli alla familiarità con la parola di Dio e per tutto quanto concerne la formazione che essi ricevono sia in Irlanda che altrove, Roma compresa. Nella mia lettera ai Vescovi della Chiesa lo scorso Giovedì Santo ho scritto: "La piena ricostituzione della vita dei seminari, dovunque nella Chiesa, sarà la migliore prova che è stato conseguito quel rinnovamento verso il quale il Concilio ha indirizzato la Chiesa".


6. Ad imitazione di Cristo i Vescovi si trovano di fronte ai laici come uno che serve. I laici sono la stragrande maggioranza del gregge di Gesù Cristo.

Attraverso il battesimo e la confermazione, Cristo stesso li mette a parte della sua propria missione di salvezza. Insieme al clero e ai religiosi i laici costituiscono l'unica comunione della Chiesa: "Una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una nazione santa; il popolo che Dio si è acquistato" (1P 2,9).

La massima espressione del servizio episcopale ai laici è la proclamazione della Parola di Dio che raggiunge il vertice nell'Eucaristia (cfr. PO 5). Come fedele servitore del messaggio evangelico ogni Vescovo è chiamato ad esporre al suo popolo "l'intero mistero di Cristo" (CD 12). Come il Vescovo proclama la dignità del laicato, così è anche suo compito fare tutto il possibile per promuovere la partecipazione del medesimo all'evangelizzazione spingendolo ad assumersi ogni responsabilità che gli sia propria dentro le realtà temporali. Secondo le parole di Paolo VI (EN 70): "Il campo loro proprio per l'attività evangelizzatrice è il vasto e complicato mondo del politico, del sociale e dell'economico il mondo della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale e dei mezzi della comunicazione sociale". E ci sono altre sfere di attività nelle quali essi possono effettivamente lavorare per la trasformazione della società.

In conformità con la volontà di Dio, la famiglia cristiana è un soggetto di evangelizzazione d'immensa importanza. In tutte le questioni morali di una vita veramente cristiana i laici guardano ai Vescovi come ai loro capi, pastori e padri.


7. I Vescovi devono rispondere sistematicamente a questo grido dell'umanità, abitualmente non espresso in parole, ma tuttavia realissimo: "Noi vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). E in questo i Vescovi hanno un ruolo di grande importanza, quello di mostrare Gesù al mondo, quello di presentarlo in modo autentico e convincente: Gesù Cristo vero Dio e vero uomo - Gesù Cristo via, verità e vita - Gesù Cristo uomo di preghiera.

I Vescovi sono chiamati ad essere autentici padri del loro popolo; eccellenti nello spirito di amore e di sollecitudine per tutti (cfr. CD 16). Essi devono avere una cura speciale per quelli che vivono ai margini della società. Tra questi i più bisognosi della cura dei Vescovi sono i prigionieri. Miei cari fratelli, non trascurate di provvedere ai loro bisogni spirituali e di prodigarvi anche per le loro condizioni materiali e delle loro famiglie.

Sforzatevi di offrire ai prigionieri una cura spirituale ed una guida tale da aiutarli a rivolgersi dal cammino della violenza e del crimine e a fare della loro detenzione un'occasione di autentica conversione a Cristo e di una personale esperienza d'amore.

Abbiate una speciale cura per i detenuti giovani. Tanto spesso le loro vite in rivolta sono dovute alla trascuratezza della società, piuttosto che alla loro personale cattiveria. La detenzione dovrebbe essere, specialmente per loro, una scuola di riabilitazione.


8. Nella luce della nostra consacrazione a Gesù e al suo Vangelo, nella luce anche della nostra responsabilità collegiale, il nostro odierno incontro in questo luogo riveste un'importanza speciale a causa delle difficoltà attuali dell'Irlanda, in riferimento all'intera situazione propria dell'Irlanda del Nord. Queste circostanze hanno indotto qualcuno a sconsigliarmi dal fare un pellegrinaggio in Irlanda. Queste gravi difficoltà, tuttavia, hanno reso ancora più importante il mio essere qui a condividere da vicino con tutti voi queste insolite tribolazioni e a cercare in unione con voi l'aiuto di Dio e il saggio consiglio umano.

Queste ragioni per la mia venuta quassù acquistano maggiore eloquenza se sono collocate nel quadro della mia visita alle Nazioni Unite dove sarà mio privilegio e dovere ricercare le strade di una vita pacifica e riconciliata per tutto il mondo.

Sono sicuro che i Pastori della Chiesa d'Irlanda hanno una migliore comprensione e un più profondo apprezzamento dei dolorosi problemi di questo momento. Loro dovere, come già altre volte ho avuto modo di sottolineare, è di guidare e sostenere il gregge, il popolo di Dio. Ma essi possono adempiere a questo dovere in un solo modo: soffrendo con chi soffre e piangendo con chi piange (cfr. Rm 12,15).

Su questo punto io attingo le mie convinzioni tanto dal Vangelo quanto dall'esperienza personale e storica che ho avuto nella Chiesa e nella Nazione dalla quale provengo. Durante gli ultimi due secoli, la Chiesa in Polonia ha affondato in modo specialissimo le sue radici dentro l'anima della Nazione. In parte, la ragione di ciò va ricercata nel fatto che i suoi Pastori, vescovi e preti, non hanno esitato a condividere drammi e sofferenze dei loro concittadini.

Essi si trovavano fra i deportati in Siberia ai tempi degli Zar. Essi si trovavano nei campi di concentramento nel tempo dell'indicibile terrorismo nazista durante l'ultima guerra. Questo volontario sacrificio, questa dedizione confermarono con estrema pienezza la verità sul prete, che egli è "scelto in mezzo agli uomini... per agire in favore degli uomini" (He 5,1).


9. A motivo di questa fedeltà nei confronti dei loro fratelli e sorelle, dei loro concittadini, i figli e le figlie della stessa patria, i pastori e specialmente i vescovi devono riflettere con lungimiranza sul come prevenire le stragi, gli odi e il terrore, sul come lavorare per la pace e preservare il popolo da quelle terribili sofferenze.

Questo è il messaggio che Paolo VI ripeté più di trenta volte invocando la pace e la giustizia per l'Irlanda del Nord. Egli non cesso mai di condannare la violenza e di fare appello alla giustizia. Nella solennità di Pentecoste del 1974, egli scrisse al Cardinale Conway; "Noi ardentemente preghiamo che ogni violenza cessi da qualunque parte essa venga, poiché è contraria alla legge di Dio e alla vita cristiana e civile; che in risposta alla comune coscienza cristiana e alla voce della ragione, un clima di mutua fiducia e di dialogo sia ristabilito nella giustizia e nella carità; che le reali e occulte cause di questo sociale turbamento - che non possono essere ridotte a differenze di natura religiosa - siano identificate e eliminate".

Questi sforzi, venerati e cari fratelli, devono essere continuati. La fede e l'etica sociale ci chiedono rispetto per le autorità costituite dello Stato. Ma questo rispetto trova anche la sua espressione in atti individuali di mediazione, nella persuasione, nella influenza morale e chiaramente in richieste ferme. In realtà, è vero, come dice san Paolo, che chi ha l'autorità tiene in mano la spada (cfr. Rm 13,4), alla quale noi rinunciamo in conformità alla chiara raccomandazione di Cristo a Pietro nel giardino del Getsemani (cfr. Mt 26,52), e tuttavia, proprio perché siamo senza difese, noi abbiamo uno speciale diritto e dovere di influenzare coloro che detengono la spada dell'autorità. Perché è ben noto che, nel campo dell'azione politica, come altrove, non tutto può essere ottenuto con i mezzi della spada: ci sono ragioni più profonde e leggi più forti alle quali uomini d'azione e popoli sono soggetti. E' dovere nostro discernere queste ragioni e, alla loro luce, diventare, di fronte alle autorità, portavoce dell'ordine morale. Questo ordine è superiore alla forza e alla violenza. In questa superiorità dell'ordine morale è espressa tutta la dignità degli uomini e delle nazioni.


10. Io richiamo con profonda soddisfazione un particolare significato nella serie degli eventi connessi con il mio viaggio in Irlanda. E' molto significativo che l'invito rivoltomi dall'Episcopato attraverso i suoi quattro Arcivescovi sia stato seguito da un invito venutomi da altre Chiese, specialmente dagli Anglicani irlandesi. Approfitto dell'occasione per sottolineare ancora una volta questo fatto e per esprimere loro i miei rinnovati ringraziamenti e il mio apprezzamento.

Io vedo in questa circostanza un segno di speranza molto promettente. In considerazione dei motivi che vi sono ben noti, non ho potuto accettare questo invito veramente ecumenico, visitando Armagh in Irlanda del Nord e non ho potuto andare più in là di Drogheda. Tuttavia, l'eloquenza di questa ecumenica prontezza corrisponde veramente a quanto espresso nella mia prima enciclica: "Nella presente storica situazione della cristianità e del mondo, l'unica possibilità che noi vediamo per adempiere alla missione universale della Chiesa, per ciò che concerne le questioni ecumeniche, è quella di cercare sinceramente, con perseveranza, umiltà e anche coraggio, le strade di un contatto più stretto e dell'unione... Noi dobbiamo cercare l'unità senza scoraggiarci per le difficoltà che possono addensarsi lungo la strada; altrimenti noi saremmo infedeli alla Parola di Cristo, noi mancheremmo di adempiere al suo Testamento. Abbiamo forse il diritto di correre questo rischio?" (Giovanni Paolo II, RH 6).

La testimonianza della fede in Cristo, che condividiamo con i nostri fratelli, deve continuare a trovare espressione non solo nella preghiera della piena unità, ma anche nella preghiera e nello sforzo per la riconciliazione e la pace in questa amata terra. Questa unione di sforzi deve condurci a prendere in considerazione l'intero meccanismo della lotta, della crudeltà, dell'odio crescente, allo scopo di "vincere il male con il bene" (Rm 12,12).

Che cosa dunque dobbiamo fare? Io seriamente spero che con uno sforzo continuo voi e i nostri fratelli nella fede diventerete portavoce delle giuste ragioni della pace e della riconciliazione davanti a coloro che adoperano la spada e a coloro che di spada periscono. Quanto è triste pensare a tutte le vite che sono state perdute, specialmente quelle dei giovani. Che terribile perdita per il loro paese, per la Chiesa, per l'umanità intera.


1 1. Venerabili pastori della Chiesa d'Irlanda: questo servizio alla giustizia e all'amore sociale che vi tocca in questo particolare momento è certamente difficile.

E' difficile ma è vostro dovere! Non temete: Cristo è con voi! Egli vi darà il suo Santo Spirito: lo spirito di consiglio e di fortezza. E quantunque questo spirito di Dio sia frequentemente osteggiato, nel cuore dell'uomo e nella storia dell'umanità, dallo "spirito di questo mondo" e dallo "spirito delle tenebre", tuttavia la vittoria finale può essere soltanto quella dell'amore e della verità. Continuate con perseveranza il difficile servizio che vi è proprio facendo ogni cosa "nel nome del Signore Gesù" (Col 3,17). Siate certi che nel vostro ministero voi avete il mio sostegno e quello della Chiesa universale. E tutti gli uomini e le donne di buona volontà, sono in piedi accanto a voi nella ricerca della pace, della giustizia e dell'umana dignità.

Cari fratelli: nel nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa io ringrazio voi e attraverso voi tutta l'Irlanda. Io vi ringrazio per la vostra fedeltà al Vangelo, per il vostro ininterrotto contributo alla diffusione della fede cattolica, per il vostro autentico e insostituibile servizio reso al mondo.

Per tutto ciò che riguarda il futuro, fratelli, coraggio e fiducia! Camminate nella luce del mistero pasquale in quella luce che mai dovrà essere spenta nella vostra terra! Andate avanti con la forza dello Spirito Santo, con i meriti di Gesù Cristo! E rallegratevi con grande gioia della infallibile intercessione e protezione di Maria, grande madre, Madre di Dio, Regina degli Apostoli, Regina dell'Irlanda, Regina della Pace! Fratelli, andiamo avanti insieme, per il bene dell'Irlanda e per la gloria della santissima Trinità. E per questo "teniamo i nostri occhi fissi in Gesù che ispira e perfeziona la nostra fede".

Data: 1979-09-30

Data estesa: Domenica 30 Settembre 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)