GPII 1979 Insegnamenti - Al consiglio dell'Episcopato Polacco per la scienza - Czestochowa (Polonia)





Angelus da Jasna Gora - Czestochowa (Polonia)

Titolo: La recita dell'Angelus impegna alla coerenza

Testo:

1. C'è a Roma la bella usanza che, ogni domenica e festa di precetto, il Papa reciti l'"Angelus Domini" con i fedeli che si radunano per questo in Piazza San Pietro.

Ho trovato questa usanza come eredità dei miei venerabili predecessori e la continuo con grande gioia. La preghiera viene preceduta da una breve meditazione ed anche un ricordo degli avvenimenti che bisogna particolarmente raccomandare a Dio nella preghiera, e si conclude con la benedizione.

I miei connazionali in Polonia sanno di questa usanza romana. Anzi dal momento in cui sono stato chiamato alla Cattedra di san Pietro, hanno cominciato spontaneamente ad unirsi a me esercitando l'"Angelus Domini" ogni giorno nelle ore stabilite del mattino, del mezzogiorno e della sera. Questa preghiera è diventata usanza universale, come lo confermano numerose lettere e accenni sulla stampa.

Mediante l'"Angelus Domini" ci uniamo spiritualmente tra di noi, ci ricordiamo a vicenda, condividiamo il mistero della salvezza e anche il nostro cuore.

Oggi recitando l'"Angelus Domini" da Jasna Gora desidero ringraziare tutti i miei Connazionali in tutta la Polonia per questa loro nobile iniziativa.

Mi ha sempre profondamente commosso la costante prova del vostro ricordo, e oggi desidero esprimerle pubblicamente questo sentimento.


2. Nello stesso tempo desidero, insieme a voi, carissimi fratelli e sorelle, chiedere alla Madre santissima che la preghiera dell'"Angelus" ricordi continuamente, a ciascuno e a tutti, quanto sia grande la dignità dell'uomo. Tale infatti è anche il frutto di questa preghiera e il suo fine. Ricordando che "il Verbo si fece carne", che cioè il Figlio di Dio è diventato uomo, dobbiamo prendere coscienza di quanto sia diventato grande, attraverso questo mistero - cioè attraverso l'incarnazione del Figlio di Dio - ogni uomo! Cristo infatti è stato concepito nel grembo di Maria ed è divenuto uomo per rivelare l'Amore eterno del Creatore e Padre e per manifestare la dignità di ciascuno di noi.

Se recitiamo regolarmente l'"Angelus Domini", questa preghiera deve influire su tutta la nostra condotta. Non possiamo recitarla solo con le labbra, non possiamo ripetere la preghiera dell'"Angelus Domini" e nello stesso tempo agire in modo contrastante con la nostra dignità umana e cristiana.

Adesso non parlero dettagliatamente di tutto ciò che nell'atteggiamento dei polacchi è contrario alla dignità "dell'immagine e somiglianza di Dio", alla dignità, riconfermato dal Mistero dell'Incarnazione. Conosciamo perfettamente i vizi che, alle volte, si trasformano in vere piaghe, che minacciano la vita spirituale e biologica della Nazione. Pensateci, cari fratelli e sorelle. Ve ne prego vivamente.

Continui quindi in terra polacca l'"Angelus Domini" in unione col Papa.

E porti frutto in tutta la vita dei Polacchi, non soltanto nei giorni di festa, ma in ogni giorno della loro vita.

Data: 1979-06-05

Data estesa: Martedì 5 Giugno 1979.





Ai pellegrini della Slesia - Czestochowa (Polonia)

Titolo: Nel ricordo di santa Edvige invito alla riconciliazione

Testo:

1. Desidero da Jasna Gora offrire un particolare voto al santuario di santa Edvige in Trzebnica nei pressi di Wroclaw. E lo faccio per una ragione particolare. La Provvidenza Divina, nei suoi imperscrutabili disegni, ha scelto il giorno 16 ottobre del 1978 come giorno di svolta nella mia vita. Il 16 ottobre la Chiesa in Polonia festeggia santa Edvige e perciò mi sento in particolare dovere di offrire oggi alla Chiesa in Polonia questo voto per la santa che, oltre ad essere la patrona della riconciliazione per le nazioni confinanti, è anche la patrona del giorno della elezione del primo Polacco alla cattedra di Pietro. Depongo direttamente questo voto nelle mani di tutti i pellegrini, che oggi in numero così elevato sono venuti a Jasna Gora da tutta la Bassa Slesia. Vi prego di portare, dopo il ritorno alle vostre terre, questo voto del Papa al santuario di Trzebnica, che è diventato la sua nuova patria di elezione. Esso completi così la lunga storia delle vicende umane e delle opere della Divina Provvidenza, legate a quel luogo e a tutta la vostra terra.


2. Santa Edvige, moglie di Enrico della dinastia dei Piast, chiamato il Barbuto, proveniva dalla famiglia bavarese degli Andechs. Essa è entrata nella storia della nostra Patria e, indirettamente, in quella di tutta l'Europa nel XIII secolo come la "donna perfetta" (Pr 31,40) della quale parla la Sacra Scrittura. Nella nostra memoria è particolarmente inciso l'avvenimento, il cui protagonista fu suo figlio, principe Enrico il Pio. E' stato lui ad opporre una valida resistenza all'invasione dei Tartari, invasione che nel 1241 passo attraverso la Polonia venendo dall'Est, dall'Asia, e arrestandosi soltanto in Slesia nei pressi di Legnica. Enrico il Pio cadde, è vero, sul campo di battaglia, ma i Tartari furono costretti a ritirarsi, e mai più arrivarono così vicini all'Ovest, con le loro scorrerie. Dietro l'eroico figlio stava sua madre, che gli infondeva coraggio e raccomandava a Cristo Crocifisso la battaglia di Legnica. Il suo cuore ha pagato con la morte del proprio figlio per la pace e la sicurezza delle terre a lei soggette, come anche di quelle confinanti e di tutta l'Europa dell'Ovest.

Durante questi avvenimenti Edvige era già vedova, ed essendo vedova consacro il resto della sua vita esclusivamente a Dio, entrando nell'abbazia di Trzebnica da lei fondata. Qui fini anche la sua santa vita nel 1243. La sua canonizzazione ebbe luogo nel 1267. Questa data è molto vicina a quella della canonizzazione di san Stanislao, avvenuta nel 1253, il santo che la Chiesa in Polonia venera da secoli come suo principale patrono.

Quest'anno, per il nono centenario del suo martirio a Cracovia in Skalka, desidero - come primo Papa figlio della nazione polacca, già successore di san Stanislao sulla cattedra di Cracovia, ed ora eletto alla cattedra di san Pietro il giorno di santa Edvige - inviare al suo santuario di Trzebnica questo mio voto che segna un'ulteriore tappa nella plurisecolare storia, alla quale tutti partecipiamo.


3. Al presente voto unisco particolarmente cordiali auguri per tutti i partecipanti a questa Sacra Eucaristia, che oggi celebro in Jasna Gora. I santi, che oggi qui commemoriamo dinanzi a nostra Signora di Jasna Gora, ci offrono, attraverso i secoli, una testimonianza di unità fra i connazionali e di riconciliazione tra le nazioni. Desidero augurare proprio questa unione e questa riconciliazione. E per questo prego ardentemente.

L'unità affonda le sue radici nella vita della Nazione, così come le ha affondate nel difficile periodo storico per la Polonia mediante san Stanislao, proprio quando la vita umana a vari livelli risponde alle esigenze della giustizia e dell'amore. La famiglia costituisce il primo di tali livelli. E io, carissimi Connazionali, desidero pregare oggi con voi per l'unità di tutte le famiglie polacche. Questa unità ha la sua origine nel sacramento del matrimonio, in quelle promesse solenni con le quali l'uomo e la donna si uniscono tra loro per tutta la vita, ripetendo il sacramentale "non ti abbandonero fino alla morte". Questa unità scaturisce dall'amore e dalla mutua fiducia, e ne sono frutto e premio l'amore e la fiducia dei figli verso i genitori. Guai, se esso dovesse indebolirsi o sgretolarsi tra gli sposi o tra i genitori e i figli! Consapevoli del male che porta con sé la disgregazione della famiglia, preghiamo oggi, affinché non accada ciò che può distruggere l'unità, affinché la famiglia rimanga vera "sede della giustizia e dell'amore".

Di una simile giustizia e amore ha bisogno la Nazione, se vuole essere interiormente unita, se vuole costituire un'unità indissolubile. E benché sia impossibile paragonare la Nazione - questa società composta da molti milioni di persone - alla famiglia - la più piccola, come si sa, comunità dell'umana società - tuttavia l'unità dipende dalla giustizia, che soddisfa i bisogni e garantisce i diritti e i doveri di ciascun membro della Nazione. così da non far nascere dissonanze e contrasti a causa delle differenze che portano con sé gli evidenti privilegi per gli uni e la discriminazione per gli altri. Dalla storia della nostra Patria sappiamo quanto sia difficile questo compito; nondimeno non possiamo esimerci dal grande sforzo che tende a costruire la giusta unità, tra i figli della stessa Patria. Ciò deve essere accompagnato dall'amore per questa Patria, amore per la sua cultura e per la sua storia, amore per i suoi valori specifici, che decidono del suo posto nella grande famiglia delle nazioni; amore, infine, per i connazionali, uomini che parlano la stessa lingua e sono responsabili per la causa comune che si chiama "Patria".

Pregando oggi insieme a voi per l'unità interna della Nazione, di cui - soprattutto nei secoli XIII e XIV - è divenuto patrono san Stanislao, desidero raccomandare alla Madre di Dio in Jasna Gora la riconciliazione tra le nazioni, di cui vediamo una mediatrice nella figura di santa Edvige. Come la condizione dell'unità interna nell'ambito di ogni società o comunità, sia nazionale che familiare, è il rispetto dei diritti di ogni suo membro, così anche la condizione della riconciliazione tra le nazioni è il riconoscimento e il rispetto del diritto di ogni nazione. Si tratta soprattutto del diritto all'esistenza e all'autodecisione, diritto alla propria cultura e al suo multiforme sviluppo.

Sappiamo bene dalla storia della nostra Patria, quanto ci sia costata l'infrazione, la violazione e la negazione di quegli inalienabili diritti. E perciò con maggior slancio preghiamo per una duratura riconciliazione tra le nazioni dell'Europa e del mondo. Sia essa frutto del riconoscimento e del reale rispetto dei diritti di ogni Nazione.


4. La Chiesa desidera mettersi a servizio dell'unità tra gli uomini, desidera mettersi a servizio della riconciliazione fra le nazioni. Ciò appartiene alla sua missione salvifica. Apriamo continuamente i nostri pensieri e i nostri cuori verso quella pace, di cui il Signore Gesù ha tante volte parlato agli Apostoli, sia prima della Passione sia dopo la sua Risurrezione: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27).

Possa questo Papa, che oggi parla qui dalla sommità di Jasna Gora, servire efficacemente la causa dell'unità e della riconciliazione nel mondo contemporaneo. Non cessate di sostenerlo in questo, con le vostre preghiere in tutta la terra polacca.

Data: 1979-06-05

Data estesa: Martedì 5 Giugno 1979.





L'appello a Jasna Gora - Czestochowa (Polonia)

Titolo: Proteggere da ogni minaccia l'uomo, la famiglia, la nazione

Testo:

1. "Maria, regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio!".

Ripeteremo tra poco queste parole che, dal tempo della Grande Novena in preparazione al Millennio del Battesimo, sono diventate l'appello di Jasna Gora e della Chiesa in Polonia.

Le ripetero oggi insieme a voi come Papa-pellegrino nella sua patria terra.

Quanto corrispondono queste parole all'invito che tante volte udiamo dal Vangelo: "Vegliate!". Rispondendo a questo invito di Cristo stesso, desideriamo oggi, come ogni sera nell'ora dell'appello di Jasna Gora, dire a sua Madre: "Sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio".

Queste parole, in modo semplice e insieme forte, esprimono che cosa significhi essere cristiano, in terra polacca, sempre, ma in modo particolare in questa decisiva "millenaria" epoca della storia della Chiesa e della Nazione.

Essere cristiano vuol dire vegliare, così come veglia il soldato di guardia, la madre col suo bambino o il medico col malato.

Vegliare significa custodire un grande bene.

In occasione del Millennio del Battesimo ci siamo resi conto, con forza nuova, di quale grande bene sia la nostra fede e tutta l'eredità spirituale che da essa prende origine nella nostra storia. Vegliare significa ricordare tutto questo. Significa avere una percezione acuta dei valori esistenti nella vita di ogni uomo per il semplice fatto di essere uomo, di essere stato creato ad immagine e somiglianza di Dio e di essere stato redento dal Sangue di Cristo. Vegliare vuol dire ricordare tutto questo. Ricordarlo per se stessi e spesso anche per gli altri, per i connazionali, per il prossimo.


2. Bisogna vegliare, miei carissimi fratelli e sorelle, bisogna vegliare ed avere premurosa cura di ogni bene dell'uomo, perché questo è il grande compito che tocca a ciascuno di noi. Non si può permettere che vada perduto tutto ciò che è umano, polacco, cristiano su questa terra.

"Siate temperanti, vigilate" (1P 5,8) dice san Pietro; e io oggi, nell'ora dell'Appello di Jasna Gora, ripeto le sue parole. Mi trovo qui, infatti, per vegliare in questa ora con voi e mostrarvi quanto risenta in me profondamente ogni minaccia contro l'uomo, contro la famiglia e la nazione. Minaccia che ha la sua sorgente sempre nella nostra debolezza umana, nella volontà fragile, nel modo superficiale di considerare la vita.

E pertanto, carissimi Connazionali, in quest'ora di particolare sincerità, in quest'ora di apertura del cuore davanti a nostra Signora di Jasna Gora, vi parlo di questo e questo vi confido. Non soccombete alla debolezza! Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete col bene il male (cfr. Rm 12,21). Se vedi che tuo fratello cade, sollevalo, non lasciarlo esposto al rischio! Talvolta è difficile sorreggere l'altro uomo, tanto più se "ci sfugge di tra le mani"... Ma si può far questo? E' Dio stesso, è Cristo stesso che ci affida ciascuno dei nostri fratelli, dei nostri connazionali, dicendo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). State attenti a non rendervi responsabili dei peccati degli altri! Cristo rivolge severe parole all'indirizzo di coloro che danno scandalo (cfr. Mt 18,6-7). Pensa dunque, caro fratello o sorella, in quest'ora di sincerità nazionale, davanti alla Madre e al suo cuore pieno d'amore, se non scandalizzi, se non spingi al male, se non carichi con leggerezza la tua coscienza dei vizi e delle cattive abitudini che gli altri contraggono a causa tua... I giovani... forse perfino i tuoi propri figli.

"Siate temperanti e vigilate"! Vegliare e ricordare in questo modo vuol dire stare accanto a Maria.

Sono vicino a te! Non posso essere vicino a lei, a nostra Signora di Jasna Gora, non vegliando e non ricordando in questo modo, Se infatti "veglio e ricordo" per ciò stesso sono vicino a lei. E poiché essa ha pervaso così profondamente i nostri cuori, è più facile per noi vegliare e ricordarci di quella che è la nostra eredità e il nostro dovere, stando vicino a Maria. "Sono vicino a te".


3. L'appello di Jasna Gora non ha cessato di essere la nostra preghiera e il nostro programma! Preghiera e programma di tutti! Sia esso in modo particolare la preghiera e il programma delle famiglie polacche! La famiglia è la prima e fondamentale comunità umana. E' ambiente di vita, è ambiente di amore. La vita di ogni società, Nazione e Stato, dipende dalla famiglia, se cioè essa è in seno a loro un vero ambiente di vita e di amore.

Bisogna far molto, anzi, far tutto il possibile per dare alla famiglia le condizioni a ciò necessarie: condizioni di lavoro, condizioni di alloggio, condizioni di mantenimento, cura della vita concepita, rispetto sociale della paternità e della maternità, gioia che danno i bambini che vengono al mondo, pieno diritto all'educazione e insieme aiuto sotto varie forme per l'educazione... Ecco un vasto e ricco programma, dal quale dipende l'avvenire dell'uomo e quello della Nazione.

Quanto desidero oggi, carissimi connazionali, quanto ardentemente desidero che in questo programma si compia giorno per giorno, anno per anno, l'appello di Jasna Gora, la preghiera dei cuori polacchi.

Quanto ardentemente desidero io, che devo la vita, la fede, la lingua ad una famiglia polacca, che la famiglia non cessi mai di essere forte della forza di Dio. Che essa superi tutto ciò che la indebolisce, che la spezza, tutto ciò che non le permette di essere vero ambiente di vita e di amore.

Per questo prego per voi ora, con le parole dell'appello di Jasna Gora.

E desidero pregare anche in avvenire, ripetendo: "Sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio", affinché questo nostro grido dinanzi alla Madre di Dio si ripercuota e si attui là dove ne è maggiore il bisogno.

Là dove, dalla fedeltà a queste parole ripetute alla fine del primo millennio, dipenderà in massima parte il nuovo millennio.

Data: 1979-06-05

Data estesa: Martedì 5 Giugno 1979.





Ai seminaristi a Jasna Gora - Czestochowa (Polonia)

Titolo: Collaborare con Cristo per la propria vita interiore

Testo: Miei carissimi!

1. Il Vangelo che più spesso sentiamo leggere, quando siamo presenti qui a Jasna Gora, è quello che ci ricorda le nozze di Cana di Galilea. San Giovanni, come testimone oculare, ha descritto in tutti i particolari quell'avvenimento, che ha avuto luogo agli inizi della vita pubblica di Cristo Signore. Questo è il primo miracolo - primo segno della forza salvifica di Cristo - compiuto alla presenza di sua Madre e dei suoi primi discepoli, futuri Apostoli. Anche voi vi siete qui radunati come discepoli di Cristo Signore. Ciascuno di voi è diventato suo discepolo attraverso il santo battesimo, che obbliga ad una solida preparazione dei nostri intelletti, delle nostre volontà, dei nostri cuori. Ciò si compie mediante la catechesi, prima nelle nostre famiglie, poi nella parrocchia. Mediante la catechesi approfondiamo sempre più il mistero di Cristo e scopriamo in che cosa consista la nostra partecipazione ad esso. La catechesi non è soltanto un apprendere nozioni religiose, ma un introdurre alla vita di partecipazione al mistero di Cristo. così dunque, conoscendo lui - e conoscendo attraverso lui, anche il Padre: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Jn 14,9) - diventiamo, nello Spirito Santo, partecipi della nuova vita che Cristo ha innestato in ciascuno di noi già fin dal battesimo, e ha poi confermato con la cresima.


2. Questa nuova vita che Cristo ci dona diventa la nostra vita spirituale, la nostra vita interiore. Scopriamo quindi noi stessi: scopriamo in noi l'uomo interiore con le sue qualità, talenti, nobili desideri, ideali, ma scopriamo anche le debolezze, i vizi, le cattive inclinazioni: egoismo, orgoglio, sensualità.

Sentiamo perfettamente quanto i primi di questi aspetti della nostra umanità meritino di essere sviluppati e rafforzati, e quanto invece i secondi siano da superare, da combattere, da trasformare. In tal modo - nel vivo contatto col Signore Gesù, nel contatto del discepolo col Maestro - inizia e si sviluppa la più sublime attività dell'uomo: il lavoro su se stesso, che ha come fine la formazione della propria umanità. Nella nostra vita ci prepariamo ad eseguire vari lavori nell'una e nell'altra professione, invece il lavoro interiore tende unicamente a formare l'uomo stesso: quell'uomo che è ciascuno di noi. Questo lavoro è la più personale collaborazione con Gesù Cristo, simile a quella che si è verificata nei suoi discepoli quando li ha chiamati all'intimità con sé.


3. Il Vangelo di oggi parla del banchetto. Siamo consapevoli che il nostro Divin Maestro, chiamandoci alla collaborazione con lui - collaborazione che noi, come suoi discepoli accettiamo per diventare suoi apostoli - ci invita come a Cana di Galilea. Egli bandisce infatti dinanzi a noi, come hanno descritto in modo espressivo e simbolico i Padri della Chiesa, due mense: la mensa della Parola di Dio e la mensa dell'Eucaristia. Il lavoro che assumiamo su noi stessi consiste nell'avvicinarsi a queste due mense per attingervi a piene mani. So quanto siano numerosi in Polonia i giovani, ragazzi e ragazze, che con gioia, con fiducia, con interiore desiderio di conoscere la verità e trovare l'amore puro e bello, si avvicinano alla mensa della Parola di Dio e alla mensa dell'Eucaristia. In occasione del nostro incontro odierno, desidero sottolineare il grande significato delle varie forme di quel lavoro creativo, che ci permette di trovare il profondo valore della vita, il vero fascino della giovinezza, vivendo nell'intimità con Cristo Maestro, nella sua grazia santificante. Si scopre in questo modo che la vita umana, alle cui soglie ancora si trovano i giovani, ha un senso molto ricco e che essa - sempre e ovunque - è una libera e consapevole risposta alla chiamata di Dio, è una ben definita vocazione.


4. Alcuni di voi hanno scoperto che Cristo li chiama in modo particolare al suo esclusivo servizio e vuole vederli all'altare come suoi ministri, oppure sulle vie della consacrazione evangelica mediante i voti religiosi. Questa scoperta della vocazione viene seguita da un particolare lavoro di pluriennale preparazione, che si realizza nei seminari ecclesiastici o nei noviziati religiosi. Queste istituzioni - benemerite nella vita della Chiesa - non cessino mai di attirare le anime giovanili, pronte a dare se stesse unicamente al Redentore, affinché si adempia ciò che voi cantate così spontaneamente: "Vieni con me a salvare il mondo, è già il ventesimo secolo...". Ricordatevi che gioisco per ogni vocazione sacerdotale e religiosa, come dono particolare di Cristo Signore per la Chiesa, per il Popolo di Dio, come testimonianza singolare della vitalità cristiana delle nostre diocesi, parrocchie, famiglie. E oggi qui, insieme a voi, affido ogni giovane vocazione a nostra Signora di Jasna Gora e gliela offro come un bene particolare.


5. Durante il banchetto di Cana di Galilea, Maria chiese a suo Figlio il primo segno a favore dei giovani sposi e dei padroni di casa. Maria non cessi di pregare per voi, per tutta la gioventù polacca, per la gioventù di tutto il mondo, affinché si manifesti in voi il segno di una nuova presenza di Cristo nella storia.

E voi, miei carissimi, ricordate bene queste parole che la Madre di Cristo ha pronunciato a Cana, rivolgendosi agli uomini che dovevano riempire le giare d'acqua. Ha detto allora indicando suo Figlio: "Fate quello che vi dirà"! (Jn 2,5).

Anche a voi oggi dice lo stesso.

Accettate queste parole.

Ricordatele.

Esigetele! Data: 1979-06-06

Data estesa: Mercoledì 6 Giugno 1979.





Ai sacerdoti - Czestochowa (Polonia)

Titolo: La testimonianza evangelica nel ministero sacerdotale

Testo: Cari miei fratelli nel sacerdozio e insieme, nello stesso sacerdozio di Cristo, amatissimi figli.

1. Ci incontriamo qui ai piedi della Genitrice di Dio, davanti al volto della nostra Madre: Madre dei sacerdoti. Ci incontriamo in circostanze insolite, che voi certamente, così come me profondamente sentite. Eppure questo primo Papa-Polacco, che oggi sta qui di fronte a voi, ha percepito la grazia della vocazione sacerdotale sulla terra polacca, è passato per il seminario maggiore polacco (in buona parte sotterraneo, perché durante l'occupazione), ha studiato alla Facoltà Teologica dell'Università Jagellonica, ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale dal vescovo polacco di indimenticabile memoria e principe inflessibile, il Cardinale Adam Stefan Sapieha; ha partecipato, con voi, alle stesse esperienze della Chiesa e della Nazione.

Questo soprattutto desidero dirvi nell'incontro odierno. Tutto ciò che qui si è in me consolidato, che di qui ho portato echeggia durante tutti i miei incontri con i sacerdoti, che ho avuto occasione di avere dal giorno 16 ottobre 1978. Perciò oggi, incontrandomi con voi, desidero riferirmi soprattutto alle parole che in quelle diverse occasioni ho già pronunciato. Ritengo infatti che voi tutti abbiate qualche parte nella loro formulazione, e a voi in parte spettano i diritti d'autore. Inoltre, reputo che, anche se pronunciate già a Roma o altrove, si riferiscano a voi in Polonia.


2. Ecco un brano del discorso indirizzato ai sacerdoti diocesani e religiosi della diocesi di Roma il 9 novembre dell'anno scorso: "Ricordo - dicevo - gli ammirevoli, zelanti e spesso eroici sacerdoti, con i quali ho potuto condividere la sollecitudine e le lotte... Nel mio precedente lavoro vescovile, mi ha reso grande servizio il Consiglio Presbiterale, sia come comunità, sia come luogo di ritrovo per condividere, insieme al Vescovo, la comune sollecitudine per tutta la vita del "presbyterium" e per l'efficacia della sua attività pastorale... Mentre vi incontro qui per la prima volta e vi saluto con sincero affetto - dicevo ancora ai sacerdoti e ai religiosi di Roma - ho ancora nei miei occhi e nel cuore il "presbyterium" della Chiesa di Cracovia, tutti i nostri incontri in varie occasioni, i numerosi colloqui che hanno avuto inizio fin dagli anni del Seminario, i convegni dei sacerdoti compagni di ordinazione dei singoli corsi seminaristici, ai quali sempre sono stato e ho partecipato con gioia e profitto!" (cfr. "Discorso al clero di Roma", 9 novembre 1978).


3. Ed ora, riandando insieme al grande incontro con i sacerdoti messicani al Santuario della Madonna a Guadalupe, ai quali ho rivolto queste parole: "Servitori di una causa sublime, da voi dipende in buona parte la sorte della Chiesa nei settori affidati alla vostra cura pastorale. Ciò vi impone una profonda coscienza della grandezza della missione ricevuta e della necessità di adeguarvi ogni volta di più ad essa. Si tratta, in effetti... della Chiesa di Cristo - quale rispetto e amore ciò deve infonderci! - che dovete servire con gioia in santità di vita (cfr. Ep 4,13). Questo servizio elevato ed esigente reso senza una chiara e radicata convinzione circa la vostra identità di sacerdoti di Cristo, depositari e amministratori dei misteri di Dio, strumenti di salvezza per gli uomini, testimoni di un regno che inizia in questo mondo, ma si completa nell'aldilà" ("Discorso ai sacerdoti diocesani e religiosi a Guadalupe", 27 gennaio 1979).

4. Infine la terza enunziazione, e forse, la meglio conosciuta: la Lettera a tutti i sacerdoti della Chiesa in occasione del Giovedì Santo 1979. Ho sentito particolarmente vivo il bisogno di rivolgermi ai sacerdoti di tutta la Chiesa proprio all'inizio del mio pontificato. Desideravo che questo avvenisse in occasione del Giovedì Santo, in occasione della "festa dei sacerdoti". Avevo davanti agli occhi quel giorno nella Cattedrale a Wawel, quando abbiamo rinnovato insieme la nostra fede nel sacerdozio di Cristo stesso dedicandogli di nuovo, a sua piena disposizione, tutto il nostro essere, anima e corpo, affinché egli potesse operare mediante noi e compiere la sua opera salvifica.

"La nostra attività pastorale - ho scritto tra l'altro - esige che siamo vicini agli uomini e a tutti i loro problemi, sia quelli personali e familiari, che quelli sociali, ma esige pure che stiamo vicini a tutti questi problemi "da sacerdoti". Solo allora, nell'ambito di tutti quei problemi, rimaniamo noi stessi.

Se quindi serviamo quei problemi umani, alle volte molto difficili, allora conserviamo la nostra identità e siamo veramente fedeli alla nostra vocazione.

Dobbiamo cercare con grande perspicacia, insieme con tutti gli uomini, la verità e la giustizia, la cui vera e definitiva dimensione non possiamo trovare che nel Vangelo, anzi, in Cristo stesso" ("Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979").


5. Cari sacerdoti polacchi riuniti oggi a Jasna Gora, ecco i principali pensieri che desideravo condividere con voi. I sacerdoti polacchi hanno la loro propria storia, che hanno scritto, in stretto legame con la storia della Patria, le intere generazioni dei "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1), che ha dato la nostra terra.

Abbiamo sentito sempre un profondo legame col Popolo di Dio, con questo popolo in mezzo al quale siamo "scelti" e per il quale veniamo "costituiti" (cfr. He 5,1). La testimonianza della fede viva che attingiamo al Cenacolo, al Getsemani, al Calvario; della fede succhiata col latte dalle nostre madri; della fede consolidata tra le dure prove dei nostri connazionali, è la nostra tessera spirituale; il fondamento della nostra identità sacerdotale.

Potrei nell'incontro odierno non ricordare le migliaia di sacerdoti polacchi, che durante l'ultima guerra hanno perso la vita, soprattutto nei campi di concentramento? Permettete pero di limitare i ricordi che mi si affollano nella mente e nel cuore. Diro soltanto che questa eredità della fede sacerdotale, del servizio, della solidarietà con la Nazione nei suoi periodi più difficili, che costituisce, in un certo senso, il fondamento della storica fiducia nei sacerdoti polacchi da parte della società, deve essere sempre elaborata da ciascuno di voi e sempre, direi, di nuovo conquistata. Cristo Signore ha insegnato agli Apostoli quale concetto devono avere di sé e che cosa devono esigere da se stessi: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17,10). Dovete quindi, cari fratelli, Sacerdoti Polacchi, ricordando queste parole e le esperienze storiche, avere sempre davanti agli occhi queste esigenze, che provengono dal Vangelo, che sono la misura della vostra vocazione. E' un grande bene questo credito di fiducia, che il sacerdote polacco ha nella società quando è fedele alla missione e il suo atteggiamento è limpido e conforme con questo stile, che la Chiesa in Polonia ha elaborato nel corso degli ultimi decenni: lo stile cioè della testimonianza evangelica del servizio sociale. Dio ci assista affinché questo stile non venga esposto a qualsiasi "titubanza".

Cristo chiede ai suoi discepoli che la loro luce "risplenda davanti agli uomini" (cfr. Mt 5,16). Ci rendiamo benissimo conto delle debolezze umane che sono in ognuno di noi. Con umiltà pensiamo alla fiducia che ha in noi il Maestro e Redentore, affidando alle nostre mani sacerdotali il potere sul suo corpo e sul suo sangue. Voglio sperare che, con l'aiuto della sua Madre siate in grado, in questi tempi difficili e spesso non limpidi, di comportarvi in modo tale che "risplenda la vostra luce davanti agli uomini". Preghiamo per questo, incessantemente. Preghiamo con grande umiltà.

Desidero inoltre esprimere il cordiale augurio che la Polonia non cessi di essere la Patria delle vocazioni sacerdotali e la terra della grande testimonianza, che viene resa a Cristo mediante il servizio della nostra vita: mediante il ministero della Parola e dell'Eucaristia.

Amate Maria, cari fratelli! Da questo amore non cessate di trarre la forza per i vostri cuori. Essa si dimostri per voi e mediante voi la Madre di tutti, che hanno si grande sete di questa maternità.

IMonstra te esse matrem / Sumat per te preces / qui pro nobis natus / tulit esse tuus". / Amen.

Data: 1979-06-06

Data estesa: Mercoledì 6 Giugno 1979.





Alla Messa per gli operai - Czestochowa (Polonia)

Titolo: Terra di grande lavoro, terra di grande preghiera

Testo:

1. Jasna Gora è diventata la capitale spirituale della Polonia, alla quale giungono i pellegrini da tutte le parti del patrio suolo, per ritrovarvi l'unità con Cristo Signore mediante il cuore di sua Madre. E non soltanto dalla Polonia, ma anche d'oltre frontiera. L'immagine della Madonna di Jasna Gora è diventata in tutto il mondo segno dell'unità spirituale dei Polacchi. Essa è anche, direi, un segno di riconoscimento della nostra spiritualità e, in pari tempo, del nostro posto nella grande famiglia dei popoli cristiani radunati nell'unità della Chiesa.

Mirabile è infatti quel regnare della Madre mediante la sua effige in Jasna Gora: il regnare del Cuore sempre più necessario al mondo, il quale tende ad esprimere tutto mediante freddi calcoli e fini puramente materiali.

Arrivando come pellegrino a Jasna Gora, desidero di qui unirmi cordialmente con tutti coloro che appartengono a questa comunità spirituale, a questa grande famiglia estesa su tutta la terra polacca e oltre le sue frontiere.

Desidero che noi tutti c'incontriamo nel cuore della Madre. Mi unisco mediante la fede, la speranza e la preghiera con tutti quelli che non possono venire qui. Mi unisco, particolarmente, con tutte le comunità della Chiesa di Cristo in Polonia, con tutte le Chiese diocesane, con i loro Pastori, con tutte le parrocchie, con le famiglie religiose maschili e femminili.

In modo particolare mi rivolgo a voi, che siete oggi qui venuti dalla Slesia e da Zaglebie Dabrowskie. Entrambe queste terre, entrambe queste regioni della Polonia antica e odierna mi sono vicine. La ricchezza della Polonia attuale è in buona parte legata alle risorse naturali, di cui la Provvidenza ha dotato queste terre, e ai grandi cantieri di lavoro umano, che son sorti qui durante gli ultimi secoli. Storicamente, sia la Slesia che Zaglebie - e in particolare la Slesia - sono sempre rimaste in stretta unione con la sede di san Stanislao. Come antico metropolita di Cracovia, desidero esprimere la mia particolare gioia per questo nostro incontro, che oggi si attua ai piedi di Jasna Gora. Sono stato sempre vicino col cuore alla Chiesa di Katowice che porta alla vita cattolica di Polonia, nel suo insieme, particolari esperienze e valori.


GPII 1979 Insegnamenti - Al consiglio dell'Episcopato Polacco per la scienza - Czestochowa (Polonia)