GPII 1979 Insegnamenti - Congedo - aeroporto di Balice (Polonia)


2. Eminentissimo Cardinale Primate di Polonia, porgo anche i miei calorosi ringraziamenti a lei per il suo "arrivederci" espresso a nome personale e di tutta la Chiesa in Polonia. Alle parole di benvenuto volevo rispondere con tutto il mio servizio che, grazie alla divina Provvidenza e grazie alla vostra cordialità, ho avuto la fortuna e la gioia di compiere in questi pochi giorni. In questo momento non mi rimane che ringraziare con tutto il cuore Vostra Eminenza, l'Episcopato, i Sacerdoti, le famiglie religiose maschili e femminili e tutto il Popolo di Dio in Polonia per i così caldi e cordiali sentimenti, per le preghiere, che mi hanno circondato in questo indimenticabile pellegrinaggio da Varsavia attraverso Gniezno di sant'Adalberto, attraverso Jasna Gora, fino a san Stanislao a Cracovia.

Ringrazio Dio per la vostra fede, per il vostro attaccamento alla Sede Apostolica e al successore di san Pietro.

La mia breve permanenza in Polonia ha rafforzato ancor di più i miei legami spirituali con la mia amata Patria e con questa Chiesa dalla quale provengo e che voglio servire con tutto il mio cuore, con tutte le mie forze mediante il mio ministero universale di Papa.

Vi ringrazio di avermi assicurato del vostro ricordo nella preghiera.

Là, oltre le Alpi, ascoltero nello spirito il suono delle campane che chiamano i fedeli alla preghiera, soprattutto, all'Angelus, e contemporaneamente sentiro il battito del cuore dei miei connazionali.

"Dio ricompensi" la venerabile Conferenza dell'Episcopato Polacco, con a capo il Cardinale Primate, il Metropolita di Cracovia, e il Vescovo-Segretario.

"Dio ricompensi" tutti.


3. La visita del Papa in Polonia è certamente un evento senza precedenti, non soltanto per questo secolo, ma anche per l'intero millennio di vita cristiana polacca, tanto più che si tratta della visita di un Papa Polacco, il quale ha il sacrosanto diritto di condividere i sentimenti della propria Nazione. Una tale partecipazione, infatti, è parte integrante del suo ministero di successore di Pietro nei riguardi di tutta la Chiesa.

Questo evento senza precedenti è indubbiamente un atto di coraggio da ambedue le parti. Tuttavia, ai tempi nostri, un tale atto di coraggio è necessario. Bisogna avere il coraggio di camminare nella direzione nella quale nessuno ha camminato finora, allo stesso modo che un tempo fu necessario a Simone il coraggio di dirigersi dal lago di Genezaret di Galilea verso Roma, a lui sconosciuta.

I nostri tempi hanno grande bisogno di una testimonianza, che esprima apertamente la volontà di avvicinare tra loro nazioni e regimi, quale condizione indispensabile per la pace nel mondo. I nostri tempi esigono da noi di non rinchiuderci nelle rigide frontiere dei sistemi, ma di cercare tutto quello che è necessario al bene dell'uomo, il quale deve trovare dappertutto la coscienza e la certezza della sua autentica cittadinanza. Avrei voluto dire: in qualunque sistema di relazioni e di forze.

Grazie, quindi, per questa visita, mentre auspico che essa si riveli utile e che in avvenire serva agli scopi e ai valori che si era proposti.


4. Mi congedo da Cracovia! Le auguro una nuova giovinezza! Auguro che essa resti per i Polacchi, per l'Europa e per il mondo quel magnifico testimone di storia della Nazione e della Chiesa che è attualmente; auguro che il patrimonio culturale racchiuso tra le mura di Cracovia, di cui il bene sta tanto a cuore al Signor Presidente dello Stato, continui a parlare col suo irripetibile contenuto. Mi congedo dalla Polonia! Mi congedo dalla mia Patria! Partendo bacio questa terra, dalla quale non può mai staccarsi il mio cuore. Vi benedica Dio Onnipotente: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Data: 1979-06-10

Data estesa: Domenica 10 Giugno 1979.





All'arrivo all'aeroporto di Ciampino - Roma

Titolo: Un messaggio di ottimismo e di speranza

Testo: Signor Presidente del Consiglio dei Ministri.

Voglia accogliere il mio apprezzamento riconoscente per le nobili parole, con le quali ha voluto porgermi il benvenuto al mio ritorno in terra d'Italia, anche a nome del Governo e di tutta la Nazione.

Il Papa ha visitato la terra natia, dove venne alla luce del sole e della fede, dove si consacro a Cristo e alla Chiesa, e ora ritorna alla sua Sede, li dove il Signore lo ha posto a guidare e a confermare i fratelli, a Roma, città provvidenzialmente eletta per essere dimora del Vicario medesimo. Ringrazio Iddio di aver potuto rivedere la Polonia, suolo benedetto e fecondo, nel quale ho affondato le mie radici di uomo, di sacerdote, di vescovo, traendone linfe ricche e vitali; Lo ringrazio con vivissimo fervore per avermi riportato qui, dove il mio spirito vuole immedesimarsi e confondersi, ogni giorno di più, con la missione universale che mi è stata affidata. Una patria, quella natale, ha preparato e rimanda all'altra, più grande, cattolica, la quale abbraccia, come il mio servizio, il mondo intero.

Sono felice di poter esprimere in quest'ora la profonda, ineffabile letizia del mio cuore, per aver potuto prendere parte alle celebrazioni centenarie per il martirio di san Stanislao: Varsavia, Gniezno, Czestochowa, Cracovia, tappe del mio peregrinare, hanno costituito altrettanti momenti di gioiosa comunione, di amicizia, di colloqui costruttivi, e soprattutto di elevazione della stessa preghiera. Le emozioni intime e profonde dei vari incontri, si sono saldate armoniosamente tra loro nel mio animo, arricchendolo di una nuova, gratificante esperienza che è pura grazia dell'Altissimo.

Ho davanti agli occhi l'ondeggiare attento, pacifico, orante di folle di fratelli, di figli, di connazionali, che hanno voluto tributare l'affetto più devoto al figlio della stessa terra, ma anzitutto al Capo visibile della Chiesa, al successore di Pietro. La fede della Polonia è realtà viva e pulsante, della quale vorrei rendervi partecipi, contenendo essa - come tutte le espressioni autentiche di fede - un messaggio di ottimismo e di speranza: "Cristo non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9). Tale sicura affermazione di Paolo, con la quale ho concluso il mio saluto ai fedeli polacchi nella Cattedrale di Varsavia, la trasmetto ora a voi, e, mediante voi, alla diletta Roma e all'Italia, quale messaggio di salvezza, che trova sempre nuove conferme in noi stessi, nella società e nel concerto dei popoli, purché la fede in Cristo ispiri le nostre responsabili scelte.

Alla conclusione del mio viaggio, mi è caro rinnovare un saluto memore e beneaugurante all'intera Nazione polacca, ed indirizzare ancora un fervido ringraziamento all'Episcopato polacco, con a capo il Cardinale Stefano Wyszynski, Primate di Polonia, e ai Rappresentanti delle Autorità dello Stato per la considerazione e la premura, con cui mi hanno accolto e circondato.

Nel significarvi che dinanzi alla venerata immagine della Madonna di Czestochowa ho avuto un ricordo particolarissimo per le sorti d'Italia, e per il bene, per la pacifica convivenza e per la serena prosperità dei suoi cittadini, rivolgo a tutti i presenti un pensiero rispettoso e cordiale e insieme la viva espressione della mia gratitudine: ai Signori Cardinali; alle Autorità civili e militari italiane, che con la loro accoglienza deferente e spontanea mi rendono più lieta l'ora del ritorno; ai distinti membri del Corpo Diplomatico, la cui presenza vuole testimoniare la partecipazione delle loro singole nazioni alla gioia del mio pellegrinaggio; a voi, che con un festoso benvenuto mi fate dono di un'autentica atmosfera di famiglia; ai dirigenti, ai piloti, al personale della Compagnia aerea, ed a quanti si sono adoperati per l'ottima organizzazione del viaggio, rendendolo insieme confortevole ed attraente. Per tutti sia attestato di affetto e di benevolenza la mia Benedizione, che estendo alla Città eterna e all'Orbe cattolico.

Data: 1979-06-10

Data estesa: Domenica 10 Giugno 1979.









Ai bambini nella Prima Comunione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gesù è il nostro compagno di strada

Testo: Carissimi bambini e bambine! Grande è la mia gioia nel vedervi qui, così numerosi e così pieni di fervore, per celebrare col Papa la Solennità liturgica del Corpo e del Sangue del Signore! Vi saluto tutti e ognuno in particolare con la più profonda tenerezza, e vi ringrazio di cuore per essere venuti a rinnovare la vostra Santa Comunione con il Papa e per il Papa; e così pure ringrazio i vostri parroci, sempre dinamici e zelanti, e i vostri genitori e parenti, che vi hanno preparati e accompagnati.

Ho ancora negli occhi lo spettacolo impressionante delle moltitudini immense incontrate nel mio viaggio in Polonia; ed ecco ora lo spettacolo dei bambini di Roma, ecco la vostra meravigliosa innocenza, i vostri occhi sfavillanti, i vostri irrequieti sorrisi! Voi siete i prediletti di Gesù: "Lasciate che i fanciulli vengano a me! - diceva il Divin Maestro - Non glielo impedite (Lc 18,16).

Voi siete anche i miei prediletti! Cari bambini e bambine! Vi siete preparati alla vostra Prima Comunione con tanto impegno e tanta diligenza, e il vostro primo incontro con Gesù è stato un momento di intensa commozione e di profonda felicità. Ricordate per sempre questo giorno benedetto della Prima Comunione! Ricordate per sempre il vostro fervore e la vostra gioia purissima! Ora poi siete venuti qui, per rinnovare il vostro incontro con Gesù. Non potevate farmi un dono più bello e più prezioso! Molti bambini avevano espresso il desiderio di ricevere la Prima Comunione dalle mani del Papa. Certo sarebbe stata per me una grande consolazione pastorale donare Gesù per la prima volta ai bambini e alle bambine di Roma. Ma ciò non è possibile; e poi è meglio che ogni bambino riceva la sua Prima Comunione nella propria Parrocchia, dal proprio parroco. Ma almeno mi è possibile oggi dare la santa Comunione a una rappresentanza di voi, tenendo presente nel mio amore tutti gli altri, in questo vasto e magnifico Cenacolo! Ed è questa per me e per voi una gioia immensa, che non dimenticheremo mai più! Nello stesso tempo voglio lasciarvi alcuni pensieri, che vi possano servire per mantenere sempre limpida la vostra fede, fervoroso il vostro amore a Gesù Eucaristico, innocente la vostra vita.

1. Gesù è presente con noi. Ecco il primo pensiero.

Gesù è risorto, è asceso al cielo; ma ha voluto rimanere con noi e per noi, in tutti i luoghi della terra. L'Eucaristia è davvero un'invenzione divina! Prima di morire in Croce, offrendo la sua vita al Padre in sacrificio di adorazione e di amore, Gesù istitui l'Eucaristia, trasformando il pane e il vino nella sua stessa Persona e dando agli Apostoli e ai loro successori, i Vescovi e i Sacerdoti, il potere di renderlo presente nella Santa Messa.

Gesù quindi ha voluto rimanere con noi per sempre! Gesù ha voluto unirsi intimamente a noi nella Santa Comunione, per dimostrarci il suo amore direttamente e personalmente. Ognuno può dire: "Gesù mi ama! Io amo Gesù".

Santa Teresa di Gesù Bambino, ricordando il giorno della sua Prima Comunione, scriveva: "Oh, come fu dolce il primo bacio che Gesù diede alla mia anima!... fu un bacio d'amore, io mi sentivo amata e dicevo a mia volta: "Vi amo, mi dono a voi per sempre"... Teresa era sparita come la goccia d'acqua che si perde in seno all'oceano. Restava solo Gesù: il maestro, il Re" ("Storia di un'anima", Queriniana 1974, Man. A, cap. IV, p. 75). E si mise a piangere di gioia e di consolazione, tra lo stupore delle compagne.

Gesù è presente nell'Eucaristia per essere incontrato, amato, ricevuto, consolato. Dovunque c'è il sacerdote, li è presente Gesù, perché la missione e la grandezza del Sacerdote è proprio la celebrazione della Santa Messa.

Gesù è presente nelle grandi città e nei piccoli paesi, nelle chiese di montagna e nelle lontane capanne dell'Africa e dell'Asia, negli ospedali e nelle carceri; perfino nei campi di concentramento era presente Gesù Eucaristico! Cari bambini! Ricevete spesso Gesù! Rimanete in lui; lasciatevi trasformare da lui!

2. Gesù è il vostro più grande Amico. Ecco il secondo pensiero.

Non dimenticatelo mai! Gesù vuole essere il nostro amico più intimo, il nostro compagno di strada.

Certamente avete tanti amici; ma non potete stare sempre con loro e non sempre essi possono aiutarvi, ascoltarvi, consolarvi. Gesù invece è l'amico che non vi abbandona mai; Gesù vi conosce uno per uno, personalmente; conosce il vostro nome, vi segue, vi accompagna, cammina con voi ogni giorno; partecipa alle vostre gioie e vi consola nei momenti del dolore e della tristezza. Gesù è l'amico di cui non si può più fare a meno, quando lo si è incontrato e si è capito che ci ama e vuole il nostro amore.

Con lui potete parlare, confidare; a lui potete rivolgervi con affetto e fiducia. Gesù è morto addirittura in Croce per nostro amore! fate un patto di amicizia con Gesù e non rompetelo mai! In tutte le situazioni della vostra vita, rivolgetevi all'Amico Divino, presente in noi con la sua "grazia", presente con noi e in noi nell'Eucaristia.

E siate anche i messaggeri e i testimoni gioiosi dell'Amico Gesù nelle vostre famiglie, tra i vostri compagni, nei luoghi dei vostri giochi e delle vostre vacanze, in questa società moderna, tante volte così triste e insoddisfatta.


3. Gesù ci attende. Ecco l'ultimo pensiero.

La vita, lunga o breve, è un viaggio verso il paradiso: là è la nostra Patria, là è la nostra vera casa; là è il nostro appuntamento! Gesù ci attende in paradiso! Non dimenticate mai questa verità suprema e confortante. E che cos'è la Santa Comunione se non un paradiso anticipato? Infatti nell'Eucaristia è lo stesso Gesù che ci attende e che incontreremo un giorno apertamente in cielo.

Ricevete spesso Gesù per non dimenticare mai il paradiso, per essere sempre in marcia verso la casa del Padre Celeste, per gustare già un poco il paradiso! Questo aveva capito Domenico Savio, che a sette anni ebbe il permesso di ricevere la Prima Comunione, e in quel giorno scrisse i suoi propositi: "Primo: mi confessero molto sovente e faro la Comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza. Secondo: voglio santificare i giorni festivi. Terzo: i miei amici saranno Gesù e Maria. Quarto: la morte ma non peccati".

Ciò che il piccolo Domenico scriveva tanti anni fa (nel 1849) vale ancora adesso e varrà per sempre.

Carissimi, concludo dicendo a voi, bambini e bambine, mantenetevi degni di Gesù che ricevete! Siate innocenti e generosi! Impegnatevi a rendere bella la vita a tutti con l'obbedienza, con la gentilezza, con la buona educazione! Il segreto della gioia è la bontà! E a voi, genitori e parenti, dico con ansia e con fiducia: amate i vostri bambini, rispettateli, edificateli! Siate degni della loro innocenza e del mistero racchiuso nella loro anima, creata direttamente da Dio! Essi hanno bisogno di amore, di delicatezza, di buon esempio, di maturità! Non trascurateli! Non traditeli! Tutti vi affido a Maria santissima, la nostra Madre del cielo, la Stella del mare della nostra vita: pregatela ogni giorno voi, fanciulli! Date a lei, a Maria santissima, la vostra mano perché vi conduca a ricevere santamente Gesù.

E rivolgiamo anche un pensiero di affetto e di solidarietà a tutti i fanciulli sofferenti, a tutti i bambini che non possono ricevere Gesù perché non lo conoscono, a tutti i genitori che sono stati dolorosamente privati dei loro figli o sono delusi e amareggiati nelle loro aspettative.

Nel vostro incontro con Gesù pregate per tutti, raccomandate tutti, invocate grazie e aiuti per tutti! E pregate anche per me, voi che siete i miei prediletti! Data: 1979-06-14

Data estesa: Giovedì 14 Giugno 1979.




Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidale slancio per costruire la "civiltà nuova"

Testo: A tutti i miei fratelli e figli in Cristo.

Nell'inaugurare il ministero apostolico la domenica 22 ottobre dello scorso anno - data che felicemente coincise con la Giornata Missionaria Mondiale nella Chiesa cattolica - non potei omettere, tra le intenzioni primarie che fervevano nel mio animo in quella solenne circostanza, il riferimento al problema sempre attuale ed urgente della dilatazione del Regno di Dio tra i popoli non cristiani. Rivolgendomi, infatti, a tutti i fedeli sparsi nel mondo, ricordai come in quel giorno la Chiesa pregasse, meditasse ed agisse perché le parole di vita del Cristo giungessero a tutti gli uomini, per essere da essi accolte come messaggio di speranza, di salvezza, di liberazione totale ("Omelia per l'inizio del pontificato", 12 ottobre 1978: AAS 70 (1978) 947).

Quel pensiero si è in me rinnovato, mentre componevo la prima Lettera Enciclica e trattavo il tema della missione della Chiesa a servizio dell'uomo; ed esso ritorna ora a vibrare ancor più insistentemente, in vista della Giornata Missionaria del prossimo autunno. Al riguardo, mi sembra opportuno riprendere e sviluppare un'affermazione che nella menzionata Enciclica ho potuto solo enunciare, quando ho scritto che "la missione non è mai una distruzione, ma e una riassunzione di valori e una nuova costruzione" (RH 12). Invero, l'espressione può offrire un tema adeguato per la comune nostra riflessione.

La Missione non è distruzione di valori Quanti e quali sono i valori presenti nell'uomo? Ricordo rapidamente quelli specifici della sua natura, quali la vita, la spiritualità, la libertà, la socievolezza, la capacità di donazione e di amore; quelli provenienti dal contesto culturale in cui egli è situato, quali il linguaggio, le forme di espressione religiosa, etica, artistica; quelli derivanti dal suo impegno e dalla sua esperienza nella sfera personale e in quelle della famiglia, del lavoro e delle relazioni sociali.

Ora è con questo mondo di valori, più o meno autentici e diseguali, che il missionario nella sua opera di evangelizzazione viene a contatto: di fronte ad essi dovrà porsi in atteggiamento di attenta e rispettosa riflessione, preoccupandosi di non soffocare mai, bensì di salvare e di sviluppare tali beni accumulati nel corso di tradizioni secolari. Bisogna riconoscere lo studio costante a cui il lavoro missionario si ispira e deve ispirarsi nell'accogliere questi valori del mondo nel quale si esercita: l'atteggiamento di fondo in coloro che portano il lieto annuncio del Vangelo alle genti è di proporre, e non già di imporre la Verità cristiana.

Ciò è richiesto, anzitutto, dalla dignità della persona umana, che la Chiesa, sull'esempio di Cristo, ha sempre difeso contro ogni aberrante forma di coercizione. Di tale dignità, infatti, la libertà è presupposto fondamentale e irrinunciabile (cfr. DH 2). Ciò è richiesto, altresi, dalla natura stessa della fede, che può nascere soltanto da un assenso libero (cfr. DH 2).

Il rispetto per l'uomo e la stima "per ciò che egli stesso nell'intimo del suo spirito ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti" (RH 12), restano principi basilari per ogni retta attività missionaria, intesa come prudente, tempestiva, operosa seminagione evangelica, non già come sradicamento di ciò che, essendo autenticamente umano, ha un intrinseco e positivo valore.

La Missione è riassunzione di valori "Le nuove Chiese - si legge nel Decreto "Ad Gentes" - dalle consuetudini e dalle tradizioni, dal sapere e dalla cultura, dalle arti e dalla scienza dei loro popoli sanno ricavare tutti gli elementi che valgono a rendere gloria al Creatore, a mettere in luce la grazia del Salvatore e a ben organizzare la vita cristiana" (AGD 22). L'azione evangelizzatrice deve mirare, pertanto, a dare rilievo e a sviluppare quel che di valido e sano è presente nell'uomo evangelizzato, come nel contesto socio-culturale a cui egli appartiene. Con un metodo attento e discreto di educazione (nel senso etimologico del "trar fuori"), essa farà emergere e maturare, dopo averli purificati dalle incrostazioni e dai sedimenti accumulatisi nel tempo, gli autentici valori di spiritualità, di religiosità, di carità che, quali "semi del Verbo" e "segni della presenza di Dio", aprono la via all'accettazione del Vangelo.

Facendo propria "la ricchezza delle nazioni che a Cristo sono state assegnate in eredità" (AGD 22), ed illuminando con la parola del Maestro quella somma di consuetudini, tradizioni e concezioni che costituiscono il patrimonio spirituale dei popoli, la Chiesa contribuirà così alla costruzione di una civiltà nuova ed universale, la quale, senza alterare la fisionomia e gli aspetti tipici dei diversi contesti etnico-sociali, attingerà il suo perfezionamento nell'acquisire i più alti contenuti evangelici. Non è forse questa la testimonianza che ci viene da tanti Paesi di missione (penso, ad esempio, alle Chiese dell'Africa), ove la forza del Vangelo liberamente e consapevolmente accettato, lungi dall'annullare, ha potenziato le tendenze e gli aspetti migliori delle culture locali e ne ha favorito l'ulteriore sviluppo? "Il Vangelo di Cristo - ricorda ancora il Concilio in una bella pagina della costituzione "Gaudium et Spes" - rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile..." (GS 58).

La Missione è una nuova costruzione L'azione evangelizzatrice, mirando a trasformare "dal di dentro" ogni creatura umana, introduce nelle coscienze un fermento rinnovatore, capace di "raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza" (Paolo VI, EN 19).

Sollecitato da tale spinta interiore, l'individuo è portato a prender sempre meglio coscienza della sua realta di "cristiano", cioè della dignità che gli è propria in quanto essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, nobilitato nella stessa natura dall'evento dell'Incarnazione del Verbo, destinato ad un ideale di vita superiore.

Troviamo qui le basi di quell'"umanesimo cristiano", nel quale i valori naturali si compongono con quelli della Rivelazione: la grazia della filiazione adottiva divina, della fraternità con Cristo, dell'azione santificatrice dello Spirito.

Diventa allora possibile la nascita della "nuova creatura", ricca ad un tempo di valori umani e divini: ecco l'"uomo nuovo", elevato ad una dimensione trascendente, da cui trae l'aiuto indispensabile per dominare le passioni e per praticare le più ardue virtù, quali il perdono e l'amore del prossimo, divenuto fratello.

Cresciuto alla scuola del Vangelo, l'"uomo nuovo" avverte l'impegno di farsi sostenitore della giustizia, della carità e della pace nel contesto socio-politico, al quale appartiene, e diviene artefice o, almeno, collaboratore di quella "civiltà nuova", che ha nel Discorso della Montagna la sua "magna charta". Appare chiaro, pertanto, come il rinnovamento promosso dall'attività evangelizzatrice, pur essendo essenzialmente spirituale, vada diritto al cuore della questione grave e assillante delle ingiustizie e degli squilibri economici e sociali, che tormentano tanta parte dell'umanità, e possa contribuire alla sua soluzione. Evangelizzazione e promozione umana, insomma, pur rimanendo nettamente distinte (cfr. Paolo VI, EN 35), sono tra loro collegate in un nesso indissolubile, che trova significativamente la sua saldatura nella più alta virtù cristiana: la carità. "Dove arriva il Vangelo, arriva la carità", affermava il mio predecessore Paolo VI nel "Messaggio per la Giornata Missionaria" del 1970.

E di fatto i missionari non sono mai venuti meno a questo impegno fondamentale, sempre sforzandosi di integrare il loro specifico servizio "pro causa salutis" con una decisa e costruttiva azione per lo sviluppo. Ne è splendida dimostrazione la fioritura, in tutti i Paesi di missione, di Scuole, Ospedali, Istituti, ai quali si affianca tutta una serie di iniziative in campo tecnico, assistenziale, culturale, che sono frutto di duri sacrifici personali da parte dei missionari stessi, come delle rinunce nascoste di tanti loro fratelli che risiedono altrove.

Edificando l'umanità nuova, permeata dallo Spirito di Cristo, l'attività missionaria si presenta, al tempo stesso, come lo strumento idoneo ed efficace per risolvere non pochi dei mali del mondo contemporaneo: ingiustizia, oppressione, emarginazione, sfruttamento, solitudine. E' un'opera - come ognun vede - immensa ed esaltante, alla quale ciascun cristiano è chiamato a dare il proprio contributo.

La Cooperazione e le Pontificie Opere Missionarie In realtà, la diffusione dell'annuncio di salvezza, lungi dall'essere prerogativa dei missionari, è un dovere grave che incombe su tutto il Popolo di Dio, come ha autorevolmente ricordato il Concilio: "Tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione... del suo Corpo" (AGD 36). Su questo dovere, perciò, non posso non soffermarmi a conclusione di queste mie parole.

Coloro che, avendo ricevuto il dono della fede, godono degli insegnamenti di Cristo e partecipano ai Sacramenti della sua Chiesa, proprio in forza del comandamento dell'amore e - direi - per la solidarietà della carità, non possono disinteressarsi dei milioni di fratelli, ai quali non è stata ancora portata la Buona Novella. Essi debbono partecipare all'azione missionaria, innanzitutto, con la preghiera e con l'offerta delle proprie sofferenze: è, questo, il modo di collaborazione più efficace dal momento che, proprio mediante il calvario e la croce, Cristo porto a compimento la sua opera redentrice.

Debbono, poi, sostenerla con generosi aiuti concreti, perché nelle terre di missione immense ed innumeri sono le necessità di ordine materiale. Tali aiuti, raccolti attraverso le Pontificie Opere Missionarie - organo centrale ed ufficiale della Santa Sede per l'animazione e la cooperazione missionaria - saranno successivamente distribuiti, secondo giustizia ed opportunità, tra le Chiese giovani. "A queste Opere - avverte il Concilio - deve essere riservato il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario..." (AGD 38). Sono esse che assicurano un'efficiente coordinazione nella visione globale delle attese e delle richieste; è da esse che si diparte, ramificandosi, la rete capillare della carità missionaria. Ma la loro ragion d'essere non si riduce soltanto ad una funzione organizzativa; in realtà, esse son chiamate ad esercitare un ruolo di attiva mediazione e di comunicazione interecclesiale, favorendo un contatto frequente e fraterno tra le varie Chiese locali, tra quelle di antica tradizione cristiana e quelle di recente fondazione. E questa è funzione molto più alta, perché direttamente riflette e promuove la circolazione della carità.

Esprimendo sin d'ora viva gratitudine a quanti accoglieranno con cuore aperto il presente messaggio, invoco la pienezza dei favori celesti sui venerati fratelli nell'episcopato, sulle loro Comunità diocesane, come e soprattutto sui singoli Missionari e Missionarie e sui loro Istituti, mentre in pegno di memore affetto a tutti imparto la benedizione apostolica.

Data: 1979-06-14

Data estesa: Giovedì 14 Giugno 1979.

Al Rotary International - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cooperazione per il progresso materiale e sirituale

Testo: Cari amici.

Seguendo l'esempio del mio predecessore Paolo VI, sono felice di porgere un cordiale benvenuto ai membri del Rotary International. E' un piacere per me avere l'opportunità di continuare, a un livello internazionale, il discorso che Paolo VI aveva inaugurato con voi anni fa a Milano, e che più tardi porto avanti a Roma. Anch'io volentieri rifletto con voi sugli importanti scopi delle vostre benemerite attività.

La vostra presenza qui oggi indica una grande forza di bene. Voi venite da nazioni e ambienti diversissimi, e portate con voi una vasta esperienza in campo economico, industriale, professionale, culturale e scientifico. Nella solidarietà della vostra associazione trovate mutuo aiuto, reciproco incoraggiamento e compartecipazione d'impegno per lavorare al bene comune. A chi vi osserva con profondo interesse e acuta attenzione, appare di fatto che voi offrite, con sincerità e generosità, i vostri talenti, le vostre risorse e le vostre energie per il servizio dell'uomo. E nella misura in cui perseguite questo nobile ideale di raggiungere le persone dovunque esse si trovino, sono certo che continuerete ad averne soddisfazione e pienezza umana. Infatti, nello stesso atto di dare, assistere, aiutare gli altri ad aiutare se stessi, voi troverete un arricchimento per la vostra vita. Dimostrando un coinvolgimento sempre più grande nella causa dell'uomo, apprezzerete ancora di più l'insuperabile dignità e grandezza dell'uomo, come pure la sua reale fragilità e vulnerabilità. Nei vostri sforzi e tentativi per il bene dell'uomo, potete essere sicuri della comprensione e della stima della Chiesa cattolica.

La Chiesa è una volenterosa alleata di tutti coloro che promuovono il benessere umano, irrevocabilmente impegnata, come essa e, in questa causa, in virtù della sua natura e del suo mandato. Nella mia enciclica ho messo in evidenza la relazione tra la missione della Chiesa e l'uomo quando ho scritto: "L'uomo, nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale - nell'ambito della propria famiglia, nell'ambito di società e di contesti tanto diversi, nell'ambito della propria nazione o popolo... e nell'ambito di tutta l'umanità - quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione; egli è la prima fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso..." (RH 14). Per questa sollecitudine della Chiesa per l'uomo nella sua concreta realtà, permettetemi di aggiungere una parola di particolare incoraggiamento per il vostro attuale programma che abbraccia il vostro interesse per la salute, la fame, l'umanità. Ciò vuol essere il vostro specifico mezzo di cooperazione al progresso spirituale e materiale della società, per la difesa della dignità umana e l'applicazione dei principi di una dignitosa condotta e l'esemplificazione dell'amore fraterno. Possa questo programma, così concepito, trasformarsi in un durevole contributo in favore dell'uomo, da parte del Rotary International.

Queste tre parole spalancano davanti a voi aree di lavoro e stimolano l'ingegnosità del vostro spirito di servizio. Mentre il mondo moderno riesce a produrre una qualità sempre migliore di medicine, un grande numero di popoli versa ancora in una spaventosa necessità di cure mediche elementari.

Malgrado i magnifici sforzi e le conquiste in questo campo, l'ambito della medicina preventiva rimane ancora lontana dalla sua completa attuazione ad alto livello. La dignità dell'uomo richiede una cura attenta e intelligente per il settore della salute mentale, settore nel quale ci incontriamo nuovamente con la fragilità e vulnerabilità umana, e dove si richiede un impegno forte e serio per la dignità stessa dell'uomo. La fame, oggi così largamente estesa, resta una delle più significative espressioni dell'incompleta ricerca umana per il progresso e il dominio della creazione. Milioni di bambini nel mondo piangono e chiedono cibo. E nello stesso tempo milioni di creature sono costrette a portare nei loro corpi e nelle loro menti le conseguenze di una scarsa alimentazione durante il periodo della loro giovinezza. Essi presentano alla testimonianza della storia le cicatrici permanenti di una condizione fisica e mentale menomata o seriamente handicappata.

Per tutti quelli che vogliono vedere, la fame è molto reale, e allo stesso tempo ha molte sfaccettature. L'uomo ha fame di cibo, eppure egli capisce che "non di solo pane vive l'uomo" (cfr. Dt 8,3 Mt 4,4). L'uomo ha fame di conoscere il Creatore, il datore di ogni bene; ha fame di amore e di verità.

L'essere umano anela di essere capito; egli brama libertà e giustizia, pace vera e duratura.

Cari rotariani, non è questo un immenso campo in cui voi avete molte possibilità di spendervi per i vostri simili? E qualunque altro impegno rimanga nella ricerca per l'avanzamento umano - sia nell'area dello sviluppo come in quello della liberazione - può essere raggruppato sotto la vostra terza categoria: l'umanità, ossia il miglioramento dell'umanità. Lavorare per l'umanità, servire uomini e donne dovunque, è uno splendido scopo di vita, specialmente quando la motivazione è l'amore.

A questo punto, nessuno rimarrà sorpreso se, nelle mie riflessioni, aggiungo una parola di speciale indirizzo a quei rotariani che sono legati a me nella fede cristiana. Nel momento stesso in cui Paolo VI parlava del progresso umano e dello sviluppo dei popoli, egli proclamava le sue convinzioni che sono anche mie e di tutti i cristiani nel mondo: "A motivo della sua unione con Cristo, sorgente della vita, l'uomo raggiunge un nuovo completamento di se stesso, un trascendente umanesimo che gli dà la più grande perfezione possibile: ed è questa la più alta conquista dello sviluppo personale" (PP 16). A questo "nuovo compimento", a questo "trascendente umanesimo" io desidero dare testimonianza oggi, offrendoli a voi come complemento di tutto ciò che ognuno di voi sta facendo per il vostro nobile e ben degno programma di servizio. così, guardando all'uomo, "prima e fondamentale via della chiesa", io non ho potuto far altro che proclamare ugualmente: "Gesù Cristo è la principale via della Chiesa" (RH 14 RH 13).

Vi chiedo, infine, di portare a tutti i membri del Rotary e a tutti i vostri colleghi nel mondo, l'espressione della mia stima per gli sforzi che compite a beneficio dell'umanità. Possa il vostro generoso servizio rendere onore ai vostri rispettivi paesi e riflettersi nella gioia delle vostre vite quotidiane.

Un mio speciale saluto ai vostri figli e agli anziani nelle vostre famiglie e vi assicuro che le mie preghiere terranno conto delle molte intenzioni che portate nei vostri cuori. Voglia Iddio sostenere il Rotary International nella nobile causa della missione di servizio all'umanità, all'umanità sofferente.

Data: 1979-06-14

Data estesa: Giovedì 14 Giugno 1979.


GPII 1979 Insegnamenti - Congedo - aeroporto di Balice (Polonia)