GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Costante preghiera a Dio per il grande popolo cinese

Testo: La madre di Cristo che è la Madre della Chiesa ci sia presente in questo incontro domenicale che ci unisce intorno ai misteri dell'Incarnazione e della salvezza.

1. Incontrandoci all'ora dell'Angelus nella comune preghiera, abbracciamo spesso con il pensiero e il cuore i diversi problemi dell'uomo, delle nazioni e del mondo intero. Particolarmente quando essi richiedono il nostro ricordo e la nostra sollecitudine. Nei mesi scorsi vivemmo insieme una profonda inquietudine, quando alla frontiera cino-vietnamita sorsero delle ostilità, che non soltanto ferirono i mutui rapporti di quelle due nobili nazioni, ma costituirono anche una minaccia per la pace mondiale. Ringraziammo Dio non appena questo pericolo fu scongiurato.

La nostra preghiera s'indirizzerà, costantemente, a Dio per il grande popolo cinese, il più numeroso di tutta la terra. Soltanto una parte limitata di figli e figlie di quel popolo poté accogliere in passato l'insegnamento di Cristo.

Nell'anno 1949, i cattolici cinesi erano più di tre milioni e la Gerarchia contava circa cento Vescovi, dei quali una quarantina erano cinesi di nascita. I sacerdoti erano cinquemilaottocento, di cui duemilasettecento cinesi.

Era una Chiesa viva, che manteneva perfetta unione con la Sede Apostolica. Dopo trent'anni, sono poche ed incerte le notizie che abbiamo di quei nostri fratelli; non cessiamo, tuttavia, di nutrire la speranza di poter nuovamente riallacciare con loro quel contatto diretto, che spiritualmente non fu mai interrotto. Infatti, non hanno mai cessato di essere presenti, in modo particolare nella nostra preghiera, coloro che per mancanza della possibilità di un visibile rapporto potevano sembrare assenti.

Desideriamo fare tutto il possibile, affinché il ricordo e la sollecitudine, che nutre per essi la comunità cattolica nel mondo contemporaneo, possano portare ad un avvicinamento e quindi ad un incontro. E' difficile dire qualcosa di più su questo tema, tuttavia alcune notizie circa recenti fatti, che possono far pensare ad un nuovo rispetto nei riguardi della religione, ci permettono di esprimere una qualche, anch'essa nuova, fiducia. Formulo di cuore l'auspicio che possano aversi sviluppi positivi, i quali segnino per i nostri fratelli e sorelle del continente cinese la possibilità di godere della piena libertà religiosa.


2. Mi sia consentito di manifestare la mia gioia per il fatto che da più di una settimana si trova in libertà l'arcivescovo di Conakry in Guinea, Monsignor Raymond-Marie Tchidimbo. Insieme con tutta la Chiesa, e in particolare con la Chiesa del continente africano, ringrazio il Signore per questo confortante avvenimento e, mentre esprimo il mio grato apprezzamento a quanti lo hanno reso possibile, vi invito ad elevare con me la vostra preghiera per la pace e la prosperità di tutti i popoli dell'Africa, a me e a noi tutti sempre tanto cara.

Alla madre di Cristo e alla Madre della Chiesa raccomandiamo queste due intenzioni, che costituiscono il tema principale del nostro incontro e della nostra preghiera dell'Angelus.

Ad un gruppo proveniente da Riese-Pio X Un particolare saluto rivolgo ora al folto gruppo di pellegrini di Riese-Pio X, i quali, guidati dall'Arciprete e dal Sindaco, hanno voluto manifestarmi il loro affetto, dopo il rito celebrato nella Basilica Vaticana, sulla tomba del grande Pontefice san Pio X in occasione del XXV anniversario della sua canonizzazione.

Carissimi fratelli e sorelle, voi giustamente attribuite a vostra gloria il fatto che, nella vostra generosa terra, sia nato quel tanto insigne Papa; sappiate quindi imitare sempre fedelmente le sue virtù, specialmente la fortezza con cui egli difese strenuamente le verità della fede, l'amore a Gesù Eucaristia e alla Madonna, e la carità verso tutti gli uomini, per la cui concordia offri la sua vita. Vi benedico di cuore unitamente alle vostre rispettive famiglie.

Data: 1979-08-19

Data estesa: Domenica 19 Agosto 1979.





Ai Missionari della Regalità di Cristo - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Portare Cristo nel mondo

Testo: Carissimi fratelli! In occasione del cinquantenario di fondazione dell'Istituto Secolare dei Missionari della Regalità di Cristo, voluto dall'indimenticabile Padre Agostino Gemelli OFM, il vostro compianto presidente, il Professor Giancarlo Brasca, aveva chiesto a Paolo VI un'udienza privata. La Provvidenza ha voluto che voi v'incontraste ora col Papa; ed io, ben volentieri, vi accolgo in questa udienza, per darvi il mio saluto più cordiale e sentito e per manifestarvi la mia stima e la mia benevolenza.

Voi vi dite: "Missionari della Regalità di Cristo". Nulla di più sublime e nulla di più necessario! Portare Cristo nel mondo; vivere il Vangelo di Cristo, annunciarlo all'umanità, sempre assetata di verità e testimoniarne la forza e la novità nel mondo della cultura e degli studi superiori; ecco il vostro ideale e il vostro programma di vita! Siate felici di essere i Missionari del Re dell'Amore e della pace, della giustizia e della santità! Voi conoscete bene il quadro clinico della società di questa fine del secolo XX; voi sapete fare la diagnosi dei nostri tempi.

In mezzo alle formidabili conquiste della scienza e della tecnica, di cui tutti usufruiamo, c'è pero una situazione di disagio e di insicurezza che allarma e spaventa. Una grande confusione ideologica avvolge le menti, per cui la trascendenza viene negata, o confinata in un vago misticismo di natura emotiva. Di conseguenza, si parla logicamente di una crisi radicale di tutti i valori, e una drammatica situazione di inquietudine sociale, di insicurezza pedagogica, di incertezza, di insofferenza, di paura, di violenza, di nevrosi si instaura purtroppo.

In mezzo a tale situazione, anche a voi Gesù dice, come agli Apostoli: "Non abbiate paura degli uomini" (Mt 10,26 Lc 12,4); "Io sono con voi fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

In un mondo afflitto, tormentato da tanti dubbi e da tante angosce, siate voi i missionari della certezza; certezza circa i valori trascendenti, raggiunti mediante la buona e sana filosofia, che fu detta giustamente "perenne", sulle orme del Dottore Angelico san Tommaso, pur integrandola con gli apporti del pensiero moderno; certezza circa la persona di Cristo, vero uomo e vero Dio, manifestazione storica e definitiva Dio all'umanità, per la sua illuminazione interiore e per la sua redenzione; certezza circa la realtà storica e la missione divina della Chiesa, voluta espressamente da Cristo per la trasmissione della dottrina rivelata e dei mezzi di santificazione e di salvezza.

Quale esaltante compito vi attende nel vostro lavoro, nelle vostre professioni, nel contatto quotidiano con gli uomini, nostri fratelli! Cristo regni nei vostri cuori, nei vostri pensieri, nelle vostre ricerche, nelle vostre preoccupazioni, nei vostri sentimenti, affinché chiunque incontrandovi possa comprendere quanto è bello, grande, dignitoso, gioioso essere cristiani! E Maria santissima, Regina della Sapienza, vi assista e vi ispiri, affinché anche voi possiate magnificare sempre il Signore, che vi ha scelti per essere missionari della Verità e dell'Amore! E' l'augurio che di tutto cuore vi faccio, mentre vi imparto la mia benedizione.

Data: 1979-08-19

Data estesa: Domenica 19 Agosto 1979.










Lettera al Cardinale Seper - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: XI centenario dello scambio di lettere fra Giovanni VIII e il principe croato Branimiro

Testo: Al Nostro Venerabile Fratello Cardinale Franjo Seper, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.

Abbiamo appreso di recente che tra poco nella tua patria si celebrerà una solennità particolare, per commemorare degnamente un evento felicissimo e di grande importanza, che sappiamo quanto sia stato fecondo di frutti già da allora per la popolazione croata. Proprio in questo anno cade il 1100° anniversario dello scambio di lettere, sicuramente accertato, tra il Papa Giovanni VIII, nostro predecessore, e Branimiro, insigne Principe dei Croati, al tempo della deplorevole separazione tra la Chiesa Orientale e quella Occidentale, dopo la quale i Croati, per un certo periodo, erano stati sotto la tutela civile ed ecclesiastica di Bisanzio. Fu proprio il Principe Branimiro che, come sostituto nel governo al posto di Sedeslavo, fece in modo che quella popolazione mantenesse il nome cattolico, ed egli stesso invio una serie di lettere nell'878 a quel nostro predecessore, per manifestargli e consolidare la rinnovata fedeltà del popolo, rimanendo fedele a Roma con "animo integro". Per questo motivo il Sommo Pontefice, pieno di gioia, dopo aver impartito la benedizione apostolica nella Solennità dell'Ascensione del Signore, in risposta al Principe gli invio due lettere il 7 giugno per rallegrarsi che il suo popolo si fosse di nuovo ricongiunto con la Chiesa di Occidente.

Un così significativo evento, riassunto brevemente in queste righe, offre una insigne testimonianza sia della retta fede cristiana, in forza della quale da allora quei fedeli per tutti questi secoli venerarono l'Unica Chiesa di Cristo, sia del devoto affetto ed ossequio, con cui non smisero di seguire il successore del beato Pietro. Ora dopo aver fatto queste riflessioni assai utili non solo per corroborare la religiosità di questo sacro gregge, ma anche per dare le giuste direttive in questi tempi per la sua vita cristiana, siamo persuasi che questi fedeli Croati, che ricordiamo a Roma nella Basilica di San Pietro poco tempo fa come pii pellegrini in preghiera con noi e lietissimi di ricevere la nostra benedizione apostolica, trarranno grande profitto anche da questa felicissima celebrazione di un fatto della loro storia passata.

Perciò ci è particolarmente gradito ascoltare le preghiere unanimi dei Venerabili Vescovi della Croazia, rivolte poco fa a noi, perché alla celebrazione, con la quale si concluderanno i festeggiamenti nell'antica città di Nona dell'arcidiocesi di Iadria il 2 di settembre, sia presente il sacro Presule che rappresenta la nostra persona. Noi dunque, assai desiderosi che questo giorno di festa sia sottolineato con maggiore solennità, nominiamo e costituiamo te, Venerabile Nostro Fratello, nostro Inviato Straordinario, e ti affidiamo l'incarico di presiedere nel nome nostro a quei sacri riti.

Ci sta inoltre a cuore di chiedere a quei diletti figli e figlie di ringraziare molto fervidamente Dio per la religione cattolica loro donata da chi li ha preceduti e di servirla ad esempio dei loro predecessori "in ferma speranza e in sincera carità".

Esortiamo tutti a rimanere sempre fedeli a questa Sede apostolica, a non stancarsi di difendere la verità e la santità del nome cristiano e a perseverare lieti nelle buone opere fino alla fine nell'obbedienza ai loro sacri Padri.

Desiderando infine che i riti sacri concludendosi felicemente portino rigogliosi frutti spirituali, impartiamo nel Signore la benedizione apostolica, come auspicio e pegno dei doni celesti, a te, venerabile nostro fratello, agli Arcivescovi, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, ai fedeli, ai pellegrini Croati delle altre popolazioni della Jugoslavia, che si riuniranno in questa città di Nona per tale occasione.

Data: 1979-08-22

Data estesa: Mercoledì 22 Agosto 1979.





Al Presidente del Consiglio - Canale d'Agordo (Belluno)

Titolo: Sento la voce dell'Italia

Testo: Signor Presidente.

La sua presenza qui, all'inizio del mio pellegrinaggio nella terra natale di Papa Giovanni Paolo I, mi onora; la sua parola, così cordiale e sincera, mi conforta, perché vedo in lei, in certo qual modo, l'Italia, sento la voce dell'Italia, di questa nazione diletta, che dopo l'improvvisa morte di Papa Albino Luciani, è diventata anche la mia Patria, come Vescovo di Roma e Primate della Chiesa italiana.

Perciò la ringrazio di cuore, e con lei ringrazio tutte le altre Autorità civili, militari, scolastiche e religiose, con i sentimenti vivi e profondi che mi detta l'amore che nutro verso il popolo italiano e la venerazione verso il mio predecessore, rimasto per così breve tempo sulla Cattedra di Pietro.

Il mio pellegrinaggio in questa terra benedetta vuol essere: un incontro spirituale con Giovanni Paolo I, per sentirne ancora l'influsso di serenità e di pace interiore; un omaggio alla fede, alla cultura, alle tradizioni umane e cristiane, agli ideali di questo popolo religioso e lavoratore; un invito a seguire gli insegnamenti e gli esempi, che questo grande Pontefice ha dato non solo alla Chiesa ma all'intera umanità, e soprattutto il suo messaggio di amore.

Ci accompagni oggi, in questa sosta nelle sue terre accoglienti e suggestive; ma ci accompagni specialmente per tutta la vita, colui che oggi ricordiamo in modo tutto particolare, e che così profonda orma ha lasciato nella Chiesa e nel mondo.

Signor Presidente, mentre ancora rinnovo il mio sentito ringraziamento, desidero estendere il mio saluto paterno e cordiale a tutta l'Italia, e imparto la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-08-26

Data estesa: Domenica 26 Agosto 1979.





Omelia a Canale d'Agordo - Belluno

Testo: Carissimi fratelli e sorelle di Canale d'Agordo! Sono particolarmente lieto di trovarmi oggi tra voi, nell'anniversario della elevazione al Supremo pontificato del vostro concittadino, l'amatissimo e indimenticabile Papa Giovanni Paolo I. Ma sono anche profondamente commosso. Tutti infatti ricordiamo ancora con intatta emozione - e specialmente il Papa che vi parla e i Cardinali che parteciparono a quel Conclave durato poco più di un giorno - tutti ricordiamo lo straordinario fenomeno che sono stati la elezione, il pontificato, la morte di quel Papa; tutti ne conserviamo in cuore la figura e il sorriso; tutti abbiamo scolpito nell'anima il ricordo degli insegnamenti, che egli moltiplico con instancabile zelo e amabilissima arte pastorale nei brevi trentatré giorni del suo ministero universale; e tutti sentiamo ancora in cuore la sorpresa e lo sgomento della sua fine inaspettata, che improvvisamente lo tolse alla Chiesa e al mondo, dando termine ad un pontificato che aveva già conquistato tutti i cuori. Il Signore ce lo ha donato come per mostrarci l'immagine del Buon Pastore, che egli si è sempre sforzato di realizzare seguendo la dottrina e gli esempi del suo prediletto modello e maestro, Papa san Gregorio Magno; e nel sottrarlo al nostro sguardo, ma non certo al nostro amore, ha voluto darci una grande lezione di abbandono e di fiducia in lui solo, che guida e regge la Chiesa pur nel mutare degli uomini e nel seguito talora incomprensibile degli eventi terreni.

Nel ricordo di quel passaggio così rapido e tanto sconvolgente, ho desiderato di venire tra voi, al compiersi esatto di un anno da quando la figura di Giovanni Paolo I apparve per la prima volta alla Loggia della Basilica Vaticana. Sono commosso, ripeto, di trovarmi qui, nel ridente borgo dolomitico ov'egli vide la luce, in una famiglia semplice e laboriosa che ben può considerarsi l'emblema delle buone famiglie cristiane di queste valli montane; commosso di celebrare i Santi Misteri qui, ove egli senti la vocazione al sacerdozio, seguendo l'esempio dei numerosi vostri cittadini che nei secoli accolsero la chiamata divina; qui ove egli ricevette il santo Battesimo e la Confermazione, qui ove celebro per la prima volta la Santa Messa, l'8 luglio del

1935, e ove ritorno ancora come Vescovo di Vittorio Veneto, come Patriarca di Venezia e Cardinale di Santa Romana Chiesa. E mi piace ricordare che qui ancora volle ritornare, nel febbraio dello scorso anno, pochi mesi prima della sua elevazione alla cattedra di Pietro, per predicare a voi una breve Missione in preparazione alla Pasqua.

E qui egli è ancora in mezzo a noi, oggi. Si, carissimi fratelli e sorelle di Canale d'Agordo. Egli è qui: col suo insegnamento, col suo esempio, col suo sorriso.

1. Anzitutto egli ci parla del suo grande, fermissimo amore alla Santa Chiesa.

Nella seconda lettura della santa Messa abbiamo udito che san Paolo, tracciando agli Efesini un sublime programma di amore coniugale, scrive: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga né alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ep 5,25ss). Ebbene, nell'udire queste parole, il mio pensiero andava al momento in cui, nella maestà della Cappella Sistina, nell'annunciare al mondo, con voce limpida e chiara, il suo programma pontificale, Papa Luciani aveva detto: "Noi ci poniamo interamente, con tutte le nostre forze fisiche e spirituali, al servizio della missione universale della Chiesa" (Discorso del 27 agosto 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 14).

La Chiesa! Egli aveva imparato ad amarla qui, tra i suoi monti, ne aveva visto come l'immagine nella sua umile famiglia, ne aveva ascoltato la voce dal catechismo del Parroco, ne aveva attinta la linfa profonda dalla vita sacramentale che gli veniva dispensata nella sua parrocchia. Amare la Chiesa, servire la Chiesa è stato il programma costante della sua vita. Ancora in quel primo Radiomessaggio al mondo egli aveva detto con parole, che oggi ci suonano veramente profetiche: "La Chiesa, piena di ammirazione e amorevolmente protesa verso le umane conquiste, intende peraltro salvaguardare il mondo, assetato di vita e d'amore, dalle minacce che lo sovrastano... In questo momento solenne, noi intendiamo consacrare tutto quello che siamo e che possiamo a questo scopo supremo, fino all'estremo respiro, consapevoli dell'incarico che Cristo stesso ci ha affidato" (Discorso del 27 agosto 1978, "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 66).

Come Parroco, come Vescovo, come Patriarca, come Papa, egli non ha fatto altro che questo: dedicare tutto se stesso alla Chiesa, fino all'estremo respiro: la morte lo ha colto così, come sugli spalti di un vero e proprio servizio insonne; così egli è vissuto, così è morto, dedicandosi tutto alla Chiesa con una semplicità disarmante, ma anche con una fermezza incrollabile, che non aveva timori perché fondata sulla lucidità della sua fede e sulla promessa indefettibile, fatta da Cristo a Pietro e ai suoi successori.


2. E qui troviamo un altro punto di riferimento, un'altra struttura portante della sua vita e del suo pontificato: l'amore a Cristo Signore. Papa Giovanni Paolo I è stato l'araldo di Gesù Cristo, Redentore e maestro degli uomini, vivendo l'ideale già delineato da san Paolo: "Ognuno ci consideri ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Il suo intento l'aveva chiaramente espresso nell'udienza generale del 13 settembre, parlando della fede: "Quando il povero Papa, quando i Vescovi, i sacerdoti propagano la dottrina, non fanno altro che aiutare Cristo. Non è una dottrina nostra, è quella di Cristo; dobbiamo solo custodirla e presentarla" (Discorso del 13 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 66). La verità, l'insegnamento, la parola di Cristo non mutano, anche se esigono di essere presentate a ogni tornante della storia in modo da riuscire comprensibili alla mentalità e alla cultura del momento: è una certezza che non cambia, anche se cambiano gli uomini e i tempi e anche se da questi non viene compresa o forse ne è rifiutata. E' ancora e sempre l'irremovibile atteggiamento di Gesù, che - come dice il Vangelo dell'odierna domenica - non sminui né muto di alcunché il suo insegnamento sull'Eucaristia, pur davanti all'abbandono quasi totale dei suoi ascoltatori e degli stessi discepoli, e anzi pose gli Apostoli di fronte al severo aut-aut di una decisione, di una scelta suprema: "Forse anche voi volete andarvene?" (Jn 6,67). Nella risposta di Pietro ravvisiamo l'atteggiamento di tutta la vita, sino alla fine, di Giovanni Paolo I: "Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". La sua fede, il suo amore a Gesù hanno davvero "confermato" noi tutti, suoi fratelli, con un altissimo e coerente insegnamento di abbandono all'onnipotente protezione del Signore Gesù: "Tenendo la nostra mano in quella di Cristo, appoggiandoci a lui, siamo saliti anche noi al timone di questa nave, che è la Chiesa; essa è stabile e sicura; pur in mezzo alle tempeste, perché ha con sé la presenza confortatrice e dominatrice del Figlio di Dio" (Discorso del 27 agosto 1978; "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 13), aveva già proclamato all'inizio del pontificato. E a tale programma si è tenuto fedele, sulla scorta degli insegnamenti del suo amato Maestro e predecessore san Gregorio Magno, invocando davanti al mondo l'immagine, buona e incoraggiante, del divino Pastore: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). E così egli rimane scolpito per sempre nei nostri cuori.


3. Ma Gesù è vissuto per il Padre, è venuto per fare la volontà del Padre (cfr. Mt 6,10 Mt 12,50 Mt 26,42 Jn 4,34 Jn 5,30 Jn 6,38), ha proposto all'uomo l'immagine del Padre, che pensa a noi e ci ama col suo amore eterno. Ebbene, troviamo qui ancora un tratto della figura e della missione di Papa Albino Luciani; l'amore a Dio Padre. Con uguale profondo sentimento di fede, ha anche annunciato con straordinaria energia l'amore del Padre Celeste verso gli uomini. Come Giosuè davanti a Israele, secondo la prima lettura della santa Messa, egli ha richiamato energicamente alla grande, sconvolgente realtà dell'amore di Dio per il suo popolo, alla stupenda bellezza dell'elezione alla figliolanza divina, suscitando come allora un fremito appassionato di risposta da parte di tutta la Chiesa: "Anche noi vogliamo servire il Signore, perché egli è nostro Dio" (GS 24,18). La sua anima si era rivelata tutta, in questo senso, fin dalla prima udienza, quando, parlando del dovere di essere buoni, aveva sottolineato: "Davanti a Dio, la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: "Sono soltanto polvere e cenere davanti a te, o Signore!". Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio" (Discorso del 6 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Polo I", p. 49). Troviamo qui la quintessenza dell'insegnamento evangelico, com'è stato proposto da Gesù e compreso dai Santi, ai quali il pensiero della paternità di Dio suscita gli echi più profondi dell'anima: pensiamo a un san Francesco d'Assisi, a una santa Teresa di Lisieux.

Giovanni Paolo I ha ricordato con insolito vigore l'amore che Dio ha per noi, sue creature, paragonandolo, sulla grande linea del profetismo veterotestamentario, non solo all'amore di un padre, ma alla tenerezza di una madre verso i propri figli: l'ha fatto nell'"Angelus" del 10 settembre con queste parole che tanto colpirono l'opinione pubblica: "Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra che sia notte" (Angelus del 10 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo"I, p. 61). E nell'udienza generale del 10 settembre: "Dio ha tanta tenerezza verso di noi, più tenerezza di quella che ha una mamma verso i suoi figlioli, come dice Isaia" (Discorso del 13 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 65; cfr. Discorso del 27 settembre 1978: "Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 95). Per questo incrollabile senso di Dio, si comprende come il mio predecessore abbia fatto principale oggetto delle sue catechesi del Mercoledì proprio le virtù teologali, che tali sono perché nascono da Dio e di lui sono dono increato e infuso in noi nel battesimo. E sull'insegnamento della carità, la virtù teologale che ha Dio come fonte e principio, come modello e come premio, e che non tramonterà mai più, si è chiusa la pagina terrena di Giovanni Paolo I, o meglio, si è aperta per sempre, nell'eterno faccia a faccia con Dio, che egli ha tanto amato e ci ha insegnato ad amare.

Carissimi fratelli e sorelle di Canale d'Agordo! L'insegnamento di Papa Luciani, vostro compaesano, si trova particolarmente in queste realtà che vi ho ricordate; amore alla Chiesa, amore a Cristo, amore a Dio. Sono le grandi verità del cristianesimo, che egli ha appreso qui, in mezzo a voi, fin da semplice bambino, come da adolescente aduso alla povertà e all'ascesi, e da giovane aperto alla chiamata di Dio. Hanno innervato la sua vita di prete e di Vescovo fino a ricordarle al mondo intero con l'impareggiabile incisività del suo personalissimo ministero.

Siate fedeli ad una eredità tanto semplice, ma tanto grande! Mi rivolgo alle famiglie, che formano la tessitura sostanziale di queste terre benedette da Dio: siate fedeli alle tradizioni cristiane, continuate a trasfonderle nei vostri figli, a respirare entro di esse come in un secondo elemento naturale, a darne testimonianza nella vita, nel lavoro, nella professione. Distinguetevi sempre per l'amore alla Chiesa, a Gesù Cristo, a Dio! E lo ripeto ai giovani, speranza del domani, tanto cari al mio cuore; spero ardentemente che in mezzo a voi continuino a sbocciare le vocazioni sacerdotali e religiose, secondo gli esempi ricevuti; lo ripeto agli emigranti, che cercano fuori della patria, ma col cuore rimasto presso i cari monti natii, un avvenire più sicuro per sé e per le proprie famiglie; lo dico ai lavoratori, e a tutti i carissimi fratelli e sorelle che mi ascoltano. Solo qui, nell'adesione fedele a Dio che ci ama, e ci ha parlato per mezzo del Figlio suo, e ci guida e sostiene per mezzo della Chiesa, noi possiamo trovare quella nobiltà, quella dirittura, quella grandezza che nessun'altra cosa al mondo può darci. Di qui nasce la vera prerogativa della gente italiana, di qui voi incarnate così bene i caratteri e le virtù e solo qui può essere garantita la continuità di quel patrimonio spirituale, che ha dato alla Patria e alla Chiesa figure tanto nobili e grandi, qual è stato per tutto il mondo un uomo e un Papa come Giovanni Paolo I.

Ho sentito il dovere di venire fin qui proprio per ricordare a voi, abitanti di Canale d'Agordo, e Bellunesi tutti, come pure a tutto il popolo italiano, la bellezza e la grandezza della vostra vocazione cristiana. L'ho fatto quale continuatore della missione del mio predecessore, la quale iniziava un anno fa come un'alba piena di speranza. Come ho scritto nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis", "già il 26 agosto 1978, quando egli dichiaro al Sacro Collegio di volersi chiamare Giovanni Paolo - un binomio di questo genere era senza precedenti nella storia del Papato - ravvisai in esso un chiaro auspicio della grazia sul nuovo pontificato.

Dato che quel pontificato è durato appena trentatré giorni, spetta a me non soltanto di continuarlo, ma in certo modo di riprenderlo dallo stesso punto di partenza" (Giovanni Paolo II, RH 2: AAS 71 (1979) 259).

La mia presenza qui, oggi, non dice soltanto il mio sincero amore per voi, ma è il segno anche pubblico e solenne di questo mio impegno e vuole testimoniare davanti al mondo che la missione e l'apostolato del mio predecessore continuano a brillare come luce chiarissima nella Chiesa, con una presenza che la morte non ha potuto troncare. Essa le ha dato anzi un impulso e una continuità che non tramonteranno mai.

Data: 1979-08-26

Data estesa: Domenica 26 Agosto 1979.





Recita dell'Angelus - Marmolada (Belluno)

Testo:

1. "Levavi oculos meos in montes...". Alzo gli occhi verso i monti... ().

Queste parole del Salmista mi vengono spontanee alla mente in occasione della recita dell'"Angelus" insieme con quanti sono qui convenuti per partecipare a questa preghiera della domenica ed unitamente a coloro che vi prendono parte attraverso la radio e la televisione in tutta la terra italiana come in qualsiasi altro paese.

Ci ha tutti qui riuniti il ricordo di Papa Giovanni Paolo I, di colui che per primo ha assunto, dopo l'elezione alla Sede di san Pietro, ambedue i nomi dei suoi predecessori. Ci ha qui condotti il ricordo del giorno della sua elezione, perché esattamente un anno fa, nel giorno 26 agosto, verso le ore sei di sera, il Cardinale Albino Luciani, patriarca di Venezia, dopo la conclusione dello scrutinio, alla domanda del Cardinale Camerlengo di santa Romana Chiesa se accettava l'elezione, rispondeva con mite voce: "Accetto". Ricordo che egli, nel dare la risposta, sorrideva nel suo consueto modo. E, la Chiesa orfana dopo la morte di Paolo VI, aveva di nuovo il Papa.

E' stato un particolare bisogno del mio cuore venire proprio oggi nel primo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo I, nei suoi luoghi natii, qui tra queste montagne dalle quali il Signore ha inviato a Roma il suo servo.

Queste montagne, dove egli è nato, mi ricordano anche le mie montagne native. E mi ricordano Jasna Gora (Chiaromonte), dove oggi viene solennemente celebrata la festa di Nostra Signora di Jasna Gora.

Ma soprattutto questi monti ricordano Giovanni Paolo I, che nel momento in cui, attraverso i voti dei cardinali riuniti in conclave, si manifestava la volontà del Signore, levava gli occhi della sua anima in alto, e trovava la risposta alla domanda che gli aveva rivolto la Chiesa: accetti? "Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi?". Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l'aiuto?

2. Si è parlato, e si è scritto molto intorno a questo conclave, che dopo i quindici anni del pontificato di Paolo VI fu convocato per eleggere il suo successore. Il Collegio Cardinalizio era numeroso come non mai. Paolo VI aveva, infatti, realizzato in modo definitivo la sua internazionalizzazione. Era dunque molto differenziato dai precedenti. A molti sembrava che questo fatto rendesse difficile e più lungo il conclave. Invece, già verso la sera del primo giorno, al quarto scrutinio veniva eletto il nuovo Papa.

Ciò ha dimostrato che, al di sopra delle previsioni umane, e di tutte le circostanze oggettive che umanamente sembravano difficili da superare, ha operato dall'alto la Luce e la Potenza, ha operato lo Spirito Santo, al quale gli elettori volevano essere assolutamente obbedienti. Tutta la Chiesa ha visto nell'elezione di Giovanni Paolo I il segno di questa divina operazione e si è allietata per la presenza dello Spirito Santo che viene "dall'alto" per soffiare dove vuole (cfr. Jn 3,8); affinché continui in tutta la Chiesa la certezza della sua azione e la prontezza nella sottomissione ai suoi santi doni.


3. "Levavi oculos meos in montes".

Venendo oggi su questa magnifica vetta delle Dolomiti, nel quadro del pellegrinaggio ai luoghi della nascita e della giovinezza di Giovanni Paolo I, richiamato a sé dal Padre celeste dopo trentatré giorni di ministero pastorale sulla sede di san Pietro, desidero insieme con tutta la Chiesa alzare gli occhi a Colei, la cui immagine sovrasta da oggi quale splendida corona le cime delle Dolomiti.

Sollevino a lei il loro sguardo pieno d'amore e di speranza tutte le Chiese, tutte le terre e tutti gli uomini. così la guarda la mia natia terra polacca, celebrando la solennità della Madre di Jasna Gora. così anche alza il suo sguardo verso Maria tutta la terra italiana - dal meridione al settentrione - verso queste montagne. Sono infatti passati venti anni dalla solenne consacrazione alla Madre ai Dio, fatta nel settembre del 1959 dopo il trionfale passaggio per le città italiane della Madonna pellegrina giunta da Fatima. La statua della Madre di Cristo sulla cima delle Dolomiti ricordi questa consacrazione, la rinnovi e la vivifichi.

L'uomo moderno deve alzare lo sguardo, ed elevarlo in alto. Sempre più insistentemente sente il pericolo dell'esclusivo attaccamento alla terra. E tanto più facilmente si alza lo sguardo in alto, quando i nostri occhi s'incontrano con quella dolce Madre che è tutta semplicità e amore; essa l'umile ancella del Signore.

E perciò, in ricordo del primo anniversario della singolare elezione alla Sede di san Pietro del Papa Giovanni Paolo I, lasciamo questo segno della sua materna presenza sulla terra che gli ha dato i natali. Lasciamo questo segno: questa statua della Madre di Dio qui su questa chiostra di monti, affinché abbracci di qua tutta l'Italia. Affinché guardi in tutti i cuori degli uomini, che da tutta questa terra verso di lei levano lo sguardo.

A tutti coloro che vogliono camminare per le vie della fede, della speranza, della carità, a tutti coloro ai quali è caro il mistero di Cristo nella storia dell'uomo, legato col patrimonio spirituale della Sede di san Pietro, sia questo il giorno della benedizione e della grazia.

Data: 1979-08-26

Data estesa: Domenica 26 Agosto 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)