GPII 1979 Insegnamenti - Lettera al Direttore Generale dell'UNESCO - Città del Vaticano (Roma)





Alla Scuola Sottufficiali di Pubblica Sicurezza - Nettuno (Roma)

Titolo: Presidio del diritto e della pubblica convivenza

Testo: Desidero, anzitutto, esprimere la mia riconoscenza a lei, Signor Ministro degli Interni, per il nobile e gentile saluto con cui ha voluto accogliermi, anche a nome del Governo Italiano, e interpretare i sentimenti del Comandante, del Corpo Docente, dei Superiori e degli Allievi, ai quali ugualmente dirigo il mio grazie per l'amabile invito rivoltomi. L'essere disceso direttamente dal cielo sull'area di questa Scuola, amo considerarlo come segno di benedizione, che non ho mancato d'implorare abbondante e preziosa dal Signore, durante il breve tragitto aereo da Castel Gandolfo a Nettuno.

Sono veramente lieto, cari Allievi, di essere tra voi per un incontro familiare, che consenta di manifestarvi personalmente la mia stima ed il mio affetto, e di porgervi, al tempo stesso, una parola d'incoraggiamento ad approfondire gli ideali che devono sempre illuminare il vostro cammino.

Nel vedervi riuniti qui davanti a me, fissando lo sguardo nei vostri volti, il mio primo pensiero corre con benevolenza alle vostre famiglie, ed indirizzo ad esse il mio saluto paterno. Ma soprattutto esprimo a voi la mia ammirazione per la scelta che avete fatto di un servizio che, come ha ben messo in luce il Signor Ministro, non si presenta facile, richiede in ogni momento maturo e vigile senso di responsabilità, e si accompagna anche ad un consapevole rischio per le vostre stesse persone.

Voi vi accingete a svolgere un ufficio altamente degno di lode e di stima, come tutori e garanti dell'ordine pubblico, chiamati a vegliare sull'ordinato svolgimento della vita civile. Il vostro compito si presenta insostituibile, trattandosi di garantire l'osservanza della legge, di prevenirne o di reprimerne - quando sia necessario - le violazioni e di educare, soprattutto, i cittadini al rispetto della norma comune e quindi all'amore della "civitas", cioè di una convivenza ordinata e pacifica. Compito elevatissimo, tutto indirizzato a promuovere quel convinto riguardo per l'altrui diritto, che fa di un popolo una nazione civile. Tale servizio costituisce un'aperta professione ed una testimonianza di quei valori morali e spirituali, la cui assenza od inadeguato apprezzamento rende fallace e infruttuoso qualunque sforzo di sottrarre la società alle ricorrenti tentazioni del disordine, della sopraffazione, e della violenza.

Per proteggere la convivenza civile da tutte le spinte sovvertitrici e distruttive è necessario far ritorno, senza indugio, ad una chiarezza di ideali, ad una certezza di valori emblematici, ad una interpretazione dell'uomo e del suo destino, che è quella offerta dal Vangelo e dalla Legge di Dio. Senza un'opera comune di formazione dell'uomo è inutile pensare di poter salvaguardare i coefficienti della vera prosperità e dell'autentico progresso.

Costantemente animati da propositi di rispetto della dignità della vita umana, di magnanima dedizione al dovere, di imparziale tutela della legalità, di coraggiosa difesa dei diritti del cittadino, particolarmente del più debole ed inerme, voi vi concilierete la stima di tutte le persone di buona volontà - e sono la quasi totalità - che aspirano e s'impegnano per una patria libera, democratica, concordemente protesa alla conquista di mete sempre più avanzate di onestà e fraterna convivenza, di solidarietà, di pace.

Infine, nella vicinanza del Sacrario dei Caduti del Corpo di Pubblica Sicurezza, elevo commosso il mio pensiero e la mia fervida preghiera per quanti nel compimento del proprio dovere hanno offerto la vita per la difesa dei cittadini. Questo luogo glorioso e mesto invita eloquentemente a commemorare ed esaltare quel genuino amore di patria, da cui tante volte ormai è sbocciato nelle vostre file il fiore purpureo dell'eroismo, il quale, accompagnandosi alla volontà di assolvere un grave ed arduo dovere a beneficio della comunità, diventa così esercizio ed attestato di carità.

Carissimi Allievi, che il Signore conforti il vostro impegno con la sua grazia, mentre in auspicio della divina assistenza vi imparto di cuore l'apostolica benedizione, che estendo volentieri alle vostre famiglie e a tutte le persone che vi sono care.

Data: 1979-09-01

Data estesa: Sabato 1 Settembre 1979.





Al Santuario di Nostra Signora delle Grazie - Nettuno (Roma)

Titolo: Testimonianza fedele della Parola di Dio

Testo: Carissimi fratelli e sorelle! In un periodo ancora di relativo riposo e di vacanza, ci troviamo qui, questa sera attorno all'altare del Signore, per celebrare insieme l'Eucaristia, meditando sul fenomeno oggi così importante, del Turismo nella nostra vita umana e cristiana.

Ben volentieri ho accolto l'invito di venire in mezzo a voi, per vedervi, per sentirvi, per portarvi il mio saluto cordiale e manifestarvi il mio affetto, per pregare con voi e riflettere sulle verità supreme, che devono essere sempre luce e ideale della nostra vita.

Su questa piazza di Nettuno davanti alla Chiesa dove riposano le spoglie mortali della giovane martire santa Maria Goretti, in cospetto del mare, simbolo della mutevole e talvolta tumultuosa vicenda umana, ascoltiamo l'insegnamento della "parola di Dio" che sgorga dalle letture della Liturgia.

1. La "parola di Dio" prima di tutto espone l'identità e il comportamento del cristiano. Chi è il cristiano? Come deve comportarsi il cristiano? Quali sono i suoi ideali e le sue preoccupazioni? Sono domande di sempre, ma diventano tanto più attuali nella nostra società consumistica e permissiva, in cui soprattutto il cristiano può essere tentato di cedere alla mentalità comune, mettendo in secondo piano la sua eletta ed eroica vocazione di messaggero e di testimone della Buona Novella.

L'apostolo san Giacomo nella sua lettera specifica chiaramente l'identità del cristiano: "Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature" (Jc 1,17-18).

Il cristiano è dunque una creatura del tutto speciale di Dio, perché, mediante la grazia, egli partecipa della stessa vita trinitaria; il cristiano è un dono dell'Altissimo al mondo: egli discende dall'alto, dal Padre della luce! Non poteva essere meglio descritta la mirabile dignità del cristiano e anche la sua responsabilità! Il cristiano perciò deve impegnare a fondo la sua volontà e vivere con coerenza la sua vocazione. Dice ancora san Giacomo: "Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi" (Jc 1,21-22).

Sono affermazioni molto serie e severe: il cristiano non deve tradire, non deve illudersi con vane parole, non deve ingannare. La sua missione è estremamente delicata, perché deve essere il lievito nella società, la luce nel mondo, il sale della terra.

Il cristiano si convince ogni giorno di più della difficoltà enorme del suo impegno: egli deve andare contro corrente, deve testimoniare verità assolute ma non visibili, deve perdere la sua vita terrena per guadagnare l'eternità, deve rendersi responsabile anche del prossimo, per illuminarlo, edificarlo, salvarlo.

Ma egli sa di non essere solo. Quello che Mosè diceva al popolo ebraico, è immensamente più vero per il popolo cristiano: "Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?" (Dt 4,7). Il cristiano sa che Gesù Cristo, il verbo di Dio, non solo si è incarnato per rivelare la verità salvifica e per redimere l'umanità, ma è rimasto con noi su questa terra rinnovando misticamente il Sacrificio della Croce mediante l'Eucaristia, e diventando cibo spirituale dell'anima e compagno nella strada della vita.

Ecco chi è il cristiano: una primizia delle creature di Dio, che deve mantenere pura e senza macchia la sua fede e la sua vita.


2. La "parola di Dio", in conseguenza, illumina anche il fenomeno del turismo.

Infatti, tutte le realtà umane sono illimitate e interpretate dalla rivelazione di Cristo, che è venuto a salvare tutto l'uomo e tutti gli uomini.

Anche la realtà del turismo deve essere vista alla luce di Cristo.

Indubbiamente il turismo è ormai un fenomeno di epoca e di massa: è diventato una mentalità e un costume, perché è un fenomeno "culturale", causato dall'aumento della conoscenza, del tempo libero e della possibilità di movimento; e un fenomeno "psicologico", facilmente comprensibile, date le strutture della società moderna: industrializzazione, urbanizzazione, spersonalizzazione, per cui ogni individuo sente il bisogno di distensione, di distrazione, di mutamento, specialmente a contatto con la natura; ed è anche un fenomeno "economico" fonte di benessere.

Pero, anche il turismo, come tutte le realtà umane, è un fenomeno ambiguo, e cioè utile e positivo se diretto e controllato dalla ragione e da qualche ideale; negativo se scade a semplice fenomeno di consumismo, a frenesia, ad atteggiamenti alienanti e amorali, con dolorose conseguenze per l'individuo e per la società.

E' perciò necessaria anche un'educazione, individuale e collettiva al turismo, perché si mantenga sempre al livello di un valore positivo di formazione della persona umana cioè di giusta e meritata distensione, di elevazione dello spirito, di comunione con il prossimo e con Dio. E' perciò necessaria una profonda e convinta educazione umanistica all'accoglienza, al rispetto del prossimo, alla gentilezza, alla comprensione reciproca, alla bontà; è necessaria anche un'educazione ecologica, per il rispetto dell'ambiente e della natura, per il sano e sobrio godimento delle bellezze naturali, tanto riposanti ed esaltanti per l'anima assetata di armonia e di serenità; ed è soprattutto necessaria un'educazione religiosa affinché il turismo non turbi mai le coscienze e non abbassi mai lo spirito, ma anzi lo elevi, lo purifichi, lo innalzi al dialogo con l'Assoluto e alla contemplazione del mistero immenso che ci avvolge e ci attira.

Questa è la concezione del turismo alla luce di Cristo, fenomeno irreversibile e strumento di concordia ed amicizia.


3. Infine, in questo particolare luogo, siamo invitati tutti a guardare alla figura di santa Maria Goretti. Non lontano di qui, il 6 luglio 1902, si compi la tragedia della sua uccisione, e nello stesso tempo anche la gloria della sua santificazione mediante il martirio per la difesa della sua purezza. Ci troviamo presso la Chiesa a lei dedicata, dove riposano le sue spoglie mortali, e dobbiamo fermarci un momento in silenziosa meditazione.

Maria Goretti, adolescente di appena dodici anni, si è mantenuta pura da questo mondo, come scrive san Giacomo, a costo anche della stessa vita; ha preferito morire, piuttosto che offendere Dio.

"No! - disse al suo scatenato uccisore - E' peccato! Dio non vuole! Tu vai all'inferno!".

Purtroppo la sua fede non valse a fermare il tentatore, che poi grazie al suo perdono e alla sua intercessione si penti e si converti. Essa cadde martire della sua purezza.

"Fortezza della vergine - disse Pio XII - fortezza della martire, che la giovinezza mette in una luce più viva e radiosa. Fortezza che è a un tempo tutela e frutto della verginita" (Pio XII, "Discorsi e Radiomessaggi", IX (1947) 46).

Maria Goretti, luminosa nella sua bellezza spirituale e nella sua già raggiunta eterna felicità, ci invita proprio ad avere fede ferma e sicura nella "parola di Dio", unica fonte di verità, e ad essere forti contro le insinuanti e avvolgenti tentazioni del mondo. Una cultura volutamente antimetafisica produce logicamente una società agnostica e neopagana, nonostante gli sforzi encomiabili di persone oneste e preoccupate del destino dell'umanità. Il cristiano è posto oggi a una continua lotta, diventa anch'egli "segno di contraddizione" per le scelte che deve operare.

Specialmente esorto voi giovani fanciulle: guardate Maria Goretti! Non lasciatevi sedurre dall'allettante atmosfera creata dalla società permissiva che afferma tutto lecito! Seguite Maria Goretti! Amate, vivete, difendete con gioia e coraggio la vostra purezza. Non temete di portare la vostra limpidezza nella società moderna, come una fiaccola di luce e di ideale! Con Pio XII vi diro: "In alto i cuori! Sopra le malsane paludi e il fango del mondo si estende un cielo di bellezza. E' il cielo che affascino la piccola Maria; il cielo a cui ella volle ascendere per l'unica via che ad esso conduce: la religione, l'amore a Cristo, l'eroica osservanza dei suoi comandamenti.

Salve, o soave e amabile Santa! Martire della terra e angelo in cielo, dalla tua gloria volgi lo sguardo su questo popolo che ti ama, che ti venera, che ti glorifica, che ti esalta!" (Pio XII, "Discorsi e Radiomessaggi", XII (1950)

122-123).

Fratelli carissimi! Maria Santissima, tanto amata e pregata da Maria Goretti, specialmente col Santo Rosario, vi aiuti a mantenere sempre viva e fervorosa la vostra identità cristiana, dovunque, in tutte le realta terrene.

Un ultimo pensiero mi viene qui spontaneo, oggi, primo settembre, anniversario doloroso, che, per la coscienza cristiana e la riflessione umana, ha anche un significato di profondo monito. Quarant'anni fa, il primo settembre 1939, un uragano di fuoco e di distruzione si abbatteva sulla prima Nazione vittima, la Polonia, dando inizio all'incendio sempre più vasto, e sempre più devastatore, della seconda guerra mondiale. Tale ricordo ci deve stimolare alla preghiera per ottenere dalla grazia del Signore che siano esorcizzate le tentazioni ricorrenti tra i popoli, delle tensioni e degli egoismi, i quali sboccano naturalmente in forme di ostilità e di odi poi difficilmente frenabili. Anche Anzio e Nettuno, nella primavera del 1944, furono investite da una tempesta di fuoco che si abbatté, tra cielo e mare, seminando la morte su questa ridente regione; e mentre la terra veniva contesa, palmo a palmo, per alcuni mesi, tra le forze contrapposte, le popolazioni terrorizzate perdevano tante persone care, la propria casa e il frutto della sudata fatica dei campi lavorati.

Preghiamo il Signore per il riposo di tutti quelli che dettero la vita per la libertà e per quelli che, costretti a fronteggiarli, ora riposano accolti nella stessa terra che li vide combattersi fra loro; preghiamo perché Dio preservi noi, e l'umanità intera, dal flagello della guerra, che, se dovesse ritornare, assumerebbe dimensioni di una ancor più terribile apocalisse. La misericordia di Dio doni pace ai morti e alla nostra generazione, ed in particolare ai giovani che si affacciano alla vita, una coraggiosa e convinta adesione a ideali di collaborazione e di pace.

Data: 1979-09-01

Data estesa: Sabato 1 Settembre 1979.





Alla Chiesa della Madonna del Lago - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Camminando con Cristo verso la felicità

Testo: Carissimi Fedeli! Il giorno della solennità dell'Assunzione di Maria Santissima del 1977, la vostra Parrocchia era tutta in festa: il Papa Paolo VI veniva con grande gioia a celebrare la Santa Messa in questa Chiesa del Lago, che egli aveva voluto far erigere qui, su queste sponde, per il bene dei fedeli residenti e dei turisti. Era la realizzazione di un suo vivo desiderio, sgorgato dalla sua ansia pastorale. E così possiamo dire che anche questa Chiesa, come tutta la sua infaticabile opera dottrinale, disciplinare, diplomatica, dimostra in modo convincente che Paolo VI ebbe unicamente e costantemente un intento pastorale, sia in genere per la Chiesa universale e per l'umanità, sia in particolare per Roma, per la diocesi di Albano e per questa città di Castel Gandolfo, sua residenza estiva.

Perciò mi trovo qui con voi, questa mattina, prima di tutto per onorare ancora una volta la persona dell'amato mio predecessore e per ringraziarLo di tutto il bene che ha operato, in mezzo a tante difficoltà ed esigenze, e poi per incontrarmi con voi personalmente intorno all'altare del Signore in questa Chiesa nuova e moderna.

Accogliete pertanto il mio saluto cordiale, che nasce dall'affetto che sento per voi, poiché faccio anch'io parte di questa Comunità durante i mesi estivi; saluto, che volentieri estendo anche ai malati, alle persone anziane e a tutti coloro che non sono presenti. Con voi in modo speciale rivolgo il mio grato pensiero al Vescovo, Monsignor Gaetano Bonicelli, al Parroco, ai suoi collaboratori e a tutte le Autorità che hanno voluto partecipare a questo incontro di fede e di preghiera. Oggi la Liturgia ci propone un argomento molto importante e interessante: la vita morale del cristiano. E' un tema di valore essenziale, particolarmente oggi nella società moderna.

1. Il cristiano sa che lo scopo della vita è la felicità. Infatti la ragione e la Rivelazione affermano categoricamente che né l'universo né l'uomo sono autosufficienti e autonomi. La grande filosofia perenne dimostra la necessità assoluta di un Primo Principio, increato e infinito, Creatore e Signore dell'universo e dell'uomo. E la Rivelazione di Cristo, Verbo Incarnato, ci parla di Dio che è Padre, Amore, Santissima Trinità.

Nasce subito la domanda: perché Dio ci ha creati? E la risposta è metafisicamente sicura: Dio ha creato l'uomo per renderlo partecipe della sua felicità. Il bene è diffusivo; e Dio, che è assoluta e perfetta felicità, ha creato l'uomo solo per se stesso, e cioè per la felicità. Una felicità goduta già in parte nel periodo della vita terrena, e poi totalmente nell'aldilà, in paradiso.

Ricordiamo ciò che disse Gesù agli Apostoli: "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Jn 15,11).

Ricordiamo anche ciò che scriveva san Paolo ai Romani: "Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18). così san Giovanni desiderava che la gioia dei cristiani fosse perfetta (cfr. 1Jn 1,4). Se la moderna mentalità dubita e tentenna nel trovare il significato ultimo del perché dobbiamo nascere, vivere e morire dopo esperienze tanto drammatiche e dolorose, ecco che Gesù viene ad illuminarci e a rassicurarci sul vero senso della vita: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12).

Gesù ci assicura che l'uomo è nato per la felicità, perché è creatura di Dio, infinita felicità.


2. Il cristiano conosce la strada per raggiungere la felicità. Una volta accertato il fine della vita, rimane il problema di raggiungerlo, ossia di non sbagliare strada, di conquistare veramente la felicità che forma l'ansia e il tormento dell'uomo. E Dio, che è bontà e sapienza infinita, non poteva lasciare l'uomo in balia dei dubbi e delle passioni che lo sconvolgono. Infatti, il Signore ha indicato la strada sicura per il raggiungimento della felicità nella legge morale, espressione della sua volontà creatrice e salvifica, ossia nei dieci comandamenti, iscritti nella coscienza di ogni uomo, manifestati storicamente al popolo ebreo e perfezionati dal messaggio evangelico.

Ciò che Mosè diceva al popolo eletto vale per tutti gli uomini: "Osserverete i comandi del Signore Dio vostro che io vi prescrivo e li metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli" (Dt 4,6).

E Gesù ribadisce: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti... Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama" (Jn 14,15 Jn 14,21).

San Giovanni nella sua lettera ammonisce ancora che l'amore a Dio, fonte e garanzia della vera felicità, non è vago, sentimentale, ma concreto e impegnato: "In questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi" (1Jn 5,3). Chi coscientemente e deliberatamente trasgredisce la legge di Dio, va fatalmente incontro all'infelicità. Ma il cristiano possiede invece il segreto della felicità.

Con sapienti parole, Paolo VI diceva: "Se sono cristiano, io possiedo la chiave interpretativa della vita vera, la somma fortuna, il bene superiore, il primo grado della vera esistenza, la mia intangibile dignità, la mia inviolabile libertà" ("Insegnamenti di Paolo VI", X (1972) 773).


3. Infine, un cristiano cammina con Cristo verso la felicità. San Giacomo nella sua lettera esorta a camminare con coraggio e solerzia per questa strada della felicità: "Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi" (Jc 1,22).

E Gesù insiste sulla coerenza cristiana: non bastano le affermazioni e le cerimonie esterne; è necessaria la vita coerente, "una religione pura e senza macchia" (Jc 1,22), la pratica della legge morale.

Non è facile camminare verso la felicità! Gesù stesso ci avverte: "Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano" (Mt 7,14). Ma quali orizzonti schiude questa via! Il cristiano diventa partecipe della stessa vita trinitaria mediante la grazia; ha un modello in Gesù e una forza nella sua presenza e nella lotta quotidiana per osservare la legge morale, si nutre del Pane Eucaristico, si alimenta nella preghiera, si abbandona con fiducia tra le braccia di Cristo, maestro e amico! Il cammino verso la felicità, anche se talvolta faticoso e difficile, diventa allora un costante atto di amore a Cristo, che ci accompagna e ci attende.

Carissimi fedeli! Percorrete anche voi con coraggio e con amore questa strada verso la felicità e siate di esempio al mondo, che, chiudendo gli occhi alla luce della verità, si trova talora sbandato come in un drammatico labirinto.

Paolo VI, in quella festosa domenica, ricordata all'inizio, vedendo approssimarsi le soglie dell'aldilà, prendeva occasione per salutarvi tutti e per affidarvi a Maria Santissima: "Siate benedetti nel nome di Maria!". così concludeva la sua commossa omelia. Nel suo ricordo e con il suo insegnamento, anch'io vi benedico, affidandovi a Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa.

Data: 1979-09-02

Data estesa: Domenica 2 Settembre 1979.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La nostra preghiera sia un'invocazione alla pace

Testo:

1. Oggi indirizziamo la nostra comune preghiera dell'"Angelus", in modo particolare, alla Regina della Pace. Il primo giorno di settembre, infatti, ci ricorda ogni anno lo scoppio della seconda guerra mondiale. Ieri sono trascorsi quaranta anni da quella data. Sebbene sembri una data abbastanza lontana, non si cancellano tuttavia dalla mente degli uomini, che hanno vissuto la guerra, le impronte degli avvenimenti, che l'hanno intessuta. Io stesso sono figlio della Nazione, che sin dal primo giorno della seconda guerra mondiale ha subito le più gravi atrocità. E' noto che quella guerra ha coinvolto la maggioranza dei paesi europei, e molti paesi fuori d'Europa, dando inizio ad una reazione a catena, che si sviluppo gradatamente, coinvolgendo in terribili battaglie sempre nuovi belligeranti.

La guerra ha lasciato profonde ferite nella vita degli uomini, delle famiglie, delle nazioni e dei paesi. E' costata la vita di decine e decine di milioni di esseri umani. Da una battaglia di soldati è diventata una guerra totale, non risparmiando nessuno, né gli uomini dediti al lavoro quotidiano, e neppure i malati e i bambini. La singolare crudeltà del "sistema totale" ha allargato gli orrori della guerra a quelli dei campi di concentramento, che nella storia del nostro secolo hanno lasciato un terribile segno.

Da qui nasce questo nostro odierno grido per la pace. La preghiera alla Regina della Pace diventa eco di tutte quelle sofferenze con cui la seconda guerra mondiale peso sulla coscienza dell'uomo della nostra epoca. Diventa anche come un grido lontano degli uomini: di coloro ai quali fu tolta la vita, e anche di coloro che nel corpo e nell'anima ne portano ancora lo stigma.


2. Il ricordo del quarantesimo anniversario dello scoppio della seconda guerra mondiale, che include anche quello di tutte le altre guerre scoppiate durante il quarantennio trascorso, in maniera più o meno grave, nei diversi luoghi del globo, dà una particolare importanza all'invito, indirizzatomi dal dottor Kurt Waldheim, Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo aveva rivolto subito dopo l'inizio del mio pontificato e lo ha rinnovato personalmente durante l'incontro a Roma nel maggio di quest'anno. Sin dall'inizio, mi sono sentito non soltanto altamente onorato da questo invito, ma anche obbligato, avendo il ricordo del primo viaggio papale alla Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che Paolo VI compi il 4 ottobre del 19

65. Questa volta la data è stata stabilita per il 2 ottobre prossimo. La Sede apostolica, seguendo le parole di Cristo - di Colui che ha detto ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27) -, desidera di servire con tutte le forze la grande causa della pace e della cooperazione tra le nazioni.

Per prepararmi nel modo dovuto al compito, che l'invito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite pone davanti a me, desidero oggi chiedere a tutti una preghiera. Particolarmente chiedo che si preghi per tale intenzione in tutti i santuari di Cristo e della sua Madre nel mondo. Io stesso mi rechero, sabato prossimo, al Santuario di Loreto, anche per implorare luce e aiuto per questo avvenimento.


3. In questo momento, poi, non posso non ricordare i recenti sanguinosi avvenimenti, che ancora una volta hanno provocato nell'Irlanda del Nord varie vittime, tra le quali Lord Louis Mountbatten. Ho già espresso alla Regina Elisabetta II il mio profondo dolore per il tragico assassinio, e rinnovo la mia più forte deplorazione per questo atto di gravissima violenza, che è un insulto alla dignità umana e allo spirito di solidarietà e di pace tra gli uomini e i popoli.

Dio voglia che il mio prossimo viaggio in Irlanda - un Paese che io amo tanto da anni per la sua profonda perseveranza nella fede, per il grandissimo contributo soprattutto missionario che quel Paese ha dato alla Chiesa Universale -, Dio voglia che questo viaggio contribuisca a far trionfare lo spirito di riconciliazione e di mutua comprensione, che è alla base del messaggio di Cristo, e che questa Sede Apostolica non si stanca di annunziare al mondo, come parte irrinunciabile della sua universale missione.

Anche per queste intenzioni domando a tutti, specialmente agli ammalati e ai bambini, fervide preghiere a Dio e alla sua Santissima Madre, "Regina della pace".

Ai fedeli di Castel Gandolfo Mi è caro anche rivolgere un saluto particolare alla cittadina di Castel Gandolfo che oggi celebra la festa patronale di san Sebastiano Martire. Già questa mattina ho celebrato la Santa Messa nella Chiesa "Madonna del Lago" con i fedeli del luogo e i numerosi turisti.

Ho anche consegnato il Crocefisso di Missionario al Parroco.

Ancora benedico tutti: Autorità religiose, civili e militari qui residenti e i villeggianti venuti come me a respirare l'aria buona di questo paese.

Data: 1979-09-02

Data estesa: Domenica 2 Settembre 1979.





Alla casa di cura "Regina Apostolorum" - Albano (Roma)

Titolo: I vostri sacrifici nascosti edificano la Chiesa

Testo: Eccomi in mezzo a voi, sorelle carissime, a cui la malattia riserva, con le sue prove durissime, una più intima unione al Cristo sofferente. Vi saluto con paterno affetto, vi ringrazio per l'invito a me rivolto, e soprattutto per quanto sapete soffrire ed offrire per la salvezza di tante anime.

1. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21). Con queste divine parole, il Signore Gesù nella Sinagoga di Nazaret, dà compimento e attualizzazione alle Scritture e alla salvezza, in esse contenuta.

Anche l'esortazione di san Paolo agli abitanti di Tessalonica, da noi ascoltata nella prima lettura di questa sacra liturgia, ci spinge a considerare il tempo della speranza, non come i pagani che non hanno tale consolazione (1Th 4,13), ma come il tempo di Dio, l'oggi di Dio, cioè il "tempo breve" (cfr. 1Co 7,29) a noi riservato per attuare la salvezza.

Tale salvezza non consiste in una realtà astratta o in un sistema filosofico, ma è una Persona: è Gesù stesso, che è stato inviato dal Padre a compiere l'opera di liberazione di quanti sono, secondo il passo del profeta Isaia ora proclamato nel Vangelo (cfr. Lc 4,18-19 Is 61,1-2) "poveri", "oppressi", "prigionieri" e "malati", superando a tal fine prove e rifiuti nella sua patria e fuori di essa, e affrontando la passione e la morte.


2. Tempo privilegiato di Dio è soprattutto quello in cui ascoltiamo ed accogliamo con fede la parola divina, che "penetra nell'intimo... e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore" (He 4,12) e quindi si incarna in noi; ma lo è parimente quello che si realizza nel segno sacramentale, e soprattutto nell'Eucaristia, che ci apprestiamo a spezzare insieme in questa santa Messa, nella quale il tempo di Dio è ritmato dal binomio inscindibile della morte e della risurrezione. Nel sacrificio eucaristico infatti si compie in noi, in maniera mirabile, l'evento salvifico, il tempo della salvezza, che coinvolge totalmente sia la vita individuale, sia quella comunitaria di noi tutti. In esso si verifica una conversione personale mediante l'unione a Cristo vittima, e al tempo stesso una conversione comunitaria, espressa nello scambio del perdono e della pace tra i presenti.

A questo proposito, san Gregorio Magno, mio venerato predecessore, di cui oggi celebriamo la memoria, in alcuni testi famosi, definisce molto bene questi due momenti che si realizzano nel sacrificio eucaristico. Afferma il grande Dottore della Chiesa: "Cristo sarà veramente per noi ostia di riconciliazione con Dio, se procureremo di diventare ostie noi stessi"; e riguardo alla dimensione comunitaria che nella santa Messa ci fa chiedere ed accordare il perdono e ci riconcilia con i fratelli, dice; "Dio non riceve la nostra offerta, se non si dissecca prima la discordia del cuore" (cfr. san Gregorio Magno, "Dialogorum Libri", capp. 58 e 60).


3. Ecco, carissime sorelle, alcune semplici riflessioni sui tempi e sui modi della salvezza, a noi offerte dalle letture dei brani biblici di questa Messa.

Continuate ad impegnarvi per una sempre più consapevole realizzazione di questi grandi temi della nostra fede. Nei momenti in cui potrete sentire l'umana debolezza, che accompagna la malattia, ricordatevi dell'esperienza meravigliosa di san Paolo, il quale, afflitto dalla sua "spina nella carne", fu confortato dal Signore con queste parole: "Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesta nella debolezza" (2Co 12,9).

Da parte mia, vi assicuro che, se conto molto sull'aiuto spirituale di tutti i malati, tanto più faccio affidamento su di voi, sulle vostre preghiere, sul valore delle vostre sofferenze, perché voi unite al carisma della vocazione di una vita interamente consacrata a Dio la ricchezza ineguagliabile della vostra infermità, in modo che ciascuna di voi può veramente dire: "Adimpleo". Vi chiedo perciò: continuate ad aiutare in tal modo la Chiesa, a edificarla con i vostri sacrifici nascosti, con la vostra cooperazione misteriosa e dolorosa; continuate ad aiutare l'umanità, perché si raggiunga quella sanità interiore, che è sinonimo di serenità e di pace dell'anima, senza di cui nulla varrebbero la salute fisica e ogni altro benessere terreno.

Vi assista in questo comune sforzo la Vergine santissima da voi invocata sotto il titolo di "Regina Apostolorum" ed aleggi sempre su di voi lo spirito benedetto del vostro venerato Fondatore, don Giacomo Alberione, dal cui cuore apostolico sgorgo questa provvidenziale Casa di cura e di cristiana assistenza.

Amen! Data: 1979-09-03

Data estesa: Lunedì 3 Settembre 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Lettera al Direttore Generale dell'UNESCO - Città del Vaticano (Roma)