GPII 1979 Insegnamenti - Discorso nella città di Ancona


2. Tra le caratteristiche che vi distinguono, "Fratelli del mite, del forte Piceno" (come suona l'inizio di un vostro inno eucaristico), emerge il fervore della vita religiosa. Questa trova, si, in Loreto il suo ideale centro propulsore per il costante invito che offre a meditare e ad adorare l'augusto mistero del Verbo Incarnato, ma si esprime e si manifesta in tutte le contrade della Regione, dagli Appennini all'Adriatico, nella coerenza, nella serietà, nell'esemplarità di un autentico costume cristiano. Si tratta, evidentemente, di un'eredità preziosa che è doveroso non soltanto conservare e tutelare - come si richiede per ogni patrimonio ricevuto dagli avi - ma anche sviluppare e promuovere, perché possa esser trasmessa con sicuro profitto alle nuove generazioni.

Analizzando una tale spiritualità, è facile rilevare l'importanza che in essa assume la pietà mariana. Ora a me sembra che, nel vostro caso, debba avere più chiara conferma la nota espressione "ad Iesum per Mariam". Il culto da voi tributato alla Madonna di Loreto, il vincolo d'amore che a lei vi unisce come a vostra celeste Patrona, le invocazioni che tanto spesso a lei rivolgete nelle Chiese e nelle case, le stesse forme di folclore religioso mariano (come l'accensione dei mille e mille fuochi sui vostri bei colli, alla vigilia della festa del 10 dicembre): ebbene, tutto questo deve avviarvi e condurvi ad una sequela generosa e puntuale del suo Figlio divino. Con la concretezza del vostro comportamento, voi dovete dimostrare quanto sia profondamente vero ciò che il Concilio Vaticano II, nel suo autorevole magistero, ha riproposto all'attenzione di tutto il Popolo di Dio: che "il salutare influsso della Beata Vergine sugli uomini... come nasce dal beneplacito di Dio e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo... non impedisce affatto l'immediato contatto dei credenti con Cristo, ma anzi lo facilita" (LG 60). Voi dovete dimostrare quanto la profonda e tenera devozione mariana, tanto in onore in seno alle vostre famiglie, tenga desta tra voi la coscienza ecclesiale e rafforzi il senso, anzi la certezza dell'appartenenza a Cristo, unico nostro Capo e Signore.

Questo vuol essere, dunque, il primo e principale ricordo della mia visita: se le Marche possono a buon diritto essere chiamate "Terra Mariae", al tempo stesso e proprio in corrispondenza a questo titolo devono essere "Terra Domini Iesu Christi".


3. Nel corso dei secoli la vostra Regione è stata collegata con la Sede Apostolica. Anche da questo punto di vista, mi è possibile ravvisare una seconda qualità, che definisce ancor meglio la vostra fede cristiana, nel senso - intendo dire - di una fedeltà a tutta prova alla Chiesa di Cristo e di un particolare attaccamento alla persona e alla missione del suo Vicario in terra. Quanti uomini insigni per virtù e per sapere hanno dato, nelle varie età, le Marche alla Chiesa? Tra i molti Santi desidero nominare santa Maria Goretti, di cui ho visitato recentemente la tomba a Nettuno. E chi non ricorda poi le figure dei non pochi Pontefici Romani che, nati in questa terra benedetta, servirono egregiamente la Chiesa? Tra i tanti nomi, che mi salgono facilmente alle labbra, ne faro soltanto due: anzitutto, quello di Sisto V, un Papa assai benemerito della vostra Regione e segnatamente della Città di Loreto, come di Roma e della cristianità; poi, per l'età più recente, quello di Pio IX, nato nella vicina Città di Senigallia e tuttora ricordato per l'indefessa opera di Pastore, svolta durante il suo lungo e sofferto servizio pontificale. E' proprio a questi "precedenti" storici, a quest'alta tradizione, a questi vostri conterranei che voi dovete riguardare non già per un vano sentimento campanilistico, ma per un doveroso riferimento nella vostra vita spirituale e morale, per un più sicuro orientamento nel corrispondere alle intrinseche esigenze della fede cattolica.


4. Non posso ignorare, peraltro, in quale luogo avvenga il nostro incontro: noi stiamo celebrando questa sacra Liturgia nella zona del porto. Ed anche a questo riguardo, non mancano certo i motivi di natura religiosa, a cominciare dal suggestivo ed evocativo profilarsi lassù, verso l'alto, della vostra Cattedrale, o cittadini di Ancona, che con la sua mole maestosa tutte sovrasta le case e le cose degli uomini. Dal tempio sacro al martire Ciriaco, voi potete ripercorrere e considerare, nella trama di una storia plurisecolare, le vicende ora liete, ora dolorose, di cui i vostri padri e voi stessi, che ricordate gli anni della guerra, siete stati protagonisti. Ma anche per il passato vale quanto ho già detto della tradizione religiosa: esso deve servire a tener desta la coscienza e a dare nuovo impulso allo spirito per andare avanti, per procedere con lucidità e con coraggio verso l'avvenire.

Trovandomi nell'area del porto, io penso - come anche voi certamente pensate - al lavoro umano che in esso quotidianamente si svolge. Dire porto vuol dire traffico e movimento, ma anche travaglio, sacrificio e sudore per tanti di voi, fratelli, che adesso mi state ascoltando. Anche a voi, lavoratori portuali, in ragione del vostro impegno così umile e utile, come ai vostri colleghi di altre regioni e a tutti i lavoratori del mare, rivolgo ora la mia parola, che vuol essere una prova di considerazione e di rispetto per le vostre persone e per la molteplicità delle vostre prestazioni. Anche a voi la Chiesa addita Cristo Signore, il quale alla sua opera redentiva associo elettivamente un gruppo di poveri pescatori della Galilea. Fratelli, che conoscete la fatica spesso ingrata e l'insicurezza del domani, a mio mezzo la Chiesa vi esorta alla speranza e alla fiducia: sappiate guardare in alto; sappiate riconoscere Cristo redentore, cioè liberatore dell'uomo; sappiate accogliere il suo Vangelo di salvezza e di pace!

5. Nell'anno di grazia 1464, il giorno della festa dell'Assunzione di Maria Santissima al cielo, moriva qui in Ancona con l'animo rivolto verso l'Oriente Papa Pio II, il senese Enea Silvio Piccolomini. E' un ricordo lontano; ma a me piace evocarlo non soltanto per rendere omaggio alla memoria di un mio predecessore, o per confermare quanto ho già detto circa i rapporti tra i Papi e la Regione Marchigiana, ma per aver modo, altresi, di inviare da qui al di là del mare il mio augurale e memore saluto ai popoli del più vicino Oriente. Ai figli della Chiesa, come ai fratelli separati che vivono là, io desidero additare "in visceribus Iesu Christi" (Ph 1,8) il permanente ideale della comunione ecclesiale, auspicando - come fecero tanti miei predecessori, come han fatto più di recente Giovanni XXIII e Paolo VI - la ricomposizione della perfetta unità tra tutti i credenti in Cristo ed affrettando, nella carità e nella preghiera, il giorno veramente felice in cui si compirà questo voto.

Data: 1979-09-08

Data estesa: Sabato 8 Settembre 1979.





Lettera al cardinale Volk - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per l'800° anniversario della morte di santa Ildegarda

Testo: Luce del suo popolo e del suo tempo, santa Ildegarda di Bingen, splende più luminosa in questi giorni in cui si celebra l'ottocentesimo anniversario della sua dipartita da questo mondo, dalla cui malizia e dai cui peccati era lontana, ma che, spinta dall'amore di Cristo, benefico con innumerevoli doni, per vivere nell'eternità presso Dio. Con animo lieto partecipiamo alla memoria di questo anniversario con tutti coloro che ammirano e venerano questa donna esemplare, e incarichiamo te, Venerabile Nostro Fratello, nella cui diocesi questa santa visse a lungo e mori, di essere interprete e nunzio dei Nostri sentimenti.

Non v'è chi ignora che la prima gloria della quale si orna questo fiore della Germania è la santità della vita: bambina di otto anni fu affidata alle monache per ricevere un'istruzione e presto ella stessa segui la via della consacrazione a Dio, via che percorse con passione e fedeltà; riuni delle consorelle che avevano lo stesso intento e fondo nuovi monasteri fragranti del "buon odore di Cristo" (cfr. 2Co 2,15).

Dotata fin dalla tenera età di particolari doni superiori, santa Ildegarda si addentro nei misteri che riguardavano la teologia, la medicina, la musica e le altre arti e lascio numerosi scritti su tali arti e mise in luce il rapporto tra la redenzione e la creatura.

Amo la Chiesa in modo singolare: ardente di questo amore non esito ad uscire dal monastero per incontrare come intrepida propugnatrice di verità e di pace i vescovi, le autorità civili, e lo stesso imperatore e non esito a dialogare con moltitudini di uomini.

Lei che, sempre malferma nella salute fisica ma assai vigorosa nella forza spirituale e veramente "donna forte", un tempo veniva chiamata "profetessa della Germania", in questo anniversario sembra rivolgersi con passione ai Cristiani e non-Cristiani del suo popolo. La stessa vita e l'azione di questa insigne santa insegnano che l'unione con Dio e il compimento della volontà divina sono beni da desiderare grandemente, soprattutto per coloro che hanno scelto la strada della vocazione religiosa: proprio a questi ultimi voglio indirizzare le parole di santa Ildegarda: "Guardate e camminate sulla retta via" (S. Ildegarda, "Epist. CXL": PL 197, 371).

I Cristiani si sentiranno incoraggiati a tradurre nella pratica della vita l'annuncio evangelico in questa nostra epoca. Inoltre questa maestra, ripiena di Dio, indica chiaramente che il mondo può essere retto e amministrato con giustizia solo se lo si considera creatura del Padre amoroso e provvido che è nei cieli. Infine con la sollecitudine che ha caratterizzato la sua opera di infaticabile ministra del Salvatore nei confronti delle necessità spirituali e materiali dei suoi contemporanei, indurrà gli uomini di buona volontà del nostro tempo ad aiutare i fratelli e le sorelle che si trovano in difficoltà.

Pregando con fervore Dio, perché da questa solenne commemorazione di santa Ildegarda si raccolgano abbondanti frutti spirituali, a te, Venerabile Nostro Fratello, agli altri Presuli, ai sacerdoti, ai fedeli, che affluiranno per venerare questa santa, impartiamo la benedizione apostolica, testimonianza del nostro affetto.

Data: 1979-09-08

Data estesa: Sabato 8 Settembre 1979.





Alla "World Federation of Christian Life Communities" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Al servizio del mondo intero

Testo: Fratelli e sorelle della World Federation of Christian Life Communities.

Siete stati tanto buoni da venire a trovarmi all'inizio della vostra assemblea generale. Sono lieto di incontrarmi con voi e vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre voi trascorrete un periodo di tempo riflettendo sul come lavorare per un'unica comunità mondiale a servizio del mondo intero.

Questo vostro scopo significa aprire il cuore della gente in modo da agevolare il dialogo con gli altri, dicendo loro, come Gesù disse al sordomuto del Vangelo di oggi: "Effeta", cioè "Apriti". Bisogna uscire dagli angusti limiti dell'egoismo, sia interrogando il nostro stile di vita per vedere in qual modo esso manchi di rispondere alla chiamata di Dio a vivere nell'unica famiglia umana a cui tutti apparteniamo, sia cercando di comprendere i bisogni spirituali e materiali dei nostri fratelli e sorelle, che necessitano della nostra assistenza in tutto il mondo.

Quest'impresa non è semplice, ma con la forza di Cristo non è impossibile. Io invoco la sua assistenza sulle vostre decisioni e sui vostri sforzi di singole comunità di vita cristiana che tendono a questo scopo. E nel suo nome benedico ognuno di voi e tutti i membri del movimento.

Data: 1979-09-09

Data estesa: Domenica 9 Settembre 1979.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La comunità cattolica della Chiesa universale

Testo:

1. Desidero oggi, in occasione della nostra comune preghiera dell'"Angelus" di mezzogiorno, riferirmi a una antichissima tradizione, quella della visita alle soglie degli Apostoli ("Limina Apostolorum"). Fra tutti i pellegrini che, venendo a Roma, manifestano la fedeltà a questa tradizione, una particolare attenzione meritano i vescovi di tutto il mondo. Poiché essi, mediante la visita alle soglie degli Apostoli, esprimono quel legame con Pietro, che unisce la Chiesa in tutto l'orbe terrestre. Venendo a Roma ogni cinque anni essi vi portano, in un certo modo, tutte quelle Chiese (cioè le diocesi), che, mediante il loro ministero vescovile e, nello stesso tempo, mediante l'unione con la Sede di Pietro, permangono nella comunità cattolica della Chiesa universale. Insieme alla visita delle soglie apostoliche i Vescovi portano anche a Roma le notizie, e quanto preziose, sulla vita delle Chiese, di cui sono pastori; sul progresso dell'opera dell'evangelizzazione; sulle gioie e sulle difficoltà degli uomini, dei popoli, in mezzo ai quali compiono la loro missione.


2. Nell'anno corrente sono attesi i Vescovi dell'America Latina, tra i quali già sono venuti quelli di alcune Nazioni. Questa settimana, per esempio, ho ricevuto alcuni Vescovi dell'Argentina. Sono anche già venuti a Roma tutti i Vescovi dello Sri-Lanka e molti Vescovi dell'India. Questo grande e svariato paese (proprio un sub-continente del continente asiatico) è, contemporaneamente, uno dei più grandi addensamenti umani della terra. Su circa seicentotrenta milioni di abitanti dell'India, i cristiani non costituiscono una grande percentuale; i cattolici sono circa undici milioni. Nello Sri-Lanka, su una popolazione di circa quattordici milioni e mezzo, i cattolici sono più di un milione. Tuttavia, questo gruppo confessionale di minoranza sia in India che nello Sri-Lanka ha una parte notevole nella vita dell'intera società di quei Paesi, maggiore di quanto non si possa dedurre dalle cifre e dalle percentuali. Questa partecipazione si manifesta, anzitutto, nel settore educativo e poi attraverso gli ospedali e le multiformi opere caritative. E' ben nota, in questo campo l'azione meritoria di Madre Teresa di Calcutta. A causa della grande estensione dell'India, l'Episcopato conta 107 Vescovi residenziali, 7 Ausiliari, 16 Vescovi a riposo: complessivamente 130 Vescovi; tra essi 2 Cardinali: Joseph Parecattil e Lawrence Trevor Picachy. Ci sono 10.642 sacerdoti, di cui 6.493 secolari, e 4.189 religiosi.

Nello Sri-Lanka i Vescovi sono 12: il Cardinale Cooray, Arcivescovo già di Colombo, 7 residenziali, 2 Ausiliari, 2 a riposo. Svolgono il loro ministero complessivamente 540 sacerdoti: 327 diocesani e 213 religiosi.

La cristianità della penisola indiana è antica: si vanta della provenienza dall'apostolo Tommaso. La maggioranza dei credenti cattolici appartiene alla Chiesa latina, ma c'è un numero assai grande di cattolici del rito siro-malabarese e malankarese. Una grande missione compiono gli ordini e le congregazioni religiose. Contemporaneamente, pero, si segnala il ruolo del clero diocesano, la cui costante crescita e frutto di numerose vocazioni. Lo stesso, del resto, si può dire delle congregazioni religiose maschili e femminili.

Voglio aggiungere che i numerosi incontri di quest'anno con i Vescovi della Chiesa in India e in Sri-Lanka mi hanno dato la possibilità di prendere una profonda conoscenza dei vari problemi del popolo di Dio, che vive fra la grande maggioranza degli aderenti all'induismo, al buddismo e all'islamismo. E' difficile parlare, in questo momento, di tutto ciò, perché il tema è molto vasto e, nello stesso tempo, differenziato. Ricordando tuttavia questi vari incontri con i miei Fratelli nell'episcopato, pieni di fervente spirito missionario, i quali nell'opera di evangelizzazione uniscono la fedeltà alla tradizione e la capacità di dialogo, desidero abbracciarli ancora una volta col cuore e con la preghiera per riunirmi così a loro nel comune ministero e nella comune speranza. A tutti i presenti e a coloro che mi ascoltano per mezzo della radio o della televisione, chiedo di partecipare a questa preghiera, che sia un'eco eterna della visita delle soglie apostoliche in questo anno.

Ancora una parola. A distanza di breve tempo mi sento in dovere di richiamare di nuovo l'attenzione sulle gravi condizioni in cui versa la diletta popolazione del Nicaragua, che, così duramente provata a causa del lungo e duro conflitto interno, ne sopporta ora le gravi privazioni conseguenti.

Alla rinnovata invocazione di pace e concordia per l'intera nazione che rivolgiamo insieme al Signore desidero aggiungere un pressante appello ai Governi di vari Paesi, alle Organizzazioni internazionali di soccorso, ed alle istituzioni volontarie di assistenza affinché in forme sempre più consistenti si manifesti la loro solidarietà si da rendere possibile a quella Nazione di far fronte alle esigenze immediate ed urgenti di carattere umanitario, e di ottenere un congruo aiuto finanziario per affrontare l'immane opera di ricostruzione.

E, infine, sempre tenendo rivolto il pensiero alle popolazioni del Centro America, vi invito ad una preghiera speciale anche per le numerose vittime che tensioni e lotte interne continuano a provocare nel vicino Salvador, e per ottenere al detto Paese il dono della pace, premessa indispensabile per un autentico progresso umano e civile.

Ai fedeli di Albano
Vada un cordiale saluto anche al folto gruppo della diocesi di Albano, che in questi giorni si è riunito per considerare le responsabilità del laicato cattolico nella presente situazione sociale italiana.

Vi ringrazio per la vostra presenza e invoco su di voi l'aiuto del Signore nei lavori e nei dibattiti, con cui intendete approfondire tale delicato settore sempre animati, come vi auspico, da un sincero, vitale desiderio di servire Cristo Gesù e la sua santa Chiesa.

Ai giovani scouts.

So che è presente un numeroso gruppo di Boys Scouts, che celebrano oggi la "Giornata della Fratellanza", intendendo in tal modo dare il loro appoggio all'istituzione "Ninos del mundo", la quale ha la sua sede centrale in San José di Costa Rica ed è un'iniziativa a beneficio di bambini soprattutto orfani o vittime di catastrofi naturali o di guerre.

Di vero cuore incoraggio ogni sforzo a favore della concordia e della fratellanza universale ed ogni generoso impegno in favore dei bambini orfani, o che si propone di contribuire ad una adeguata formazione dei ragazzi di oggi, che sono la speranza del domani.

Nell'invocare l'assistenza del Signore su di voi, cari ragazzi che vi siete uniti a questa preghiera domenicale, e su tutti i ragazzi del mondo, che stanno pregando insieme con noi in questo momento per la nobile iniziativa, volentieri imparto la mia benedizione.

Ai pellegrini di Bergamo
Un paterno beneaugurante saluto rivolgo al gruppo di fedeli provenienti da Berzo San Fermo, in diocesi di Bergamo, qui convenuti per vedere il Papa e manifestargli il loro affetto.

Vi ringrazio, carissimi fratelli e sorelle, per questo delicato pensiero, e vi esorto a perseverare, con sempre maggiore dedizione, nel vostro impegno di apostolato cristiano negli importanti settori del lavoro e della scuola in cui avete sinora operato con generosità e disinteresse. Invoco su di voi, sulla vostra attività e sulle vostre famiglie la divina protezione, e di cuore vi benedico, unitamente a tutti i vostri cari.

Agli ex alunni Lasalliani
Il mio benvenuto paterno e festoso a voi, cari Ex Alunni degli Istituti di educazione diretti dai Fratelli delle Scuole Cristiane, convenuti a Roma per il vostro XVII Congresso Nazionale, anche in vista del 300° anniversario della fondazione delle Scuole "Lasalliane", che si celebrerà nell'anno prossimo. A tutti voi, qui presenti, a tutti i vostri amici che non hanno potuto lasciare i loro impegni, alle vostre famiglie, va il mio saluto affettuoso ed il mio ringraziamento per questa presenza! So che nei giorni scorsi avete riflettuto sul compito insostituibile - nel contesto generale della educazione nazionale - che deve essere esercitato dalla scuola libera; avete anche cercato d'individuare i criteri di fondo e i principi-chiave che ispirarono lo sforzo educativo di san Giovanni Battista de la Salle, per riconoscerne la validità nella presente congiuntura socio-culturale; avete voluto discutere ancora sulla diretta partecipazione dei giovani al processo educativo, sempre secondo lo spirito "lasalliano".

Nell'esprimere il mio compiacimento per il lavoro compiuto, desidero rivolgervi - il poco tempo a disposizione non consente di diffondersi ampiamente - una sola parola d'incoraggiamento: tenete alto il prestigio della Scuola cattolica e fate che essa sappia rispondere con efficacia alle molteplici e complesse esigenze della società attuale; non possono mancare scuole che formino dalla radice uomini integri, aperti alla visione evangelica del mondo; è crescente l'urgenza di scuole che corrispondano all'ideale descritto dal mio predecessore Pio XI, quello cioè di sintonizzarsi perfettamente con la comunità nazionale, con la famiglia e con la Chiesa, in modo "da poter costituire, insieme con esse, un solo santuario, sacro all'educazione cristiana" (Pio XI, "Divini Illius Magistri": AAS 22 (1930) 76).

E' questo il mio augurio affettuoso, che amo suggellare con una particolare benedizione apostolica, invocando che la grazia celeste scenda abbondante su di voi e su tutte le vostre famiglie per suscitarvi fermi propositi di virtù e di amore.

Ai ragazzi della banda musicale di Ensdorf Saluto cordialmente la banda musicale - cantanti e musicisti - di Ensdorf. Grazie alle vostre doti musicali diventate messaggeri di gioia tra gli uomini. Utilizzate le vostre capacità anche per lodare e pregare Dio. Vi accompagno con gioia con la mia particolare benedizione.

Data: 1979-09-09

Data estesa: Domenica 9 Settembre 1979.





Omelia a Grottaferrata (Roma)

Titolo: Andiamo a Cristo: guarirà i nostri mali

Testo: Carissimi Monaci dell'Abbazia di Grottaferrata, e voi, Sacerdoti e Fedeli che mi ascoltate!

1. E' la vicinanza non soltanto di luogo, ma anche e soprattutto di spirito che mi ha portato questa sera in mezzo a voi, per celebrare la liturgia domenicale e rivolgervi una parola di esortazione e di incoraggiamento. Il nostro incontro si svolge nel XVI centenario della morte di san Basilio Magno, Vescovo di Cesarea di Cappadocia; e io desidero, innanzitutto, ringraziare e salutare i buoni Religiosi, che prendono nome da questo insigne Dottore della Chiesa Orientale, e che ci ospitano all'ombra della loro storica Abbazia. Saluto, poi, cordialmente tutti voi che siete venuti tanto numerosi e mi avete dimostrato i vostri sentimenti di affettuoso ossequio.


2. Abbiamo adesso ascoltato le letture della Sacra Scrittura, tutte ricche di insegnamenti e degne di attenta riflessione. Ma io mi soffermero di preferenza sull'episodio evangelico, che si riferisce alla guarigione miracolosa di un sordomuto, operata da nostro Signore Gesù Cristo. Com'è bello, carissimi fratelli, quel grido unanime che si leva dalla folla: "Ha fatto bene ogni cosa"! Questa esclamazione, dettata - come osserva l'evangelista - da un vivo stupore, è più che un semplice riconoscimento della potenza del Signore, o un tributo di ammirazione per il prodigio. Essa in realtà, implica la "violazione" di un ordine impartito da Gesù, il quale aveva chiesto il silenzio intorno a quel fatto; inoltre - cosa ben più importante - è seguita e, direi, integrata da altre parole che ne fanno una chiara testimonianza messianica. "Ha fatto bene ogni cosa - dissero gli astanti -; egli fa udire i sordi e parlare i muti". Non ravvisavano proprio in queste azioni alcuni di quei "segni" che, secondo gli annunci dei profeti, si sarebbero verificati all'avvento del Messia? E non abbiamo forse letto nel testo di Isaia, che ha preceduto questo Vangelo, le ispirate parole: "Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora... griderà di gioia la lingua del muto" (Is 35,6)? Si, o fratelli, basandoci sul valore probante di tale corrispondenza tra predizioni e adempimenti, facendo eco all'entusiasmo delle turbe, noi crediamo e confessiamo che Gesù è veramente il Messia, cioè l'Unto di Dio, il Cristo. Egli è stato da Dio consacrato e inviato nel mondo. Noi non mediteremo mai abbastanza, tanto è importante e denso di contenuto, su questo dato del nostro Credo: Gesù, il Figlio unigenito di Dio, a compimento delle antiche promesse, è venuto nella pienezza dei tempi in mezzo a noi; fattosi figlio dell'uomo, egli si è collocato al centro della storia per realizzare in maniera autentica e definitiva il disegno di salvezza, concepito dal Padre fin dall'eternità. Illuminati dalla fede, noi dobbiamo riguardare non solo alla figura del Messia, ma anche a questa sua funzione, che concerne l'umanità in generale e ciascuno di noi in particolare.

Già nell'Antico Testamento il Messia è come il catalizzatore degli aneliti e delle attese del popolo d'Israele, lungo tutto l'arco della sua storia: ogni speranza di liberazione e di santificazione si appunta su di lui. Ma è nel Nuovo Testamento che tale funzione del Messia si precisa come missione di spirituale e universale salvezza. Trovandosi un giorno nella sinagoga di Nazaret, Gesù diede lettura di una pagina di Isaia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio... per donare la vista ai ciechi...", ed avvio la spiegazione con una significativa premessa: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura, che voi avete udito con i vostri orecchi" (cfr. Lc 4,16-21). E ai discepoli di Giovanni Battista che erano venuti a domandargli: "Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne un altro?", Gesù rispose appellandosi ai fatti previsti e predetti per il Messia: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi vedono..., i sordi riacquistano l'udito, ai poveri è annunciato il lieto messaggio" (cfr. Mt 11,2-6).

Riprendiamo adesso, alla luce di questi testi, il racconto del Vangelo odierno.


3. Il miracolo ci dice anche qualche altra cosa dal punto di vista del "modus operandi", seguito da Gesù-Messia. Gli avevano presentato un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano: Gesù, invece, compie su di lui diversi gesti: lo prende in disparte; gli mette le dita nelle orecchie; gli tocca la lingua. Perché tutto questo? Perché la condizione che Gesù sempre esige dai sofferenti e dai malati è la fede, intorno ad essa interrogandoli o ad essa stimolandoli a seconda dei casi.

Ora, nel caso del sordomuto, il toccare i suoi sensi impediti risponde proprio a questo fine: comunicare con chi non può né sentire né parlare, e destare in lui un moto di fede.

Ma c'è di più: Gesù leva gli occhi al cielo, poi sospira e pronuncia la parola risolutiva: "Effatà", una delle poche voci conservateci nel suono con cui furono pronunciate da Gesù. Notiamo la potenza di questa parola, la quale ha una carica dinamica, perché opera l'effetto che esprime. Come per altre parole di Cristo, riportate nei Vangeli, del tipo "Talita Kum", che fece levar su dal letto la morta figlia di Giairo (cfr. Mc 5,22-2


4.35-43), o come l'espressione "Lazare, veni foras", che fece balzar vivo dal sepolcro l'amico il cui corpo era già in decomposizione (cfr. Jn 11,38-44), siamo qui di fronte al mistero del potere taumaturgico, che è attributo connaturale del Messia Figlio di Dio. Questi, essendo il Verbo del Padre, la Parola vivente del Padre, come già col "fiat" creatore trasse dal nulla tutte le cose, così anche con la parola emessa dalla sua bocca umana ha la virtù, cioè l'assoluta potenza di piegare al suo volere tutte le cose.

Perché allora non proviamo a sperimentare in noi stessi questa permanente virtù del Cristo? Accanto alle sue parole operatrici di miracoli fisici, quante altre parole sono contenute nel Vangelo, che "scavano" a livello interiore ed agiscono sul piano soprannaturale? Ricordo rapidamente le parole "Coraggio, figliolo: ti sono rimessi i tuoi peccati", rivolte al paralitico (Mt 9,3); "Va', e non peccare più", rivolte all'adultera (Jn 8,11). Ricordo anche il miracolo che la semplice presenza di Gesù produce in Zaccheo: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa" (Lc 19,9). E potrei aggiungere il "Venite dietro a me", che è determinante per la vocazione degli Apostoli (cfr. Mt 4,19); o il "Tu sei Pietro, e su questa pietra edifichero la mia Chiesa" (Mt 16,18), o le più arcane e sublimi parole dell'ultima Cena: "Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue" (Mt 26,2


6.28).

Intimamente persuasi della forza miracolosa, della "dynamis" di Cristo, il quale sul punto di lasciare questo mondo rivendico a sè" ogni potestà in cielo e in terra" (Mt 28,18), noi dobbiamo andare a lui per guarire dai nostri mali fisici e morali, per curare le nostre debolezze ed i nostri peccati: ne otterremo, in ragione ed a misura della nostra fede, speranza, forza e salute.


4. Ma che diro di particolare ai Religiosi Basiliani ed all'intera Comunità monastica di Grottaferrata? La parola di Dio, che ho voluto spiegare, vale certamente anche per loro. Ma io so che essi si attendono almeno un pensiero, a conforto della loro vita di speciale consacrazione al Signore nello spirito degli insegnamenti ascetici di san Basilio.

Qui a pochi chilometri da Roma, voi siete espressione, miei cari fratelli, della fecondità dell'ideale monastico di rito bizantino, e la vostra Abbazia - come scrisse già il mio predecessore Pio XI di venerabile memoria nell'atto di erigerla canonicamente - è "come una fulgidissima gemma orientale" incastonata nel diadema della Chiesa Romana (cfr. Pio XI, "Pervetustum Cryptaeferratae Coenobium": AAS 30 (1938) 183-186). Mi è noto, d'altra parte, il singolare vincolo di fedeltà che questo Monastero, fin dalla sua fondazione agli inizi del secolo XI, ha costantemente mantenuto con la Sede Apostolica: causa, questa, non ultima della benevolenza ad esso dimostrata dai Sommi Pontefici. E so anche che un tale rapporto rimarrà sempre stabile... Ebbene, nell'esemplarità del vostro attaccamento alla Sede di Pietro, abbiate cura di offrire una valida testimonianza a quanti hanno modo di accostarvi e conoscervi: sappiate irradiare la pura luce evangelica davanti agli uomini, "perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro, che è nei cieli" (Mt 5,6). L'esercizio delle virtù, a cominciare dalla carità fraterna, l'equilibrio nella vita religiosa, l'assidua laboriosità, lo studio amoroso delle Sacre Scritture, la tensione continua verso l'"altra vita", come sono tra i principi salienti nelle Regole del grande Basilio, così devono essere le qualità che vi distinguono, a conferma dell'autentica ed ininterrotta tradizione di spiritualità che fa tanto onore al vostro Istituto. E proprio perché rappresentate questa tradizione monastica greca, dovrà distinguervi un'altra qualità, cioè una speciale sensibilità ecumenica: per la vostra posizione, per la vostra formazione voi potete fare molto a questo riguardo, impegnandovi nel dialogo e soprattutto nella preghiera al fine di favorire l'auspicata unità tra Cattolici e Ortodossi.

Nel riprendere ora la celebrazione della Santa Messa, io invito voi Religiosi e con voi tutti i Fedeli, che vi circondano, ad unirsi a me nella comune invocazione perché il Signore Gesù, come rinnovando il prodigio del sordomuto, voglia aprire i nostri orecchi all'ascolto sempre fedele della sua parola, e renda spedite le nostre lingue nel lodare e ringraziare il suo e nostro Padre celeste.

Così sia.

Data: 1979-09-09

Data estesa: Domenica 9 Settembre 1979.









Ai lavoratori di Pomezia (Roma)

Titolo: Il lavoro per l'uomo, non l'uomo per il lavoro

Testo: La grazia e la pace del Signore Gesù siano con tutti voi, carissimi fratelli e sorelle! Non posso nascondere la mia profonda gioia nel trovarmi in mezzo a voi, lavoratori e lavoratrici. Siete tutti benvenuti a questo convegno! Vi ringrazio vivamente per l'invito rivoltomi e per la dimostrazione di affetto a me riservata.

Grazie vivissime al Signor Sindaco per la sua gentile accoglienza, al rappresentante degli imprenditori e a quello dei lavoratori per le belle parole, che mi hanno ora indirizzato, e che mi hanno fatto sentire all'unisono con la vostra fede di cristiani, e con i vostri cuori, con i vostri problemi di uomini.

1. Permettetemi, prima di aprire la mia conversazione con voi, che rivolga un saluto cordiale e beneaugurante a tutti i componenti le famiglie di questa bella ed operosa cittadina, che si avvia a diventare città e già si impone al rispetto di tutti per la sua laboriosità e per il suo impegno sociale.

Vadano soprattutto un saluto ed una carezza ai bambini, qui presenti e a quelli rimasti in casa: siano essi benedetti, perché sono la ricchezza e la gioia delle vostre case.

Un saluto speciale lo indirizzo a voi, giovani, ragazzi e ragazze, che stimo tanto per la vostra autenticità e per la vostra capacità di coerenza e di sacrificio, di cui date spesso prova eloquente.

Un saluto a voi, uomini e donne, che portate il peso, spesso schiacciante, della fatica quotidiana nelle industrie o nei campi: conosco bene il vostro stato d'animo e le vostre tensioni: anch'io, come ho già detto in altra occasione, ho avuto "l'esperienza diretta, di un lavoro fisico come il vostro, di una fatica giornaliera e della sua dipendenza, pesantezza e monotonia" (Giovanni Paolo II, "Discorso ai lavoratori di Monterrey", 1 febbraio 1979: AAS 71 (1979) 241). Considerate perciò il Papa un vostro amico e collega.

Un saluto a quanti di voi sono malati; sappiate che vi sono vicino sempre con la mia benevolenza e con la mia incessante preghiera. Come già Cristo sulla Croce, voi non potete muovervi liberamente, ma, come lui, allargate le vostre braccia sulla vostra città, anzi sul mondo intero, offrendo per tutti la vostra sofferenza.

Un saluto particolare a voi imprenditori, dirigenti ed organizzatori d'imprese che date occupazione e pane, affinché la società sia trasformata mediante la cooperazione di tutte le forze operative. Voi avete certamente grandi meriti, ma anche grandi responsabilità.

Infine un saluto particolarmente affettuoso ai Padri Oblati delle due Parrocchie di San Benedetto e San Michele che con la loro presenza fraterna si prodigano per il bene spirituale delle vostre anime, sotto la guida del Vescovo, Monsignor Bonicelli, presente a questo incontro.


GPII 1979 Insegnamenti - Discorso nella città di Ancona