GPII 1979 Insegnamenti - A Vescovi dell'Argentina in visita "ad limina" - "Siate maestri e testimoni della verità che viene da Dio"

A Vescovi dell'Argentina in visita "ad limina" - "Siate maestri e testimoni della verità che viene da Dio"


Venerabili fratelli nell'Episcopato.

Ringrazio Dio perché mi ha permesso di incontrarmi con voi e gli altri Vescovi dell'Argentina, venuti a Roma per la visita "ad limina", e così conoscere sempre meglio la realtà dell'opera evangelizzatrice in quelle terre lontane geograficamente, ma molto vicine al mio cuore.

In questo incontro collettivo desidero riflettere con voi su alcuni punti che esigono in modo particolare la vostra dedizione come maestri e pastori della fede, e che allo stesso tempo necessitano lo sforzo di tutta la comunità cristiana.

Dando inizio alla recente Conferenza di Puebla segnalai concretamente ciò che constituisce il nucleo fondamentale della evangelizzazione, e come sia dovere principale dei Vescovi essere maestri e testimoni della Verità che viene da Dio: Verità su Gesù Cristo, Verbo e Figlio di Dio (cf. AAS 71 (1979) 191). Ma è una verità che giunge all'uomo per mezzo della Chiesa, convocata ed istituita dallo stesso Signore per essere comunione di vita, di carità e verità (cf. AAS 71 (1979) 192) nel suo sacro magistero. Ed infine, mostrare all'uomo il principio e il fondamento della sua dignità e i suoi diritti. A questo riguardo voglio dirvi che mi compiaccio degli sforzi che fate per essere fedeli a questo programma e al dovere nei confronti delle anime affidate alla vostra responsabilita pastorale.

Oggi desidero tuttavia fare riferimento più specificamente a due punti che lei, Signor Cardinale, ha appena menzionato nel suo discorso. Il primo è quello delle vocazioni sacerdotali e religiose. Quest'anno, in occasione del Giovedì Santo, diressi ai Vescovi e ai Sacerdoti due lettere, per insistere sulla necessità di dare fondamento alla propria identità sacerdotale e dare al mondo la testimonianza di una chiara consacrazione a Dio. Venendo a conoscenza della incoraggiante realtà della rinascita delle vocazioni nelle vostre diocesi, segnalo ancora una volta l'importanza prioritaria delle cura pastorale che richiedono da una parte la promozione delle vocazioni dei giovani e degli adolescenti, la formazione dei seminaristi ed aspiranti alla vita religiosa; e dall'altra, il continuo rinnovamento spirituale dei sacerdoti.

Il sacerdozio cristiano non ha senso al di fuori di Cristo.

L'insegnamento tradizionale ci ripete costantemente: "sacerdos alter Christus", e lo fa sottolineando non un senso parallelo, bensì indicando come Cristo si rende presente in ogni sacerdote, e come il sacerdote opera "in persona Christi". Come sara possibile realizzare ciò, se non esiste una corrispondenza fra quella identità misteriosa con Cristo e l'identità personale che si raggiunge attraverso l'accettazione effettiva di ogni sacerdote? E come potremmo arrivare a Cristo se il Padre non ci attira a sé? Perciò la preghiera deve colmare la vita del sacerdote: la preghiera personale, che se deve esprimersi essenzialmente attraverso la sacra liturgia, dovrà essere alimentata da un ricorso continuo alle Sacre Scritture, alla luce del Magistero della Chiesa. La partecipazione quotidiana all'Eucaristia sigillerà questo contatto intimo ed insostituibile con il Signore.

Ovviamente si richiede al sacerdote anche uno sforzo di studio e ricerca nelle fonti ed espressioni di questo stesso Magistero della Chiesa, con il prudente completamento delle scienze profane, per poter mantenere una più adeguata disponibilità verso il servizio del Signore in favore degli uomini.

D'altra parte, l'identità autentica del sacerdozio, comporta una sottomissione umile e l'uso dell'intelligenza e delle doti naturali per conoscere ed accettare i cammini di Dio, abbandonandosi fiduciosi al suo piano di salvezza.

Solo sotto l'azione della grazia si va via via raggiungendo la sapienza dono dello Spirito Santo grazie alla quale il sacerdote possiede la visione trascendente della vita umana, acquista il vero senso delle cose, e trae dai principi che guidano ogni uomo, in ogni situazione, attraverso i cammini della Verità della Vita.

In Argentina non sono mancati sacerdoti e religiosi esemplari, che diedero e danno testimonianza di fedeltà e di dono nella propria consacrazione a Cristo e alla Chiesa. A questo proposito rinnovo la mia fiduciosa esortazione ai vostri sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose, affinché proseguano con generosità nella loro vocazione.

Il secondo punto su cui voglio soffermarmi è quello delle associazioni laicali e in modo speciale l'Azione Cattolica. E' necessaria l'attività apostolica organizzata a livello dei fedeli; con strutture adeguate alle condizioni del nostro tempo, e che allo stesso tempo riflettano e coordino l'attività delle parrocchie e delle comunità ecclesiali, inserendola nella pastorale del Vescovo, della Gerarchia della Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha presentato la grandezza della vocazione dei laici, che per la loro presenza ed attività nell'ordine delle cose temporali, devono essere una testimonianza viva di fede. Ha anche mostrato che questa testimonianza può essere un apostolato individuale e personale, ma ha sottolineato chiaramente le condizioni dell'apostolato organizzato, che corrispondono all'indole sociale dell'uomo, e ha specificato la sua intima relazione con l'apostolato proprio della Gerarchia (CD 33).

Per ciò che riguarda più concretamente l'Azione Cattolica, oltre alle attività di indole esclusivamente temporale o di sola assistenza sociale, questa porta i suoi associati ad avere una profonda coscienza della propria vocazione apostolica nella condizione laicale. Come giustamente insegna il Concilio Vaticano II, "La Chiesa non è perfettamente formata, non vive pienamente, non è segno perfetto di Cristo fra gli uomini, fintanto che non esista e lavori con la Gerarchia un laicato propriamente detto" (AGD 21).

Perciò, facendo mio quello che Paolo VI indicava ai Vescovi argentini: "Desideriamo che i nostri fratelli nell'Episcopato ed anche i sacerdoti, vedano nell'Azione Cattolica una collaborazione indispensabile al ministero, come segno e prova della presenza viva del laicato nella comunicazione della grazia redentrice del Signore" (Paolo VI, Lettera al Cardinale Radulfo Francisco Primatesta, Presidente della Conferenza Episcopale Argentina per il XVI Convegno dell'Azione Cattolica Argentina, 12 giugno 1977: AAS 69 (1977) 449), desidero ripetere quanto dissi ai giovani dell'Azione Cattolica italiana il 26 maggio scorso, a proposito della necessità e l'impegno di "ricevere il messaggio di Gesù e di comunicarlo agli altri", affinché conceda ai membri dell'Azione Cattolica e alle associazioni apostoliche, serenità di spirito, nobiltà dell'anima e coerenza a tutta prova, nella testimonianza evangelica all'interno dell'ambiente in cui sono chiamati a vivere e operare. Sarà necessario saper ascoltare, approfondire, scoprire, vivere ciò che è stato "ricevuto". E ciò che è stato ricevuto non deve restare inerte in ognuno, bensì essere donato, comunicato agli altri, come fecero gli Apostoli, che andarono per il mondo per comunicare e annunciare a tutte le genti il messaggio di salvezza ricevuto dal loro Maestro (cfr. "L'Osservatore Romano", 28-29 maggio 1979). A quanti lavorano in questo campo desidero esprimere la mia stima, lode e incoraggiamento.

Cari fratelli nell'Episcopato: ho voluto comunicarvi queste riflessioni.

Vi ringrazio per la vostra generosa donazione ecclesiale, e vi esorto a non cedere nei vostri impegni apostolici. Tornando alla vostra diocesi, pensate che il successore di Pietro, che avete visitato a Roma, vi accompagna con la sua preghiera e il suo affetto, nella sollecitudine pastorale di ogni giorno.

Iniziate ora l'Anno Nazionale Mariano. Che la Vergine, "mediatrice davanti al Mediatore", ottenga per voi la grazia di crescere con i vostri fedeli e tutto il popolo argentino nella conoscenza della verità, affinché abbiate la vita, l'amore e la pace.

Con questi auguri, portate la mia benedizione, che estendo a tutti i vostri diocesani e al popolo argentino in generale.

Data: 1979-09-24

Data estesa: Lunedì 24 Settembre 1979.




Ai partecipanti alla IX "World Conference on Law" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il rispetto della legge fondamento della pace

Signore e Signore.

Vi ringrazio per la vostra visita al termine di un'importante conferenza che porta a compimento la vostra discussione già iniziata a Madrid. Essa mi porge la felice occasione di accogliervi e di esprimervi la mia profonda stima e l'incoraggiamento per il lavoro della pace a cui dedicate i vostri eccezionali talenti, mettendo in comune le vostre esperienze. Il "Centro della pace mondiale mediante il diritto" e le associazioni ad esso affidate, giustamente si gloriano di essere "la prima associazione su scala mondiale che coordina gli sforzi di migliaia di giudici, avvocati, professori e studenti di diritto di tutte le nazioni del mondo, con il preciso intento di coinvolgere se stessi nei problemi comuni dell'umanità, nei tentativi, procedure, principi e istituzioni universalmente accettate dalla regola del diritto". A questo compito la santa Sede desidera offrire un suo imparziale contributo entro i limiti e nello spirito della missione affidata alla Chiesa da Cristo nostro Signore.

Il rapido sviluppo sia in estensione che in profondità delle relazioni tra gli uomini e le nazioni, richiede uno sforzo senza precedenti per essere realmente governati dall'uomo, al fine di non venire trasportati sulla tumultuosa onda dell'interesse e dell'istinto egoista, di modo che si possa trovare un'ordinata struttura che esprima e promuova l'unità della famiglia umana con il rispetto per la suprema dignità di ogni individuo e di ogni gruppo umano. Questo sforzo trova nella guida del diritto l'"imperium legis" e l'indispensabile sostegno che garantisce la sua continuità, la sua rettitudine e la sua forza creativa. La regola del diritto non implica in nessun modo una rigida immobilità.

Essendo fondata su una ricca tradizione e su preesistenti valori umani, che dal diritto stesso traggono forza e sono stati perciò collaudati, essa diventa più che mai capace di affrontare con risolutezza, situazioni che continuamente cambiano, e di imprimere su di loro la caratteristica umana. La sua tradizionale ed essenziale applicazione a tutte le circostanze, trova appunto nella presente unificazione dell'umanità un vasto e nuovo terreno per escogitare nuove vie e nello stesso tempo ringiovanire le varie espressioni già accolte e che esso ha forgiato secondo le tradizioni dei diversi paesi.

La regola del diritto non ignora le tensioni che nascono dalla vita, né gli aspetti di verità contenuti nelle proteste e contestazioni di quei popoli che un certo sistema legale rifiuta di riconoscere come legittime aspirazione (cfr. Giovanni XXIII, PT 39ss). Ma essa ha sufficiente fiducia in se stessa, nella legge del cuore e della ragione da cui essa promana, per cercare soluzioni non in un'ulteriore esasperazione di quelle tensioni, ma piuttosto in un appello alle più alte facoltà dell'uomo, capace di escogitare e creare sistemi organizzati, più consoni all'attuale sviluppo dell'umanità. E' questa convinzione che vi ha portati a esaminare già nella città di Madrid l'intera serie di sfide dei nostri tempi: i diritti umani con gli accordi di Helsinki, le leggi del mare, la codificazione delle leggi che governano le corporazioni multinazionali, i diritti della famiglia, le tecnologie informatiche e il diritto di riservatezza, il controllo internazionale delle fonti alternative di energia, la progressiva riduzione della vendita di armi tradizionali, l'arbitrato internazionale, ecc.

La Santa Sede partecipa attivamente alle conferenze internazionali che trattano questi diversi problemi, e il suo contributo originale di natura etica trova terreno più fertile dove i modelli dei sistemi legali sono stati meglio applicati, grazie specialmente ai vostri sforzi. Essa fa ciò, da un punto di vista di cambiamento ed evoluzione che deve caratterizzare la legge, perché questo fatto è anche caratteristico dello sviluppo dell'umanità e delle nazioni. Come ho già detto, la Dichiarazione dei diritti umani e l'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ha avuto per scopo non solo di allontanare le orribili esperienze dell'ultima guerra mondiale, ma anche di creare le basi per una continua revisione di programmi, sistemi e regimi, dall'unico e fondamentale punto di vista che è quello del benessere umano, o per meglio dire, dell'individuo nella comunità, che deve, come fondamentale fattore del bene comune, costituire il criterio essenziale per tutti i programmi, i sistemi e i regimi (cfr. RH 17).

Si, l'uomo è la base di ogni cosa. Esso deve essere rispettato nella sua personale e trascendente dignità. La sua dimensione sociale deve essere rispettata: la personalità umana e cristiana non può realizzare se stessa, in effetti, se non nella misura in cui l'egoismo esclusivista viene respinto, poiché la sua chiamata è insieme personale e sociale. Il diritto canonico ammette e favorisce questo caratteristico miglioramento, perché conduce a un superamento dell'egoismo; l'abnegazione di sé come esclusiva individualità, conduce all'affermazione di sé in un'autentica prospettiva sociale, nel riconoscimento e nel rispetto dell'altro come "persona", che ha diritti universali, inviolabili e inalienabili, e una trascendente dignità (cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Sacra Romana Rota, 17 febbraio 1979).

I valori umani, i valori morali sono alla base di tutto. La legge non può prescinderne, né nei suoi obiettivi né nei suoi mezzi. La sua autonomia rettamente ordinata è intrinseca alla legge morale, nella quale, del resto, essa non incontra un freno o una restrizione, ma il terreno fertile del suo dinamico e programmatico sviluppo. Voi sapete, e anch'io non lo ignoro, che è difficile definire l'uomo in ciò che costituisce il suo essere permanente e la sua universalità nel tempo e nello spazio, al di là delle abitudini e delle diverse culture. Ed è ugualmente difficile tracciare gli elementi istituzionali che favoriscono la crescita umana nella solidarietà, tenendo contemporaneamente conto della diversità delle convinzioni umane, puntando sulla coscienza creativa dell'uomo e assicurando così l'indispensabile libertà in cui questa coscienza si può formare, riformare e nella quale può agire. Tutta la storia del diritto dimostra che la legge perde la sua stabilità e la sua autorità morale, che essa è tentata di far crescente ricorso alla costrizione e alla forza fisica o finisce per abdicare alle sue responsabilità - in favore dei nascituri o della stabilità del matrimonio o sul piano internazionale in favore di intere popolazioni abbandonate all'oppressione - quando cessa di ricercare la verità, riguardante l'uomo, o permette di venire tacitata con dannose forme di relativismo.

Si tratta di una ricerca difficile, brancolante nel buio, ma necessaria e tale che il giurista più di ogni altro non può farne a meno.

Per quello che riguarda la Chiesa, il solido fondamento della sua ricerca è Cristo Gesù. Ma tutto ciò che il credente scopre alla luce della fede, egli lo crede e lo afferma di tutti gli uomini, credenti e non, perché Cristo è unito in qualche modo a tutti gli uomini, ad ogni uomo. Inoltre, questa è la nostra certezza: la vita di Cristo parla, anche, a molti che non sono capaci di ripetere con Pietro: "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente!". Egli, il figlio del Dio vivente, parla alla gente anche come uomo: parla la sua vita, la sua umanità, la sua fedeltà alla verità, il suo amore che accoglie tutti (cfr. Giovanni Paolo II, RH 7).

Signore e signori, con profondo rispetto per le vostre convinzioni, permettetemi di invitarvi ad ascoltare la voce di Cristo il messaggio del Vangelo che riguarda l'uomo. Ciò non farà altro che rafforzarvi nel vostro desiderio di costruire la pace mondiale tramite il diritto.

Rinnovo il mio profondo sentimento di stima per l'opera che avete fin qui svolto, ed esortandovi a continuarla senza stancarvi, invoco su di voi, sulle vostre famiglie e soprattutto sul vostro lavoro, la benedizione di Dio onnipotente.

Data: 1979-09-24

Data estesa: Lunedì 24 Settembre 1979.





A Vescovi del Paraguay in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia e i giovani nel futuro della Chiesa

Testo: Venerabili fratelli nell'Episcopato.

Benedetto sia il Signore che mi ha dato l'occasione per questo incontro fraterno con voi, Pastori della Chiesa in Paraguay, venuti a Roma per "vedere Pietro", renderlo partecipe della vostra gioia e della vostra sollecitudine nella evangelizzazione del Popolo di Dio a voi raccomandato, e rafforzare i vincoli di carità fra le vostre sedi rispettive e quella del successore di Pietro.

Questi momenti di rinvigorita comunione che passiamo insieme, dopo l'incontro individuale avuto con ciascuno di voi, mi offre l'opportunità di rendere grazie a Dio per la misericordia che tra voi regna e che si irradia beneficamente verso i vostri sacerdoti, gli altri operatori della pastorale, soprattutto religiosi, e ai fedeli. Vi esprimo per tutto ciò la mia compiacenza e chiedo al Signore che, come frutto di questo incontro con chi è stato scelto come centro e garanzia di comunione con Cristo, la vostra unità di sentimenti e volontà sia perfezionata ed irrobustita per il bene della Chiesa nel vostro Paese.

Se manterrete questa comunione fraterna, voi e le vostre comunità cristiane, potrete affrontare con maggiore facilità e buoni frutti le sfide che vi impone il momento attuale e che emergono dalle relazioni che avete presentato per questa visita "ad limina".

So che uno dei punti che più vi preoccupa nel vostro impegno pastorale, è la moralizzazione della vita pubblica, familiare ed individuale. A questo punto state dedicando i vostri sforzi personali, oltre che come Conferenza Episcopale.

Sapete che sono con voi ed incoraggio questa vostra opera, volta a preservare, ristabilire e consolidare il senso morale nelle coscienze, perché la legge di Dio e l'onestà reggano le relazioni sociali e familiari, così come il comportamento privato delle persone.

E' un capitolo di grande importanza, dato che senza coltivare i valori di un'autentica integrità morale, vengono private di una morale le basi solide della convivenza e viene degradato il tenore di vita dei cittadini.

Particolare attenzione dovreste continuare ad avere verso una adeguata pastorale familiare, garanzia di efficacia per ottenere una retta condotta da parte dei vostri fedeli. E' risaputo che dove la famiglia è sana, tutta la società ne riceve un benefico influsso. Proprio da una riconosciuta carenza di valori, genuinamente umani e cristiani, derivano tanti fra i mali che affliggono la gioventù di oggi.

Quello della gioventù è un altro dei capitoli al quale so che volete dedicare ulteriori attenzioni speciali, perché da questo dipende tanto il futuro della Chiesa quanto quello della società.

Concludendo, qualche parola su un altro punto che occupa un posto a parte fra le vostre preoccupazioni: il problema delle vocazioni alla vita consacrata. Conosco la situazione di penuria di sacerdoti, soprattutto nativi, che stanno vivendo le vostre Chiese. Ma insieme a ciò mi rallegra il notare il promettente aumento delle vocazioni che si sta verificando. Se in tutti gli aspetti della evangelizzazione dovete impegnarvi generosamente in prima persona e con le vostre comunita cristiane, e nella ricerca, nell'accurata preparazione e nello sforzo per la perseveranza delle vocazioni, ciò per cui vi chiedo di usare le vostre migliori energie. Vale la pena di consacrare a ciò ogni sollecitudine e attenzione. Fatelo voi e chiedete alle anime consacrate - soprattutto a quelle dedicate alla vita contemplativa - come anche ai secolari di maggior sensibilità spirituale, che chiediamo al Signore della messe che mandi operai per questa.

Amati fratelli! Queste riflessioni su temi tanto importanti per le vostre comunità, sgorgano dall'amore che ci unisce ad ogni loro membro. Tornando alle vostre sedi, dite soprattutto ai sacerdoti ed alle anime consacrate, che il Papa li incoraggia nella loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, e li tiene presenti nelle preghiere quotidiane. Che la Vergine di Caacupé vi assista nei vostri sforzi, vi dia conforto e vi guidi verso suo Figlio, il Salvatore.

Con grande affetto vi do la mia benedizione, che vi prego di comunicare a tutti i vostri diocesani.

Data: 1979-09-25

Data estesa: Martedì 25 Settembre 1979.





A Vescovi della Colombia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Riunite in Cristo tutti gli uomini"

Testo: Amatissimi fratelli nell'Episcopato.

Sono felice di essere con voi oggi, in questo incontro collegiale che culmina con la vostra visita "ad limina", dopo aver ascoltato e aver parlato personalmente con ciascuno in udienze successive. E così come lo sento, desidero dirvi, con parole dell'apostolo san Paolo, qualcosa che sento nel cuore: "Rendo continuamente grazie a Dio per la grazia che vi è stata concessa in Gesù Cristo, perché in lui siete stati ricolmi di ogni ricchezza..." (1Co 1,4ss).

Dico ciò non per lusingare invano i vostri sentimenti di pastori della Chiesa, zelanti e diligenti quali siete nella guida attenta del vostro rispettivo gregge. Lo faccio semplicemente per esprimere la mia sincera fiducia nella vostra opera apostolica, prima di tutto la Vostra, Signor Cardinale, e anche quella di tutti i fratelli qui presenti, e sostenere i vostri animi, conformemente al mandato di Cristo: "Conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32); tutto questo mosso a quella carità inevitabile che, confessata con voce sommessa da Pietro, conferisce un tratto caratteristico a chi, per volontà del Signore risuscitato, deve "pascere le sue pecorelle" (Jn 21,15ss).

In questa stessa carità che è il vincolo di unità della Chiesa, desidero anche abbracciare e rendere omaggio alle vostre comunità diocesane. Durante questi giorni sono state particolarmente presenti nella mia pastorale "sollecitudine per tutte le Chiese" (cfr. 2Co 11,28); una sollecitudine condivisa con voi, che voglio fare partecipi della mia profonda soddisfazione, poiché sono contento di "vedere il buon ordine che regna fra voi e la fermezza della vostra fede in Cristo...; siate in lui radicati e su di lui edificati, sostenuti dalla fede, quali vi fu insegnata..." (Col 2,5ss).

Unione nella carità, fede solida e piena di speranza in Cristo: è questa una espressione compiuta di vitalità ecclesiale per coloro che davvero hanno messo radici in Cristo e si sentono su lui edificati. A tutto ciò va diretta così la vostra missione primordiale di maestri, evangelizzatori del Popolo di Dio, secondo la dottrina ricevuta in consegna.

1. Non mancheranno coloro che, con una certa predisposizione alla critica facile, penseranno che questa comunità di fede in Cristo vive totalmente sfasata, in mezzo ad una società mossa da incentivi meramente terreni e rivolta verso l'utilizzare e lo sfruttare, anche giusto ed onesto, i beni materiali: costoro pretendono di ridurre il Vangelo ad una dottrina fra le tante di indole umanitaria, che può servire benissimo d'alibi per evadere dai pressanti problemi umani e sociali del nostro tempo; i pastori stessi come le persone consacrate e i secolari inseriti nell'apostolato sono considerati, da alcuni, stolti quando predicano una speranza, che non giunge facilmente ad un accordo con i proventi di questo mondo.

Di conseguenza, sarebbe cosa gradita che le comunità cristiane intraprendessero altre vie per la salvezza, e si allineassero prioritariamente a favore dell'impegno politico-sociale, su altari di una pretesa interpretazione autentica della dottrina evangelica che, oltre che a "passare sotto silenzio la divinità di Cristo, pretende di mostrarlo impegnato in politica, combattente contro la dominazione romana e i poteri, perfino implicato nella lotta di classe" (Giovanni Paolo II, "Discorso all'assemblea Generale della III Conferenza Episcopale dell'America Latina", I, 4: AAS 71 (1979) 190).


2. Amatissimi fratelli, desidero ripetere qui qualcosa che ebbi già occasione di dire a Puebla davanti all'assemblea dell'Episcopato latino-americano: come Pastori della Chiesa abbiamo la coscienza di essere maestri della verità; questo è ciò che i fedeli cercano in noi, quando annunciamo loro la Buona Novella (cf. AAS 71 (1979) 190). La fede in Cristo che sostiene la vita ecclesiale, lo sapete bene, non è frutto dell'invenzione umana, e neppure il risultato di entusiasmi o di esperienze di gruppo. Noi predichiamo il Figlio di Dio fatto uomo sulla croce, "scandalo per gli ebrei e follia per i gentili, ma potenza e sapienza per coloro che sono stati chiamati...". Verso questa sapienza divina, che nella persona di Cristo fa propri la debolezza e il dolore umano, converge il mistero cristiano della creazione e della storia, e in questa viene rivelato il mistero ultimo dell'uomo e del suo destino. Si rende poi necessaria un'apertura alla verità liberata, per capire il senso della creazione, che non è frutto di forze naturali o di programmazioni umane, bensì opera di un piano di Dio, in cui risaltano i suoi disegni d'amore per l'uomo. Può succedere sfortunatamente che il mondo non riconosca questo senso, che gli uomini non accettino questa luce portatrice di speranza; ma è una realtà che Cristo è questa luce, e che coloro che la ricevono diverrano figli di Dio (cfr. Jn 1,9ss).

Vedete quanto si faccia pressante una più intensa opera di evangelizzazione, che lasci il posto alla vera luce, per mostrare al mondo la missione specifica della Chiesa: radicare in Cristo tutti gli uomini. In quanto comunità di fedeli, la Chiesa deve essere sempre solidale, davanti a Dio, con l'umanità: in quanto "sacramentum salutis" deve farsi carico della Buona Novella della salvezza per comunicarla e realizzarla fra tutti gli uomini (cfr. GS 1). Per poter tener fede adeguatamente a questo incarico, è necessario che sacerdoti, religiosi e fedeli vivano in comunione con il Magistero e con gli orientamenti emanati dalla Gerarchia ecclesiastica.


3. Con ciò, amatissimi fratelli, mi sono riproposto di mettere in rilievo quanto costituisce la sostanza del nostro ministero: fare Chiesa "annunciando senza timori la parola di Dio" (cfr. Ph 1,14), proclamando Cristo, liberi dalle catene umane di sapore sociologico, politico o psicologico (cfr. Giovanni Paolo II, Omelia nella Cattedrale di San Domingo, 26 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 160), coscienti di essere - e qui il mio pensiero di dirige fiducioso anche ai sacerdoti e alle anime consacrate - "compagni ed aiutanti", che servono Dio nell'opera della santificazione del genere umano, mediante la sollecita amministrazione dei sacramenti, e rettori del Popolo di Dio (cfr. "Presbyterorum Ordinis"). Dobbiamo inoltre vivere maggiormente Cristo per poterlo presentare limpido al mondo, per dare credibilità al nostro annuncio davanti a coloro che lo cercano con cuore sincero; affinché le nostre azioni per la giustizia a favore dei poveri e degli oppressi abbiano il sostegno di un'offerta personale, secondo l'esempio di chi amo fino alla morte e ci diede nuova vita. (IV Preghiera Eucaristica).

Concludo con le parole di san Paolo, che mi piacerebbe fossero davvero il motivo che riassume la nostra vita e i nostri incarichi ministeriali: "Solo, comportatevi in modo degno del Vangelo di Cristo, affinché, sia che io venga a trovarvi, sia che rimanga altrove, possa sentir dire di voi che siete costanti in uno solo spirito e che lottate come un'anima sola per la fede del Vangelo...".

Dandovi il mio "a sempre", vi prego, nel profondo amore di Cristo, di salutare i vostri sacerdoti, seminaristi, religiosi e laici, nel nome del Papa che tutti ama, per tutti prega, tutti benedice.

Data: 1979-09-25

Data estesa: Martedì 25 Settembre 1979.









Lettera a Monsignor Hay - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: 400 anni dalla Fondazione del Collegio Inglese e Gallese

Testo: A Monsignor George Adam Hay Rettore Venerabile Collegio Inglese e Gallese di Roma.

In questa lieta ricorrenza della Messa di Ringraziamento che si celebra in memoria del Quarto Centenario della Fondazione del Venerabile Collegio Inglese e Gallese, sono particolarmente lieto di rivolgere un cordiale saluto a lei, e attraverso lei anche ai membri della direzione, agli studenti attuali e precedenti, alle Suore, a tutti coloro che lavorano per il Collegio, e anche ai membri della Gerarchia Inglese e Gallese che sono presenti a Roma per i festeggiamenti di questo anniversario.

Per più di due secoli prima della fondazione del Collegio da parte di Gregorio XIII, la sede di Via di Monserrato aveva ospitato L'Ostello Inglese riservato ai pellegrini alla Sede di Pietro. Dunque la presenza inglese e gallese in questo luogo è stata continua, tranne due brevi interruzioni dovute alle guerre, per ben seicentosettant'anni. Questa presenza è stata caratterizzata dall'ospitalità che si fonda sull'amore di Dio. Anche in seguito, dopo che la casa fu trasformata in un centro studi, l'istituzione continuo a riflettere la stessa ospitalità: l'accoglienza offerta a coloro che, desiderando rispondere alla chiamata di Dio nel loro cuore, sono stati inviati dai loro Vescovi al Centro della Cristianità per prepararsi al Sacerdozio ed offrire interamente se stessi per il bene spirituale dei loro fratelli e sorelle nel loro paese natale.

In tempi di persecuzione rispondere alla chiamata divina comportava pericolo e persino morte. Quarantaquattro antichi studenti del Collegio hanno testimoniato la loro fede versando il loro sangue.

Tali giorni sono ormai lontani e l'attuale Collegio è lieto di ricevere la visita di membri di altre Comunità Cristiane; fra l'altro, tra questi visitatori si annoverano i successivi Arcivescovi di Canterbury.

Quando riconsiderate la vostra storia passata e vi rivolgete con speranza e fermezza verso il futuro, desidero sappiate che io prego per tutti voi.

Prego specialmente per coloro che ora stanno studiando per diventare sacerdoti, perché possiate essere generosi, perseveranti e compiere le speranze riposte in voi. Possa la vostra vita a Roma rafforzarvi sempre più nell'amore a Dio e nella fedeltà agli ideali che vi sono stati proposti. Lo Spirito Santo vi ricolmi di zelo affinché tutte le vostre attività possano ispirarsi alle parole di Gesù che sono il motto del vostro Collegio: "Ignem veni mittere in terram" (Lc 12,49).

Possiate, tutti voi che prendete parte a questo giubileo, confidare nella protezione di Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Possiate, voi che provenite da un paese a lungo chiamato "suo Tesoro" fare sempre esperienza della sua cura amorevole.

Con questi sentimenti imparto a ciascuno di voi a mia apostolica benedizione.

Data: 1979-09-26

Data estesa: Mercoledì 26 Settembre 1979.





Alle delegazioni dei Governi argentino e cileno - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Insieme agli interessi delle parti difendiamo la pace

Testo: Signor Cardinale, Signori Ambasciatori ed illustri membri della delegazione argentina e cilena per i negoziati relativi alla mediazione della controversia per la zona australe.

1. Le brevi parole da lei pronunciate, Signor Cardinale, per illustrare i lavori effettuati dai primi di maggio ad oggi, mi hanno aggiornato sulle informazioni dettagliate che, personalmente e per scritto, mi hanno fatto pervenire puntualmente durante gli ultimi mesi. Ne ho preso coscienza con l'attenzione richiesta dall'importanza dell'argomento, la cui gravità, signori delegati, mi ha indotto a inviare nei vostri Paesi lo stesso Cardinale Samoré, durante lo scorso Natale, e ad accettare poi la mediazione che i vostri Governi mi sollecitarono.

Con queste iniziative ho voluto, come scrissi alle più alte Autorità delle vostre Nazioni, testimoniare l'attenzione che presto alle mutue relazioni dei vostri Paesi. Portare a termine questo gesto sembrava inevitabile per chi considera la pace come uno dei grandi valori umani, e crede che la sua ricerca e realizzazione sia un desiderio, o più ancora, un mandato, del Figlio di Dio fatto Uomo, del Principe della Pace, di chi ha la Provvidenza ha reso Vicario fra gli uomini.

Sono in attesa, come saprete, di intraprendere un viaggio in cui non mi mancheranno le occasioni per proclamare l'interesse della Sede Apostolica per la pace, e la sua ferma volontà di contribuire al suo effettivo consolidamento permanente, secondo i mezzi che le sono propri, consapevole degli immensi benefici che il conseguimento di una concordia mondiale vera, comporterebbe per l'umanità intera.

In questo contesto, mi è sembrato opportuno incontrarmi con voi che vi trovate qui per agire in nome dei vostri Governi e dei vostri popoli; perciò le mie parole vogliono raggiungere, grazie a voi, tutti loro.


GPII 1979 Insegnamenti - A Vescovi dell'Argentina in visita "ad limina" - "Siate maestri e testimoni della verità che viene da Dio"