GPII 1979 Insegnamenti - Al Comitato Olimpico Italiano - Città del Vaticano (Roma)

Al Comitato Olimpico Italiano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo sport palestra di virtù e strumento di unione tra i popoli

Testo: Illustri e cari Signori.

E' con viva gioia e sincero compiacimento che, acconsentendo al desiderio manifestato, mi intrattengo stamane con voi, Signori Presidenti delle Federazioni Sportive Italiane, convenuti a Roma per la riunione del Consiglio del Comitato Olimpico Nazionale.

Mentre ringrazio sentitamente il vostro Presidente per le nobili e gentili parole rivoltemi, le quali hanno bene illustrato l'interessamento della Chiesa per la delicata attività da voi svolta, mi è gradito indirizzare a ciascuno di voi, ai duecentomila dirigenti e ai sei milioni di giovani che si esercitano nelle schiere delle vostre diverse federazioni, il mio saluto cordiale, il mio auspicio di bene, il mio pensiero di personale simpatia.

Consapevole delle vostre responsabilità, che per alcuni di voi attingono anche il livello internazionale, con legittima soddisfazione di quanti operano in seno alla benemerita istituzione del CONI, apprezzo ancor più la vostra visita, perché vi so al presente impegnati nello studio dei problemi inerenti alla partecipazione ai prossimi Giochi Olimpici, che ci auguriamo costituiscano la ricorrente, attesa e privilegiata occasione per confermare e mettere in sempre maggior luce i valori dello sport rettamente inteso e serenamente praticato.

La mia stima per il vostro impegno diviene tanto più grande, se penso che esso non si rivolge soltanto a preparare atleti e programmi per manifestazioni agonistiche di elevato carattere competitivo, come quelle sopra ricordate, ma tale impegno si preoccupa, altresi, e prevalentemente, di offrire alla grande popolazione giovanile italiana le adeguate strutture, per esercitare una sana attività fisica, alla portata di quanti vogliano avvalersene.

Questa mia considerazione per il vostro servizio, se può essere confermata come è stato delicatamente insinuato dalla mia personale esperienza e da una elettiva propensione, essa poggia fondamentalmente su di una oggettiva disamina dei valori evidenziati dall'esercizio sportivo, così come il Magistero dei miei venerati Predecessori ha tante volte messo in luce con documenti e discorsi.

La Chiesa si è sempre interessata al problema dello sport, perché essa ha a cuore tutto ciò che contribuisce costruttivamente allo sviluppo armonico e integrale dell'uomo, anima e corpo. Essa, quindi, incoraggia quanto tende ad educare, sviluppare e fortificare il corpo umano, affinché esso presti un migliore servizio al raggiungimento della maturazione personale.

Il corpo, secondo la concezione cristiana, è meritevole di giusto interesse, di vero rispetto, di cure amorose e sapienti, rivestito com'è di connaturata dignità, capace di una misteriosa sacralità e destinato alla vittoria ultima sulla stessa morte, come ci insegna la nostra fede. Con san Paolo mi piace ripetere: "Glorificate e portate Dio nel vostro corpo" (cfr. 1Co 6,20).

Certo, il valore del corpo deve essere assecondato e perseguito nel rispetto della gerarchia dei più alti valori morali e spirituali, i quali, talvolta, richiedono il sacrificio della stessa vita corporea, per affermare il primato assoluto dello spirito, dell'anima, creata a somiglianza di Dio, rigenerata a nuova vita dal Sacrificio di Gesù Cristo, Verbo Incarnato, e chiamata alla corona incorruttibile, dopo il felice compimento della gara terrena (cfr. 1Co 9,24-25).

Lo sport, esercitato in questa visione, ha in sé un significato morale ed educativo rilevante: è una palestra di virtù, una scuola di interiore equilibrio e di esteriore controllo, una introduzione alle conquiste più vere e durature. "L'agone fisico - avvertiva sapientemente Pio XII di venerata memoria - diventa così quasi una ascesa di virtù umane e cristiane; tale anzi deve diventare ed essere... affinché l'esercizio dello sport superi se stesso... e sia preservato da deviazioni materialistiche, che ne abbasserebbero il valore e la nobiltà" (Pio XII, Al Congresso scientifico nazionale dello Sport, 8 novembre 1952: "Discorsi e Radiomessaggi", XIV (1952) 389).

In un contesto sociale, purtroppo travagliato da tentazioni disumanizzanti, quali quelle della sopraffazione e della violenza, sentitevi a servizio della formazione della generazione giovanile, consci - come eloquentemente si è espresso il vostro Presidente - che lo sport, per i sani elementi che avvalora ed esalta, può divenire sempre più uno strumento di primaria incidenza, per l'elevazione morale e spirituale della persona umana, e quindi contribuire alla costruzione di una società ordinata, pacifica, operosa.

Come tacere, poi, il benefico influsso che l'intensificarsi dei contatti sportivi con altre Nazioni può operare per il rafforzamento e l'ulteriore sviluppo della reciproca comprensione e del senso di unione tra i popoli? E' per questo che guardo con soddisfazione al susseguirsi di pacifiche competizioni, come quelle olimpiche.

Tutte queste prospettive, a cui ho fatto cenno, vi sono più che familiari. Le poche parole che ho desiderato dirvi vogliono sottolineare l'importanza che annetto al vostro impegno.

Nel ringraziarvi ancora una volta per questa amabile visita, formulo i voti più fervidi perché i lavori del vostro Consiglio Nazionale siano seguiti da frutti abbondanti e duraturi e, mentre porgo a voi, alle vostre famiglie e a tutti gli sportivi, cordiali auguri di buon Natale, di cuore vi imparto, in pegno dei doni della divina protezione, la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1979-12-20

Data estesa: Giovedì 20 Dicembre 1979.





Ai ragazzi dell'Azione Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mantenete vivo il senso del vero Natale

Testo: Carissimi ragazzi e ragazze dell'Azione Cattolica, che da Roma e da tutte le Regioni d'Italia siete venuti per porgere al Papa gli auguri di Buon Natale, in rappresentanza dei vostri amici e delle vostre amiche. Vi saluto cordialmente e, in voi, intendo salutare tutti gli appartenenti all'Azione Cattolica Ragazzi d'Italia; anzi desidero estendere il mio affettuoso saluto natalizio a tutti i ragazzi del mondo, affidando a voi l'incarico di annunciare a tutti che il Papa li ama come li ama Gesù! Grazie, dunque, per la vostra visita e per i vostri auguri, così sinceri e spontanei, che sono un gesto commovente di fede e di devozione verso il Vicario di Cristo. Ricambio volentieri la vostra delicata attenzione con i miei fervidi auguri.

E il mio primo augurio è, innanzitutto, che siate sempre coscienti del vero valore del Santo Natale. Che cosa significa questo avvenimento così grandioso e solenne, che si svolse nell'umiltà e nel silenzio della capanna di Betlemme? Voi lo sapete: il Natale ci ricorda che Dio stesso, creatore dell'universo, ha voluto diventare uomo come noi, sue creature, ha voluto nascere da Maria santissima, in modo miracoloso ma reale, e accettare come noi la vita quotidiana, con tutte le sue gioie e i suoi dolori.

Gesù è la Seconda Persona della Santissima Trinità che ha assunto in sé la natura umana: questo è un'avvenimento così strepitoso e unico che sconvolge la storia umana. Dio si è fatto come noi! Mantenete vivo, carissimi, il senso vero del Natale; siate sempre coscienti del suo autentico significato: Gesù è nato per ognuno di noi, per ogni uomo, per ogni ragazzo e fanciulla, anche se non lo sa e non lo conosce; è nato per amarci, per salvarci, per indicarci il vero senso della vita. Mantenete perciò anche sempre viva la vera gioia del Natale, che è gioia immensa, interiore, soprannaturale. Questa è la gioia che vi auguro per ora e per sempre.

Il secondo augurio è che siate sempre testimoni del Natale durante la vostra vita e in qualunque luogo vi troverete. Essere testimoni del Natale significa accettare il messaggio di Gesù come definitivo e decisivo, perché divino. Gesù è il Verbo Incarnato, è la "parola di Dio" fatta uomo per comunicare la Verità, per rivelare, per illuminare l'umanità sui suoi eterni destini. Gesù è la luce; non si può fare a meno di lui! Essere testimoni del Natale significa vivere la presenza di Gesù in noi mediante la "grazia" e l'Eucaristia. La memoria del Natale storico deve diventare impegno per il Natale mistico, che è sempre presente nell'intimo dell'anima e che si rinnova in modo misterioso nell'incontro eucaristico, mediante la Santa Comunione. Siate sempre gli amici di Gesù Eucaristico, per poter godere ognora la letizia del Natale.

Essere testimoni del Natale significa ancora trasformare la vita in dono di carità e di generosità verso tutti i fratelli. Carità spirituale con la bontà, la docilità, la preghiera e con l'aiuto a tutti coloro che soffrono nella miseria, nella malattia, nell'abbandono. Ma anche carità totale, rispondendo generosamente e completamente alla vocazione sacerdotale o religiosa, se qualcuno si sente chiamato a questo superiore stato di vita.

Carissimi! Trascorrete nella gioia il Santo Natale, vicino ai vostri presepi, vicino ai vostri genitori e familiari, a cui porterete anche i miei auguri.

Vi assista la Madonna. Vi accompagni la mia affettuosa benedizione.

Data: 1979-12-22

Data estesa: Sabato 22 Dicembre 1979.





Ad un equipaggio Alitalia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ringraziamento per il servizio prestato nel viaggio in Turchia

Testo: Dopo essere stati insieme durante il viaggio aereo compiuto lo scorso mese di novembre in Turchia, ecco che ci ritroviamo di nuovo. Vi do il mio cordiale benvenuto in questa casa, nella quale sono lieto di accogliervi e tutti vi saluto vivamente.

Non posso non ricordare ancora, insieme a voi, il viaggio in terra di Turchia, con le sue meravigliose tappe ad Ankara, a Istanbul, a Smirne ed Efeso.

Voi ben sapete che lo scopo ultimo del mio pellegrinaggio è stato di carattere ecumenico, in vista di riannodare gli antichi legami di fede e di vita ecclesiale con la Sede Patriarcale di Costantinopoli e con tutta la Chiesa Ortodossa d'Oriente.

Voi, che formavate l'Equipaggio, avete contribuito a rendere gradevole il volo. La vostra provata competenza e la squisita premura nel servizio hanno reso piacevole la trasvolata, così che la riuscita del viaggio è pure dovuta al vostro merito.

Per questo, voglio ora ringraziarvi di vero cuore, dando atto alla vostra bravura e alla vostra cortesia, che auspico vi contraddistinguano sempre.

E poiché siamo nell'imminenza delle Festività Natalizie, volentieri porgo di cuore a voi, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari i migliori auguri per un Natale di autentica comunione col Signore e anche di umana letizia che ne deriva, mentre a tutti concedo la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-12-22

Data estesa: Sabato 22 Dicembre 1979.





Al sacro Collegio per gli auguri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa nel mondo odierno difende la dignità di ogni uomo

Testo: Signori Cardinali, carissimi fratelli!

1. Sono assai grato al Cardinale Decano per le sue parole di augurio, nelle quali ho sentito vibrare il suo nobile cuore, e quello di tutti voi, qui presenti. Il Signore rimeriti tanta delicatezza. In questa circostanza tutta particolare, che si rinnova ogni anno, sentiamo più vivo il significato e la ricchezza del Natale vicino. Gesù viene, è ormai alle porte. Il Padre Celeste ce ne fa dono, il dono per eccellenza, nel quale abbiamo avuto tutti i doni, nell'ordine della natura e della grazia: egli, che ha "già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi... in questi giorni parla a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto il mondo" (cfr. He 1,1ss). E Maria, sua Madre Immacolata, lo porta in grembo per offrirlo a noi, rappresentati nei pastori di Betlemme, nei Magi d'Oriente; l'offre per la salvezza di tutti gli uomini. Quest'ora vissuta tra di noi, in sintonia di affetto e di preghiera, con l'animo rivolto verso la santa Grotta, è piena di gioia e di incoraggiamento, per me e per voi, carissimi miei Collaboratori. E di tanto vi ringrazio di cuore.


2. Ma con voi sento presente qui l'intera Chiesa: nei suoi Pastori, i venerati fratelli nell'Episcopato, nei Sacerdoti, nei Religiosi e nelle Religiose, nei fedeli tutti. Tutta la Chiesa si prepara al Natale, e lo rivivrà in quel giorno nel legame stupendo e misterioso dei Santi Misteri. E a tutta la Chiesa va oggi il mio saluto, oltre al sincero "grazie" per gli auguri che dai cinque Continenti mi stanno giungendo. Nello scorso anno, in questa stessa circostanza - ed era il mio primo Natale con voi in questa Sede di Pietro - io accennavo all'impegno assunto, per divino mandato, in favore di tutta la Chiesa: "impegno di dedizione e di amore" (AAS 71 (1979) 50). E mentre ormai l'anno volge velocemente al tramonto, sento di poter dire che ho cercato, umilmente, semplicemente, ma con tutte le forze, servendomi di ogni possibilità a me offerta, di tener fede a quell'impegno, essendo ben consapevole delle mie responsabilità davanti a Dio.

Il mio saluto e il mio augurio vanno, inoltre, ai fratelli delle Comunità cristiane, che ancora non sono nella piena comunione con noi. Vanno ai membri delle religioni non cristiane, particolarmente a quelle che adorano l'unico e onnipotente Iddio. Va, il mio augurio, ai Capi degli Stati di tutto il mondo, ai responsabili delle sorti dell'umanità, agli uomini politici. Va a ogni uomo, che vive, lavora, gioisce o soffre sull'intera estensione del globo.


3. L'annuncio essenziale del Natale è l'Incarnazione del Figlio di Dio. La Parola del Padre si fa carne e pone la sua abitazione fra di noi (cfr. Jn 1,14). Viene per l'uomo. Per ogni uomo. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4). Come spesso hanno rilevato i Padri e i Teologi antichi, Dio si fa uomo perché l'uomo diventi Dio. Il prossimo Natale sarà quell'"oggi", in cui avviene questo "ammirabile scambio". Un "oggi" che non tramonterà mai più, finché sulla terra nascerà un uomo, che porta stampata nella persona, al di là della sua fragilità intrinseca di creatura terrena, la regale immagine e somiglianza con Dio, la dignità di figlio del Padre, di redento da Cristo. Per questo Gesù nasce, in quest'"oggi" del Natale, che così bene commenta uno scrittore orientale: "In questo giorno è nato il Signore, vita e salvezza degli uomini. Oggi si è operata la riconciliazione della divinità con l'umanità, e dell'umanità con la divinità...

Oggi ha avuto luogo la morte della tenebra e la vita dell'uomo. Oggi una via si è aperta per gli uomini verso Dio e una via di Dio verso l'anima... Prima infatti tutto il creato lancio un grido, trascinato verso la corruzione della caduta di Adamo, che di quelle realtà era re. Ma il Signore è venuto a rinnovare lui, come conviene, la vera immagine di Dio e a ricrearla... Oggi si compie l'unione, la comunione e la riconciliazione tra le realtà celesti e quelle terrene: Dio e uomo" (Ps. Macarii, "Hom. 52", 1).

Nasce il "Redentore dell'uomo" Nasce il "Redentore dell'uomo". Nasce con lui l'umanità. E nasce con lui la Chiesa, come ha ben sottolineato sant'Ambrogio ("Exp. Evangelii sec. Luc." 2, 50: PL 15, 1571), commentando la natività di Cristo: "Guardate i primordi della Chiesa che sorge: Cristo nasce, e i pastori (cioè, i Vescovi) cominciano a vegliare per radunare nell'atrio del Signore le greggi dei Gentili". Alla Chiesa, per la sua primordiale missione, nata con Cristo nato, e da lui ricevuta con solenne mandato, spetta di difendere la dignità dell'uomo: "di "ciascun uomo" come ho scritto nella mia prima enciclica perché ognuno è stato compreso nel mistero della Redenzione, e con ognuno Cristo si è unito, per sempre, attraverso questo mistero. Ogni uomo viene al mondo concepito nel seno materno, nascendo dalla madre, ed è proprio a motivo del mistero della Redenzione che è affidato alla sollecitudine della Chiesa. Tale sollecitudine riguarda l'uomo intero ed è incentrata su di lui in modo del tutto particolare. L'oggetto di questa premura è l'uomo nella sua unica e irripetibile realtà umana" (RH 13).


4. Questa visuale teologica ed esistenziale insieme è stata il motivo conduttore, con l'aiuto di Dio, del primo anno del mio pontificato: è una linea che, preannunciata dall'Allocuzione del solenne inizio del pontificato, il 22 ottobre 1978, si è concretata nella enciclica citata, in una traiettoria che passa per l'Omelia tenuta a Drogheda, in Irlanda, e giunge, nelle applicazioni alla vita e ai problemi internazionali, fino al Discorso alla XXXIV assemblea delle Nazioni Unite, a New York, il 2 ottobre 1979. Effettivamente, come là mi sono permesso di ricordare agli illustri Rappresentanti di tutto il mondo, "in questo rapporto trova il suo perché tutta l'attività politica, nazionale e internazionale, la quale in ultima analisi viene "dall'uomo", si esercita "mediante l'uomo" ed è "per l'uomo". Se tale attività si distacca da questa fondamentale relazione e finalità, se diventa, in certo modo, fine a se stessa, essa perde gran parte della sua ragion d'essere. Ancor più, può diventare perfino sorgente di una specifica alienazione; può diventare estranea all'uomo; può cadere in contraddizione con l'umanità" (Giovanni Paolo II, Discorso all'assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2 ottobre 1979, n 6: AAS 71 (1979) 1147).

La voce della Chiesa e l'uomo Rievoco tutto questo, nell'attesa vigilante che caratterizza quest'ultimo periodo dell'Avvento, per richiamare ancora una volta, insieme con la missione salvifica di Cristo affidata alla Chiesa, e da essa perpetuata nei secoli, l'intrinseca dignità dell'uomo, che dev'essere servita fino in fondo. E se mi sono permesso di citare alcune frasi, e dell'enciclica e del Discorso a New York - in questo incontro che si apre principalmente sui problemi dell'umanità intera, lasciando ad altra occasione, a metà del nuovo anno, di trattare i problemi della Chiesa "ad intra" - è perché vedo, e vediamo tutti, come non sempre sia rispettata come si conviene la sacra grandezza dell'uomo, di ogni uomo nostro fratello.


5. Nel mio incontro con i rappresentanti di tutte le Nazioni del mondo, a New York, ho ricordato da quel grande forum la necessità di proclamare e difendere i "diritti inalienabili" delle persone e delle comunità dei popoli. Vi sono problemi che ci interpellano in tutta la loro gravità; e la Chiesa ha il diritto e il dovere di intervenire, se vuol rimanere fedele alla sua missione, che, nel Cristo nato per noi, è rivolta alla salvezza di tutto l'uomo e di ogni uomo. La Chiesa non chiede altro che di poter cooperare con tutti i regimi e i popoli di qualsiasi tendenza e ideologia, per la costante elevazione dell'umanità.

Effettivamente, i vari viaggi che la Provvidenza del Signore mi ha permesso di compiere quest'anno, hanno chiaramente indicato anche questa dimensione, questa vocazione primordiale della Chiesa nel mondo contemporaneo. Non si è trattato infatti solamente di contatti col Popolo di Dio, con questa magnifica realtà che costituisce e prolunga sulla terra il regno dei cieli e ne prepara la definitiva irradiazione; ma quei pellegrinaggi in Nazioni e Popoli, pur tanto diversi per tradizione, per culture, per formazione intellettuale e sociale, per fisionomia socio-politica, per forma di governo, hanno fornito l'occasione di salutare gli illustri rappresentanti di quei numerosi Stati, in incontri ricchi di calore e di significato umano e sociale. E' stata un'espressione assolutamente positiva, che, più e meglio di ogni parola, ha giovato a creare un avvicinamento reale e concreto, anzi una fratellanza universale tra i popoli e ad allontanare sempre più ogni genere di barriere, che dividono tra loro i vari sistemi.

Così, in questa luce trovano la loro ragion d'essere le fitte relazioni, che la Santa Sede intrattiene nel mondo, sia per il tramite delle proprie Rappresentanze Pontificie, al servizio delle Chiese locali e delle Nazioni presso cui lavorano, sia nei contatti del Papa con i Capi di Stato e con i rappresentanti qualificati dei Governi e della vita politica dei vari Popoli. E mi piace ricordare i numerosi Ambasciatori, esistenti presso la Santa Sede, un bel numero dei quali ho ricevuto nei giorni scorsi per la presentazione delle Lettere Credenziali.


6. In così ampia visuale di effettiva possibilità della Chiesa di instaurare un dialogo costruttivo con le forze che reggono il mondo, essa sente il dovere di alzare la sua voce per la difesa dei diritti umani. Non è certamente una interferenza in affari interni degli Stati, né un'indebita appropriazione di compiti non suoi, e tanto meno una pura evocazione retorica di parole, ma non di fatti.

I diritti dell'uomo - in quanto sono enunciati in quella fondamentale "dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" del 1948, che ho voluto richiamare dalla tribuna delle Nazioni Unite - trovano purtroppo nel mondo vari pericoli, che li limitano e paralizzano, quando non li violano apertamente e anzi li sopprimono. Mai si è sentito esaltare tanto la dignità e il diritto dell'uomo a una vita fatta a misura d'uomo, ma mai anche si sono avuti come oggi affronti tanto patenti a tali dichiarazioni.

Le tensioni internazionali Mi riferisco alle tensioni internazionali, sempre purtroppo esistenti.

Alle guerre e ai rivolgimenti che oltre a produrre gravissimi disagi economici, soprattutto hanno recato con sé un tristissimo corteo di morti e di distruzioni.

Penso alle lotte intestine che travagliano alcune Nazioni. Alla violazione di principi inconcussi di diritto internazionale, con gravissime sofferenze causate alle persone interessate e alle loro famiglie.

Penso ai complotti oscuri e terribili del terrorismo, che minacciano la convivenza di Nazioni a noi carissime come la diletta Italia, e che, se non sono una guerra vera e propria, ne sono il surrogato iniquo e feroce. Ricordo con orrore i rapimenti, le estorsioni, le rapine: penso ai sequestrati che soffrono indicibilmente, talora da lunghi mesi.

In questo contesto non posso non ricordare i punti più densi di pericolo in alcune parti del mondo: la persistente crisi nel Medio Oriente; la situazione nell'Africa meridionale; le contese della penisola indocinese: e qui il pensiero va ancora alle miserevoli carovane umane, erranti per il vasto mare o in cerca di un asilo, dei rifugiati politici, degli esuli, dei prigionieri, la cui situazione è e permane dolorosissima per la mancanza di cibo, di vestiario, di casa, di lavoro, e soprattutto di una qualsiasi sicurezza per il domani: i rifugiati sono i veri poveri di oggi sul piano internazionale, ai quali deve andare la solidarietà dei popoli tutti, perché tutti hanno in sorte un destino migliore, e non possono chiudere gli occhi davanti alla loro tragedia.

Come ho già detto alla Sede delle Nazioni Unite (2 ottobre 1979, n. 10: AAS 71 (1979) 1151), anche il problema degli armamenti riveste tuttora una gravità impressionante, perché "essere pronti alla guerra vuol dire essere in grado di provocarla": è un crescente dispendio di mezzi socialmente improduttivi, che causa funeste conseguenze psicologiche nei rapporti tra gli Stati e nella vita interna degli Stati medesimi. In tale contesto, non possono non destare giusta preoccupazione tutte le installazioni di armi sempre più perfezionate, che, sia pure concepite come strumento di difesa, possono divenire fonte di distruzione e di rovina.

L'onesta ricerca del bene e del vero Nel mio recente Messaggio per la Giornata della Pace, ispirato al principio che la verità è fonte della pace, ho accennato a varie forme di "non-verità" che mortificano l'uomo e rendono sempre più difficile e problematica la concordia fraterna. Anche quanto ho ricordato sopra entra in questo quadro di ricerca di tutto quanto, oggi, può nuocere alla pace universale proprio perché si oppone all'onesta ricerca del bene e del vero, anche nei rapporti tra i popoli.

Auspico perciò in questo messaggio natalizio la necessità di "scavare bene a fondo in noi stessi, per raggiungere quelle zone in cui - al di là delle divisioni che constatiamo in noi e tra di noi - possiamo rafforzare la convinzione che i dinamismi propri dell'uomo, il riconoscimento della sua vera natura, lo portano all'incontro, al rispetto reciproco, alla fraternità e alla pace. Questa ricerca laboriosa della verità oggettiva e universale intorno all'uomo formerà... uomini di pace e di dialogo, forti e insieme umili per una verità, della quale essi capiranno che bisogna servirla, e non già servirsene per interessi partigiani" (Giovanni Paolo II, "Messaggio per la Giornata della Pace 1980", n. 4, 8 dicembre 1979).

La Chiesa con l'uomo che soffre

7. Le situazioni, che ho ricordato sopra, sono situazioni di disagio, sono fonte di dolore. Oggi gli uomini soffrono. Quanto, quanto dolore nel mondo quando si dimentica che l'uomo è nostro fratello! Ebbene, la Chiesa, nel guardare al mistero del Figlio di Dio fatto uomo - ed esposto anch'egli per l'ingiustizia degli uomini alla sofferenza e alla fame, alla povertà, all'esilio - non può esimersi dall'interporsi, dall'impegnarsi, dal coinvolgere se stessa per aiutare gli uomini, per risparmiare la sofferenza degli uomini. Ovunque un uomo soffre, là è Cristo che attende al suo posto (cfr. Mt 25,31-46). Ovunque un uomo soffre, là ci dev'essere la Chiesa al suo fianco.

Quanto ho sopra ricordato - minaccia e situazioni di guerra, terrorismo, problema dei rifugiati - presenta al nostro spirito una terribile somma di dolori umani.

Si aggiunga quanto nel mondo è fonte di squilibrio e di disagio, che reca offesa alla intrinseca dignità dell'uomo, perché viene umiliato e ferito, e soffre per se stesso e per i propri cari. Mi riferisco alle stridenti disuguaglianze sociali, oggi ancora esistenti. Se, come ha detto il Concilio Vaticano II, "l'uomo... è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (GS 63), permangono in tutta la loro gravità i "motivi di preoccupazione" che il Concilio denunciava con sincerità assoluta, parlando addirittura del "regresso delle condizioni sociali dei deboli, e del disprezzo dei poveri. Mentre folle immense - continuava la "Gaudium et Spes" (GS 63) mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei Paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i beni". Di conseguenza, in alcuni Paesi oggi si muore di fame. Queste vittime "bianche", queste vittime innocenti assommano a milioni ogni anno. Come poter pensare alla prossima gioia del Natale, davanti a una sofferenza così atroce, così inconcepibile? E tale flagello, come ben sappiamo, porta con sé tutta una serie di mali, che minano il futuro sviluppo di intere popolazioni: denutrizione, malattie endemiche, inazione, miseria, disperazione. Come non invocare una volonterosa cooperazione su scala internazionale? E' necessario che tutti i popoli - i quali spesso distruggono i loro prodotti per inconcepibili leggi di mercato - si coalizzino, anche a costo di sacrificio, per venire incontro ai fratelli che soffrono la fame. Richiamo qui, con rinnovata intensità, quanto ho avuto occasione di dire alla FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite che ha come primario scopo l'esame e la soluzione dei problemi dell'alimentazione e dello sviluppo nel mondo, sia nell'udienza del luglio 1979 in occasione della Conferenza per la Riforma Agraria, sia nella visita compiuta nello scorso 11 novembre. Non si può rimanere insensibili a un campo di azione di così grande gravità, che interessa zone intere e vastissime della terra.

Non posso poi dimenticare in questo momento i disoccupati, i sottoccupati, coloro che stentano a portare avanti il carico della vita, con tutti i problemi che crescono in un delicato momento economico come il presente: a tante mamme, a tanti papà il Natale che si avvicina dà una stretta al cuore, perché mancherà ai loro figli la gioia non dico di doni superflui, ma della stessa tranquillità materiale, forse della sopravvivenza.

Penso poi alla sofferenza pagata dall'anonima folla degli umili, in ogni Paese, causata dalle improvvise variazioni dei rapporti commerciali internazionali, dalla esosità di certi approvvigionamenti, che provocano un crescente costo delle cose più elementari della vita fino a produrre gravissimi disagi nella vita familiare e sociale.

Le vere dimensioni della libertà religiosa

8. Ma vi sono fonti di sofferenza più intima, non rilevabile dalle indagini statistiche, che attentano profondamente alla interiore grandezza e nobiltà dell'uomo, perché gli impediscono di perseguire i suoi più alti e inalienabili diritti. I più importanti di questi ho enumerato nel discorso alle Nazioni Unite, tra i quali ho citato "il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona; il diritto all'alimentazione, all'abbigliamento, all'alloggio, alla salute, al riposo e agli svaghi; il diritto alla libertà di espressione, all'educazione e alla cultura; il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione e il diritto a manifestare la propria religione, individualmente o in comunione, tanto in privato che in pubblico" (Giovanni Paolo II, Discorso all'assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2 ottobre 1979, n. 13: AAS 71 (1979) 1152). In particolare vorrei oggi sottolineare proprio questo diritto alla libertà religiosa, sacro per tutti gli uomini, al quale il Concilio Vaticano II ha fatto solenne appello: "Questa libertà - diceva la Dichiarazione "Dignitatis Humanae" - consiste in ciò, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione sia da parte di singoli individui, sia di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, e in modo tale, che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né sia impedito, entro debiti limiti, ad agire in conformità ad essa" (DH 2).

Debbo dire che questo è purtroppo reale problema, e grave problema, per la vita di diversi popoli nel mondo. In vari Paesi non esistono le vere dimensioni della libertà religiosa; è difficile comprendere, per esempio, come mai il concetto di sviluppo scientifico e sociale possa considerarsi collegato oggi con la imposizione di un programma ateistico: il che perdura in determinati Paesi del mondo, creando di fatto, come ho ancora sottolineato nel discorso alle Nazioni Unite, "una strutturazione della vita sociale in cui l'esercizio di (fondamentali) liberta condanna l'uomo, se non nel senso formale almeno di fatto a divenire un cittadino di seconda o di terza categoria" (Giovanni Paolo II. Discorso all'assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2 ottobre 1979, n. 19: AAS (1979) 1157-1158). Ciò causa sofferenze profonde, ferite insanabili, gemiti insopprimibili nelle coscienze di milioni di persone, rette e giuste, che si vedono tarpate nelle aspirazioni più profonde del loro essere spirituale. A tutti questi fratelli e sorelle che soffrono, il Papa è vicino con la simpatia, con l'affetto, con la preghiera: vorrebbe riassicurarli che non tralascia occasione per parlare della loro situazione ai responsabili che incontra nel suo ministero.

E, a tutti, oggi fa sentire la giusta esigenza che la Chiesa e la Santa Sede dovrebbero godere pacificamente il diritto di aiutare i fedeli e i sacerdoti, in tutto il mondo: e questo perché è animata soltanto dalla volontà di assistere l'uomo, di facilitargli il cammino della vita, di elevarne l'intera persona agli orizzonti della dignità umana e soprannaturale a cui è stata chiamata da Dio, nel libero e coerente esercizio delle proprie convinzioni. La Chiesa dovrebbe essere in grado di esercitare sotto ogni cielo la sua missione, nel rispetto delle reciproche libertà ma anche nell'assolvimento dei propri imprescrittibili diritti, come sono proclamati nel Vangelo. A tale proposito il mio pensiero ritorna con particolare affetto al grande popolo cinese, che già ho ricordato la domenica 19 agosto di quest'anno, alla recita dell'"Angelus". In prossimità del Santo Natale invio il mio saluto e il mio augurio ai figli della Chiesa Cattolica, come a tutti i componenti di quella grande Nazione, rinnovando "l'auspicio che possano aversi sviluppi positivi, i quali segnino per i nostri fratelli e sorelle del continente cinese la possibilità di godere della piena libertà religiosa" (Giovanni Paolo II, Angelus del 19 agosto 1979).

L'Anno Internazionali del Bambino

9. Sta per terminare l'Anno Internazionale del Bambino, che ha visto al centro dell'interesse universale l'uomo del domani, l'uomo del Duemila, che si affaccia oggi alla vita con tutte le sue promesse ancora in germe, e con tutte le sue attese che non possono andare deluse. Iniziative bellissime sono fiorite un po' dappertutto, e ciò fa sperare che il problema trovi spazio, a tutti i livelli, nelle programmazioni e preoccupazioni dei politici, dei sociologi, degli psicologi e dei pedagogisti, dei medici, degli insegnanti e uomini di cultura, dei responsabili dei mass-media; molti si sono fatti promotori di iniziative idonee.


GPII 1979 Insegnamenti - Al Comitato Olimpico Italiano - Città del Vaticano (Roma)