GPII 1979 Insegnamenti - Omelia al Grant Park - Chicago (USA)

Omelia al Grant Park - Chicago (USA)

Titolo: Voi siete testimoni della vostra unità

Testo: Miei fratelli e sorelle in Gesù Cristo.

1. Le letture della celebrazione odierna ci mettono immediatamente davanti al profondo mistero della nostra vocazione di cristiani.

Prima di ascendere al cielo, Gesù raccolse i suoi discepoli intorno a sé e spiego ad essi ancora una volta il significato della sua missione di salvezza: "così sta scritto - disse -: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno. Nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (Lc 24,46-47). Nel momento in cui prese congedo dai suoi Apostoli egli comando loro, e attraverso di essi a tutta la Chiesa, e a ciascuno di noi, di andare a portare il messaggio della redenzione a tutte le nazioni. San Paolo esprime questo pensiero con forza nella sua seconda lettera ai Corinzi: "Egli ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2Co 5,18-20).

Ancora una volta, il Signore ci introduce nel mistero dell'umanità, una umanità che ha bisogno della salvezza. E Dio ha voluto che questa salvezza dell'umanità si attuasse mediante l'umanità di Cristo, che per noi mori e fu risuscitato (cfr. 2Co 5,15), e che ci ha affidato la sua missione redentiva. Si, noi siamo veramente "ambasciatori di Cristo" e lavoratori per l'evangelizzazione.

Nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", che scrisse per desiderio della terza assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, il mio predecessore sulla Cattedra di san Pietro, Paolo VI, invito tutto il popolo di Dio a meditare sul suo dovere fondamentale di evangelizzare. Egli invito ognuno di noi ad esaminarci in qual modo avremmo potuto essere testimoni del messaggio della redenzione, in che modo avremmo potuto comunicare agli altri la Buona Novella che abbiamo ricevuto da Gesù mediante la Chiesa.


2. Vi sono alcune condizioni necessarie se vogliamo prendere parte alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Questo pomeriggio, desidero sottolineare una di queste condizioni in particolare. Voglio parlare dell'unità della Chiesa, la nostra unità in Gesù Cristo. Permettetemi di ripetere quanto Paolo VI diceva su questa unità: "Il testamento spirituale del Signore ci dice che l'unità tra i suoi seguaci non è soltanto la prova che noi siamo suoi, ma anche che egli è l'inviato del Padre, criterio di credibilità dei cristiani e del Cristo medesimo... Si, la sorte della evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa" (Paolo VI, EN 77).

Io sono spinto a scegliere questo particolare aspetto dell'evangelizzazione guardando alle migliaia di uomini e donne che vedo radunati oggi intorno a me. Quando alzo il mio sguardo, vedo in voi il popolo di Dio, unito nel canto delle lodi del Signore e nella celebrazione eucaristica. Io vedo pure tutto il popolo d'America, una nazione formata di molti popoli: "E pluribus unum".


3. Nei primi due secoli della vostra storia nazionale, voi avete compiuto un lungo cammino, sempre alla ricerca di un avvenire migliore, di una stabilità sicura, di un focolare. Voi avete camminato "dal mare a uno splendido mare" per trovare la vostra identità, per scoprirvi l'uno all'altro lungo la via, e per trovare il vostro posto in questo immenso Paese.

I vostri antenati arrivarono da molti differenti Paesi attraverso gli oceani per incontrarsi qui con popoli di diverse comunità che si erano stabilite nel Paese. Il processo s'è ripetuto in ogni generazione: nuovi gruppi arrivano, ognuno con una storia diversa, e si impianta qui diventando parte di qualcosa di nuovo. Lo stesso processo continua quando le famiglie si spostano dal Sud al Nord, dall'Oriente all'Occidente. Ogni volta esse arrivano con il loro passato a una nuova città o villaggio, per diventare parte di una nuova comunità. Il modello si ripete continuamente: "E pluribus unum": molti formano una nuova comunità.


4. Si, qualcosa di nuovo è stato creato ogni volta. Voi avete portato con voi una cultura diversa e avete contribuito a tutto l'insieme con la vostra particolare distinta ricchezza; voi avevate esperienze differenti e le avete messe in comune, completandovi gli uni con gli altri, per creare l'industria, l'agricoltura e il commercio; ogni gruppo ha portato con sé i propri diversi valori umani e li ha partecipati con gli altri per l'arricchimento della vostra nazione. "E pluribus unum": voi siete diventati una nuova identità, un nuovo popolo, la cui vera natura non si può spiegare adeguatamente con la semplice sovrapposizione delle varie comunità.

Perciò, guardando a voi, io vedo il popolo che ha tessuto insieme il proprio destino e ora scrive una storia comune. Nonostante la vostra differenza, avete deciso di accettarvi l'un l'altro, qualche volta in modo imperfetto e anche fino al punto di assoggettarvi l'un l'altro a vari tipi di discriminazione; a volte solo dopo un lungo periodo di incomprensione e di rigetto; anche se ora andate sviluppando il senso della comprensione e dell'apprezzamento delle differenze reciproche. Nell'esprimere la gratitudine per le numerose benedizioni ricevute voi diventate pure attenti al dovere che avete per i meno fortunati in mezzo a voi e nel resto del mondo: un dovere di partecipazione, di amore, di servizio. Come popolo, voi riconoscete in Dio la sorgente delle vostre molte benedizioni e vi aprite al suo amore e alla sua legge.

Questa è l'America nel suo ideale e nella sua decisione: "una nazione, sotto Dio, indivisibile, con libertà e giustizia per tutti". così è stata concepita l'America; questo è quanto essa è stata chiamata ad essere. E per tutto questo noi diciamo grazie al Signore.


5. Ma c'è anche un'altra realtà che io vedo quando penso a voi. E' una realtà anche più profonda, e più esigente, della storia comune e dell'unione che voi avete costruito dalla ricchezza del vostro patrimonio etnico e culturale diverso, quel patrimonio che voi ora giustamente volete conoscere e preservare. La storia non si esaurisce nel progresso materiale, nella conquista tecnologica, o anche soltanto nello sviluppo culturale. Venendo insieme qui intorno all'altare del sacrificio per spezzare il Pane della Santa Eucaristia con il successore di Pietro, voi vi rendete testimoni di questa più profonda realtà: della vostra unità come membri del popolo di Dio.

"Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo" (Rm 12,5). Anche la Chiesa è composta di molte membra e arricchita dalla diversità di coloro che formano una sola comunità di fede e di battesimo, l'unico corpo di Cristo. Ciò che ci raduna e fa di noi uno solo è la nostra fede, la fede una e apostolica. Noi siamo tutti uno, perché abbiamo accettato Gesù Cristo come il Figlio di Dio, il Redentore della razza umana, il solo Mediatore fra Dio e l'uomo. Col Sacramento del Battesimo siamo stati veramente incorporati nel Cristo crocifisso e glorificato, e mediante l'azione dello Spirito Santo siamo diventati le membra viventi del suo unico corpo. Cristo ci ha dato il mirabile Sacramento dell'Eucaristia, con il quale viene manifestata e continuamente effettuata e perfezionata l'unità della Chiesa.


6. "Un Signore, una fede, un Battesimo" (Ep 4,5), così noi siamo tutti insieme vincolati, come il Popolo di Dio, il corpo di Cristo, in una unità che trascende la diversità della nostra origine, cultura, educazione e personalità, in una unità che non esclude la ricca diversità dei ministeri e dei servizi. Con san Paolo proclamiamo: "Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri" (Rm 12,4-5).

Se allora la Chiesa, il corpo uno di Cristo, dev'essere il segno necessariamente discernibile del messaggio evangelico, tutti i suoi membri debbono dimostrare, nelle parole di Paolo VI, quella "armonia e forza di dottrina, di vita e di culto che caratterizzo i primi giorni della sua esistenza (Paolo VI, Esortazione Apostolica sulla riconciliazione nella Chiesa, 2), quando i Cristiani "erano assidui nell'ascoltare gli insegnamenti degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42).

La nostra unione nella fede deve essere completa, se non vogliamo desistere dal dare testimonianza al Vangelo e dall'essere evangelizzatori. Nessuna comunità ecclesiale può quindi spezzare i suoi legami con il tesoro della fede come è proclamata dalla missione d'insegnamento della Chiesa, perché è a questa missione d'insegnamento della Chiesa, a questo "Magisterium" che è stato in special modo affidato da Cristo il deposito della fede. Con Paolo VI affermo questa grande verità: "Anche se tradotto in tutti i linguaggi, questo contenuto non deve essere né intaccato né mutilato; pur se rivestito dei simboli propri di ciascun popolo... deve restare il contenuto della fede cattolica, quale il Magistero ecclesiale l'ha ricevuto e lo trasmette" (Paolo VI, EN 65).


7. Finalmente, e soprattutto, la missione di evangelizzare che è mia e vostra, deve essere attuata mediante una costante e disinteressata testimonianza all'unità dell'amore. L'amore è la forza che apre i cuori alla parola di Gesù e alla sua Redenzione: l'amore è l'unico fondamento delle relazioni umane che vogliano rispettare in tutti la dignità dei figli di Dio creati a sua immagine e salvati dalla morte e risurrezione di Gesù; l'amore è l'unica forza traente che ci spinge a mettere in comune con i nostri fratelli e sorelle tutto ciò che siamo e che abbiamo.

L'amore è lo stimolo potente che fa nascere il dialogo, nel quale ci ascoltiamo gli uni gli altri e impariamo vicendevolmente. L'amore fa sorgere, soprattutto, il dialogo della preghiera nella quale ascoltiamo la parola di Dio, che è vivente nella Sacra Bibbia e vivente nella vita della Chiesa. Facciamo allora che l'amore costruisca i ponti fra le nostre sponde differenti e qualche volta contrastanti. Facciamo che l'amore scambievole e l'amore per la verità siano la risposta alla polarizzazione, quando si formano fazioni a causa di vedute differenti in cose che riguardano la fede o le priorità da dare ad azioni pratiche. Nessuno nella comunità ecclesiale dovrebbe mai sentirsi alienato o non amato, anche quando sorgono tensioni nel corso degli sforzi comuni per far fruttificare il Vangelo nella nostra società. La nostra unità in quanto Cristiani, in quanto Cattolici, deve sempre essere un'unità di amore in Gesù Cristo nostro Signore.

Fra pochi minuti noi celebreremo la nostra unità rinnovando il sacrificio di Cristo. Ognuno presenterà un dono differente da offrire in unione con l'offerta di Gesù: la dedizione per il miglioramento della società; gli sforzi per consolare quelli che soffrono; il desiderio di dare testimonianza alla giustizia; il proposito di lavorare per la pace e la fratellanza; la gioia di una famiglia unita; o la sofferenza nel corpo e nella mente. Doni differenti, si, ma tutti uniti nell'unico grande dono dell'amore di Cristo per il suo Padre e per noi, tutto unito nell'unità di Cristo e del suo Sacrificio.

E ora nella forza e nella potenza, nella gioia e nella pace di questa sacra unità, noi c'impegniamo ancora una volta come popolo unito ad eseguire il comandamento del nostro Signore Gesù Cristo: andate e insegnate il mio Vangelo a tutte le nazioni. Con la parola e con l'esempio date testimonianza al mio nome. Ed ecco, io sono sempre con voi, fino alla fine del mondo.

Data: 1979-10-05

Data estesa: Venerdì 5 Ottobre 1979.

L'arrivo a Washington - Washington (USA)

Titolo: "Il mio saluto al popolo americano"

Testo: Signor Vice Presidente, cari Amici, cari fratelli e sorelle in Cristo.

Desidero esprimere il mio sincero grazie per le cortesi parole di benvenuto indirizzatemi al mio arrivo nella Capitale della Nazione, ultima tappa del mio viaggio apostolico negli Stati Uniti. Ancora una volta voglio esprimere la mia riconoscenza per l'invito fattomi dalla Conferenza Episcopale e dal Presidente Carter a visitare gli Stati Uniti.

Il mio cordiale saluto a quanti sono venuti qui a darmi il benvenuto: a lei, signor Vice Presidente, e alle altre autorità civili; per loro tramite saluto tutto il Popolo Americano e in modo particolare i cittadini del Distretto federale della Columbia. Un saluto fraterno a lei, Cardinale Baum, Pastore dell'arcidiocesi di Washington, e per mezzo suo a tutto il clero, religiosi e laici della Comunità Cattolica. Allo stesso tempo sono felice di poter salutare il Presidente, i membri e il personale della Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici che ha sede in questa città, come pure tutti coloro che lavorano nella Conferenza Cattolica degli Stati Uniti e rendono un servizio indispensabile alla Comunità Cattolica di questo Paese. A tutti i miei fratelli Vescovi: un saluto ed una benedizione dal Vescovo di Roma per voi e per le vostre diocesi.

Sono quanto mai desideroso di incontrare i capi di questa giovane e fiorente nazione e, innanzitutto, il Presidente degli Stati Uniti. Mi sentiro onorato di visitare la sede dell'Organizzazione degli Stati d'America, per portare a questa benemerita istituzione un messaggio di pace per tutti i popoli che vi sono rappresentati.

Mi è poi quanto mai grato poter incontrare durante questa mia visita e pellegrinaggio, la Comunità Cattolica di questa regione, e venire a conoscenza dei loro sforzi pastorali, programmi e attività.

La benedizione di Dio onnipotente scenda copiosa su tutto il popolo della Capitale di questa nazione.

Data: 1979-10-06

Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1979.

Nella Cattedrale di san Matteo - Washington (USA)

Titolo: Maria è il modello del nostro pellegrinaggio

Testo: Oggi la Madonna ci dice: "Io sono la serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Con queste parole lei esprime quello che era l'atteggiamento fondamentale della sua vita: la sua fede! Maria credette! Essa confido nelle promesse di Dio e fu fedele alla sua volontà. Quando l'Angelo Gabriele annunzio che lei era stata scelta ad essere la Madre dell'Altissimo, lei disse il suo "fiat" con umiltà e piena libertà: "avvenga di me quello che hai detto".

Forse la più bella descrizione di Maria e, allo stesso tempo, il massimo tributo a lei, fu il saluto di sua cugina Elisabetta: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). Infatti ciò che ha caratterizzato maggiormente la sua fede fu questa fiducia continua nella provvidenza di Dio.

Tutta la sua vita terrena fu un "pellegrinaggio di fede" (cfr. LG 58). Anche lei come noi cammino nell'ombra sperando nelle cose che non si vedono. Essa conobbe le contraddizioni di questa vita terrena. Aveva ricevuto la promessa che suo Figlio avrebbe avuto il trono di Davide, ma alla sua nascita non vi era posto neppure nell'albergo. Ciononostante, Maria credette. L'angelo le aveva detto che il suo bambino sarebbe stato chiamato Figlio di Dio; ma lei lo avrebbe visto calunniato, tradito, condannato, lasciato solo a morire come un ladro sulla croce. Anche allora Maria "credette nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45) e che "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37).

Questa donna di fede, Maria di Nazaret, la Madre di Dio, ci è stata data come modello nel nostro pellegrinaggio di fede. Da Maria impariamo ad abbandonarci alla volontà di Dio in tutte le cose. Da Maria impariamo ad avere fiducia anche quando ogni speranza sembra svanita. Da Maria impariamo ad amare Cristo, suo Figlio e Figlio di Dio. Perché Maria non è soltanto Madre di Dio, è anche Madre della Chiesa. Ad ogni tappa della sua marcia lungo la storia la Chiesa è stata sorretta dalla preghiera e protezione della Vergine Maria. La Sacra Scrittura e l'esperienza dei fedeli vedono nella Madre di Dio colei che è unita alla Chiesa in modo speciale nei momenti più difficili della sua storia quando gli attacchi alla Chiesa si fanno più minacciosi.

Precisamente nei periodi in cui Cristo, e quindi la sua Chiesa, provocano una intenzionale contraddizione, Maria appare particolarmente vicina alla Chiesa, perché per lei la Chiesa è sempre la prediletta di Cristo.

Vi esorto quindi in Cristo Gesù, a continuare a guardare a Maria come il modello della Chiesa, come il miglior esempio del discepolato di Cristo. Imparate da lei ad essere sempre fedeli, a credere nell'adempimento della parola di Dio a voi, e che nulla è impossibile a Dio. Rivolgetevi spesso a Maria nella vostra preghiera perché "non si è mai udito al mondo che qualcuno sia ricorso al suo patrocinio, abbia invocato il suo aiuto, chiesta la sua protezione, e sia stato abbandonato".

Come un grande segno apparso nel cielo, Maria ci guida e sostiene nel nostro pellegrinaggio, stimolandoci verso "la vittoria che vince il mondo, la nostra fede" (1Jn 5,5).

Data: 1979-10-06

Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1979.

Al Presidente degli Stati Uniti - Washington (USA)

Titolo: I valori morali del popolo americano

Testo: Signor Presidente.

Vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti per le sue espressioni di benvenuto alla Casa Bianca. Difatti è un grande onore per me incontrare il Presidente degli Stati Uniti durante una visita i cui scopi sono di natura spirituale e religiosa. Vorrei esprimere a lei allo stesso tempo, e attraverso di lei a tutti gli americani, il mio profondo rispetto per tutte le autorità federali e statali di questa nazione e per il suo amato popolo. Durante gli ultimi giorni, ho avuto la possibilità di vedere alcune vostre città e campagne. Il mio unico rimpianto è che ci sia troppo poco tempo per recare i miei saluti personalmente a tutte le zone di questo paese, ma vorrei assicurarle che la mia stima e il mio affetto si estendono ad ogni uomo, donna e bambino senza distinzioni di sorta.

La Divina Provvidenza secondo i propri disegni mi ha chiamato dalla mia natia Polonia ad essere il successore di Pietro nella Sede di Roma e il capo della Chiesa Cattolica.

E' per me una grande gioia essere il primo Papa nella storia che visita la capitale di questo paese, e ringrazio Dio onnipotente per questa benedizione.

Signor Presidente, nell'accogliere il suo cortese invito ho sperato anche che il nostro incontro di oggi potesse servire alla causa della pace nel mondo, della comprensione internazionale e della promozione del pieno rispetto dei diritti umani in ogni parte del mondo.

Signor Presidente e onorevoli membri del Congresso, illustri membri del Consiglio dei Ministri e della Corte Suprema, Signore e Signori.

La vostra presenza qui mi fa grande onore, e apprezzo profondamente l'espressione di rispetto che avete voluto tributarmi. Desidero inoltre esprimere ad ognuno di voi, personalmente, la mia gratitudine per il cortese benvenuto, e a tutti vorrei dire quanto è profonda la stima che provo nei confronti della vostra missione di custodi del bene comune di tutto il popolo d'America.

Provengo da una nazione con una lunga tradizione di profonda fede cristiana e con una storia nazionale segnata da molti sconvolgimenti; per più di cent'anni la Polonia fu addirittura cancellata dalla mappa politica d'Europa. Ma è anche un paese caratterizzato da un profondo rispetto per quei valori senza i quali nessuna società può prosperare: l'amore della libertà; la creatività culturale e la convinzione che lo sforzo comune per il bene della società deve essere guidato da un autentico senso morale. La mia missione spirituale e religiosa mi spinge ad essere il messaggero della pace e della fratellanza, e a testimoniare la vera grandezza di ogni essere umano. Questa grandezza deriva dall'amore di Dio, che ci ha creati a sua immagine e che ci ha dato un destino eterno. E' in questa dignità della persona umana che io ravviso il senso della storia e trovo i principi che danno un significato al ruolo che ogni essere umano deve assumere per il proprio miglioramento e per il benessere della società a cui appartiene. E' con questi sentimenti che saluto in voi l'intero popolo americano, un popolo che basa le proprie convinzioni di vita su valori spirituali e morali, su un profondo senso religioso, sul rispetto del dovere, e sulla generosità nel servizio all'umanità; nobili qualità che s'incarnano in modo particolare nella capitale della nazione, con i suoi monumenti dedicati a figure tanto rappresentative, come Giorgio Washington, Abramo Lincoln e Tommaso Jefferson.

Io saluto il popolo americano nelle persone dei suoi rappresentanti liberamente eletti, di tutti voi che operate nel Congresso a codificare, con la legislazione, il sentiero che porterà ogni cittadino di questo paese al pieno sviluppo del proprio potenziale e che condurrà tutta la nazione ad assumere la sua parte di responsabilità nella costruzione di un mondo di libertà e giustizia autentiche. Saluto l'America in tutti coloro che sono insigniti di autorità, la quale deve essere vista solamente come la possibilità di servire i vostri concittadini nel completo sviluppo della loro umanità autentica e nel pieno e libero godimento di tutti i loro diritti fondamentali. Saluto il popolo di questo paese anche nei rappresentanti del potere giudiziario, che sono al servizio dell'umanità nell'applicazione della giustizia, e che per questo hanno nelle loro mani l'enorme potere di influenzare profondamente, con le loro decisioni, la vita di ciascun individuo.

Per tutti voi io prego Dio onnipotente affinché vi conceda il dono della saggezza nelle decisioni, della prudenza nelle parole e nelle azioni, e della comprensione verso gli altri nell'esercizio dell'autorità che vi compete, affinché nel vostro nobile ufficio possiate sempre rendere vero servizio al popolo.

Dio benedica l'America! Data: 1979-10-06

Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1979.

Il Commiato dal Presidente Carter - Washington (USA)

Titolo: Pace fondata sulla giustizia, sulla carità e sulla verità

Testo: Signor Presidente.

E' per me un grande onore l'aver avuto la possibilità - grazie al suo cortese invito - di incontrarmi con lei che, nella sua funzione di Presidente degli Stati Uniti d'America, rappresenta di fronte al mondo l'intera Nazione americana e ha la grande responsabilità di guidare il Paese sulla via della giustizia e della pace.

Signor Presidente, la ringrazio pubblicamente per questo incontro e ringrazio tutti coloro che hanno contribuito a realizzarlo. Desidero inoltre rinnovare la mia profonda gratitudine per la calorosa accoglienza e le molte cortesie ricevute dal popolo americano nel corso del mio viaggio pastorale attraverso il vostro splendido Paese.

Signor Presidente, rispondendo alle gentili parole che lei mi ha rivolto, desidero iniziare riportando il brano del profeta Michea che lei ha citato all'inaugurazione del suo mandato presidenziale: "Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio" (Mi 6,8).

Nel ricordare queste parole io saluto lei e tutte le autorità dei singoli Stati e della Nazione, che hanno il compito di vigilare sul benessere dei cittadini. E in verità non c'è altro modo di servire l'uomo se non impegnandosi a cercare il bene di ciascuno nelle sue attività e nei suoi impegni.

L'autorità nella comunità politica si fonda sul principio etico oggettivo che funzione fondamentale del potere è la sollecitudine per il bene comune della società e deve essere al servizio degli inviolabili diritti della persona umana.

Gli individui, le famiglie e i vari gruppi che costituiscono le comunità civili sono ben consci di non essere in grado, singolarmente, di realizzare pienamente il loro potenziale umano e pertanto riconoscono in una più ampia comunità la necessaria condizione per un sempre più proficuo raggiungimento del bene comune.

Desidero rivolgere un encomio alle autorità e a tutto il popolo degli Stati Uniti, perché fin dagli inizi dell'esistenza della Nazione, hanno dato un rilievo particolare a tutto ciò che più direttamente interessava il bene comune.

Tre anni fa, durante la celebrazione del Bicentenario alla quale ebbi la fortuna di partecipare come Arcivescovo di Cracovia, fu evidente per tutti che la sollecitudine per ciò che è umano e spirituale è uno dei principi basilari che governano la vita di questa comunità.

E' superfluo aggiungere che il rispetto per la libertà e la dignità di ogni singolo individuo di qualunque origine, razza, sesso o credo, è stato il principio più rispettato del credo civile d'America ed è stato sostenuto con decisioni e azioni coraggiose.

Signor Presidente, Signore e Signori, conosco e apprezzo gli sforzi compiuti da questo Paese per la limitazione delle armi, soprattutto di quelle nucleari. Ognuno è consapevole del terribile rischio che l'aumento di queste armi implica per l'umanità.

Come una delle Nazioni più grandi del mondo, gli Stati Uniti hanno un ruolo particolarmente importante nella richiesta di una maggiore sicurezza nel mondo e di una più stretta collaborazione internazionale. Spero con tutto il mio cuore che non cessi di impegnarsi per ridurre il rischio di una fatale e disastrosa guerra mondiale, e che garantisca una prudente e progressiva riduzione della forza distruttiva degli arsenali militari. Spero inoltre che gli Stati Uniti, grazie alla loro speciale posizione, siano in grado di influenzare le altre Nazioni ad unire i propri sforzi, in una continua azione per il disarmo.

Se non si accetta incondizionatamente questo impegno come può ogni singola Nazione servire efficacemente l'umanità, il cui desiderio più profondo e la vera pace? La considerazione per i valori umani e i principi etici che ha sempre contraddistinto il popolo americano deve trovare una sua collocazione, specialmente nell'odierno contesto di una crescente interdipendenza dei popoli del mondo, nell'ambito di una visuale in cui il bene comune della società non è prerogativa di una singola Nazione, ma appartiene ai cittadini del mondo intero.

Io sosterro ogni azione intesa al rafforzamento della pace nel mondo, una pace fondata sulla giustizia, sulla carità e sulla verità.

Le odierne relazioni tra i popoli e le Nazioni richiedono anche la creazione di una più ampia collaborazione internazionale anche nel campo economico.

Più una Nazione è potente e maggiore diventa la sua responsabilità internazionale, e più grande anche deve essere il suo impegno per migliorare le condizioni di vita di tutti coloro che sono minacciati costantemente dal bisogno e dalla necessità. E' mia fervida speranza che tutte le nazioni potenti del mondo siano sempre più legate al principio dell'umana solidarietà nell'ambito della grande famiglia umana.

L'America che nei decenni scorsi ha dimostrato bontà e generosità nel procurare cibo per quanti nel mondo soffrivano la fame, sarà certamente in grado di dare un eguale convinto contributo a stabilire un ordine mondiale che sia in grado di creare le condizioni economiche e commerciali necessarie ad un più giusto rapporto tra le Nazioni del mondo nel rispetto della loro dignità e individualità.

Poiché i popoli soffrono per una ineguaglianza internazionale, si dovrà perseguire una solidarietà internazionale, anche se ciò comporta un notevole cambiamento nel modo di vivere e negli atteggiamenti di coloro che sono stati benedetti da una più larga disponibilità dei beni della terra.

Signor Presidente, Signore e Signori, parlando del bene comune che comprende l'aspirazione di ogni essere umano al pieno sviluppo delle proprie capacità, ad un'adeguata protezione dei suoi diritti, ho toccato un settore dove la Chiesa che io rappresento e la comunità politica che è lo Stato condividono una comune premura: la salvaguardia della dignità della persona umana e la ricerca della giustizia e della pace.

Ciascuno nella propria sfera, la comunità politica e la Chiesa sono reciprocamente indipendenti e autogovernate. Eppure, a titolo diverso, ognuna è al servizio della vocazione personale e sociale degli stessi esseri umani. Da parte sua, la Chiesa Cattolica continuerà i suoi sforzi per contribuire alla promozione della giustizia, della pace e della dignità con l'impegno dei suoi capi, dei membri delle sue comunità e con l'incessante proclamazione che tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio e che sono fratelli e sorelle, figli di un unico Padre Divino.

Dio onnipotente benedica e sostenga l'America nella sua ricerca della pienezza di libertà, di giustizia e di pace.

Data: 1979-10-06

Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1979.

All'Organizzazione degli Stati Americani - Washington (USA)

Titolo: Il sistema sociale al servizio dell'uomo

Testo: Signor Presidente, Signor Segretario Generale, Signore e Signori. E' per me motivo di grande soddisfazione avere l'opportunità di salutare gli illustri rappresentanti delle Nazioni appartenenti all'Organizzazione degli Stati Americani. Il mio sincero ringraziamento va a lei, Signor Presidente, per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto. Ringrazio anche il Segretario Generale per il suo amabile invito a visitare la sede generale della più antica tra le Organizzazioni internazionali regionali. E' giusto che, dopo la mia visita all'Organizzazione delle Nazioni Unite, sia l'Organizzazione degli Stati Americani la prima tra le molte organizzazioni e istituzioni internazionali alla quale ho il privilegio di rivolgere un messaggio di pace e di amicizia.

La Santa Sede segue con sommo interesse e, posso dire, con speciale attenzione gli avvenimenti e gli sviluppi che interessano il benessere dei popoli delle Americhe. Per questo si senti molto onorata quando fu invitata a inviare il suo Osservatore Permanente presso questa istituzione, invito rivoltole l'anno scorso per decisione unanime dell'Assemblea Generale. La Santa Sede vede nelle organizzazioni, come la vostra, che raggruppano Stati di una medesima regione geografica, strutture intermedie che promuovono una maggiore diversificazione e vitalità interna, in una determinata area geografica, all'interno della comunità globale delle nazioni. L'esistenza di una Organizzazione incaricata di assicurare al continente americano una maggiore continuità nel dialogo fra i Governi, di promuovere la pace, di favorire il pieno sviluppo nella solidarietà e di proteggere l'uomo, la sua dignità e i suoi diritti, è un fattore del quale beneficia tutta la famiglia umana. Il Vangelo e il Cristianesimo sono entrati appieno nella vostra storia e nelle vostre culture. Io vorrei partire da questa tradizione comune per esporvi, con assoluto rispetto per le vostre convinzioni personali e le specifiche competenze, alcune riflessioni, con lo scopo di offrire ai vostri sforzi un contributo originale in uno spirito di servizio.

La pace è un dono prezioso che voi cercate di assicurare ai vostri popoli. Voi siete d'accordo con me che non è la corsa agli armamenti che permette di conservare una pace duratura. Oltre ad aumentare concretamente il pericolo di un ricorso alle armi per risolvere le dispute che possono sorgere, questa accumulazione di armi sottrae considerevoli risorse materiali e umane ai grandi compiti pacifici dello sviluppo, che sono tanto urgenti. Ciò potrebbe anche far pensare che l'ordine costruito sulle armi basti per assicurare la pace interna in ciascun paese.

Vi chiedo solennemente di fare tutto ciò che è in vostro potere per frenare la corsa agli armamenti in questo continente. Non esistono controversie fra i vostri paesi che non possano essere superate con mezzi pacifici. Che sollievo sarebbe per i vostri popoli, quante possibilità nuove si aprirebbero al suo progresso economico, sociale e culturale, e che esempio contagioso si darebbe al mondo, se la difficile impresa del disarmo potesse trovare qui una soluzione realistica e risoluta.

La dolorosa esperienza della storia della mia patria, la Polonia, mi ha insegnato quanto è importante la sovranità nazionale quando ha al suo servizio uno Stato degno di tal nome e libero nelle sue decisioni; quanto essa sia importante per la protezione non solo dei legittimi interessi materiali del popolo, ma anche della sua cultura e della sua anima. La vostra organizzazione è una organizzazione di Stati fondata sul rispetto dell'assoluta sovranità nazionale di ciascuno di essi, sulla partecipazione paritaria ai compiti comuni e sulla solidarietà fra i vostri popoli. La legittima esigenza da parte degli Stati di partecipare su una base di eguaglianza alle decisioni comuni dell'organizzazione deve essere accompagnata dal desiderio di promuovere all'interno di ciascun paese una partecipazione sempre più reale dei cittadini alla responsabilità e alle decisioni della nazione, secondo modalità che tengano conto in particolare delle tradizioni, difficoltà ed esperienze storiche.

In ogni modo, quantunque tali difficoltà ed esperienze possano esigere a volte misure eccezionali e un certo periodo di maturazione in vista dell'accesso a nuove responsabilità, esse mai e poi mai giustificano un attacco alla dignità inviolabile della persona umana e ai diritti autentici che ne tutelano la dignità.

Se talune ideologie e modi di interpretare la legittima preoccupazione per la sicurezza nazionale dessero come risultato l'asservimento allo Stato dell'uomo, dei suoi diritti e della sua dignità, quelle ideologie cesserebbero, al tempo stesso, di essere umane, e diverrebbero per interna contraddizione inconciliabili con un contenuto cristiano. E' un principio fondamentale nel pensiero della Chiesa che l'organizzazione sociale sia al servizio dell'uomo, e non viceversa. Ciò vale anche ai più alti livelli della società ove si esercita il potere di coercizione e ove gli abusi, quando esistono, sono particolarmente gravi. Inoltre, una sicurezza alla quale i popoli non si sentano interessati perché non li protegge nella loro autentica umanità, è una farsa; nella misura in cui diviene più rigida, mostra sintomi di crescente debolezza e di imminente rovina.

Senza indebite interferenze, la vostra Organizzazione, nello spirito con cui affronta tutti i problemi di sua competenza, può fare molto in tutto il continente per fare avanzare un concetto di Stato e di sovranità che sia realmente umano e che, proprio per questo, sia la base per la legittimazione degli Stati e delle loro riconosciute prerogative al servizio dell'uomo.

L'uomo! L'uomo è il criterio decisivo che ordina e dirige tutti i vostri sforzi, il valore vitale il cui servizio esige incessantemente nuove iniziative.

Le parole più piene di significato per l'uomo parole come giustizia, pace, sviluppo, solidarietà, diritti umani restano a volte sminuite a causa di una teorizzazione sospetta di una censura ideologica faziosa e settaria. In questo modo perdono il loro potere di mobilitazione e la loro attrattiva, che potranno essere recuperati solo se il rispetto per la persona umana e l'impegno a favore della stessa saranno posti di nuovo esplicitamente al centro di tutte le considerazioni. Quando parliamo di diritto alla vita, all'integrità fisica e morale, al cibo, alla casa, all'istruzione, alla salute, al lavoro e alla partecipazione alle responsabilità nella vita della nazione, parliamo della persona umana. Quella persona umana che la fede ci fa riconoscere come creata a immagine di Dio e destinata a una meta eterna. Quella stessa persona umana che si incontra di frequente minacciata e affamata, senza un tetto e un lavoro decenti, senza possibilità di accesso al patrimonio culturale del suo popolo o dell'umanità e senza voce per far sentire le sue angustie. Alla grande causa del pieno sviluppo nella solidarietà devono dare nuova vita quelli che, in un grado o nell'altro, già godono di questi beni, a beneficio di tutti quelli - e sono ancora tanti nel vostro continente - che ne sono privi in misura a volte drammatica.

La sfida dello sviluppo merita tutta la vostra attenzione. Anche in questo campo ciò che voi otterrete potrà servire da esempio per l'umanità. I problemi delle aree rurali e urbane, dell'industria e dell'agricoltura e dell'ambiente sono in larga misura un compito comune. La ricerca risoluta di tutto questo aiuterà a diffondere nel continente un sentimento di fraternità universale che va al di là delle frontiere e dei regimi politici. Senza pregiudizio per le responsabilità degli Stati sovrani, scoprirete come esigenza logica per voi l'occuparvi di problemi come la disoccupazione, l'emigrazione, e il commercio in quanto preoccupazione comune, la cui dimensione continentale richiede in forme sempre più intense soluzioni più organiche a livello continentale. Tutto ciò che farete per la persona umana arresterà la violenza e le minacce di sovversione e di destabilizzazione. Perché, accettando risolutamente le revisioni richieste da "quest'unico fondamentale punto di vista, che è il bene dell'uomo - diciamo della persona nella comunità - e che, come fattore fondamentale del bene comune, deve costituire l'essenziale criterio di tutti i programmi, sistemi, regimi" (Giovanni Paolo II, RH 17), voi indirizzate le energie dei vostri popoli verso la soddisfazione pacifica delle loro aspirazioni.

La Santa Sede si considererà sempre lieta di offrire il proprio disinteressato contributo a quest'opera. Le Chiese locali delle Americhe faranno altrettanto nel contesto delle loro diverse responsabilità. Favorendo il progresso della persona umana, della sua dignità e dei suoi diritti, rendono un servizio alla città terrena, alla sua coesione e alle sue legittime autorità. La piena libertà religiosa che esse chiedono è per servire, non per opporsi alla legittima autonomia della società civile e dei suoi particolari strumenti d'azione. Quanto più i cittadini saranno in grado di esercitare normalmente la loro libertà nella vita della nazione, tanto più rapidamente le comunità cristiane potranno dedicarsi alla missione centrale dell'evangelizzazione, vale a dire a predicare il Vangelo di Cristo, fonte di vita, di fortezza, di giustizia e di pace.

(in inglese:) Con ferventi preghiere per la prosperità e la concordia, invoco su questa importante assemblea, sui Rappresentanti di tutti gli Stati membri e sulle loro famiglie, su tutti i diletti popoli delle Americhe, i celesti favori e la benedizione di Dio Onnipotente.

(in francese:) La mia presenza qui, nella Sala delle Americhe, davanti a questa assemblea che si consacra alla collaborazione interamericana, vorrebbe esprimere insieme un augurio e una preghiera. Il mio augurio è che, in tutte le nazioni di questo continente, nessun uomo, nessuna donna, nessun fanciullo si senta mai abbandonato dalle autorità legittime alle quali è disposto ad accordare tutta la sua fiducia nella misura in cui queste autorità operano per il bene comune. La mia preghiera è che Dio Onnipotente illumini i popoli e i governanti affinché essi possano scoprire forme sempre nuove di collaborazione per costruire una società fraterna e giusta.

(in portoghese:) E ancora una parola, prima di lasciarvi - con molto dispiacere, lo confesso - al termine di questa prima e breve visita alla vostra illustre Organizzazione. All'inizio dell'anno, durante il mio viaggio in Messico, avevo già avuto l'occasione di ammirare, a contatto con la popolazione locale, l'entusiasmo, la spontaneità e la gioia di vivere dei popoli di questo Continente.

Sono convinto che voi saprete preservare il ricco patrimonio umano e culturale dei vostri popoli e, con esso, conservare le basi indispensabili al vero progresso fondato, sempre e in ogni dove, sul rispetto della suprema dignità dell'uomo.

Data: 1979-10-06

Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1979.


GPII 1979 Insegnamenti - Omelia al Grant Park - Chicago (USA)