GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Appello per i diritti umani

Testo:

1. Roma e luogo d'incontro di tutta la Chiesa. Vengono qui pellegrini da tutte le parti del mondo. Tra questi, un posto particolare hanno i Vescovi, quali Pastori delle Chiese locali in tutta la terra. Sono sempre molto attesi dal Vescovo di Roma. Essi sono quei fratelli che permangono nell'unione della missione apostolica. E la loro presenza serve al rafforzamento di questa unione e al rinnovamento della missione stessa. Il loro soggiorno nella Città Eterna, le loro visite "ad limina Apostolorum" sono la fonte di quella particolare gioia di cui parla il Salmista: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme" (Ps 133,1). E benché questo comune soggiorno, a motivo di molteplici obblighi, non possa prolungarsi troppo, rimane tuttavia il frutto della gioia interiore e del rinnovamento dello spirito.


2. Nell'anno corrente, una parte notevole dei Vescovi che compiono la visita "ad limina" è costituita dai Pastori della Chiesa dell'America Latina, che svolge la sua attività in base ad un particolare legame organizzativo di tutto l'Episcopato, di cui è espressione e strumento il Consiglio continentale dei vari Episcopati (CELAM). Ricordiamo tutti che all'inizio di quest'anno ebbe luogo la Terza Conferenza dell'Episcopato latino-americano a Puebla, in Messico, che ho potuto inaugurare il giorno 28 di gennaio. Incontrandomi con i Vescovi dei singoli Paesi e Nazioni dell'America Latina, vedo quanto importante sia quel legame che si trova alla base della missione da loro svolta. Benché, infatti, i problemi della società e della Chiesa in ogni Paese abbiano la loro propria specificità, esistono tuttavia fra di essi molte analogie. Affrontando tutti questi problemi in unione fraterna, le Chiese, i Vescovi e gli Episcopati possono aspettarsi una più grande incisività ed efficacia per le loro iniziative apostoliche.


3. Oggi desidero in modo particolare proporre, come tema della nostra preghiera, la Chiesa e la società di quel grande Paese situato all'estremo sud dell'America Latina che è l'Argentina.

Sono circa 25 milioni i cattolici di quella Nazione, distribuiti in 60 circoscrizioni ecclesiastiche. Nelle Udienze ai Vescovi, venuti in questi due mesi per la visita "ad limina" è passato davanti ai miei occhi un panorama confortante della vitalità della Chiesa nello svolgimento della sua missione. Promettente è l'incremento delle vocazioni religiose e sacerdotali: generalmente sono di giovani maturi, che presentano quindi un alto indice di perseveranza. Il fenomeno si sviluppa nel contesto di un rifiorimento religioso della gioventù. Il 6 e il 7 ottobre di quest'anno circa ottocentomila giovani hanno pellegrinato a piedi da Buenos Aires a Lujan, distante circa settanta chilometri, per una giornata di preghiera attorno al celebre santuario mariano di quella cittadina. La devozione a Maria è infatti una delle caratteristiche principali della religiosità dei cattolici argentini ed è di conforto vederla così viva tra la gioventù.

Come è ben noto, l'Argentina e il Cile hanno da risolvere un problema che li divide circa la zona australe dei loro territori. Ho accettato, fin dai primi mesi di quest'anno, l'invito ad assumere il compito di mediazione. Anche i Vescovi vanno adoperandosi per creare un clima di distensione, in cui sia più facile il superamento del dissidio.


4. Nella preghiera odierna dell'"Angelus", oltre che della gioia deve esserci l'eco anche delle preoccupazioni, delle inquietudini e delle sofferenze che non mancano nel mondo di oggi. Non possiamo dimenticarle quando ci mettiamo dinanzi il Dio, nostro Padre, e quando ci rivolgiamo alla Madre di Cristo e Madre di tutti gli uomini.

Così, in occasione degli incontri con pellegrini e con Vescovi dell'America Latina, in particolare dell'Argentina e del Cile, ritorna spesso il dramma delle persone perdute o scomparse.

Preghiamo perché il Signore conforti quanti non hanno più la speranza di riabbracciare i propri cari. Condividiamo pienamente il loro dolore e non perdiamo la fiducia che problemi così dolorosi siano chiariti per il bene non soltanto dei familiari interessati, ma anche per il bene e per la pace interna di quelle comunità a noi tanto care. Chiediamo che sia affrettata l'annunciata definizione delle posizioni dei carcerati e sia mantenuto un impegno rigoroso a tutelare, in ogni circostanza in cui si chiede l'osservanza delle leggi, il rispetto della persona fisica e morale anche dei colpevoli o indiziati di violazioni.

D'altra parte, numerosi e pressanti inviti mi chiedono di invocare tregue e soccorso per le provatissime genti della Cambogia, un Paese in cui gli avvenimenti degli ultimi tempi hanno provocato centinaia di migliaia di vittime e di profughi, mentre la fame e le malattie infieriscono su una popolazione già paurosamente diminuita di numero. Appelli internazionali sono stati lanciati per soccorrere i rifugiati, che affollano la fascia di frontiera tra Thailandia e Cambogia. Le Organizzazioni cattoliche di carità continuano ad inviare generosi e rilevanti aiuti, secondo le loro possibilità. Preghiamo perché cessino gli eccidi e si possano alleviare i flagelli che colpiscono quei fratelli nostri che, se per la maggior parte non sono cristiani, sono tutti fratelli nostri e figli di Dio come noi.

Non possiamo inoltre restare indifferenti all'eco della ripercussione che ha avuto nel mondo il processo svoltosi nella scorsa settimana a Praga, nella Cecoslovacchia, e conclusosi con condanne che hanno suscitato reazioni di personalità e gruppi politici, culturali e sociali di Paesi e di tendenze diverse.

Ricordo questo anche perché si tratta di un Paese che è particolarmente vicino al mio cuore. Per tale motivo vorrei che le notizie che lo riguardano fossero tali da suscitare sempre da tutti riconoscenza e stima.

Nel contesto di queste varie e dolorose notizie che giungono da differenti parti del mondo, mi si presenta davanti agli occhi il non lontano incontro con i Rappresentanti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite il 2 ottobre corrente. Desidero ricordare le parole che allora ho espresso sul tema dei fondamentali e inviolabili diritti dell'uomo, come indispensabile condizione per la pace, sia in tutto il mondo come all'interno dei singoli Paesi e comunità di popoli.

La via reale, la via fondamentale che conduce alla pace "passa attraverso ciascun uomo, attraverso la definizione, il riconoscimento e il rispetto degli inalienabili diritti delle persone e delle comunità dei popoli" (Giovanni Paolo II, "Discorso all'assemblea Generale delle Nazioni Unite", 2 ottobre 1979). Le molteplici sofferenze di tanti uomini e di differenti comunità richiedono una particolare solidarietà. Possa questa solidarietà trovare diverse ed adeguate forme di espressione. In questo momento, essa si manifesti nella nostra comune preghiera.

L'"Angelus Domini" sempre ci ricorda che Dio vuole la salvezza e il bene dell'uomo e suscita in noi la speranza della vittoria di questo bene.

Data: 1979-10-28

Data estesa: Domenica 28 Ottobre 1979.





Omelia a San Pio V - Roma

Titolo: La comunità parrocchiale vive intorno al sacerdozio di Cristo

Testo: Sorelle e fratelli carissimi! "Grazia a voi e pace da Dio e dal Signore Gesù Cristo!" (2Th 1,2).

1. Sono veramente lieto di trovarmi oggi in mezzo a voi, fedeli della parrocchia dedicata al mio Santo predecessore Pio V, Antonio Ghislieri, che sedette sulla Cattedra di san Pietro dal 1566 al 1572, ed è noto specialmente come il "Papa del Rosario", per l'impulso che, con il suo esempio e il suo insegnamento, egli diede alla diffusione di questa devozione, così cara al cuore del Popolo cristiano.

Questa mia visita compiuta quasi al tramonto del mese di ottobre, particolarmente dedicato alla Madonna del Rosario, vuole essere quasi un atto di doverosa ammirazione per san Pio V, ed altresi di fervida venerazione a Maria santissima, che in questa zona è, da secoli, salutata col significativo titolo di "Madonna del Riposo".

Ma c'erano anche altri motivi, che mi hanno spinto a venire in mezzo a voi: la vicinanza geografica della vostra parrocchia con la Basilica di San Pietro e con la Sede Apostolica, dove il Papa risiede; la "giovane età" - ventisette anni appena - della vostra parrocchia, che ebbe la sua costituzione giuridica nel 1952 per volere di Pio XII di venerata memoria, e fu costruita col contributo finanziario dell'allora Sacra Congregazione del Santo Offizio; inoltre, i legami spirituali, che da alcuni anni mi uniscono ai sacerdoti della parrocchia, nella quale diverse volte ho celebrato la Santa Messa e, nell'ottobre del 1977, ho conferito il sacramento della Confermazione. Questo legame da qualche anno si è rafforzato anche per la presenza, tra il vostro clero, di un sacerdote polacco dell'arcidiocesi di Cracovia, a me affidata prima della mia elezione al sommo pontificato.

Parecchi di voi, conoscendo questa mia "amicizia" per la vostra parrocchia, durante le udienze generali del Mercoledì mi hanno, molte volte, invitato e sollecitato a farvi una visita.


2. Ed eccomi qui. Sono oggi con voi e per voi! Per i presenti ed anche per tutti coloro che non sono potuti venire. Desidero stare in mezzo a voi per sentire pulsare il cuore e la vita della vostra comunità, che comprende circa

4.500 famiglie, con un totale di circa ventimila persone. Tale crescita della popolazione, sviluppatasi in questi ultimi anni, ha posto e pone molteplici problemi, anche e specialmente di carattere religioso e pastorale. La vostra parrocchia, per lo zelo del parroco e dei sacerdoti che collaborano con lui, ha una sua multiforme attività che si manifesta nei vari gruppi con finalità catechetiche, caritative, liturgiche, nei quali ognuno di voi a tutte le età ed a tutti i livelli può trovare spazi per il proprio impegno cristiano. Mi rivolgo, in modo particolare, ai giovani, perché sono loro che possono e debbono dare il contributo più vivace e più dinamico alle svariate iniziative pastorali e apostoliche della vostra comunità.


3. In questa occasione, celebrando per voi il Santissimo Sacrificio, desidero meditare insieme con voi e chiedere, a me ed a voi: che cosa dicono, a noi riuniti in questo tempio, le letture liturgiche odierne? Che cosa dicono proprio alla parrocchia di San Pio V? Prima di tutto, esse ci parlano di Cristo che è "sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek" (He 5,6). La lettera agli Ebrei ci insegna che Cristo è diventato sacerdote come Figlio di Dio che ha assunto la natura umana. Per Dio suo Padre egli è, eternamente, Figlio. Diventando uomo, proprio come Figlio dedito completamente al Padre, divento, per lo stesso fatto, Sacerdote. Infatti, sacerdozio vuol dire dedizione: dedizione di se stesso a Dio e dedizione, in sé, a Dio di ogni creatura. Gesù Cristo è la pienezza di tale dedizione. In lui e per lui tutto il mondo, l'umanità intera, ogni uomo e tutto il creato sono, in modo più perfetto, dedicati, restituiti a Dio.

Una parrocchia - la vostra parrocchia - significa una comunità di uomini che, incominciando dal Battesimo, sono personalmente e socialmente legati al sacerdozio di Cristo: a quella dedizione di Cristo a Dio, Creatore e Padre. Voi siete una parrocchia, prima di tutto, grazie al fatto che egli è qui: in mezzo a voi, con voi e in voi.

Questo suo eterno sacerdozio, che ha raggiunto la sua pienezza storica nel Sacrificio della croce, si riveste di un segno visibile. Cristo è sacerdote "alla maniera di Melchisedek".

Analogamente a quel misterioso sacerdote-re dei tempi di Abramo, anche lui celebra il memoriale del suo unico sacrificio offerto nel proprio corpo e sangue sulla croce, lo fa presente e lo rinnova nella Chiesa come il sacrificio sacramentale del pane e del vino. Questo sacrificio traccia il costante ritmo della vita della Chiesa; anche della vostra parrocchia.

In questo sacrificio Cristo crea questa parrocchia, perché è con voi. E' con tutti e con ciascuno, come Colui che "compatisce"; è dunque anche con "quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore" (He 5,2), come Colui che, offrendo se stesso in sacrificio per i peccati, può e desidera avvicinare tutti alla fonte della verità e della santità.

Terminando questa parte della nostra riflessione sulla lettura liturgica d'oggi diremo a noi stessi così: noi, la comunità di San Pio V, siamo parrocchia perché rimaniamo nella viva unione con il Sacerdozio di Cristo; perché partecipiamo ad esso.


4. Continuiamo la nostra meditazione sulla Parola di Dio della liturgia odierna.

Quel mendicante cieco, Bartimeo, dopo di essere chiamato da Cristo, pronuncia la principale domanda di tutta la sua vita: "Rabbuni, che io riabbia la vista!"; e riceve la vista e la risposta: "Va', la tua fede ti ha salvato" (cfr. Mc 10,51-52).

Penso, cari parrocchiani di San Pio V, che la vostra parrocchia è un luogo in cui tanti di voi devono a Cristo il grande dono della vista spirituale: il dono della fede, mediante la quale conosciamo Dio e "le grandi opere di Dio" (Ac 2,11) nella storia dell'uomo. Si, la parrocchia esiste perché noi, in questo "vedere" attraverso la fede, nato dallo Spirito Santo, ci completiamo reciprocamente e ci aiutiamo a educarci reciprocamente. Benché questo vedere attraverso la fede sia il frutto della grazia di Dio stesso nei confronti dell'anima umana, nei confronti del nostro intelletto, tuttavia esso è contemporaneamente affidato anche alla nostra umana sollecitudine e al nostro zelo. Esso è affidato al lavoro della Chiesa. Al suo insegnamento. Alla sua catechesi. E questa è la principale funzione della parrocchia. In parrocchia tale grande compito debbono svolgerlo non soltanto i sacerdoti come maestri della fede, ma anche le altre persone: le suore e i laici. E particolarmente fondamentale in questo campo è il dovere della famiglia.

Proprio rivolgendomi ai genitori cristiani, nella esortazione apostolica "Catechesi Tradendae", pubblicata alcuni giorni or sono, ho detto: "L'azione catechetica della famiglia ha un carattere particolare e, in un certo senso, insostituibile... Questa educazione alla fede da parte dei genitori - educazione che deve iniziare fin dalla più giovane età dei figli - si esplica già quando i membri di una famiglia si aiutano vicendevolmente a crescere nella fede grazie alla loro testimonianza cristiana, spesso silenziosa, ma perseverante nel ritmo di una vita quotidiana vissuta secondo il Vangelo" (Giovanni Paolo II, CTR 68).

Non possiamo, tuttavia, dimenticare che tra di noi, nell'ambito di questa comunità, che porta il nome di parrocchia di San Pio V, ci sono certamente molti, che "non vedono", "sono ciechi" nei confronti di Dio e delle sue grandi opere. E rimangono e si riconfermano in questo stato. E forse anche di questa loro non-fede fanno un programma, che vorrebbero inoculare o imporre agli altri... E' veramente enorme l'importanza della parrocchia come comunità di fede, come comunità di credenti. Enorme è anche la sua missione, la sua vocazione apostolica.

Cristo Gesù, il nostro Salvatore, "ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10).


5. La parrocchia è un luogo di evangelizzazione. E' quindi luogo di grande e di molteplice lavoro che è simile al lavoro di quell'agricoltore, del quale parla la liturgia d'oggi nel Salmo responsoriale: "Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare... Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo" (Ps 125(126),6-5).

In questa circostanza, a me così cara, qual è la visita alla vostra parrocchia, voglio augurare a voi questo molteplice lavoro, questa fatica e magari anche queste lacrime, di cui parla il Salmista, per augurarvi, in seguito, i frutti di questo lavoro: quella mietitura, quei covoni, che si raccolgono con umana e insieme divina gioia.

Amen! Data: 1979-10-28

Data estesa: Domenica 28 Ottobre 1979.

Agli insegnanti della parrocchia di San Pio V - Roma

Titolo: Riconosciamoci tutti nel Cristo docente

Testo: Questo incontro con voi, Professori e Professoresse, Maestri e Maestre, appartenenti a questa parrocchia di San Pio V, mi è particolarmente gradito, perché mi sento circondato da persone benemerite, la cui dignità e il cui valore hanno sempre attirato la mia stima e la mia gratitudine.

Stima, anzitutto, per l'alta missione che vi è stata affidata nella scuola, a cui mi piace aggiungere l'auspicio che col vostro modo di vivere cristianamente e col costante sforzo nel presentare ai giovani i valori religiosi, come coronamento di quelli umani, possiate stabilire tali rapporti interpersonali da aprire con loro un dialogo costruttivo e venire così incontro alle loro vere esigenze.

Gratitudine, poi, per la dedizione, anzi, voglio sperare, per l'abnegazione, con cui certamente svolgete il vostro delicato servizio nella formazione culturale e spirituale delle nuove generazioni. Sia il vostro atteggiamento sempre intelligente, umile ed edificante in maniera da far non solo apprezzare, ma anche e soprattutto amare la verità.

La vostra attività si svolge in un tempo, in cui è offerto al laicato cattolico l'invito a partecipare alla missione apostolica della Chiesa. Saprete certamente come il Concilio Vaticano Il abbia fatto grande assegnamento sulla vostra collaborazione la quale, fatta "con la testimonianza della vita e con la parola, acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo" (LG 35).

In questa prospettiva, sappiate trovare sempre il vostro riferimento ideale nella figura di Gesù Maestro, cioè, come ho già detto nella recente esortazione sulla Catechesi, nella "immagine del Cristo docente, maestosa insieme e familiare, impressionante e rassicurante"; sia lui ad ispirarvi il rispetto della "fede cattolica dei giovani sino al punto di facilitarne l'educazione, il radicamento, il consolidamento, la libera espressione e la pratica" (Giovanni Paolo II, CTR 8 CTR 69).

Vi sostenga lui nella vostra opera educativa e vi illumini con la sua grazia, mentre da parte mia vi assicuro che vi saro vicino con l'affetto, con la preghiera e con la benedizione, che ora imparto a voi, ai vostri cari e agli alunni delle vostre scuole.

Data: 1979-10-28

Data estesa: Domenica 28 Ottobre 1979.





Alle Comunità Religiose della parrocchia San Pio V - Roma

Titolo: Dobbiamo essere per gli altri

Testo: Carissimi fratelli e sorelle nel Signore.

In questa mia visita pastorale non poteva mancare un incontro particolare con tutti voi, sacerdoti, religiosi e religiose, che in grande numero risiedete in questa parrocchia. Ben volentieri, quindi, mi trovo qui con voi, e vi esprimo tutta la mia gioia di padre, di fratello, di amico; e in questo breve incontro vorrei suggerirvi alcune considerazioni che nascono dalle esigenze del nostro tempo.

Qual è la caratteristica generale del tempo in cui la Provvidenza ci ha chiamati a vivere? Sembra di poter rispondere che essa è una grande crisi spirituale: dell'intelligenza, della fede religiosa e, in conseguenza, della vita morale.

Noi siamo chiamati a vivere in questa nostra epoca e ad amarla per salvarla. Quali sono dunque le esigenze che essa ci pone?

1. Il nostro tempo esige prima di tutto profonde convinzioni filosofiche e teologiche. Molti naufragi nella fede e nella vita consacrata, passati e recenti, e molte situazioni attuali di angustia e di perplessità, hanno all'origine una crisi di natura filosofica. Bisogna curare con estrema serietà la propria formazione culturale. Il Concilio Vaticano II ha insistito sulla necessità di ritenere sempre san Tommaso d'Aquino come maestro e dottore, perché solo alla luce e sulla base della "filosofia perenne", si può fondare l'edificio così logico ed esigente della Dottrina cristiana. Leone XIII, di venerata memoria, nella sua celebre e sempre attuale enciclica "Aeterni Patris", di cui celebriamo quest'anno il centenario, ribadi ed illustro mirabilmente la validità del fondamento razionale per la fede cristiana.

Oggi, perciò, la nostra prima preoccupazione deve essere quella della verità, sia per il nostro interiore bisogno come per il nostro ministero. Non possiamo seminare l'errore o lasciare nell'ombra del dubbio! La fede cristiana di tipo ereditario e sociologico diventa sempre più personale, interiore, esigente, e questo è certamente un bene, ma noi dobbiamo avere per poter dare! Ricordiamo ciò che san Paolo scriveva al suo discepolo Timoteo: "Custodisci il deposito! Evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale, taluni hanno deviato dalla fede!" (1Tm 6,20).

E' una esortazione valida specialmente per la nostra epoca così assetata di certezza e di chiarezza e così intimamente insidiata e tormentata.


2. Il nostro tempo esige personalità mature ed equilibrate. La confusione ideologica dà origine a personalità psicologicamente immature e carenti; la stessa pedagogia risulta incerta e talvolta deviata. Proprio per questo motivo il mondo moderno è in cerca affannosa di modelli, e il più delle volte rimane deluso, sconfitto, umiliato. Perciò noi dobbiamo essere delle personalità mature, che sanno controllare la propria sensibilità, assumono i propri ruoli di responsabilità e di guida, cercano di realizzarsi nel luogo e nel lavoro in cui si trovano.

Il nostro tempo esige serenità e coraggio per accettare la realtà com'è, senza critiche depressive e senza utopie, per amarla e per salvarla.

Impegnatevi dunque tutti a raggiungere questi ideali di "maturità", mediante l'amore al proprio dovere, la meditazione, la lettura spirituale, l'esame di coscienza, l'uso metodico del Sacramento della Penitenza, la direzione spirituale. La Chiesa e la società moderna hanno bisogno di personalità mature: dobbiamo esserlo, con l'aiuto di Dio!

3. Infine, il nostro tempo esige un serio impegno nella propria santificazione.

Immense sono le necessità spirituali del mondo attuale! Se guardiamo le selve sconfinate dei palazzi nelle moderne metropoli, invase da moltitudini senza numero, c'è da spaventarsi. Come potremo raggiungere tutte queste persone e portarle a Cristo? Ci viene in aiuto la certezza di essere solo strumenti della grazia: chi agisce nella singola anima è Dio stesso, con il suo amore e la sua misericordia.

Il nostro vero e costante impegno deve essere quello della santificazione personale, per essere strumenti adatti ed efficaci della grazia.

L'augurio più vero e più sincero che posso farvi è solo questo: "Fatevi santi e presto santi!", mentre vi ripeto le parole di san Paolo ai Tessalonicesi: "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (1Tm 5,23).

Carissimi! Siamo lieti di vivere in questi nostri tempi ed impegniamoci con coraggio nel disegno che la Provvidenza realizza misteriosamente, anche per nostro mezzo.

San Pio V, "la cui eccelsa figura - diceva Giovanni XXIII - è congiunta a grandi prove che la Chiesa ha dovuto sostenere in tempi assai più difficili dei nostri" (Giovanni XXIII, "Discorsi, messaggi e Colloqui", vol. II, p. 720, 6 maggio 1960), insegna a far ricorso anche noi nelle nostre difficoltà a Maria santissima, la nostra Madre celeste, la vincitrice di ogni errore e di ogni eresia. Preghiamola sempre, preghiamola specialmente con il Santo Rosario, affinché il nostro unico e supremo ideale sia sempre la salvezza delle anime.

Con tutto il cuore vi imparto la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1979-10-28

Data estesa: Domenica 28 Ottobre 1979.





A vescovi dell'Argentina in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pastorale della famiglia impegno prioritario dei Vescovi

Testo: Cari fratelli nell'Episcopato.

1. Rendo grazie al Signore che mi concede questo incontro tanto desiderato, con voi, Vescovi della Chiesa in Argentina. E' un incontro questo, che vede la sua gioia offuscata dalla recente morte del Cardinale Antonio Caggiano, che durante la sua lunga vita ha lasciato tanti esempi di virtù e opere tanto feconde. Vede oggi il suo culmine, la vostra visita "ad limina", che diventa anche un completamento di quelle che realizzarono gli altri Prelati argentini che vi hanno preceduto.

Ho potuto così incontrarmi personalmente con ciascuno di voi e, attraverso voi, con i vostri collaboratori: sacerdoti, religiosi, religiose e laici di ognuna delle diocesi di un Paese geograficamente lontano, ma molto vicino al mio cuore di pastore della Chiesa universale. Desidero fin d'ora esprimervi il mio apprezzamento e la gratitudine per il vostro impegno apostolico, e desidero dirvi quanto mi rende felice lo spirito cristiano che si riflette nelle comunità ecclesiali affidate alla vostra responsabilità.


2. Seguo con particolare interesse la lodevole sollecitudine con cui avete organizzato una organica pastorale della famiglia, e guardo con speranza al pieno sviluppo del "Programma di azione pastorale matrimonio e famiglia", che la vostra Conferenza Episcopale - come ha appena ricordato il Signor Arcivescovo di Corrientes - ha mandato avanti con carattere prioritario, da alcuni anni, per tutte le Chiesa particolari dell'Argentina.

Mi compiaccio che, in vista di questo obiettivo, siate riusciti a realizzare una pastorale d'insieme, capace di unire e valorizzare le forze apostoliche, a tutti i livelli, facendole confluire armonicamente verso mete di portata nazionale. così si contribuisce efficacemente per questo felice risultato che solo la convergenza di propositi, azione e di metodi può raggiungere in un'opera tanto trascendentale come è quella di formare e dirigere le famiglie nell'ambito di una vita veramente cristiana.


3. E' per me motivo di allegria anche la vostra decisione di presentare alla santissima Vergine Maria il frutto dei vostri lavori realizzati durante il Congresso Mariano Nazionale, che celebrerete a Mendoza l'anno prossimo. Sono sicuro che sarà un futuro assai gradito al Signore, perché maturerà con l'assistenza della Madre, la cui devozione vi sforzate di fomentare nelle vostre comunità ecclesiali e nelle famiglie, come una garanzia per la riuscita dei vostri intenti.

Vi incoraggio il proseguire nel cammino iniziato, con la maggior ampiezza e profondità possibili, giacché i suoi effetti benefici si faranno sentire tanto nella Chiesa quanto nella società civile.

In questo modo camminerete per i sentieri tracciati dal Concilio Vaticano II, che nei suoi documenti ha insistito sull'importanza del matrimonio e della famiglia (cfr. LG 11 LG 41 GS 47-52 AA 11 GE 3). E' questo un tema a cui mi sono riferito in tante occasioni, durante questo primo anno di pontificato.


4. Parlando ai Vescovi latino-americani, non voglio tralasciare l'indicazione che diedi nel discorso inaugurale della Conferenza di Puebla sul tema della famiglia, in cui indicai uno degli incarichi da assolvere prioritariamente. A ciò dedicai la mia Omelia nel seminario Palafoxiano. Raccomando alla vostra riflessione quanto dissi in quell'occasione.

E' un preciso dovere dei Pastori insegnare e difendere la dottrina della Chiesa a proposito del matrimonio e della istituzione familiare, per salvaguardare i suoi elementi costitutivi, le sue esigenze e valori perenni.

Grazie a Dio nel vostro popolo si conserva assai radicato il senso della famiglia; ma non possiamo disconoscere il fatto che le tendenze permissive della società moderna rappresentano un crescente impatto con questo settore vitale, che la Chiesa deve tutelare con tutte le sue energie.

Il matrimonio, su cui si basa la famiglia, è una comunità di vita e di amore, istituita dal Creatore per la continuazione del genere umano, e che possiede un destino non solo terreno ma anche eterno (cfr. GS 48).

Sforzatevi perciò, di difendere la sua unità e indissolubilità, applicando alla vita familiare il pensiero centrale della Conferenza di Puebla: comunione e partecipazione.

Comunione, cioè disposizione interna di comprensione e amore dei genitori fra loro e di questi verso i propri figli. Partecipazione, ossia mutuo rispetto e donazione, tanto nei momenti felici come in quelli di difficili prove.

All'interno di questa unità, vivificata dall'amore, risplende il matrimonio come fonte di vita umana, in accordo con le leggi stabilite da Dio stesso. Questo ci indica la necessità di insistere nel significato cristiano della paternità responsabile, in linea con la enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI. Non vacillate nel proclamare un diritto fondamentale del genere umano: quello di nascere (cfr. Giovanni Paolo II, "Discorso per l'inaugurazione della III Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano", Puebla, 28 gennaio 1979, III, 5: AAS 71 (1979) 201).

Una adeguata pastorale familiare dovrà tener bene in conto la triplice funzione che deve configurare le famiglie latino-americane come "educatrici nella fede, formatrici di persone, promotrici dello sviluppo" (Giovanni Paolo II, "Omelia nel Seminario Palafoxiano", 28 gennaio 1979, 2: AAS 71 (1979) 184).

In effetti, il focolare cristiano deve essere la prima scuola della fede, dove la grazia battesimale si apre alla conoscenza e all'amore per Dio, per Gesù Cristo, la Vergine, e dove progressivamente si approfondiscono le verità cristiane perché vissute, rese norme di condotta per padri e figli. La catechesi familiare, a tutte le età e con diverse pedagogie, è importantissima. Deve farsi operante con la iniziazione cristiana già da prima della Prima Comunione, dovrà essere sviluppata in particolar modo mediante un'accettazione cosciente e responsabile degli altri sacramenti. così la famiglia sarà davvero una Chiesa domestica (cfr. LG 11 AA 11).

Come formatrice di persone, la famiglia svolge un ruolo singolare che le conferisce un certo carattere sacro, con diritti propri fondati in ultima istanza sulla dignità della persona umana, e che perciò devono essere sempre rispettati.

L'ho appena detto durante il mio discorso all'Organizzazione degli Stati Americani: "Quando parliamo di diritto alla vita, all'ntegrità fisica e morale, al cibo, alla casa, all'educazione, alla salute, al lavoro, alla responsabilità condivisa nella vita della nazione, parliamo della persona umana. E' questa persona umana quella che la fede ci fa riconoscere come creata ad immagine di Dio e destinata ad una meta eterna" (Giovanni Paolo II, "Discorso all'Organizzazione degli Stati Americani", 6 ottobre 1979). Una pastorale familiare deve inoltre vegliare sulla difesa di questi diritti. così si contribuisce anche a rendere la famiglia un vero ed efficace agente di sviluppo.

D'altra parte è evidente che per poter operare efficacemente in questo campo, è necessario sforzarsi seriamente per eliminare le cause profonde da cui hanno origine tanti fattori di disequilibrio per la società e, di conseguenza, per la famiglia. E' chiara per tutti la ripercussione enorme, non solo di ordine morale, che hanno certe situazioni di evidente ingiustizia sociale o che riguardano il settore delle relazioni di lavoro.

Perciò, come parte del vostro ministero, non tralasciate la proposta e la diffusione di una sana morale pubblica, in piena consonanza con la linea segnata dall'insegnamento sociale della Chiesa che, se praticata con fedeltà e senza tergiversare secondo alcuna tendenza, farà si che diventino realtà feconda le esigenze di ordine umano ed evangelico che questa cerca di tutelare.


5. Se con la giusta preoccupazione per la salvaguardia di tali diritti umani, mettete ben in rilievo i principi prima enunciati, troverete nella mancanza del loro dovuto rispetto, la radice della diffusione della violenza.

Al fine di contribuire, per quanto sta in vostro potere, affinché si dissolva definitivamente il ciclo funesto della violenza, procedete, venerabili fratelli, con tutta la cura possibile nel compimento dei vostri doveri pastorali, facendo si che la società e la cellula prima di tale società, cioè la famiglia, si integrino in quella civiltà dell'amore, tanto desiderata dal mio predecessore Paolo VI.


6. Se di fronte alle esigenze del vostro vasto e non facile programma, potrebbe apparire inadeguato il numero dei collaboratori di cui disponete - nonostante il recente aumento delle vocazioni - vi serva da incoraggiamento questa promettente asserzione conciliare: "Le famiglie che sono animate da uno spirito di fede, di carità e pietà, prestano un contributo importantissimo per fomentare le vocazioni alla vita sacerdotale, religiosa, e in generale, a quelle di consacrazione speciale" (cfr. OT 2).

Dio ha voluto lasciarci un modello molto vicino a noi, con la Sacra Famiglia di Nazaret. Che Gesù, Maria e Giuseppe ispirino, accompagnino ed incoraggino la vostra pastorale familiare e l'opera di tutti i vostri collaboratori.


7. Prima di concludere questo incontro, voglio fare riferimento alla gratitudine che mi avete espresso per l'opera di mediazione che ho accettato, per contribuire alla pace e all'amicizia fra due popoli fratelli: l'Argentina e il Cile. Sapete che apprezzo sinceramente coloro che stanno facilitando il mio compito con la propria azione pastorale, la quale, fondata sulla preghiera e sugli insegnamenti del Vangelo, contribuisce efficacemente a creare l'atmosfera adatta per la soluzione desiderata, per il bene di tutti.

Per concludere io vi affido un incarico particolare: che portiate ai vostri sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, seminaristi, operatori per l'apostolato e a tutti i vostri diocesani il saluto e la benedizione del Papa, che a tutti pensa e per tutti prega con grande affetto e con viva speranza. Con loro benedico voi tutti.

Data: 1979-10-28

Data estesa: Domenica 28 Ottobre 1979.





GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)