GPII 1979 Insegnamenti - A due pellegrinaggi di Modena e Legnano - Città del Vaticano (Roma)

A due pellegrinaggi di Modena e Legnano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Né stranieri né ospiti nella casa del Padre

Testo: Carissimi fratelli e sorelle.

Saluto cordialmente in voi i partecipanti a due diversi pellegrinaggi: quello della diocesi di Modena, guidato dall'Arcivescovo Bruno Foresti, e quello della Comunità parrocchiale dei Santi Martiri in Legnano, con il suo Parroco. Sono contento che nel vostro programma abbiate desiderato includere questo incontro, che non solo mi allieta, ma è anche per me motivo di sincera riconoscenza per la vostra filiale devozione.

Un pellegrinaggio a Roma, qual è quello da voi lodevolmente intrapreso, va sempre collocato, per sua natura, in una prospettiva di fede. Questa poi si può precisare e definire, se sappiamo rispondere alla domanda: Perché fare un pellegrinaggio a Roma? La risposta a tale interrogativo è duplice.

Innanzitutto, si viene a Roma, perché qui sono custodite le tombe dei gloriosi apostoli Pietro e Paolo, rispettivamente nella Basilica Vaticana e in quella sulla Via Ostiense. Essi, in vita ebbero momenti e forme diverse di chiamata, ambiti distinti di evangelizzazione e anche uno stile dissimile sia per temperamento che per formazione culturale, furono tuttavia accomunati da una fede totale nell'unico Signore Gesù Cristo e, qui a Roma, con la loro morte violenta, resero a lui un'uguale e fulgida testimonianza suprema. Di fronte ai loro sepolcri non si può rimanere indifferenti: essi non sono muti, ma ci parlano dei due apostoli col linguaggio solenne di una memoria nobile e indelebile. così che, per voi e per tutti i cristiani pellegrini a Roma, valgono alla lettera le parole, che Paolo scrisse in senso spirituale agli Efesini: "Voi non siete stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli" (Ep 2,19-20). Qui, infatti, ogni battezzato ritorna quasi all'inizio dell'albero genealogico della propria identità cristiana, e sa di essere in famiglia, perché il suolo di Roma è stato bagnato dal sangue dei Martiri, nostri antenati nella fede e fondatori della nostra dignità di uomini redenti. Questa componente storica è essenziale al nostro Credo e anche al vostro pellegrinaggio; essa infatti fa da tramite ad un confronto adorante con colui che "si fece carne ed abito fra noi" (Jn 1,14) e mando i suoi "testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8), fin qui a Roma, e poi fin nelle vostre diocesi e nelle vostre parrocchie. La mia parola, a questo punto, non può che farsi esortazione, ripetendovi un testo della Lettera agli Ebrei: "Ricordatevi di quelli che vi hanno preceduto e vi hanno annunziato la parola di Dio; pensate a come sono vissuti e a come sono morti, e imitate la loro fede" (He 13,7).

In secondo luogo, per i cristiani, e soprattutto per i cattolici che vengono a Roma, c'è anche una motivazione che proviene non più tanto dal passato quanto dal presente. Qui, infatti, ha sede il successore vivente di Pietro, che non è solo preposto alla diocesi romana, ma assolve pure ad un ministero di raggio universale. La sua funzione pastorale, erede di quella del Pescatore di Betsaida in Galilea, consiste sia nel "confermare i confratelli" nella fede (Lc 22,32), sia, più in generale, nel "pascere le pecorelle" (Jn 21,17) del gregge di Cristo, non solo impedendone lo smarrimento e la disgregazione, ma anche promuovendone la crescita e l'espansione.

Il nostro odierno incontro, perciò, sia davvero per voi occasione propizia, mediante la conferma della vostra appartenenza ecclesiale, per ribadire la vostra limpida ed esclusiva adesione a chi, come nessun altro, ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cfr. Ga 2,20), e per trarre di qui un rinnovato stimolo ed incoraggiamento per affrontare i quotidiani impegni e le immancabili difficoltà con serenità e con slancio cristiano.

Di questi voti è pegno la mia paterna benedizione apostolica, che di cuore imparto a voi e quanti vi sono cari.

Data: 1979-11-03

Data estesa: Sabato 3 Novembre 1979.





A due gruppi internazionali di studiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il matrimonio memoria e profezia dell'alleanza fra Dio e il suo popolo

Testo: Cari amici.

1. Sono particolarmente contento di incontrare i membri del "Centre de Liaison des quipes de Recherche" (CLER). Nell'apostolato della famiglia sul quale ha tanto insistito il decreto conciliare "Apostolicam Actuositatem" (AA 11) voi avete giocato un ruolo da pionieri, molto prima del Concilio Vaticano II. Ed ora le vostre équipes - dove medici, psicologi, consulenti matrimoniali, educatori, mettono in comune le loro competenze e le loro convinzioni di cristiani - giocano un ruolo molto apprezzabile, non solo per studiare i problemi legati alla regolazione delle nascite e alla fecondità della coppia, ma anche per aiutare concretamente le famiglie in tutti i problemi della loro vita coniugale e familiare, e per contribuire nel senso migliore all'educazione sessuale dei giovani. Avete conservato la fiducia nella Chiesa e nel suo Magistero, sicuri che lavorando così non sarete delusi. Il vostro pellegrinaggio è un'occasione per ringraziare il Signore, per riflettere sull'opera compiuta, per proseguirla con sempre maggior coraggio e fedeltà, per stringere di più i vostri legami con la Chiesa che volete servire, mentre si prepara il Sinodo dei Vescovi sui compiti della famiglia cristiana. Vi esprimo, con il grazie della Chiesa, le mie felicitazioni e i miei incoraggiamenti.


2. Permettetemi di salutare, insieme a voi, i membri del Consiglio di Amministrazione della Federazione Internazionale di Azione Familiare (FIDAP o IFFLP) che terrà la sua riunione a Roma, con i membri e i consiglieri del nostro Comitato per la Famiglia; questa federazione persegue, anche presso grandi Organizzazioni internazionali, un lavoro simile, di cui il CLER continua ad essere il beneficiario: ricerca e promozione dei metodi naturali di pianificazione familiare ed educazione alla vita della famiglia. Mi rallegro per la serietà e per l'estensione della vostra attività, e per la sua convergenza con l'azione pastorale della Chiesa cattolica in questo campo.

Con voi non c'è bisogno che il Papa si soffermi su quelle considerazioni che sono già oggetto di ferma convinzione da parte vostra. Del resto ho avuto spesso occasione, in questi ultimi tempi, di parlare dei problemi familiari, per esempio ai laici riuniti a Limerick in Irlanda, ai Vescovi americani, alle famiglie riunite per la messa al Capitol Mall di Washington. Sottolineero tuttavia qualche aspetto importante.


3. Dapprima, per dei cristiani, è di importanza capitale elevare il dibattito esaminando in primo luogo l'aspetto teologico della famiglia, meditando, di conseguenza, sulla realtà sacramentale del matrimonio. La sacramentalità può essere compresa solo alla luce della storia della salvezza. Ora questa storia della salvezza si configura dapprima come una storia dell'alleanza e della comunione tra Jahvè e Israele, poi tra Gesù Cristo e la Chiesa, in questo tempo della Chiesa, attendendo l'alleanza escatologica. Ancora, precisa il Concilio, "il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio" (GS 48 § 2). Il matrimonio dunque costituisce contemporaneamente un memoriale, un'attualizzazione e una profezia della storia dell'alleanza. "Questo mistero è grande", dice san Paolo. Unendosi in matrimonio, gli sposi cristiani non cominciano solamente la loro avventura, anche intesa nel senso di santificazione e di missione; essi incominciano un'avventura che li inserisce in maniera responsabile nella grande avventura della storia universale della salvezza. Memoriale: il sacramento dona loro la grazia e il dovere di far memoria delle grandi opere di Dio e di esserne testimoni verso i loro figli; attuazione: dona loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel presente, l'uno verso l'altra e verso i loro figli, le esigenze di un amore che perdona e redime; profezia: dona loro la grazia e il dovere di vivere e di testimoniare la speranza dell'incontro futuro con Cristo.


4. Certamente, ogni sacramento implica una partecipazione all'amore nuziale di Cristo per la sua Chiesa. Ma, nel matrimonio, la modalità e il contenuto di questa partecipazione sono specifici. Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, al punto che l'effetto primo e immediato del matrimonio ("res et sacramentum") non è la grazia soprannaturale, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell'incarnazione di Cristo e il suo mistero di alleanza. E anche il contenuto della partecipazione alla vita di Cristo è specifico: l'amore coniugale implica una totalità cui partecipano, tutte le componenti della persona richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà; mira ad una unità profondamente personale, che al di là dell'unione in una sola carne, conduce a farne un cuore e un'anima sola; esige l'indissolubilità e la fedeltà nella donazione reciproca definitiva, e si apre alla fecondità (cfr. Paolo VI, HV 9). In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma anche le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente cristiani: è qui la loro grandezza, la loro forza, la loro esigenza, e anche la loro gioia.


5. E' in questa stessa prospettiva che si deve considerare la loro paternità responsabile. Su questo piano gli sposi, i genitori, possono incontrare un certo numero di problemi che non possono essere risolti senza un amore approfondito, un amore che comprenda anche uno sforzo di continenza. Queste due virtù, amore e continenza, si richiamano a una comune decisione degli sposi e alla loro volontà di sottomettere se stessi alla dottrina della fede, all'insegnamento della Chiesa.

Mi accontentero di tre osservazioni su questo argomento.


6. Dapprima non bisogna barare con la dottrina della Chiesa, come è stato chiaramente esposto dal Magistero, dal Concilio, dai miei predecessori, in particolare penso all'enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI, al suo discorso del 4 maggio 1970 alle Equipes Notre-Dame, ai suoi numerosi diversi interventi. Su questo ideale delle relazioni coniugali, controllate e rispettose della natura e delle finalità dell'atto matrimoniale, bisogna conservare la direzione, e non su una concessione più o meno larga, più o meno confessata, al principio e alla pratica dei costumi contraccettivi. Dio chiama gli sposi alla santità del matrimonio, per il loro stesso bene e per la qualità della loro testimonianza.


7. Tenuto fermo questo punto, per obbedienza alla Chiesa - ed è vostro onore tenervi ad ogni costo -, non è meno importante aiutare le coppie cristiane, e le altre, a rafforzare le proprie convinzioni, cercando con loro le ragioni profondamente umane di un tale agire. E' giusto che essi intravedano come questa etica naturale corrisponda all'antropologia ben compresa, in modo da evitare le insidie di un'opinione pubblica o di una legge permissive, e anche per contribuire, nella misura del possibile, a correggere questa opinione pubblica.

Molti elementi di riflessione possono contribuire a forgiarsi sane convinzioni che aiutano l'obbedienza del cristiano o l'atteggiamento dell'uomo di buona volontà. E io so che anche questa è una parte importante del vostro compito educativo. Per esempio, in un tempo in cui tante correnti ecologiche chiedono il rispetto della natura, cosa pensare dell'invasione di procedimenti e di sostanze artificiali in questo campo eminentemente personale? Sostituire con delle tecniche il dominio di sé, la rinuncia a sé per l'altro, lo sforzo comune degli sposi, non segna forse un regresso in ciò che costituisce la nobiltà dell'uomo? Non si vede che la natura dell'uomo è subordinata alla morale? Abbiamo misurato la portata, messa in evidenza senza posa, di un rifiuto del figlio sulla psicologia dei genitori, mentre essi portano il desiderio del figlio iscritto nella loro natura, e sull'avvenire della società? E cosa pensare di una educazione dei giovani alla sessualita che non li mette in guardia contro la ricerca di un piacere immediato ed egoista, disgiunto dalle responsabilità dell'amore coniugale e della procreazione? Si, bisogna trovare il modo di educare al vero amore, per evitare che si degradi, su questo punto di importanza capitale, a partire da concezioni imbrogliate o falsate, il tessuto morale e spirituale della comunità umana.


8. Il rispetto per la vita umana già concepita fa evidentemente parte, a titolo particolare, delle convinzioni da chiarire e fortificare. E' un punto dove la responsabilità dell'uomo e della donna deve condurli ad accogliere e a proteggere l'essere umano di cui sono stati i procreatori e che non hanno mai il diritto di eliminare: è un campo in cui l'ambiente, la società, i medici, i consulenti matrimoniali, i legislatori hanno il dovere di permettere a questa responsabilità di esercitarsi, sempre nel senso del rispetto per la vita umana, malgrado le difficoltà e portando aiuto nei casi di bisogno. E' un punto sul quale la Chiesa si è pronunciata in modo unanime in ogni paese, così chiaramente che non è necessario insistere. La legislazione abortiva potrà fatalmente portare molti a non sentire più questo rispetto e questa responsabilità riguardo la vita umana, rendendo banale un grave errore. E bisogna poi aggiungere che anche la generalizzazione della pratica contraccettiva con metodi artificiali porta all'aborto, poiché entrambi si situano, certamente a livelli differenti, nella stessa linea della paura del figlio, del rifiuto della vita, della mancanza di rispetto per l'atto o per il frutto dell'unione tra l'uomo e la donna così, come l'ha voluta il Creatore della natura. Coloro che studiano a fondo questi problemi lo sanno bene, contrariamente a quanto potrebbero far credere certi ragionamenti o certe correnti di opinione. Vi ringrazio per quanto fate e per quanto farete per formare le coscienze su questo punto del rispetto per la vita.


9. Infine, bisogna mettere in opera tutto ciò che può aiutare concretamente le coppie a vivere questa paternità responsabile, e qui il vostro apporto è insostituibile. Le ricerche scientifiche che conducete e mettete in comune per acquisire una conoscenza più precisa del ciclo femminile e permettere una utilizzazione più serena dei metodi naturali per la regolazione delle nascite meritano di essere meglio conosciuti, incoraggiati ed effettivamente proposti all'applicazione. Mi rallegro nel venire a conoscenza che un numero crescente di persone e di organismi, a livello internazionale, apprezzano questi sforzi di regolazione naturale. A questi uomini di scienza, a questi medici, a questi specialisti, si rivolgono i miei auguri e i miei incoraggiamenti, poiché si tratta del bene delle famiglie e delle società nella loro legittima preoccupazione di armonizzare la fecondità umana con le loro possibilità, e, a condizione di far sempre appello alle virtù dell'amore e della continenza, si tratta del progresso del dominio di sé dell'uomo conforme al disegno del Creatore.

Allo stesso modo incoraggio tutti i laici qualificati, tutte le famiglie che, come consiglieri, professori o educatori, danno il loro contributo per aiutare le coppie a vivere il loro amore coniugale e la loro paternità responsabile in maniera degna, e per aiutare i giovani a prepararvisi.

A ciascuno di voi, ai vostri collaboratori, alle vostre famiglie, ai vostri cari bambini, assicuro la mia preghiera per il vostro magnifico apostolato e la mia paterna benedizione apostolica.

Data: 1979-11-03

Data estesa: Sabato 3 Novembre 1979.





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiamo per chi soffre persecuzioni a causa di Cristo

Testo:

1. Oggi, in occasione della nostra comune preghiera all'"Angelus" desidero venerare san Carlo Borromeo, di cui ho ricevuto il nome nel giorno del mio Battesimo. Più di una volta mi è stato dato di fare pellegrinaggio al suo sepolcro nel Duomo di Milano e anche di visitare i luoghi legati con la sua vita, come Arona. Qui a Roma riposa il suo cuore nella Chiesa di San Carlo al Corso, a lui dedicata. Questo è un particolare molto eloquente, che testimonia come questo Cardinale e pastore della Chiesa ambrosiana a Milano sia stato nello stesso tempo servitore delle cause universali della Chiesa. Sono noti i suoi meriti, che ha avuto in questo campo al Concilio di Trento, mentre a Milano e nell'arcidiocesi ha fatto tutto il possibile per tradurre in atto l'insegnamento e le direttive del medesimo Concilio. La Chiesa gli deve molto, in modo particolare per quanto riguarda l'istituzione dei Seminari diocesani.

Il ricordo di san Carlo, che divento membro del Collegio cardinalizio in età giovanissima, sia anche un buon auspicio per l'incontro con questo stesso Collegio, che avrà inizio domani. Tanto più che anche noi dobbiamo mettere in atto l'opera del grande Concilio dei nostri tempi: il Vaticano II. Quindi l'esempio e l'intercessione del Santo, che quattro secoli fa servi una simile causa, sono molto attuali.

San Carlo rimane un esempio irraggiungibile di amore pastorale e di servizio episcopale, reso con una dedizione che non teneva conto di alcuna fatica e neppure del pericolo della vita. così che è molto attuale la sua presenza spirituale tra tutti i Vescovi della Chiesa dei nostri tempi.

Lo dico facendo anche riferimento alle visite "ad limina Apostolorum" di quest'anno, durante le quali appaiono dinanzi ai nostri occhi non solo gli Apostoli del Signore, ma anche questi loro successori, che nel corso della storia si sono distinti con la santità della vita.


2. Dopo l'Argentina, desidero dedicare l'odierno ricordo ai Vescovi del Cile e alla Chiesa di quel Paese. In Cile, che conta quasi 10 milioni e mezzo di abitanti, la Chiesa ha una struttura articolata in 24 circoscrizioni. I Presuli sono venuti tutti insieme per la visita "ad limina": da quelli che svolgono il loro ministero nelle aride terre tropicali del Nord a quelli delle regioni meridionali fino a Punta Arenas, dove ha la sua sede la diocesi più australe del mondo.

Molteplici ed evidenti sono i segni della crescente vitalità della Chiesa, in conseguenza dell'impulso ricevuto da quei Vescovi; nelle accennate udienze ne ho potuto raccogliere con grande soddisfazione alcuni, meritevoli di particolare rilievo.

Anzitutto lo spirito di fraternità cristiana in seno al loro popolo, per cui essi si impegnano a fondo nello spirito della loro missione di Padri e Pastori; l'aiuto molteplice che prestano a quanti si trovano in difficoltà; il dinamismo che contraddistingue la catechesi in tutta la struttura della comunità ecclesiale; la crescente consapevolezza del laicato per la responsabilità che lo distingue nel sempre più pieno e vigoroso svolgimento della missione della Chiesa.

Ma voglio soprattutto richiamarmi al moltiplicarsi delle vocazioni sacerdotali e religiose: un fatto tanto più significativo ed importante per le Chiese particolari di un Paese dove il clero diocesano dipende per una considerevole parte dall'aiuto esterno e dove i sacerdoti religiosi provenienti dall'estero superano quelli nativi. In questa fioritura mi è caro ravvisare un segno della Provvidenza del Signore che, benedicendo la pastorale vocazionale svolta intensamente dalle diocesi e dagli istituti religiosi, conduce le Chiese del Cile a quelle normali condizioni, su cui ha da svilupparsi la loro vita e la loro opera.

Alla preghiera che si alza in Cile io unisco la mia e la vostra affinché il Signore per intercessione di Maria benedica quella Nazione: i suoi pastori, i loro collaboratori, e tutti i carissimi fedeli.


3. E adesso desidero ringraziare cordialmente tutte le persone e le comunità che, nelle scorse settimane, e anche in occasione della festività odierna, mi hanno mostrato tanta benevolenza. Desidero ringraziare anzitutto per il dono delle preghiere, accompagnate anche da sacrifici spirituali.

Tutte queste preghiere offro oggi a Dio, per il tramite di san Carlo, secondo le intenzioni di coloro che in qualsiasi paese e in qualsiasi continente soffrono persecuzioni a causa di Cristo; che si trovano nelle prigioni; che soffrono anche tormenti a causa della loro fede e della loro fedeltà alle loro convinzioni. Mi sento particolarmente unito a loro oggi e sempre perché completano quello "che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Pensando a tutti questi nostri fratelli e sorelle, ho presentato di fronte all'assemblea Generale delle Nazioni Unite il problema della libertà religiosa come condizione fondamentale per il rispetto dei diritti dell'uomo e della pace.

Al gruppo dei delegati del movimento "Oasi" Vada ora un saluto particolarmente affettuoso al gruppo dei delegati italiani del Movimento Oasi, i quali, a conclusione di un loro convegno, sono venuti in questa piazza, unitamente agli operatori dell'emittente televisiva "Antenna 4", gestita dalla medesima organizzazione, per recitare l'"Angelus" insieme col Papa e con tutti i pellegrini qui presenti. Vi ringrazio per questa vostra significativa presenza e, ancor più, per la benefica opera informativa e formativa, che voi esercitate nella società. A voi tutti, ai sostenitori della vostra opera giungano la mia benedizione, il mio plauso e il mio incoraggiamento a ben continuare in codesto vostro meritorio apostolato.

Data: 1979-11-04

Data estesa: Domenica 4 Novembre 1979.





Omelia nella parrocchia di San Luca Evangelista - Roma

Titolo: Il primato dell'amore nella vocazione dell'uomo

Testo: Sorelle e fratelli carissimi! "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7).

1. Con queste parole di san Paolo ai Romani desidero oggi porgere il mio saluto cordiale a tutti i componenti della parrocchia di San Luca, ancora giovane, è vero - è stata infatti costituita giuridicamente nel 1956 - ma già così piena di dinamismo e di vitalità. In questi giorni, esattamente dal 13 al 28 ottobre, il Vescovo Ausiliare del Settore, Monsignor Giulio Salimei, ha compiuto la visita pastorale. Ho preso visione, con intima soddisfazione e legittima gioia, della relazione da lui elaborata e altresi di quella preparata dal parroco, Monsignor Alessandro Agostini, insieme con i sacerdoti, che con lui collaborano per il vostro bene. Con questa mia visita intendo concludere e, in certo qual modo, dare il mio "sigillo" a quella del Vescovo Ausiliare.

Un saluto anzitutto al Cardinale Vicario e a Monsignor Salimei, al parroco e al gruppo dei sacerdoti che donano le loro migliori energie fisiche e spirituali per questa comunita parrocchiale la quale presenta vari e complessi problemi, non ultimo quello della sua numerosa popolazione: circa trentamila abitanti, con ottomila famiglie. Un saluto ai sacerdoti delle parrocchie vicine, ai Religiosi e alle Religiose, che vivono ed operano nell'ambito della parrocchia: desidero ricordare, in questo momento l'Ufficio provinciale dei Piccoli Fratelli di Padre Charles de Foucauld; le Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù che generosamente si dedicano alla cura della parrocchia; il numeroso gruppo delle Sorelle della Misericordia di Verona, impegnate nelle loro varie attività educative, catechetiche e caritative. Questa presenza è per me espressione della comunità, che è così cara e preziosa nella vita della Chiesa, così utile nell'esistenza e nel servizio sacerdotale.

Un saluto cordiale rivolgo ai membri dei numerosi gruppi giovanili - ben diciassette! - che, in vari modi e con molteplici iniziative, intendono approfondire insieme le esigenze della fede cristiana; un saluto affettuoso e rispettoso ai padri e alle madri di famiglia, che, pur in mezzo a tante difficoltà, vogliono vivere in pienezza il mistero cristiano del loro matrimonio, e si impegnano, con ogni sforzo, ad educare cristianamente i loro figli. Un saluto commosso ai nostri fratelli ammalati, che portano il segno della sofferenza di Cristo e della Chiesa; ai poveri, che hanno bisogno del nostro gesto concreto di solidarietà e di amore. Un saluto paterno ai bambini, la nostra autentica gioia e la nostra serena speranza per un domani migliore.

Ma un saluto particolare desidero rivolgere oggi ai catechisti della parrocchia, che sono ben 160! Devo dire a voi, giovani, suore, genitori, dedicati a quest'opera tanto meritoria, il plauso mio e di tutta la Chiesa per l'impegno generoso che manifestate nell'aiutare i ragazzi nel loro itinerario di fede.

Ripeto a voi le parole, che ho rivolto ai catechisti di tutto il mondo nella mia recente esortazione apostolica "Catechesi Tradendae": "Io intendo ringraziare, a nome di tutta la Chiesa, voi catechisti parrocchiali... che dappertutto nel mondo vi siete dedicati all'educazione religiosa di numerose generazioni. La vostra attività, spesso umile e nascosta, ma compiuta con zelo ardente e generoso, è una forma eminente di apostolato laicale (Giovanni Paolo II, CTR 66).

Ecco, sono di fronte a una comunità, la quale si è preparata a questo incontro col Papa con esemplare serietà, la cui espressione più tangibile è stata la veglia notturna di preghiera. E' questa una comunità, la quale vuole vivere intensamente e partecipare agli altri la propria fede cristiana in una articolata unione fraterna: la sorgente di questa unione, comunione e cooperazione è l'amore che è stato innestato nei nostri cuori da Cristo stesso, nostro Signore e Maestro, come è messo in risalto, in modo particolare, dall'odierna Liturgia della Parola.


2. Cristo dice: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui..." (Jn 14,23). Nel centro stesso dell'insegnamento di Cristo si trova il grande comandamento dell'amore. Questo comandamento è stato iscritto già nella tradizione dell'Antico Testamento, come lo testimonia la prima lettura d'oggi, desunta dal libro del Deuteronomio.

Quando il Signore Gesù risponde alla domanda di uno degli scribi, risale a questa stesura della Legge divina, rivelata nell'Antica alleanza: "Qual è il primo di tutti i comandamenti!". "Il primo è... amerai... il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". "E il secondo è questo. Amerai il prossimo tuo come te stesso". "Non c'è altro comandamento più importante di questi" (Mc 12,29-31).


3. Quell'interlocutore, che è stato rievocato da san Marco, ha accettato con riflessione la risposta di Cristo. L'ha accettata con profonda approvazione.

Occorre che anche noi, oggi, riflettiamo brevemente su questo "più grande comandamento", per poterlo accettare di nuovo con piena approvazione e con profonda convinzione. Prima di tutto, Cristo diffonde il primato dell'amore nella vita e nella vocazione dell'uomo. La più grande vocazione dell'uomo è la chiamata all'amore. L'amore dà pure il significato definitivo alla vita umana. Esso è la condizione essenziale della dignità dell'uomo, la prova della nobiltà della sua anima. San Paolo dirà che esso è "il vincolo della perfezione" (Col 3,14). E' la cosa più grande nella vita dell'uomo, perché il vero amore porta in sé la dimensione dell'eternità. E' immortale: "la carità non avrà mai fine" leggiamo nella prima lettera ai Corinzi (1Co 13,8). L'uomo muore per quanto riguarda il corpo, perché tale è il destino di ognuno sulla terra, pero questa morte non danneggia l'amore, che è maturato nella sua vita. Certo, esso rimane soprattutto per rendere testimonianza dell'uomo dinanzi a Dio, che è l'amore. Esso designa il posto dell'uomo nel Regno di Dio; nell'ordine della Comunione dei Santi. Il Signore Gesù al suo interlocutore nel Vangelo odierno - vedendo che egli comprende il primato dell'amore tra i comandamenti - dice: "Non sei lontano dal regno di Dio) (Mc 12,34).


4. Sono due i comandamenti dell'amore - come afferma espressamente il Maestro nella sua risposta - ma l'amore è uno solo. Uno e identico abbraccia Dio e il prossimo. Dio: sopra ogni cosa, perché egli è sopra di tutto. Il prossimo: con la misura dell'uomo, e quindi "come se stesso".

Questi "due amori" sono così strettamente collegati tra di loro, che l'uno non può esistere senza l'altro. Lo dice in altro luogo san Giovanni: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Jn 4,20). Non si può quindi separare un amore dall'altro. Il vero amore dell'uomo, del prossimo, perciò stesso che è vero amore, è, nello stesso tempo, amore verso Dio. Questo può stupire qualcuno. Stupisce certamente. Quando il Signore Gesù presenta ai suoi ascoltatori la visione dell'ultimo giudizio, riferita nel Vangelo di san Matteo, dice: "Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25,35-36).

Allora coloro che ascoltano queste parole si meravigliano, poiché sentiamo che domandano: "Signore, quando mai ti abbiamo fatto tutto ciò?". E la risposta: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi fratelli più piccoli - cioè al vostro prossimo: a uno degli uomini - l'avete fatto a me" (cfr. Mt 25,37-40).


5. Questa verità è molto importante per tutta la nostra vita e per il nostro comportamento. E' particolarmente importante per coloro che cercano di amare gli uomini, ma "non sanno se amano Dio" o addirittura dichiarano di non "saper" amarlo.

Tale difficoltà è facile da spiegare quando si prende in considerazione tutta la natura dell'uomo, tutta la sua psicologia. All'uomo è, in certo qual modo, più facile amare quello che vede che quello che non vede (cfr. 1Jn 4,20).


6. Eppure l'uomo è chiamato ed è chiamato con grande fermezza, lo testimoniano le parole del Signore Gesù, all'amore verso Dio, all'amore che è sopra ogni cosa. Se facciamo una riflessione su questo comandamento, sul significato delle parole scritte già nell'Antico Testamento e ripetute con tanta determinazione da Cristo, dobbiamo riconoscere che esse ci dicono molto dell'uomo stesso. Svelano la più profonda e, insieme, definitiva prospettiva del suo essere, della sua umanità. Se Cristo assegna all'uomo come un compito tale amore, cioè l'amore di Dio che egli, uomo, non vede, questo vuol dire che il cuore umano nasconde in sé la capacità di quest'amore, che il cuore umano è creato "su misura di tale amore". Non è forse questa la prima verità sull'uomo, cioè che egli è l'immagine e la somiglianza di Dio stesso? Sant'Agostino non parla del cuore umano che rimane inquieto fino a che non riposi in Dio? così dunque il comandamento dell'amore di Dio sopra ogni cosa svela una scala delle possibilità interiori dell'uomo. Questa non è una scala astratta. E' stata riconfermata e costantemente trova una conferma da parte di tutti gli uomini che prendono sul serio la loro fede, il fatto di essere cristiani. Eppure non mancano gli uomini che hanno confermato eroicamente questa scala delle possibilità interiori dell'uomo.


7. Nella nostra epoca ci incontriamo con una critica spesso radicale della religione, con una critica della cristianità. E allora anche questo "più grande comandamento" diventa vittima dell'analisi distruttiva. Se si risparmia e, perfino, generalmente si approva l'amore verso l'uomo, l'amore verso Dio viene, invece, per vari motivi, rifiutato. Il più spesso, lo si fa semplicemente come espressione atea della visione del mondo.

Nel contatto con questa critica, che si presenta in varie forme, sia in forma sistematica, sia in quella circolante, bisogna ponderare almeno le sue conseguenze nell'uomo stesso. Se infatti Cristo, mediamte il suo più grande comandamento, ha svelato la piena scala delle possibilità interiori dell'uomo, allora dobbiamo rispondere in noi stessi alla domanda: rifiutando questo comandamento, non diminuiamo forse l'uomo? E' sufficiente che io mi limiti, in questo momento, a fare soltanto questa domanda.


8. Ciò che voglio augurare, in occasione dell'incontro di oggi con la vostra parrocchia, si esprime soprattutto nel fervido desiderio che il grande comandamento del Vangelo sia il principo della vita di ciascuno di voi e di tutta la vostra comunità. Eppure proprio questo comandamento conferisce il vero senso alla nostra vita. Vale la pena di vivere e di faticare quotidianamente nel suo nome. Nella sua luce anche la sorte più pesante, la sofferenza, la storpiatura (handicap), la morte stessa acquistano un valore. Come in modo splendido, ci parlano di ciò, nella liturgia d'oggi, le parole del salmo: "Ti amo, Signore, mia forza, / Signore, mia roccia, mia fortezza, / mio liberatore: / mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo..." (Ps 17,1-3).

Auguro quindi che su ciascuno di voi e su di tutti si compiano le parole di Cristo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). Amen.

Data: 1979-11-04

Data estesa: Domenica 4 Novembre 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - A due pellegrinaggi di Modena e Legnano - Città del Vaticano (Roma)