GPII 1979 Insegnamenti - Alla "plenaria" del Sacro Collegio - Città del Vaticano (Roma)

Alla "plenaria" del Sacro Collegio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una tappa importante sulla strada della Collegialità

Testo: Venerati fratelli, membri del Sacro Collegio!

1. "Ecce quam bonum... habitare fratres in unum" (Ps 132,1). Vi sono particolari circostanze nella vita della Chiesa, nelle quali comprendiamo più a fondo la bellezza e la verità di queste parole. Le abbiamo sperimentate durante i due Conclavi, che lo scorso anno abbiamo vissuto insieme, in un'esperienza unica della nostra vita consacrata a Cristo e al Popolo di Dio. E le abbiamo sperimentate anche in questi giorni, in tutta la loro interiore ricchezza e soavità, quando ci siamo riuniti in questo primo storico incontro da me tanto desiderato, e da voi favorito con la presenza e la collaborazione. "Fratres in unum". Ci siamo sentiti fratelli, uniti in uno stesso vincolo di vocazione e di missione: stretti attorno all'altare, presso la Tomba di Pietro, lunedi 5 novembre, pregando per i fratelli del Sacro Collegio che in gran parte ci sono stati al fianco nello scorso anno, e che il Signore ha chiamato a sé; uniti in quest'Aula, ove si è sentita quell'unica passione, che tutti ci consacra "a compiere il ministero, al fine di edificare il Corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio" (Ep 4,12ss).


2. E fratelli ci sentiamo particolarmente oggi, nel vincolo di questa nostra Chiesa di Roma, alla quale siamo strettissimamente legati, io come Pastore, voi come membri autorevoli del clero romano, a cui i vostri titoli e diaconie vi danno il diritto nativo di appartenere; oggi, ripeto, in cui la Chiesa universale celebra la Dedicazione della Basilica Lateranense, "mater et caput omnium Ecclesiarum", sede della cattedra del Vescovo di Roma.

Un riflesso di quella gioia che è propria della Gerusalemme celeste si è irradiata anche e particolarmente su di noi, qui riuniti, a conclusione dell'incontro, proprio nel giorno sacro alla dedicazione della Cattedra di Roma.

Con questi sentimenti vi ringrazio di tutto cuore: per essere venuti a Roma da tutti i Continenti, lasciando per qualche giorno le sollecitudini pastorali che vi uniscono alle vostre chiese, a cui vi lega in Cristo un amore nuziale; per aver affrontato i disagi del viaggio senza badare alle esigenze del lavoro. Grazie per gli interventi, solidi e pensati, che qui avete fatto udire, per l'accordo con cui l'assemblea e i singoli "circuli" hanno lavorato rispondendo all'invito fatto, per la positiva collaborazione manifestata.

Ma grazie soprattutto per il clima che si è qui respirato: clima di fraternità, di famiglia, di corresponsabilità, di amore: "caritas... Christi urget nos" (2Co 5,14).


3. Penso che in questo modo la nostra riunione abbia contribuito: a percorrere in breve tempo un'importante tappa sulla strada della collegialità, nello spirito del Concilio Vaticano II; alla rianimazione di questa meravigliosa istituzione, che è il Collegio Cardinalizio, conformemente alla sua natura e alla sua tradizione.

Ringraziando, non posso, nello stesso tempo, non chiedere scusa: per le difficoltà, che avete dovuto affrontare; per i compiti, che per la loro dimensione, sembravano superare le possibilità del tempo, che vi si poteva dedicare.

Si è visto, pero, che anche in un tempo relativamente breve si è potuto fare non poco in questa qualificata assemblea.


4. Gli elementi principali saranno esposti nel comunicato finale. In un certo senso, questo incontro è stato l'introduzione per un ulteriore scambio di idee e sollecitudine pastorale. Non c'è dubbio che tale incontro ha avuto carattere altamente pastorale, animato dalla "sollicitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28).

In attesa del lavoro che ci aspettiamo da voi nei prossimi mesi, noi pensiamo di potervi assicurare che quest'opera voi avete già iniziato a darcela, e, molto abbondantemente, voi che, come dice l'Apostolo, siete - e in questi giorni lo siete stati in modo peculiare - "gaudium meum et corona mea" (Ph 4,1).


5. Non è mia intenzione ritornare sui temi, che sono stati sottoposti alla vostra riflessione, anche per i mesi che verranno. Mi basti dire che, per quanto riguarda l'organizzazione della Curia Romana, saranno tenuti ben presenti i suggerimenti, i consigli, le proposte che, animati da sincero amore per il bene della Chiesa universale, voi avete fatto e farete pervenire qui, al cuore stesso della Chiesa, al fine che l'organismo della Curia Romana, tanto articolato e complesso, possa essere abilitato a compiere un servizio sempre più qualificato, prezioso e proficuo ai Vescovi e alle Conferenze episcopali di tutto il mondo.


6. Non vi è poi sfuggito l'interesse che personalmente, e con l'aiuto dei miei diretti collaboratori, io intendo dedicare ai problemi della cultura, della scienza e dell'arte che sono stati oggetto di particolare studio da parte del Concilio Vaticano II, e che attendono un più volonteroso apporto di tutti noi, uomini di Chiesa. E' stato il Concilio a mettere in piena luce, nella costituzione pastorale "Gaudium et Spes", la necessità di promuovere lo sviluppo della cultura: "I cristiani - è detto nel documento - in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù, questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'opera, mediante la quale la cultura umana acquista il suo posto importante nella vocazione integrale dell'uomo" (GS 57).

A questo scopo mirano le sollecitudini e le prospettive, che mi sono permesso di farvi presenti, illustrate poi in sede competente dal Cardinale relatore. Gli interventi hanno detto chiaramente quali siano le vostre preoccupazioni per lo sviluppo di questo campo vitale, sul quale si gioca il destino della Chiesa e del mondo su questo scorcio finale del nostro secolo.

Attribuisco perciò anche grandissima importanza alle voci che mi farete pervenire su questa, per me e per tutti, centrale e ineludibile questione.


7. Per quanto riguarda il terzo argomento, cioè la questione "economica", sembra opportuno rilevare: continuando lo scambio delle informazioni, iniziato già nel mese di agosto dello scorso anno, prima cioè del Conclave, avete potuto, venerati fratelli, prendere conoscenza, in modo preciso, dello stato dei problemi finanziari della Santa Sede; questo e molto importante al fine di formare l'esatta opinione pubblica nella Chiesa e in tutta la società cattolica per quanto riguarda questo argomento. Quella favola diffusa circa le finanze della Santa Sede, le ha arrecato non lieve danno. Come nei tempi antichi, anche ai nostri giorni sorgono dei miti. L'unico modo da usare in simile questione è quello di considerare oggettivamente la cosa in se stessa. Devo, al riguardo, ringraziarvi vivamente perché anche in questo campo voi, con generosa disposizione, siete pronti a collaborare secondo la tradizione apostolica confermata dalla esperienza di tutte le epoche della Chiesa.

La Sede Apostolica, per poter servire con efficacia la missione universale della Chiesa, per poter realizzare il programma pastorale del Concilio, per lavorare in favore della evangelizzazione, ha bisogno anche di mezzi finanziari. Questi mezzi obiettivamente, in paragone con quelli che il mondo contemporaneo spende, ad esempio, per gli armamenti, sono arcimodesti.

Oltre a questo, il mantenimento di quel grande monumento della cultura, quale è la Basilica di San Pietro, e, collegato con essa, di altre istituzioni, ad esempio i Musei Vaticani, è un nostro dovere davanti alla Storia.

Mi pare, infine, di poter dire che le finalità, per le quali si era pensato di convocare questa riunione straordinaria dei Padri Cardinali, siano state raggiunte, "Deo adiuvante".

E proprio a lui, al "Padre della luce", da cui discende "ogni buon regalo e di ogni dono perfetto" (Jc 1,17) sale il comune ringraziamento. A lui affidiamo i nostri propositi e i nostri lavori. A lui chiediamo la grazia di continuare con perseveranza sulla via intrapresa, per l'elevazione dell'uomo, per il vero progresso dei popoli, per la pace universale. "Aspirando praeveni, et adiuvando prosequere".

E Maria, Madre della Chiesa, Regina degli Apostoli, avvalori i nostri voti comuni e li fecondi con la sua protezione. A lei - e lo dico raccogliendo il voto unanime espresso in quest'aula - affido ancora me stesso e tutta questa nostra assemblea di Pastori.

A tutti voi, fratelli amatissimi, la mia particolare benedizione.

Data: 1979-11-09

Data estesa: Venerdì 9 Novembre 1979.





Ai partecipanti a un Congresso internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Evangelizzazione e catechesi nella pastorale del turismo

Testo: Cari fratelli nell'Episcopato, miei cari amici.

Grazie per avermi così amabilmente invitato a questo incontro! Sono ugualmente felice di salutare gli osservatori venuti dalle altre comunità cristiane e che sono interessati ai problemi della mobilità umana. Vorrei che la mia visita fosse per tutti voi e per ciascuno di voi, il segno del valore che il Pastore universale della Chiesa attribuisce alla pastorale del turismo. Che si tratti di coloro che fanno del turismo o di coloro che lo organizzano, è una frazione importante del popolo cristiano e dell'umanità. E' ugualmente, e sempre più, un momento significativo della vita dei nostri contemporanei che ha bisogno di una evangelizzazione specifica.

Queste giornate romane vi hanno permesso di sorvolare molti "luoghi" e categorie di turismo attraverso i cinque continenti, di ascoltare esperienze interessanti e molto diverse.

Individualmente e tutti insieme, voi avete avuto una presa di coscienza più viva della mobilità attuale e dei suoi bisogni pastorali. Del resto avete espresso molte idee, posto numerose domande, raccolto una quantità di desideri e di propositi che condividerete, al vostro ritorno, con i vostri colleghi e con tutti i vostri collaboratori, preti, religiosi e laici interessati dal turismo.

Permettetemi di lasciarvi alcuni suggerimenti personali, come segno di comunione profonda con le vostre preoccupazioni e di incoraggiamento caloroso a proseguire il vostro buon lavoro.

L'estensione del fenomeno della mobilità umana, e più precisamente del turismo, è un fatto. Invece di soccombere ad impressioni di disagio e di impotenza, poiché voi sentite meglio degli altri quanta umanità viaggiatrice oggi ha la tendenza a fuggire alla rete e all'influenza delle istituzioni tradizionali, civili e religiose, rimanete in piedi, perspicaci, attivi ed inventivi! Voi siete la Chiesa! La Chiesa che deve approfondire incessantemente la realtà crescente e continuamente mutevole del turismo. Con simpatia e lucidità, bisogna andare più avanti nella conoscenza degli aspetti economici, politici, sociologici, psico-sociologici del turismo attuale, se volete partecipare in modo razionale e competente alla promozione dei veri valori del turismo, e accreditare a poco a poco nell'opinione pubblica un'etica del turismo. Poiché il turismo è fatto per l'uomo e non l'uomo per il turismo. Il vostro compito esige tanto tatto quanto coraggio e perseveranza. Ma che felicità contribuire a liberare questo mondo nuovo del turismo dalle sue numerose ambiguità per dargli il suo volto umano e cristiano! L'avete avvertito anche nel corso di questo Congresso: la pastorale del turismo esige sempre più - a fianco della buona volontà che resta un contributo prezioso - persone appositamente preparate e formate a questo servizio così particolare dell'evangelizzazione. Penso evidentemente ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose; ma penso ancor più ai laici cristiani, che fino ad ora non hanno preso abbastanza, o non hanno osato prendere, il loro posto in un mondo che li riguarda in primo luogo. Su questo preciso punto auspico che alcune università cattoliche si preoccupino - prima che sia troppo tardi - di dare questa formazione appropriata a tutti coloro che vogliono impegnarsi, permanentemente o temporaneamente, nella pastorale turistica. Sono proprio questi uomini e queste donne che potranno assicurare una presenza evangelica ed ecclesiale al livello delle più alte istanze del turismo, come a quello delle agenzie di viaggio e del personale di accompagnamento. Sono sempre costoro che potranno intraprendere un'azione nei centri e nelle regioni turistiche, presso i responsabili locali, il mondo alberghiero, e gli abitanti del luogo. Questa indispensabile formazione e questa azione concertata di tutti i responsabili della pastorale turistica, sono il cammino necessario del risveglio e dello sviluppo nel mondo del turismo di una mentalità individuale e collettiva fatta di rispetto, di accoglienza, di ospitalità, di fiducia, di onestà, di servizio, di scambi profondi ed anche di realizzazioni comuni. così, coloro che organizzano il turismo, coloro che ne vivono, e i turisti stessi, diverranno ciò che devono essere, sul piano umano innanzitutto, e per coloro che sono cristiani, sul piano della fede. Per precisare ancora il mio pensiero in questo ambito della formazione e dell'azione, mi piacerebbe che le Conferenze episcopali e le Chiese locali - già così preoccupate dei problemi fondamentali, come la catechesi, il ricambio sacerdotale, la pastorale della famiglia, i mass-media, ecc. - collaborassero di più tra loro per raggiungere tutti questi emigranti del turismo e investissero di più sul piano delle persone e dei mezzi pratici, in un settore che segna così profondamente l'uomo moderno, e in particolare i giovani. La mobilità umana non è, anch'essa, un luogo di catechesi? Detto questo, lasciatemi ancora attirare la vostra attenzione su un punto molto delicato. Lo sapete, l'industria turistica è principalmente un fenomeno dei Paesi ricchi. Se c'è un turismo ragionevole, esistono anche forme di turismo di lusso o anche semplicemente di spreco, che sono un insulto e una provocazione per i due terzi dell'umanità alle prese con situazioni economiche miserabili. Senza contare che nei nostri Paesi ricchi ci sono anche degli esclusi dal turismo o delle persone schiacciate da questa industria in espansione. Vi chiedo di non dimenticare mai i poveri. La promozione del turismo da una parte, e la pastorale turistica dall'altra, sarebbero incomplete e si discrediterebbero se non includessero anche l'educazione a un'apertura e a degli impegni in favore di una solidarietà mondiale reale e di ampio respiro.

Cari fratelli e cari amici, mi viene in mente un passo dell'evangelista san Matteo: "Vedendo le folle (Gesù) ne senti compassione, perché erano come pecore senza pastore" (Mt 9,36). Questo sia il "Leitmotiv" del vostro Congresso! Voi siete membri del Corpo di Cristo, gli uni gli altri! Voi siete oggi il Cristo che passa in mezzo alle folle e le risveglia alla loro dignità umana, alla loro vocazione di fratelli nell'umanità e di figli di Dio! La vostra vita di intimità con il Signore sia all'altezza della vostra missione di Chiesa! Per sostenere i vostri sforzi personali e comunitari vi benedico di tutto cuore, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Ed ora voglio rivolgere dal cuore una parola ai pellegrini dell'Ovest della Francia che non hanno potuto partecipare all'udienza generale di Mercoledì scorso. Il turismo moderno comporta dei rischi... che certamente i responsabili della pastorale turistica qui presenti comprendono bene! Cari pellegrini, sono felice di incontrarvi e di esprimervi degli auguri. Attingete sempre nei ricordi di questo pellegrinaggio romano la gioia di appartenere sempre più al Cristo e alla sua Chiesa. E, secondo le vostre possibilità, date il meglio di voi stessi alla vita delle vostre comunità parrocchiali e diocesane! Vi benedico affettuosamente, voi e tutti i vostri cari.

Data: 1979-11-10

Data estesa: Sabato 10 Novembre 1979.





Commemorazione di Albert Einstein - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Armonia fra le verità della scienza e le verità della fede

Testo: Signori Cardinali, Eccellenze, Signore e Signori.

1. La ringrazio vivamente, Signor Presidente, delle parole ferventi e calorose indirizzatemi all'inizio del discorso. E mi compiaccio anche con Vostra Eccellenza come con i Signori Dirac e Weisskopf, tutti membri dell'illustre Accademia Pontificia delle Scienze, per questa solenne commemorazione della nascita di Albert Einstein Anche questa Sede Apostolica vuole rendere ad Albert Einstein il dovuto omaggio per il singolare eccelso contributo portato al progresso della scienza, ossia alla conoscenza della verità presente nel mistero dell'universo.

Io mi sento pienamente solidale col mio predecessore Pio XI, e con quanti si sono succeduti su questa Cattedra Apostolica, nel richiedere ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, e con essi a tutti gli scienziati, che "facciano progredire sempre più nobilmente e intensamente le scienze, senza domandare loro niente di più; perché in questo eccellente proposito e in questo nobile lavoro consiste la missione di servire la verità, di cui noi li incarichiamo..." (Pio XI, "In multis solaciis", 28 ottobre 1936: AAS 28 (1936) 424).


2. La ricerca della verità è il compito della scienza fondamentale. Il ricercatore che si muove su questo primo versante della scienza sente tutto il fascino delle parole di sant'Agostino: "Intellectum valde ama" (S. Agostino, "Epist. 120", 3, 13: PL 33, 459), ama molto l'intelligenza e la funzione che le è propria di conoscere la verità. La scienza pura è un bene, degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell'uomo nella sua intelligenza: essa deve essere onorata per se stessa, ancor prima delle sue applicazioni tecniche, come parte integrante della cultura. La scienza fondamentale è un bene universale, che ogni popolo deve poter coltivare con piena libertà da ogni forma di servitù internazionale o di colonialismo intellettuale.

La ricerca fondamentale dev'essere libera di fronte ai poteri politico ed economico, che debbono cooperare al suo sviluppo, senza intralciarla nella sua creatività o aggiogarla ai propri scopi. La verità scientifica, infatti, è, come ogni altra verità, debitrice soltanto a se stessa e alla suprema Verità che è Dio creatore dell'uomo e di tutte le cose.


3. Sul suo secondo versante la scienza si rivolge all'applicazione pratica, che trova il suo pieno sviluppo nelle varie tecnologie. La scienza nella fase delle sue concrete realizzazioni è necessaria all'umanità per soddisfare le giuste esigenze della vita e per vincere vari mali che la minacciano. Non v'è dubbio che la scienza applicata ha portato e porterà degli immensi servizi all'uomo, purché sia ispirata dall'amore, regolata dalla saggezza, "accompagnata dal coraggio che la difenda dall'indebita ingerenza di ogni potere tirannico. La scienza applicata deve allearsi con la coscienza, affinché nel trinomio scienza-tecnologia-coscienza sia servita la causa del vero bene dell'uomo.


4. Purtroppo, come ho già detto nella mia enciclica "Redemptor Hominis" (RH 15), "l'uomo d'oggi sembra essere sempre minacciato da ciò che produce... In questo sembra consistere l'atto principale del dramma dell'esistenza umana contemporanea". L'uomo deve uscire vittorioso da questo dramma, che minaccia di degenerare in tragedia, e deve ritrovare la sua autentica regalità sul mondo e il pieno dominio sulle cose che produce. Ora, come già scrivevo nella stessa encicliea "il senso essenziale della regalità, del dominio dell'uomo sul mondo visibile, a lui assegnato come compito dallo stesso Creatore, consiste nella priorità dell'etica sulla tecnica, nel primato della persona sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia" (Giovanni Paolo II, RH 16).

Questa triplice superiorità si mantiene in quanto si conservi il senso della trascendenza dell'uomo sul mondo e di Dio sull'uomo. La Chiesa, esercitando la sua missione di custode e vindice dell'una e dell'altra trascendenza, ritiene di aiutare la scienza a conservare la sua purezza ideale sul versante della ricerca fondamentale e ad assolvere il suo servizio all'uomo sul versante delle sue applicazioni pratiche.


5. La Chiesa, d'altra parte, riconosce volentieri di avere goduto di benefici che le provengono dalla scienza, alla quale, tra l'altro, si deve attribuire quanto il Concilio dice a proposito di alcuni aspetti della cultura moderna: "Anche la vita religiosa è sotto l'influsso delle nuove situazioni... un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica del mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige sempre più una adesione più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più acuto senso di Dio" (GS 7).

La collaborazione di religione e scienza torna a vantaggio dell'una e dell'altra, senza violare in nessun modo le rispettive autonomie. Come la religione richiede la libertà religiosa, così la scienza rivendica legittimamente la libertà della ricerca. Il Concilio ecumenico Vaticano II, dopo aver riaffermato col Concilio Vaticano I la giusta libertà delle arti e delle discipline umane, operanti nell'ambito dei propri principi e del proprio metodo, riconosce solennemente "la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze" (GS 59). Nell'occasione di questa solenne commemorazione di Einstein desidero riconfermare le affermazioni conciliari sull'autonomia della scienza nella sua funzione di ricerca della verità scritta nel creato dal dito di Dio. Piena d'ammirazione per il genio del grande scienziato, in cui si rivela l'impronta dello Spirito creatore, la Chiesa, senza interferire in alcun modo, e con un giudizio che non le compete, sulla dottrina concernente i massimi sistemi dell'universo, la propone pero alla riflessione di teologi, per scoprire l'armonia esistente tra la verità scientifica e la verità rivelata.


6. Signor Presidente! Lei nel suo discorso ha detto giustamente che Galileo e Einstein hanno caratterizzato un'epoca. La grandezza di Galileo è a tutti nota, come quella di Einstein; ma a differenza di questi, che oggi onoriamo di fronte al Collegio cardinalizio nel nostro palazzo apostolico, il primo ebbe molto a soffrire - non possiamo nasconderlo - da parte di uomini e organismi di Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi: "Ci sia concesso di deplorare - è scritto al n. 36 della costituzione conciliare "Gaudium et Spes" - certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro". Il riferimento a Galileo è reso esplicito dalla nota aggiunta, che cita il volume "Vita e opere di Galileo Galilei", di Monsignor Paschini, edito dalla Pontificia Accademia delle Scienze.

A ulteriore sviluppo di quella presa di posizione del Concilio, io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l'esame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito che potrà onorare la verità della fede e della scienza, e di schiudere la porta a future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio.


7. Mi sia lecito, Signori, offrire alla loro attenta considerazione e meditata riflessione, alcuni punti che mi appaiono importanti per collocare nella sua vera luce il caso Galileo, nel quale le concordanze tra religione e scienza sono più numerose, e soprattutto più importanti, delle incomprensioni che hanno causato l'aspro e doloroso conflitto che si è trascinato nei secoli successivi.

Colui che è chiamato a buon diritto il fondatore della fisica moderna, ha dichiarato esplicitamente che le due verità, di fede e di scienza, non possono mai contrariarsi "procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio" come scrive nella lettera al Padre Benedetto Castelli il 21 dicembre 1613 (Edition Nationale de oeuvres de Galilee, vol. V, 282-285). Non diversamente, anzi con parole simili, insegna il Concilio Vaticano II: "La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Iddio" (GS 36).

Galileo sente nella sua ricerca scientifica la presenza del Creatore che lo stimola, che previene e aiuta le sue intuizioni, operando nel profondo del suo spirito. A proposito della invenzione del cannocchiale, egli scrive all inizio del "Sidereus Nuncius", rammentando alcune sue scoperte astronomiche: "Quae omnia ope Perspicilli a me excogitati divina prius illuminante gratia, paucis abhinc diebus reperta, atque observata fuerunt". "Tutte queste cose sono state scoperte e osservate in questi ultimi giorni per mezzo del "telescopio" escogitato da me, in precedenza illuminato dalla grazia divina".

La confessione galileiana della illuminazione divina nella mente dello scienziato trova riscontro nella già citata costituzione conciliare della Chiesa nel mondo contemporaneo: "Chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene condotto dalla mano di Dio" (GS 36). L'umiltà richiamata dal testo conciliare è una virtù dello spirito necessaria tanto per la ricerca scientifica, quanto per l'adesione alla fede. L'umiltà crea un clima favorevole al dialogo tra il credente e lo scienziato e richiama l'illuminazione di Dio, già conosciuto e ancora ignoto, ma tuttavia amato, sia nell'un caso sia nell'altro, da chi umilmente ricerca la verità.


8. Galileo ha enunciato delle importanti norme di carattere epistemologico indispensabili per accordare la Sacra Scrittura con la scienza. Nella Lettera alla Granduchessa Madre di Toscana, Cristina di Lorena, Galileo riafferma la verità della Scrittura: "Non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che sia penetrato il suo vero sentimento, il qual non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole" (Edition Nationale des oeuvres de Galilée, vol. V, p. 315). Galileo introduce il principio di una interpretazione dei libri sacri, al di là anche del senso letterale, ma conforme all'intento e al tipo di esposizione propri di ognuno di essi. E' necessario, come egli afferma, che "i saggi espositori ne produchino i veri sensi".

La pluralità delle regole di interpretazione della Sacra Scrittura, trova consenziente il magistero ecclesiastico, che espressamente insegna, con l'enciclica "Divino Afflante Spiritu" di Pio XII, la presenza di diversi generi letterari nei libri sacri e quindi la necessità di interpretazioni conformi al carattere di ognuno di essi.

Le varie concordanze che ho rammentato non risolvono da sole tutti i problemi del caso Galileo, ma cooperano a creare una premessa favorevole per una loro onorevole soluzione, uno stato d'animo propizio alla composizione onesta e leale dei vecchi contrasti.

L'esistenza di questa Pontificia Accademia delle Scienze, di cui nella sua più antica ascendenza fu socio Galileo e di cui oggi fanno parte eminenti scienziati, senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa, è un segno visibile, elevato tra i popoli, dell'armonia profonda che può esistere tra le verità della scienza e le verità della fede.


9. Oltre la fondazione di questa Pontificia Accademia, la Chiesa ha voluto, per decisione del mio predecessore Giovanni XXIII, promuovere e premiare il progresso della scienza con l'istituzione della Medaglia Pio XI. Su designazione del Consiglio dell'Accademia sono felice di conferire questo alto riconoscimento a un giovane ricercatore, il Dottor Antonio Paes de Carvalho, che ha portato, con i suoi lavori di ricerca fondamentale, un contributo importante per il progresso della scienza e il bene dell'intera umanità.


10. Signor Presidente e Signori Accademici. Dinanzi agli Eminentissimi Cardinali qui presenti, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, agli illustri scienziati e Signori che partecipano a questa tornata accademica, io desidero dichiarare che la Chiesa universale, la Chiesa di Roma insieme a tutte le Chiese sparse nel mondo, attribuisce una grande importanza alla funzione della Pontificia Accademia delle Scienze.

Il titolo di Pontificia attribuito all'Accademia significa, come voi sapete, l'interesse e l'impegno della Chiesa, in forme diverse dall'antico mecenatismo, ma non meno profonde ed efficaci. Come ha scritto l'insigne compianto Presidente dell'Accademia Monsignor Lemaître: "La Chiesa ha forse bisogno della scienza? Certamente no! La croce e il vangelo le sono sufficienti. Ma al cristiano niente dell'umano è estraneo. Come la Chiesa avrebbe potuto disinteressarsi della più nobile delle occupazioni strettamente umane: la ricerca della verità?" (O.

Godard - M. Heller, Les relations entre la science et la foi chez Georges Lemaître, in "Pontificia Accademia Scientiarum, Commentarii". vol. III, n. 21, p. 7).

Nella vostra e mia Accademia collaborano insieme scienziati credenti e non credenti tutti concordi nella ricerca della verità e nel rispetto di tutte le fedi. Mi sia lecito citare ancora una luminosa pagina di Monsignor Lemaître: "Entrambi - lo scienziato credente e non-credente - si sforzano di decifrare il palinsesto di molteplici stratificazioni della natura dove le tracce delle diverse tappe della lunga evoluzione del mondo si sono sovrapposte e confuse. Il credente ha forse il vantaggio di sapere che l'enigma ha una soluzione, che la scrittura soggiacente è, alla fine dei conti, opera di un essere intelligente, dunque che il problema posto della natura è stato posto per essere risolto e che la sua difficoltà è indubbiamente proporzionale alla capacità presente o futura dell'umanità. Questo forse non gli darà nuove risorse nella sua indagine, ma contribuirà a mantenerlo in un sano ottimismo senza il quale uno sforzo costante non può mantenersi a lungo" (O. Godart - M. Heller, Les relatines entre la scienze et la foi chez Georges Lemaître, in "Pontificia Academia Scientiarum, Commentarii", vol. III, n. 21, p. 11).

Io auguro a tutti voi quel sano ottimismo di cui parla Monsignor Lemaître e che trae la sua origine misteriosa, ma reale, da Dio in cui avete riposto la vostra fede o dal Dio ignoto cui tende la verità, oggetto della vostra illuminata ricerca.

Che la scienza da voi coltivata, Signori Accademici e Signori Scienziati, sui versanti tanto della ricerca pura quanto della ricerca applicata, possa, col concorde aiuto della religione, aiutare l'umanità a ritrovare le vie della speranza e raggiungere le mete supreme della pace e della fede.

Data: 1979-11-10

Data estesa: Sabato 10 Novembre 1979.





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Grandi avvenimnenti ecclesiastici

Testo: Sorelle e fratelli carissimi! In questi giorni vi sono stati importanti avvenimenti ecclesiali di cui siete stati informati dagli strumenti della comunicazione sociale, e sui quali desidero riferirvi brevemente.

1. Anzitutto, la riunione plenaria del Collegio dei Cardinali, invitati a Roma per trattare alcuni problemi di grande rilievo per la Chiesa e per la Sede Apostolica.

Tale incontro ha certamente contribuito - come ho detto alla conclusione dei lavori - a percorrere una tappa importante sul cammino della "collegialità" e ad intensificare la rianimazione di quella meravigliosa istituzione, qual è il Collegio Cardinalizio, conforme alla sua natura ed alla sua tradizione.

In questo momento, desidero pubblicamente ringraziare i Cardinali che hanno affrontato disagi e sacrifici per venire a Roma da tutte le parti del mondo e hanno dato, con i loro saggi e concreti interventi, validi elementi per lo studio dei menzionati problemi.


GPII 1979 Insegnamenti - Alla "plenaria" del Sacro Collegio - Città del Vaticano (Roma)