GPII 1979 Insegnamenti - Al Consiglio Generalizio dei Redentoristi - Città del Vaticano (Roma)

Al Consiglio Generalizio dei Redentoristi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rinnovato sforzo missionario nella fedeltà a sant'Alfonso

Figli carissimi,

1. Il mio animo si apre al più cordiale saluto nell'accogliervi a questa udienza speciale, che avete sollecitato con amabile insistenza e che stamani ho la gioia di potervi finalmente concedere, dopo qualche dilazione imposta dagli impegni pastorali di queste settimane. Sono lieto di rivolgere, innanzitutto, le mie sincere felicitazioni al Reverendissimo Padre Joseph Pfab, che la stima dei Confratelli partecipanti al recente Capitolo Generale ha riconfermato nell'incarico di Superiore Generale; e saluto, poi, affettuosamente tutti voi che, in qualità di suoi Consiglieri, siete stati chiamati a recare il vostro valido contributo al governo dell'intera Congregazione.

Sono certo che avete fatto un buon lavoro, insieme con gli altri Padri capitolari, durante le intense giornate di confronto e di riflessione del menzionato Capitolo Generale, grazie anche ai dati forniti dalla precedente consultazione delle singole Comunità. Le decisioni che sono state assunte dopo aver pensato e pregato, non possono, pertanto, mancare di offrire un contributo determinante al consolidamento dei risultati già raggiunti, al superamento delle difficoltà attualmente avvertite, alla migliore impostazione dell'impegno comunitario per il prossimo futuro.


2. Ho visto con piacere, a questo proposito, che vi siete preoccupati di interrogarvi con lucida franchezza circa il fine primario del vostro Istituto, fine che sant'Alfonso fisso nell'annuncio della Parola di Dio "alle anime più abbandonate". Saggiamente, infatti, ha ricordato il Concilio che un autentico rinnovamento della vita religiosa non si ha senza un "ritorno alle fonti", e vi è nota la norma che i Padri formularono in questa materia: "Fedelmente si interpretino e si osservino lo spirito e le finalità proprie dei Fondatori come pure le sane tradizioni, poiché tutto ciò costituisce il patrimonio di ciascun Istituto" (PC 2).

Consapevoli di ciò, voi avete cercato di mettere a fuoco il significato preciso dell'evangelizzazione nel mondo d'oggi, e vi siete chiesti quali debbano considerarsi i "poveri" e gli "abbandonati" nel nostro contesto sociale, così da stabilire delle "priorità d'impegno", verso le quali orientare, pur nel rispetto d'un legittimo pluralismo, lo sforzo missionario della Congregazione. Ciò era necessario per evitare inutili dispersioni di energie, e per mantenere alla Congregazione la fisionomia che sant'Alfonso le diede e che il popolo cristiano ha così chiaramente dimostrato di apprezzare nel corso dei secoli.

Al riguardo, vorrei in particolare attirare la vostra attenzione sull'opportunità di dare nuovo impulso alle missioni tradizionali, le quali - come ho detto anche nel Documento recente sulla catechesi - si rivelano, se condotte secondo criteri conformi alla mentalità moderna, uno strumento insostituibile per il rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana (cfr. Giovanni Paolo II, CTR 47). Sant'Alfonso, come ben sapete, vi riponeva grandissima fiducia.


3. Desidero, inoltre, rilevare che la vostra azione pastorale a servizio delle "anime più abbandonate", mediante l'esplicita proclamazione della Parola di Dio, raggiungerà efficacemente i suoi scopi, se avrà cura di attenersi a due criteri di fondo, fissati nelle vostre Costituzioni: quello della "comunitarietà" della programmazione ed esecuzione delle iniziative apostoliche (cfr. "Constitutiones", 2; 21; 45) e quello dell'apertura, pronta e disponibile, ai suggerimenti e alle richieste dell'Ordinario diocesano (cfr. "Constitutiones", 18). L'evangelizzazione non è stata affidata al singolo, ma alla Chiesa (cfr. par.) ed è quindi essenziale che essa si attui in piena sintonia con le direttive di coloro che hanno avuto da Cristo il compito di "pascere" il gregge dei fedeli: sintonia quanto al contenuto della predicazione e sintonia nelle espressioni concrete dell'impegno apostolico. Le difficoltà opposte dal mondo odierno al fermento evangelico hanno reso sempre più necessaria un'organica programmazione dell'attività pastorale che, utilizzando razionalmente tutte le forze disponibili nell'ambito della Chiesa locale, ne assicuri l'opportuno coordinamento e la massima incisività.


4. Resta, tuttavia, fuori di dubbio che, quando si tratta della conversione delle anime, qualsiasi progetto programmatico, per quanto intelligente, qualsiasi dispiegamento di forze, per quanto imponente, non hanno rilevanza alcuna, se non interviene l'azione di Colui "qui incrementum dat" (1Co 3,7). Questa azione trasformatrice della grazia, peraltro, è solitamente impetrata dalla santità della vita di colui che annuncia il Vangelo. Solo quando l'annunciatore è anche un testimone, la sua parola fa breccia nei cuori. Il vostro fondatore questo ha ribadito tante volte nei suoi scritti e questo ha dimostrato in modo inequivocabile con l'esempio della vita.

Non è, pertanto, necessario spendere parole per sottolineare l'importanza dell'impegno ascetico, che gli antichi qualificavano, con espressione suggestiva, "studium deificum". Mette conto, semmai, di ricordare il contributo fondamentale che, al progresso nella virtù, reca la "vita comune", se accettata generosamente in tutte le dimensioni previste dalle Costituzioni. Creare una convivenza veramente fraterna e responsabile, basata sulla fede e alimentata costantemente alle sorgenti della preghiera personale e comunitaria, è un dovere al quale nessuno può sottrarsi: ne va del bene suo, di quello della Congregazione e, in definitiva, del bene stesso delle anime.


5. Diletti figli, che dal nome santissimo del Redentore traete la qualifica che distingue il vostro Istituto, al termine di questo incontro tanto spontaneo e cordiale, desidero lasciarvi una parola in particolare, quasi a ricordo e a spirituale consegna: fate spazio nel vostro animo a Cristo Redentore, così che egli diventi sempre più il naturale centro dei pensieri, il polo magnetico degli affetti, la ragione ultima di ogni scelta di vita. Accompagno l'augurio con una speciale benedizione apostolica, che estendo con affetto paterno a tutti i vostri Confratelli sparsi in ogni regione del mondo.

Data: 1979-12-06

Data estesa: Giovedì 6 Dicembre 1979.

Agli alunni del Venerabile Collegio Inglese - Roma

Titolo: Siete chiamati a testimoniare la vitalità della gioventù

Testo: Fratelli e figli in Cristo Gesù.

Sono venuto a celebrare con voi il quarto centenario del Venerabile Collegio Inglese, a commemorare con voi e i vostri concittadini in Patria i quattro secoli in cui la fede cattolica è stata vissuta qui da giovani che si preparano al sacerdozio. Da questo storico edificio nella città di Roma, quei giovani uomini sono partiti come sacerdoti per trasmettere la fede a generazioni di fedeli in Inghilterra e nel Galles.

In questa sacra celebrazione della Liturgia Eucaristica desidero rendere omaggio a questa fede salvifica in Gesù Cristo e rendere onore a tutti coloro che hanno ancorato la propria vita a questa fede, e tenendo lo sguardo fisso a Cristo, il Figlio di Dio, hanno fatto ferma professione della loro fede (cfr. He 12,2 He 4,14).

La viva fede in Gesù Cristo è stato il saldo fondamento di questo Collegio e di tutte le sue attività fin dal tempo del suo stabilirsi, per opera del mio predecessore Gregorio XlII, attorno al 1579. I vostri predecessori qui, uomini di fede, continuano ad ispirarvi con l'esempio della loro vita. La vostra è una grande eredità; un intero "martyrum candidatus exercitus" onora l'inizio del vostro Collegio, e abbraccia un intero secolo dal tempo di san Ralph Sherwin nel 1591 fino a san David Lewis nel 1679. Supremi testimoni della fede, questi Martiri parlano a voi oggi da questa cappella e da ogni angolo di questa casa. E la stessa Chiesa avvalora la loro testimonianza e vi esorta: "considerando l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede" (He 13,7).

E così, cari fratelli e figli, questo momento di gioiosa celebrazione e solenne commemorazione divenga un tempo di riflessione pieno di preghiera e un giorno di sfida per il resto della vostra vita. Come i vostri predecessori, voi stessi siete chiamati ad essere sacerdoti di Gesù Cristo, servitori del suo Vangelo e testimoni davanti al vostro popolo dell'autentica fede cattolica trasmessa dagli Apostoli, proclamata dal Magistero della Chiesa e custodita dai martiri e dai confessori di tutti i tempi. Con la parola e con l'esempio voi siete chiamati a dare la vostra testimonianza cattolica in questo frangente della storia. Dio vi chiama qui ed ora, nelle attuali circostanze della Chiesa e del mondo. Cristo e la sua Chiesa vi sollecitano dunque a raccogliere la sfida di quest'ora, non soltanto sulla base della vostra individuale abilità o della mera saggezza umana, ma per la potenza del Vangelo. Con le parole di san Paolo voi dovete imbracciare lo scudo della fede, l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio (cfr. Ep 6,16-17). La vostra testimonianza individuale e collettiva della fede può essere fondamentale come quella resa dai vostri Martiri: una testimonianza resa alla Chiesa universale, una testimonianza che guadagnerà altre persone a Cristo, una testimonianza che non cederà quando - come afferma Gesù nel Vangelo - cade la pioggia, straripano i fiumi, soffiano i venti e la casa viene distrutta (cfr. Mt 7,27).

Proprio in virtù del fatto che siamo rivestiti dell'armatura di Dio e siamo radicati nella fede, noi sentiamo fortemente la presenza del Signore e la forza della sua potenza, pronti a proclamare tutto il mistero del Vangelo e a rendere testimonianza, nella continuità della presente generazione, alla pienezza della verità cattolica.

Questa è la prima parte della vostra sfida di oggi: essere testimoni della fede. Siete chiamati da Cristo e sarete mandati dalla sua Chiesa, per una missione ecclesiale, a rendere testimonianza alla fede in luoghi in cui forse non avreste mai immaginato di andare, in un modo che non avreste mai pensato. Ma l'apertura, la prontezza e la calma sono quanto voi avete imparato dalla storia del vostro Collegio, e in particolare dalla vita dei vostri Martiri. Ed oggi in questa Liturgia, Isaia rivolge a ciascuno di voi giovani la sua esortazione profetica: "confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna" (Is 26,4). Io ripeto a voi queste parole: Confidate nel Signore; confidate nel Signore per poter adempiere al vostro ruolo di testimoni della fede, della fede in Gesù Cristo.

E' altresi doveroso osservare che allo stesso modo voi siete chiamati ad essere testimoni in questa generazione della vitalità della gioventù della Chiesa, per rendere testimonianza della forza e dell'efficacia della grazia di Cristo che cattura i cuori dei giovani di oggi. Il mondo ha bisogno di prove concrete che Cristo può attrarre a sé la presente generazione. E voi dovete dimostrare che avete compreso il significato della vita attraverso l'amore di Cristo e della sua chiamata. Siete chiamati ad essere testimoni del fatto che, tra le mille e una attrazioni e opzioni offerte dal mondo moderno, voi siete stati "afferrati" da Cristo, al punto da rinunciare a tutto il resto, per poter diventare suoi compagni e discepoli; per poter abbracciare la sua missione e, ultimamente, la sua Croce; e per poter conoscere la potenza della sua Risurrezione.

La considerazione di essere testimoni della forza della grazia di Cristo ci porta naturalmente a qualcosa che sta al vertice della nostra vera essenza: la nostra libertà. Soltanto attraverso l'esercizio di tale libertà - grande dono di Dio a noi - noi possiamo adeguatamente rispondere al suo invito, alla chiamata della sua grazia, all'amore che egli ci offre. Per ciascuno di voi la sfida del presente è questa: consegnare il cuore e la volontà a Cristo sotto l'azione dello Spirito Santo, consegnare voi stessi liberamente e totalmente e incessantemente a Cristo. Il Signore Gesù chiede la risposta della vostra libertà, l'offerta della vostra libertà. E le parole del Salmo vi permettono di ripetere: "Pronto è il mio cuore, o Dio, pronto è il mio cuore" (Ps 57,7).

Cari fratelli e figli: voi siete dunque chiamati a dare testimonianza della vostra fede cattolica in tutta la sua purezza; siete chiamati a testimoniare la vittoria dell'amore di Cristo, non come una forza astratta ma che raggiunge la vostra vita e consacra la vostra stessa libertà. Per tutti voi questo è infatti un momento di grande fede. Egli che inizio in voi quest'opera buona - che inizio l'opera buona di questo Collegio quattrocento anni fa - è sicuramente capace di portarla al compimento (cfr. Ph 1,6) con la potenza dello Spirito, per la gloria del suo nome, per l'onore del suo Vangelo e per il bene della Chiesa intera.

Maria, la Regina dei Martiri, la Vergine Fedele, che stette al fianco dei vostri Martiri e di tutti i vostri predecessori, accompagnerà ciascuno di voi, perché la vostra testimonianza sia autentica nella fede e nella santità. Essa vi assisterà nel vostro ruolo di veri discepoli di suo Figlio, membri fedeli della Chiesa, diligenti studenti del Concilio Vaticano II e di tutti i precedenti Concili. In special modo raccomando alla sua intercessione la testimonianza di verità e di amore che siete chiamati a dare ai vostri fratelli anglicani, nel dialogo provvidenziale - da sostenere con la preghiera e la penitenza - diretto alla restaurazione della piena unità in Gesù Cristo e nella sua Chiesa.

E così, ancorati nella fede e impegnati alla santità della vita, guardate avanti con lieta fiducia alla nuova stagione del vostro Collegio.

Sacrificio e generosità, preghiera e studio, umiltà e disciplina avranno un grande ruolo nel vostro futuro, come lo ebbero per il passato. Innumerevoli uomini, donne e bambini guarderanno a voi per scoprire Cristo. Dalla profondità del loro essere essi chiederanno a voi con le parole del Vangelo: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Come l'apostolo Filippo voi dovete mostrare al mondo Gesù - Gesù e nessun altro -, perché non esiste salvezza in un altro nome (cfr. Ac 4,12). Del resto voi potete chiaramente constatare che la sorte della vostra madrepatria è legata al successo della missione di questa istituzione. Il contributo che voi darete al mondo dipende dal modo con cui voi darete testimonianza alla fede e alla forza della grazia di Cristo nelle vostre vite.

Miei amati fratelli, figli ed amici: dopo quattrocento anni questo Collegio è ancora, per la grazia di Dio, attivo come lo fu nel passato, e ciò che rappresenta è più che mai significativo. E continuerà ad esserlo, posto che voi continuate a mettere in pratica ciò che lo stesso Gesù vi comanda dicendo: Predicate il mio Vangelo. annunciate la mia Parola. Rinnovate il mio Sacrificio.

Si, siate miei testimoni. Rimanete nel mio amore, oggi e sempre.

Amen.

Data: 1979-12-06

Data estesa: Giovedì 6 Dicembre 1979.

Al centro Femminile Italiano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate esempi viventi di un progetto credibile di donna

Testo: Dilettissime figlie.

Voglio innanzitutto manifestarvi la profonda gioia di potermi oggi incontrare con voi, Responsabili del Centro Femminile Italiano e qualificate rappresentanti delle donne italiane. Vi saluto tutte molto cordialmente e vi ringrazio per aver desiderato questo appuntamento; esso mi offre l'occasione di conoscere maggiormente voi ed il vostro movimento, che tanto opera nella realtà concreta del caro popolo italiano.

1. So di rivolgermi a persone particolarmente impegnate, e vi esprimo subito la mia considerazione e la mia stima sincera. Voi agite in un contesto socio-culturale, qual è quello del nostro tempo, insieme difficile e promettente, che ci si presenta tanto denso di fermenti, sempre vivaci ma non sempre positivamente fecondi. Mi pare, infatti, che l'odierna società, nella quale ci troviamo a vivere e ad operare, soffra di una crisi di crescita. Essa, da una parte offre esempi incoraggianti di rinnovata tensione verso traguardi di giustizia, di comunione vicendevole, di più alto livello umano di vita; cresce il senso della solidarietà, dell'interdipendenza, congiunto ad una sana richiesta di rispetto della propria identità e dei propri valori. Eppure, d'altra parte, non sono infrequenti le manifestazioni irrazionali di egoismo spinto fino al libertinaggio e alla violenza; agiscono con successo forze tendenti alla disgregazione dei tessuti sociali connettivi, si esaltano forme tali di cosiddetta riappropriazione della vita, che portano invece alla distruzione propria e altrui.

Ci troviamo di fronte alla generosità inficiata dall'orgoglio, a forme di vero altruismo coesistenti con un individualismo sfrenato, a conclamati propositi di difesa della vita, e persino dell'ecologia, posti in stridente associazione con reali tentativi di umiliarla e di soffocarla.

Dico questo pensando all'invito biblico: "Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono" (1Th 5,21); nel mondo, infatti, dobbiamo essere "semplici come le colombe", ma anche "prudenti come i serpenti" (Mt 10,16).


2. In una società siffatta la Chiesa ha una sua funzione precisa, che essa ha ricevuto "per edificare e non per distruggere" (2Cor13,10), cioè per favorire una crescita ordinata e completa verso la sua piena maturità. In questo processo delicato ma decisivo la Chiesa riconosce alle donne un apporto essenziale. Essa attende da loro un impegno e una testimonianza non ambigui in favore di tutto ciò che fonda e costituisce la vera dignità dell'uomo, la sua riuscita a livello personale e comunitario, e perciò la sua felicità più profonda. Le donne, infatti, hanno da Dio un proprio carisma nativo, fatto di acuta sensibilità e di fine percezione della misura, di senso del concreto e di provvidenziale amore per ciò che è allo stato germinale e quindi bisognoso di cure premurose. Sono tutte qualità volte a favorire la crescita umana. Ebbene, io chiedo a voi di trasporre l'esercizio di queste preziose qualità dalla sfera del privato a quella pubblica e sociale, e di farlo con sapiente responsabilità: sopperendo a deficienze altrui, correggendo deviazioni, incoraggiando e promovendo i fattori di comune vantaggio e utilità.


3. Mi pare di vedere che il vostro impegno si può svolgere in due ambiti diversi e complementari. In primo luogo è lo stesso mondo femminile che ha bisogno di un modello sano ed equilibrato di donna integrale. Si tratta di far valere giusti diritti, cosicché ogni donna possa onestamente inserirsi nella società, sia umanamente che professionalmente, al di là di ogni paura e discriminazione. Ma occorre pure guardarsi dal permettere che rivendicazioni e proposte, giustissime in partenza, cedano poi il posto a degenerazioni di esacerbata polemica o di arbitraria e innaturale proclamazione. Non è lecito introdurre elementi di rottura là dove il Creatore ha previsto e voluto l'armonia umanamente più alta.

In secondo luogo, voi avete anche un compito da assolvere nel quadro più vasto della società, per quanto riguarda la posizione da assumere nei confronti della sua impostazione generale, in particolare circa i problemi della famiglia. A questo proposito, mi compiaccio con voi per la vostra sollecitudine e per il vostro atteggiamento concernente la problematica della preparazione al matrimonio e della difesa della vita fin dal suo concepimento, sia nel costume, che tanto influsso ha nella formazione soprattutto delle giovani generazioni, sia nella legislazione, dovendo essere la legge non una mera rilevazione di ciò che accade, ma un modello e uno stimolo per ciò che deve essere compiuto. La Chiesa è profondamente convinta che la saggezza di una legislazione si dimostra massimamente là dove si assumono le difese più energiche dei membri più deboli e indifesi, a partire dai primi istanti di vita. Pertanto, ogni cedimento in questa materia non può avvenire che a danno della stessa umana dignità. E inoltre, pur nel rispetto e persino nell'amore verso tutti, occorre guardarsi da posizioni compromettenti di acquiescenza a forze ideologiche in contrasto con la fede cristiana.

Tra i membri più deboli della società ci sono anche i bambini, i malati, gli anziani, i disoccupati, i privi di cultura, e in genere tutti coloro che sono esposti a sfruttamenti e sopraffazioni varie. Ogni iniziativa, che voi intraprendete e realizzate in questi settori, è certamente degna di attenzione o di sostegno. Una cosa è certa: c'è una coerenza cristiana anche nella vita pubblica; chi è cristiano lo deve essere sempre, a tutti i livelli, senza tentennamenti, senza cedimenti; nei fatti, e non solo nel nome.


4. Da parte mia, vi incoraggio e vi esorto vivamente a proseguire sulla vostra strada, che è fatta di aggiornato e responsabile servizio alla società italiana: tanto sul piano di una saggia sensibilizzazione della pubblica opinione, quanto soprattutto su quello di una concreta promozione umana a livello culturale, sociale e assistenziale. Siate sempre portatrici di dignità, che non sia presunzione; di amore, che non sia qualunquismo; di pace, che non sia rassegnazione. E che il vostro impegno parta sempre da convinzioni interiori saldamente radicate e gioiosamente vissute. Siate voi stesse, prima di tutto, in senso sia individuale che associativo, degli esempi viventi e proponibili di un progetto credibile di donna, che realizzi in sé, o almeno si sforzi di realizzare, quanto di meglio la natura umana e la rivelazione cristiana hanno da offrire in proposito.

A questi auguri veramente cordiali, aggiungo volentieri la mia benedizione apostolica, come segno della mia benevolenza e come auspicio del conforto celeste per voi, per le componenti del vostro Centro e per tutte le donne italiane.

Data: 1979-12-07

Data estesa: Venerdì 7 Dicembre 1979.





Ai giuristi cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rispetto della persona nei rapporti tra pubblico e privato

Testo: Illustri Signori e figli carissimi!

1. Saluto con deferenza ed affetto la vostra "Unione", che celebra in questi giorni il suo XXX Convegno Nazionale di studio su di un tema di grande attualità: "La dimensione sociale nell'alternativa tra il pubblico e il privato".

Desidero, innanzitutto, esprimere la mia gioia per la gradita opportunità, che questa vostra visita mi offre, di prender contatto col vostro benemerito Sodalizio e di testimoniare il mio apprezzamento per l'impegno ch'esso pone nel favorire lo studio e l'approfondimento dei problemi del mondo contemporaneo alla luce dei principi cristiani.

Un'associazione professionale, che si fregia della qualifica di "cattolica", è infatti innanzitutto un luogo privilegiato, in cui i laici prendono coscienza di essere parte viva della Chiesa e ne traggono le doverose conseguenze, assumendo responsabilmente il compito di animare cristianamente il settore specifico della loro professione.

Ciò suppone, com'è ovvio, il previo esame dei problemi via via emergenti, l'attenta analisi delle loro componenti, il tentativo di una sintesi, che sia il più possibile comprensiva di ogni aspetto di verità in essi implicato.

Da tale sforzo, condotto con rigore ed onestà intellettuale, potranno derivare delle proposte serie e ponderate, capaci di offrire una soluzione equilibrata ed armoniosa alle istanze umane in gioco.


2. E' quanto voi lodevolmente vi proponete di fare in questo vostro Convegno per il problema particolarmente complesso dei rapporti tra pubblico e privato. La scelta di tale tema deve riconoscersi quanto mai opportuna. A ben guardare, infatti, quello dei rapporti tra pubblico e privato costituisce un punto nodale nell'esperienza dell'umanità di oggi che, mentre in certi Paesi si incontra con ordinamenti giuridici in cui il pubblico primeggia fin quasi ad annullare il privato, in altri si trova, invece, ad agire entro sistemi giuridici che al privato ed agli interessi individuali subordinano esigenze ed interessi collettivi anche fondamentali.

Purtroppo, tanto nell'una impostazione quanto nell'altra, è sempre l'uomo che viene sacrificato nella sua dimensione privata o in quella sociale dall'uso del potere legislativo come strumento di dominio - dell'individuo o della collettività - anziché come strumento di giustizia.

E' urgente, pertanto, che si reagisca a certe correnti d'opinione unilaterali e deformanti e che si ponga coraggiosamente argine al fenomeno preoccupante della espropriazione pubblicistica del privato, da una parte, e della prevaricazione privatistica del pubblico, dall'altra.


3. Il criterio, col quale orientarsi nella complessa materia, è fondamentalmente uno soltanto: quello del rispetto della persona umana. E' ciò che ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II, asserendo, sulla scorta della costante tradizione precedente, che "principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana" (GS 25).

La persona, infatti, "significat id quod est perfectissimum in tota natura" (S. Tommaso, "Somma Teologica", I 29,3), secondo l'efficace formulazione di san Tommaso, che la dottrina successiva non ha cessato di scandagliare. L'intelligenza, di cui l'uomo è dotato, lo pone al di sopra di tutte le creature del mondo visibile, e fonda la sua peculiare dignità, facendone un essere "naturaliter liber et propter seipsum existens" (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II 64,3). E' precisamente da tale superiore dignità che deriva anche la conseguenza secondo cui il corpo sociale e il suo ordinamento hanno ragione di mezzo rispetto all'uomo, come puntualmente ha rilevato il Dottore Angelico: "L'uomo è ordinato alla comunità politica secondo tutto se stesso né secondo tutte le cose sue" (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II 21,4, ad 3).

Ciò non toglie, tuttavia, che per la piena realizzazione di se stesso, l'uomo abbia bisogno dell'apporto della comunità, sia perché solo nell'incontro con gli altri egli può rivelarsi totalmente a se stesso, sia perché al di fuori di un adeguato contesto sociale, il contesto che suole designarsi col termine di "bene comune", non gli sarebbe possibile sviluppare e portare a maturazione le virtualità, che egli reca entro di sé. Di qui il suo essere ordinato "secundum quid" alla comunità (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II 47,10).

La persona, quindi, dice ordine al bene comune, perché la società, a sua volta, è ordinata alla persona ed al suo bene, essendo entrambi subordinati al fine supremo, che è Dio. E' risalendo a questi supremi principi che può trovarsi la luce necessaria per impostare rettamente i rapporti tra sfera privata e pubblica e per superare gli eventuali contrasti emergenti.


4. Se la comunità umana sta attraversando una crisi profonda, tanto da compromettere valori fondamentali sui quali, nel passato, si è cercato faticosamente di costruire una convivenza civile, ciò si deve all'oscurarsi nel costume e nella legislazione della dignità della persona umana e delle istanze irrinunciabili, che da tale dignità logicamente scaturiscono.

Si rivela, pertanto, di somma importanza che i cattolici - e tra di essi specialmente coloro che, come voi, svolgono la loro attività nel delicato settore del diritto - sentano profondamente l'impegno di recare il proprio contributo all'affermazione e alla tutela della dignità della persona, considerata in tutta la multiforme ricchezza della sua esistenza spirituale e materiale. Servire l'uomo e non una ideologia, questa dev'essere la norma orientatrice dell'attività tanto dei singoli quanto dello Stato.


5. Sono certo che il vostro impegno si muove in questa direzione e, nel congratularmi con voi per quanto avete fatto negli anni trascorsi, esprimo l'augurio che i lavori del vostro attuale Convegno sappiano offrire, nella spinosa materia in esame, risposte sagge e chiarificatrici, tali cioè da soddisfare alle attese delle persone oneste e pensose del vero bene della Nazione.

Mentre invoco su di voi e sulla vostra fatica l'assistenza dell'Onnipotente, affido la mia preghiera all'intercessione di Colei che ci apprestiamo a celebrare nel primordiale candore della sua "Immacolata Concezione", a lei chiedendo di guidarvi nella comune riflessione di questi giorni e di sostenervi, poi, nell'adempimento dei vostri rispettivi compiti, in coerente adesione ai valori cristiani professati.

Con questi voti, concedo di cuore a voi qui presenti e a tutti quelli che qui rappresentate l'apostolica benedizione, pegno della mia benevolenza ed auspicio di copiosi favori celesti.

Data: 1979-12-07

Data estesa: Venerdì 7 Dicembre 1979.





Ai maestri cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare Cristo con l'esempio della vita

Testo: Carissimi fratelli dell'Associazione Italiana Maestri Cattolici!

1. Nel ricevervi oggi in udienza speciale e nel dare in tal modo positiva risposta all'amabile lettera del vostro Presidente, grande è la mia gioia e sincero è il compiacimento, perché mi è dato di conoscere da vicino un'altra fiorente Associazione professionale di ispirazione cristiana. Accogliendo voi, infatti, non posso non ricordare l'incontro che ebbi, all'inizio del mese scorso, con i rappresentanti dell'UCIIM, cioè dell'Associazione degli Insegnanti Medi, in occasione del loro Convegno nazionale. E mi riesce facile e quasi naturale stabilire, per così dire, un collegamento tra i due Sodalizi, non soltanto per l'analoga circostanza che vede anche il vostro riunito a Congresso, ma soprattutto per il fatto che l'uno e l'altro è composto da persone che hanno compiuto una sicura scelta di fede, e per la ragione, altresi, che l'uno e l'altro opera nella scuola e per la scuola.


2. Parlai allora degli alunni (i cosiddetti, "teen-agers"), che sono affidati, per la loro necessaria formazione, a quei professori per un periodo d'importanza decisiva nella vita. Ma che diro dei vostri alunni, dei piccoli bambini e bambine che a voi sono "consegnati" dai genitori fin dalla più tenera età, nella freschezza della loro innocenza, per essere gradualmente accompagnati e sapientemente guidati fino alla Scuola Media? Se nel caso dei Colleghi dell'UCIIM la responsabilità è davvero grande per l'obiettiva rilevanza dell'età, che come dissi allora "media" il passaggio dalla fanciullezza alla prima maturità, essa non è certo minore nel vostro caso, perché l'età dei vostri alunni è e resta fondamentale nella vita: non per nulla il settore, in cui voi lavorate, è denominato scuola di base. Ne risulta una specifica responsabilità, la quale vi impegna di fronte ai genitori e alla società civile, e prima ancora, direi, di fronte alla vostra coscienza e, quindi, a Dio "che scruta il cuore e la mente" (Jr 11,20 cfr. Ac 1,24 Rm 8,27 Ap 2,23).

Vedete: noi dobbiamo fare molta attenzione ai termini che usiamo. Già avviando il discorso, ho parlato di "affidamento", di "consegna", di "guida" e di "accompagnamento", per arrivare al concetto riassuntivo ed eminentemente morale della responsabilità. Il lavoro pedagogico voglio dire si qualifica immediatamente, originariamente, per l'intrinseca sua funzione del "condurre i fanciulli", del "prender per mano" i minori, al fine di insegnar loro a camminare nel sentiero della vita. Di questa funzione e del modo, in cui la esercitate, siete tenuti a rispondere: ecco perché il vostro lavoro, cari amici e fratelli che mi ascoltate, è propriamente una missione, che tocca per sua natura la sfera etico-religiosa. Voi siete uomini che aiutate i ragazzi ancora piccoli a divenire uomini: è questo un contatto che avviene direttamente tra persone. E' evidente, pertanto, come esso esiga da voi delicatezza, impegno, fedeltà, dedizione e, per ciò stesso, un alto senso di responsabilità.


3. State celebrando il Congresso nazionale per approfondire un tema, che avete già ampiamente discusso nelle numerose assemblee di sezione e nei congressi provinciali, prima dell'elezione dei delegati, A questo proposito, io desidero congratularmi per la scelta da voi fatta, perché, considerando i non pochi problemi emergenti sia per le innovazioni legislative, sia per il moto incessante delle trasformazioni socio-culturali, avete voluto dar rilievo e concentrare la riflessione sulla professionalità del docente nella scuola di base. Che cosa significa tutto questo? Prima degli elementi propriamente tecnici, che sono contenuti nel concetto di professionalità, prima dell'analisi verifica del rapporto fra tipo di lavoro e competenza, voi avete riaffermato un'indeclinabile, obiettiva esigenza, la quale e anch'essa di ordine morale: la necessaria preparazione. La missione educativa poggia, deve poggiare su una solida preparazione, e questa non si improvvisa, né si ottiene con uno studio superficiale, né può dirsi acquisita "semel pro semper". Al contrario, essa deve essere un fatto permanente e tradursi in uno sforzo quotidiano e perseverante. Non parliamo, forse, per tutti gli alunni della scuola di un'educazione permanente, cioè di un'azione continuata nel tempo, senza interruzioni ed abbandoni? Ad un tale impegno deve corrispondere parallelamente il dovere della preparazione permanente da parte degli insegnanti: bisogna, insomma, formarsi per formare; bisogna mantenersi aggiornati per poter insegnare efficacemente; bisogna raggiungere un adeguato livello intellettuale e morale per elevare anche la mente e il cuore dei fanciulli.

E' per questo motivo che, ravvisando tali elementi nel vivo della tematica congressuale sulla professionalità, me ne compiaccio pubblicamente dinanzi a voi, mentre auguro che il miglioramento qualitativo, al quale mirate nella vostra attività di maestri, determini un simultaneo, felice, integrale sviluppo dei vostri allievi. Potrete contribuire così al superamento delle non lievi difficoltà, che dalla società circostante si riflettono - com'è noto - all'interno della Scuola.


4. Sta ormai per concludersi l'"Anno Internazionale del Fanciullo", che ha suscitato in ogni parte del mondo un precipuo interesse per le esigenze, le attese, i diritti dell'infanzia e ha favorito l'avvio di non poche iniziative culturali, educative, assistenziali e legislative. Vorrei allora chiedere: che cosa può e deve fare il Maestro Cattolico in ordine, non tanto a tale circostanza celebrativa, quanto alla vasta problematica che essa ha riproposto? Tenuto conto del valore dell'aggettivo qualificativo che sta accanto al vostro nome, a me sembra che la risposta debba essere questa: il maestro cattolico, con un rinnovato sforzo di buona volontà, deve adoperarsi per far crescere, negli alunni della sua scuola, quei semi evangelici - li nomino rapidamente: la fede in Dio creatore, l'ammirazione per le cose da lui create, l'amore per i fratelli, le virtù della semplicità, dell'umiltà, della mitezza, dell'obbedienza, ecc. - che, come configurano l'ideale educativo cristiano, così si integrano e si armonizzano, senza alcuna forzatura, con le diverse discipline di studio e con l'ideale stesso di un'educazione autenticamente umana.


5. C'è stato, nella vita di ciascuno di noi, il periodo dell'infanzia: periodo lieto e sereno, che tanto spesso si ripresenta al nostro spirito unitamente ai più cari ricordi. E quante volte, accanto all'immagine dei genitori, noi evochiamo quella del nostro maestro o della nostra maestra delle scuole elementari? C'è una ragione profondamente psicologica in questo tornar della mente alla prima età e in questa associazione di memorie. Il maestro è stato per noi non soltanto colui che ci ha trasmesso tante utili cognizioni, ci ha insegnato a leggere e a scrivere: egli è stato per noi, a fianco di altre persone, una presenza tipica, che ha incarnato dinanzi ai nostri occhi sognanti l'immagine dell'uomo, dell'amico e del benefattore. Egli è stato per noi come un fratello maggiore! E' necessario tener presente un tale dato di ordine interiore e personale, per ravvivare, cari fratelli, la funzione nobilissima che a voi è demandata. Se questa consapevolezza sarà sempre desta, non vi mancherà allora il coraggio necessario per superare gli ostacoli di questi anni difficili e per corrispondere a quel "ritratto" che voi stessi, per l'esperienza di quando eravate fanciulli, portate nel vostro cuore. Sono un maestro: dunque, debbo essere d'esempio - un esempio vivente e credibile di sapere e di virtù - per i miei piccoli alunni. Sono un maestro cattolico: dunque, il dovere dell'esempio si fa ancora più esigente e si trasforma nell'impegno più alto della testimonianza da rendere a Gesù Maestro, alla sua verità e alla sua grazia (cfr. Jn 1,14 Jn 14,6 Mt 23,8).

Nel rivolgervi queste parole, io confido che esse saranno accolte non soltanto da voi qui presenti, ma anche dai vostri colleghi e amici, sparsi in ogni parte d'Italia. A voi e a loro imparto, in segno di incoraggiamento e di stima, una speciale benedizione apostolica, estendendola ai vostri scolari e ai vostri congiunti.

Data: 1979-12-07

Data estesa: Venerdì 7 Dicembre 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Al Consiglio Generalizio dei Redentoristi - Città del Vaticano (Roma)