GPII 1979 Insegnamenti - Ai Capitolari del "Fatebenefratelli" - Città del Vaticano (Roma)

In un certo senso, direi che non c'è nulla di più umano del dolore, il quale rivela la dimensione creaturale profonda dell'esistenza terrena ed offre un'occasione privilegiata per chinarsi con amorevole condiscendenza sulle necessità dei fratelli bisognosi. La loro situazione, infatti, non va mai considerata come fatto indifferente e trascurabile; tanto meno dev'essere considerata scomoda per il nostro quieto vivere o superiore alle nostre possibilità di premurosa assistenza. Il principio biblico, che invita a gioire con chi gioisce e a soffrire con chi soffre (cfr. Si 7,34 Rm 12,15), è innanzitutto stimolo ad un comportamento altamente umano, fatto di naturale e spontanea partecipazione alle esperienze altrui, e quindi segno di una comunione che arricchisce sia chi la riceve sia chi la offre.

Oltre a ciò, vi do il mio incoraggiamento a coltivare una sempre trasparente e feconda testimonianza cristiana, specie negli ambienti del vostro apostolato specifico. Un rapporto puramente umano, anche con i malati, rischia di isterilirsi per mancanza di radici e motivazioni profonde. Anche la vostra professionalità è un fatto molto importante, ed essa dovrà essere quanto più seria ed aggiornata possibile. Ma se il vostro lavoro non è filtrato attraverso la fede, è sempre in procinto di materializzarsi e di perdere persino quelle componenti umane, di cui ho parlato prima. Voi ben sapete e sempre dovrete tener presente che, in base al Vangelo, chi serve il malato entra a contatto con Gesù stesso (cfr. Mt 25,36 Mt 25,40), la cui "potenza si manifesta pienamente nella debolezza", secondo l'espressione dell'apostolo Paolo (2Co 12,9). Infatti, è mediante i suoi patimenti che tutti noi abbiamo ottenuto per grazia la salvezza (cfr. He 2,10 He 2,18).

Ebbene, quale migliore occasione di evangelizzazione vi si offre, se non proprio quella di dischiudere al sofferente il valore profondo della sua condizione, che acquista senso, valore e fecondità precisamente con la sua conformazione lieta e benedetta alla Croce di Cristo (cfr. Ph 3,10-11 Rm 8,17 2Co 1,5)? E' così che il vostro lavoro, rimanendo professionalmente qualificato, può trasformarsi in autentico apostolato.

Da parte mia, invoco di cuore su di voi copiose grazie celesti. Sia il Signore a far maturare in pienezza quanto avete seminato nel vostro Capitolo, così da produrre frutti abbondanti, degni sia del Vangelo che vi ispira, sia dell'uomo che servite.

Di questi cordiali auspici è pegno la particolare benedizione apostolica, che volentieri imparto a voi e a tutti i benemeriti Religiosi dell'Ordine "Fatebenefratelli".

Data: 1979-12-13

Data estesa: Giovedì 13 Dicembre 1979.





Telegrammi di cordoglio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la morte del Cardinale Alfred Bengsch

Testo: A Sua Eminenza Cardinal Joseph Hoffner, Presidente della Conferenza Episcopale tedesca - Colonia.

Esprimo a lei e a tutti i vescovi della vostra conferenza la mia profonda partecipazione per la dolorosa e inaspettata morte di Sua Eccellenza il Vescovo di Berlino, l'Arcivescovo Alfred Bengsch. Nel raccomandare al soccorso e alla benevola provvidenza di Dio questa grave perdita, che la Chiesa Cattolica ha subito, ricordo con devozione, nella preghiera il nostro fratello.

A Sua Eccellenza il Vescovo Gerhard Schaffran, Vice Presidente della Conferenza Episcopale di Berlino - Dresda.

Profondamente commosso per l'inaspettata e precoce morte del Presidente della Berliner Bischofkonferenz, Sua Eccellenza il Cardinal Alfred Bengsch, esprimo a lei, ai Vescovi e a tutti i credenti della diocesi di Magonza, le mie sentite condoglianze. A Sua Eccellenza va la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento per il suo coraggioso intervento riguardo i problemi della Chiesa anche oltre i confini della sua diocesi. Voglia il Signore ricambiarlo con altrettanta ricchezza. A lei, ai suoi fratelli dell'episcopato e a tutta la sua Chiesa, imparto in comunione spirituale, la benedizione apostolica.

A Sua Eccellenza Johannes Kleineidam, Vicario Capitolare - Berlino.

La triste notizia dell'improvvisa morte dello stimato Vescovo di Berlino e Presidente della Berliner Bischofkonferenz, l'Arcivescovo Cardinale Alfred Bengsch, mi ha riempito di dolore. Nel ricordo riconoscente della sua coraggiosa fede e tenace decisione nel suo operato in tempi così difficili, esprimo a lei, Eccellenza, ai sacerdoti, ai credenti della diocesi e in particolare ai parenti afflitti dal dolore, le mie più sentite condoglianze e imparto a tutti la mia benedizione apostolica, ricordandovi nella mia preghiera a Dio; chiedo al Signore grazia eterna per il suo fedele servitore.

Data: 1979-12-13

Data estesa: Giovedì 13 Dicembre 1979.





A giudici dei Tribunali Ecclesiastici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate sacerdoti e pastori della vera giustizia

Testo: Dilettissimi figli.

1. Con grande gioia riceviamo oggi voi, Giudici e altri Officiali di Tribunali Ecclesiastici e Professori e gli altri docenti in questo settimo corso di aggiornamento, e vi salutiamo con animo paterno, e veniamo incontro volentieri al vostro desiderio di "vedere Pietro", per parlare apertamente con voi.


2. Sempre abbiamo considerato importante il compito della Giustizia nella Chiesa di Dio, anzi vediamo sempre più crescere l'importanza e il peso di essa. Per questo motivo, seguendo l'esempio del venerabile nostro predecessore Paolo VI, che più volte ha parlato ai partecipanti di questo corso di aggiornamento, vogliamo confermare ciò con le sue stesse parole. Con lui "dichiariamo la nostra soddisfazione per il fatto che tali uomini, studiosi di diritto canonico, come voi siete, convenuti da vari paesi del mondo, hanno partecipato con tanto interesse e tanta attenzione a questo Corso. Di qui per voi nasce la fiducia che noi poniamo in questo vostro Istituto, fondato con saggia decisone presso la nostra Università Gregoriana, Istituto che non senza paterna consolazione vediamo avere importanza sempre maggiore" (Paolo VI, "Discorso ai partecipanti al II Corso di aggiornamento per giudici e altri officiali di Tribunali Ecclesiastici", 14 dicembre 1974: AAS 66 (1974) 10).


3. Vogliamo inoltre in questa occasione approvare ed elogiare il nuovo studio di Diritto canonico di questa Facoltà, che ha istituito poco fa una laurea speciale di Giurisprudenza per meglio sostenere la prassi della giustizia. E' giusto sostenere questo tentativo con parole di elogio e augurare con il nostro paterno auspicio che giunga a buon fine questa speciale scuola e palestra di Giurisprudenza.


4. Ci sia consentito di inculcare nei vostri animi questo santo principio: il vostro compito e il vostro ministero di giustizia è veramente sacerdotale e pastorale, come ha affermato anche Papa Paolo VI, di veneranda memoria. Voi siete "sacerdoti di giustizia", infatti nel vostro nobile ministero splende la luce di Dio, che è giustizia assoluta, e il vostro compito di giudici ecclesiastici serve e viene in aiuto ai membri del Popolo di Dio, che si trovano in difficoltà (Giovanni Paolo II, "Discorso alla Sacra Romana Rota", 17 febbraio 1979: AAS 71 (1979) 422-427. Vedi p. 423 dove è citato Paolo VI e AAS 57 (1965) 234; Paolo VI, Discorso alla Sacra Romana Rota, 8 febbraio 1973: AAS 65 (1973) 101).


5. Ma non si ottiene questa vera efficacia, se non si tiene presente il Diritto canonico nascosto nel mistero della Chiesa (cfr. OT 16a), per mantenere il principio originario della vita della Chiesa, per usarlo al servizio dell'uomo redento, perché venga proposto per accrescere la sensibilità umana, e venga riconosciuto secondo la sua propria natura. Infatti il Diritto della Chiesa è non soltanto un segno della giustizia umana, ma anche manifestazione della comunione di una vita più profonda in Cristo, così che tutta la giustizia canonica risplende di carità, come anche la stessa giustizia canonica è frutto di benevolenza e di carità.


6. Questa divina carità, rigeneratrice dell'uomo redento, rivela e illumina la vera effige dell'uomo. L'uomo infatti, creato da Dio, si eleva a Dio, per riconoscersi in Dio e esprimere la sua immagine nell'amore della Trinità. Tutte queste cose, che sono illuminate da una fede viva nella vita della Chiesa, devono splendere anche nel vostro ministero. Che cosa sarebbe il diritto ecclesiastico senza la carità, quale mai sarebbe la giustizia senza la tutela dei diritti, quale tutela dei diritti ci sarebbe mai se non una tutela vana, se tale tutela non fosse vera ed efficace applicazione dei diritti? Che cosa oggi si dovrebbe desiderare di più, oltre le dichiarazioni dei diritti fondamentali, se non il pieno riconoscimento degli stessi? Che cosa si dovrebbe chiedere con più forza, se non la vera e sincera applicazione di essi?

7. Si deve tenere in grande considerazione questa tutela dei diritti e specialmente in questo nostro tempo in cui la Chiesa sembra essere la sola a difendere l'uomo redento. "Cristo Redentore... rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. Questa è - se così è lecito esprimersi - la dimensione umana del mistero della Redenzione" (RH 10).


8. Questa verità dell'uomo redento deve essere conservata e difesa soprattutto nel matrimonio cristiano e nella famiglia cristiana. Voi innanzitutto siete i sacri tutori di questo matrimonio, non permettendo che si infranga il vincolo di amore indissolubile, volendo mantenere il consenso d'amore, difendendo i matrimoni validi, onorando i matrimoni fecondi, sostenendo i coniugi fedeli, per non vedere i loro figli dispersi e abbandonati.


9. Questo sia il servizio che rendete alla giustizia, servizio che è specchio della divina carità. Dio ha infatti racchiuso nel matrimonio queste relazioni d'amore, per cui l'amore reciproco nello stesso frutto d'amore vede e comprende la sua ragione trinitaria. Infatti Dio ha creato l'uomo a sua immagine, uomo e donna (Gn 1,27), e ha detto loro "crescete e moltiplicatevi" (Gn 1,28). Nessuno distrugga questa unità d'amore, infatti ciò che Dio ha unito, l'uomo non separi (Mt 19,6), e quelli che l'amore reciproco ha generato, nessuno lasci privi dei genitori. Questo è un grande sacramento, poiché è rivelazione della vita divina, per cui l'uomo diventa immagine di Dio (Gn 1,26).


10. La dignità del matrimonio è affidata a voi, ministri della giustizia divina, con un compito particolare, che sia mantenuta incontaminata, perché in un così grande sacramento la Chiesa veda sempre l'immagine della sua stessa vita, per cui Cristo è sposo della Chiesa (cfr. Ep 5,25-33).

Vi abbiamo voluto dire tutte queste cose, figli carissimi, con tutta la nostra carità in un breve discorso per unirci a voi, perché più forte si faccia il vostro servizio alla Chiesa, più piena la dignità del vostro ministero.

Confermiamo tutto questo con la nostra benedizione apostolica e lo affidiamo fiduciosi a Dio Onnipotente.

Data: 1979-12-13

Data estesa: Giovedì 13 Dicembre 1979.





Al Pontificio Collegio Messicano - Roma

Titolo: Sappiate sempre conformarvi all'immagine di Cristo sacerdote

Testo: Signori Cardinali, amatissimi fratelli dell'Episcopato, Superiori ed alunni.

permettetemi di esprimere prima di tutto il mio sincero apprezzamento e la mia gratitudine ai Signori Cardinali Miguel Dario Miranda e Ernesto Corripio Ahumada, così come ai fratelli Vescovi qui presenti, per la speciale delicatezza che hanno avuto venendo espressamente dal Messico per assistere a questo incontro.

Provo una particolare gioia per avere oggi l'opportunità di intrattenermi, anche se per poco tempo, con la nutrita comunità del Pontificio Collegio Messicano di Roma, in cui vedo quasi un prolungamento spirituale di quelle terre, lontane geograficamente, ma a sempre tanto vicine, e che ebbi il piacere di visitare nel mio primo viaggio apostolico fuori dall'Italia.

Ho voluto partecipare a questo Collegio precisamente per ricordare quella visita che, quasi un anno fa, feci alla Cara Nazione messicana. Furono giorni indimenticabili, durante i quali il popolo messicano, riunito in una grande moltitudine, diede una prova tanto eloquente di cordiale ed affettuosa vicinanza al Vicario di Cristo, di gioia per la prima visita di un Papa, di comunione riguardo ai valori religiosi e spirituali che la sua presenza testimoniava.

Tutte quelle manifestazioni di affetto e tante altre posteriori, che si sono susseguite durante l'anno, hanno rinnovato nel mio animo sentimenti di vivo apprezzamento e gratitudine. Sono sentimenti che con piacere manifesto in questo luogo tanto significativo della presenza qualificata della Chiesa del Messico a Roma. In questa città, sede del Papa e centro della cattolicità, siete venuti, cari sacerdoti e seminaristi, per completare la vostra formazione ecclesiale e mettervi inoltre, al servizio dei vostri fratelli, con una più ricca esperienza e preparazione scientifica.

Desidero esortarvi ad utilizzare bene il tempo che ora vi è concesso, per rispondere alla fiducia dei vostri rispettivi Ordinari che vi hanno inviato qui, per maturare in questa permanente docilità, gli insegnamenti del Magistero che in questo ambiente risuona con particolare intensità, per adeguarvi ogni volta di più a questa figura di sacerdote che sa inserirsi nel mondo di oggi, pienamente cosciente delle esigenze del momento attuale e con una vera robustezza interiore che orienta e determina tutte le realizzazioni del proprio servizio ecclesiale.

A questo proposito, desidero ripetervi ciò che dissi ai vostri fratelli sacerdoti nella basilica di Guadalupe (27 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 180): "Questo servizio alto ed esigente non potrà essere prestato senza una chiara e radicata convinzione a proposito della vostra identità come sacerdoti di Cristo, depositari e amministratori dei misteri di Dio, strumenti di salvezza per gli uomini, testimoni di un regno che inizia in questo mondo, ma che si completa nell'aldilà".

Con questa percezione inequivocabile di voi stessi e della vostra missione, alimentate nell'orazione e nella pratica dei Sacramenti la visione di fede che deve rinnovarvi incessantemente nella generosa donazione alla Chiesa e all'uomo fratello.

Non possiamo neppure dimenticare che questo nostro incontro ha luogo nella prossimità immediata della festa di nostra Signora di Guadalupe, a cui ogni messicano professa un'ardente devozione. Sia dunque ella, colei che vi guidi e insegni il cammino della gioiosa e pronta donazione per la Chiesa e per tutti gli altri fratelli.

A lei, davanti alla cui immagine ebbi la fortuna di pregare nella nuova basilica, in questo "santuario del popolo messicano", vi raccomando nelle preghiere, affinché sappiate sempre imitare l'immagine di Cristo sacerdote.

Con questi voti e tale speranza, imparto con grande affetto a voi, ai vostri Superiori, alle Religiose che si prodigano per voi e tutti i membri della comunità messicana di Roma, una speciale benedizione.

Data: 1979-12-13

Data estesa: Giovedì 13 Dicembre 1979.





Ad Assistenti di Associazioni Cattoliche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivere con autenticità e intensità la vocazione sacerdotale

Testo:

1. Auguro il benvenuto a lei, Signor Cardinale, ai suoi collaboratori permanenti e ai Consultori del Pontificio Consiglio per i Laici, e a voi tutti, Assistenti Ecclesiastici di numerose Organizzazioni e Associazioni Internazionali Cattoliche riunite a Roma per la prima volta su iniziativa del Consiglio. Spero che questi pochi giorni di un incontro ben riuscito produrranno buoni frutti per ciascuno di voi e per le Organizzazioni a cui voi date il meglio dei vostri talenti e della vostra dedizione sacerdotale.


2. Vi ricordero dapprima una considerazione della lettera che vi ho indirizzato il Giovedì Santo di questo anno 1979, considerazione che ci deve portare costantemente gioia, speranza e conforto spirituale. Quando un sacerdote, nel corso della sua vita, si ferma un momento e getta uno sguardo sul suo sacerdozio, non può impedirsi di meravigliarsi davanti all'ampiezza della grazia che gli è stata data con il sacramento dell'Ordine. I sacerdoti che si prodigano nel lavoro che è stato loro affidato, qualunque esso sia: ministero parrocchiale, insegnamento, formazione, tutti possono constatare, se custodiscono la coscienza della loro vocazione di sacerdoti e si sforzano di agire in tutto e dovunque come sacerdoti, nell'immensa varietà dei loro campi d'azione, la fecondità soprannaturale della grazia sacerdotale che passa attraverso di loro.


3. Quanto a voi, cari fratelli, il Signore vi chiama per il momento a esercitare il vostro ministero di sacerdoti, a tempo pieno o a tempo ridotto, nel campo molto speciale dell'assistenza ecclesiastica alle Organizzazioni e Associazioni Internazionali Cattoliche.

Non ho bisogno di dirvi la stima sincera della Chiesa per le OIC. Queste Organizzazioni, molto diverse, raccolte da più di cinquant'anni in una Conferenza, rivestono un duplice aspetto che costituisce la loro ricchezza: da una parte, grazie ai loro obiettivi apostolici, spirituale o caritativo, permettono alla Chiesa di compiere la sua missione salvifica nel mondo; d'altra parte, grazie allo statuto di cui godono molte tra loro, assicurano una particolare forma di presenza della Chiesa là dove si gioca in modo decisivo il gioco complesso, delicato e importante, della vita internazionale nei suoi diversi livelli.

Queste Organizzazioni e le altre Associazioni che portano una identica testimonianza sono formate per la maggior parte da laici che devono trovarvi nello stesso tempo la possibilità di crescere nella loro fede e nel loro impegno apostolico e il mezzo per partecipare alla vita e alla missione della Chiesa.


4. Ecco, cari amici, un campo in cui la grazia del vostro sacerdozio può esercitarsi in modo ammirabile se vi mostrate capaci di vivervi con autenticità e intensità la vostra vocazione di ministri di Gesù Cristo. L'autenticità significa accettare la vostra condizione di sacerdoti senza ripensamenti né riserve, questa condizione che avete sognata da quando eravate giovani, a cui vi siete preparati con amore e che avete accolto nell'entusiasmo il giorno in cui il Vescovo e il Presbiterio vi hanno imposto le mani. Questa condizione di sacerdoti vi dà una identità chiara e precisa nel seno della Chiesa e in mezzo al popolo di Dio: non bisogna diluire questa identità, attenuarla o scambiarla con altre identità.

Bisogna, al contrario, chiarirla e mostrarla agli occhi di tutti. Nelle Organizzazioni e Associazioni a cui voi rendete servizio - non sbagliatevi! - la Chiesa vi vuole sacerdoti, e i laici che voi incontrate vi vogliono sacerdoti e nient'altro che sacerdoti. La confusione dei carismi impoverisce la Chiesa; non l'arricchisce in nulla. Sacerdoti, siate dunque nel seno di questi gruppi gli artefici della comunione, gli educatori nella fede, i testimoni dell'Assoluto di Dio, i veri apostoli di Gesù Cristo, i ministri della vita sacramentale, specialmente dell'Eucaristia, gli animatori spirituali di cui i laici hanno bisogno sia per la loro formazione sia per illuminarli nel loro impegno spesso molto difficile, perfino rischioso.


5. L'intensità non è altro che il fervore di spirito con cui dovete vivere la vostra vocazione verso coloro di cui voi siete Pastori in quanto Assistenti Ecclesiastici di importanti Organizzazioni e Associazioni Internazionali Cattoliche. Occorre ricordarvelo: la vitalità e il dinamismo apostolico, la capacità di impegno, l'efficacia dell'azione di queste comunità o gruppi dipendono in definitiva, nella maggior parte, dal valore umano ed evangelico che testimonierà la vostra vita sacerdotale.


6. Voi non siete soli. Sappiate che il Papa segue le vostre attività che sono molto vicine alle preoccupazioni, ai progetti, alle attività della Santa Sede in quanto questa è una espressione maggiore della cattolicità della Chiesa. Restate uniti ai vostri Vescovi, ai vostri Superiori maggiori e, attraverso di loro, alle vostre famiglie spirituali. Cercate di interessare al vostro lavoro gli altri sacerdoti che incontrate: condividete con loro le vostre preoccupazioni e le vostre realizzazioni. Sappiate trovare vicino ai laici per cui lavorate un rinnovamento di energia spirituale per il vostro sacerdozio e per la vostra vita.

E aggiungo, arricchite tutto ciò cercando di ritrovarvi anche tra voi tutte le volte che vi sarà possibile, per illuminarvi vicendevolmente sul vostro compito, per aiutarvi a crescere nella vostra spiritualità e nel vostro fervore missionario, per incoraggiarvi gli uni gli altri. Questi incontri possono essere determinanti per l'autenticità e l'intensità del vostro sacerdozio. Il Pontificio Consiglio per i Laici non rifiuterà, ne sono sicuro, di aiutarvi a ritrovarvi così.

Il Cristo Sacerdote, da cui scaturisce la grazia immensa del nostro sacerdozio, sia sempre con voi e vi assista nel vostro ministero. Egli vi benedica. In suo nome, in pegno di abbondanti grazie divine, vi imparto la benedizione apostolica.

Data: 1979-12-13

Data estesa: Giovedì 13 Dicembre 1979.





All'Organizzazione Internazionale per lo sviluppo - Roma

Titolo: L'impegno per l'uomo testimonia la carità di Cristo

Testo: Signor Presidente, Signore, Signori.

1. Sono felice di ricevervi oggi, in occasione della riunione del Comitato direttivo che raccoglie a Roma tutto il gruppo dirigente della vostra Organizzazione di Cooperazione internazionale per lo sviluppo socio-economico, il CIDSE, che partecipa allo sforzo dei cristiani per rendere testimonianza alla carità di Cristo verso tutti gli uomini lavorando principalmente alla promozione collettiva.


2. Come non fissare dapprima il nostro sguardo, all'inizio di questo incontro, su questa carità del Signore che ci unisce e che ci ispira? E' lei che non passera mai, ci dice san Paolo; è lei che ogni giorno ci incita affinché la nostra azione sia veramente lo specchio della sollecitudine del Signore per tutti gli uomini, e particolarmente per queste folle che hanno provocato la sua pietà e a cui vuole svelare ancora, ma questa volta per nostro tramite, lo splendore e le ricchezze infinite dell'amore di Dio! Da questa sorgente spirituale inesauribile scaturiscono tutte le forme di assistenza e di condivisione autenticamente cristiane. Esse sono state innumerevoli nel corso dei secoli, sforzandosi di adattarsi ai bisogni, ed è così che esse nascono ancora ai giorni nostri, nella loro diversità. Ricordo sempre con gioia queste molteplici opere e tutte queste associazioni cattoliche i cui membri si dedicano ogni giorno, in attività molto differenti, ma nella fedeltà alla Chiesa e a un solo ed unico Spirito, colui che opera nel mondo affinché tutti gli uomini si riconoscano come fratelli e possano dire insieme un giorno: "Padre nostro che sei nei cieli...".


3. Cari amici, non senza ragione, oggi che ho la gioia di ricevervi per condividere le vostre preoccupazioni, stimo necessario rimettere davanti ai vostri occhi e in qualche modo meditare con voi un istante la realtà spirituale che è il cuore stesso del nostro cristianesimo: questo amore di Dio che ci è donato e che deve essere la sorgente e l'ispirazione della nostra azione. E ne traggo immediatamente la prima conclusione che s'impone da sola: né le persone, né le organizzazioni possono mai considerare la loro qualità di "cattolici" e il legame con la Chiesa che ne scaturisce come qualcosa di aggiunto o di esteriore. Il legame spirituale con il Signore e con la sua Chiesa è al contrario così profondo che è il vero fondamento dell'azione del cristiano, ciò che gli dà il suo valore ultimo: bisogna sempre rinnovarsi in questa convinzione.


4. Voi vi impegnate nell'aiuto allo sviluppo. Esso determina le vostre prospettive, più direttamente in rapporto con la complessità delle realtà economiche e sociali attuali, con tutto ciò che questo comporta di considerazioni tecniche e di contatti umani. Voi sapete anche che non si lavora efficacemente senza assicurare il finanziamento indispensabile e senza gestire efficacemente le risorse. In questi compiti complessi e difficili, mettete tutta la vostra competenza e la vostra cura di servire, sforzandovi di camminare nelle tracce del servo fedele lodato dal Signore, e io colgo questa occasione per ringraziarvi di tutta la sapienza e di tutta la dedizione che voi impiegate al servizio di questa causa.


5. Per rispondere all'esigenza che sottolineavo un istante fa, bisogna anche che la stessa preoccupazione di efficacia e di realismo, realismo cristiano, ispiri la vostra azione a tutti i livelli, vi dia il senso della complementarietà dei compiti, vi conduca a coordinare i vostri sforzi con quelli degli altri organismi, tutto ciò essendo richiesto sia dalla preoccupazione di una migliore efficacia sia dal dovere di rendere realmente presente l'unica carità di Cristo. Questa esigenza di coerenza cristiana non può sfuggirvi. Nella Chiesa, le Conferenze episcopali al loro livello, e i vescovi nelle loro diocesi rispondono per la loro parte a questo bisogno essendo in ogni Paese i garanti della coerenza della vita cristiana non solo sul piano dell'unità nella fede, ma anche su quello dei diversi impegni. Allo stesso modo, nell'ambito della carità e dell'aiuto allo sviluppo, il mio predecessore Papa Paolo VI ha voluto assicurare tale coerenza, quella della testimonianza più ancora di quella dell'efficacia pratica, fondando il Pontificio Consiglio "Co Unum" di cui il CIDSE è membro. Queste istituzioni, ciascuna a suo modo, consentono alle diverse iniziative di manifestare realmente l'universalità dell'amore di Cristo per tutti gli uomini. La ricerca dell'autonomia o dell'efficacia tecnica o finanziaria non dovrebbe mai far trascurare la collaborazione reciproca.


6. E' opportuno che il CIDSE e i differenti organismi nazionali che lo compongono siano realmente e sempre più in relazione con le Conferenze episcopali dei loro Paesi e con quelle dei Paesi in cui esercitate le vostre attività, così pure con il Pontificio Consiglio "Co Unum" il cui ruolo, come bene indica il nome, è quello di assicurare l'unità di orientamento degli organismi cattolici con il Papa e con la sua preoccupazione di pastore universale. Esprimendovi questo desiderio, e poiché siete membri di "cor Unum", vi rimando alle direttive molto precise che ho avuto occasione di dare recentemente per l'ultima assemblea generale di questo organismo.

In questo ambito, le riflessioni che avete già intrapreso con il Consiglio "Co Unum" chiedono di essere continuate per portare tutti i frutti che si ha il diritto di attendere. Io vi incoraggio con tutto il cuore ad approfondire le motivazioni propriamente spirituali che devono guidare i vostri impegni personali e collettivi, fedeli, come ho già chiesto (27 ottobre 1979), ad "una analisi propriamente cristiana, evangelica, degli avvenimenti... che fonda la dottrina sociale della Chiesa... e guida la sua azione caritativa, ben al di là delle prospettive propriamente tecniche o politiche che troppo spesso determinano nel mondo la valutazione dei bisogni e la maniera di rispondervi".


7. Vi ringrazio della disponibilità di cui la vostra presenza qui oggi è la prova.

Il Signore, in questi tempi che ci ricordano che dobbiamo sempre preparare la sua venuta, sia la vostra forza prima di essere la vostra ricompensa. Di tutto cuore io gli raccomando le vostre intenzioni, e gli chiedo di benedirvi, voi e le vostre famiglie, così come tutto ciò che fate per il suo servizio e quello dei vostri fratelli nel bisogno.

Data: 1979-12-15

Data estesa: Sabato 15 Dicembre 1979.





Alla Pontificia Università Gregoriana - Roma

Titolo: Apertura della teologia nei confronti delle altre discipline

Testo: Venerati fratelli e figli carissimi!

1. Con senso di intima gioia sono qui, stasera, in mezzo a voi per questo incontro, solenne e familiare insieme, che mi consente di prendere ufficialmente contatto con il Corpo docente di questo illustre Centro di studi ecclesiastici, con gli studenti che in esso attendono alla propria formazione intellettuale, con gli officiali ed il personale ausiliario che ne assicurano con competenza il buon funzionamento.

Ho accolto di buon grado l'invito rivoltomi a suo tempo dalle Autorità accademiche, non solo perché ho ravvisato in esso una lodevole testimonianza di devozione e di fedeltà verso il successore di Pietro, ma anche perché esso mi offre l'opportunità di manifestare con un gesto significativo, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario dell'inaugurazione della nuova sede in Piazza della Pilotta, l'alta considerazione in cui tengo questa Università, come anche gli Istituti ad essa consociati.

Saluto, pertanto, con fraterno affetto i Signori Cardinali Gabriel-Marie Garrone, Gran Cancelliere, e Pablo Munoz Vega, già Rettore di questo Ateneo; il Padre Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù e Vice-Cancelliere; il Magnifico Rettore, Padre Carlo M. Martini e i chiarissimi Professori, alcuni dei quali ho il piacere di conoscere personalmente, mentre altri ho potuto avvicinare ed apprezzare mediante i libri e gli articoli da loro pubblicati.

Saluto, poi, con effusione di sentimento voi, giovani carissimi, che a questa "Alma Mater" siete venuti da ogni parte del mondo, sospinti dal desiderio di arricchire le vostre menti con i tesori della dottrina cattolica e di temprare i vostri cuori con una sosta prolungata nei luoghi resi sacri dal sangue degli Apostoli e dei martiri ed illustrati dalle vestigia insigni di gloriose tradizioni umane e cristiane.

Un saluto particolarmente caloroso è mio desiderio rivolgere anche al Rettore, al Corpo docente e agli alunni sia del Pontificio Istituto per gli Studi Orientali, la cui funzione ecclesiale è stata messa anche maggiormente in evidenza dai recenti sviluppi del dialogo ecumenico; sia del Pontificio Istituto Biblico, che celebra quest'anno il suo settantesimo anniversario di fondazione, nella gratificante consapevolezza di aver reso e di rendere tuttora un servizio importante alla Chiesa, in linea con i compiti fissati, mediante la Lettera apostolica "Vinea Electa", dal Papa san Pio X in quell'ormai lontano 7 maggio

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9.

Il "Biblico" è divenuto veramente, nel frattempo, un "centro di studi superiori sui Libri sacri", capace di promuovere, secondo i desideri espressi dal Santo Pontefice, "efficaciore, quo liceat, modo doctrinam biblicam et studia omnia eidem adiuncta, sensu Ecclesiae catholicae". In questi decenni numerosissimi alunni si sono in esso "perfezionati ed esercitati", rendendosi atti a sviluppare l'investigazione della Parola di Dio "tam privatim quam publice, tum scribentes cum docentes..., gravitate ac sinceritate doctrinae commendati". Se si tiene conto, inoltre, dell'ampia e qualificata serie di pubblicazioni scientifiche "nomine et auctoritate Instituti promulgata" (cfr. S. Pio X, "Vinea Electa", 7 maggio 1909: AAS 1 (1909) 447-448) nel corso di questo settantennio, non ci si può stupire dell'alta considerazione in cui il "Biblico" è tenuto presso gli ambienti scientifici di ogni parte del mondo. Il Papa è lieto di dar atto, nella presente ricorrenza, a voi, responsabili e docenti, del buon lavoro compiuto.


2. La mia presenza in mezzo a voi, figli carissimi della Pontificia Università Gregoriana, vuol essere espressione e testimonianza dell'interesse con cui seguo la vostra attività, della fiducia che ripongo nel vostro impegno, della speranza con cui attendo i frutti della vostra fatica, dalla quale grande vantaggio deve poter trarre la Chiesa.

Da voi, infatti, la Comunità cristiana si aspetta un valido contributo in quella riflessione ragionata sistematica sulla fede, che è la funzione specifica della teologia. Questo è stato, del resto, il compito che ha qualificato praticamente fin dagli inizi il "Collegio Romano", provvidenzialmente germinato, oltre quattro secoli fa, dallo zelo apostolico di sant'Ignazio di Loyola e poi man mano sviluppatosi, fino a raggiungere le dimensioni imponenti dell'attuale complesso universitario, articolato nelle sue varie Facoltà e specializzazioni.

Quale nobile schiera di maestri, spesso di statura decisamente superiore, ha onorato questa vostra Istituzione negli ormai lunghi anni della sua storia! Loro assillo costante fu quello di scrutare con intelligenza ed amore le profondità della Parola rivelata e le ricchezze della Tradizione viva della Chiesa. E ciò fecero - mi piace sottolinearlo come legittimo motivo di vanto per la vostra Università - sorretti da un duplice impegno, di fondamentale importanza per ogni ricerca teologica: quello, innanzitutto, di una costante apertura, leale e docile, alle indicazioni del Magistero, in armonia con lo spirito proprio della Compagnia di Gesù, animatrice di questo Centro di studi: e quello, poi, di un'attenzione sempre viva verso le scienze, che andavano via via presentando possibili collegamenti con la teologia.

E', quest'ultimo, un atteggiamento che merita di essere rilevato. In effetti, la storia della vostra Università mostra che in essa la teologia non è stata mai concepita come una disciplina isolata. Essa è sempre stata inserita in un insieme di insegnamenti, accuratamente determinati dall'antica "Ratio Studiorum", la quale si proponeva di assicurare così l'integrazione della ricerca e del sapere teologico nel complesso delle conoscenze caratteristiche dell'epoca.

Si tendeva in questo modo alla costituzione di quella "Sapienza cristiana", che la recente costituzione apostolica circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche descrive come realtà che stimola a "raccogliere le vicende e le attività umane in un'unica sintesi vitale insieme con i valori religiosi, sotto la cui direzione tutte le cose sono tra loro coordinate per la gloria di Dio e per l'integrale sviluppo dell'uomo, sviluppo che comprende i beni del corpo e quelli dello spirito" (Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Introduzione, I).


3. E' un punto su cui mette conto di soffermarsi. La teologia, nella sua storia millenaria, ha sempre ricercato "alleati", che l'aiutassero a penetrare tutte le ricchezze del piano divino, così come esso si disvela nella storia dell'uomo e si riflette nella magnificenza del cosmo. Questi "alleati" sono stati ravvisati via via nelle scienze e nelle discipline, che andavano emergendo sotto la spinta del desiderio di una conoscenza più profonda del mistero dell'uomo, della sua storia, del suo ambiente di vita.

Di questo si mostrarono consapevoli, fin dagli inizi, i responsabili del Collegio Romano. Chi percorre le vicende di questo Centro di studi rimane stupito nel vedere come vi siano state coltivate, accanto alla teologia, non soltanto la filosofia e le lettere, ma anche le arti, l'archeologia e lo studio dei monumenti antichi e delle più antiche culture, le scienze fisiche e matematiche, l'astronomia e l'astrofisica. Evidentemente si sentiva il bisogno di tenersi in stretto contatto con tutte quelle ricerche che, col passare degli anni, andavano modificando la visione che l'uomo aveva di sé e del mondo che lo circondava. E se dobbiamo riconoscere che gli studiosi del tempo non furono esenti dai condizionamenti culturali dell'ambiente, possiamo anche constatare che non mancarono geniali anticipatori e spiriti più liberi i quali, come san Roberto Bellarmino nel caso di Galileo Galilei, auspicavano che si evitassero inutili tensioni e irrigidimenti dannosi nei rapporti tra fede e scienza.

Le scienze della natura coltivate in quei secoli sono andate specializzandosi sempre più, e parecchie di esse sono uscite dall'ambito della ricerca propria di una Università Ecclesiastica. Rimane valida, pero, anche oggi l'istanza fondamentale di tener conto di tutti quei progressi della scienza che toccano l'uomo e il suo ambiente di vita. In questa luce è auspicabile - sia detto per inciso - un rapporto dell'Università Ecclesiastica anche con le Università civili e i Centri di ricerca promossi dalla società moderna. Infatti "il distacco tra fede e cultura costituisce un impedimento all'evangelizzazione, mentre al contrario la cultura informata da spirito cristiano è un valido strumento per la diffusione del Vangelo" (Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Introduzione, I).


4. Dal punto di vista istituzionale e organizzativo la vostra Università ha provveduto a questa ricerca costante di "alleati" della teologia con la costituzione successiva di Cattedre nelle diverse discipline emergenti, le quali si sono poi sviluppate in Istituti e Facoltà giuridicamente riconosciute. Di queste la più antica, accanto alla Facoltà di teologia, e contemporanea ad essa, è la Facoltà di filosofia.

Vorrei qui dire una parola specifica sugli studi filosofici in genere, ai quali sono legato per lunga esperienza di insegnamento e di ricerca. E' importante che la Filosofia, in una Università Ecclesiastica, adempia il suo mandato tradizionale, investigando metodicamente i problemi suoi propri e cercandone la soluzione, sulla base del patrimonio filosofico perennemente valido, alla luce naturale della ragione (cfr. Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Norme speciali, art. 79 § 1).

Ma è anche importante rilevare che il riferimento al patrimonio del passato non deve essere inteso come preclusione allo studio e alla valorizzazione critica delle correnti moderne e contemporanee. La parola che ho pronunciato all'inizio del mio ministero pastorale sulla Cattedra di Pietro, gridando a tutti di non aver paura di spalancare le porte a Cristo, dobbiamo poterla ripetere anche ai grandi movimenti di pensiero contemporanei, valorizzando le loro attese e la loro tensione verso la verità tutta intera.

Non v'è tempo ora di passare in rassegna le singole Facoltà, ricordando il momento del loro costituirsi. Non posso fare a meno, pero, di annotare come all'origine di ciascuna di esse vi sia la presa di coscienza da parte dei responsabili dell'Università della crescente differenziazione nel campo degli studi religiosi e della necessità di una costante attenzione alle più recenti ricerche sull'uomo. Ogni Facoltà e Istituto si presenta così come una nuova tappa nello sviluppo delle scienze ecclesiastiche attorno alla teologia.


5. Sono lieto di recarvi, stasera, figli carissimi, la mia parola di incoraggiamento a proseguire su questa strada. Lo farete, ovviamente, con la doverosa prudenza e col necessario discernimento. La teologia deve, infatti, scegliere i propri "alleati" secondo i criteri dettati dalla metodologia che le è propria. Vi sono correnti di pensiero che o per la loro impostazione di fondo o per gli sviluppi ad esse impressi dai loro fautori, non presentano i requisiti necessari per entrare utilmente in collaborazione con la ricerca teologica. Sarà indispensabile, in tal caso, dar prova di lucido senso critico nel valutare i contributi offerti dall'uno o dall'altro sistema filosofico o scientifico, e accogliere ciò che può giovare al progresso della conoscenza teologica, rifiutando invece ciò che a tale progresso si oppone. Vale anche qui il precetto di san Paolo: "Omnia probate, quod bonum est tenete" (1Th 5,21).

Vi sono, infatti, ottiche, visuali, linguaggi filosofici decisamente carenti; vi sono sistemi scientifici così poveri o chiusi da rendere impossibile una traduzione e interpretazione soddisfacente della Parola di Dio. Assumere in modo acritico questi sistemi come alleati, significherebbe per la teologia mortificare se stessa ed esporsi a mutilazioni irreparabili. La storia degli sviluppi devianti seguiti da certi filoni teologici negli ultimi decenni è istruttiva.

E' necessario, dunque, coltivare in se stessi la capacità di "discernere". Si richiede, per questo, una solida formazione teologica, grazie alla quale lo studioso, divenuto padrone del metodo e degli strumenti propri della ricerca teologica, possa scandagliare le ricchezze nascoste della Parola di Dio.

Questa diverrà, allora, nelle sue mani "più tagliente di ogni spada a doppio taglio", capace di "penetrare fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e di scrutare i sentimenti e i pensieri del cuore" (cfr. He 4,12).

Con tali presupposti, il confronto con le altre discipline si rivelerà veramente fecondo, favorendo uno scambio creativo, senza i rischi di ibride commistioni o di pericolosi travisamenti. Non succederà cioè, per usare il linguaggio di san Paolo, di ritrovarsi nella situazione di "fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore" (Ep 4,14).


6. Nel parlare dell'apertura che la teologia deve coltivare nei confronti delle altre discipline, mi viene spontaneo di richiamare un'altra apertura, anche più essenziale: l'apertura ai problemi degli uomini concreti, l'apertura al servizio della comunità ecclesiale.

La teologia è scienza ecclesiale, perché cresce nella Chiesa ed agisce sulla Chiesa; essa, perciò, non è mai un affare privato di uno specialista, isolato in una sorte di torre d'avorio. Essa è a servizio della Chiesa e deve quindi sentirsi dinamicamente inserita nella missione della Chiesa, particolarmente nella sua missione profetica.

Non che la teologia debba sostituirsi alla predicazione; essa, tuttavia, approfondendo ed estendendo l'intelligenza della Rivelazione, presta un aiuto importante alla predicazione ecclesiale e diventa, in certo modo, la base dell'attività liturgica e pastorale. Questa prospettiva pastorale deve stare dinanzi a voi, carissimi, nel vostro lavoro universitario, non per mortificare la serietà degli studi, ma per stimolare anzi la generosità dell'impegno, in vista della rilevanza che la vostra fatica ha per l'attuazione del piano salvifico di Dio. Pensiero teologico ed azione pastorale non si oppongono fra loro, ma si promuovono a vicenda; indagine scientifica ed evangelizzazione camminano insieme: l'una porta e sostiene l'altra.

Carissimi, dobbiamo servire gli uomini e le donne del nostro tempo.

Dobbiamo servirli nella loro sete di verità totale, in essi suscitata da Cristo Redentore dell'uomo: sete di diritto e di giustizia, di moralità e di spiritualità; sete di verità ultime e definitive; sete della Parola di Dio; sete di unità fra i cristiani.

Ricordatelo bene, carissimi docenti e studenti, He anche voi tutti collaboratori dell'Università: le realtà che vengono qui approfondite, il servizio pedagogico e formativo che viene reso, le dottrine che da qui si diffondono, non sono qualcosa di marginale, quasi un lusso rispetto ai problemi reali del nostro mondo. Esse toccano gli aspetti più profondi dell'esistenza, quelli che Cristo stesso è venuto ad illuminare con la sua vita, morte e risurrezione. Sono le realtà di cui ha bisogno ogni uomo e donna del nostro tempo per aprirsi all'amore e alla speranza. Senza questo amore e questa speranza l'umanità non potra sopravvivere.


7. Ho accennato alla funzione pedagogica e formativa dell'Università. Questo mi porta a rivolgere una parola particolare a voi, studenti e studentesse che venite da ogni parte del mondo. Sento profondamente la vostra presenza come forza viva della Chiesa e colgo in voi come ho scritto nell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 10) il desiderio di "avvicinarvi a Cristo e di "appropriarvi" e assimilare tutta la realtà dell'incarnazione e della redenzione per ritrovare voi stessi". Confermo anche qui la convinzione che, se voi assecondate tale desiderio e attuate questo profondo processo, allora ciascuno di voi "produrrà frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso" e nascerà in lui "quel profondo stupore riguardo al valore e alla dignità dell'uomo che si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella" (cfr. RH 10).

A questo fine è necessario che ciascuno di voi diventi parte attiva del processo conoscitivo, che si compie nella Università, affinché tale "profondo stupore" maturi in voi in riflessione ragionata e in convinzione scientificamente convalidata. Desidero, pertanto, stimolare in tutti voi una partecipazione attiva, piena e cordiale, alla penetrazione del mistero rivelato e delle realtà che vi sono connesse. Vi dovete sentire impegnati a collaborare responsabilmente al processo conoscitivo. Non siete dei semplici assimilatori di nozioni: siete dei ricercatori, chiamati a recare, insieme con i Professori e sotto la loro guida, un vostro contributo al progresso della scienza teologica.

E' importante, quindi, che non vi limitiate soltanto a studiare: dovete soprattutto impadronirvi del metodo, secondo cui deve essere condotto lo studio, così da essere in grado di proseguire, a suo tempo, il cammino anche da soli. I gradi accademici vogliono essere il riconoscimento ufficiale della ormai acquisita maturità scientifica. Sono, peraltro, immediatamente evidenti gli utili riflessi che tale maturità avrà anche sul piano pastorale, rendendovi capaci di entrare in dialogo, domani, con la mentalità, le istanze, le attese, il linguaggio dell'uomo del nostro tempo.

Va da sé che tale partecipazione attiva al processo conoscitivo, che si svolge nell'Università, debba attuarsi in modo progressivo, adeguandosi alla natura dei diversi cicli secondo cui è ordinato il vostro curriculum di studi. Il primo ciclo, infatti, è destinato a dare un'informazione generale, mediante l'esposizione coordinata di tutte le discipline, insieme con l'introduzione all'uso del metodo scientifico. Nei cicli successivi, invece, si intraprende lo studio di un particolare settore delle discipline e, contemporaneamente, si offre agli studenti un esercizio più compiuto del metodo della ricerca, per arrivare progressivamente alla maturità scientifica (Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Norme Comuni, art. 40).

Mi preme richiamare, qui, la necessità che "nell'adempiere l'ufficio didattico, specialmente nel ciclo istituzionale, siano anzitutto impartiti quegli insegnamenti, che riguardano il patrimonio acquisito della Chiesa" (cfr. Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Norme Comuni, art. 70). Solo sulla base della responsabile assimilazione di tale patrimonio, infatti, può essere stimolata fra gli studenti la creatività e lo spirito di ricerca, in quella comunione di animi e di intenti, sorretta dalla tensione verso l'unica verità, che deve costituire una delle precipue caratteristiche della vita universitaria.

Si attuerà, così, con il leale apporto di tutti, il grande sforzo conoscitivo, che deve coinvolgere l'Università tutta intera, con ogni sua componente, impegnandola nella penetrazione della verità rivelata, con l'uso di tutti i metodi di ricerca.


8. Chi non vede la fondamentale importanza che tale sforzo ha per la vita della Chiesa e, in particolare, per la sua unità? A questo, del resto, pensava sant'Ignazio quando pose le basi del Collegio Romano. Egli concepi una "universitas omnium gentium", la quale, situata a Roma accanto al Vicario di Cristo e strettamente legata a lui con vincolo di fedeltà, fosse a servizio di tutte le Chiese di ogni parte del mondo, per favorire, attraverso una profonda riflessione sulla fede, la retta predicazione del Vangelo con un vivo senso dell'unità cattolica. In questo modo egli contribui in misura notevole a mantenere l'unità del mondo cristiano, minato all'interno da profonde divisioni.

Da quel tempo, entro le strutture di questo Centro di studi sono vissuti in armoniosa collaborazione professori e studenti di nazioni e culture differenti, qui imparando a conoscersi fra loro e a maturare, sulla base del comune patrimonio di fede, vincoli di permanente unità. E' questa unità cattolica che è stata vigorosamente proclamata in tutto il mondo, con la dottrina e con la vita, e più volte col martirio, dai diciannove Santi e dai ventiquattro Beati formati in questa Università. Alla medesima unità cattolica hanno servito i sedici Sommi Pontefici e gli innumerevoli Cardinali, Vescovi, Sacerdoti e, da qualche tempo in numero sempre più grande, le religiose e i laici, che in queste aule hanno approfondito la loro fede.

Alla luce di tanto nobili tradizioni, dico a tutti voi che mi ascoltate: vi attende una grande missione a servizio di tutte le Chiese. Voi qui imparate a stimarvi e a fraternizzare nel lavoro comune e nella ricerca dell'unica Verità. Le conoscenze che qui acquistate e le esperienze che qui fate, voi le utilizzerete a favore delle Chiese di tutto il mondo. E' necessario, infatti, che le singole Chiese locali sviluppino le loro forze espressive e sfruttino le ricchezze delle loro proprie tradizioni religiose e culturali. Ma proprio per questo è anche necessario che tali esperienze vengano tra loro confrontate, vagliate, scambiate, in un'atmosfera di comune comprensione e di attenzione reciproca, perché sia conservata la comunione nell'intendere e nel volere.

Ecco qui la funzione importantissima di un Centro come questo, di una "universitas omnium gentium" nel cuore di Roma e vicino al Papa. Essa, giovandosi della sua secolare tradizione di collaborazione sia a livello di studenti che di docenti, tra culture, lingue e mentalità diverse, può e deve contribuire a mantenere e ad accrescere quel senso di fraternità, di mutuo ascolto, di capacità di capirsi, senza il quale non si può salvaguardare l'unità né tendere verso di essa.

Il Papa conta su di voi per il proseguimento di questa tradizione di servizio all'unità. Voi, studenti e studentesse, ritornando alle vostre Chiese, dovrete assumere diverse responsabilità di ministero e di servizio. Sappiate portare vivo in tutte le responsabilità e nei vostri contatti quel senso di cattolicità e di apertura universale, che è come il respiro della Chiesa. Siate promotori di unione e di fraternità, fautori di apertura e di dialogo tra le diverse lingue e culture. Recate il vostro contributo alla fusione armoniosa delle caratteristiche individuali di ogni cultura con tutti quegli elementi, che sono fonte permanente di unità cattolica.


9. E a voi, docenti, che lavorate proprio per questo in una situazione che esige particolare sacrificio e un continuo sforzo di attenzione e di apertura a quanto viene da ogni parte del mondo cattolico e dell'intera famiglia umana, dico il mio grazie riconoscente ed esprimo il mio incoraggiamento.

Si richiede da voi una ricerca coraggiosa ed aperta, libera da ogni pregiudizio e particolarismo, con lo sguardo fisso sul mistero centrale che è il Cristo, che opera e si manifesta nella sua Chiesa e che ha voluto porre nella Chiesa di Roma il segno visibile dell'unità del suo Corpo, affidando a Pietro e ai suoi successori il compito di garantire l'integra proclamazione della verità cattolica, a servizio della Chiesa e di tutta l'umanità.

Cresca in voi, con lo studio, la passione per Cristo, così che il vostro insegnamento possa trasmettere ai giovani un'esperienza viva di lui: non va, infatti, dimenticato che lo scopo fondamentale della vostra fatica resta quello di "formare" dei cristiani e, in particolare, dei sacerdoti, capaci di recare domani un valido contributo all'azione pastorale con la testimonianza della parola e soprattutto della vita.

Carissimi professori, il Papa, che è stato anch'egli un uomo di studio e di Università, comprende molto bene le difficoltà del vostro lavoro, il peso gravoso che esso comporta, le asperità che si oppongono al vostro impegno e al vostro ideale. Non vi lasciate scoraggiare dalle tensioni quotidiane. Sappiate essere ogni giorno creativi, non accontentandovi troppo facilmente di quanto è stato utile per il passato. Abbiate il coraggio di esplorare, pur con prudenza, vie nuove. La costituzione apostolica "Sapientia Christiana" vi riconosce "una giusta libertà di ricerca e di insegnamento, perché si possa avere un autentico progresso nella conoscenza e nella comprensione della verità divina" (Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", Norme Comuni, art. 39 § 1,1).

Vi saranno necessari, proprio per questo, equilibrio interiore, fermezza della mente e dello spirito e, soprattutto, una profonda umiltà del cuore, che vi renda discepoli attenti della verità, in docile ascolto della Parola di Dio, autenticamente interpretata dal Magistero. I superbi, ammonisce san Tommaso, "dum delectantur in propria excellentia, excellentiam veritatis fastidiunt" ("Somma Teologica", II-II 162,3, ad 1).


10. Carissimi docenti, studenti e collaboratori.

La Provvidenza ci ha dato di attuare questo incontro nel clima soffuso di dolcezza delle ormai prossime festività natalizie. Tra pochi giorni noi rivivremo il mistero ineffabile della nascita nel tempo del Verbo eterno di Dio.

All'uomo che lo cerca, Dio si è fatto incontro con i lineamenti, la voce, i gesti di un essere umano. Il Dio invisibile è diventato in Cristo l'Emmanuele, il Dio-con-noi.

Vengono alla mente le parole del Prefazio natalizio: "Nel mistero del Verbo incarnato una nuova luce del tuo fulgore è apparsa agli occhi della nostra mente; perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all'amore delle cose invisibili". Non v'è qui, espresso in sintesi, il senso profondo del vostro impegno universitario? Cristo è il vero "méthodos" di ogni ricerca teologica, perché egli è "la via" (cfr. Jn 14,6) per la quale Dio è venuto a noi e per la quale noi possiamo giungere a Dio. E' lui che sostiene i vostri studi, lui il centro della vostra vita e della vostra preghiera. Camminate con slancio su questa "via", sorretti dalla fede e dall'amore! Nell'invocare su di voi e sul vostro lavoro l'abbondanza dei lumi celesti, affido la vostra Università e gli Istituti ad essa consociati alla vigile protezione di Colei che è Madre della Sapienza, perché è Madre di Cristo. Maria vi sia accanto nella vostra quotidiana fatica.

A voi tutti la mia apostolica benedizione con gli auguri più cordiali di un gioioso e santo Natale.

Data: 1979-12-15

Data estesa: Sabato 15 Dicembre 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Ai Capitolari del "Fatebenefratelli" - Città del Vaticano (Roma)