GPII 1980 Insegnamenti - Omelia alla messa per i i ministranti - Città del Vaticano (Roma)


2. Certo, la liturgia non occupa tutta l'attività della Chiesa. C'è una larga parte di annuncio, di catechesi, di predicazione, per svegliare la fede, nutrirla, educarla. E voi stessi, voi ne beneficiate. C'è la preghiera personale in cui ciascuno deve parlare al Signore nel segreto, o con i suoi amici. Ci sono tutte le opere di apostolato e di carità: l'amore è il segno col quale si riconoscono i discepoli del Cristo. Ma la liturgia è il culmine al quale tende tutta l'azione della Chiesa, e l'origine da cui sorge la sua forza (cfr. SC 9-10).

E li che si annoda l'alleanza con Dio, che il popolo è santificato, rende gloria a Dio, rafforza i suoi legami con la Chiesa e fortifica la sua carità. Durante e dopo il grande Concilio Vaticano II, la Chiesa ha voluto restaurare la liturgia, affinché essa esprima con maggior chiarezza queste realtà sante e che il popolo cristiano possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria (cfr. SC 21). Bisogna che questa celebrazione, anche nella sua semplicità, sia sempre bella e degna, e che essa conduca i partecipanti ad entrare nell'azione santa di Gesù che ci fa comprendere la sua parola, si offre in sacrificio e ci unisce al suo corpo.

Io stesso, in occasione del Giovedi Santo, ho scritto, sul senso dell'eucaristia e il modo di celebrarla, una lettera a tutti i Vescovi e, attraverso loro, a tutti i sacerdoti.

Per quanto vi riguarda, miei cari giovani amici, voi eseguite a fianco del sacerdote, che agisce solo nel nome di Cristo, un servizio, che consiste nel farvi diventare ancora più evidentemente gli adulti del mistero eucaristico.

Ascoltate ciò che hanno detto i Vescovi nell'ultimo Concilio: "Durante la celebrazione liturgica ognuno deve, fosse liturgista o fedele, fare solo tutto ciò che concerne l'adempimento del suo compito, ciò che a lui tocca, in osservanza delle regole liturgiche, dalla natura del fatto. Anche i chierichetti - così venite qui denominati -, lettori, commentatori e coristi eseguono un vero servizio liturgico. Perciò devono assolvere il loro compito in sincera devozione ed in un ordine, quale si addice ad un tale servizio e come giustamente da essi pretende il Popolo di Dio" (SC 28-29). Nella mia lettera di poco tempo fa sul mistero e sulla adorazione della santissima eucaristia ho ancora aggiunto: "Le possibilità, che il rinnovamento postconciliare ha creato, devono sempre servire affinché diventiamo testimoni e partecipi di una vera celebrazione della parola di Dio. Aumenti inoltre il numero di quegli uomini che prendono parte attivamente a questa celebrazione" (SC 10).

Ciò vale prima di tutto anche per i "chierici", i "chierichetti" - "servants", "chierichetti", "enfants de choeur", "grands clercs", come vengono chiamati in altri paesi. Accompagnino il sacerdote all'altare, preghino al suo fianco, gli offrano ciò che ha bisogno per la santa offerta. O, detto brevemente, eseguano in un certo qual modo le funzioni di accoliti, anche senza aver appositamente ricevuto l'anzianità di consacrazione di questi.

Inoltre vi sono ancora altri servizi, che sono parimenti necessari per una degna celebrazione dell'eucaristia. Ringrazio i "lettori", la qualcosa riguarda prima di tutto i più adulti tra di voi; il servizio dei "cantori", in modo particolare nel ruolo di "schola cantorum", di coro per bambini, giovani e adulti della chiesa. Questi servizi sono compito dell'intera comunità e perciò dei laici, uomini e donne. Quando essi sono eseguiti degnamente, diviene più eloquente l'intera celebrazione ed essa avviene con più grande partecipazione interiore. Si potrebbe inoltre richiamare ancora l'attenzione a coloro che si rendono partecipi del gesto dell'offertorio: i doni sono per così dire un simbolo per tutto ciò che la comunità durante la celebrazione eucaristica porta a Dio come offerta e porge nello spirito; fra cui si trovano il pane e il vino, i quali divengono il corpo e il sangue del Signore.

Miei giovani, cari amici, tutti questi servizi devono tuttavia essere ben preparati. Dovete adoperarvi per comprendere la liturgia, più ancora, dovete, in molteplici modi, dichiararvi per Cristo e per la Chiesa. Fare ciò e impararlo è il compito educativo dei vostri gruppi, nei quali vi dedicate alla preghiera e all'apostolato. Coloro che sono incaricati a leggere o a cantare i testi della Sacra Scrittura, devono ben comprendere il senso della parola di Dio, perciò esaminare e imparare ad annunciare in modo dignitoso e chiaro, affinché sia ben percepito e compreso, e dato ai presenti con utilità spirituale. In questo contesto vorrei energicamente pregare che i sacerdoti e gli educatori dedichino a questa preparazione tutta la cura ed il tempo necessari.

E' mio grande desiderio che la liturgia soprattutto sia ristabilita nella sua totale dignità ed eseguita come vero atto santo, poiché essa ci pone in comunione con Cristo, con il triplice spirito! Vorrei che i fedeli partecipino attivamente, con piena fede e rispetto, con raccoglimento e devozione, ed anche con il dovuto zelo. Voi avete l'opportunità di contribuire a ciò in grande misura.

Ed io so anche che nei vostri paesi molti si adoperano a tal fine. Nondimeno in molti luoghi questo servizio appare essere troppo trascurato. Sotto il pretesto della semplicità si decade in monotone celebrazioni, o a dimenticarne il carattere sacro e festoso. Da parte mia in Polonia, prima di tutto nella diocesi di Cracovia, ho fatto indimenticabili esperienze, per cui i giovani hanno contribuito in misura determinante alla bellezza ed alla vivacità della celebrazione eucaristica.


3. Ritorniamo adesso al Vangelo di questo giorno. E' in qualche modo la trama di ciascuna delle nostre messe. Come i discepoli di Emmaus, noi ascoltiamo il Signore che ci parla del senso della sua morte, della sua risurrezione, di ciò che egli aspetta da noi. E il celebrante, come Gesù, ve lo spiega. Ma ciò non basta. Il Signore, nella persona del suo ministro, benedice e spezza il pane. E sotto l'apparenza del pane, i vostri occhi, educati dalla fede, sono sicuri di riconoscerlo. Questo riconoscimento, questa vicinanza di Gesù, e più ancora il fatto che voi stessi ricevete, dopo una degna preparazione, questo pane di vita che è il suo corpo, vi riempiono di una gioia indicibile, perché voi amate il Signore. Auspico che questa esperienza, che voi rinnovate frequentemente accanto al celebrante, lasci delle tracce durature nella vostra vita. Certamente, voi non siete dispensati dagli sforzi, perché c'è il rischio che voi vi "abituiate" a questi gesti che vedete così da vicino e così spesso, e che non riconosciate sufficientemente l'amore del vostro Salvatore che si avvicina e vi fa cenno.

Occorre che il vostro cuore vigili, occorre che la preghiera mantenga in voi il desiderio del suo incontro, ed occorre anche che dopo la messa voi condividiate con altri l'amore ricevuto.

Il vostro servizio, cari amici, vi associa dunque al sacro ministero del sacerdote che celebra l'eucaristia e gli altri sacramenti, nel nome stesso di Cristo. Ma avrete sempre, fra di voi, i sacerdoti che desiderate e di cui il Popolo di Dio non può fare a meno? Voi sapete quanto i vostri paesi hanno un grandissimo bisogno di vocazioni sacerdotali. Rivolgendomi ai ragazzi ed ai giovani che sono presenti io dico loro: "E tu, hai mai pensato che il Signore Gesù ti invitava forse ad una intimità più grande con lui; ad un servizio più elevato, ad una donazione radicale, precisamente come suo sacerdote, suo ministro? Quale grazia sarebbe per te, per la tua famiglia, per la tua parrocchia, per le comunità cristiane che attendono dei sacerdoti! Certo, questa grazia non è obbligante...

"Se tu vuoi", diceva Gesù. Ma tanti giovani - anche oggi - hanno ancora il gusto del rischio! Sono sicuro che molti di loro sono capaci di lasciare tutto per seguire Gesù e continuare la sua missione. In ogni caso, voi dovete porvi lealmente la domanda. Il modo con cui voi compite adesso il vostro servizio vi prepara a rispondere alla chiamata del Signore.

Mentre termino il mio discorso a voi rivolto, esprimo la mia speranza che tutta la comunità vi aiuti a rivalutare le vostre funzioni liturgiche, e a compierle tanto perfettamente quanto è possibile, così che tutti prendendo parte alla celebrazione possano avere la loro fede e carità rinnovate in Cristo.

Io desidero che comprendiate che il Papa vi ama e conta moltissimo su di voi. Vi benedico con tutto il cuore, e vi lascio con queste parole: "Servite il Signore con allegrezza!".

[Traduzione dal francese, tedesco e inglese]

Data: 1980-04-09 Data estesa: Mercoledi 9 Aprile 1980.


Omelia alla messa per un gruppo di neo-diaconi - Palazzo pontificio, Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Siete stati chiamati a un ministero di carità

Cari figli e fratelli in Cristo.

1. In presenza della comunità dei fedeli, rappresentata da un gruppo di vostri genitori, parenti e amici, io sono venuto qui a ratificare il dono delle vostre vite come diaconi della Chiesa di Dio. Nel far così siete colmi di fiducia perché sapete che la vostra vocazione e il vostro ministero trovano il loro effettivo supporto nella forza della risurrezione di Cristo, che la Chiesa sta celebrando con gioiosa gratitudine e amore durante tutto questo santo periodo.

La Chiesa ha davvero posto un grande tesoro nelle vostre mani, vi ha chiesto di essere uniti in modo particolare al Signore Gesù nella sua adorazione al Padre e nel suo servizio all'umanità. Siete chiamati alla più grande conformità con Cristo il servitore, e da ora in poi la vostra discepolanza si manifesterà nel ministero della parola, dell'altare e della carità.


2. Tutta la vostra vita deve affondare le sue radici nella parola di Dio, che voi siete chiamati ad accettare e a comunicare in tutta la sua ricchezza, proprio come è proclamata dall'unica, santa, cattolica e apostolica Chiesa. Nel sacrificio eucaristico - a cui voi partecipate e che sarà per sempre il centro della vostra vita - Cristo stesso offrirà l'intero vostro ministero della carità a suo Padre.

D'ora in poi, avrete un particolare rapporto con la povertà, la sofferenza, la malattia - con ogni tipo di miseria. E ricordate sempre che il più grande servizio che renderete al Popolo di Dio è quello di portargli il Vangelo di salvezza che arreca la vita e l'aiuto.


3. Per prepararvi al compito del servizio, la Chiesa ha solennemente invocato su di voi lo Spirito Santo e i suoi sette doni. Lo Spirito Santo è colui che è in grado di conformarvi sempre più profondamente a Gesù che voi rappresentate, e che vuole prolungare attraverso di voi la sua salvifica unione con l'umanità. Il popolo deve poter vedere Cristo in voi, il maestro deve essere riconosciuto nel discepolo. E' nel nome di Gesù che voi siete stati mandati, e ogni cosa che voi sarete in grado di fare vi sarà data "in nome di Gesù Cristo il nazareno" (Ac 4,10).


4. Allo scopo di essere coscienti del vostro compito di servire nel suo santo nome, e allo scopo di rimanere effettivamente uniti con lui, voi dovete pregare.

Dovete frequentemente innalzare i vostri cuori al Signore che vi ha chiamati per nome e vi ha affidato una grande responsabilità. A questo riguardo, la liturgia delle ore sarà l'arricchimento della vostra vita e la garanzia dell'efficacia del vostro ministero di servizio. La preghiera deve sostenere il vostro servizio e il vostro servizio di rimando deve, ripetutamente, ricondurvi alla preghiera. Siate sicuri che Maria, la madre del Signore risorto, vi aiuterà nei vostri sforzi e rimarrà con voi col suo amore.


5. E infine, cari figli e fratelli, affinché la vostra gioia possa essere completa, ricordate le parole di Gesù, l'assicurazione che ci ha dato, la meravigliosa promessa che ci ha fatto: "... Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Jn 12,26). Si, come diaconi, siete chiamati a servire Cristo nelle sue membra e a essere onorati dal suo eterno Padre, al quale è ogni lode e gloria nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-04-11Data estesa: Venerdi 11Aprile 1980.


Ai pellegrini delle diocesi di Aquino, Sora, Pontecorvo e Grosseto - Aula Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Portate nel mondo il senso pasquale della vita

Fratelli e figli carissimi delle diocesi di Aquino, Sora, Pontecorvo e Grosseto! Questo, veramente un giorno di grande gioia per me e per voi! 1. E come non rallegrarsi nel vedervi così numerosi e fervorosi venuti a Roma, con i vostri rispettivi Vescovi, essenzialmente per motivi di fede, per incontrarvi cioè col Papa, col vicario di Cristo, per pregare con lui e per lui, per ascoltare la sua parola e riportarne una conferma e un incoraggiamento nella propria vita cristiana? perciò, con profondo affetto porgo a voi tutti il mio benvenuto e il mio ringraziamento.


2. Saluto prima di tutto i carissimi fedeli delle diocesi di Aquino, Sora e Pontecorvo, presenti con il Vescovo monsignor Carlo Minchiatti, i sindaci accompagnati dai rispettivi gonfaloni comunali, già fregiati di "medaglia d'oro" da Paolo VI nel gennaio 1974, il clero, il seminario, i religiosi e le religiose, le varie associazioni ecclesiali e la numerosa rappresentanza di insegnanti e di studenti. La vostra presenza così imponente e così affettuosa mi conforta e mi allieta: vi ringrazio di cuore e tutti spiritualmente vi abbraccio nel Signore, non dimenticando coloro che non hanno potuto partecipare a questo gioioso avvenimento. Avete desiderato incontrare il Papa per commemorare in modo degno e solenne il centenario della proclamazione di san Tommaso d'Aquino a "patrono delle scuole cattoliche"; per celebrare, insieme ad altre iniziative, il decennio dell'attività del vostro Vescovo e, inoltre, per avere una speciale benedizione sulla costruzione in corso del nuovo santuario della Madonna del Canneto e sui lavori preparatori al prossimo sinodo interdiocesano.

La vostra presenza vuole anche gentilmente ricordare la visita che io stesso potei effettuare, nel 1974, alle vostre terre, in occasione della mia partecipazione al congresso tomistico internazionale.

Quante belle e interessanti iniziative! Non posso che complimentarmi con voi! Continuate a lavorare e ad impegnarvi con amore e fervore in tutte le attività diocesane e parrocchiali! Continuate a rimanere uniti e attivi nella fedeltà a Cristo, alla Chiesa, al Vescovo! Continuate a mantenere alta e limpida la vostra fede nella luce intramontabile di san Tommaso, il vostro illustre e immortale concittadino, "a seguire le orme di un così grande campione della fede, che - come vi disse un giorno Paolo VI, di venerata memoria, con una sintesi felice e da non dimenticarsi - fu un sapiente come pochi altri un sommo studioso dei misteri di Dio e della sua opera creatrice e redentrice, un innamorato di Cristo e della Vergine, un'anima serena, casta, umile, obbediente, ricca di tutte le virtù umane e cristiane del perfetto religioso" ("Insegnamenti di Paolo VI", XII [1974] 15) La formidabile capacità intellettiva di san Tommaso, analitica e sintetica; l'insuperabile conoscenza della Sacra Scrittura; l'inconfondibile sua santità devono essere per voi, in particolare, guida e conforto. La vostra diocesi sia sempre modello di fervore eucaristico e mariano, consolazione del Vescovo, del Papa e della Chiesa intera! Vi sia di aiuto in questi propositi anche il mio incoraggiamento, unito alla mia costante preghiera.


3. Ed ora il mio saluto si rivolge ai fedeli, ugualmente amatissimi, della diocesi di Grosseto, che, guidati dal Vescovo monsignor Adelmo Tacconi, hanno voluto anch'essi venire in pellegrinaggio a Roma per incontrare e ascoltare il Papa.

Voi sapete che qui a Roma c'è un padre, un fratello, un amico, che vi ama, vi pensa, vi segue con la preghiera e con l'ansia della sua missione universale... E siete venuti a fargli visita! Grazie per la vostra così delicata gentilezza, che intendo ricambiare con il mio affettuoso ricordo nella preghiera.

Penso in questo momento alle varie categorie di persone della vostra diocesi: ai parroci e ai sacerdoti, al seminario e all'azione cattolica, ai religiosi e a tutti i gruppi e movimenti ecclesiali, così numerosi e attivi, ai volontari della sofferenza, ai responsabili della vita pubblica, ai lavoratori, ai padri e alle madri di famiglia, ai giovani e ai fanciulli... E non posso dimenticare don Zeno Saltini, ben noto per le sue tante esperienze, la sua comunità di Nomadelfia; e non voglio dimenticare neppure la "Corale Puccini", celebre in Italia e all'estero! Vedo in questo momento la vostra terra di Maremma, ricordata da illustri poeti e descritta da celebri scrittori: la zona costiera diventata un giardino di produttività, famosa per l'attrattiva del suo mare; la zona agricola, disseminata di linde e accoglienti case coloniche nel verde affascinante della campagna; la zona collinare, con le importanti miniere e gli stabilimenti per l'estrazione e la lavorazione dei vari metalli... La vostra diocesi è tutto un fervore di lavoro e di interessi; è tutto uno scambio di esperienze e di ideali. Anche a voi, fedeli di Grosseto, con tutto l'amore che nasce dalla fede e dalla responsabilità, io dico: mantenete ferma e coraggiosa la vostra fede cristiana! Nel tormentato groviglio della società moderna, così splendida ma così inquieta, così intelligente e pur così fragile, non disarmate mai dai vostri principi di fede! E' proprio questa società che dobbiamo amare, curare, salvare! Come il buon samaritano, che con misericordia e con fiducia, si piega sui fratelli e li aiuta, nel nome di Dio! In modo particolare vi esorto ad approfondire sempre meglio la conoscenza della fede cristiana e a farvi apostoli della frequenza alla santa messa e ai sacramenti! 4. Vorrei, a ricordo di questo nostro fraterno incontro, lasciare ancora a voi, pellegrini e ospiti tanto amati, un'esortazione finale, suggerita dal tempo pasquale che stiamo vivendo nella liturgia, in modo che il vostro pellegrinaggio "alla sede di Pietro" non sia in seguito soltanto un dolce ricordo, ma sprone per un impegno cristiano sempre più intenso.

Vivete la vostra vita col senso della Pasqua! Il cristiano infatti deve distinguersi proprio per tale senso pasquale della vita e della storia. E che cosa significa? Significa essere convinti che la risurrezione di Gesù e l'avvenimento decisivo e determinante di tutta la storia umana, e quindi della nostra esistenza, perché le dà la garanzia di un significato trascendente ed eterno. E' difficile talvolta vedere la luce al di là delle tenebre! E invece il cristiano è colui che, nella notte, attende fiducioso il sorriso dell'alba; è colui che, oltre le tenebre e l'angoscia del Venerdi Santo, scorge la gioia e la gloria della Domenica di Pasqua! Cristo è risorto, perciò la sua parola è divina: Dio ci ama, l'uomo è salvato, la storia è redenta! Portate nella vostra vita e nel vostro ambiente, nella famiglia e sul lavoro, nei momenti della serenità e nei luoghi della sofferenza questo senso pasquale della salvezza e della vera speranza; questo attende e desidera dal cristiano il mondo moderno! Fratelli e figli carissimi! Vi affido alla Vergine santissima: essa ci ama, ci protegge, ci illumina, ci attende! Sia sempre presente nelle vostre preghiere e nelle vostre decisioni! Mantenga viva in voi l'intelligenza della fede e, come ho detto, quel senso pasquale che è fonte di letizia interiore e di fervore.

Vi accompagni anche l'assicurazione del mio ricordo affettuoso ed orante, insieme alla benedizione apostolica, che con grande effusione imparto a voi e a tutte le persone a voi care!

Data: 1980-04-12Data estesa: Sabato 12Aprile 1980.


In occasione del XXV di episcopato - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al Cardinale Satowaki

Al Venerabile Fratello Nostro Joseph Asajiro di S.R.C. Cardinale Satowaki Arcivescovo di Nagasaki Poiché abbiamo saputo che tra pochi giorni compirai, venerabile fratello nostro, venticinque anni da quando hai ricevuto l'ordinazione episcopale, mentre pensiamo a questo felicissimo avvenimento, ci è gradito inviarti questa lettera gratulatoria, affinché per mezzo di essa ti sia confermata la nostra benevola stima e tu abbia per certo che già fin d'ora, anche se solo con il pensiero, noi partecipiamo a questa attesa celebrazione e letizia.

C'è davvero motivo, in questa occasione, di lodare, in stretta comunione, il benignissimo Dio per la così grande generosità, che ti ha riserbata in tanti anni. Egli infatti ti concesse, un giorno, di essere ordinato sacerdote in eterno, alla fine degli studi teologici, proprio qui nell'Urbe. Allora, tornato in patria culturalmente ben preparato, incominciasti a ricoprire parecchi incarichi nelle arcidiocesi di Nagasaki. Per un breve tempo svolgesti l'ufficio di amministratore apostolico dell'Isola di Formosa, quando lo stato delle cose era difficile; e ciò con molta lode. Dopo, con oculatezza, fosti insignito della dignità episcopale e, essendo stata la Chiesa di Kagoshima elevata nel 1955 al grado di diocesi, tu fosti il suo primo pastore, e in essa compisti il tuo lavoro pastorale per tredici anni; lavoro fecondo, come attestano chiaramente sia i fedeli di Cristo e i presbiteri, diventati il doppio di numero in quel tempo, sia le iniziative benefiche e sociali e scolastiche sorte e incrementate per opera tua. Infine, raccomandato dalle tue doti e dai tuoi meriti, nonché dal tuo particolare talento missionario, e dotato e distinto per pratica degli affari, essendo parso il più degno di tutti di reggere la illustre arcidiocesi di Nagasaki, fosti messo a capo di essa come padre e pastore verso la fine dell'anno 1968, e da allora con immutata sollecitudine lavori anche al presente per la salute di codesti fedeli affidati alle tue cure.

Sappiamo poi che, in conformità con l'ufficio di Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Giappone, sei anche la loro guida nel dirigere le faccende pastorali secondo il mandato degli apostoli, nell'ottemperare alle prescrizioni del Concilio Vaticano II e nella inconcussa fedeltà alla Sede Apostolica, nella quale offri un esempio eminente e degno di ogni lode. Ma, non essendo necessario ricordare qui le molte altre cose rimanenti, dalle quali sappiamo che è messa in evidenza la tua attività, noi ti esortiamo a continuare con coraggio, sicché, rendendoti utile il più possibile anche in seguito a codesta porzione del sacro gregge, tu corrisponda all'attesa della Chiesa.

Per il resto, mentre ti abbracciamo con la medesima carità, con la quale poco tempo fa ti abbiamo annoverato nel sacro Collegio dei Cardinali di S.R.C., non ci resta altro che confermare i nostri migliori auguri, uniti a ripetute congratulazioni, con la Benedizione Apostolica, che ti impartiamo affettuosamente e che vogliamo sia estesa anche ai tuoi parenti, venerabile fratello nostro, e a tutti coloro che prenderanno parte alla gioia di questo giubileo.

Dai Palazzi Vaticani, il 12aprile, anno 1980, secondo del nostro pontificato.

[Traduzione dal latino]

Data: 1980-04-12Data estesa: Sabato 12Aprile 1980.


Alle autorità - Santuario della Consolata (Torino)

Titolo: Il mio itinerario di fede è anche pellegrinaggio verso l'uomo

All'inizio della giornata che segna la mia visita-pellegrinaggio a Torino, sono lieto di incontrarmi, anzitutto, con le autorità qui presenti, e di indirizzare ad esse il mio saluto cordiale e rispettoso, manifestando, in pari tempo, la gioia per una tale occasione, che mi consente di esternare l'affetto e la stima che legano il Papa a questa città.

Rivolgo il mio pensiero deferente, in particolare, al signor ministro Adolfo Sarti, che a nome del governo italiano ha voluto porgermi un gentile indirizzo di omaggio; dirigo altresi, il mio grato compiacimento al signor sindaco della metropoli pedemontana, il quale mi ha amabilmente accolto col suo ospitale benvenuto, interpretando ed anticipando i sentimenti dell'intera cittadinanza.

Saluto, altresi, i qualificati rappresentanti del mondo dell'industria e del lavoro, qui convenuti.

Quando, all'inizio di settembre del 1978, venni a Torino come pellegrino, ansioso di venerare la santa Sindone, insigne reliquia legata al mistero della nostra redenzione, non potevo certamente prevedere, all'indomani della elezione del mio amato predecessore Giovanni Paolo I, che vi sarei tornato, a meno di due anni di distanza.,con altre responsabilità ed in altra cornice. Al raccolto silenzio di allora, che ben si addiceva a quel preciso momento di preghiera e di riflessione, corrisponde, al presente, l'accoglienza di una popolazione, che viene incontro non tanto alla mia persona, ma piuttosto a chi è investito, per divino disegno, del mandato apostolico di pastore universale, con diretta responsabilità nei riguardi di ciascun cristiano, anzi di ciascun uomo.

La mia odierna visita non può non essere contrassegnata da un prevalente carattere pastorale che induca negli animi, oltre al rispetto per i fondamentali valori dello spirito, anche l'aspirazione sincera ed efficace ad una ripresa nei diversi settori della vita associata, in sintonia con le nobili e generose tradizioni di civiltà dei torinesi, e con quella loro fede ed identità cristiana, che hanno offerto esempi eloquenti di rinnovamento religioso e sociale.

Le visite dei miei venerati predecessori Pio VI e Pio VII, realizzate in situazioni storiche tanto particolari, furono avvertite allora dai torinesi nel loro significato di fede, quale presenza pastorale del vicario di Cristo, che, in ossequio ai doveri della propria missione, affronta il cammino della deportazione e dell'esilio.

Quale, dunque, il significato del mio odierno viaggio a Torino? E' chiaro che esso è principalmente il pellegrinaggio della fede, intrapreso e realizzato nella prospettiva dell'esperienza pasquale di tutta la Chiesa: esperienza di vittoria del bene sul male, dell'amore sull'egoismo, dello spirito di servizio sull'oppressione ed il sopruso, così come ne hanno dato testimonianza eloquente i santi di questa città, fioriti nel secolo scorso, insieme con altre illustri personalità nel campo dell'educazione, dell'assistenza e della carità.

Tale esperienza pasquale vittoriosa ha origine dalla certezza che Cristo è morto e risorto per noi, per offrire cioè all'uomo l'autentico significato dell'esistenza, per essere pietra angolare della storia, luce nelle tenebre di ogni smarrimento intellettuale e morale, salvezza dell'umanità intera, instancabilmente desiderosa di pace e di felicità.

Ecco, allora, che questo mio itinerario di fede è anche pellegrinaggio verso l'uomo di oggi, che, sulla terra italiana, e, in particolare, in questa città, si trova inserito in concrete condizioni sociali, ed è chiamato a vivere in determinate circostanze storiche i suoi problemi esistenziali. In tale preciso contesto, voglio e devo annunziare il vittorioso messaggio pasquale; messaggio di fiducia e di speranza. Il mio incontro assume, così, un senso di evidente, profonda solidarietà, la quale, mentre soddisfa un bisogno del cuore e risponde ad un vivo appello della coscienza, è suggerita ed imposta dall'atto di fede nella risurrezione di Cristo, unico salvatore dell'uomo.

Animato da tale spirito, mi propongo in primo luogo, di intrecciare un colloquio di umana amicizia con tutte le componenti della pulsante vita cittadina; desidero, animare un momento di fervore spirituale in tutti i figli della Chiesa; ed infine vorrei incoraggiare un perspicace e volenteroso risveglio di fronte alle difficoltà che oggi la società attraversa.

Certamente, Torino, anche se avverte con pena lo sconvolgimento di questi anni, è cosciente dei fattori di civiltà che emergono dalla sua storia, strettamente legata alla faticosa costruzione dell'unità d'Italia: come pure di quelli che scaturiscono dal suo ardore per la scienza ed il lavoro, e che l'hanno sempre vista impegnata in studi ed imprese, in ordine allo sviluppo della presente società della tecnica. Sono valori che, intrecciati a quelli più spiccatamente spirituali ed evangelici, hanno tracciato un volto della città, distinto dai segni di una riconosciuta e collaudata generosità verso i sofferenti ed i meno favoriti.

Torino magnanima, ed aperta all'umana indigenza, presenta quindi le sembianze dell'amore, che attirano in quest'ora il mio sguardo di profondo compiacimento e di fiduciosa soddisfazione, e che nutrono anche la mia speranza nei confronti del suo futuro.

Desideroso che la mia presenza costituisca un segno di speranza e di pace, elevo la mia preghiera affinché nella coscienza di tutti si approfondisca la confidenza anzitutto nella divina assistenza e conseguentemente nella possibilità di costruire un avvenire prospero ed operoso, con la cooperazione di tutte le forze della comunità.

Con questo auspicio, che sale dal profondo dell'anima, do inizio alla mia giornata torinese, sulla quale imploro le benedizioni di Dio.

Data: 1980-04-13 Data estesa: Domenica 13 Aprile 1980.


Saluto ai fedeli - Santuario della Consolata (Torino)

Titolo: Maria è l'amorevole consolatrice dell'umanità tormentata

Carissimi fedeli.

In questo santuario dedicato alla Madonna "Consolata". così celebre e così caro ai torinesi, voglio specialmente ringraziare la Vergine santissima per la gioia e la consolazione che mi dà di poter pregare con voi e per voi, per il bene della città, di tutta la Chiesa e dell'umanità intera.

Dopo aver elevato la mia supplica alla Vergine santissima, insieme con immense folle, in tanti celebri santuari del mondo, da Guadalupe nel Messico a Jasna Gora in Polonia, da Loreto a Pompei, dal Santuario di Knox in Irlanda a quello dell'Immacolata Concezione a Washington, eccomi oggi nella Basilica della Consolata, il santuario mariano della vostra città.

Qui, sono venute le moltitudini dei torinesi a pregare, a confidare le loro pene, a implorare aiuto e protezione specialmente durante i periodi terribili delle guerre e dei bombardamenti, a chiedere luce e consiglio nelle difficoltà della vita. Qui molti hanno ottenuto conforto e coraggio; qui sono passati poveri e ricchi, umili e potenti, letterati e semplici; i bambini con la loro invidiabile innocenza e gli adulti con il peso dei loro crucci; qui molti sperduti nelle tenebre del dubbio o del peccato hanno trovato luce e perdono. Di qui, in nome della Consolata, sono partiti intrepidi missionari, sacerdoti e religiosi, suore e laici, che così hanno iniziato sereni e coraggiosi la loro vita di testimonianza e di consacrazione.

Ma soprattutto qui sono venuti a pregare tanti santi: san Carlo Borromeo, san Francesco Borgia, san Luigi Gonzaga, san Francesco di Sales, santa Francesca di Chantal, san Giuseppe Labre, san Domenico Savio, santa Maria Domenica Mazzarello, e in modo speciale il Cottolengo, don Bosco, il Murialdo e "la perla del clero torinese e piemontese", san Giuseppe Cafasso, sepolto in questo santuario, che per tanti anni resse con zelo indefesso, unicamente dedito a Dio, alle anime e alla formazione dei sacerdoti. E bisognerebbe ancora continuare l'elenco di tanti altri sacerdoti di esimia virtù, tra cui specialmente il canonico Giuseppe Allamano, e di tanti laici qualificati, tra cui ricordo in modo particolare Pier Giorgio Frassati...

Carissimi torinesi! Seguite le orme di questi santi e continuate a sentirvi tutti uniti attorno al santuario della "Consolata", specialmente nel giorno che ricorda il miracolo della guarigione del cieco e del ritrovamento della prodigiosa effige (20 giugno 1104).

Il periodo pasquale che stiamo vivendo, secondo lo spirito della liturgia, rende in certo qual modo ancora più evidente e significativo il titolo di "consolata" e "consolatrice" attribuito a Maria santissima.

La Chiesa canta in questo tempo: "Regina coeli, laetare, alleluia!"; ossia, in un certo senso invita Maria ad una specialissima partecipazione alla gioia della risurrezione di Cristo. Infatti, Maria che era stata immersa nel dolore più profondo durante la passione, l'agonia e la morte in croce del suo divin figlio Gesù, si senti "consolata" ben più di tutti gli altri dalla sua gloriosa risurrezione. Immenso e indicibile fu il suo dolore; ma poi immensa fu pure la sua consolazione! La pienezza della gioia e della consolazione scorre da tutto il mistero pasquale per il fatto che il Cristo crocifisso è morto per noi, è poi risuscitato e ha vinto la morte come aveva predetto, e tale pienezza si trova particolarmente nel cuore di Maria, ed è così sovrabbondante da diventare la fonte della consolazione per tutti coloro che a lei si rivolgono.

Si tratta di una consolazione nel più profondo significato della parola: essa restituisce la forza allo spirito umano, illumina, conforta e rafforza la fede e la trasforma in fiducioso abbandono alla provvidenza e in letizia spirituale.

Anche la Chiesa, che è madre, sull'esempio di Maria (cfr. LG 60-65), si sforza di cercare insieme con lei e di donare nel mistero pasquale quella consolazione interiore, che è il vero rafforzamento dell'anima, in base alla certezza che Cristo risorto è la vittoria definitiva del bene, della realtà salvifica di Dio, è la luce, la verità, la vita per tutti gli uomini e per sempre.

Maria santissima continua ad essere l'amorevole consolatrice nei tanti dolori fisici e morali che affliggono e tormentano l'umanità. Essa conosce i nostri dolori e le nostre pene, perché anche lei ha sofferto, da Betlemme al Calvario: "E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35). Maria è nostra madre spirituale, e la madre comprende sempre i propri figli e li consola nei loro affanni.

Ella poi ha avuto da Gesù sulla Croce quella specifica missione di amarci, e solo e sempre amarci per salvarci! Maria ci consola soprattutto additandoci il Crocifisso e il paradiso! O Vergine santissima, sii tu la consolazione unica e perenne della Chiesa che ami e proteggi! Consola i tuoi Vescovi e i tuoi sacerdoti, i missionari e i religiosi, che devono illuminare e salvare la società moderna, difficile e talora avversa! Consola le comunità cristiane, dando loro il dono di numerose e salde vocazioni sacerdotali e religiose! Consola tutti coloro che sono insigniti di autorità e di responsabilità civili e religiose, sociali e politiche, affinché sempre e soltanto abbiano come meta il bene comune e lo sviluppo integrale dell'uomo, nonostante difficoltà e sconfitte! Consola questo buon popolo torinese, che ti ama e ti venera; le tante famiglie degli emigrati, i disoccupati, i sofferenti, coloro che portano nel corpo e nell'anima le ferite causate da drammatiche situazioni di emergenza; i giovani, specialmente quelli che si trovano per tanti dolorosi motivi sbandati e sfiduciati; tutti coloro che sentono nel cuore un ardente bisogno di amore, di altruismo, di carità, di donazione, che coltivano alti ideali di conquiste spirituali e sociali! O madre consolatrice, consolaci tutti, e fa comprendere a tutti che il segreto della felicità sta nella bontà, e nel seguire sempre fedelmente il tuo figlio, Gesù!

Data: 1980-04-13 Data estesa: Domenica 13 Aprile 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Omelia alla messa per i i ministranti - Città del Vaticano (Roma)