GPII 1980 Insegnamenti - A un gruppo di giovani di Comunione e Liberazione (Roma)

A un gruppo di giovani di Comunione e Liberazione (Roma)

Titolo: Avviciniamo l'uomo nella cultura

Il Papa ha trascorso la serata di sabato 26 gennaio con circa 2000 universitari di Comunione e Liberazione. Hanno cantato al Papa canzoni popolari e laudi medioevali e gli hanno raccontato la loro esperienza di universitari. Al termine della serata Giovanni Paolo II così ha interpretato l'incontro: "Un anno fa, in questi ultimi giorni di gennaio, per la prima volta ho lasciato il Vaticano per andare in Messico. Ho incontrato il presidente e ho avuto con lui un colloquio di un'ora. Devo dire che per la prima volta ho dovuto fare un colloquio nella lingua spagnola, con un presidente. Il presidente ha cominciato così: "Lei sa che il Messico è un Paese surrealistico". E devo dire che quella parola ha facilitato il colloquio anche sui problemi fondamentali che non mancavano e non mancano in Messico, come si sa.

Ricordo questo episodio perché voglio dire che il surrealismo non appartiene solamente alla terra messicana: direi che è di casa anche in Vaticano.

Perché io mi domando per prima cosa, questi giovani come hanno saputo entrare fin qui? Poi mi domando - e qui devo invocare un testimone oculare, il dottor Gryegel di Cracovia, qui presente - come potevamo immaginarci soltanto poco più di un anno fa un incontro come quello di oggi, in cui gli studenti italiani cantano insieme con il Papa. E' certamente una cosa surrealistica! Accanto alla parola "surrealismo" vi è un'altra parola, un po' simile ma molto dissimile: la parola "soprannaturale". Ma questo non è surrealistico bensi realistico ed io vedo che voi cercate di vivere dentro la realtà. Questo mi porta gioia, così come tutti i nostri incontri, a cominciare da questo, primo del nuovo anno. Voglio dire anche brevemente - anche se su questo ci sarebbe da scrivere un trattato - che la strada che avete scelto mi sembra molto corrispondente alla situazione dell'uomo d'oggi, perché questa è un'epoca in cui l'uomo è tanto potente ma è sradicato da se stesso. Possiamo dire con certezza che non si può cercare l'identità dell'uomo tramite l'aspetto economico della socialità. Se si vuol cercare l'uomo, e se si vuol trovarlo nella sua umana identità, si deve avvicinarlo nella cultura. La cultura fa l'uomo e l'uomo fa la cultura. Questo riferimento è fondamentale e penso che la teoria e pratica del vostro movimento è appunto tale che cercate di trovare l'uomo - che significa trovare se stessi - nella sua cultura, nelle sue radici culturali: basta partecipare per mezz'ora ai vostri canti. Li ho seguiti e ho sentito i testi delle laudi medievali e ho notato la somiglianza con i testi polacchi della stessa epoca. Si vede bene come le strade della cultura umana e le sue espressioni fanno un po' lo stesso percorso tra i diversi popoli.

Ritrovando l'uomo nella sua cultura e tramite la sua cultura si trova anche la vera comunità umana, la dimensione comunitaria della vita umana. Si trovano le diverse comunità nella loro varietà, nel loro pluralismo, e, insieme, con tutte le somiglianze, con tutti i parallelismi. Per questo motivo, questo breve incontro è stato per me una grande opportunità, una grande occasione per poter constatare come il vostro modo di avvicinare i problemi dell'uomo è anche vicino al mio. Posso dire che è lo stesso. Per questo vi sono grato ma anche per quello che mi avete mostrato: quale è la strada per entrare in Vaticano. Dio vi benedica in questo anno appena cominciato: che sia buono e pacifico. Tanti auguri.

Spero, visto che ormai avete trovato la strada, che tornerete di nuovo".

Data: 1980-01-26 Data estesa: Sabato 26 Gennaio 1980.


Udienza ai Gran Duchi di Lussemburgo - Città del Vaticano (Roma)

Altezze, La visita di oggi mi offre la felice occasione di esprimere la mia profonda stima per le Vostre Altezze Reali e di salutare cordialmente il Governo e tutto il popolo del Granducato di Lussemburgo.

Lo faccio con molta gioia poiché questo paese mantiene delle eccellenti relazioni con la Santa Sede. La grande maggioranza dei suoi cittadini professa la religione cattolica, ed io mi permetto di rivolgere un saluto particolare a questa comunità che può vantarsi di una solidità nella fede, e di un impegno cristiano attivo, conservando l'unità attorno al suo devoto pastore Mons. Jean Hengen. Incoraggio di tutto cuore questi cari figli nel leale servizio al loro paese.

Tutti sanno che il Granducato di Lussemburgo, malgrado i limiti territoriali, occupa un posto di rilievo sulla scena internazionale come sede di istituzioni politiche europee o di organizzazioni mondiali. Questa apertura e queste attività sono apprezzabili, sia per la vitalità del vostro paese che per la sua partecipazione al progresso della comunità internazionale.

La complessità delle questioni economiche, politiche, giuridiche, sociali, e il groviglio delle procedure burocratiche non devono scoraggiare né far dimenticare che sono in gioco delle serie questioni da cui dipendono la pace e la qualità della civiltà di domani. La giustizia sociale e l'equità negli scambi, la solidarietà con le persone ed i popoli poveri e svantaggiati, il rispetto della vita umana ed il rispetto dei diritti dell'uomo, così come molti altri valori morali e spirituali, devono essere garantiti e promossi contemporaneamente al progresso materiale perché senza di essi ciò che costruiamo finirebbe per assomigliare alla torre di Babele, con il suo carattere inumano e il suo vuoto spirituale.

Una preoccupazione che deve stare a cuore tanto agli Stati quanto alla Chiesa è quella della famiglia: possa la forza delle istituzioni, congiunta all'istruzione, all'amore e alla responsabilità, favorire la stabilità dei focolari, il loro sviluppo e il loro fascino! La Santa Sede non dubita che tutte le forze responsabili del Granducato di Lussemburgo forniranno il loro contributo positivo, conforme alle loro migliori tradizioni.

Da parte mia, esprimo i miei auguri sinceri alle Vostre Altezze Reali che ringrazio della cortese visita, e alla loro così bella famiglia. Saluto cordialmente anche i membri della delegazione che li accompagna. Impartendovi una particolare Benedizione Apostolica, prego il Signore d'ispirare e di colmare dei suoi doni tutti i cittadini del Granducato di Lussemburgo e i loro governanti.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-01-26 Data estesa: Sabato 26 Gennaio 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità della Chiesa si realizza in Cristo

1. La settimana scorsa era piena di importanti avvenimenti, che hanno fatto rivolgere la nostra attenzione verso il mistero della Chiesa, ricordandoci che in essa vive ed opera incessantemente Cristo con la luce e la forza del suo Spirito.

Con questa fede abbiamo vissuto la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, meditando le parole della preghiera del Signore: "Venga il tuo regno". Nonostante tutte le difficoltà che si possono incontrare sulla strada dell'unità, non ci abbandonano la fede e la speranza che si compiranno le parole di nostro Signore, pronunciate alla vigilia della passione: "Perché tutti siano una sola cosa" (Jn 17,21). Anche la settimana di preghiera in quest'anno ha rafforzato in noi questa comune fede e speranza, la cui sorgente è Cristo vivente nella sua Chiesa. Anche se questa Chiesa "umanamente" può apparire ad alcuni divisa, in lui non cessa di essere un corpo.

Allo stesso Cristo, che vive nella sua Chiesa e la unisce, si rivolgono anche i pensieri e i cuori dei Vescovi che partecipano al Sinodo della provincia ecclesiastica olandese. La ricchezza dell'argomento e la molteplicità dei problemi richiedono che i lavori del Sinodo si protraggano ancora nei prossimi giorni della settimana. Ringraziando tutti per le preghiere, raccomandiamo di nuovo tale problema, affinché il Signore, che ha iniziato in noi l'opera buona, voglia portarla a compimento (cfr. Ph 1,6).


2. Mi sia inoltre consentito di riferirmi al giorno 24 gennaio, nel quale la Chiesa ha commemorato san Francesco di Sales, che il Papa Pio XI nel 1923 proclamo patrono degli scrittori e dei giornalisti (cfr. Pii XI "Rerum Omnium", die 26 ian.1923: AAS 15 [1923] 61). Bisogna che tutti questi professionisti sappiano quanto la loro attività creatrice sia vicina al cuore della Chiesa e alla parola del Vangelo. Ad essi è rivolto, con particolare attenzione, il Concilio Vaticano II, ricordando le speciali responsabilità che essi e gli altri operatori degli strumenti della comunicazione sociale hanno nell'evoluzione dell'odierna società, in quanto dispongono della possibilità di indirizzare al bene, o al male, l'umanità con le loro informazioni e pressioni (cfr. Pii XI IM 11).


3. Nella domenica odierna la diocesi di Roma celebra la "Giornata per i malati di lebbra", e vuole esprimere la sua solidarietà verso i venti milioni di sofferenti, che nei diversi continenti sono affetti dalla terribile malattia. La coscienza cristiana, la più larga opinione pubblica hanno preso atto con maturità di questo grave problema che coinvolge nella più viva carne tanti nostri fratelli. Il male è talvolta circoscritto, ma si tratta di dare anzitutto ai malati una speranza, di recuperarne il coraggio di vivere, di guarirli nel corpo, e riabilitarli nello spirito, consentendo loro di reintegrarsi nella famiglia e nella società. Non va dimenticato poi che la lebbra è presente e si diffonde in quei paesi che soffrono già crudelmente per il flagello della fame e che non sono certo in grado, se privi di aiuto, di procurarsi il personale qualificato e le attrezzature necessarie.

La Chiesa ha sempre considerato quest'opera come un aspetto privilegiato di quella carità, che Cristo la chiama ad esercitare: "I lebbrosi sono guariti" (Mt 11,5) è uno dei segni dell'annuncio della Buona Novella. A diverse riprese, infatti, vediamo Gesù stendere sui lebbrosi la sua mano potente per liberarli e restituirli al consorzio civile. Oggi mi rivolgo, pertanto, a tutti i romani per invitarli a soccorrere generosamente tanti fratelli sofferenti, operando contemporaneamente in se stessi una conversione profonda, duratura, verso l'amore e la giustizia. In modo tutto speciale, indirizzo il mio appello a voi giovani, così vibranti di vita e di entusiasmo, che avete partecipato alla marcia silenziosa di solidarietà e di riflessione. Sono lieto del vostro impegno che riempie tanto dignitosamente la vostra giovinezza e che vi fa vivere per un ideale così umano e così cristiano.


4. Ai fedeli della diletta diocesi di Roma ricordo che domenica prossima sarà celebrata la Giornata di preghiera e di raccolta delle offerte per le nuove chiese in Roma. La capitale continuamente si dilata assumendo sempre più l'aspetto di una moderna megalopoli, specialmente nella periferia. Ma la mancanza di chiese o di luoghi adatti, ove i fedeli si riuniscano in assemblea per assistere alla celebrazione eucaristica e per proclamare insieme la loro fede, diviene un problema sempre più drammatico. I buoni cristiani invocano chiese! Settanta nuove parrocchie non hanno ancora le strutture definitive per una decorosa vita culturale comunitaria.

Raccomando, pertanto. a tutti anzitutto la preghiera ed anche la generosità, quella generosità che nei secoli è stata esemplare nei romani, i quali hanno saputo costruire Basiliche e templi, ammirati da tutto il mondo.

Ai giovani di "Comunione e Liberazione" Saluto ora cordialmente i giovani e le giovani appartenenti al movimento "Comunione e Liberazione", che sono convenuti numerosi a Roma dall'Italia centrale e meridionale per un ritiro spirituale, e che sono qui presenti per testimoniare al Papa il loro affetto.

Figli carissimi, voi sapete quanto io apprezzi il vostro generoso impegno e quanto io creda nella gioventù.

Desidero oggi esortarvi ancora una volta a vivere integralmente e con coerenza il vostro cristianesimo. In Cristo voi scoprirete la vera grandezza della vostra dignità di esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26). In lui troverete sempre la risposta ai vostri problemi, ai vostri interrogativi nelle varie contingenze della vita ed attese della società. Sia lui sempre la vostra luce, il vostro conforto e la vostra forza per testimoniare con la vostra vita i veri valori che Cristo ha portato al mondo.

Vi accompagni la mia benedizione.

Data: 1980-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1980.


Alla comunità di Nostra Signora di Guadalupe - Roma

Titolo: La parroccchia parte organica della Chiesa

1. Ho desiderato molto di visitare proprio oggi la vostra parrocchia, di cui è patrona Nostra Signora di Guadalupe. In questi giorni, infatti, un anno fa, compii il mio primo viaggio papale, che ebbe come meta il Messico. Il cuore di quel pellegrinaggio fu appunto il santuario di Guadalupe: un luogo meraviglioso, legato, da secoli interi, alla storia della evangelizzazione e della Chiesa sul continente americano. Esso è il primo santuario mariano non solo del Messico, ma di tutta l'America Latina, ed in un certo senso dell'intera America. Ritengo come un particolare segno della grazia divina, che mi sia stato dato di iniziare la missione del mio servizio pastorale alla Chiesa universale proprio col pellegrinaggio a Guadalupe. Quello è certamente uno dei tanti luoghi nella Chiesa, nei quali si manifesta in modo speciale il mistero della Madre, in quanto è cuore che unisce.

Questa unione attorno al cuore della Madre si sente molto in Messico ed anche in altri paesi di quel continente. La vostra parrocchia, dedicata a Nostra Signora di Guadalupe, è come una testimonianza vivente del legame, che qui a Roma, nel centro della Chiesa, desideriamo sempre mantenere vivo con la Chiesa del lontano continente americano, raccolto attorno alla Madre. Per me questo legame è particolarmente caro, specialmente dal momento in cui mi è stato dato di mettere piede sulla terra messicana e di recarmi in pellegrinaggio al santuario della Madre di Dio di Guadalupe, insieme con i Vescovi di tutta l'America Latina, riuniti per la loro conferenza di Puebla.


2. Per questo oggi sono venuto nella vostra parrocchia: affinché, ricordando gli avvenimenti di un anno fa, così importanti per me, possa compiere il mio servizio pastorale anche verso questa comunità parrocchiale della Chiesa romana, che venera sua patrona la Genitrice di Dio nel santuario messicano.

Sono lieto di salutare tutti voi qui presenti, diletti fratelli e sorelle, che componete la comunità parrocchiale. Sappiate che tutti mi siete cari e che vi ricordo di cuore al Signore, soprattutto i bambini. i malati, i bisognosi. Il mio saluto, in particolare, va al Vescovo ausiliare Remigio Ragonesi, che ha diligentemente preparato questa visita, ed ai rappresentanti dei numerosi Istituti religiosi, maschili e femminili, che operano generosamente nell'ambito della parrocchia. Il mio pensiero, poi, va alle diverse associazioni cattoliche che raggruppano giovani ed adulti per promuovere con intelligenza la loro formazione cristiana integrale. Desidero inoltre salutare i rappresentanti della parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe a Monte Mario, che hanno voluto associarsi a questa celebrazione eucaristica.

[Omissis. Segue il saluto in lingua spagnola al parroco, ai sacerdoti e seminaristi dei Legionari di Cristo.] 3. Ritornando, adesso. alle letture bibliche della liturgia della domenica odierna, meditiamo su ciò che esse ci dicono. Tutto il loro ricco contenuto si potrebbe racchiudere in due espressioni e concetti principali: "corpo" e "parola".

Dobbiamo a san Paolo l'eloquente paragone, in base al quale la Chiesa è stata definita come "corpo di Cristo". L'apostolo, infatti, fa una lunga digressione sull'argomento del corpo umano, per affermare poi che, come molte membra si uniscono tra di loro, così anche noi tutti ci uniamo nel Cristo stesso perché "siamo stati battezzati in un solo Spirito" (1Co 12,13) e "ci siamo abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,13). così, dunque, per opera dello Spirito Santo, che è Spirito di Gesù Cristo, costituiamo con Cristo ed in Cristo una unione simile a quella delle membra nel corpo umano. L'apostolo parla di membra, ma si potrebbe anche pensare e parlare degli "organi" del corpo e perfino delle "cellule" dell'organismo. E' noto che il corpo umano ha non solo una struttura esterna, in cui si distinguono le sue membra, ma anche una sua struttura interna in quanto organismo. La sua costituzione è enormemente ricca e preziosa. Proprio questa costituzione interna, più ancora che la sua struttura esterna, testimonia le reciproche dipendenze del sistema fisico dell'uomo.

E basti questo sul tema del "corpo".

Il secondo concetto centrale della liturgia odierna è la "parola".

L'evangelista Luca ricorda questo particolare aspetto all'inizio dell'attività pubblica di Cristo, quando egli ando nella sinagoga di Nazaret sua città. Là, in giorno di sabato, lesse dinanzi ai compaesani riuniti alcune parole dal libro del profeta Isaia, concernenti il futuro messia, e arrotolando il volume disse ai presenti: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21).

In questo modo Egli inizio a Nazaret il suo insegnamento, cioè l'annunzio della parola, affermando di essere quel messia preannunziato nel libro profetico.


4. Il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, si costruisce fin dall'inizio in base alla sua parola. La parola è l'espressione del pensiero, cioè lo strumento dello Spirito (e prima di tutto dello spirito umano) per stringere i contatti tra gli uomini, per intendersi, per unirsi nella costruzione di una comunione spirituale.

La parola della predicazione di Cristo - e poi la parola della predicazione degli apostoli e della Chiesa - è l'espressione e lo strumento dello Spirito Santo nel suo parlare allo spirito umano, nell'unirsi con gli uomini in Cristo. Lo Spirito di Cristo unisce le membra, gli organi, le cellule, e costruisce così l'unità del corpo in base alla parola di Cristo stesso, annunciata nella Chiesa e dalla Chiesa.

La vostra parrocchia partecipa a questo processo.

Proprio per questo motivo è parrocchia, cioé parte organica di quella unità che costituisce la Chiesa romana, prima quella "locale" e poi quella "universale", partecipando a quel processo che si è iniziato a Nazaret e ininterrottamente perdura. E' un processo di accettazione della parola e di costruzione del corpo di Cristo nell'unità della vita cristiana.

E' per questo che la catechesi parrocchiale ha un significato tanto grande. Essa è nello stesso tempo familiare e ambientale, ma tutti i suoi nodi li tiene in mano la parrocchia, così come poi i nodi della catechesi in tutta Roma li tiene in mano la diocesi di Roma. Tale è la struttura esterna di questa unità, che costituisce la Chiesa.

In questa struttura, ciascuno di noi deve contribuire alla costruzione dell'unità, soprattutto per il fatto che attinge ad essa, assimilando la parola di Dio, cercando di capire sempre meglio l'insegnamento, portatoci da Cristo, e impegnandosi, in base ad essa, a formare la propria vita cristiana. Ed in seguito, man mano che diventa un cristiano maturo, il singolo battezzato non soltanto attinge a quest'unità della parola di Dio e della fede, con la quale vive la Chiesa, ma cerca pure di portare in essa qualcosa di se stesso e di trasmetterlo agli altri: sia in forma di catechesi familiare, insegnando ai propri figli le verità della fede, sia attuandola nella parrocchia, nei confronti degli altri.

Sappiamo che in questo campo vi sono tante vie e tanti modi.

In ogni caso, come scrivevo nell'esortazione apostolica "Catechesi tradendae", "la parrocchia resta il luogo privilegiato della catechesi. Essa deve ritrovare la propria vocazione, che è quella di essere una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, dove i battezzati e i cresimati prendono coscienza di essere Popolo di Dio. Li il pane della buona dottrina ed il pane dell'eucaristia sono ad essi spezzati in abbondanza nel contesto di un medesimo atto di culto; di li essi sono rinviati quotidianamente alla loro missione apostolica, in tutti i cantieri della vita del mondo" (Ioannis Pauli PP. II CTR 67).


5. Meditando insieme con voi sopra questi problemi, così importanti per la costruzione dell'unità della Chiesa nella vostra comunità parrocchiale, non posso dimenticare due circostanze.

Innanzitutto, voi sapete che la settimana scorsa, dal 18 al 25 gennaio era dedicata, come avviene ogni anno, alla preghiera per l'unità dei cristiani. Si è svolta all'insegna dell'invocazione della preghiera del Signore: "Venga il tuo regno". La questione dell'unità dei cristiani corrisponde alle primissime intenzioni di Cristo Signore nei confron ti della sua Chiesa e si colloca sulla sua strada che conduce a quel regno, il regno di Dio stesso, per la cui venuta costantemente preghiamo.

In secondo luogo, consentitemi di tornare, ancora una volta, a ciò che ho detto, all'inizio, del cuore della Madre che unisce. Ritorno a questo tema per raccomandare voi tutti, nel giorno della mia visita fra di voi, a questa Madre, alla quale avete dedicato la vostra parrocchia come alla sua patrona. Questo cuore, che unisce i popoli interi e i continenti, unisca costantemente voi nelle vostre famiglie, negli ambienti di lavoro, di scuola, di riposo. Vi unisca, attraverso questa parrocchia, con la Chiesa nella quale vive Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, e che opera mediante il suo Spirito.

Data: 1980-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1980.


Nella cappella dello studentato internazionale - Roma

Titolo: Ai seminaristi Legionari di Cristo

Carissimi seminaristi Legionari di Cristo, Dopo esserci nutriti con la Parola di Dio e con il Pane della vita nell'Eucarestia che abbiamo condiviso pochi momenti fa, ho desiderato intensamente riservare a voi alcuni momenti di intimità, per stabilire un dialogo, anche se breve, da cuore a cuore.

Prima di tutto voglio manifestarvi la mia profonda stima e affetto, come giovani e come seminaristi. Vi assicuro che voi occupate un posto di preferenza nel mio cuore e nel mio pensiero, i quali si riempiono di fiducia quando vi vedo camminare con passo deciso verso la meta del sacerdozio di Cristo.

Questi begli anni di preparazione che state vivendo, anche se a volte possono sembrare lunghi, mai potranno essere sufficienti se guardate alla finalità e all'importanza dello stupendo compito da realizzare. Infatti, "riempirsi dei sentimenti del Cristo nello studio, nella preghiera, nella obbedienza, nella formazione del proprio carattere" (Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad alumnos Seminariorum totius nationis Mexicanae habita, die 30 ian. AAS 71[1979] 233) è un compito esigente, progressivo che merita il più generoso sforzo.

L'obiettivo a cui esso va destinato richiede tutto l'entusiasmo delle forze giovanili. Si, perché vi preparate niente di meno che per diventare ministri del Cristo e dispensatori dei misteri di Dio. (1Co 4,1). Preparatevi, per ciò, con la maggior cura, per copiare in voi l'immagine di Cristo e mostrarla dopo agli altri, con un cuore coraggioso e indiviso tramite l'offerta gioiosa e perseverante nella castità, in un amore senza frontiere che vi riempierà di gioia interiore e di feconda pace.

In questa scia, abbiate ben chiare le priorità che saranno imposte nel vostro futuro di sacerdoti: la preghiera e il ministero della Parola.

Effettivamente, "la preghiera vi aiuta a crescere a sperare e ad amare" (Ioannis Pauli PP. II Epistola ad universos Eclesiae Sacerdotes adveniente feria V in Cena Domini anno MCMLXXIX, die 8 apr. 1979: , VII, I [1979] 858). E nella parola di Dio "si trova l'inizio e la fine del ministero, l'orientamento di tutta l'attività pastorale, la fonte della perenne giovinezza, della perseveranza fedele, e quello che può dare significato e unità alle diverse attività di un sacerdote" (Ioannis Pauli PP.II Allocutio ad seminari alumnos in urbe "Philadelphia" habita, die 3 oct. 1979: , II, 2[1979] 587).

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-01-27 Data estesa: Domenica 27 Gennaio 1980.


Ai soci della Fondazione "Luciano Re Cecconi" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Soprattutto il cristiano è contro la violenza

Cari soci della Fondazione "Luciano Re Cecconi", Vi ringrazio per questa vostra visita, con la quale avete desiderato di assicurarmi i vostri sentimenti, sia di cristiani, sia di associati a codesta benefica Fondazione. Mi compiaccio che essa, sorta recentemente in memoria del noto giovane calciatore, vuole contribuire a alla eliminazione di ogni forma - fisica ed ideologica - di violenza e lavorare per lo sviluppo della coscienza nell'affermazione dei principii di libertà, di fratellanza e di giustizia sociale", come è ben affermato nel vostro Statuto di fondazione.

Lodo questo programmatico impegno, il cui valore umano e cristiano si impone al rispetto di tutti quanti sono pensosi del vero bene degli uomini e della loro tranquilla convivenza civile. Certamente non posso ora addentrarmi nell'analisi particolareggiata di tutti gli elementi, che compongono il triste fenomeno della violenza in generale e di quella, in particolare, che si esercita nelle manifestazioni sportive; non voglio tuttavia omettere di rivolgervi una raccomandazione. Ed è questa: nel mettere in atto le finalità della vostra Associazione, lasciatevi guidare sempre, come orientamento di base, dagli insegnamenti del magistero della Chiesa. Procurate di conoscere le direttive del Concilio Vaticano II e le indicazioni delle Encicliche e delle allocuzioni pontificie, le quali aiutano a comprendere, a valutare e a prevenire tanti oscuri fenomeni che insanguinano anche i campi sportivi in questa nostra società che vive oggi sotto l'incubo della violenza.

Troppo spesso si dimentica che ogni attività umana, e quella sportiva in modo particolare, non può prescindere da un ordine morale: esso, ben lungi dal mortificare o impoverire l'attività sportiva, la fa, al contrario, grandeggiare e l'arricchisce di prestazioni d'incomparabile prestigio. Lo sport, infatti, ha come fine l'uomo, tutto l'uomo, nella sua dimensione corporale e in quella spirituale.

L'agonismo è importante, proprio perché rappresenta un momento di liberazione dal peso della giornata, dal lavoro stressante o noioso, dalle occupazioni e preoccupazioni della vita, e in pari tempo è un momento di ricreazione e di realizzazione di se stessi nel modo che meglio risponda alle capacità ed alle aspirazioni di ciascuno.

Queste finalità, essenziali a tutti gli sport, devono non meno informare quello professionistico, il quale, essendo svolto non tanto per il divertimento del giocatore, quanto per divertire gli spettatori, si trasforma in spettacolo ed è più esposto alle tentazioni della violenza. Purtroppo è proprio in questi a spettacoli" che il senso dello sport viene stravolto verso finalità estranee o addirittura contrarie alla sua stessa natura. Esso viene allora sfruttato per altri fini e, quel che è peggio, si profitta a volte di tali manifestazioni per dar sfogo alle ignobili passioni dell'odio, della rivalità e della vendetta, trasformando così luoghi e momenti di divertimento, di gioia e di serenità in luoghi e momenti di spavento, di terrore e di lutto.

Ricordiamo che la violenza è sempre un'offesa, un insulto all'uomo, sia di chi la compie che di chi la subisce. Ma essa è un controsenso, una mostruosa assurdità quando viene attuata in occasione delle manifestazioni sportive, negli stadi o altrove, perché lo sport ha di mira la gioia e non il terrore, il divertimento e non lo spavento, la solidarietà e non l'odio, la fratellanza e non la divisione.

La violenza è un'offesa all'uomo, ma è un'offesa soprattutto al cristiano, perché il cristiano riconosce sempre in tutti gli uomini dei fratelli e mai dei nemici. Per il cristiano, tutti i luoghi e tutti i tempi sono momenti propizi per esprimere i propri sentimenti di fratellanza e di solidarietà verso gli altri. Ma ciò vale in particolare per i momenti e per i luoghi in cui esercita l'attività sportiva, perché questa già in se stessa è intesa a promuovere sentimenti di solidarietà, di fratellanza, d'amore, di gioia, di pace.

Cari fratelli, questo incontro col Papa sia davvero per voi un'occasione provvidenziale per dare un orientamento decisamente cristiano alla vostra vita ed alla vostra opera. Valga esso a riporre nella loro giusta prospettiva quei valori che, soli, danno un significato, una dignità ed uno scopo al vostro esistere: l'amore di Dio al di sopra di tutto, e poi l'amore generoso ed operoso verso i fratelli, specialmente per i più provati. A questo proposito, mi compiaccio per il gesto di solidarietà da voi compiuto nei riguardi dei profughi cambogiani.

Prego il Signore perché questo momento di grazia sia fecondo di frutti duraturi per le vostre anime e per l'attività dell'Associazione alla quale appartenete.

Estendo volentieri il mio cordiale saluto e il mio apprezzamento per la loro presenza ai dirigenti ed ai giocatori delle due squadre sportive romane, la "Roma" e la "Lazio". A tutti di cuore imparto la mia Benedizione.

Data: 1980-01-28 Data estesa: Lunedi 28 Gennaio 1980.


Messaggio al popolo messicano

Titolo: Nessuno si senta trascurato dal Papa

Cari fratelli e figli del Messico, Nella ricorrenza del primo anniversario della mia visita nel vostro Paese, voglio farvi giungere la mia parola di saluto, di ricordo, di ringraziamento e di incoraggiamento nella strada del bene.

Il bacio che al mio arrivo ho dato alla terra messicana voleva essere una prova di stima e d'affetto, che dava inizio a quell'intenso scambio di sentimenti che, in gioiosa sintonia di cuori, si sono manifestati durante la mia permanenza nella città del Messico, a Puebla, Oaxaca, Guadalajara e Monterrey, estendendosi da li a tutti i focolari messicani.

Mentre evoco quei momenti indimenticabili, desidero ribadire la mia gratitudine per la vostra magnifica accoglienza, che aveva come punto di riferimento quell'avvenimento ecclesiale evangelizzatore che ha trovato la sua migliore concretizzazione nella III conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano.

Ricordando qui quello che precisamente fu obiettivo centrale della mia visita, cioè offrire da parte mia tutta la contribuzione possibile alla causa dell'evangelizzazione, desidererei un'altra volta incoraggiarvi ad irrobustire la vostra coscienza cristiana, la vostra vita di fede, la vostra gioia nella pratica del messaggio di Cristo, la vostra decisione di lavorare per il bene spirituale e materiale di tutti.

Non mi è possibile, in questi momenti, dirvi tutto quello che vorrei per aiutarvi nel sentiero della fedeltà a Cristo.

Ai fratelli nell'Episcopato rinnovo la mia fiducia e la mia cordiale benevolenza, assicurandoli che li accompagno nelle loro sollecitudini e preoccupazioni costanti, così come nel loro generoso donarsi per la Chiesa e per il bene di ciascuno dei loro fedeli.

I sacerdoti, religiosi, religiose e quanti si preparano ad una consacrazione specifica a Dio ed ai fratelli, li incoraggio con intenso affetto nella loro coraggiosa scelta e li esorto a mantenersi fedeli alla loro vocazione, camminando sempre nell'amore a Cristo (cfr. Ep 5,2) con un costante sguardo di fede circa la loro identità e il valore della loro consegna ecclesiale.

Al laicato cattolico organizzato e a tutti coloro che nella loro attività personale, familiare o professionale si sforzano seriamente di rendere presente Cristo nella vostra società, giunga il mio invito a prendere coscienza della loro appartenenza ecclesiale e della loro chiamata all'apostolato derivata dal proprio battesimo (cfr. AA 3).

Esorto gli intellettuali, universitari, studenti e giovani in genere, a considerare la loro vita non soltanto in funzione di una solida formazione personale, ma come una vera vocazione per divenire promotori di elevazione umana e morale nella società, per renderla più degna, più giusta, più a misura dell'uomo completo. (Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad alumnos doctoresque Studiorum Universitatum catholicarum Mexici nonnullarumque aliarum nationum americae Latinae habita, die 31ian. 1979: AAS 71[1979] 235s; cfr. etiam Nuntius scripto datus alumnis Mexici totiusque Americae Latinae, die 15 febr. 1979/AAS 71[1979] 252ss) Ai bambini, che tante volte si sono fatti presenza gioiosa nel mio cammino, offro la mia preghiera particolare, affinché siano educati come buoni cristiani, ad imitazione del modello più sublime: Gesù, il Dio fatto uomo (cfr. Eiusdem Catechesi Tradendae, CTR 35-38).

La mia parola s'indirizza ugualmente, con accenti di speciale intensità, ai membri delle comunità indigene, ai settori rurale ed operaio. Siete depositari di una grande dignità personale e di valori che meritano, cari figli, tutto il rispetto, la considerazione e l'appoggio. Siate consci di questo vostro importante ruolo nella società e nella Chiesa, cercando di sforzarvi per conquistare le mete umane e cristiane più elevate (cfr. Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad "indios" quos dicunt in pago "Cuilpan" habita, die 29 ian. 1979: AAS 71(1979) 27ss; cfr. allocutio ad operaios in urbe "Monterrey" habita, die 31Ian. 1979: AAS 71[1979] 240ss).

Infine, al mondo del dolore, ai malati ed a coloro che soffrono, riservo il mio ricordo di predilezione, che si fa preghiera per tutti. Pur nella sofferenza mantenete la speranza ed il coraggio, ricordando che, unita alla croce di Cristo, la vostra solitudine interiore si trasforma in grazie di salvezza per voi e per tutta la Chiesa (Col 1,24ss; 2Co 12,10).

Amati fratelli e figli: nessuno si senta dimenticato dal Papa, che abbraccia tutti in questo percorso panoramico globale. Facciamo tutti quanti insieme, io in mezzo a voi, un pellegrinaggio di fede al focolare e santuario del Messico. Ai piedi della benedetta Madre Nostra, la Vergine di Guadalupe, voglio depositare con voi la preghiera che, con il suo aiuto, questa Chiesa di Dio, la cui vitalità ho voluto potenziare con la mia visita, possa sperimentare una crescita pulsante, una rinnovata fioritura spirituale, un incremento di vita cristiana, un consolidamento delle forze evangelizzatrici, un'avvicinamento costante del Messico fedele a Cristo, meta e obbiettivo della nostra fatica di ogni giorno.

Come fratello e amico chiedo al Padre celeste che vi colmi della sua grazia e pace, mentre benedico di cuore ciascuno dei messicani, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. così sia.

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-01-28 Data estesa: Lunedi 28 Gennaio 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - A un gruppo di giovani di Comunione e Liberazione (Roma)