GPII 1980 Insegnamenti - V. Alcuni settori della vita ecclesiale

V. Alcuni settori della vita ecclesiale


Alcuni di questi settori sono stati esaminati alla fine del Sinodo a titolo d'esempio e in modo necessariamente più sommario.


3 8. Essere uniti a Cristo, vivere in Lui, è anzitutto credere nella sua Parola, ma è anche partecipare ai sacramenti della fede. Attraverso la grazia sacramentale, il Cristo ci dona se stesso, affinché noi portiamo frutti (cfr. Jn 15,5).


3 9. Ciò è vero in modo speciale per l'Eucaristia. Ricevendo il Corpo e il Sangue di Cristo, noi entriamo in comunione con Lui e, per mezzo di Lui, con il Padre e anche con i nostri fratelli e sorelle. Per questo, durante la celebrazione eucaristica, manifesteremo riverenza e rispetto verso i doni consacrati. Adoriamo anche il Cristo nel Tabernacolo. Per poter vivere con Cristo, la Chiesa chiede ai fedeli di prendere parte alla celebrazione eucaristica - sacrificio perfetto di lode - almeno ogni domenica e nelle feste d'obbligo.


40. così come la Parola di Dio, anche i sacramenti sono affidati alla Chiesa. La regolamentazione della liturgia dipende unicamente dall'autorità della Chiesa.

Questa regolamentazione appartiene alla Sede Apostolica e, nella misura in cui lo autorizzano le norme canoniche, al vescovo, tenuto conto di alcune competenze attribuite dal diritto alla Conferenza episcopale (cfr. SC 22,1-2).

La liturgia è un bene comune di tutta la Chiesa; essa esprime l'adorazione perfetta offerta in Cristo al Padre e ci unisce nello Spirito Santo E' per fedeltà a Cristo e alla Chiesa che si deve celebrare la liturgia in piena conformità con i libri ufficiali, rinnovati secondo l'indicazione del Vaticano II (cfr. SC 22,1-2), facendo uso delle larghe possibilità di adattamento previste dai libri stessi.


4 1. Per essere partecipi della salvezza che ci è stata donata da Gesù Cristo, abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato ed essere riammessi nella piena comunione di amore con il Padre e con i nostri fratelli e sorelle. Questo è proprio uno degli effetti del battesimo, che si rinnova e si approfondisce nel sacramento della riconciliazione.


4 2. La riconciliazione con il Padre e con la Chiesa presuppone la confessione delle nostre colpe personali e una sincera volontà di conversione. Malgrado l'attuale disaffezione verso la confessione individuale, i vescovi chiedono ai sacerdoti di adoperarsi, nella predicazione e nella catechesi, per ripristinare la stima dei fedeli verso il sacramento della riconciliazione. Li pregano, in particolare, di rendersi disponibili a tutti per la confessione, specialmente sotto forma di colloquio personale, in orari stabiliti, e di voler anche insegnare ai giovani a confessarsi. Essi esprimono la speranza di restituire anche il suo posto, nella vita dei fedeli, alla confessione individuale, che è il solo mezzo ordinario per riconciliarli con Dio e con i loro fratelli e sorelle nella fede.

L'assoluzione collettiva è un mezzo straordinario, che il vescovo non può autorizzare se non secondo le condizioni prescritte dal nuovo rito del sacramento della riconciliazione.


4 3. I membri del Sinodo manifestano la loro gratitudine al gran numero di catechisti che esercitano fedelmente il loro apostolato e che incontrano enormi difficoltà in un mondo secolarizzato.


4 4. Per quanto concerne il contenuto della catechesi, i vescovi sottolineano che la fede vissuta dalla Chiesa universale deve essere espressa. Quanto al metodo pedagogico, deve essere adeguato al carattere, alle attitudini, all'età e alle condizioni di vita dei destinatari (cfr. CD 14). In ciò sono legittime una certa ricerca e una prudente sperimentazione ed è necessario un dialogo paziente e fiducioso con gli specialisti.


4 5. Come primi responsabili della catechesi, i vescovi curano la preparazione di buoni testi per la catechesi e l'istruzione basati sul Direttorio catechistico generale, sui documenti del Sinodo del 1977 e sull'esortazione apostolica a Catechesi Tradendae". Pur facendo appello alla collaborazione di esperti c di organismi specializzati, i vescovi desiderano, in questa come in altre materie, esercitare personalmente il loro ruolo di "doctores fidei".


4 6. I vescovi incoraggiano vivamente l'azione ecumenica come un dovere grave derivante in particolare dal Vaticano II. Insistono sull'importanza della preghiera, e sull'essenza profondamente spirituale dell'azione ecumenica. Essa è ecclesiale a pieno

Titolo: nella sua origine, nella sua natura e nella sua finalità. Il suo obiettivo è giungere non a un più piccolo comune denominatore, ma, al contrario, alla pienezza della fede. Per questo l'azione ecumenica sarà sostenuta dai vescovi, i quali vigileranno affinché essa tenga conto delle esigenze della fede, la quale ci ricorda in particolare che l'intercomunione tra fratelli separati non costituisce la risposta all'appello di Cristo verso la perfetta unità. Questa unità perfetta resta l'oggetto dei nostri sforzi e di una speranza fondata sulla preghiera di Cristo stesso: "Che tutti siano uno" (Jn 17,21).

Conclusione E' chiaro che non abbiamo trattato tutti i problemi che si pongono oggi nella Chiesa nei Paesi Bassi. La scelta dei temi è stata imposta da quella che è stata la nostra ottica principale, cioè la comunione e secondo le possibilità che un Sinodo poteva darci.

Parlando di comunione, non parliamo solo di una grazia già donata, ma anche di un dovere da compiere. Sul fondamento della comunione, che già ci è stata donata, dobbiamo realizzare insieme il nuovo comandamento dell'amore vicendevole (cfr. Jn 13,34).

Così la Chiesa, "mettendo al servizio di tutto il genere umano il Vangelo della pace (cfr. Ep 2,17-18 Mc 16,15) compie nella speranza il suo pellegrinaggio verso la meta che è la patria celeste (cfr. 1P 1,3-9)" (UR 2).

Disposizioni complementari 1. Per vigilare sulla esecuzione delle conclusioni suddette viene istituito un Consiglio sinodale composto da due membri eletti dal Sinodo tra i vescovi olandesi, e da un membro nominato dal Santo Padre.

I tre membri sono: Sua Eminenza il Cardinale Gabriel-Marie Garrone, ex Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, Sua Eminenza il Cardinale Johannes Willebrands, arcivescovo di Utrecht, e Sua Eccellenza Monsignor Johannes Bluyssen, vescovo di 's-Hertogenbosch.


2. Per quanto concerne i membri delle due Commissioni previste rispettivamente ai nn. 28 e 35 delle Conclusioni sopra riportate, il Sinodo stabilisce la seguente procedura: Sua Eminenza il Cardinale Willebrands e Sua Eccellenza Monsignor Danneels proporranno al Santo Padre i nomi dei candidati.


3. a) Il Vescovo di Roermond riprenderà la sua collaborazione con gli altri vescovi nel settore delle Pontificie Opere Missionarie, della Azione per la Quaresima e della Settimana del missionario olandese.

b) I vescovi sono consapevoli di alcune difficoltà esistenti tra il vescovo di Roermond e persone e istituzioni dei tre settori citati. Essi sono pregati di aiutarlo a cercare una soluzione a tali difficoltà.

Votato e adottato dai sottoscritti membri del Sinodo Particolare dei Vescovi dei Paesi Bassi.

Roma, 31gennaio 1980.

Sebastiano Card. Baggio, Prefetto della Sacra Congregazione per i Vescovi.

Franjo Card. Seper, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.

Gabriel M. Card. Garrone, ex-Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione cattolica.

Silvio Card. Oddi, Prefetto della Sacra Congregazione per il Clero.

Johannes Card. Willebrands, Arcivescovo di Utrecht.

James Robert Card. Knox, Prefetto della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino.

Eduardo Card. Pironio, Prefetto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari.

Jozef Mons. Tomko, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

Godfried Mons. Danneels, Arcivescovo di Malines-Bruxelles.

Johannes Mons. Bluyssen, Vescovo di 'sHertogenbosch.

Theodorus Henricus Mons. Zwartkruis, Vescovo di Haarlem.

Hubertus C. A. Mons. Ernst, Vescovo di Breda.

Johannes B. Mons. Moeller, Vescovo di Groningen. Adrianus J. Mons. Simonis, Vescovo di Rotterdam.

Johannes B. M. Mons. Gijsen, Vescovo di Roermond.

- Dom P. van den Biesen O.S.B., Priore di St. Willibrord, Slangenburg (Doetinchem).

- Don A. van Luyn S.D.B., Provinciale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco.

Le conclusioni sopra riportate hanno avuto il "placet" da parte dei vescovi dei Paesi Bassi. In virtù del potere apostolico che mi viene da Cristo, io le approvo, e ordino che, per la gioia di Dio, ciò che è stato stabilito sinodalmente venga promulgato.

Roma, dalla Cappella Sistina presso San Pietro, il 31gennaio 1980.

Data: 1980-01-31Data estesa: Giovedi 31Gennaio 1980.


Alla Comunità africana in Roma - (Roma)

Titolo: Valori spirituali e culturali del continente africano

Signor Cardinale, eccellenze, signore e signori, cari amici.

Voi siete i benvenuti! Conosco l'ospitalità africana, così cordiale e generosa. Oggi, siete miei ospiti. Possiate sentirvi felici, a vostro agio, come a casa vostra, in questa casa che vuole essere accogliente per l'intero universo, accogliente come il cuore di Cristo di cui io sono il servitore.

1. Ringrazio il vostro degno interprete delle sue parole piene di delicatezza e di saggezza. E sono molto colpito dal desiderio manifestato da numerosi di voi di incontrarmi. A dire il vero, siete venuti incontro al mio stesso desiderio. Da molto tempo, io volevo riservare un'occasione e dei contatti, se non a questo o a quel paese africano - sono così numerosi -, almeno all'insieme dei figli di questo grande continente che risiedono a Roma.

Io vi saluto dunque molto cordialmente nella diversità delle vostre funzioni, nella diversità dei popoli, delle etnie, delle comunità religiose che voi rappresentate. I capi delle missioni diplomatiche accreditate presso la santa Sede hanno già familiarità con questa casa, e io sono felice di salutare oggi accanto a loro tutti i loro collaboratori e il personale delle loro ambasciate.

Inoltre ci sono i diplomatici delle altre ambasciate in Italia, gli esperti delle missioni accreditate presso la Fao o altri organismi internazionali, tutti coloro che per il loro lavoro, i loro studi si sono stabiliti per qualche tempo a Roma, con le loro famiglie. Faccio una questione a parte per i preti, i seminaristi, i religiosi, i catechisti, i laici che qui perseguono la loro formazione cristiana-ecclesiastica, religiosa, apostolica: hanno un titolo particolare di riunirsi anch'essi attorno al Papa. A tutti, grazie per la vostra visita.

Certo, voi non avete tutti le stesse convinzioni religiose; la vostra storia, le vostre tradizioni, la vostra appartenenza etnica, vi hanno contrassegnato con caratteristiche assai diverse. Non si tratta di ignorare queste differenze, quanto piuttosto di riconoscersi così, di rispettarsi, di volersi bene, di vivere una certa solidarietà, e soprattutto di scoprire le linee convergenti delle vostre ricchezze morali e dei vostri progetti capaci di assicurare oggi e domani una felicità duratura, il progresso umano e spirituale degli africani.


2. Prima di tutto, auguro a ciascuno di voi, a ciascuno dei vostri focolari, di trovare qui, a Roma, le condizioni del suo sviluppo sereno. Benché la popolazione sia qui familiare e accogliente, c'è sempre, come per ogni colonia straniera, una fatica a superare ciò che concerne le abitudini e la lingua. Spero che nessuna famiglia africana resti isolata, ma che voi abbiate l'occasione di stringere, con i vostri ospiti romani, e tra di voi innanzitutto, relazioni amichevoli, di organizzare incontri, di aiutarvi reciprocamente, nella linea della solidarietà africana che non lascia da parte nessuno dei parenti e degli amici. Auguro anche, per quello che concerne i cristiani, che voi sappiate sempre stabilire i legami necessari con una comunità cristiana, parrocchiale o altro, affinché voi possiate mantenere la vostra fede, svilupparla, testimoniarla. In effetti, lungi dall'essere una parentesi nella vostra vita spirituale, il vostro soggiorno romano dovrà darle una dimensione nuova, grazie alle testimonianze della fede che sono inscritte nella storia e nell'arte di questa città, o che sono vissute oggi dalle persone o dalle istituzioni cattoliche. I miei voti si fanno particolarmente calorosi per i vostri bambini, così naturalmente traboccanti di gioia e di vitalità, affinché essi possano beneficiare di ciò che è essenziale in questo importante periodo della loro formazione.


3. Ma voi siete portatori, o dovete esserlo, di responsabilità che vanno oltre l'ambito delle vostre persone, delle vostre famiglie. Molti di voi sono qui anche al servizio del loro paese, da esso delegati per una missione di diplomatici o di esperti. Molti vengono per prepararsi a servirlo meglio, a meglio servire l'Africa, grazie alla formazione teologica o pastorale che essi perfezionano negli istituti romani di educazione cattolica. Che cosa posso augurare a tutti e a ciascuno dei vostri paesi, all'insieme del continente africano? I miei voti si riassumono in una frase: che i vostri popoli sappiano assumere i cambiamenti spesso rapidi, che a loro sono necessari o imposti dalle circostanze, con il massimo di saggezza e di umanità salvaguardando e anche sviluppando, salvo a purificarli, i valori autentici dell'anima africana.


4. Per tutto il continente africano, è un passaggio che è allo stesso tempo pieno di speranza e seminato di insidie. I vostri paesi si aprono ormai, per loro propria scelta, alle possibilità dello sviluppo della scienza, della tecnica, dell'istruzione e a molte influenze esterne. Ma il progresso che può e deve risultarne moltiplicando i beni materiali e il sapere, rimane molto ineguale, secondo le possibilità dei paesi e l'aiuto di cui essi dispongono; e esso s'accompagna a un certo numero di fenomeni che è difficile dominare per renderli veramente umani: trasformazione dell'economia rurale, industrializzazione con il carattere più meccanico del lavoro, urbanizzazione massiccia con lo sradicamento e l'anonimato che affliggono i sobborghi delle grandi metropoli, molti giovani istruiti divenuti più allergici al lavoro manuale e che si trovano senza un impiego corrispondente alle loro capacità... C'è un rischio di materialismo (cfr. Pauli VI PP 41), di individualismo, di disgregazione della famiglia, di indebolimento dei valori morali e spirituali, che si oppongono alla visione spirituale e al senso di solidarietà così ancorato nell'anima africana.

L'occidente stesso, per esempio, bisogna ben riconoscerlo, non ha sempre saputo, né sa sempre vivere in modo soddisfacente questo cambiamento ineluttabile. Io auguro di tutto cuore che l'Africa ci riesca, col suo genio particolare.


5. Il compito è ancora più delicato per il fatto che alcuni paesi africani stanno anche facendo, da parte loro, esperienza di particolari difficoltà.

Le lotte ideologiche, spesso introdotte dall'esterno, hanno penetrato alcuni strati sociali.

In alcuni paesi la discriminazione razziale è aumentata oltre misura, ed ha fatto sorgere, giustamente, forti sentimenti e condanna da parte dell'opinione pubblica mondiale.

Inoltre ha anche richiamato reazioni coraggiose da parte dei Vescovi e della santa Sede.

Il mio scopo, nel ricordare queste cose, è quello di sottolineare l'urgente natura del lavoro che deve essere fatto dagli africani stessi, con un corretto senso civico, cioè il senso del servizio alla nazione.

E gli accordi già raggiunti, un equo "modus vivendi" e dei sistemi realmente sociali, democratici e politici, mostrano che è possibile, a dispetto degli ostacoli e delle difficoltà incontrate lungo la strada, unire le forze viventi per costruire solide nazioni rilevanti per l'umanità della loro civiltà.


6. Queste speranze sono ancora più fondate nel fatto che l'anima africana ha risorse che devono essere salvaguardate, sviluppate, e oserei dire, liberate.

Il mio predecessore, Paolo VI, echeggio questo nel suo messaggio all'episcopato e a tutti i popoli d'Africa, il 29 ottobre 1967, e in molte altre occasioni più tardi nel corso del suo pontificato, specialmente durante il suo viaggio in Uganda.

In un modo quasi spontaneo, gli africani legano solidamente le loro vite al mondo degli spiriti, essi riconoscono l'universale presenza di Dio, la sorgente della vita, e lo pregano volentieri Hanno il senso della dignità umana e il rispetto per la vita umana.

Per loro i bambini sono una benedizione.

Sotto l'autorità dei genitori la famiglia gioca un grande ruolo, non solo di protezione, ma anche di iniziazione alle cose della vita, nella solidarietà pratica. E la condivisione nella vita in comunità, pensata come un'estensione della famiglia, è una tendenza naturale. Non è necessario che io parli ancora di questi valori tradizionali che vi sono familiari.

Lo sviluppo di questi valori, religiosi e morali, vi assisteranno grandemente nello sviluppo della vostra civiltà, in una felice mescolanza di vecchio e nuovo.


7. Naturalmente, come in tutti gli altri continenti, in Europa, America ed Asia, queste tendenze ancestrali necessitano di essere liberate dai limiti di cui hanno sofferto nella pratica. Questo è ciò che, dal punto di vista dei cristiani, chiamiamo l'evangelizzazione delle culture.

Per noi, il Vangelo di Gesù Cristo, la sua "buona novella" non giunge a prendere il posto di queste tradizioni, ma ad illuminarle, a rafforzare i loro elementi buoni, a purificarli dai valori negativi con i quali il peccato li ha corrotti, ad arricchire queste culture aiutandole ad andare al di là dei tratti imperfetti e persino inumani presenti in loro, e comunicando ai loro valori legittimi la pienezza di Cristo (Ioannis Pauli PP. II CTR 53).

Questa è la verità della percezione di Dio, la cui paternità ci è rivelata da Gesù in modo incredibile. Questo è vero per la famiglia, che deve essere rafforzata nelle nuove circostanze sociali: a Nairobi, nel 1978, l'assemblea dei Vescovi africani, studio la questione, e il Sinodo dei Vescovi che sarà convocato tratterà di questo in modo particolare.

E' vero inoltre per quanto riguarda il senso di solidarietà, che dovrebbe condurre ad una cooperazione e ad una collaborazione più ampia, al rispetto per gli individui e ad una libertà rettamente intesa.

Aiutare a salvare l'anima africana - questo è ciò che la Chiesa desidera preparare nei centri teologici e pastorali di tirocinio, frequentati dagli africani sia a Roma che in Africa; questo è ciò che essa desidera raggiungere a livello locale in Africa attraverso la catechesi, l'educazione e la testimonianza data da molte comunità.

La Chiesa sa che in questo continente anche altre grandi religioni stanno aiutando la gente a vivere la realtà umana con uno sguardo fraterno e spirituale.

Di conseguenza, capisce l'urgenza di un dialogo tra queste grandi religioni, e persino la necessità di una collaborazione pratica che rispetti lo specifico carattere della fede.

In queste circostanze i paesi africani possono arricchire l'insieme delle nazioni con un loro personale contributo. E sarebbe un contributo di grande valore, poiché sosterrebbe l'indicazione dei valori africani dei quali ho parlato.

La Chiesa universale aspetta anche di essere arricchita dalla testimonianza delle comunità cristiane d'Africa. Questo include i paesi che, fino a poco tempo fa, stavano portando la parola di Dio a queste comunità.


8. Inoltre, è naturale e desiderabile, come il vostro oratore ha confermato, che i sacerdoti, i religiosi e i missionari laici degli altri continenti continuino a sostenere questa forza africana, che non è ancora abbastanza numerosa rispetto ai bisogni religiosi, e in particolare che assistano generosamente e si prendano cura del clero locale.

La nuova visione, dischiusa dal mio stimato predecessore Pio XII nell'enciclica "Fidei Donum" è più che mai valida, ed io non vengo meno nel richiamarvela.

Oggi la Chiesa deve essere educata a questa fraterna partecipazione.


9. Ho già avuto occasione di esprimere i miei auguri agli studenti nelle facoltà ecclesiali.

Ai laici, che stanno esercitando ora la loro missione o il loro mandato a Roma, offro i miei più calorosi auguri e li incoraggio a porre in opera nel limite delle loro responsabilità, gli ideali senza dei quali il nostro mondo non può vivere in pace: l'aumento dei beni alimentari e delle altre risorse, la loro distribuzione, lo stabilirsi delle giuste relazioni, l'avvicinamento e la necessaria solidarietà tra i popoli.

Infine, potete aver sentito che desidero visitare l'Africa come ho cominciato a fare specialmente per l'Europa e l'America.

La difficoltà è che vi sono così tanti paesi nel vostro continente - voi qui non ne rappresentate che 31- ognuno dei quali con i suoi titoli di merito e ragioni speciali per ricevere una visita dal Papa.

Dovrei limitare il mio viaggio dapprima ad alcuni paesi. Ma mi auguro, attraverso questi di onorare e incoraggiare l'intera Africa, come sto facendo oggi.

Posso già da ora annunciarvi che sto pensando di intraprendere questo viaggio proprio quest'anno.

Devo lasciarvi per ora.

Ma non vi lascio senza pregare Dio di ispirare, assistere e benedire voi, le vostre famiglie, i vostri connazionali, e tutti coloro che vi sono cari.

Possa Dio guidare il popolo africano sul cammino della gioia e della pace. [Traduzione dal francese e dall'inglese]

Data: 1980-02-02Data estesa: Sabato 2Febbraio 1980.


Ai religiosi e religiose - Roma

Titolo: La vostra vita: una luce per il mondo

1. "Tollite portas...". "Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi, porte antiche, / ed entri il re della gloria" (Ps 23,7).

Non mancano nella liturgia dei momenti, nei quali si fanno sentire queste parole del salmista. Oggi esse sembrano parlare in senso letterale delle porte del tempio di Gerusalemme, dei suoi varchi. Poiché deve entrare per queste porte colui, che il salmo chiama il re della gloria, e il profeta Malachia "l'angelo dell'alleanza" (Ml 3,1). E quindi questo è un momento insolito. Il tempio gerosolimitano esiste dall'inizio proprio perché si possa compiere questo momento.

Allora il salmista domanda: "chi è questo re della gloria?", ed egli risponde a se stesso: "Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia... Il Signore degli eserciti" (Ps 23 Ps 8 Ps 10).

Tale è la risposta del salmista, che parla col linguaggio delle immagini. Invece la risposta degli avvenimenti sembra aver poco a che fare col linguaggio del salmista. Ecco, nel Vangelo di san Luca leggiamo infatti quanto segue: "Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosé, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore..." (Lc 2,22). Lo portarono come tanti altri uomini obbedienti alla legge di Israele... Lo portarono per presentarlo al Signore. E nessuno dei presenti poteva allora immaginare che in quel momento si compissero le parole del salmista, che si compissero le parole del profeta Malachia. Il bambino di quaranta giorni sulle braccia della Madre non aveva in sé niente di quel "Re della gloria". Non entrava nel tempio di Gerusalemme come "Signore potente in battaglia", come "Signore forte".


2. E tuttavia Gesù, già in quel giorno, entro nel tempio di Israele per preannunziare una particolare "battaglia": una lotta che sarà la missione della sua vita. La lotta, che finirà con un insolito trionfo. Sarà questo il trionfo della croce, che agli occhi di tutti significa non il trionfo, ma l'ignominia; non la vittoria, ma la sconfitta; e nondimeno sarà una vittoria.

Proprio quello, che si compie nel tempio gerosolimitano, preannunzia quella vittoria mediante la croce. Ecco che infatti si compie il rito della consacrazione al Signore di Israele, di quel nuovo Figlio di Israele, conforme a ciò che è stato scritto nella legge del Signore: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore" (Lc 2,23 cfr. Ex 13,2 Lc 13,11).

Il simbolo di questa consacrazione è l'offerta che, in occasione di questa prima visita al tempio, fanno i genitori: "una coppia di tortore o di giovani colombi" (Lc 2,24 cfr. Lv 12,8).

Anche questo è contenuto nella norma della legge.

In tal modo il popolo dell'antica alleanza desidera manifestare, nei suoi primogeniti che esso tutto intero è consacrato a Dio (Jahvè), suo Dio: che è il suo Popolo.

In questo caso pero si sta compiendo qualcosa di più che l'osservanza di una delle norme della legge. Se non tutti tra i presenti nel tempio si rendono conto di ciò, c'è pero un uomo che ha piena consapevolezza del mistero.

Quest'uomo, "mosso... dallo Spirito, si reco al tempio" (Lc 2,27). Egli era "uomo giusto e timorato di Dio... e lo Spirito Santo era su di lui" (cfr. Lc 2,25-26).

Così scrive di lui l'evangelista. Se quindi quest'uomo, di nome Simeone, ha decifrato fino in fondo il significato dell'avvenimento, che in quel momento ha avuto luogo nel tempio gerosolimitano, lo ha fatto perché "lo Spirito Santo... gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il messia del Signore" (Lc 2,26).

Simeone vede quindi ed annunzia che quel Bambino primogenito, che Maria e Giuseppe offrono in quel momento a Dio, è portatore di una grande luce, che Israele e l'umanità intera attendono: "Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,32).

Simeone pronunzia queste parole in una profonda estasi. E' il più grande giorno della sua vita; dopo averlo vissuto, può ormai tranquillamente lasciare questo mondo. Anzi lo chiede a Dio, tenendo fra le sue braccia il Bambino, che ha preso da Maria e Giuseppe: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace... / perché i miei occhi han visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli" (Lc 2,29-31).

Così nel momento della consacrazione rituale del primogenito entra il grande annunzio della luce e della gloria, che si espanderanno con la forza del sacrificio. Infatti colui che, in questo momento, sorreggono le braccia dell'anziano Simeone, è destinato ad essere "segno di contraddizione" (Lc 2,34). E questa contraddizione sarà piena di sofferenza che non risparmierà nemmeno il cuore di sua Madre: "E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35).

Quando nel tempio di Gerusalemme si svolge il rito della consacrazione del primogenito, la vita di Gesù conta appena quaranta giorni. Le parole di Simeone rivelano il contenuto di questa vita fino alla fine e portano in sé l'annuncio della croce. Questo annuncio appartiene alla pienezza del mistero di consacrazione di Gesù nel tempio.


3. Vi siete riuniti, per partecipare alla liturgia di oggi, voi, cari fratelli e sorelle, che, mediante la professione religiosa, avete consacrato totalmente la vostra vita a Dio.

Questa vostra consacrazione a Dio, totale, definitiva ed esclusiva, è come una continua crescita ed una splendida fioritura di quella consacrazione iniziale, che è avvenuta nel sacramento del battesimo; in esso ha le sue profonde radici e ne è una espressione più perfetta (cfr. PC 5).

Mediante la professione religiosa il fedele - come afferma la costituzione dogmatica "Lumen Gentium" - "si dona totalmente a Dio sommamente amato, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all'onore di Dio. Già col battesimo è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per raccogliere più copiosi i frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa intende liberarsi dagli impedimenti, che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio" (LG 44).

Per questo la festa della Presentazione del Signore è una festa particolare per voi, anime consacrate, in quanto partecipate in misura eccezionale alla donazione di Cristo al Padre, la quale ha avuto il suo annuncio nella Presentazione al tempio. L'offerta della vostra vita, che voi avete fatto lietamente mediante i tre voti, trova il suo modello costante, il suo premio, il suo incoraggiamento, nell'offerta che il Verbo di Dio fa di se stesso al Padre, sulle braccia della Madre.


4. Simeone pronunzia davanti a Gesù, nel momento della Presentazione, le parole sulla luce.

Anche la vostra vita, fratelli e sorelle carissimi, deve essere una "luce", tale da illuminare il mondo e la realtà temporale. In mezzo a tutto ciò che passa, svanisce e scompare, voi, anime consacrate, autentici figli e figlie della luce (cfr. Ep 5,8 1Th 5,5), dovete dare una verace testimonianza alla luce futura, alla vita eterna, alla luce intramontabile. E' quello che con grande vigore vi ha ricordato il Concilio Vaticano II: "La professione dei consigli evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana.

Poiché infatti il Popolo di Dio non ha qui una città permanente, ma va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste (LG 44).

Per voi valgono in modo del tutto speciale le parole di Gesù: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,14-16 cfr. 1P 2,12). Si, fratelli e sorelle! Risplenda la luce della vostra fede forte; la luce della vostra carità operosa, la luce della vostra castità gioiosa; la luce della vostra povertà generosa! 5. Quanto la Chiesa e il mondo hanno bisogno di questa luce, di questa testimonianza! Quanto dobbiamo impegnarci, perché si realizzi il suo pieno splendore e la sua intatta eloquenza! Quanto è necessario che riproduciamo in noi, esseri mortali, il mistero della dedizione di Cristo al Padre per la salvezza del mondo; della dedizione mirabilmente iniziata con questa Presentazione nel tempio, la cui memoria celebra oggi tutta la Chiesa.

Quanto è necessario che anche noi fissiamo lo sguardo nell'anima di Maria, in quest'anima che, secondo le parole di Simeone, è stata trafitta dalla spada perché fossero svelati i pensieri di molti cuori (cfr. Lc 2,35).

Oggi, cari fratelli e sorelle, in segno di quel grande mistero della liturgia, e contemporaneamente del mistero dei vostri cuori, consegnate, nelle mie mani, le candele accese. La consacrazione del tempio viene, in qualche modo, moltiplicata attraverso la dedizione di tanti cuori consacrati nel mondo...

Siano svelati i pensieri di tutti questi cuori al cospetto della Madre, che conosce la vostra consacrazione e la circonda con un amore particolare.

Questa Madre è Maria.

Questa Madre è anche la Chiesa.

Amen. Data: 1980-02-02Data estesa: Sabato 2Febbraio 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dove è la vita, c'è lo spirito di Dio creatore

1. Consentitemi di ricordare, all'inizio, le seguenti parole della costituzione "Lumen Gentium": "Nella persona... dei Vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo. Sedendo infatti alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente alla comunità dei suoi pontefici, ma in primo luogo per mezzo dell'eccelso loro ministero predica la parola di Dio a tutte le genti e... con la loro sapienza e prudenza dirige e ordina il popolo del Nuovo Testamento nella sua peregrinazione verso l'eterna beatitudine" (LG 21).

Mi sono permesso di ricordare oggi questo suggestivo ed eloquente brano del magistero conciliare, per dare testimonianza alla fede che ha guidato me ed i Vescovi e padri della Chiesa in Olanda durante il Sinodo particolare, i cui lavori sono terminati lo scorso giovedi. La fede nella presenza di Cristo, che sempre manda i Vescovi, con i sacerdoti, per prolungare la missione degli apostoli nella Chiesa e nel mondo, ci ha illuminato e confermato nel corso di questi giorni. Essa ci ha aiutato a guardare ai vari problemi, che si sono trovati sul tavolo del Sinodo, alla luce di questa verità, alla quale vogliamo restare fedeli con tutte le forze.

Essa inoltre - voglio dire questa fede nella presenza di Cristo tra di noi - ci ha permesso di prendere decisioni nella speranza che la grazia dello Spirito Santo tocchi i cuori umani e compia l'opera che, in unione con Cristo, abbiamo insieme incominciato. Desidero, che tra le molte parole, che adesso ed in seguito saranno pronunciate a proposito del recente Sinodo, non manchi questa parola di fede e di speranza.


GPII 1980 Insegnamenti - V. Alcuni settori della vita ecclesiale