GPII 1980 Insegnamenti - A monaci e monache dell'ordine basiliano di san Giosafat - Roma


Ai dirigenti e al personale di "RAPTIM" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Favorire generosamente i viaggi dei missioneri di Cristo

Cari fratelli e sorelle, Sono lieto di ricevervi in questa casa nella felice ricorrenza del XXV anniversario dell'apertura in Roma dell'Ufficio Italiano della vostra organizzazione.

Vi saluto molto cordialmente, ringraziandovi per aver desiderato questo incontro. Voglio anche subito assicurarvi il mio apprezzamento per la vostra singolare attività, mentre mi piace qui ricordare l'esatto significato della sigla RAPTIM, che vi contraddistingue; essa è l'acrostico delle parole: "Romana Associatio Pro Transvehendis Itinerantibus Missionariis". L'espressione è molto eloquente, e più eloquente è la realtà che indica: cioè la vicinanza alla Sede Apostolica, e lo scopo di favorire generosamente gli spostamenti dei missionari di Cristo in tutto il mondo. Ebbene, vorrei che questo programma fosse sempre il vostro distintivo di onore.

Mi auguro sinceramente che valgano per ciascuno di voi le belle parole, che l'apostolo Giovanni scrive allo sconosciuto destinatario della sua Terza Lettera: "Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri; essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa, e farai bene a provvederli nel viaggio in modo degno di Dio, perché sono partiti per amore del nome di Cristo... Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone per cooperare alla diffusione della verità" (3Jn 5-8). Questo testo potrebbe essere un po' il vostro luminoso punto di riferimento e un motivo di stimolo per la vostra operosità. Inoltre, vale certo anche per voi il detto di Gesù, che promette una sicura ricompensa a chi avrà dato anche una piccola assistenza ad un suo discepolo; infatti, chi aiuta un missionario avrà la sua stessa mercede (cfr. Mt 10,40-42). così voi partecipate dell'entusiasmo e dell'amore fattivo, che tanto segnarono di sé la Chiesa fin dalle sue origini.

Vi incoraggio paternamente, quindi, a proseguire con impegno nel cammino che avete iniziato 25 anni fa. Esso sarà sicuramente molto fruttuoso, se cercherete sempre di unire questa dimensione spirituale alla competenza tecnica che vi è propria. Non vi sia mai l'una senza l'altra, per non rischiare di limitarsi solo alle buone intenzioni o di ridursi ad un'impresa puramente profana.

Ed il Signore vi colmi delle sue grazie, in pegno delle quali vi concedo di cuore l'Apostolica Benedizione, che amo estendere a quanti operano nella vostra organizzazione sui vari continenti.

Data: 1980-02-15 Data estesa: Venerdi 15 Febbraio 1980.


A una rappresentanza dei Superiori Maggiori d'Italia - Roma

Titolo: La Chiesa proclama con fede l'ideale della vocazione

Fratelli carissimi! Sono sinceramente lieto di potermi incontrare, sia pur brevemente, con voi, membri del consiglio nazionale e segretari regionali per le vocazioni, riuniti in questi giorni a Roma per meditare insieme sui problemi concernenti la "promozione vocazionale", a cura della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori.

1. Debbo dirvi, anzitutto, il mio vivo compiacimento ed il mio paterno incoraggiamento per il vostro specifico impegno pastorale, difficile e delicato - è vero - ma altamente meritorio nei confronti di tutta la Chiesa.

La vocazione religiosa, come quella sacerdotale, è un dono mirabile, che Cristo ha fatto alla sua Sposa, e che essa, pertanto, deve custodire e conservare con geloso amore. A tal fine la Chiesa tutta è impegnata a pregare incessantemente, a vigilare assiduamente, a proclamare con fede il valore imperituro della consacrazione totale e definitiva a Dio, a moltiplicare la propria generosità perché si diffonda l'ideale della vocazione, vissuta nella pratica costante dei consigli evangelici della castità, della povertà e dell'obbedienza, di modo che non manchino, nell'armonioso sviluppo del corpo mistico, uomini e donne che nei monasteri, o nelle scuole e negli ospedali, o nelle missioni, con perseveranza e umile fedeltà alla loro consacrazione, onorino la Sposa di Cristo, e a tutti gli uomini prestino generosi e diversissimi servizi (cfr. LG 46).


2. Certamente, per vivere in pienezza le esigenze della vocazione, religiosa o sacerdotale, occorrono costante spirito di sacrificio e diuturno dominio di sé. Ma val la pena affrontare tali difficoltà per rispondere con ardente generosità all'invito di Gesù: "Seguimi!" (cfr. Mt 19,21 Lc 18,22). Tale capacità di dedizione a Gesù è forse diminuita negli uomini e nelle donne della nostra epoca? Penso che tutti siamo convinti che gli uomini e le donne di oggi, e in particolare i giovani e le giovani, abbiano una tale esigenza di verità, di giustizia, di amore, di solidarietà, di ideale, da renderli disponibili a vivere in profondità l'esperienza esaltante della vocazione religiosa.

E l'auspicio comune è che siano in molti a seguire l'invito di Cristo, ricordando le parole di sant'Agostino: "Non sitis pigri qui potestis, quibus adspirat Deus apprehendere gradus meliore... Aspice eum qui te ducit, et non respicies retro, unde te educit. Qui te ducit, ante te ambulat; unde te educit, post te est. Ama ducentem..." ("Non siate negligenti voi che potete, voi che Dio invita ad ascendere più in alto... Guarda colui che ti guida e non guardare indietro, da dove egli ti trae. Colui che ti guida, cammina dinanzi a te; il luogo da cui ti trae, è dietro di te. Ama colui che ti guida...": S.Augustini "Enarr. in Ps 76,16, PL 36,368ss).


3. Nel concludere questo breve nostro incontro, desidero rivolgermi idealmente a tutti i religiosi e sacerdoti, che vivono serenamente, giorno per giorno, la loro vocazione, fedeli agli impegni assunti, umili e nascosti costruttori del regno di Dio, che irradiano dalle loro parole, dal loro comportamento, dalla loro vita, la gioia luminosa della scelta fatta. Sono proprio tali religiosi e sacerdoti che, mediante il loro esempio, sproneranno tanti ad accogliere nel loro cuore il carisma della vocazione. Ad essi ricordo ciò che ha raccomandato il Concilio Vaticano II: "I religiosi pongano ogni cura, affinché per loro mezzo la Chiesa veramente presenti ogni giorno meglio, ai fedeli e agli infedeli, il Cristo, sia mentre egli contempla sul monte, o annunzia il regno di Dio alle turbe, o risana gli infermi e gli affranti, e converte al bene i peccatori, o benedice i fanciulli o fa del bene a tutti, e sempre obbedisce alla volontà del Padre, che lo ha mandato" (cfr. LG 46).

La mia apostolica benedizione vi accompagni sempre nel vostro ministero e lo renda fecondo di bene per la Chiesa.

Data: 1980-02-16 Data estesa: Sabato 16 Febbraio 1980.


Alla giunta e al consiglio provinciale di Roma - Roma

Titolo: Difendiamo i valori morali negati dalla violenza

Signor presidente! Questa visita di cui ella, unitamente agli onorevoli assessori e consiglieri provinciali di Roma, mi fa oggi e le significative parole, con cui ha rilevato il senso e il valore di codesto attestato di deferenza e di interesse verso il Papa, suscitano nel mio animo profondo apprezzamento.

Ringrazio vivamente lei e tutti gli illustri visitatori, che le fanno corona, per questa presenza che risveglia nel mio cuore quella, che ho sempre davanti ai miei occhi, della diletta popolazione romana e dell'intera provincia, la quale non cessa di circondare di affetto e di venerazione il proprio pastore nelle visite alle parrocchie e comunità cristiane.

L'occasione mi è propizia anche per esprimere il mio compiacimento per i rapporti reciprocamente rispettosi che intercorrono tra codesta amministrazione provinciale e l'autorità ecclesiastica, e in pari tempo per dare voce ai miei voti ed auspici.

Il primo è quello che la provincia romana, che forma la parte più celebrata dell'antico Lazio, non abbia mai a perdere la consapevolezza del suo singolare patrimonio morale e religioso, nel quale rientra anche l'eredità spirituale di san Benedetto, a cui ella, signor presidente, ha fatto opportunamente menzione, e che dopo quindici secoli ancora brilla in Europa e nel mondo come lampada di fraternità, di unità e di concordia.

Sia questo patrimonio fonte di ispirazione per un moderno sviluppo e stimolo al recupero di quei valori, di cui oggi più urgente si sente la necessità nella nostra società tanto provata dalla violenza cieca ed assurda. Vi auguro di avere sempre una sollecitudine incondizionata sia per la promozione dei valori superiori dello spirito, sia per la prosperità dei cittadini e per le loro reali necessità. Vi diro, con le stesse parole del mio venerato predecessore Paolo VI, "abbiate "più vigile e più operante premura là dove i bisogni del popolo sono maggiori; i bisogni, ad esempio, di buona accoglienza alla gente che affluisce verso la città eterna, pellegrini, turisti, immigrati; i bisogni sanitari delle classi meno abbienti; ed i bisogni della cultura, quella professionale specialmente, da cui si qualifica lo sviluppo economico e civile del nostro tempo" (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", I [1963] 72).

La provincia di Roma deve conservare il suo volto più caratteristico ed inconfondibile che è il volto cristiano, a cui il patrimonio storico ed artistico deve imprimere una animazione viva e nuova, la quale sia sempre degna della sua vera nobiltà. Sono certo che codesta amministrazione, accanto al suo impegno e ai suoi sforzi per garantire un lavoro, una casa ed una istruzione a tutti, con particolare attenzione per i giovani, non tralascerà di considerare anche le esigenze della vita religiosa della popolazione, per quanto è di propria competenza.

Auspico infine che, in questo modo, i vicendevoli rapporti tra l'autorità ecclesiastica e quella civile della provincia di Roma possano contribuire sempre maggiormente - ciascuna nella sua sfera d'azione - a conservare nella popolazione, nell'animo dei cittadini, direi nella atmosfera stessa di questa terra, quelle caratteristiche inconfondibili di dignità e di costume morale che sono state impresse da secoli di storia civile e religiosa, e che non debbono venire mai meno nella coscienza di un popolo civile.

Con questi pensieri, e con questi auspici, mentre esorto tutti voi a ben continuare l'opera tesa alla promozione del bene comune, invoco per voi dal Signore sostegno e protezione, di cui vuole essere pegno la benedizione che di cuore imparto, estendendola all'intera popolazione da voi rappresentata.

Data: 1980-02-16 Data estesa: Sabato 16 Febbraio 1980.


Alla Pontificia Università Lateranense - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà, esemplarità, senso della cattolicità

1. Dopo le recenti mie visite all'Università di san Tommaso d'Aquino ed all'Università Gregoriana, non poteva mancare, carissimi fratelli e figli, superiori, docenti, alunni ed ex-alunni della Pontificia Università Lateranense, un incontro con voi, del pari gradito e significativo in ragione dell'importanza che questo insigne centro di studi riveste dinanzi al mondo cattolico e dello stretto legame, altresi, che per volontà dei sommi pontefici l'ha sempre unito e l'unisce alla sede apostolica. Vicino com'è alla patriarcale Basilica di san Giovanni - la cattedrale del Papa - esso esprime al vivo, direi con la sua stessa collocazione topografica, una singolare posizione di dignità e di responsabile impegno nel campo delle scienze sacre, in ordine alle necessità spirituali della diocesi di Roma, che qui presso ha anche il suo seminario maggiore, e delle altre Chiese particolari che vi inviano i propri studenti.

Ma è mio desiderio, anzitutto, porgere un fervido, distinto saluto a tutti i rappresentanti ed i componenti della vita accademica. Saluto affettuosamente il signor Cardinale vicario nella sua veste di Gran Cancelliere e, con lui, con i porporati ed i presuli che gli fanno corona, saluto il commissario monsignor Pangrazio ed il rettore magnifico, i collaboratori del rettorato e poi, secondo l'ordine delle varie facoltà ed istituti, quanti nelle une e negli altri lavorano: i decani ed i presidi, i professori ed i giovani. Il saluto si estende, poi, a coloro che appartengono alle diverse sedi di studio, le quali, mediante affiliazione, si sono collegate alla stessa Lateranense, a garanzia di un conveniente livello didattico e della necessaria continuità nella ricerca scientifica: anche se sono comunità fisicamente lontane, io le considero questa sera presenti in mezzo a noi, quali propaggini vitali e rigogliose di una pianta feconda. E mi piace rivolgere, già in apertura, una parola di doveroso elogio per l'iniziativa di tali affiliazioni che, se nel merito testimoniano disponibilità all'assistenza, volontà di collaborazione e - vorrei dir quasi - un senso spiccato della "comunione culturale", in qualche modo richiamano anche quel rapporto che la sacrosanta Chiesa Lateranense tamquam mater et caput ha con le Chiese sparse nel mondo.


2. Voi, dunque, costituite a titolo speciale l'università del Papa: titolo indubbiamente onorifico, ma per ciò stesso oneroso (honoronus). Vogliamo allora riflettere a ciò che implica, in concreto, siffatta qualifica? Già dicendo università cattolica - come insegna il Concilio Vaticano II - si intende una scuola di grado superiore che "attua" una presenza pubblica, costante ed universale del pensiero cristiano, e sta a dimostrare come fede e ragione convergano nell'unica verità (cfr. GE 10). E dicendo università ecclesiastica - come ho ricordato nella recente costituzione apostolica "Sapientia Christiana" (Ioannis Pauli PP. II "Sapientia Christiana", III) - si intende una di "quelle che si occupano particolarmente della rivelazione cristiana e delle discipline che sono ad essa connesse, e che, perciò, più strettamente si ricollegano alla stessa missione evangelizzatrice della Chiesa".

Che cosa, in aggiunta, si dovrà intendere dicendo università pontificia? Voi capite bene come questi tre aggettivi non sono tra loro disarticolati, ma piuttosto sono ordinati "in crescendo" sulla base, già di per sé tanto nobile e degna, dell'esistere stesso di un'università, ch'è domicilio eletto della scienza "qua talis" e luogo metodologicamente appropriato ed attrezzato per le indagini necessarie a raggiungerla. Un'università pontificia appare come al vertice nella sua indispensabile funzione educativa e didattica a servizio della fede cristiana; servizio che, nel caso di questa università, si precisa nel dovere specifico di fornire un'adeguata preparazione pastorale e dottrinale ai seminaristi ed ai sacerdoti, a sostegno del loro ministero nelle rispettive diocesi. Chi esce dal Laterano, proprio per quello che qui ha ricevuto, è chiamato a compiti di particolare responsabilità per l'animazione del Popolo di Dio e per la stessa formazione permanente del clero.

Questa convergenza di attribuzioni e di titoli non può non avere una rigorosa premessa, a modo di un punto di partenza obbligato: la fedeltà a tutta prova agli autentici contenuti del credo e quindi, all'organo che li propone e li interpreta, cioè al magistero vivo dei legittimi pastori della Chiesa, a cominciare da quello del romano pontefice. Ecco allora che in un'università come questa il connaturale rigore del procedimento scientifico si connette intimamente al rispetto assoluto della divina rivelazione, ch'è affidata alla cattedra di Pietro. Sono questi elementi fondamentali, sono gli indeclinabili poli di riferimento, da cui non le sarà mai lecito deviare o staccarsi, pena la perdita della sua identità. In effetti, mancando l'uno, l'università scenderebbe al livello di una scuola di ordine secondario, dove per ovvie ragioni non può esserci né ricerca né scoperta né creatività; mancando l'altro - dico, l'aderenza al dato rivelato - essa si avvierebbe ad un fatale scadimento rispetto a quell'altissimo "ministero di magistero" che la Chiesa stessa, come prima destinataria dell'euntes... docete del Cristo risorto (Mt 28,19), le ha affidato all'atto di erigerla. E, nell'un caso come nell'altro, non potrebbe essa sfuggire ad un serio pericolo: quello di non rispondere alle ragioni della scienza o a quelle della fede!

3. Sono parole gravi, queste? No di certo, se si considera quanto sia esigente l'odierno contesto culturale e quanto sia urgente, al tempo stesso, e necessaria un'attiva, feconda e stimolante circolazione in essa del pensiero cattolico. I nostri, fratelli e figli carissimi, non sono tempi di ordinaria amministrazione, in cui sia lecito adagiarsi in abitudini di passivo ristagno, o ci si possa accontentare di una ripetizione poco più che meccanica dei concetti e delle formule. Gli uomini del nostro tempo, ben più di quelli delle generazioni passate, hanno molto sviluppato il loro senso critico: vogliono vedere, vogliono sapere, vogliono rendersi conto e quasi toccare con mano. Ed hanno ragione! Ora, se ciò vale per le discipline profane, tanto più vale per le scienze sacre, per la teologia dogmatica e per la teologia morale soprattutto, nelle quali quel che si apprende non rimane sospeso nel vuoto, ma ha, deve avere un'applicazione pratica e - badate bene - letteralmente personale. Voi mi direte che anche le leggi della chimica, della fisica, della biologia ecc..., comportano simili applicazioni; il che è vero, ma molto diverso è il senso e molto più impegnativa è la portata di certi dogmi religiosi e di certe leggi morali, accertate alla luce della rivelazione divina. In questi settori, infatti, c'è un diretto coinvolgimento delle persone, perché si tratta di verità vitali, che toccano la coscienza di ciascuno ed interessano la sua vita presente e futura.

Non staro, pero, a ripetere quanto già affermai nella sede dell'Università Gregoriana. Diro semplicemente che, se ogni università deve essere un'attiva fucina del sapere scientifico, l'università pontificia deve funzionare - grazie allo sforzo generoso e coordinato di tutte le sue componenti - come un centro propulsore di una scienza teologica sicura e abbondante, aperta e dinamica, fresca e pullulante - quale acqua purissima di sorgente - da un'inesausta riflessione intorno alla parola di Dio. Questo precisamente è il suo compito, perché anche su di essa - come su ciascun cristiano - incombe il dovere di esser sempre pronta a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza ch'è in noi (cfr. 1P 3,15).

La sua peculiare fisionomia

4. Ma tenendo presenti la peculiare fisionomia e le caratteristiche della Lateranense - quali la sua diretta dipendenza dal Papa, il ruolo che vi svolge il clero secolare, la primaria sua destinazione a vantaggio del sacerdozio ministeriale - a me sembra che tanto più chiara e convincente e credibile sarà la sua testimonianza, quanto più e quanto meglio l'insegnamento in essa impartito e la ricerca, che in essa è condotta, risponderanno ad alcuni criteri. Desidero, perciò, ricordarli e raccomandarli.

a) Il primo criterio - come ho già accennato - è la fedeltà, da intendere non in senso generico né - tanto meno - nel senso riduttivo di un mantenersi appena appena nei confini dell'ortodossia, evitando sbandamenti e posizioni in contrasto con le enunciazioni del simbolo apostolico, dei Concili ecumenici, del magistero ordinario e straordinario. Non così! Fedeltà vuol essere, deve essere un deciso e stabile orientamento, che ispira e segue da presso la ricerca: significa porre quella parola di Dio, che la Chiesa "religiosamente ascolta" (cfr. DV 1), all'origine stessa del processo teologico e riferire ad essa ognuna delle acquisizioni e conclusioni, a cui man mano si perviene; implica un confronto attento e permanente con ciò che la Chiesa crede e professa. Fedeltà non significa scanso di responsabilità, non è un atteggiamento falsamente prudenziale, per cui si rinuncia ad approfondire ed a meditare; essa sollecita a indagare, a illustrare, a enucleare - per quanto è possibile - la verità in tutte le ricchezze, di cui Dio l'ha dotata; essa si preoccupa della sua più idonea e plausibile presentazione. La fedeltà è esercizio di obbedienza: è un riflesso di quell'"obbedienza di fede", di cui scrive san Paolo (Rm 1,5 Rm 16,26 cfr. Rm 10,16).

b) Il secondo criterio è quello dell'esemplarità, che questa università deve esercitare di fronte alle altre, specialmente di fronte agli studi affiliati.

Questo vuol dire che, consapevole della sua posizione di prestigio e della delicata funzione che le è demandata dalla Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa, essa dev'essere in grado di proporsi come modello alle altre: per l'alta qualità dell'insegnamento, per il fervore della ricerca; per l'educazione squisitamente ecclesiale che sa garantire agli alunni; per il livello di preparazione spirituale e culturale che assicura a questi ultimi, specialmente se sono destinati al sacerdozio; per la piena rispondenza, insomma, alle proprie finalità istitutive.

Un'università come questa - diro con la suadente immagine evangelica - è come la città collocata sopra il monte, la quale non può rimanere nascosta; è come la lampada, che non deve essere occultata, ma va posta sopra il candelabro, perché la sua fiamma si espanda e dia luce a tutti quelli che sono nella casa (cfr. Mt 5,14-16). In essa monito del Signore "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14-16) può e deve trovare un originale e sostanziale adempimento.

c) Ricordero, ancora come terzo criterio, il senso della cattolicità. Il Concilio Vaticano II ci ha abituato a sentire altre voci nella Chiesa: dalle varie nazioni dell'Europa cristiana, come dai paesi dell'America Latina sono venute nuove impostazioni e nuove problematiche, le quali - in nome, beninteso, di un sano e definito pluralismo, e salva sempre l'unità dogmatica della fede - possono avere diritto di cittadinanza nel quadro della riflessione e dell'elaborazione teologica. Non potendo qui entrare nel merito delle singole posizioni (per alcune delle quali non sono, peraltro, mancate le necessarie messe a punto, come feci io stesso lo scorso anno, a Puebla, nel messaggio all'episcopato dell'America Latina), diro soltanto che l'emergere di questo fatto non può non sollecitare il dovere del discernimento e della sintesi. Ora quale sede migliore, per fare un tale lavoro di valutazione critica e di positiva integrazione, di quella ch'è offerta da questa università due volte romana? E' il senso eminentemente cattolico, ad essa congeniale, è il suo poggiare sul magistero a crearle le condizioni migliori. A questo riguardo, la necessaria ponderazione si intreccia col precetto dell'apostolo: "Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.

Ma esaminate ogni cosa e ritenete ciò che è buono" (1Th 5,19-21).

Un settore eletto, in cui un simile lavoro può svolgersi, è, senza dubbio, quello della dottrina ecclesiologica, ed al riguardo io desidero tributarvi una meritata lode, perché so che da voi un tale studio è coltivato con particolare assiduità. Continuate con perseveranza, perché si tratta di un campo vastissimo e tanto ricco di germi fecondi. Basterebbe solo richiamare i maggiori documenti pontifici e conciliari, che si presentano immediatamente alla mente e contengono in abbondanza materia di analisi, di ermeneutica, di approfondimento: le encicliche "Mystici Corporis" di Pio XII e "Ecclesiam Suam" di Paolo VI, le costituzioni "Lumen Gentium" e "Gaudium et Spes" del recente Concilio costituiscono come un ideale quadrilatero, entro il quale è da condurre lo studio, senza dimenticare ovviamente l'eredità preziosa che la tradizione patristica e scolastica ci offre intorno alla vera "Ecclesia Christi".

d) Un ultimo criterio scaturisce da quel tipo di ricerche, per le quali l'università del Laterano è chiamata a svolgere un'attività veramente promozionale: intendo la pastoralità, e desidero perciò nominare il Pontificio Istituto Pastorale, eretto nel 1957 da sua santità Pio XII, con la serie delle discipline antiche e moderne, umane e religiose, in cui si articolano i suoi corsi, e con la specializzazione in teologia pastorale. In effetti, mentre le università ecclesiastiche romane hanno specialmente l'alta responsabilità di formare per la Chiesa professori che assicurino poi, nelle scuole locali delle diocesi, l'adeguato insegnamento delle scienze sacre e si valgono a tal fine delle persone e delle strutture di insigni ordini religiosi, questa università invece, pur essendo in grado di darci ottimi docenti (l'ha fatto in passato e lo fa tuttora), si qualifica per la preparazione di sacerdoti dotti e zelanti, che dovranno alimentare la vitalità pastorale delle comunità ecclesiali. Essa, insomma, vuol fornire gli esperti in quell'"arte delle arti", che è, secondo san Gregorio Magno, la direzione delle anime (cfr. S.Gregorii Magni "Regula Pastoralis" I,1: PL 77,14) e, per il livello raggiunto grazie a detto istituto, può contribuire efficacemente alla formazione non solo dei laici, ma anche dei sacerdoti ad opera dei sacerdoti che escono da questa scuola. L'obiettivo di fondo è, infatti, l'educazione alla fede con azione differenziata secondo i bisogni, le circostanze e le età: ascoltando le voci che salgono oggi dagli uomini, credenti e non credenti, dubbiosi e indifferenti, si studiano i modi dell'annuncio, le tecniche della catechesi, il servizio sacramentale, l'animazione di gruppi e di comunità, la presenza religiosa nelle scuole, le opere caritative e assistenziali, onde la vita cristiana, a volta a volta, si stabilisca o si accresca o maturi i suoi frutti in sanctitate et iustitia (Lc 1,75). Come per l'ecclesiologia, anche per questo campo vi indichero due documenti, la cui importanza è pari alla loro attualità: le esortazioni apostoliche "Evangelii Nuntiandi" e "Catechesi Tradendae", quali testi da studiare, da meditare, da tradurre nella prassi ministeriale.

L'istituto "Utriusque Iuris"


5. Ho parlato finora prevalentemente di dottrina teologica e di arte pastorale, perché si tratta di discipline che al Laterano hanno grande rilievo. Non per questo io dimentico - non potrei né vorrei farlo - gli altri insegnamenti di carattere filosofico, biblico, patristico, giuridico, ecc..., che qui sono impartiti. Come potrei omettere un riferimento, sia pure rapido, al Pontificium Institutum Utriusque Iuris ed alle due facoltà che lo compongono? Voi lo conoscete: esso nel mondo scientifico rappresenta un "unicum", che non da oggi gode di un indiscusso prestigio; esso risponde a reali esigenze, perché la Chiesa avrà sempre bisogno di valenti canonisti e giuristi a tutti i livelli: dal governo all'amministrazione della giustizia, dall'insegnamento ai rapporti con le autorità politiche; esso, promuovendo lo studio scientifico di entrambi i diritti, attesta l'interdipendenza, in profondità, dei due sistemi canonico e civile, confermando anzi che il diritto, in quel che ha di assoluto, in quanto è sinonimo di giustizia, è uno.

Ma, richiamata la funzione dell'originale Institutum, vorrei accennare alle possibilità di attiva presenza che io ritengo ad esso si aprano, assai ampie, specialmente in questo momento. Almeno tre sono gli ambiti, nei quali potrà offrire un validissimo contributo: nella preparazione e nel successivo studio del nuovo "Codex Iuris Canonici"; nell'approfondimento di quei diritti della persona che, proprio perché sono tanto spesso conculcati nella società odierna, tanto più debbono essere riguardati e salvaguardati dalla Chiesa, per la quale l'uomo resterà sempre la prima e fondamentale via (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 14); nella grande causa dell'unità europea, una causa che sta tanto a cuore alla santa Sede, e nella quale le istituzioni giuridiche - se vi saranno presenti cristiani ben preparati - potranno esercitare una salutare influenza, contribuendo a far meglio risplendere il volto umano-cristiano del continente. Ed assai utile potrà essere, ancora, la funzione del nostro Institutum nelle ricerche intese all'instaurazione di rapporti internazionali nuovi, ispirati alla giustizia, alla fratellanza, alla solidarietà.


6. Il ventaglio degli insegnamenti mi porta, d'altra parte, a rilevare che, nonostante la loro molteplicità, resta indiscusso in una visione globale il loro carattere sacro, mentre appare ben preciso e netto il profilo, direi, religioso di tutti coloro - sacerdoti e laici - che, per mandato della Chiesa, ne sono i legittimi maestri. E ciò mi suggerisce anche di sottolineare un elemento che, nella prospettiva della vita del Laterano, ha una determinante importanza. Lo desumo dal titolo II della citata Costituzione "Sapientia Christiana", relativo alla comunità accademica ed al suo governo. Dice l'art. 11: "Poiché l'università... costituisce in certo modo una comunità, tutte le persone che ne fanno parte... devono sentirsi, ciascuna secondo la propria condizione, corresponsabili del bene comune e devono sollecitamente contribuire al conseguimento del fine della comunità medesima".

Ecco un'indicazione veramente preziosa: poiché il corpo accademico di questa università è formato sia da membri del clero secolare di varie diocesi e nazionalità, sia da religiosi appartenenti a diversi ordini e congregazioni, nonché da laici, da tale situazione emerge più netta l'esigenza di una profonda comunione tra i membri del medesimo corpo, in modo da trovare, già nel contesto stesso degli insegnamenti, un raccordo sempre più saldo e organico per una reale unità di indirizzo, in ordine ai fini da raggiungere.

Questa comunione, intesa come sforzo serio e approfondito di ricerca per lo sviluppo delle scienze sacre insegnate, servirà a favorire, negli studenti, la formazione di una mentalità dottrinalmente ben fondata, per aver poi una più facile e quasi naturale proiezione pastorale. Ma per ciò stesso la comunione dovrà coinvolgere anche gli studenti che, già avviati ed edificati dall'esempio dei loro insegnanti, saranno chiamati a collaborare prima di tutto con la diligenza negli impegni scolastici, poi anche con l'assunzione e l'esecuzione di particolari compiti. Se l'intera comunità dei docenti saprà mostrare un forte spirito di comunione ecclesiale, ne risulterà una testimonianza di cui si avvantaggeranno specialmente gli alunni. Questi allora potranno far ritorno nelle loro diocesi, ben addestrati a guidare i fratelli con la sicurezza della dottrina e con lo zelo per il sacro ministero, tanto più disponibili ad un servizio pastorale coraggioso, quanto più saldamente siano ancorati alla pietra che è Pietro (cfr. Mt 16,18) e penetrati di senso ecclesiale. Se questa è la prospettiva di arrivo, pensate bene, illustri e cari professori, quanto sia importante e delicata la funzione, diro meglio: la missione pedagogica, che è affidata a ciascuno di voi: si tratta di un autentico servizio ecclesiale, nel quale all'atto di fiducia compiuto dalla Chiesa, all'incarico di fiducia da essa conferito deve corrispondere, da parte vostra, una sincera e costante lealtà nell'assolverlo.


7. Ed ora il discorso passa direttamente a voi, carissimi alunni. Anche a voi la costituzione sulle università e facoltà ecclesiastiche dedica uno speciale titolo, il IV: individua i criteri per giudicare della vostra idoneità nella condotta morale e negli studi compiuti in precedenza (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Sapientia Christiana", 31); vi raccomanda, oltre al rispetto delle norme e della disciplina, la partecipazione alla vita comunitaria dell'università (Ioannis Pauli PP. II "Sapientia Christiana", 33-34). Ma vorrei aggiungere, su un piano generale e preliminare, che da voi, figlioli, si richiede una consapevolezza: quella di trovarvi qui in una sede privilegiata, dove, per un felice e provvidenziale concorso di circostanze, potete usufruire dei mezzi più idonei per curare e raggiungere la vostra formazione in reale compiutezza. La formazione, dico, che meglio si adatta alla vostra personalità, e che la Chiesa fiduciosamente si attende. Voi che siete chiamati al sacerdozio, riflettete a quali e quante opportunità qui trovate per rispondere alle intrinseche e irrinunciabili esigenze della vocazione. Davvero gli anni che state ora trascorrendo sono un tempus acceptabile: direi anzi che sono - nella prospettiva della vita adulta e del futuro ministero sacerdotale - dies salutis (cfr. 2Co 6,2) per le vostre anime e per i fratelli, che già incontrate ed incontrerete un giorno più numerosi. Valga questo pensiero a sostenere il vostro impegno ed il vostro giovanile entusiasmo; a spronarvi nell'applicazione allo studio e nei sacrifici che esso necessariamente comporta; ad irrobustire la vostra volontà, temprandola al nerbo della disciplina ed all'esercizio dell'obbedienza. Sappiate santamente approfittare di questo periodo, per arrivare al sacerdozio con la dovuta preparazione: la dottrina, si, in voi sia sana (cfr. 2Tm 4,3) e copiosa, ma con essa deve esserci anche e soprattutto un amore ardente per le anime, poiché - come dice un grande dottore della Chiesa - est... tantum lucere vanum; tantum ardere parum; ardere et lucere perfectum (S.Bernardi "Sermo in nativitate S.Ioannis Baptistae", par. 3: PL 183,399 [983]).


8. Quando nel novembre del 1958, a meno di un mese dall'elevazione al pontificato, il mio venerato predecessore Giovanni XXIII volle visitare l'allora ateneo Lateranense, che l'aveva accolto giovane studente all'inizio del secolo e più tardi suo professore, egli pronuncio alcune parole suggestive che voglio adesso ricordare: "Dal vicino altare della nostra Arcibasilica a queste aule sacre del nostro pontificio ateneo passa una stessa corrente di luce e di grazia celeste.

Infatti, l'occupazione prevalente dello studio universitario delle scuole ecclesiastiche consiste nella ricerca e nell'illustrazione della scienza divina... non a semplice contemplazione della verità religiosa..., ma anche a deduzione di indirizzi pratici per l'apostolato delle anime".

Segui, pochi mesi dopo, come ben sapete, l'attribuzione del titolo di università, conferito con il motu-proprio "Cum Inde", il quale, fin nelle prime righe, conferma il vincolo affettivo che l'amabile pontefice manteneva con essa e considerava ancor più accresciuto per aver egli assunto il ministero supremo nella Chiesa: ad Petri cathedram evecti..., nos exinde arctioribus vinculis illi iuventutis nostrae veluti sacrario devinciri sentimus (cfr. Ioannis XXXIII "Cum Inde": AAS 51[1959] 401-403) Ecco, se mi è consentito, di questi commossi sentimenti e pensieri vorrei ora appropriarmi per dirvi, per assicurarvi, fratelli e figli che mi ascoltate, l'interesse vivissimo, fatto di stima, di attesa, di considerazione e di predilezione, che io provo per questa "alma mater studiorum", tanto rinomata e benemerita.

A gloria di Cristo Signore, ad illustrazione della sua Chiesa, a servizio della scienza e della fede io ne auspico il continuo, rigoglioso sviluppo, mentre, in pegno dei celesti favori, benedico di cuore voi tutti che della vita, che in essa pulsa, siete i protagonisti e gli artefici.

Data: 1980-02-16 Data estesa: Sabato 16 Febbraio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - A monaci e monache dell'ordine basiliano di san Giosafat - Roma