GPII 1980 Insegnamenti - Al Collegio americano del Nord - Roma


2. La solennità della Cattedra di san Pietro per una felice coincidenza è anche il compleanno di George Washington, vostro primo presidente. In un certo senso questi due eventi indicano il motivo della mia venuta qui oggi. E' stato il mio desiderio come Vescovo di Roma di visitare i diversi collegi della città; ma sono venuto al Collegio americano del Nord in particolare come un ampliamento della mia recente visita agli Stati Uniti. Questa sera voi rappresentate per me la Chiesa degli Stati Uniti: voi miei fratelli Vescovi, e voi che costituite la comunità in Roma conosciuta come Collegio americano del Nord, sul Gianicolo e in via dell'Umiltà.

In tutti voi e attraverso voi io saluto ancora una volta il popolo d'America.

In questa occasione vorrei parlare di quelle che considero essere componenti estremamente importanti della preparazione al sacerdozio, e ripetere a questo proposito alcuni punti che ho sottolineato nella mia visita alla vostra nazione.


3. L'elemento essenziale della vita del seminario è la parola di Dio. La parola di Dio è il centro di tutto lo studio teologico; è il primo strumento per tramandare la dottrina cristiana e la perpetua sorgente della vita spirituale (cfr. Pauli VI "Missale Romanum", die 3 apr. 1969). Parlando ai seminaristi in America, ho detto: "La formazione intellettuale del prete, che è così essenziale per i giorni in cui viviamo, comprende un numero sia di scienze umane sia di varie scienze sacre.

Tutte queste hanno un importante posto nella vostra preparazione al sacerdozio. Ma priorità essenziale per i seminari oggi è l'insegnamento della parola di Dio in tutta la sua purezza e integrità con tutte le sue esigenze e in tutta la sua potenza" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Seminarii S.Caroli alumnos, in urbe "Philadephia" habita", 1: AAS 71[1979] 1189-1190).

E' mia speranza che nella vostra venerazione per la parola di Dio voi sarete come Maria - come Maria la cui risposta alla parola di Dio fu "fiat": "Sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc 1,38); come Maria "che credette che le parole del Signore a lei rivolte si sarebbero compiute" (Lc 1,45); come Maria che custodiva gelosamente queste cose che erano dette di suo figlio e le conservava nel suo cuore (cfr. Lc 2,19). Possiate sempre custodire la parola di Dio e conservarla ogni giorno nel vostro cuore, così che tutta la vostra vita possa diventare una testimonianza di Cristo, la Parola fatta carne (Jn 1,14).


4. La testimonianza della parola di Dio raggiunge il suo culmine nella celebrazione dell'eucarestia. Infatti, tutti i vostri tentativi personali e tutte le attività della comunità del seminario sono legati al sacrificio eucaristico e diretti ad esso: "Per la maggior parte la santa eucarestia contiene l'intera ricchezza spirituale della Chiesa, che è, Cristo stesso, nostra Pasqua e pane vivente" (PO 5). Vi sollecito energicamente quindi a fare della Messa ogni giorno il centro della vostra vita, e raccomando che regolarmente passiate il tempo in preghiera davanti al santo Sacramento, adorando nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo.


5. La vita del seminario dovrebbe anche essere caratterizzata da un'atmosfera di raccoglimento, che metta in grado ognuno di voi di acquisire durevoli abitudini di studio e di preghiera, e di sviluppare interiormente le attitudini di altruismo, generosità e gioiosa obbedienza - attitudini che sono così necessarie in un prete.

A un prete è veramente richiesto di assumere la mentalità e il cuore di Cristo (cfr. Ph 2,5), di imitare il Figlio che "imparo l'obbedienza da ciò che sofferse" (He 5,8), e dire con Gesù: "Non cerco la mia propria volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Jn 5,30). La solida disciplina nel seminario, quando è esercitata nel modo giusto, crea quella atmosfera di memoria che aiuta a prepararvi ad una vita di continua conversione e di generoso servizio. In particolare questo vi aiuterà, come ho detto a Filadelfia, "a confermare giorno dopo giorno nei vostri cuori l'obbedienza che dovete a Cristo e alla sua Chiesa".


6. Dieci anni fa oggi, il mio amato predecessore Paolo VI visito il Collegio americano del Nord. In questa occasione egli parlo dello speciale valore della preparazione al sacerdozio qui a Roma. "La vostra vita a Roma", disse, "non è accidentale né irrilevante. Non è nemmeno una coincidenza... E' qualcosa che è stato voluto deliberatamente per la vostra formazione spirituale; per la vostra preparazione al ministero sacerdotale; per un servizio, ancora a venire, alla Chiesa e ai vostri concittadini".

Se qualche volta vi stupite che i Vescovi americani abbiano costruito e mantenuto questo collegio a Roma, o che i credenti cattolici degli Stati Uniti per più di un secolo abbiano offerto un supporto finanziario e si siano sacrificati per garantire a voi e a molti altri la opportunità di prepararsi al sacerdozio in Roma, la risposta si trova nelle parole di Pietro a Cesarea di Filippi; collegata al mistero della missione di Pietro nella Chiesa universale. Qui a Roma l'universalità e la ricca diversità della Chiesa sono viste con maggior chiarezza che altrove; qui la tradizione apostolica della Chiesa come realtà vivente e non soltanto come reliquia del passato diventa una consapevole parte della vostra visione della fede; e qui a Roma incontrate il successore di Pietro in quanto egli cerca di mostrare fedeltà a Cristo per confermare tutti i suoi confratelli nella fede.


7. Vorrei cogliere anche l'occasione di estendere uno speciale saluto al Cardinale Baum, che solo di recente è venuto a Roma per assumere il gravoso incarico di direttore della sacra congregazione per l'educazione cattolica. Tra le sue molte responsabilità ci sarà la promozione di un autentico rinnovamento della vita del seminario a Roma e in tutto il mondo. Nessun'altra responsabilità sarà di più grande importanza che la sua. In pieno accordo con questa mia convinzione sono le seguenti parole che ho scritto ai Vescovi della Chiesa nella mia lettera del Giovedi Santo lo scorso anno. "La piena ricostituzione della vita dei seminari in tutta la Chiesa sarà la prova migliore di aver raggiunto il rinnovamento verso il quale il Concilio diresse la Chiesa".


8. Amati fratelli e figli in Cristo, occupate un posto speciale nei miei pensieri e nelle mie preghiere, e io guardo a voi con fiducia. Poiché io vedo la vostra giovinezza e la vostra sincerità, la vostra forza e il vostro desiderio di servire. Vedo la vostra gioia e il vostro amore per Cristo e il suo popolo. Tutto questo mi fa sorgere la speranza che l'autentico rinnovamento della Chiesa incominciato col Concilio Vaticano II sarà davvero portato a compimento. Si, voi vivete la grande antica promessa per il futuro della Chiesa, per il futuro dell'evangelizzazione del mondo, purché rimaniate fedeli: fedeli alla parola di Dio, fedeli all'eucarestia, fedeli alla preghiera e allo studio, fedeli al Signore che ha incominciato in voi questo buon lavoro, e che lo porterà a compimento (cfr. Ph 1,6).

Cari fratelli e figli: lodiamo insieme il suo nome, e proclamiamo con la parola e l'azione - oggi e sempre - che Gesù è il Cristo il Figlio del Dio vivente.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-02-22Data estesa: Venerdi 22Febbraio 1980.


Ai partecipanti ad un corso ecumenico - Città del Vaticano (Roma)

Miei cari amici della Scuola Superiore dell'Istituto Ecumenico di Bossey, Avete passato gli ultimi cinque mesi a Bossey, vicino a Ginevra, in quella che deve essere stata una profonda esperienza ecumenica. Riflettendo insieme sul Regno di Dio e sul futuro dell'umanità, vi siete avvicinati a quella conoscenza e a quell'amore per il nostro Signore Gesù Cristo che sono le fondamenta di ogni serio impegno ecumenico.

Nello stesso tempo confido che voi abbiate raggiunto una maggiore conoscenza e un maggior rispetto per la varietà delle tradizioni esistenti fra i cristiani. Avete sviluppato una nuova consapevolezza della necessità di sforzarsi, con sincerità e fedeltà alla verità, per superare quelle differenze che ancora impediscono ai Cristiani di esprimere pienamente quella fede e quella comunione che il Signore vuole per loro. Nella preghiera, inoltre, vi sarete resi conto di quanto la perfetta unità sia un dono della grazia di Dio - un dono che dobbiamo umilmente cercare con perseveranza nel nome di Gesù.

Oggi sono molto felice di darvi il benvenuto a Roma dove passate l'ultima settimana del vostro programma con gli uffici, le comunità e le facoltà della Chiesa Cattolica a Roma. Possano questi contatti diretti aiutarvi ad approfondire la vostra genuina comprensione delle istituzioni e della vita della Chiesa Cattolica.

Siate certi che le miei preghiere vi accompagneranno durante il vostro ritorno alle vostre case e alle vostre Chiese, determinati ad essere servi più fedeli del Signore, e strumenti della sua pace e della sua giustizia fra tutti coloro con cui verrete in contatto in futuro.

E possa lo Spirito Santo assistervi nella vostra crescita "nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria ora e nel giorno dell'eternità. Amen" (1P 3,18).

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-02-22Data estesa: Venerdi 22Febbraio 1980.




Al consiglio della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il significato permanente della famiglia cristiana

Cari fratelli nell'episcopato, cari amici, 1. E' con gioia che v'incontro questa mattina in questa sala che ha visto svolgersi il primo Sinodo generale, e dove voi avete avuto la gentile attenzione di tenere l'ultima sessione del vostro consiglio, cosa che mi permette di associarmi per un momento ai vostri lavori.

Il prossimo Sinodo ha per tema: "Le funzioni della famiglia nel mondo d'oggi". La nostra epoca infatti domanda che si metta in piena luce, in modo comprensibile e adeguato, il significato permanente di quest'istituto definito da molto tempo con ragione come "la Chiesa domestica". Da ogni parte, il segretariato del Sinodo ha raccolto le osservazioni delle conferenze episcopali, le esperienze dei pastori, le modalità con cui il fermento evangelico è all'opera in situazioni molto diverse. A partire da questo, voi elaborate il documento di lavoro che permetterà ai membri del Sinodo un impegno approfondito e concreto.

Voglio quindi, innanzitutto, ringraziarvi, membri del consiglio del segretariato generale del Sinodo, esperti e membri di questo segretariato, per il servizio che voi rendete anche all'organismo che risulta un'espressione privilegiata della collegialità episcopale, attraverso la quale i pastori delle diocesi dividono con il Vescovo di Roma la sollecitudine per tutte le Chiese.


2. Non voglio riprendere qui tutta la ricchezza delle vostre discussioni né soffermarmi su tutti i problemi che voi credete dover sottoporre al prossimo Sinodo.

Questo Sinodo comprenderà innanzitutto una descrizione della situazione delle famiglie e dei diversi problemi che pone: bisogna infatti cominciare col guardare bene in faccia il modo con cui sono vissute oggi le realtà familiari, analizzando per quanto possibile le cause e le linee d'evoluzione, perché l'evangelizzazione possa veramente penetrare in questo mondo.

Una parte importante sarà consacrata alla teologia, alla dottrina cattolica sulla famiglia. Il Sinodo deve infatti rafforzare le convinzioni dei cristiani. Si tratta senza dubbio non di rifare un'esposizione sistematica dei dati già conosciuti e ben stabiliti - come se si cominciasse da zero, quando invece la Chiesa vive da duemila anni -, ma di trovare il linguaggio e le motivazioni profonde che illustrano la dottrina permanente della Chiesa in un modo che riguardi e se possibile convinca gli uomini di oggi, nelle loro situazioni concrete, che permette loro di rispondere, per esempio a certe tendenze che si diffondono come quella di instaurare una libera unione. Il Sinodo non sarà uno strumento di risposta a tutti i problemi, ma dovrà mettere in evidenza quel che vuol dire seguire Cristo in questo ambito, dovrà indicare i valori senza i quali la società affonda ciecamente in un vicolo senza fondo, dovrà aiutare i cristiani e gli uomini di buona volontà a formarsi su questi punti una coscienza ben chiara e salda, secondo i principi cristiani.

Infine e soprattutto, il Sinodo cercherà in modo realista come permettere alle famiglie di ritrovare o di mantenere questi valori, di viverli, di irraggiarli attorno a loro, di prossimo in prossimo. Questa sarà la parte direttamente pastorale.


3. M'accontento di sottolineare alcuni aspetti che mi appaiono particolarmente importanti.

1. Le considerazioni sulla famiglia cristiana non possono essere separate dal matrimonio, poiché la coppia costituisce la prima forma della famiglia e conserva il suo valore, anche nell'assenza di bambini. Qui bisogna fermarsi al senso profondo del matrimonio, che è alleanza e amore; alleanza e amore tra due soggetti, uomo e donna, segno dell'alleanza tra Cristo e la sua Chiesa, amore radicato nella vita trinitaria. I caratteri di questa unione devono allora apparire in tutta la loro chiarezza: l'unità del focolare, la fedeltà dell'alleanza, la permanenza del legame coniugale.


2. La famiglia deve essere considerata come istituzione, non solo nel senso che ha il suo posto e le sue funzioni nella società e nella Chiesa, che deve usufruire delle garanzie giuridiche per il compimento dei suoi doveri, per avere la stabilità e la gioia che si attende da lei, ma anche in questo senso, che lei in sé trascende la volontà degli individui, i progetti spontanei delle coppie, le decisioni degli organismi sociali e governativi: il matrimonio è "una saggia istituzione del Creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno d'amore" (Pauli VI HV 8). Converrà approfondire questo aspetto istituzionale, che lungi dall'essere un vincolo all'amore, ne è il coronamento.


3. Bisognerà dare un'attenzione particolare alla preparazione all'amore e al matrimonio, che è necessariamente sia una preparazione alla vita in famiglia e alle responsabilità familiari. Come assicurare oggi questa preparazione? E' un punto capitale della pastorale.


4. I preti, da parte loro, devono essere preparati e formati all'apostolato della famiglia, perché una parte primordiale del loro ruolo consiste nel sostenere i laici nelle loro proprie responsabilità, personali e sociali, ma anche familiari. Stiamo sufficientemente apprezzando questo apostolato della famiglia? Sono preparati per questi problemi complessi? Come pastori non dobbiamo risolvere noi stessi tutti i problemi delle famiglie ma dobbiamo essere vicini alle loro difficoltà come alle loro gioie, ed esserlo in misura da poterle aiutare, come vuole il Signore.


5. I laici evidentemente devono poter anche trovare le condizioni per la loro formazione dottrinale, spirituale e pedagogica per la loro vita di coppia, come per le loro responsabilità di padri e di madri di famiglia alle prese con tutti i problemi dell'educazione dei loro bambini mano a mano che crescono. Si tratta, ancora, di illuminare la loro attitudine davanti a tutti i membri della famiglia in senso lato, tra i quali deve esistere una reale solidarietà; soprattutto con i malati, gli handicappati, i vecchi: questi attendono di ricevere un affetto e un sostegno particolari, mentre apportano loro stessi un contributo nelle scelte per la loro esperienza e il loro amore.

La formazione di questi laici è due volte importante per introdurli ai veri valori cristiani, e permetter loro di testimoniarli, perché, nelle condizioni attuali, l'evangelizzazione delle famiglie si farà soprattutto attraverso altre famiglie.


6. Infine non dimenticheremo la sollecitudine pastorale che domandano i casi difficili: quello delle famiglie che conoscono la separazione; quello delle persone divorziate e risposate civilmente, che senza poter accedere pienamente ai sacramenti, devono essere accompagnate nei loro bisogni spirituali e nell'apostolato che è loro possibile; il caso dei vedovi e delle vedove, il caso delle persone sole che hanno carico di bambini, ecc...

Queste parole, fratelli venerati e cari amici, vi lasciano intravedere tutto l'interesse che il Papa porta a questo Sinodo, e le grandi speranze che vi ripone per la Chiesa. Indirizzo i miei più vivi incoraggiamenti a coloro che hanno ora il dovere di mettere a punto gli ultimi preparativi.

Penso anche a tutti i futuri partecipanti che si preparano con la riflessione e con l'aiuto del loro popolo cristiano. Tutti noi preghiamo Dio d'illuminare gli spiriti, di disporre i cuori perché l'esperienza del Sinodo porti un sovrappiù di convinzioni, di risoluzioni e di incoraggiamenti per la sanità delle famiglie. Noi affidiamo quest'opera all'intercessione della Madre del Cristo che è Madre della Chiesa.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-02-23 Data estesa: Sabato 23 Febbraio 1980.





In suffragio di Vittorio Bachelet - Roma

Titolo: Offriamo a Cristo la morte del nostro fratello

1. Noi tutti, oggi, abbiamo sentito il bisogno di quest'incontro, che è incontro al cospetto di Cristo, col nostro caro fratello, la cui separazione da noi - umanamente così tragica e crudele - ha una sua eloquenza particolare, insolita.

L'eloquenza di questa morte consiste nella testimonianza. Il morto può dare ancora una testimonianza? Si, la dà mediante ciò che egli era, il modo in cui è vissuto, il come ha operato. La dà anche mediante i vivi: mediante coloro che facevano parte della sua vita. Mediante coloro che ha lasciato orfani. Mediante la famiglia. Ed ancora, mediante l'ambiente al quale apparteneva. Mediante tutti noi.

Proprio per questo ci siamo riuniti qui, oggi, noi tutti: le diverse organizzazioni e gruppi, l'Azione Cattolica, molti rappresentanti di Roma e di tutta Italia, per riflettere ancora una volta su questa testimonianza, che Vittorio Bachelet ha dato alla Chiesa ed alla società, testimonianza che egli ha dato alla nostra epoca difficile.

Ci siamo riuniti qui affinché egli possa rendere "ancora una volta" questa testimonianza attraverso noi tutti.


2. Siamo legati a lui con molteplici vincoli. Nel corso di questi anni, egli è stato il presidente dell'Azione Cattolica italiana a livello nazionale.

L'ho incontrato personalmente dopo il Concilio, nel primo gruppo del consiglio dei laici; li ho conosciuto lui ed anche la sua consorte e i figli. Ed ora che, dopo quel tempo devo celebrare questa liturgia funebre dopo la sua morte, sento di nuovo che si tratta di una persona vicina, benché non ci siamo più visti successivamente per una serie di anni.

Molteplici sono i vincoli che a lui ci legano e che si dimostrano oggi, in un certo senso, ancora più forti. Scopriamo che questi vincoli che ci hanno legati e tuttora ci legano a lui, ci uniscono contemporaneamente a Cristo. Siamo convenuti qui per confessare e manifestare questo nostro vincolo in Cristo, che tutti ci accomuna nella memoria dello scomparso. E perciò, unica forma adeguata di espressione è questo sacrificio: l'eucaristia, che, in unione con Cristo, offriamo insieme, raccolti nel ricordo del caro ed indimenticabile Vittorio Bachelet.

Chiediamo ancora una volta a coloro che sono rimasti maggiormente soli: alla moglie, signora Maria Teresa, ed ai figli Maria Grazia e Giovanni, di accogliere da noi tutti questa manifestazione della nostra partecipazione al dolore, che essi vivono in maniera così edificante. Chiediamo loro di accettare questa espressione della nostra amicizia e del nostro amore verso il loro marito e padre.


3. Il sacrificio.

Ogni volta che ci raduniamo per partecipare all'eucaristia, sappiamo che ci parleranno i testi ispirati della Sacra Scrittura, i brani scelti dall'Antico e dal Nuovo Testamento; che le nostre labbra pronunceranno le parole della preghiera liturgica di adorazione, di ringraziamento, di propiziazione e di impetrazione.

Tuttavia, al di sopra di tutto ciò, parla la croce invisibile del Calvario e il sacrificio offerto su di essa. Le parole della transustanziazione si riferiscono direttamente a quel sacrificio e non soltanto lo evocano nella memoria, ma lo ripetono di nuovo, lo compiono di nuovo, in modo incruento, sotto le specie del pane e del vino: "...il mio corpo offerto in sacrificio per voi..." / "...il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti".

Sacrificio.

Il sacrificio è Cristo: "Colui che non aveva conosciuto peccato" (2Co 5,21), innocente e puro, "il Santo di Dio" (Lc 4,34): Cristo - l'Agnello di Dio.

Cristo aveva la consapevolezza che per la salvezza del mondo era necessario il suo sacrificio: "è bene per voi che io me ne vada" (Jn 16,7), "il Figlio dell'uomo dovrà soffrire" (Mt 17,12), "il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini che lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà" (Mt 17,22-23), "...bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Jn 3,14).

Nel disegno di Dio, era stabilito che non si poteva salvare in altro modo l'uomo. A ciò non sarebbe bastata alcun'altra parola, alcun altro atto.

Fu necessaria la parola della croce; fu necessaria la morte dell'Innocente, come atto definitivo della sua missione. Fu necessario per "giustificare l'uomo..." per scuotere il cuore e la coscienza, per costituire l'argomento definitivo in quello scontro tra il bene ed il male, che cammina lungo la storia dell'uomo e la storia dei popoli...

Fu necessario il sacrificio. La morte dell'Innocente.


4. Cristo ha lasciato questo suo sacrificio alla Chiesa come il suo più grande dono. Lo ha lasciato nell'eucaristia. E non soltanto nell'eucaristia: lo ha lasciato nella testimonianza dei suoi discepoli e confessori.

Mentre oggi ci stringiamo idealmente intorno alla salma del nostro fratello, noi ricordiamo di trovarci a Roma, che nei primi secoli fu spettacolo del continuo ripetersi delle sanguinose persecuzioni dei confessori di Cristo.

E si inizio da Pietro.

Nel momento dell'arresto di Cristo nel Getsemani, Pietro aveva steso mano alla spada. Era stata una reazione naturale. Chiunque venga aggredito ingiustamente, ha diritto di difendersi. Ed ha diritto anche di difendere un altro innocente. Tuttavia Cristo disse a Pietro: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada" (Mt 26,52).

E Pietro capi. Capi una volta per sempre. Capi fino alla fine della sua vita, che né lui né i suoi fratelli avrebbero potuto combattere con la spada; perché il regno al quale era stato chiamato, si doveva conquistare con la forza dell'amore e con la forza della verità. E soltanto così. Lo capi Pietro. E lo hanno capito tutti coloro che qui a Roma, sono caduti per questo amore e per questa verità.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. / Chi non ama rimane nella morte" (1Jn 3,14).

E' difficile questa vita, che passa attraverso la storia degli apostoli, dei martiri e dei confessori. Devono vincere con la verità e con l'amore. Devono vincere con la testimonianza e col sacrificio.

Penso, cari fratelli e sorelle, che proprio in questo momento noi ci troviamo sulla stessa traiettoria di questa via.


5. "Chi non ama rimane nella morte".

In questo consiste la grandezza della vocazione dell'uomo, ma anche la sua tragedia.

Coloro che amano, accettano la morte come inizio della vita: della vita nuova ("Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita": 1Jn 3,14).

E da questo fatto cresce la Chiesa - corpo di Cristo - nella sua definitiva forma e dimensione. In questo si sviluppa e matura simultaneamente tutto ciò che è degno dell'uomo, tutto ciò che è giusto, che è vero, che è buono e bello. La vita abbraccia tutto questo e lo conduce, come una grande ed alta onda, verso Dio.

La tragedia invece consiste nel fatto che si sceglie la morte. Si sceglie la morte di un uomo innocente. Si sceglie la morte di un padre di famiglia, di uno studioso, di un servitore della comunità nazionale, di un custode della cultura, di un promotore del bene comune.

Perché si sceglie la morte? Il disegno, che sceglie la morte di uomini innocenti, non dà forse la testimonianza a se stesso di non aver niente da dire all'uomo vivente? Di non possedere nessuna verità con la quale poter vincere? con la quale poter conquistare i cuori e le coscienze - e servire il vero progresso dell'uomo? 6. Cristo ha insegnato che bisogna vincere con la verità e con l'amore. Cristo ha insegnato, anche, che si può - e qualche volta si deve - accettare la morte, che bisogna far sacrificio della vita per dare testimonianza alla verità e all'amore.

"Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1Jn 3,16).

Permettete, cari fratelli e sorelle, e soprattutto voi, carissimi familiari dell'indimenticabile prof. Bachelet, consentite che io rilegga così, insieme a voi, questa morte del nostro fratello. E così la offro a Cristo. A Cristo stesso: come sacrificio e come vittima! pregando che egli la accetti per la salvezza del mondo; per richiamare alla retta ragione le coscienze degli uomini, per raddrizzare le vie della vita sociale, per la vittoria di quella verità e di quell'amore, con cui soltanto si scrive la storia del regno...

Venga il tuo regno.

Amen. Data: 1980-02-23 Data estesa: Sabato 23 Febbraio 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella fede al Redentore la Chiesa supera prove e sofferenze

1. Oggi è la prima domenica di quaresima! Cristo - Redentore dell'uomo - è presente nella Chiesa che ha lavato col proprio sangue sulla croce. E nel nome di Cristo la Chiesa, ogni anno, annunzia all'uomo il messaggio della quaresima: il vangelo della conversione e del perdono.

In Cristo, essa trova simultanearnente la speranza del proprio rinnovamento e la certezza della missione.


2. Un anno fa, agli inizi del mio servizio pastorale nella sede di san Pietro a Roma, ho professato questa fondamentale verità della fede e della vita della Chiesa nell'enciclica "Redemptor Hominis", che è stata pubblicata proprio nella prima domenica di quaresima.

Dopo un anno, nella stessa domenica, desidero ribadire ancora una volta che la Chiesa, nella presente epoca, non ha nessun'altra necessità così grande, all'infuori di questa fede - inflessibile e intoccabile - nella potenza di Cristo, che desidera operare nei cuori umani come Redentore e Sposo della Chiesa, e svela il mistero di quell'amore che è eterno e dura per i secoli.

Ascoltiamo oggi la sua voce! "Utinam hodie vocem eius audiatis: nolite obdurare corda vestra" (Ps 94,8). Con tale grido la Chiesa inizia la sua quotidiana preghiera del breviario, in questo tempo di quaranta giorni.


3. In pari tempo Cristo ci fa conoscere che per amore verso di noi ha voluto essere sottomesso alle prove e alla sofferenza.

"Christum Dominum pro nobis tentatum et passum, venite, adoremus!" Diverse sono le prove e le sofferenze dell'umanità, delle nazioni, dei popoli, delle famiglie e di ogni uomo.

Diverse sono le prove alle quali il Signore sottomette la sua Chiesa: dall'interno e dall'esterno. Non c'è bisogno di nominarle qui.

La Chiesa vive in mezzo agli uomini ed ai popoli.

La Chiesa è testimone delle generazioni e dei secoli. Non può essere esente dalle prove e dalle sofferenze.

Bisogna che la Chiesa dei nostri tempi, la Chiesa dell'anno del Signore 1980 (del penultimo decennio di questo secolo) sia pienamente consapevole delle prove che attraversa.

Deve essere pure consapevole delle tentazioni che questo tempo prepara ad essa. La Chiesa non può essere libera dalle tentazioni, se lo stesso Signore le ha assunte sopra di sé, insieme col digiuno di quaranta giorni.

La consapevolezza di essere sottoposti alle tentazioni è, in un certo senso, la prima condizione della penitenza, cioè della conversione. E di ciò ha voluto convincerci Cristo: colui che è venuto ad annunziare la conversione alla Chiesa e agli uomini di tutti i tempi.


4. L'uomo d'oggi - l'umanità - si trova di fronte a tali tentazioni, ad una tale minaccia del male, come forse mai finora ha sperimentato. La Chiesa che deve servire gli uomini, ognuno e tutti - insegnando la conversione - deve anch'essa convertirsi a Cristo a misura delle necessità degli uomini, a misura delle minacce che incombono sull'umanità, ed anche a misura delle prove alle quali ella sola - la Chiesa - è sottoposta.

Ecco il tempo di quaresima! Ecco il tempo in cui dobbiamo noi tutti, che siamo la Chiesa, dimostrare al Redentore quella fedeltà che egli attende da noi.

Dobbiamo convertirci a lui - e in lui al Padre - a misura delle minacce fatte all'uomo e delle prove alle quali è sottoposta la Chiesa.

Dobbiamo confidare in lui! Gli esercizi spirituali in Vaticano Ho il piacere di dirvi, ora, che questa sera il Papa, insieme con i Cardinali e con i prelati della curia romana, si ritirerà per circa una settimana per compiere gli esercizi spirituali, nella cappella Matilde. Vogliate accompagnare questo speciale momento di grazia con le vostre preghiere, affinché il Signore illumini il predicatore e tutti i partecipanti al corso, e ci conceda di passare queste sante giornate in unità di spirito, di ascolto della parola di Dio e di salutare riflessione, e ricolmi i cuori di quei frutti spirituali, che sono tanto necessari per il sempre fedele servizio alla Chiesa e alle anime.

[Omissis. Seguono i saluti ai membri dell'Unitalsi e ad un gruppo di pellegrini di Cassano d'Adda.]

Data: 1980-02-24 Data estesa: Domenica 24 Febbraio 1980.


Al Consiglio Generale dell'UNITALSI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Manifestate e ricercate la carità

Carissimi fratelli e sorelle! Desidero esprimervi la mia gioia e la mia soddisfazione per questo incontro con voi, membri del Consiglio Generale dell'UNITALSI, riuniti in questi giorni a Roma per esaminare insieme i vari problemi di carattere spirituale, formativo, organizzativo della vostra benemerita Opera, che ha celebrato nello scorso anno il LXXV di fondazione.

1. Questo colloquio, tanto atteso e tanto desiderato da voi, mi dà la felice occasione di esprimere a voi e a tutta la grande famiglia della vostra Istituzione - agli ammalati, ai medici, ai responsabili, alle dame, ai barellieri, al personale di assistenza e a quanti danno il loro prezioso contributo - tutta la mia ammirazione per il bene operato in questi anni.

Radicati nella carità evangelica, che riesce a scoprire in ogni fratello infermo o bisognoso l'immagine del Cristo sofferente, i componenti dell'UNITALSI, con crescente e fervido dinamismo, hanno continuato a dedicare le proprie cure ed attenzioni per assistere spiritualmente e materialmente gli Ammalati, dando loro la possibilità di recarsi nei più celebri Santuari, luoghi sacri alla pietà cristiana, per ricevervi i sacramenti, offrire le proprie sofferenze a Dio per il bene della Chiesa e dell'umanità e formare quasi un immenso coro di intensa preghiera, resa più pura e meritoria nel crogiolo del dolore, uniti e solidali alla passione di Gesù Cristo.

Proprio perché i fratelli infermi possano avere la consolante esperienza di tali momenti di interiore letizia, auspico che i membri dell'UNITALSI sappiano dare continuamente, con crescente generosità e disinteresse, il loro tempo, i loro sacrifici, la loro pazienza, manifestando e ricercando sempre la carità (cfr. 1Co 14,1).


2. Chi potrebbe, in questo momento, valutare o esprimere solo in cifre quanto ha fatto in questi 75 anni la vostra Istituzione? Sono certo che il contatto col dolore umano, contemplato in una prospettiva cristiana della vita, ha certamente arricchito i componenti della vostra Organizzazione, aprendo ad essi nuovi orizzonti di spiritualità e di solidarietà cristiana con tutti i figli di Dio.

Per questo auguro che nell'UNITALSI siano presenti ed operanti, in maniera consistente e generosa, i giovani, capaci di grandi ideali, di grande dedizione, di grandi sacrifici.

Che gli anni futuri siano ancor più fecondi di bene, di iniziative adeguate ed adatte alle mutate condizioni sociali, e, specialmente, siano ancora più intensi di disponibilità nel rispondere generosamente alle parole di Gesù: "Ero malato e mi avete visitato" (cfr. Mt 25,36), mi avete dato il vostro tempo, la vostra gioia, la vostra bontà, il vostro sorriso, la vostra comprensione! Su voi qui presenti, su tutti i membri dell'UNITALSI e sui loro familiari invoco, per la materna intercessione della Vergine Immacolata, l'effusione dei favori celesti ed imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1980-02-24 Data estesa: Domenica 24 Febbraio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Al Collegio americano del Nord - Roma