GPII 1980 Insegnamenti - Ai membri della giunta del governo nicaraguense

Ai membri della giunta del governo nicaraguense

Titolo: Pace, concordia e solidarietà nel futuro del Nicaragua

Eccellentissimi signori, membri della giunta del governo del Nicaragua.

Siano le mie prime parole di benvenuto a questo incontro, che mi permette di manifestarvi i miei personali ossequi ai quali unisco il mio cordiale saluto per tutto l'amato popolo nicaraguense, al quale va il mio pensiero pieno di affetto e di stima.

E se in altri momenti della storia del Nicaragua i Papi, la santa Sede e la Chiesa hanno dimostrato il loro profondo interesse e l'affetto per una nazione depositaria di un così nobile patrimonio cristiano, oggi le rinnovo questi sentimenti della mia più viva simpatia.

Sono al corrente dei problemi che il paese sta affrontando per conseguire la promozione del popolo e il miglioramento dei suoi livelli di vita, soprattutto dei settori più bisognosi. La Chiesa incoraggia quelle iniziative che, in consonanza con la vocazione terrena e trascendente dell'uomo, promuovono la dignità delle persone e le capacità per assumere ogni giorno di più, responsabilmente e liberamente, il proprio destino, individuale, familiare, sociale.

In questa prospettiva, la Chiesa non mancherà di considerare con favore in Nicaragua come altrove, gli sforzi orientati alla promozione economica, sociale, culturale e politica delle persone; compiti umanamente arricchenti, ma che devono essere completati con una visione integrale dell'uomo. Perciò occorre che questo, in un clima di autentica libertà, garantita adeguatamente dalle norme che regolano le strutture civili e sociali, possa aprirsi all'azione divina che, mediante la grazia di Cristo, Figlio di Dio e Salvatore dell'uomo, lo libera interiormente dal peccato e dalle sue conseguenze. In effetti, non si può dimenticare che i fedeli e tutta la comunità cattolica del Nicaragua ottengono dal Cristo e dal suo Vangelo, il profondo senso della sua propria dignità, così come il desiderio di vivere nella giustizia, nell'amore, nel rispetto reciproco.

Permettetemi di fare una considerazione particolare su un aspetto importante dell'attuale realtà del Nicaragua. Mi riferisco alla campagna di alfabetizzazione, alla quale si stanno dedicando tante considerevoli energie.

Tralasciando gli aspetti tecnici del problema, credo che una iniziativa volta a portare il pane della cultura a tutti i cittadini senza distinzione, è in se stessa meritevole di ogni elogio, nel caso in cui essa sia programmata e condotta a termine nel pieno rispetto dei diritti e delle convinzioni religiose del popolo e, più in concreto, dei genitori degli alunni. Questo rispetto dei diritti dei genitori e della famiglia cattolica per una educazione che sia in conformità con la fede che professano, esclude che si impongano concetti contrari alla fede. L'esperienza dei secoli e la testimonianza di molti contemporanei sono la prova che si può costituire un'ampia collaborazione, sul terreno dell'educazione pubblica, tra scienza e cristianesimo.

A questo proposito, rivolgo un appello agli educatori cristiani e a quanti prestano la loro attività nelle scuole cattoliche, perché collaborino in questa impresa di educazione di ogni cittadino, al fine di facilitare un accesso generalizzato alla cultura.

Formulo, finalmente, i migliori voti affinché l'amato popolo del Nicaragua viva un futuro di pace, di concordia, di solidarietà, di accordi con la sua secolare tradizione cristiana. Prego il Signore che non prevalgano mai sentimenti di odio, bensi si tratta di inserire utilmente nella società tutti i cittadini, sempre nel rispetto delle persone e della verità. Prego anche affinché siano preservati in ogni momento i preziosi valori della famiglia che, costituita sopra la base del matrimonio - santificato dalla Chiesa con il sacramento e dotato della sua propria indissolubilità - sono luogo e nucleo di primaria importanza per la società.

Voglia Dio che, in questo modo, ogni nicaraguense - tra i quali desidero ricordare con particolarissimo affetto i campesinos, gli operai e i giovani - cammini in serena fraternità fino a mete sempre più alte, umane e cristiane.

Da parte loro, la Chiesa e l'episcopato locale, nella fedeltà allo spirito del Vangelo, siano vicini al popolo del Nicaragua, partecipando, per quanto lo permette la loro propria missione, all'elevazione del medesimo, prima di tutto dei settori più poveri, più sfavoriti, più impotenti di fronte alla sventura e al dolore.

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-03-03 Data estesa: Lunedi 3 Marzo 1980.


Visita al vicariato di Roma - San Giovanni in Laterano (Roma)

Titolo: Al servizio del rinnovamento e del progresso pastorale di Roma

Venerati e cari fratelli! Fra i vari impegni del Papa non poteva mancare una visita particolarmente affettuosa, dedicata esclusivamente a tutti coloro che prestano la loro meritoria opera pastorale nel vicariato di Roma. Dopo l'incontro con la Pontificia Università Lateranense, col Seminario Maggiore Romano, e quello, ancora piu recente, col clero di Roma, son voluto venire qui, nella curia della mia diocesi, per dirvi anche una parola di incoraggiamento e di augurio.

1. Un cordiale saluto anzitutto al carissimo Cardinale Ugo Poletti, vicario generale per Roma e distretto, e pertanto mio diretto ed immediato collaboratore nella sollecitudine pastorale per quanto riguarda l'urbe. A lui la mia stima e la mia gratitudine per la sua generosa ed indefessa dedizione. Stima e gratitudine che desidero manifestare anche all'Arcivescovo vicegerente, ai Vescovi ausiliari, per il quotidiano contatto che hanno saputo instaurare con i parroci, con i sacerdoti e con i fedeli. Stima e gratitudine che è doveroso estendere a tutti coloro i quali, in vari modi e a diversi livelli, mettono a disposizione il loro tempo, la loro preparazione, la loro intelligenza, la loro spiritualità nei vari uffici, in cui è strutturato il vicariato. Desidero salutare il prelato segretario con tutti i membri della segreteria generale; gli officiali del "centro pastorale per l'evangelizzazione e la catechesi"; del "centro pastorale per il culto e la santificazione"; del "centro pastorale per l'animazione della comunità cristiana ed i servizi socio-caritativi"; quelli dell'"ufficio per le persone fisiche e giuridiche"; quelli dell'"ufficio amministrativo"; dell'"ufficio legale"; dell'"ufficio tecnico"; quelli del "tribunale ordinario" e del "tribunale regionale del Lazio"; ed infine quelli degli altri uffici e commissioni.

A tutti il mio paterno saluto! 2. Sono venuto anche per dire a tutti voi, con molta semplicità e schiettezza, il mio compiacimento, la mia gratitudine ed il mio apprezzamento per il vostro lavoro, il quale ha dato e dà un contributo concreto e determinante per il rinnovamento ed il progresso pastorale della diocesi di Roma. L'articolata e varia struttura del vicariato dell'urbe - così come è stata saggiamente voluta ed impostata dal mio predecessore Paolo VI, di venerata memoria, con la costituzione apostolica "Vicariae Potestatis" del 6 gennaio 1977, al fine di tradurre in pratica gli orientamenti teologici, pastorali ed organizzativi, emersi dal Concilio Vaticano II - ha bisogno di un personale adeguato alle nuove esigenze, qualificato per la sua preparazione specifica, per il suo spirito di sacrificio, e specialmente per il suo limpido "sensus Ecclesiae". E voi, in tante circostanze, venerati e cari fratelli, avete dato prova di possedere in maniera spiccata tale senso della Chiesa, santamente orgogliosi di vivere e lavorare a Roma, nella Chiesa fondata dagli apostoli Pietro e Paolo, e pertanto profondamente consapevoli delle esigenze che tale privilegio comporta, secondo le parole dello stesso Paolo VI nel citato documento: "Sed eadem illa dignitas ac praestantia officium quoque necessarium secum fert salubriter praemonstrandi exemplum christianae vitae toti Ecclesiae Christi, quae vivit et agit in variis communitatibus christianis, Ecclesiis scilicet particularibus, per omnem terrarum orbem dispersis" (Pauli VI "Vicariae Potestatis", Introd.).

Offrite sempre una dimostrazione esemplare di autentica vita cristiana e sacerdotale sia ai fedeli di Roma, che si trovano ad essere a contatto con voi, sia a tutti coloro che, pellegrini del mondo, vengono in questa fortunata città, centro del cattolicesimo, per venerare i luoghi sacri alle memorie degli apostoli, dei martiri e dei santi. Operate sempre in comunione di fede e di carità, partecipando e dando il vostro contributo di idee, ma specialmente di azione generosa e costante, alla pastorale globale nelle sue varie forme, quelle che concernono in particolare la catechesi, la pastorale giovanile, l'apostolato dei laici, la carità, la vita sacramentale, i rapporti tra fede e realtà sociale, senza indulgenze a seducenti forme di confluenza con forze di antitetica ispirazione ideale.

In un sereno e leale spirito di servizio, cercate di mantenere sempre un contatto diretto con la vita pastorale, in questa Roma, nella quale i problemi umani e spirituali sono sempre più vasti e complessi.

Io vi sono e vi saro sempre vicino con il mio affetto e la mia preghiera, sicuro di trovare in tutti voi validi e premurosi collaboratori, capaci di aiutarmi e di alleviare le mie preoccupazioni nel reggere e governare la "mia" diocesi.

La benedizione apostolica, che vi imparto di cuore, vi accompagni nel vostro impegno e nel vostro lavoro quotidiano.

Data: 1980-03-04 Data estesa: Martedi 4 Marzo 1980.


Ai ragazzi nella Basilica - Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Scuola e parrocchia "officine" per i giovani

E' un piacere per me, cari figlioli, accogliervi quest'oggi, così lieti, così affettuosi. E siete tanto numerosi che, anche oggi, c'è voluta per voi un'udienza speciale all'interno di questa grande Basilica, la quale - come ben sapete - è costruita sopra la tomba di san Pietro, il principe degli apostoli, il primo dei Papi.

Dall'elenco dei diversi gruppi, che è stato letto or ora, ho potuto notare che venite da varie parti d'Italia, anche lontane, e che sono due soprattutto le forme che vi distinguono: voi fate parte sia di gruppi scolastici, sia di gruppi parrocchiali. Nessuno di voi è venuto da solo, individualmente, ma ciascuno si è unito ai coetanei ed ai condiscepoli, ai maestri della propria scuola o ai sacerdoti della propria parrocchia. Che cosa vuol dire questo? Io desidero porre a me e a voi questa domanda, per concentrare la nostra riflessione sull'importanza che la scuola e la parrocchia hanno nel campo dell'educazione e della formazione dell'adolescenza e della gioventù. Non è forse questa la vostra età? E non sentite ripetervi spesso che essa è il periodo in cui dovete istruirvi e prepararvi bene alla vita? Gran dono di Dio è la vita, come si legge nel primo libro della Bibbia: "Dio creo l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (Gn 1,27). E della vita che è un dono divino, l'età, in cui vi trovate ora voi, è certamente la più bella, la più fresca, la più ricca di speranze, protesa com'è verso un avvenire lieto e sereno. Il crescere, che il Signore diede come ordine - accanto ad altri comandamenti - ad Adamo ed Eva, si può benissimo riferire a ciascuno di voi ed applicare alla vostra condizione di fanciulli e di giovani. Voi dovete crescere, cioè sviluppare giorno per giorno, e divenire uomini e donne maturi e completi; ma - badate - non soltanto in senso fisico, ma anche e soprattutto in senso spirituale.

Troppo poco sarebbe il crescere solo nel corpo (ci pensa, del resto, la stessa natura); occorre crescere specialmente nello spirito, e questo si ottiene esercitando quelle facoltà che il Signore - sono altri suoi doni - ha messo dentro di voi: l'intelligenza, la volontà, l'inclinazione ad amare lui ed il prossimo. In questo lavoro nessuno di voi è solo: ognuno trova sulla sua strada, innanzitutto, i propri genitori, i quali con l'esempio, con l'affetto, con le costanti premure lo aiutano nel necessario processo di sviluppo. Poi trova anche la scuola e la parrocchia. L'una è diretta alla vostra formazione, comunicando alla mente ed al cuore le varie cognizioni che riusciranno preziose nella vita, e le norme del retto comportamento. L'altra, come viva porzione della Chiesa, è diretta anch'essa alla vostra formazione, per arricchire lo spirito di quei beni superiori che si chiamano - ricordate? - grazia divina e virtù della fede, della speranza e della carità. Ecco allora che, accanto alla famiglia, ci sono altre due sedi, quasi due "officine", nelle quali voi potete e dovete curare quella completa preparazione che, come corrisponde alla volontà di Dio creatore, così è vivamente attesa e auspicata da tutti coloro che vi sono vicini nell'età giovanile: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti. Leggiamo nel Vangelo di san Luca che Gesù, nei lunghi anni dell'infanzia e della giovinezza trascorsi a Nazaret, "cresceva in età, sapienza e grazia dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini" (Lc 2,52). Pensate! Gesù, ch'era il figlio stesso di Dio, fattosi uomo per noi, ha voluto compiere il percorso di un graduale sviluppo: anch'egli ha voluto corrispondere a quell'ordine divino del crescere e ciò facendo ci ha lasciato un esempio meraviglioso, che è nostro dovere riconoscere, seguire, ricopiare. Anche voi, figli carissimi, dovete guardare a Gesù: sia nella parrocchia, che nella scuola, sappiate impegnare le vostre giovanili energie per raggiungere un'autentica e positiva maturazione, al tutto degna della vostra dignità di uomini e di cristiani. Siamo in quaresima, che è il tempo di preparazione alla Pasqua, e la nostra Pasqua - come insegna san Paolo - è Gesù Cristo (cfr. 1Co 5,7).

Per preparare nel modo migliore il vostro incontro con lui, vogliate riflettere alle parole, che, nel suo nome, vi ho ora rivolto, e rafforzate il proposito di "crescere in età, sapienza e grazia" nell'ambito parrocchiale e scolastico, perfezionando quel che già avete ricevuto in seno alle vostre famiglie.

Data: 1980-03-05 Data estesa: Mercoledi 5 Marzo 1980.




Ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari - Roma

Titolo: La preghiera sostegno e alimento della vita religiosa consacrata

Signori Cardinali e venerati fratelli! 1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7).

Con queste parole dell'apostolo Paolo desidero darvi il mio saluto.

Voi avete voluto farmi giungere la testimonianza non soltanto dell'affetto sincero - e ricambiato di tutto cuore! - che vi lega al vicario di Cristo, ma anche della volontà che ha sorretto in questi giorni i vostri lavori, tesi a far si che i religiosi e le religiose del mondo, mediante l'adesione fedele agli insegnamenti del Vangelo, vivano in comunione sempre più profonda con la Chiesa.

Nell'esprimervi la mia riconoscenza per tale impegno, mi è caro confermarvi, innanzitutto, il mio convinto apprezzamento per ciò che rappresenta, nella compagine del corpo mistico, lo specifico carisma della vita religiosa.

Questa costituisce nella Chiesa una grande ricchezza: senza gli ordini religiosi, senza la vita consacrata, la Chiesa non sarebbe pienamente se stessa.

In effetti la professione dei consigli evangelici consente a coloro, che hanno ricevuto tale dono speciale, di conformarsi più profondamente a quella vita di castità, di povertà e di obbedienza, che il Cristo ha scelto per sé e che Maria, Madre sua e Madre della Chiesa, ha abbracciato (cfr. Pauli VI "Evangelica Testificatio", 2) come modello tipologico per la Chiesa stessa.

Contemporaneamente, tale professione costituisce una testimonianza privilegiata della costante ricerca di Dio e della dedizione assoluta alla crescita del regno, a cui Cristo invita coloro che credono in lui (cfr. Mt 6,33). Senza questo segno concreto, il "sale" della fede rischierebbe di diluirsi in un mondo in via di secolarizzazione, com'è l'attuale (cfr. Pauli VI "Evangelica Testificatio", 3).

E' chiaro che, per restare fedeli alla loro consacrazione al Signore e per essere in grado di offrirne una testimonianza visibile, i religiosi devono perfezionare la loro carità, intrecciando con Dio il dialogo della preghiera. Per conservare ben netta la percezione del valore della vita consacrata, è necessaria una profonda visione di fede, e questa si sostiene e si alimenta mediante la preghiera.

Il tema prescelto per questa plenaria deve considerarsi, pertanto, di primaria importanza, ed io sono certo che da questo vostro incontro deriverà a tutti i religiosi un incoraggiamento prezioso a perseverare nell'impegno di rendere davanti al mondo la testimonianza del primato del rapporto dell'uomo con Dio. Confortati dalle indicazioni, che scaturiranno dal vostro incontro romano, essi non mancheranno di dedicare, con rinnovata convinzione, un tempo sufficientemente lungo a soste di preghiera davanti al Signore, per dirgli il loro amore e, soprattutto, per sentirsi amati da lui.

Senza la preghiera, la vita religiosa perde il suo significato e non attinge il suo scopo. Le parole incisive dell'esortazione apostolica "Evangelica Testificatio" ci fanno riflettere: "Non dimenticate la testimonianza della storia: la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono sono il paradigma della vitalità o della decadenza della vita religiosa" (Puli VI "Evangelica Testificatio", 42).


2. Durante questi giorni, voi vi siete impegnati ad approfondire, da una parte, il valore della contemplazione e, dall'altra, i modi opportuni per immergere sempre più in essa la vita dei religiosi. Nel caso dei religiosi di vita apostolica, si tratterà di favorire l'integrazione tra interiorità ed attività. Il loro primo dovere, infatti, è quello di essere con Cristo. Un pericolo costante per gli operai apostolici è di farsi talmente coinvolgere dalla propria attività per il Signore, da dimenticare il Signore di ogni attività.

Sarà, dunque, necessario che essi prendano sempre maggiore coscienza dell'importanza dell'orazione nella loro vita e che imparino a dedicarvisi con generosità (cfr. Pauli VI "Evangelica Testificatio", 45). Per giungere a tanto, hanno bisogno del silenzio di tutto il loro essere, e questo richiede zone di silenzio effettivo e una disciplina personale, per favorire il contatto con Dio.

La partecipazione alla liturgia della Chiesa (ufficio divino, vita sacramentale) è un mezzo privilegiato di contemplazione, specialmente nel momento culminante del sacrificio eucaristico, nel quale la preghiera interiore si fonde col culto esteriore. L'impegno di prendervi parte quotidianamente aiuterà i religiosi a rinnovare ogni giorno l'offerta di se stessi al Signore.

Riunite nel nome del Signore, le comunità religiose hanno come loro centro naturale l'eucaristia; è normale, perciò, che esse siano visibilmente raccolte intorno ad un oratorio, nel quale la presenza del santissimo sacramento esprime e realizza ciò che deve essere la missione principale di ogni famiglia religiosa (cfr. Pauli VI "Evangelica Testificatio", n. 48).

Le case religiose devono essere perciò soprattutto oasi di preghiera e di raccoglimento, luoghi di dialogo personale e comunitario con colui che è e deve restare il primo, il principale interlocutore delle loro giornate, così piene di lavoro. I superiori non devono, pertanto, temere di ricordare spesso ai loro confratelli che una parentesi di vera adorazione ha maggior fecondità e ricchezza che non qualsiasi altra, anche intensa attività, fosse pure di carattere apostolico. In effetti, "nessun movimento della vita religiosa ha alcun valore se non è simultaneamente in movimento verso l'interno, verso il centro profondo dell'essere, dove Cristo ha la sua dimora. Ciò che più conta non è quello che i religiosi fanno, è quello che essi sono come persone consacrate al Signore". (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad presbyteros, praeterea missionarios, religiosos religiosasque sodales in "Maynooth" habita", die 1 oct. 1979: AAS 71[1979] 1127).

La vita contemplativa dei religiosi sarebbe incompleta se non si orientasse verso un amore filiale nei confronti di colei che è la Madre della Chiesa e delle anime consacrate. Tale amore per la Vergine si manifesterà con la celebrazione delle sue feste, ed in particolare con le preghiere quotidiane in suo onore, soprattutto con il rosario. E' una tradizione secolare per i religiosi quella della recita giornaliera del rosario e non è perciò inutile ricordare l'opportunità, la fragranza, l'efficacia di una tale preghiera, che propone alla nostra meditazione i misteri della vita del Signore.


3. So che nel contesto dei vostri lavori avete riservato una particolare attenzione alle anime consacrate alla vita contemplativa, riconoscendo in esse uno dei tesori più preziosi della Chiesa. Docili all'invito del maestro divino, esse hanno scelto la parte migliore (cfr. Lc 10,42), quella cioè della preghiera, del silenzio, della contemplazione, dell'amore esclusivo di Dio e della dedizione totale al suo servizio. Esse devono sapere che la Chiesa conta moltissimo sul loro contributo spirituale.

Nel decreto "Perfectae Caritatis" il Concilio Vaticano II non si è limitato ad affermare che gli istituti contemplativi conservano anche oggi un significato ed una funzione pienamente validi; ha detto che il posto, da essi occupato nel corpo mistico, è "assai eminente" ("praeclara pars"). I contemplativi, infatti, "offrono a Dio un eccellente sacrificio di lode", onorano il Popolo di Dio con "frutti abbondantissimi di santità", "lo edificano con l'esempio", "lo dilatano con una misteriosa fecondità apostolica" (cfr. PC 7).

Certo, le esigenze poste oggi alla Chiesa dall'evangelizzazione sono molteplici ed urgenti. Sbaglierebbe pero chi, partendo dalla costatazione delle necessità anche urgenti dell'apostolato odierno, giudicasse superata una forma di vita, dedita esclusivamente alla contemplazione. I padri conciliari, affrontando nel decreto "Ad Gentes" il problema dell'annuncio a tutti gli uomini della buona novella, hanno invece voluto sottolineare l'efficace apporto dei contemplativi all'attività apostolica (cfr. AGD 40), ed hanno espresso l'auspicio che nelle giovani Chiese, tra le varie forme di vita religiosa, si abbia anche la costituzione di comunità di vita contemplativa, a garanzia di una "presenza della Chiesa nella sua forma più piena" (cfr. AGD 18).

Non è,del resto, significativo rilevare, spingendo indietro lo sguardo nella storia della Chiesa, come proprio nei secoli, nei quali le necessità dell'evangelizzazione sono state più grandi, la vita contemplativa abbia conosciuto una fioritura ed una espansione che hanno del prodigioso? Non si deve vedere in ciò una indicazione dello Spirito, che ricorda a tutti noi, spesso tentati dalle suggestioni dell'efficientismo, la supremazia dei mezzi soprannaturali su quelli puramente umani? Io volgo, pertanto, con fiducia i miei occhi verso queste anime dedite con totalità d'impegno alla contemplazione, ed affido all'ardore della loro carità le cure assillanti dell'universale ministero, che mi è stato affidato. So quanto esse siano attaccate alla loro vocazione privilegiata, come ne accettino gioiosamente le esigenze di quotidiana immolazione, come sappiano accogliere nella loro preghiera il lavoro, le pene e le speranze dei loro contemporanei. Il mio auspicio è che esse approfondiscano sempre meglio, per viverla sempre più intensamente, la spiritualità dei loro fondatori, senza lasciarsi tentare da metodi più alla moda o da tecniche, la cui ispirazione spesso non ha molto a che vedere col Vangelo. Il patrimonio contemplativo e mistico della Chiesa è di una vastità e profondità eccezionali: è pertanto necessario vegliare a che tutti i monasteri s'impegnino a conoscerlo, a coltivarlo, ad insegnarlo.

Molto gioverà al raggiungimento di questi fini un giusto rigore nell'esigere l'osservanza della clausura, circa il cui mantenimento si è pronunciato anche il Concilio Vaticano II (cfr. PC 16). In effetti, l'abbandono della clausura significherebbe il venir meno di ciò che v'è di specifico in una delle forme di vita religiosa, con le quali la Chiesa manifesta di fronte al mondo la preminenza della contemplazione sull'azione, di ciò che è eterno su ciò che è temporale. La clausura non "isola" le anime contemplative dalla comunione del corpo mistico. Le pone anzi nel cuore della Chiesa, come ha ben affermato il mio predecessore, Papa Paolo VI, il quale aggiungeva che queste anime "alimentano la ricchezza spirituale della Chiesa, ne sublimano la preghiera, ne sostengono la carità, ne condividono le sofferenze, le fatiche, l'apostolato, le speranze, ne accrescono i meriti" (Pauli VI "Allocutio", die 2febr. 1966).


4. V'è poi un particolare problema, la cui importanza merita oggi d'essere segnalata: è quello degli stretti rapporti che intercorrono tra gli istituti religiosi ed il clero in merito alla dimensione contemplativa che ogni vita consacrata al Signore deve avere, come suo costitutivo fondamentale.

I sacerdoti secolari hanno bisogno di attingere nella contemplazione la forza ed il sostegno del loro apostolato. Come nel passato, essi devono trovare normalmente un appoggio, a questo riguardo, presso religiosi sperimentati e nel contatto con monasteri, disposti ad accoglierli per gli esercizi spirituali e per periodi di raccoglimento e di ripresa.

Per parte loro, le religiose devono poter trovare nel clero i confessori ed i direttori spirituali, capaci di recar loro un aiuto a meglio comprendere e vivere la loro consacrazione. L'influsso dei sacerdoti è, d'altronde, molto spesso determinante nel favorire la scoperta ed il successivo sviluppo della vocazione religiosa.

E' necessario, perciò che il clero ed i religiosi, ed in particolare i Vescovi ed i superiori, si studino di trovare, al problema così importante dell'interdipendenza dei due stati, una soluzione adeguata per i tempi in cui viviamo.

Vorrei ancora aggiungere un accenno alle nuove forme di vita contemplativa, che vanno qua e là emergendo nella Chiesa e nelle quali si privilegia l'una o l'altra componente della vita spirituale. Sono tutti esperimenti interessanti e la Chiesa li segue con occhio benevolo ed attento.

Ciò che mi preme ricordare è che questi esperimenti non devono pero in alcun modo allentare l'attaccamento e la fedeltà alle forme della vita contemplativa, collaudate da secoli di storia: esse restano sorgenti autentiche di preghiera e scuole sicure di santità, la cui fecondità non s'è smentita giammai.


5. Fratelli carissimi, la vita religiosa non conosce quaggiù un traguardo definitivo: essa è un dono in continuo sviluppo ed un cammino proteso verso mete sempre più elevate. In questo senso, san Benedetto affermava che la vita del monaco è un continuo tirocinio per il servizio del Signore: "dominici schola servitii" (S.Benedicti "Regula", Prol.). Una scuola, nella quale il Maestro interiore è lo Spirito. Voi avete cercato, nel corso di questi giorni, di mettervi in ascolto di questo Maestro silenzioso e dolcissimo, per raccoglierne con fedeltà i suggerimenti e per tradurne in norme concrete le interiori illuminazioni. Possa il vostro lavoro produrre frutti abbondanti, offrendo a tutti i religiosi gli aiuti opportuni per attuare quanto il Signore attende da loro a vantaggio dell'intera comunità cristiana.

Con questo auspicio, ed invocando la materna protezione di Maria santissima, modello insuperabile di consacrazione totale, vi mando di cuore la mia speciale benedizione, che estendo volentieri a tutte le anime che in castità, povertà ed obbedienza, si sforzano di seguire già quaggiù "l'Agnello, dovunque vada" (cfr. Ap 14,4).

Data: 1980-03-07 Data estesa: Venerdi 7 Marzo 1980.


Ai giovani, udienza generale - san Pietro (Roma)

Titolo: Dalla croce di Gesù l'esempio dell'obbedienza

Carissimi giovani! Cari ragazzi e fanciulle! Siete venuti numerosi e forse anche di lontano a Roma, per pregare sulla tomba di san Pietro, per vedere il suo successore e per sentire la sua parola. Vi saluto di vero cuore e vi ringrazio della vostra visita, della quale auspico che portiate alle vostre case un ricordo e un sentimento che siano efficaci nella vostra vita.

Siamo nel tempo liturgico della quaresima, cioè in quel periodo particolare dell'anno, più pensoso e più austero, che ci porta giorno dopo giorno alla Settimana Santa e specialmente al Venerdi Santo, il giorno che ricorda la morte di Gesù in croce per la nostra salvezza.

San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Filippi, affermava: "Gesù Cristo umilio se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). Umilio se stesso; si è fatto obbediente: sono parole che oggi sembrano inattuali, specie se dette a dei giovani, quando c'è tutta una sistematica opposizione all'obbedienza, che viene presentata come una umiliazione della propria personalità, una sconfitta dell'intelligenza e della volontà, una abdicazione alla propria dignità umana; e si predica l'autonomia, la rivolta, la ribellione...

Invece proprio Gesù ci ha dato l'esempio dell'obbedienza fino alla morte di croce! E perciò io vi esorto all'obbedienza, parlandovi in nome di Gesù! Certamente nella società in cui dobbiamo vivere, vi è chi non sa più comandare nel modo giusto; e perciò l'obbedienza, quand'è necessario, deve essere rispettosamente critica.

Ma vi sono anche, e quanto numerosi!, coloro che sono un insegnamento vivente del bene: ottimi papà e mamme, che vi amano e desiderano solo guidarvi per la retta strada; maestri, professori e presidi che vi seguono con delicata premura; sacerdoti equilibrati e saggi, ansiosi solo della vostra vera felicità e della vostra salvezza; suore e catechiste, dedite unicamente alla vostra autentica formazione... Ebbene io vi dico, ascoltateli, obbediteli! Come ben sapete, tutti i santi sono passati attraverso la prova, talvolta addirittura eroica dell'obbedienza: come Maria santissima, come san Giuseppe, i quali non fecero altro che obbedire alla voce di Dio che li chiamava ad una missione ben sublime, ma anche sconcertante e misteriosa! Perché dovete obbedire? Prima di tutto perché l'obbedienza è necessaria nel quadro generale della Provvidenza: Dio non ci ha creati a caso, ma per un fine ben chiaro e lineare: la sua gloria eterna e la nostra felicità. I genitori e tutti coloro che hanno responsabilità su di noi, devono, in nome di Dio, aiutarci a raggiungere il fine voluto dal Creatore.

Inoltre, l'obbedienza esterna insegna anche ad obbedire alla legge interiore della coscienza, ossia alla volontà di Dio espressa nella legge morale.

Infine, dovete obbedire anche perché l'obbedienza rende serena e consolante la vita: quando siete obbedienti in casa, a scuola, sul lavoro, siete più lieti e portate gioia nell'ambiente.

E come dovete obbedire? Con amore e anche con santo coraggio, ben sapendo che quasi sempre l'obbedienza è difficile, costa sacrificio, esige impegno e talvolta importa perfino uno sforzo eroico. Bisogna guardare Gesù Crocifisso! Bisogna anche obbedire con fiducia, convinti che la grazia di Dio non manca mai e che poi l'anima viene colmata di immensa gioia interiore. Lo sforzo dell'obbedienza viene ripagato con una continua letizia pasquale.

Ecco, o carissimi, l'esortazione che desideravo darvi mentre viviamo il tempo della quaresima. Vi aiuti e vi accompagni sempre la benedizione apostolica, che di cuore imparto a voi, ai vostri genitori e ai vostri insegnanti.

Data: 1980-03-12Data estesa: Mercoledi 12Marzo 1980.




Agli allievi delle Scuole Centrali Antincendi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Date espressione concreta all'amore cristiano

Carissimi allievi delle Scuole Centrali Antincendi! Sono contento di accogliervi oggi tutti insieme, proseguendo una tradizione già da tempo iniziata dai miei predecessori.

Vi saluto di cuore, mentre porgo un caloroso benvenuto a voi, al vostro Cappellano ed ai rappresentanti del vostro Comando. Voi state terminando un corso di formazione, nel quale avete certamente appreso molte cose necessarie all'opera che dovrete svolgere nelle vostre rispettive sedi.

La mia parola si aggiunge a questi preziosi insegnamenti, per incoraggiarvi nell'attività che vi attende e nel ricordarvene il senso nascosto, che è anche profondamente cristiano.

Il vostro è un impegno di generosità e di rischio, di abnegazione e di sacrificio. Esso trae il suo significato più vero dalla qualifica di servizio, che riveste nei confronti della società. Ecco perché si tratta di un lavoro che ha pure e deve mantenere viva una inconfutabile dimensione cristiana, anzi evangelica. A quante situazioni di bisogno dovrete andare incontro! E a quanti uomini in difficoltà presterete aiuto! Ebbene, che in tutto ciò il vostro comportamento assomigli a quello del Buon Samaritano, protagonista di una delle parabole più efficaci raccontate da Gesù secondo il Vangelo di Luca (Lc 10,29ss).

Proprio a questo io vorrei invitarvi: ad affrontare e ad esplicare la vostra attività come una espressione concreta dell'amore cristiano verso il prossimo e le sue necessità. Un dovere morale non può mai essere un mestiere, e tanto meno la carità cristiana, che invece è ragione di vita, e libero e potente impulso dinamico in favore degli altri.

Voi capite bene, perciò, che solo ponendovi in questa prospettiva potete conferire una particolare nobiltà ad un servizio tanto delicato e necessario alla comunità; in ogni caso, esso sarà tanto più proficuo quanto più sarà vivificato da una componente umana di premura, di benevolenza, e direi di compassione nel senso originario e appunto evangelico del termine, che significa "condividere le sofferenze degli altri".

Sulla base di queste brevi riflessioni, sono lieto di augurarvi ogni migliore successo. Che il Signore vi assista con la sua grazia, vi dia forza ed entusiasmo, e vi protegga sempre.

Da parte mia, in pegno di abbondanti favori celesti su di voi e sui vostri familiari e amici, sul Cappellano e sui Comandanti, vi concedo la mia paterna e cordiale Benedizione Apostolica.

Data: 1980-03-15 Data estesa: Sabato 15 Marzo 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Ai membri della giunta del governo nicaraguense