GPII 1980 Insegnamenti - All'arrivo a Norcia


Omelia durante il pellegrinaggio a Norcia - Norcia

Titolo: Ritrovare il senso della vita sul modello di san Benedetto

1. Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.

Gloria a te ogni giorno in questo periodo beato che è la quaresima.

Gloria a te nel giorno d'oggi, giorno del Signore e quinta domenica di questo periodo.

Gloria a te, Verbo di Dio, che ti sei fatto carne e ti sei manifestato con la tua vita ed hai compiuto sulla terra la tua missione con la morte e risurrezione.

Gloria a te, Verbo di Dio che penetri l'intimo dei cuori umani, e mostri loro la via della salvezza.

Gloria a te in ogni luogo della terra.

Gloria a te in questa penisola tra le vette delle Alpi ed il Mediterraneo. Gloria a te in tutti i luoghi di questa beata regione; gloria a te in ogni città e villaggio, dove già quasi da duemila anni ti ascoltano i suoi abitanti e camminano nella tua luce.

Gloria a te, Verbo di Dio, Verbo della quaresima, che è il tempo della nostra salvezza, della misericordia e della penitenza.

Gloria a te per un figlio illustre di questa terra.

Gloria a te, Verbo di Dio, che qui, in questa località chiamata Norcia, un figlio di questa terra - noto a tutta la Chiesa e al mondo sotto il nome di Benedetto - ascolto per la prima volta ed accolse come luce della propria vita, ed anche di quella dei suoi fratelli e sorelle.

Verbo di Dio che non passerai mai, ecco sono ora trascorsi millecinquecento anni dalla nascita di Benedetto, tuo confessore e monaco, fondatore dell'ordine, patriarca dell'occidente, patrono dell'Europa.

Gloria a te, Verbo di Dio.


2. Permettete, cari fratelli e sorelle, che io inserisca queste espressioni di venerazione e di ringraziamento nelle parole dell'odierna liturgia quaresimale. La venerazione e il ringraziamento sono il motivo della nostra odierna presenza qui, del mio pellegrinaggio insieme con voi al luogo della nascita di san Benedetto, nel compiersi di millecinquecento anni dalla data di questa nascita.

Sappiamo che l'uomo nasce al mondo grazie ai suoi genitori. Confessiamo che venuto al mondo dai genitori terreni, che sono il padre e la madre, egli rinasce alla grazia del battesimo immergendosi nella morte di Cristo crocifisso, per ricevere la partecipazione a quella vita, che Cristo stesso ha rivelato con la sua risurrezione. Mediante la grazia ricevuta nel battesimo l'uomo partecipa alla eterna nascita del Figlio dal Padre, poiché diventa figlio adottivo di Dio: figlio nel Figlio.

Non si può non ricordare questa verità umana e cristiana circa la nascita dell'uomo, oggi, a Norcia, sul luogo della nascita di san Benedetto. Nello stesso tempo si può e si deve dire che, insieme a lui, nasceva in un certo senso una nuova epoca, una nuova Italia, una nuova Europa. L'uomo viene sempre al mondo in determinate condizioni storiche; anche il Figlio di Dio è diventato Figlio dell'uomo in un certo periodo di tempo ed in esso diede inizio ai tempi nuovi che sono venuti dopo di lui. Ugualmente in una certa epoca storica nacque a Norcia Benedetto che, grazie alla fede in Cristo, ottenne "la giustizia che deriva da Dio" (Ph 3,9), e seppe innestare questa giustizia nelle anime dei suoi contemporanei e dei posteri.


3. L'anno nel quale, secondo la tradizione, venne alla luce Benedetto, il 480, segue molto da vicino una data fatidica, o piuttosto fatale per Roma: alludo a quel 476 dopo Cristo, nel quale, con l'invio a Costantinopoli delle insegne imperiali, l'impero romano d'occidente, dopo un lungo periodo di decadenza, ebbe la sua fine ufficiale. Crollava in quell'anno una certa struttura politica, cioè un sistema che aveva, via via, condizionato, per quasi un millennio, il cammino e lo sviluppo dell'umana civiltà nell'area dell'intero bacino del Mediterraneo.

Pensiamo: Cristo stesso venne al mondo secondo le coordinate - tempo, luogo, ambiente, condizioni politiche, ecc...- create da questo medesimo sistema.

Ed anche la cristianità, nella storia gloriosa e sofferta dell'"Ecclesia primaeva", sia all'epoca delle persecuzioni che in quella della successiva libertà, si sviluppo nel quadro dell'"ordo romanus", anzi si sviluppo in un certo senso, "malgrado" tale "ordo", in quanto essa aveva una sua propria dinamica, che la rendeva indipendente da quello e le consentiva di vivere una vita "parallela" al suo sviluppo storico.

Anche il cosiddetto editto di Costantino nel 313 non fece dipendere la Chiesa dall'impero: se le riconobbe la giusta libertà "ad extra" dopo le sanguinose repressioni dell'età anteriore, non fu esso a conferire quella altrettanto necessaria libertà "ad intra", che, in conformità alla volontà del suo fondatore, le deriva indefettibilmente dall'impulso di vita comunicato a lei dallo Spirito. Anche dopo quest'importante evento, che segno la pace religiosa, l'impero romano continuo nel suo processo di sfaldamento: mentre in oriente il sistema imperiale si poté rafforzare, pur con notevoli trasformazioni, in occidente esso progressivamente s'indeboli per una serie di cause interne ed esterne, tra cui l'urto delle migrazioni dei popoli, ed ad un certo punto non ebbe più la forza di sopravvivere.


4. Sta di fatto che, quando a Norcia venne al mondo san Benedetto, non solo "il mondo antico si avviava alla fine" (Krasinski, "Irydion"), ma in realtà tale mondo era già stato trasformato: erano subentrati i "christiana tempora". Roma, che un tempo era stata la testimone principale della sua potenza e la città del suo più grande splendore, era diventata la "Roma christiana". In un certo senso era stata veramente la città in cui si era identificato l'impero. La Roma dei cesari era ormai tramontata. Era rimasta la Roma degli apostoli. La Roma di Pietro e di Paolo, la Roma dei martiri, la cui memoria era ancora relativamente fresca e viva.

E, mediante questa memoria, era viva la coscienza della Chiesa e il senso della presenza di Cristo, al quale tanti uomini e donne non avevano esitato a rendere la loro testimonianza, mediante il sacrificio della propria vita.

Ecco, dunque, nasce a Norcia Benedetto e matura in quel clima particolare, in cui la fine della potenza terrena, la più grande delle potenze che si siano manifestate nel mondo antico, parla all'anima col linguaggio delle realtà ultime, mentre nello stesso tempo Cristo e il Vangelo parlano di un'altra aspirazione, di un'altra dimensione della vita, di un'altra giustizia, di un altro regno.

Benedetto da Norcia cresce in tale clima. Egli sa che la piena verità sul significato della vita umana, l'ha espressa san Paolo, quando ha scritto nella lettera ai Filippesi: "Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Ph 3,13-14).

Queste parole le aveva scritte l'apostolo delle genti, il fariseo convertito, che dava in tal modo testimonianza della sua conversione e della sua fede. Queste parole rivelate contengono pure la verità che ritorna alla Chiesa e all'umanità nelle diverse tappe della storia. In quella tappa, nella quale Cristo chiamo Benedetto da Norcia, queste parole preannunciavano l'inizio di un'epoca che sarebbe stata precisamente l'epoca della grande aspirazione "verso l'alto", Cristo crocifisso e risorto proprio come scrive san Paolo: "E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Ph 3,10-11).

Così dunque, oltre l'orizzonte della morte che subi tutto il mondo costruito sulla potenza temporale di Roma e dell'impero, emerge questa nuova aspirazione: l'aspirazione "verso l'alto", suscitata dalla sfida della nuova vita, la sfida portata all'uomo da Cristo insieme alla speranza della risurrezione futura. Il mondo terrestre - il mondo delle potenze e delle sconfitte dell'uomo - è diventato il mondo visitato dal Figlio di Dio, il mondo sostenuto dalla croce nella prospettiva del futuro definitivo dell'uomo che è l'eternità: il regno di Dio.


5. Benedetto fu per la sua generazione, e ancor più per le generazioni successive, l'apostolo di quel regno e di quella aspirazione. E tuttavia il messaggio che egli proclamo mediante tutta la sua Regola di vita, sembrava - e sembra ancor oggi - quotidiano, comune e quasi meno "eroico" di quello che sulle rovine della Roma antica lasciarono gli apostoli ed i martiri.

In realtà è lo stesso messaggio di vita eterna, rivelato all'uomo in Cristo Gesù, lo stesso, anche se pronunciato col linguaggio dei tempi ormai diversi. La Chiesa rilegge sempre lo stesso Vangelo - Verbo di Dio che non passa - nel contesto della realtà umana che cambia. E Benedetto seppe certamente interpretare con perspicacia i segni dei tempi di allora, quando scrisse la sua Regola, nella quale l'unione della preghiera e del lavoro diventava, per coloro che l'avrebbero accettata, il principio della aspirazione all'eternità. "Ora et labora" era per il grande fondatore del monachesimo occidentale la stessa verità che l'apostolo proclama nella lettura d'oggi, quando afferma di aver lasciato perdere tutto per Cristo: "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui" (Ph 3,8-9).

Benedetto, leggendo i segni dei tempi, vide che era necessario realizzare il programma radicale della santità evangelica, espresso con le parole di san Paolo, in una forma ordinaria, nelle dimensioni della vita quotidiana di tutti gli uomini. Era necessario che l'eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico.

In questo modo egli, padre dei monaci, legislatore della vita monastica in occidente, divenne anche indirettamente il pioniere di una nuova civiltà.

Ovunque il lavoro umano condizionava lo sviluppo della cultura, dell'economia, della vita sociale, li giungeva il programma benedettino dell'evangelizzazione, che univa il lavoro alla preghiera e la preghiera al lavoro.

Bisogna ammirare la semplicità di tale programma, e nello stesso tempo la sua universalità. Si può dire che quel programma ha contribuito alla cristianizzazione dei nuovi popoli del continente europeo e nello stesso tempo si è trovato anche alle basi della loro storia nazionale, di una storia che conta più di un millennio.

In questo modo san Benedetto divenne il patrono dell'Europa nel corso dei secoli: molto prima di essere proclamato tale da Papa Paolo VI.


6. Egli è patrono dell'Europa in questa nostra epoca. Lo è non solo in considerazione dei suoi meriti particolari verso questo continente, verso la sua storia e la sua civilizzazione. Lo è, altresi, in considerazione della nuova attualità della sua figura nei confronti dell'Europa contemporanea.

Si può staccare il lavoro dalla preghiera e farne l'unica dimensione dell'esistenza umana. L'epoca contemporanea porta in sé questa tendenza. Essa si differenzia dai tempi di Benedetto da Norcia, perché allora l'occidente guardava indietro, ispirandosi alla grande tradizione di Roma e del mondo antico. Oggi l'Europa ha alle sue spalle la terribile seconda guerra mondiale ed i conseguenti cambiamenti importanti sulla carta del globo, che hanno limitato la dominazione dell'occidente su altri continenti. L'Europa, in un certo senso, è ritornata entro le sue proprie frontiere.

E tuttavia quel che è alle nostre spalle non è l'oggetto principale dell'attenzione e dell'inquietudine degli uomini e dei popoli. Un tale oggetto non cessa di essere ciò che è davanti a noi.

Verso che cosa cammina l'umanità intera, legata con i molteplici vincoli dei problemi e delle reciproche dipendenze, che si estendono a tutti i popoli e continenti? Verso che cosa cammina il nostro continente, e su di esso tutti quei popoli e tradizioni che decidono della vita e della storia di tanti paesi e di tante nazioni? Verso che cosa cammina l'uomo? La società e gli uomini nel corso di questi quindici secoli, che ci separano dalla nascita di san Benedetto da Norcia, sono diventati gli eredi di una grande civiltà, gli eredi delle sue vittorie, ma anche delle sue sconfitte, delle sue luci, ma anche delle sue oscurità.

Si ha l'impressione di una prevalenza dell'economia sulla morale, di una prevalenza della temporalità sulla spiritualità.

Da una parte, l'orientamento quasi esclusivo verso il consumismo dei beni materiali toglie alla vita umana il suo senso più profondo. Dall'altra parte, il lavoro sta diventando in molti casi una costrizione alienante per l'uomo, sottomesso ai collettivi, e si stacca, quasi ad ogni costo, dalla preghiera, togliendo alla vita umana la sua dimensione ultra-temporale.

Tra le conseguenze negative di una simile preclusione ai valori trascendenti una ve n'è che oggi preoccupa in modo particolare: essa consiste nel clima sempre più diffuso di tensione sociale, che tanto frequentemente degenera in episodi assurdi di efferata violenza terroristica. L'opinione pubblica ne è profondamente scossa e turbata. Solo la ricuperata consapevolezza della dimensione trascendente del destino umano può conciliare l'impegno per la giustizia ed il rispetto per la sacralità di ogni vita umana innocente. Per questo la Chiesa italiana si raccoglie oggi in particolare, accorata preghiera.

Non si può vivere per il futuro senza intuire che il senso della vita è più grande della temporalità, che è al di sopra di essa. Se le società e gli uomini del nostro continente hanno perso l'interesse per questo senso, devono ritrovarlo. Possono, a questo scopo, tornare indietro di quindici secoli? ai tempi nei quali nacque san Benedetto da Norcia? No, tornare indietro non possono. Il senso della vita devono ritrovarlo nel contesto dei nostri tempi. Non è possibile diversamente. Non devono e non possono tornare indietro ai tempi di Benedetto, ma devono ritrovare il senso dell'esistenza umana sulla misura di Benedetto. Solo allora vivranno per il futuro. E lavoreranno per il futuro. E moriranno nella prospettiva dell'eternità.

Se il mio predecessore Paolo VI ha chiamato san Benedetto da Norcia ad essere il Patrono d'Europa, è perché egli potrà aiutare a questo scopo la Chiesa e le nazioni d'Europa. Auspico di cuore che questo odierno pellegrinaggio nel luogo della sua nascita possa servire a tale causa.

Data: 1980-03-23 Data estesa: Domenica 23 Marzo 1980.


Angelus durante il pellegrinaggio a Norcia - Norcia

Titolo: Preghiamo per la pace, la libertà e la giustizia

1. Pellegrinando sulla terra di san Benedetto, ci fermiamo in questo luogo per recitare insieme l'"Angelus": per meditare ancora una volta la verità dell'elevazione dell'uomo nel mistero dell'incarnazione di Dio. Ecco, l'uomo è elevato, è elevata la Vergine che, accogliendo la Parola, risponde: "Eccomi, sono la serva del Signore" (Lc 1,38).

In questo concepimento e nella natività del Figlio di Dio alla Vergine Maria viene elevato ogni uomo.

Pellegriniamo oggi - quinta domenica di quaresima - alla terra natale di quell'uomo, che ha accolto questa elevazione nel mistero della natività del Figlio di Dio dalla Madre-Vergine. Quell'uomo porta il nome di Benedetto - cioè di "beato". Pellegriniamo sulla terra "del beato", di Benedetto da Norcia, dopo mille e cinquecento anni dalla sua nascita.


2. Questa terra è stata recentemente colpita dal terremoto. La terra ha tremato, sono caduti i vecchi edifici e numerose case abitate dagli uomini. Siamo adesso tra questi uomini, e insieme con loro preghiamo nel giubileo di san Benedetto.

In questo tempo così solenne e speciale, in cui la Chiesa ricorda le parole del Signore: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi... l'avete fatto a me" (Mt 25,40), nessuno dimentichi gli uomini, i fratelli colpiti dal terremoto, perché questo è il tempo della conversione: la quaresima.

Noi ci convertiamo ogni volta che facciamo a uno dei nostri fratelli ciò che Cristo si attende.


3. In questo periodo di penitenza e di conversione, meditiamo la verità sul Verbo che non passa mai sulla terra che passa, "perché passa la scena di questo mondo" (1Co 7,31).

Passa. Essa fu altra nei tempi quando su di essa camminava Benedetto da Norcia, altra nel corso di tutti i secoli e di tutte le epoche che si sono iscritte nella sua storia. Ed altra è oggi. La stessa terra è diversa. E gli uomini, che sono uomini allo stesso modo, sono oggi altri uomini. Un'altra è la scena che danno gli uomini al loro mondo umano, ed è un altro il mondo in cui vivono. Ed anche se nascono e muoiono, conoscono ed amano, gioiscono e soffrono così come allora, è diversa la loro conoscenza ed altre sono le loro sofferenze.

Molte volte è passata la scena del mondo insieme agli uomini che l'hanno formata qui, in questa terra, dal tempo in cui nacque su di essa Benedetto, in cui, insieme con lui, è cominciato a nascere anche il nuovo volto di questa terra, e di tante altre terre intorno.

Benedetto fu infatti santo. Fu l'uomo dello Spirito. Lo Spirito Santo rinnova la faccia della terra. La terra passa. Solo lo Spirito Santo rinnova la faccia della terra. Lo Spirito Santo per opera di Benedetto da Norcia ha rinnovato la faccia di questa terra e di molte altre terre attorno. La faccia dell'Italia e dell'Europa.


4. Oggi preghiamo su questa terra. Preghiamo per l'Italia e per l'Europa nel luogo della nascita del santo. Preghiamo per gli uomini e le famiglie, preghiamo per i popoli e per la Chiesa. Preghiamo per la pace dell'Europa e di tutte le altre parti del mondo. Preghiamo per la libertà dell'uomo, la quale corrisponde alla dignità delle sue idee e delle sue opere. Preghiamo per la giustizia sociale e per l'amore vero, senza il quale la vita dell'uomo non respira a pieni polmoni.

Preghiamo perché cessi questa terribile minaccia per l'uomo, che i mezzi contemporanei di distruzione portano con sé, e la minaccia che si nasconde nei cuori degli uomini pronti ad uccidere e a distruggere.


5. In questa giornata di riflessione e di preghiera contro la violenza e contro il terrorismo, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, preghiamo il Signore perché tocchi i cuori e fermi la mano omicida di quanti sono coinvolti nelle oscure trame dell'odio e dei delitti, e perché tutti sentano il dovere di collaborare per isolare tali assurde atrocità e di testimoniare con la loro vita i valori inestimabili della pace, della fraternità e del vicendevole amore. Come già ebbi a dire in Irlanda, oggi ripeto a quanti possono essere stati irretiti nel triste fenomeno del terrorismo: "La violenza è un male, la violenza è inaccettabile come soluzione dei problemi, la violenza è indegna dell'uomo, la violenza è una menzogna, perché va contro la verità della nostra fede, la verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che essa vorrebbe difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani" (Ioannis Pauli PP. II "Homilia in urbe Drogheda habita, die 29 sept. 1979: AAS 71[1979] 1081).

Come dice il messaggio del consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana per la giornata di oggi: "Troppo sangue e troppe lacrime sono già state versate. Le vie giuste sono quelle dell'amore, che non è debolezza, non è viltà: l'amore è l'unica forza sicura, l'unica fonte per vivere, l'unica garanzia di una autentica e giusta convivenza sociale".

San Benedetto, operatore di pace e di concordia in secoli che conobbero la divisione dell'odio e la barbarie, interceda perché cadano le forze del male, che si scatenano nel mondo e nei cuori, così che si rinnovi la faccia della terra: di questa terra; di questo continente, di cui egli è patrono.


6. Preghiamo anche per la Chiesa che, in mezzo alle prove della terra, cerca la sua unità in Cristo. Questa è la sua costante conversione. Particolarmente nel momento presente della penitenza e della conversione. La Chiesa si converta a Cristo, al suo Signore e Redentore, Maestro e Sposo! San Benedetto è stato, per questa terra, l'araldo della conversione nella Chiesa. Ha insegnato a leggere i segni dei tempi che passano, per capire e compiere la parola di Dio che non passa.

La Chiesa si converte a Cristo quando legge i segni dei tempi, ma non quando diventa simile a "questo mondo" che passa. L'apostolo, infatti, insegna: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo" (Rm 12,2) che passa..., rendete ciò che passa simile alla parola che non passa.

Veniamo in pellegrinaggio nella terra natale di san Benedetto con un fervido desiderio, che la Chiesa dei nostri tempi si rinnovi con costanza nella parola che non tramonta mai.

Data: 1980-03-23 Data estesa: Domenica 23 Marzo 1980.


Alle autorità civili - Norcia

Titolo: Auguri di ricostruzione e di progresso, di concordia e di elevazione sociale

Illustri signori.

1. In questo anno, in cui si celebra il quindicesimo anniversario della nascita di san Benedetto, ho vivamente desiderato venire in questa città che è stata la sua culla e il luogo della sua prima formazione.

Grande perciò è la mia gioia nel trovarmi qui, a Norcia, per onorare in modo più solenne e significativo la dolce e austera figura di san Benedetto, gloria e vanto di questa nobile terra.

Sono lieto pertanto di porgere a voi, autorità civili della regione umbra, della provincia di Perugia e dei 15 comuni della Valnerina, il mio saluto deferente e cordiale, segno della mia profonda stima e del mio incoraggiamento per i non facili compiti che siete chiamati a svolgere. E ringrazio vivamente il presidente della giunta regionale per le cortesi parole con le quali ha interpretato i vostri sentimenti.

Mentre ancora si vedono in questa regione le drammatiche conseguenze del terremoto dello scorso settembre, la mia presenza vuole anche manifestare la partecipazione del Papa e di tutta la Chiesa alla sventura di tante persone colpite dal recente sisma; sono venuto a portare agli amati abitanti di questa città e di tutta l'Umbria il mio affetto, il mio conforto, la mia preghiera.

Nel rivolgermi a voi, vedo come dinanzi a me le popolazioni laboriose e forti, a cui si indirizzano le vostre sollecitudini e penso ai loro problemi, alle loro sofferenze, ai loro disagi, alle loro speranze e alla loro tenacia.

A tutti rivolgo il mio augurio sincero che nasce da un cuore che tutti vi ama con particolare intensità, perché più di altri provati: augurio di ricostruzione e di progresso, in armonia di intenti; augurio di non perdersi d'animo in questo momento difficile; augurio di lavoro e di concordia, augurio di elevazione sociale e soprattutto di fedeltà alle loro tradizioni di fede, tanto profondamente radicate.

In questo vigoroso sforzo di rinascita e di ripresa economica, sociale e religiosa, invoco l'aiuto della bontà divina, mentre auspico di cuore l'impegno premuroso e fattivo da parte di tutti, sorretto dall'opera delle autorità civili, per una pronta ed adeguata soluzione dei problemi che assillano questa regione.


2. Il mio sentimento si allarga poi di qui al mondo intero. Da Norcia, dalla terra natale di san Benedetto, ho voluto ancora una volta sottolineare la sua grandezza e importanza di "uomo di Dio e dell'umanità", venerato nei secoli e la meravigliosa attualità del suo messaggio proprio per questa nostra epoca così smarrita.

Da questa terra cristiana, forte ed austera e nello stesso tempo dolce e gentile, san Benedetto ha tratto il suo umanesimo così profondamente sensibile e programmatico.

La croce, il libro e l'aratro sono stati gli strumenti della sua opera di bonifica e di rinascita. La lode a Dio, nel Cristo e con la comunità, mediante la liturgia assidua, diligente ed elevante; il lavoro manuale, intellettuale ed artistico, fedelmente compiuto nel silenzio esteriore ed interiore; la carità vicendevole, e specialmente verso i sofferenti e i più poveri, nell'obbedienza e nell'umiltà: ecco in sintesi il messaggio e il programma di vita che san Benedetto ha inculcato ed ha praticato e per cui l'Europa si è potuta dire "cristiana".

Ed è ciò che propone tuttora al mondo per la felicità e per il bene di tutti. L'uomo moderno, travagliato da tanti problemi familiari, sociali, internazionali, sente il bisogno di silenzio, di riflessione, di meditazione, per ritrovare i veri valori, il significato della propria esistenza, l'orizzonte della storia umana, il dialogo con l'assoluto. L'uomo moderno sente un essenziale bisogno di pace, di certezza, di salvezza.

Illustri Signori! Possano, la regione e le sue storiche città, essere sempre illuminate, guidate, aiutate dall'intercessione e dall'esempio di san Benedetto come degli altri santi che han popolato questa terra. Questo è l'augurio che vi lascio, con affetto paterno. E vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione apostolica, che con grande effusione imparto a voi ed alle vostre famiglie.

Data: 1980-03-23 Data estesa: Domenica 23 Marzo 1980.


Alle religiose - Norcia

Titolo: Il valore della contemplazione per la grazia della vocazioni

Nella serie d'incontri di questa singolare giornata, è per me particolare motivo di consolazione trovarmi con le religiose di vari monasteri benedettini delle più vicine regioni d'Italia.

Porgo con altrettanto affetto il mio saluto a tutte le religiose appartenenti ad altri ordini ed istituti per l'atto di filiale omaggio che hanno voluto rendermi.

Tale qualificata presenza, mentre rende più gioioso l'inizio delle celebrazioni del XV centenario della nascita di san Benedetto, offre al Papa, venuto a venerarne la terra natale, l'occasione di ricordare taluni principi della spiritualità benedettina, di cui tante famiglie religiose hanno potuto beneficiare nel corso dei secoli. Essa, infatti, sin dall'inizio ha segnato un solco, è stata una traccia sicura per la vita cenobitica e religiosa, suscitando santi entusiasmi in anime generose, che vi si sono sempre ispirate; ed anche al presente, col suo elemento predominante, cioè la contemplazione, è destinata ad accendere nelle menti e nei cuori aperti all'influsso della grazia della vocazione, l'ardore per le ascensioni spirituali.

1. Guardo, pertanto, con sincera ammirazione a tutti i monasteri delle benedettine, e con viva soddisfazione uso a loro riguardo l'immagine cara a san Benedetto che li considerava "scuole del servizio di Dio".

Rivolgo, altresi, il mio pensiero di compiacimento a tutte le case religiose femminili che costellano questa regione umbra, sempre docile nei secoli ai suggestivi richiami dello spirito. Voi, carissime sorelle, null'altro bramate che di attendere a Dio con purità di cuore, nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera: quella della mente e quella corale, "opus cui nihil praeferendum", procurando a questo santo scopo che non entri nel vostro spirito, o che ne esca, nulla che non sia "deiforme" e che non conduca a Dio.

Nei vostri asceteri si è compiuta per vostra deliberazione la più importante scelta della vostra vita: avete generosamente rinunciato ad ogni cosa o attrattiva che il mondo poteva darvi, vi siete distaccate da ogni affetto terreno per unirvi esclusivamente a Dio e possederlo stabilmente nel vostro cuore.

In questa altezza di vita mistica, che è la somma della perfezione, a voi assorte "nel pensier contemplativi" (Dante Alighieri "La Divina Commedia", "Paradiso", XXI,117) è dato di sperimentare, gustare e sentire Dio, per mezzo della continua applicazione delle potenze spirituali, anche se nell'oscurità della fede; e voi sapete, per esperienza, che più intima è la conversazione col Padre celeste, più si prova che il tempo a questo altissimo atto di carità non è mai sufficiente.

Come non ricordare, a questo proposito, la densa giornata trascorsa dai due santi fratelli nelle lodi di Dio e in santa conversazione, come ci narra San Gregorio Magno, a cui segui la famosa veglia notturna ottenuta con la preghiera da santa Scolastica, per cui passarono quell'intera notte saziandosi di soavi colloqui e raccontandosi i due santi congiunti, l'un l'altro, l'esperienza della vita spirituale? (S.Gregorii Magni "Dialogorum Liber", 2,33; PL 66,194-196).


2. Stimolatrice a fomentare lo spirito contemplativo ed a sostenerne il perseverante impegno, è stata ed è sempre l'aurea regola, dettata dal santo patriarca, e ritenuta da tutti i successivi legislatori un monumento di saggezza e di perenne attualità, perché i suoi insegnamenti offrono garanzia di sicurezza, di fecondità e di chiarezza in quanto derivano dalla perfetta adesione di san Benedetto al Vangelo e al magistero della Chiesa.

Quelle prescrizioni, ordinate in modo da far considerare Dio e Cristo al centro dell'universo ed affermarne il primato assoluto su tutte le cose, non avrebbero potuto più efficacemente descrivere l'itinerario spirituale della monaca benedettina, e sono state fonte di ispirazione anche per tante altre anime, desiderose di consacrarsi totalmente a Dio ed ai fratelli.

Abitualmente disponibile presso Dio per la grazia santificante, la religiosa benedettina è condotta a considerarsi di fronte al suo Signore, suo unico amore e bene, con estrema sincerità e verità, ed in tale situazione deve esplicare la propria attività interiore ed esteriore. Ciò suppone il risoluto e costante anelito a conformare la propria volontà a quella di Dio. San Benedetto l'ha previsto: nella sua Regola è infatti continuo il richiamo all'ubbidienza come alla virtù più appropriata per raggiungere la santità.


3. Mentre vi invito, carissime sorelle in Cristo, a tener fede alle prescrizioni e ai carismi dei vostri fondatori e fondatrici, desidero esprimervi la riconoscenza della Chiesa per l'attività che svolgete a favore di essa.

Non solo, infatti, offrite a Dio un eccellente sacrificio di lode e con assai copiosi frutti di santità onorate il Popolo di Dio e lo muovete con l'esempio (cfr. PC 7), ma eseguite con la vostra vita di immolazione nascosta un'azione propiziatrice presso il Padre delle misericordie, in favore della Chiesa, nelle difficoltà che attraversa nell'ora presente.

In particolare, carissime sorelle in Cristo, faccio affidamento su questa preziosa collaborazione nella giornata odierna, nella quale la Chiesa italiana, raccolta in preghiera, presenta al Signore la propria sofferenza per l'ordine morale e sociale tanto profondamente turbato dall'eversione e dal terrorismo, per le molte vittime che hanno pagato con la vita la fedeltà al proprio dovere ed agli ideali dell'umana e civile convivenza, per la desolazione di tanti familiari privati dei più legittimi affetti. La passione di Cristo, che ci apprestiamo a rivivere nei giorni ormai prossimi della Settimana Santa, continua nella sofferenza e nel sangue di questi nostri fratelli e sorelle, colpiti dall'odio omicida. La Chiesa li piange, mentre piange sulle piaghe del suo Signore.

Nel far voti che sia finalmente bandita ogni forma di violenza e che si arrivi alla giustizia ed alla pace per mezzo della ragione e della reciproca comprensione, vi chiedo di offrire oggi a Cristo Signore la vostra supplica, avvalorata da speciali ed intimi sacrifici, affinché nella diletta nazione italiana possa trionfare la nativa bontà, l'operosità serena e l'umana e civile coesione, frutto di esemplare e coerente costume cristiano. Alla vostra offerta continua, che supplica, adora e placa la divina maestà, io affido la Chiesa ed affido le mie universali intenzioni di pastore e di padre.

A mia volta vi affido a Maria, alla Vergine, modello delle anime contemplative e attive, alla Madre della Chiesa, e vi lascio la mia benedizione, estendendola a ciascuna ed a tutte le consorelle dei vostri istituti, come pure ai vostri rispettivi familiari.

Data: 1980-03-23 Data estesa: Domenica 23 Marzo 1980.


Al clero della Valnerina - Norcia

Titolo: Sacerdoti per la Chiesa e per gli uomini di oggi

Cari fratelli nel sacerdozio! Desidero dirvi, con grande sincerità, la mia gioia di parlare a voi, sacerdoti delle diocesi di Norcia e di Spoleto, in un incontro personale, proprio in questo luogo fortunato, nel quale videro la luce i santi Benedetto e Scolastica. C'è un insieme di circostanze esterne e di emozioni interiori, che invitano me e voi ad una breve e serena riflessione sul significato della vostra presenza sacerdotale in questa città, in questa regione, in questa nazione, cioè nella società contemporanea.

1. La società di oggi non è certamente quella del quinto e del sesto secolo dopo Cristo. Ma i problemi fondamentali dell'uomo - come quello di Dio e della religione, quello del significato globale e definitivo della vita, quello del comportamento etico, della giustizia, della dignità dell'uomo - ancora oggi mantengono una analogia con quelli coi quali si imbatté il giovane Benedetto. Sono i problemi che voi, sacerdoti degli anni ottanta vivete, talvolta drammaticamente, sia nel segreto della vostra coscienza o del confessionale, sia quando dovete dire una parola di orientamento o dare un esempio concreto ai vostri fratelli.

Voi siete e dovete essere sacerdoti per la Chiesa e per gli uomini di oggi, i quali vivono in un contesto socio-culturale, che intende mettere tutto in discussione, che pone dubbi, semina incertezze, o pretende soluzioni immediate in tutti i campi, in cui l'uomo si trova ad agire o ad esplicare la sua personalità.

E come tra il quinto e il sesto secolo la presenza di san Benedetto e dei suoi monaci fu provvidenziale per la società di allora, così non v'è dubbio che la società contemporanea, la quale vive fra il tramonto del secondo e l'aurora del terzo millennio del cristianesimo, abbia bisogno dei sacerdoti, proprio perché ha bisogno di Dio.

E voi, cari fratelli, siete "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (cfr. 1Co 4,1); siete stati "scelti fra gli uomini" e "costituiti per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (cfr. He 5,1). E' qui tutta la vostra grandezza e dignità.

Col sacramento del presbiterato siete stati configurati a Cristo sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il suo corpo che è la Chiesa, in qualità di cooperatori dell'ordine episcopale - vi ha ricordato il Concilio Vaticano II - mediante la consacrazione siete stati elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo, eterno sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha reintegrato con divina efficacia l'intero genere umano (cfr. PO 12).


GPII 1980 Insegnamenti - All'arrivo a Norcia