GPII 1980 Insegnamenti - La partenza da Parigi

La partenza da Parigi

Titolo: Si inizia ora la riflessione su una ricca esperienza

Il mio viaggio giunge a termine per quel che riguarda la capitale. Sono molto contento di tutti i contatti di cui ho potuto beneficiare; comincio a far l'abitudine ai programmi molto densi, ma credo che questa volta non si potesse fare molto di più! Ho apprezzato le occasioni che mi hanno permesso di dire quello che mi dettano le mie responsabilità. Ho anche "registrato" molte testimonianze; quello che ho visto e ascoltato sarà per me materia di ulteriori riflessioni e soprattutto l'oggetto della mia preghiera. E' una ricca esperienza! Ma è a voi, giornalisti, che è toccato il compito di riportare i fatti, di descrivere le cose, di evidenziare l'essenziale, di testimoniare in tutta verità l'avvenimento e di farne cogliere il valore della posta in gioco. Spero sia ciò che avete fatto. E' questo che fa onore alla vostra funzione e che ne stabilisce anche i limiti, come ho avuto modo di dire molte volte. Oggi, volevo solo ringraziarvi, e ringraziare con voi tutti i media, la stampa, la radio e la televisione. In Francia, la vostra competenza ed i vostri mezzi vi permettono delle realizzazioni tecnicamente molto accurate. Avete un pubblico esigente! Vi esprimo con gratitudine tutti i miei auguri.

Devo anche dire un grande grazie a tutti i membri della polizia, incaricando i rappresentanti qui presenti di farsene interpreti presso i colleghi.

Avevate il compito non solo di vegliare su di me, ma anche di assicurare l'ordine di folle immense, soprattutto ieri a Bourget, e mi rendo conto del surplus di lavoro che vi è stato chiesto in questa occasione. Mi scuso con voi e con le vostre famiglie. E' stato un vostro onore assicurare la migliore ospitalità al Papa e servire allo stesso tempo il popolo francese nel suo desiderio di partecipare a questi incontri, perché è proprio il popolo francese che l'ha spontaneamente voluto. Senza dilungarmi, vorrei che voi sappiate che apprezzo il vostro servizio pubblico che spesso non è sufficientemente apprezzato. Ho proprio avuto modo di dirlo alcuni mesi fa a Roma ad un gruppo di poliziotti francesi, pellegrini di "Police et Humanisme". Questi sono i sentimenti che provo sempre verso di voi ed il vostro compito.

Molte altre persone hanno dovuto lavorare intensamente da molte settimane per questo viaggio, per prevedere, con precisione francese, tutti i dettagli. Oltre a quelle della Nunziatura che ho già ringraziato, penso a quelle del Segretariato dell'episcopato e di tutti i servizi che hanno collaborato con questo Segretariato per coordinare insieme. Non vorrei dimenticare nessuno di coloro che si sono impegnati discretamente, oltre al lavoro ordinario, per affrontare questo avvenimento. Prego il Signore di ricompensarvi per tutto quello che avete fatto per il suo Servitore e per i vostri fratelli, e di tutto cuore benedico le vostre famiglie e quelli che vi sono cari.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-06-02Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


Omelia della messa a Lisieux - Francia

Titolo: In comunione con le sofferenze di Cristo santa Teresa ci ha rivelato la realtà del Vangelo

1. Sono molto felice che mi sia dato di venire a Lisieux in occasione della mia visita nella capitale della Francia. Sono qui in pellegrinaggio con voi tutti cari fratelli e sorelle, che siete venuti da diverse regioni della Francia anche voi presso colei che amiamo tanto, la "piccola Teresa", la cui via verso la santità è strettamente legata al Carmelo di Lisieux. Se le persone esperte nell'ascetica e nella mistica e coloro che amano i santi, hanno preso l'abitudine di chiamare questa via di suor Teresa del Bambino Gesù "la piccola via" è senz'altro fuor di dubbio che lo Spirito di Dio, che l'ha guidata su questa via, l'ha fatto con quella stessa generosità con cui ha guidato altrimenti la sua patrona la "grande Teresa" d'Avila e con la quale ha guidato - e continua a guidare - tanti altri santi nella sua Chiesa. A lui sia dunque resa gloria eternamente! La Chiesa gioisce di questa meravigliosa ricchezza di doni spiritual, così splendidi e così vari, come sono tutte le opere di Dio nell'universo visibile e invisibile. Ciascuna di esse riflette allo stesso tempo il mistero interiore dell'uomo e corrisponde ai bisogni del tempo nella storia della Chiesa e dell'umanità. Bisogna dire di santa Teresa di Lisieux che, fino ad un'epoca recente, è stata in effetti la nostra santa "contemporanea". E' così che io la vedo personalmente, nel quadro della mia vita. Ma è ancora la santa "contemporanea"? Non ha cessato di esserlo per la generazione che giunge ora a maturità nella Chiesa? Bisognerebbe domandarlo agli uomini di questa generazione.

Che mi sia tuttavia permesso notare che i santi non invecchiano praticamente mai, che essi non cadono mai in "proscrizione". Essi restano continuamente i testimoni della giovinezza della Chiesa. Essi non diventano mai personaggi del passato, uomini e donne di "ieri". Al contrario: essi sono sempre gli uomini e le donne di "domani", gli uomini dell'avvenire evangelico dell'uomo e della Chiesa, i testimoni "del mondo futuro".


2. "Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!"" (Rm 8,14-15).

Sarebbe forse difficile trovare parole più sintetiche e nello stesso tempo più incisive per caratterizzare il carisma particolare di Teresa Martin, vale a dire ciò che costituisce il dono tutto speciale del suo cuore, e che è diventato, mediante il suo cuore, un dono particolare per la Chiesa. Il dono meraviglioso nella sua semplicità, universale e nello stesso tempo unico. Di Teresa di Lisieux, si può dire con convinzione, che lo Spirito di Dio ha permesso al suo cuore di rivelare direttamente, agli uomini del nostro tempo, il mistero fondamentale, la realtà del Vangelo: il fatto di aver ricevuto realmente "uno spirito da figli adottivi che ci fa gridare: Abbà! Padre!" La "piccola via" è la via della "santa infanzia". In questa via c'è qualche cosa di unico, il genio di santa Teresa di Lisieux. C'è nello stesso tempo la conferma e il rinnovamento della verità più fondamentale e più universale. Quale verità del messaggio evangelico è infatti più fondamentale e più universale di questa: Dio è nostro Padre e noi siamo suoi figli? Questa verità, la più universale che esista, questa realtà è stata "letta" di nuovo con la fede, la speranza e l'amore di Teresa di Lisieux. Essa è stata in un certo senso riscoperta con l'esperienza interiore del suo cuore e con la forma presa da tutta la sua vita, durata solo ventiquattro anni. Quand'ella mori qui al Carmelo, vittima della tubercolosi di cui portava già da lungo tempo i bacilli, era quasi una bambina. Ella ha lasciato il ricordo dell'infanzia: della santa infanzia. E tutta la sua spiritualità ha confermato ancora una volta la verità di quelle parole dell'apostolo: "E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi...". Si. Teresa fu figlia. Fu la figlia "confidente" fino all'eroismo e di conseguenza "libera" fino all'eroismo. Ma è proprio perché lo fu fino all'eroismo che ella sola ha conosciuto il sapore interiore ed anche il prezzo interiore di quella fiducia che impedisce di "ricadere nella paura": di quella fiducia che anche nelle oscurità e nelle sofferenze più profonde dell'anima, permette di gridare: "Abbà! Padre!".

Si, ella ha conosciuto questo sapore e questo prezzo. Per chi legge attentamente la sua "Storia di un'anima", è evidente che questo sapore della confidenza filiale, proviene, come il profumo delle rose dal fiore che porta anche spine. Infatti se "siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, dal momento che soffriamo con Lui per essere con Lui glorificati" (Rm 8,17). E' precisamente per questo che la fiducia filiale della piccola Teresa, santa Teresa del Bambin Gesù ma anche "del Volto Santo", e così "eroica" perché essa proviene dalla fervida comunione con le sofferenze di Cristo.

E quando vedo davanti a me tanti malati e infermi penso che anch'essi come Teresa di Lisieux sono associati alla passione di Cristo e che, grazie alla loro fede nell'amore di Dio, grazie al loro proprio amore, la loro offerta spirituale ottiene misteriosamente per la Chiesa, per tutte le altre membra del corpo mistico di Cristo, un accrescimento di vigore. Che essi non dimentichino mai questa bella frase di santa Teresa: "Nel cuore della Chiesa mia Madre, io saro l'amore". Prego Dio di dare a ciascuno di questi amici sofferenti che amo con un affetto tutto speciale, il conforto e la speranza.


3. Aver confidenza con Dio come Teresa di Lisieux significa seguire la "piccola via" dove ci guida lo Spirito di Dio: egli guida sempre verso la grandezza di cui partecipano i figli e le figlie di adozione divina. Ancora fanciullo, fanciullo di dodici anni, il Figlio di Dio ha dichiarato che la sua vocazione era di occuparsi delle cose di suo Padre (cfr. Lc 2,49). Essere fanciulli, diventare come fanciulli, significa entrare nel centro stesso della più grande missione alla quale l'uomo è stato chiamato da Cristo, una missione che attraversa il cuore stesso dell'uomo. Teresa lo sapeva perfettamente. Questa missione trae la sua origine dall'amore eterno del Padre. Il Figlio di Dio come uomo, in una maniera visibile e "storica" e lo Spirito Santo in modo invisibile e "carismatico" la compiono nella storia dell'umanità.

Quando, al momento di lasciare il mondo, Cristo dice agli apostoli: "Andate nel mondo intero, insegnate il Vangelo a tutte le creature" (Mc 16,15) egli li inserisce, con la forza del suo mistero pasquale, nella grande corrente della missione eterna. A partire dal momento in cui li ha lasciati per andare al Padre, egli comincia a venire "di nuovo nella potenza dello Spirito Santo" che il Padre invia in suo nome. Più profondamente che tutte le verità sulla Chiesa, questa verità è stata messa in rilievo nella coscienza della nostra generazione dal Concilio Vaticano II. Grazie ad esso, noi tutti abbiamo molto meglio compreso che la Chiesa è costantemente "in stato di missione" vale a dire che tutta la Chiesa è missionaria. E abbiamo ugualmente meglio compreso questo mistero particolare del cuore della piccola Teresa di Lisieux, la quale, attraverso la sua "piccola via" è stata chiamata a partecipare così pienamente e così fruttuosamente alla missione più elevata. E' proprio questo "essere piccola" che ella amava tanto, la piccolezza del bambino che le ha ampiamente aperto la grandezza della missione divina di salvezza che è la missione incessante della Chiesa.

Qui, nel suo Carmelo, nella clausura del convento di Lisieux, Teresa si è sentita specialmente unita a tutte le missioni e ai missionari della Chiesa nel mondo intero. Ella stessa si è sentita missionaria, presente, per la forza e la grazia particolari dello Spirito d'amore, in tutti i luoghi di missione, vicina a tutti i missionari, uomini e donne, nel mondo. Ella è stata proclamata dalla Chiesa la patrona delle missioni, come san Francesco Saverio, che viaggio incessantemente in estremo oriente: si, ella, la piccola Teresa di Lisieux, chiusa nella clausura carmelitana, apparentemente distaccata dal mondo.

Sono felice di essere venuto qui poco tempo dopo la mia visita nel continente africano, e, di fronte a questa ammirabile "missionaria" offrire al Padre della verità e dell'amore eterno tutto ciò che, nella potenza del Figlio e dello Spirito Santo, è già divenuto frutto del lavoro missionario della Chiesa fra gli uomini e i popoli del continente nero. Vorrei nello stesso tempo, se mi posso così esprimere, farmi prestare da Teresa di Lisieux lo sguardo perspicace della sua fede, la sua semplicità e la sua fiducia, in una parola la "piccolezza" giovanile del suo cuore, per proclamare davanti a tutta la Chiesa come la messe è abbondante e per domandare, come lei, al padrone della messe d'inviare, con una generosità più grande ancora, operai nella sua messe (cfr. Mt 9,37-38). Che egli li invii malgrado tutti gli ostacoli e tutte le difficoltà che egli incontra nel cuore dell'uomo, nella storia dell'uomo. In Africa ho spesso pensato: quale fede, quale energia spirituale avevano i missionari del secolo scorso o della prima metà di questo secolo, e tutti quegli istituti missionari che sono stati fondati, per partire senza esitare verso paesi allora sconosciuti, con il solo scopo di far conoscere il Vangelo, di far nascere la Chiesa! Essi vi scorgevano, con ragione, un'opera indispensabile alla salvezza. Senza la loro audacia, senza la loro santità, le Chiese locali di cui abbiamo celebrato il centenario e che sono ormai guidate per lo più da Vescovi africani, non sarebbero mai esistite. Cari fratelli e sorelle, non perdiamo questo slancio! Ma so che non lo volete perdere.

Saluto fra voi gli anziani Vescovi missionari testimoni dello zelo di cui ho parlato. La Francia ha ancora molti missionari nel mondo, sacerdoti, religiosi, religiose e laici e certi istituti si sono aperti alla vita missionaria. Vedo qui i membri del capitolo delle Missioni Estere di Parigi e ricordo il beato Teofano Venard, il cui martirio in estremo oriente fu una luce e un richiamo per Teresa. Penso anche a tutti i sacerdoti francesi che consacrano almeno qualche anno al servizio delle giovani Chiese, nel quadro della "Fidei Donum". Oggi si comprende meglio la necessità di uno scambio fraterno fra le giovani e le vecchie Chiese a reciproco beneficio. So per esempio che le pontificie opere missionarie in collegamento con la commissione episcopale per le Missioni Estere non mirano solo a promuovere le offerte materiali, ma a formare lo spirito missionario dei cristiani di Francia e me ne rallegro. Questo slancio missionario non può sorgere e portare frutti se non partendo da una più grande vitalità spirituale, dall'irradiazione della santità.

"Il bello esiste perché ci affascini per il lavoro" ha scritto Cyprian Norwid, uno dei più grandi poeti e pensatori che ci ha dato la terra polacca e che ha accolto - e custodisce nel cimitero di Montmorency - la terra francese...

Ringraziamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo per i santi.

Ringraziamo per santa Teresa di Lisieux. Ringraziamo per la bellezza profonda, semplice e pura, che si è manifestata in lei alla Chiesa e al mondo. Questa bellezza incanta. E Teresa di Lisieux ha un dono particolare per affascinare con la bellezza della sua anima. Anche se sappiamo che tutta questa bellezza fu difficile e che è cresciuta nella sofferenza, non cessa di rallegrare col suo fascino particolare gli occhi delle nostre anime.

Ella affascina dunque, questa bellezza, questo fiore di santità che è cresciuto su questo suolo e il suo fascino non cessa di stimolare i nostri cuori a lavorare: "Il bello esiste perché ci affascini per il lavoro". Per il lavoro più importante nel quale l'uomo apprende a fondo il mistero della sua umanità. Egli scopre in se stesso che cosa significa aver ricevuto "uno spirito di figlio adottivo", radicalmente diverso da "uno spirito di schiavo", ed egli comincia a gridare con tutto il suo essere: "Abbà! Padre!" (cfr. Rm 8,15).

Con i frutti di questo magnifico lavoro interiore si costruisce la Chiesa, il regno di Dio sulla terra nella sua sostanza più profonda e più fondamentale.

E il grido di "Abbà! Padre!" che risuona largamente in tutti i continenti del nostro pianeta, ritorna così con la sua eco nella clausura carmelitana silenziosa a Lisieux, vivificando sempre di nuovo il ricordo della piccola Teresa, la quale, con la sua vita breve e nascosta ma così ricca, ha pronunciato con una forza particolare "Abbà! Padre!".

Grazie a lei, la Chiesa intera ha ritrovato tutta la semplicità e tutta la freschezza di questo grido, che ha la sua origine e la sua sorgente nel cuore di Cristo stesso.

Data: 1980-06-02Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


Alle contemplative - Carmelo di Lisieux (Francia)

Titolo: Follia agli occhi del mondo e saggezza nello Spirito Santo



Mie care sorelle,

1. Pace e gioia in Gesù Cristo! A voi che circondate l'umile successore dell'apostolo Pietro! E attraverso voi a tutte le claustrali che vivono sulla terra di Francia! Devo dire anzitutto la mia profonda emozione di poter pregare presso l'arca che contiene i resti di santa Teresa. Ho già espresso lungamente il mio ringraziamento e il mio attaccamento per la "via spirituale" che ella ha adottato e offerto a tutta la Chiesa. Provo ora una grande gioia a visitare questo Carmelo che è stato il luogo della sua vita e della sua morte, della sua santificazione, in mezzo alle sue suore, e che deve restare un alto luogo di preghiera e di santificazione per le carmelitane e per tutti i pellegrini. E' da qui che vorrei confermare voi tutte, qualunque sia la vostra famiglia spirituale, nella vostra vita contemplativa, assolutamente vitale per la Chiesa e per l'umanità.


2. Pur amando profondamente la nostra epoca bisogna riconoscere che il pensiero moderno relega facilmente nel soggettivismo tutto ciò che concerne la religione, la fede dei credenti, i sentimenti religiosi. E questa visione non risparmia la vita monastica. A tal punto che l'opinione pubblica e perfino purtroppo certi cristiani più sensibili al solo impegno concreto, sono tentati di considerare la vostra vita contemplativa come un'evasione dal reale, un'attività anacronistica ed anche inutile. Questa incomprensione può farvi soffrire ed anche umiliare. Ma vi diro come Cristo: "Non temete, piccolo gregge!" (cfr. Lc 12,22). Per altro, un certo rinnovamento monastico, che si manifesta nel vostro paese, deve conservarvi nella speranza.

Ma aggiungo ugualmente: ricambiate la sfida del mondo contemporaneo e del mondo d'oggi, vivendo più radicalmente che mai il mistero stesso della vostra condizione del tutto originale che è follia agli occhi del mondo e saggezza nello Spirito Santo: l'amore esclusivo del Signore e di tutti i vostri fratelli in lui.

E non cercate neppure di giustificarvi! Ogni amore, dal momento che è autentico, puro e disinteressato, porta in se stesso la sua giustificazione. Amare in modo gratuito è un diritto inalienabile della persona, anche - e bisognerebbe dire soprattutto - quando l'amato è Dio stesso. Sulla scia dei contemplativi e dei mistici di ogni tempo, continuate ad attestare con forza e umiltà la dimensione trascendente della persona umana, creata a somiglianza di Dio e chiamata ad una vita d'intimità con lui. Sant'Agostino, al termine di meditazioni fatte tanto col suo cuore che con la sua penetrante intelligenza, ci assicura che la beatitudine dell'uomo sta qui: nella contemplazione amorosa di Dio! Ecco perché la qualità della vostra appartenenza d'amore al Signore, tanto sul piano personale che comunitario, è di un estrema importanza. La densità e l'irradiazione della vostra vita "nascosta in Dio" devono porre degli interrogativi agli uomini e alle donne di oggi, devono porre degli interrogativi ai giovani che cercano così spesso il senso della vita.

Incontrandovi o vedendovi, bisognerà che ogni visitatore ospite o in ritiro nei vostri monasteri possa dire o almeno sentire di aver incontrato Dio, di aver conosciuto un'epifania del mistero di Dio che è luce e amore! I tempi che viviamo hanno bisogno di testimoni tanto quanto di apologeti! Siate, da parte vostra, questi testimoni molto umili e sempre trasparenti!

3. Lasciatemi anche assicurarvi - in nome della tradizione costante della Chiesa - che la vostra vita non solo può annunciare l'assoluto di Dio, ma che essa possiede un meraviglioso e misterioso potere di fecondità spirituale (cfr. PC 7).

Perché? Perché la vostra oblazione d'amore è integrata da Cristo stesso alla sua opera di redenzione universale un po' come le onde si affondano nelle profondità dell'oceano. Vedendo voi penso alla Madre di Cristo, penso alle sante donne del Vangelo, ritte ai piedi della croce del Signore e unite alla sua morte salvatrice ma ugualmente messaggere della sua resurrezione. Voi avete scelto di vivere o piuttosto Cristo vi ha scelto per vivere con lui il suo mistero pasquale attraverso il tempo e lo spazio. Tutto ciò che voi siete, tutto ciò che voi fate ogni giorno, che si tratti dell'ufficio recitato o cantato, della celebrazione dell'eucaristia, di lavori nella cella o in gruppi fraterni, del rispetto della clausura e del silenzio, di mortificazioni scelte o imposte dalla regola, tutto è assunto, santificato, utilizzato da Cristo per la redenzione del mondo. Perché voi non abbiate alcun dubbio a questo riguardo, la Chiesa - in nome stesso di Cristo - ha preso un giorno possesso di tutte le vostre capacità di vivere e di amare. E' avvenuto con la vostra professione monastica. Rinnovatela spesso! E, sull'esempio dei santi, consacratevi, immolatevi ogni giorno di più, senza cercare di sapere come Dio utilizzerà la vostra collaborazione. Mentre alla base di ogni azione c'è uno scopo e dunque un limite, una finitudine, la gratuità del vostro amore è all'origine della fecondità contemplativa. Un paragone molto moderno mi viene allo spirito: voi incendiate il mondo del fuoco della verità e dell'amore rivelati, un po' come i tecnici dell'atomo accendono i razzi spaziali: a distanza.


4. Vorrei infine aggiungere due incoraggiamenti che mi sembrano opportuni. Il primo concerne la fedeltà al carisma delle vostre fondatrici o fondatori. La buona fraternità e la cooperazione che esistono più che in altri tempi entro i monasteri, non devono condurre ad un certo livellamento degli istituti contemplativi. Che ogni famiglia spirituale vegli a conservare la propria identità particolare in vista del bene della Chiesa intera. Ciò che si fa in un luogo non è necessariamente da imitare in un altro.

Il mio secondo incoraggiamento è il seguente. In una civiltà sempre più mobile, sonora e parlante, le zone di silenzio e di riposo diventano una necessità vitale. I monasteri - nel loro stile originale - hanno dunque più che mai la vocazione di restare luoghi di pace e d'interiorità. Non lasciate che pressioni interne od esterne portino attacchi alle vostre tradizioni e ai vostri mezzi di raccoglimento. Sforzatevi piuttosto di educare i vostri ospiti e i partecipanti a ritiri alla virtù del silenzio. Voi sapete certamente che ho avuto l'occasione di ricordare ai partecipanti alla sessione plenaria della congregazione per i religiosi, il 7 marzo scorso, l'osservanza rigorosa della clausura monastica.

Ricordavo a questo riguardo le parole molto forti di Paolo VI: "La clausura non isola le anime contemplative della comunione del corpo mistico. Ma le mette invece nel cuore della Chiesa". Amate la vostra separazione dal mondo del tutto paragonabile al deserto biblico. Paradossalmente questo deserto non è il vuoto. E' qui che il Signore parla al vostro cuore e vi associa strettamente alla sua opera di salvezza.

Queste sono le convinzioni che volevo confidarvi molto semplicemente, mie care suore. Voi ne farete il miglior uso, ne sono certo. Voi pregate molto per la fecondità del mio ministero. Siate vivamente ringraziate! Sappiate che il Papa, molto spesso, raggiunge col cuore e con la preghiera i monasteri di Francia e del mondo intero. Vi auguro e domando al Signore, per l'intercessione della santa carmelitana di Lisieux, che vocazioni solide e numerose vengano ad aumentare e a rinnovare le vostre diverse comunità contemplative. Vi benedico di tutto cuore, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1980-06-02
Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


La partenza dalla Francia, a Deauville

Titolo: Arrivederci, caro popolo di Francia

Signor Primo Ministro, E' giunto il momento di lasciare la Francia, al termine di una visita che resterà per me indimenticabile, sotto tutti i punti di vista. Non so quale ricordo lascerà un segno più profondo. Ogni cerimonia, ogni incontro, aveva un suo carattere proprio ed è stato carico d'intensità, nei circoli più ristretti come nel calore delle folle. Forse è il sentimento di aver finalmente potuto raggiungere l'anima della Francia e del Popolo Francese, che portero con me come un bene particolarmente prezioso. E' stata un'accoglienza del tutto eccezionale, degna dell'ospitalità francese. Voglio qui, un'ultima volta, esprimere la mia gratitudine agli uomini e alle donne di questo paese, alle famiglie, ai lavoratori, ai giovani, a tutti senza nessuna eccezione, e lo faccio dal profondo del cuore. Ringrazio in particolar modo le Autorità civili che hanno collaborato con tanta benevolenza alla realizzazione del programma, e, in primo luogo, sua Eccellenza il Signor presidente della Repubblica e tutto il Governo.

Ai miei fratelli e figli della Chiesa cattolica, vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, lascio, nel momento della mia partenza, il dono che ci è stato fatto di una comunione più forte al servizio della nostra missione di annunciare il Vangelo. Riprenderemo questa missione con una nuova energia, proporzionata all'impegno richiesto. Sia lodato Dio per averci permesso di rendergli testimonianza! Addio, caro popolo di Francia, o piuttosto arrivederci. Ti offro i miei auguri più sentiti e ti benedico nel nome del Signore.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-06-02Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


All'aeroporto di Fiumicino - Roma

Titolo: Al servizio della fede e dei valori umani

La ringrazio vivamente, Signor Ministro Adolfo Sarti, per le cortesi espressioni di saluto e di omaggio che Ella, a nome del Governo Italiano, ha voluto indirizzarmi, nel rimettere piede sul suolo d'Italia. Al termine di questo viaggio apostolico, che mi ha portato al di là delle Alpi nella nobile e diletta Nazione Francese, la quale si è acquistata attraverso i secoli innumerevoli benemerenze davanti alla Chiesa ed alla storia, tra i tanti sentimenti che urgono nel mio animo, sento principalmente di dover esprimere quello del ringraziamento più sincero.

A Dio, anzitutto, per il dono che mi ha concesso di compiere questo desiderato pellegrinaggio, in spirito di obbedienza a quel mandato di confermare i fratelli, che il Signore Gesù Cristo mi ha affidato, chiamandomi alla suprema responsabilità di Pastore della Chiesa universale, nella Sede di Pietro.


2. Ringrazio ancora il Signor Presidente Giscard d'Estaing e le altre Autorità politiche, civili e militari francesi, e, in particolare, i venerati fratelli nell'Episcopato per l'affettuosa accoglienza: insieme con loro esprimo la mia gratitudine a tutti i sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, lavoratori e associazioni cattoliche, a cui rispettivamente ho avuto il piacere di rivolgere la mia parola esortatrice. E penso ancora a tutti quei fedeli, che a Parigi e a Lisieux mi hanno riservato tante spontanee dimostrazioni di devozione e di affetto, e, quel che più conta, di viva e sentita partecipazione alle celebrazioni liturgiche della Parola divina e dell'Eucaristia.

Non è possibile in questo momento riassumere, neppure fugacemente, i momenti più significativi che ho avuto la possibilità di vivere a Parigi, nella grande metropoli dalle vetuste tradizioni cristiane, e a Lisieux, l'ammirata città di Santa Teresa di Gesù Bambino, la piccola e grande Santa, che non cessa di parlare di Dio al cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo, così assetato dei valori spirituali. E' stato un incontro quanto mai consolante con il Popolo di Dio che è in Francia, il quale ha risposto con un grande atto di fede al passaggio del Papa.


3. Ho avuto poi anche occasione di visitare la sede dell'UNESCO, di salutare i qualificati Rappresentanti delle varie Nazioni e di aprire loro il mio animo sulla varia e vasta tematica riguardante l'impegno per una sempre più adeguata promozione culturale, soffermandomi soprattutto sul senso cristiano della cultura stessa. E sono sinceramente grato al Direttore Generale, Signor Amadou Mahtar M'Bow, e a tutte le personalità che ivi ho potuto incontrare, per la cordiale accoglienza.

Il servizio della Chiesa e dell'uomo si dilata ognor più e chiede al Papa di rendersi presente ovunque lo interpellano le esigenze della fede e l'affermazione dei veri valori umani. E' per confermare tale fede cristiana e per promuovere tali valori che il Papa si pone in cammino per le vie del mondo.

Ed ora, facendo ritorno alla mia Sede romana, mi è particolarmente caro salutare i Signori Cardinali e le altre personalità ecclesiastiche qui presenti; e mentre rinnovo l'espressione della mia riconoscenza al Signor Ministro, porgo il mio deferente saluto a tutte le Autorità politiche, civili e militari italiane, al Rappresentante dell'Amministrazione Comunale di Roma, come pure ai Membri del Corpo Diplomatico e a quanti sono qui venuti a recarmi il cordiale ben tornato.

Voglia il Signore rimunerarvi per tanta cortesia e di ricolmarvi di elette grazie celesti.

Data: 1980-06-02Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


Messaggio al popolo degli Stati Uniti

Titolo: In favore dei fratelli che soffrono

Cari amici in America, Il mio cuore è ancora gonfio di gioia se ripenso al calore del vostro affetto, e alla cordialità con cui mi avete ricevuto durante la mia visita nel vostro grande paese.

Sono felice di poter sfruttare questo breve momento per parlarvi del Catholic Relief Service e di quelle insostituibili opere di misericordia che mi stanno così a cuore. Sono consapevole di come gli Americani abbiano dimostrato in questo secolo una profonda sensibilità e compassione ogni qualvolta che le sofferenze dell'umanità li hanno raggiunti. Ed è per questo che non esito a rivolgermi a voi ancora una volta.

Il Catholic Relief Service promuove una rinnovata fede nell'umanità.

Porta conforto ai nostri fratelli afflitti da un capo all'altro del mondo - ai boat-people rifiutati del Vietnam; alla massa di rifugiati dalla Cambogia; alle popolazione colpite dalla siccità dell'isola di Timor; alle vittime di rivoluzioni, guerre, odio e sottosviluppo. Questi sono i fratelli che formano la parrocchia del CRS. I copri del CRS localizzati in terre lontane li aiutano nel loro dolore e nei loro bisogni.

Durante questo programma televisivo CRS Telethon, rivolgo le mie parole agli americani, agli uomini e alle donne di buona volontà.

L'opera della fede, speranza e carità, è un legame che unisce tutti i popoli. Potete aiutare a rinforzare questo legame e a crearne di nuovi in tutto il mondo - con il vostro interesse, la vostra comprensione e il vostro amore.

Grazie e che Dio vi benedica.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-06-02Data estesa: Lunedi 2Giugno 1980.


All'inizio dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)




Castel Gandolfo - Roma

Titolo: Processione del "Corpus Domini" nelle ville di Castel Gandolfo

Sia lodato Gesù Cristo! "La tua lode e gloria".

Miei cari fratelli, sorelle, connazionali e pellegrini, Molte sono le canzoni polacche nelle quali adoriamo l'Eucaristia, il Santissimo Sacramento ed il Sacro Cuore. Queste due idee sono concatenate. Fra tutte le canzoni che, soprattutto oggi, risuonano per le strade delle nostre città, a Cracovia e in altre, proprio questa loda Iddio, gli rende gloria, dichiara che questa lode riempie tutto l'universo. La lode di Dio. "La tua lode, gloria, nostro Signore eterno non cesserà per l'eternità. A te oggi rendiamo adorazione e leviamo verso di te, noi tuoi servi, il canto insieme con le milizie celesti". così cantiamo camminando con l'Ostensorio portato dal Cardinale, o dal Vescovo, oppure dal Sacerdote. Camminiamo ringraziando l'onnipotenza di Dio per il dono "grandioso" della sua "grandezza". Si tratta di una canzone antica. Basta leggere le parole che la compongono per capirlo. Pero, come tante antiche canzoni polacche, essa è piena di contenuto teologico. E, forse è proprio la più piena di quel contenuto che riempie la festa che oggi celebriamo: la festa del "Corpus Domini".

In questo giorno adoriamo Iddio per quel suo dono che pervade tutta la creazione. Adoriamo Iddio perché si è dato a tutto il creato, e soprattutto perché ha chiamato ad esistere tutto ciò che esiste. Ringraziamo ancora Iddio per il dono dell'esistenza, che è il primo che ci ha dato; lo ringraziamo per il mistero della creazione. Ringraziamo Dio per il dono della redenzione da lui compiuta per mezzo di suo Figlio; lo ringraziamo in particolare perché la sua redenzione si perpetua e si rinnova. Questo è l'Eucaristia; questo è il "Corpus Domini".

Cantando questa canzone, che in sé contiene un così eccellente senso teologico, usciamo oggi dal Wawel, dalla Cattedrale, sulle strade di Cracovia in una processione che già dallo scorso anno esce di nuovo su Rynek e torna nuovamente alla Cattedrale. così è anche nelle altre città: a Varsavia, a Gniezno, a Poznan, a Wroclaw e dovunque. Questo è il nostro "Corpus Domini" polacco. Il "Corpus Domini" è la festa della Chiesa universale; è la festa di tutte le Chiese nella Chiesa universale. Il "Corpus Domini", da noi in Polonia, contiene una ricchezza particolare. Qualcuno direbbe la ricchezza della tradizione. E' giusto.

Ma si tratta di una tradizione scritta con la ricchezza dei cuori polacchi. Essa comincia di là. I cuori polacchi sono riconoscenti a Dio da generazioni per tutti i suoi doni: per il dono della creazione, della redenzione, dell'Eucaristia.

Sono riconoscenti a Dio per l'Eucaristia, per il Corpo del Signore. In questo dono si esprime la redenzione e la creazione. E' proprio questa la tradizione interiore del cuore polacco. E' per ciò che i polacchi sono così attaccati alla festa del "Corpus Domini" celebrata proprio nel giorno, giovedi dopo la Santissima Trinità, nel quale la festa fu istituita tanti secoli fa dalla Chiesa e poi arricchita nella vita delle singole Chiese e delle singole Nazioni dalla tradizione dei cuori.

Desidero ringraziarvi per essere qui proprio in questo giorno e perché mi date la possibilità, almeno in parte, di vivere questa festa cracoviana del "Corpus Domini" polacco qui a Roma e addirittura fuori Roma, a Castel Gandolfo.

Sono lieto che siate presenti e che la vostra presenza ricordi la mia in Polonia giusto un anno fa, a Mogila, a Nowa Huta, a Kalwaria Zebrzydowska ed anche in altri luoghi. Questo incontro è per me una specie di nuova visita, densa di un significato profondo e personale perché vedendovi qui, incontrandomi con voi, celebrando con voi questo meraviglioso "Corpus Domini" a Castel Gandolfo, ma in polacco, il mio pensiero ed il mio cuore tornano indietro, all'anno scorso, a tanti, tanti anni della mia vita, riempiti dalla tradizione polacca del "Corpus Domini", sin dagli anni della mia gioventù, nella mia città natale, a Wadowice. E mi rendo conto, proprio oggi, proprio grazie alla vostra presenza, di come il mio cuore, prima di ragazzo, poi di giovane, poi di sacerdote e poi di vescovo, partecipava questa meravigliosa tradizione del "cuore polacco", il quale da secoli sente che a Dio appartiene la gratitudine per l'Eucaristia. E celebrando l'Eucaristia lo ringraziamo per il dono che è in noi e per noi. Per tutto. Per la creazione, per la redenzione, per la nostra esistenza e per la nostra partecipazione al mistero della salvezza, per il Cristo e per la Chiesa. E' proprio questa la gratitudine della gente che vive sistematicamente della vita eucaristica, ma anche di tutti coloro che lo sentono. Ciò vuole che nel corso dell'anno ci sia un giorno nel quale cantiamo questa gratitudine con cuore pieno, uscendo dal nostro intimo. Infatti questa gratitudine è un qualcosa di interiore, di profondo, e, in un certo senso, è giusto che resti innanzitutto nell'intimo. Si tratta di un giorno, uno dell'anno, nel quale desideriamo esternare questa gratitudine e portarla per le strade delle nostre città e fare di questa gratitudine culto pubblico, e tutti dovrebbero riconoscere questo culto pubblico.

Questo è proprio il "Corpus Domini"; tale è il suo significato per noi; e tale significato ha avuto, lo ha, lo dovrebbe avere per tutta la Chiesa.

Sono lieto che grazie alla vostra presenza posso rendermi conto nuovamente di tutto questo. Tramite la vostra presenza posso prepararmi ancora meglio al servizio del "Corpus Domini" a Roma, dinanzi alla Chiesa romana, dinanzi a tutta la Chiesa.

Iddio sia la vostra ricompensa!

Data: 1980-06-05 Data estesa: Giovedi 5 Giugno 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - La partenza da Parigi