GPII 1980 Insegnamenti - Ai seminaristi - KUMASI

Ai seminaristi - KUMASI

Titolo: Portare al mondo l'insegnamento della fede

Cari seminaristi, 1. Sono sempre felice di parlare a giovani che si preparano al sacerdozio. Oggi sono particolarmente felice di incontrare voi nel vostro stesso paese.


2. Sebbene siate giovani, siete in grado di insegnare al mondo con l'esempio delle vostre vite una grande lezione. Quale lezione? La lezione della fede. Le vostre vite dimostrano che credete in Gesù Cristo e che volete seguirlo. Lo accettate come Dio, come Figlio di Dio che si è fatto uomo, e che si è fatto fratello vostro e mio. Credete che mori in Croce e che divenne il Salvatore vostro e mio. E credete che risorse dai morti e rese possibile per me, per voi, per tutti di vivere in eterno. Questo è il Cristo che siete venuti a conoscere e amare, il Cristo in cui avete fede.


3. Si, credete nella persona di Gesù, e credete anche che la sua grazia sia potente - che possa sconfiggere il peccato. Credete che Gesù possa darvi la grazia di seguirlo e di essere come lui. E questo è ciò che intendete fare: essere come Gesù il sacerdote - diffondere la Buona Novella che Gesù ha portato, raccontare al mondo la salvezza, e dare alla gente il pane di vita eterna.


4. La fede in Gesù è importante per voi ora e in futuro. La vostra vita di seminaristi dipende dalla fede; la fede è la base della vita di ogni sacerdote.

Fede significa accettare Gesù nelle vostre vite, conservare nel cuore il suo messaggio, obbedire ai suoi comandamenti. Significa anche essere colmi di gioia e amore per Cristo. Più questo è vero, più sarete in grado di mostrare Gesù al mondo - Gesù che vive in voi e vuole operare per tramite vostro.

Quando vivete secondo la fede e seguite i comandamenti di Cristo, siete in grado di dare un esempio dinamico agli altri giovani. Siete in grado di dimostrare con le vostre vite e con l'esempio della vostra gioia cristiana che l'amore di Gesù è importante - importante per voi nella vostra vocazione, importante per tutti quelli che cercano di scoprire la pienezza della loro umanità. Vivendo in questo modo, potete vedere come abbiate già cominciato a comunicare Cristo, a portarlo ai vostri amici e ai giovani del Ghana.


5. Allo stesso tempo, la vostra fedeltà a Cristo, il vostro coraggio di dire di si alla vostra particolare vocazione, la vostra fede nella forza di Gesù di sostenervi nel suo amore durante tutta la vostra vita, sono un solido sostegno per tutti gli altri giovani che hanno ascoltato la chiamata del Buon Pastore e vogliono seguirla fedelmente. Sapete quanto il vostro paese e tutta l'Africa abbiano bisogno di sacerdoti - operai nella messe del Signore. Ricordate le parole di Gesù: "Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura..." (Jn 4,35). E pregate per le vocazioni, pregate per la perseveranza nella vostra vocazione, pregate perché la Chiesa in Africa abbia la forza ed il fervore di fornire i sacerdoti di cui Cristo ha bisogno per predicare il suo Vangelo e per portare il suo messaggio di salvezza in tutto questo continente.


6. Cari seminaristi: rimanete vicino al Signore nella preghiera e con l'Eucarestia. E con il vostro modo di vivere fate conoscere a tutti che avete veramente fede che veramente credete in nostro Signore Gesù Cristo.

E rimanete vicini anche alla Santissima Madre Maria e al suo Cuore Immacolato. Quando Maria disse si all'angelo, il mistero della Redenzione prese forma nel suo Cuore. Questo Cuore puro di Maria fu l'ispirazione per molti dei missionari che portarono la parola di Dio in Africa. E per la Chiesa oggi questo Cuore di Maria continua ad esprimere il mistero della Madre di Redenzione (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 22).

Nel nome di Gesù, vi benedico tutti. Affido voi, le vostre famiglie e i vostri amici a Maria che è la Madre di noi tutti.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-09 Data estesa: Venerdi 9 Maggio 1980.


Al corpo diplomatico accreditato ad Accra (Ghana)

Titolo: Soltanto un mondo veramente umano può essere forte e pacifico

Eccellenze, signore e signori, 1. Incontrare i capi missione e il corpo diplomatico in questa città capitale di Accra è per me un grande piacere. Sono onorato della cortesia che mi manifestate con la vostra presenza qui, e desidero ringraziare sua eccellenza il decano e il corpo diplomatico per la gentilezza mostrata nei miei riguardi. Dopo una settimana in Africa - un tempo così breve, ma già tanto pieno di incancellabili ricordi - desidero rendervi partecipi di poche impressioni e sollecitudini da me provate nel mio primo contatto col continente africano.

Quando sono venuto in Africa per invito delle autorità civili e dei miei confratelli nell'episcopato, l'ho fatto come capo della Chiesa cattolica. Ma vi venni pure come un umile servo al quale la provvidenza di Dio ha affidato una missione verso tutto il genere umano: la missione di proclamare la dignità e la fondamentale eguaglianza di ogni essere umano e il suo diritto a vivere in un mondo di giustizia e di pace, di fraternità e di solidarietà.


2. Lo scopo del mio viaggio è anzitutto religioso e spirituale. Io desidero confermare i miei fratelli Vescovi, il clero, i religiosi, il laicato nella loro fede in Dio creatore e Padre, e nell'unico Signore Gesù Cristo. Desidero pure celebrare la comune fede e carità che ci unisce, godere con essi nella comunione che ci lega tutti insieme in una sola famiglia, nel mistico corpo di Cristo. Porto ad essi i saluti dell'apostolo Paolo: "Vi salutano tutte le Chiese di Cristo" (Rm 16,16). La mia venuta presso la Chiesa in Africa intende essere una testimonianza all'universalità della Chiesa ed un godere nelle ricchezze delle varie espressioni di essa. Perché "secondo il pensiero del Signore, è la stessa Chiesa che, essendo universale per vocazione e per missione, quando getta le sue radici nella varietà dei terreni culturali, sociali, umani, assume in ogni parte del mondo fisionomie ed espressioni esteriori diverse" (Pauli VI EN 62). In virtù della propria missione e della propria natura, la Chiesa non è vincolata a nessuna determinata forma di cultura né ad alcun sistema politico, economico o sociale. Proprio per la sua universalità essa può entrare in comunione con diverse culture e realtà, dando luogo a un mutuo arricchimento (cfr. GS 58). In virtù della sua stessa universalità essa è anche capace di creare uno strettissimo legame tra diverse comunità umane e tra nazioni, purché queste riconoscano e rispettino il suo diritto alla libertà nell'adempiere la sua missione specifica.


3. Qui io sento che abbiamo una missione comune. Come singoli diplomatici voi siete inviati a rappresentare e a promuovere gli interessi dei vostri rispettivi Stati. Come gruppo, voi siete anche portatori di una missione che trascende le frontiere regionali e nazionali, poiché fa anche parte della vostra missione promuovere una migliore comprensione tra i popoli, una più stretta collaborazione su scala mondiale: in una parola, essere promotori dell'unità del mondo intero.

Questa è la grandezza del vostro compito: essere costruttori della pace e della giustizia internazionale in un'epoca che assiste al tempo stesso a una crescente interdipendenza e a una più forte affermazione dell'identità e dignità di ciascuna nazione. Nobile, ma anche difficile compito, il vostro; mentre servite la vostra nazione, voi siete anche gli artefici del bene comune dell'intera famiglia umana, lavorando insieme per salvare la terra per l'umanità, per assicurare che le ricchezze del mondo raggiungano ogni essere umano non esclusi quei nostri fratelli e sorelle che ora ne sono allontanati a causa dell'ingiustizia sociale. Come diplomatici voi siete coinvolti nella costruzione di un nuovo ordine di rapporti internazionali basati sulle fondamentali e imprescindibili esigenze della giustizia e della pace. E quanti tra voi stanno qui a rappresentare organizzazioni internazionali o regionali sono anche impegnati - anche se con metodi e mezzi diversi - nel processo di concentrazione degli sforzi di tutte le nazioni nella costruzione di un mondo giusto e fraterno.


4. Sono certo che la vostra esperienza come diplomatici o esperti internazionali, in diverse parti del mondo, insieme con la familiarità acquisita dell'ambiente africano, ha creato in voi un'acuta consapevolezza dei maggiori problemi dell'umanità odierna, specialmente dei problemi globali derivanti dalle disparità economico-sociali esistenti nella comunità mondiale. Parlando alla 34° assemblea generale delle Nazioni Unite, potei attirare l'attenzione su questo problema fondamentale, affermando: "E' comunemente noto che l'abisso tra la minoranza degli eccessivamente ricchi e la moltitudine dei miseri è un sintomo ben grave nella vita di ogni società. Lo stesso bisogna ripetere, con insistenza ancora più forte, a proposito dell'abisso che divide singoli paesi e regioni della terra" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos", 18, die 2 oct. 1979; "", II,2[1979] 535-536).

Il fatto che possano esistere simili accecanti disparità costituisce una grande contraddizione dei nostri giorni e dell'epoca nostra; lo stesso si dica del distacco che separa i paesi poveri dai ricchi, o i continenti poveri dai ricchi, e che si approfondisce ancora invece di diminuire, al tempo stesso che i popoli sono diventati più consapevoli della loro interdipendenza che non per l'innanzi. Non è forse triste costatare che gli sforzi - tanto lodevoli in se stessi - delle organizzazioni internazionali e delle diverse nazioni in iniziative bilaterali o multilaterali non sono stati capaci di trarre fuori i paesi più poveri dal circolo vizioso della povertà e del sottosviluppo? Perché mai questi sforzi non hanno raggiunto risultati migliori e più duraturi? Perché non hanno dato speranza ai paesi in via di sviluppo: la speranza che le proprie risorse, l'aiuto fraterno e specialmente il duro lavoro dei loro abitanti li avrebbe resi capaci di tracciare il diagramma del loro proprio sviluppo e soddisfare le loro necessità essenziali? 5. Sono persuaso che tutti siamo d'accordo sul fatto che l'unica via per eliminare le ineguaglianze passa attraverso la coordinata cooperazione di tutti i paesi, in spirito di vera associazione. In tale contesto, molto è stato detto e scritto sull'importanza di rivitalizzare quello che venne definito il dialogo nord-sud.

Senza far propria una troppo semplicistica visuale di un mondo diviso in ricco nord e povero sud, bisogna pero concedere che questa distinzione ha un certo fondamento nella realtà, poiché i paesi settentrionali generalmente controllano l'economia e l'industria mondiale. La santa Sede non può non incoraggiare ogni iniziativa che si propone di prendere onestamente in considerazione tale situazione e di giungere ad un'intesa fra tutte le parti in ordine ad un'azione da intraprendere necessariamente. Ma al tempo stesso, io vorrei porre una domanda: perché mai iniziative del genere incontrano tanta difficoltà e finiscono col restar prive di risultati tangibili e duraturi? La risposta potrà essere anzitutto trovata non nella sfera dell'economia o della finanza, ma in un settore di dimensioni più profonde: nel dominio degli imperativi morali e spirituali. Si richiedono nuove visuali e un cambio radicale di atteggiamenti.

Le difficoltà e i punti controversi che dividono le nazioni più ricche e quelle più povere non potranno essere affrontate fin quando persiste un atteggiamento di pregiudizio; tali argomenti vanno affrontati in uno spirito di fiducia e di mutua apertura, in uno spirito di onesta valutazione della realtà e con una generosa volontà di condivisione.

Soprattutto l'esame di problemi nord-sud dev'essere condotto con un rinnovato convincimento che nessuna soluzione può essere trovata senza che affondi le sue radici nella verità intorno all'uomo. La completa verità intorno all'uomo costituisce la necessaria condizione affinché si possa vivere insieme armoniosamente e per giungere ad una soluzione che rispetti appieno la dignità di ogni essere umano.


6. La vostra presenza qui, in una capitale africana, signore e signori, assume un grande significato per i vostri paesi e per le organizzazioni che rappresentate.

Ma è anche molto significativa per il paese che vi ospita, per l'Africa intera, e per il mondo tutto. Questa è un'elevata visione ma è anche la necessaria condizione per il successo dei vostri sforzi rivolti a stringere migliori e più giusti rapporti tra i popoli e le nazioni. Ogni comunità diplomatica costituisce in certo modo un campo sperimentale nel quale mettere alla prova le vostre capacità e la vostra visuale nei confronti di una visione del mondo nella quale l'uomo è al centro di tutta la storia e di tutto il progresso. Il messaggio che vi rivolgo, quindi, il messaggio di uno che è consapevole della sua missione come servo di Dio e difensore dell'uomo, è questo: soltanto un mondo che è veramente umano può essere un mondo forte e pacifico. Grazie!

Data: 1980-05-09 Data estesa: Venerdi 9 Maggio 1980.


La partenza dal Ghana, ad Accra

Titolo: Custodite i valori umani, gloria del vostro popolo

Cari amici del Ghana, 1. Tutti i viaggi del Papa nei vari continenti e paesi del mondo hanno una caratteristica in comune: le visite sono sempre troppo brevi! Forse troppo brevi per voi, ma certamente troppo brevi per me! Avrei voluto passare più tempo con voi, percorrere il vostro paese da nord a sud, da est a ovest, essere con voi nelle vostre case, visitare i vostri bambini nelle scuole, accompagnarvi nei campi o al fiume, ascoltare le vostre canzoni. Ma molti altri fratelli e sorelle africani mi aspettano.

I due giorni che ho passato con voi sono stati giorni di grande gioia e consolazione spirituale per me. Conservero per sempre nel mio cuore e nella mia memoria le impressioni di questa felice occasione. Ricordero la vostra gente amichevole e le vostre autorità cortesi, le facce sorridenti dei vostri bambini e la saggezza dei vostri anziani.

Soprattutto, portero con me l'immagine di un popolo che vuole essere fedele alla propria eredità culturale e allo stesso tempo progredire nella pace e nella verità - che è la forza della pace - verso una giusta condizione con un costante sviluppo materiale, sociale e morale.


2. La mia gratitudine per l'ospitalità dimostrata da questa terra e dalla sua gente al Capo della Chiesa Cattolica, che è il servitore dell'umanità, sarà espressa in preghiere ferventi per ognuno di voi e per tutta la nazione. Chiedero a Dio, che è Onnipotente e buono, che ha creato tutte le cose e senza il quale nulla può esistere, di guidare e dare forza a questa nazione nella ricerca della vera felicità per tutti i suoi abitanti. Poiché siamo tutti figli dell'unico Padre celeste, creati a sua immagine e somiglianza, ogni essere umano, ogni abitante del Ghana ha il diritto fondamentale a condizioni di vita consone alla propria dignità. Levero la mia preghiera a Dio affinché il Ghana possa raggiungere il vero progresso attraverso lo sviluppo di tutte le risorse umane e naturali di cui è stato fornito, e affinché benefici della volontà della comunità internazionale di creare nel mondo ed in Africa giuste ed eque relazioni in tutti i campi dell'impegno umano. Preghero in particolare perché il continuo sviluppo del Ghana sia raggiunto salvaguardando gli autentici valori umani che sono stai finora la glori del vostro popolo: ospitalità, magnanimità, rispetto per gli anziani, senso della comunità e riferimento a Dio in tutte le vostre relazioni.


3. La mia profonda gratitudine va a Sua Eccellenza il Presidente del Ghana per il suo cortese e caloroso benvenuto, che sarei felicissimo di ricambiare in Vaticano.

Ringrazio le autorità e tutti coloro che hanno dato il loro tempo per preparare questa visita e renderla un'esperienza così gratificante per me. Esprimo il mio apprezzamento cordiale anche ai giornalisti e a tutti gli operatori dei mass media grazie a i quali ho potuto raggiungere una vasta audience, dicendo a tutti gli abitanti del Ghana che il Papa li ha nel cuore; allo stesso tempo, tutto il mondo ha potuto venire in contatto con il caloroso e nobile popolo di questa terra.

Non posso lasciare questo paese ospitale senza rivolgere un particolare ringraziamento ai Vescovi e all'intera comunità cattolica per tutto quello che avete fatto per darmi questo indimenticabile benvenuto, ma anche, e soprattutto, per quello che siete: autentici abitanti del Ghana e autentici Cristiani. Siate "saldi nella vostra fede" (1P 5,9). Ricordate sempre che siete stati battezzati in Cristo Gesù e che perciò, al di sopra di ogni differenza etnica, di educazione o di posizione sociale, "tutti voi siete uno in Gesù Cristo" (Ga 3,28).

Addio! Grazie, e che Dio benedica questa amata terra del Ghana! [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.


Al Presidente dell'Alto Volta e alla nazione - Ouagadougou

Titolo: Vengo come uomo di Dio che parla il linguaggio del cuore

Signor Presidente, 1. Sin dal mio arrivo ho voluto esprimere pubblicamente la mia gioia nel rispondere all'invito così cordiale che mi era stato rivolto, sia da Sua Eccellenza in nome della Repubblica dell'Alto Volta, sia dai vescovi del paese. In occasione di questo incontro con le più alte Autorità dello Stato, mi sia permesso ripetere i mei sentimenti di profonda gratitudine e di presentare loro il mio rispettoso saluto.

Sono fiero e felice di poter venire a trovare il Popolo dell'Alto Volta.

Vengo come un fratello che, per questa stessa ragione, si augura di conoscerlo meglio per essergli sempre più vicino. Le mie parole vogliono essere parole d'amore e di pace, per tutti, per i cristiani, e per quelli che appartengono a religioni ancestrali o all'importante religione islamica del paese. Abbiamo dei valori religiosi in comune. Dobbiamo dunque, a maggior ragione, rispettarci e riconoscere ad ognuno il diritto di professare liberamente la propria fede. Questo vale reciprocamente per ognuno di noi. Vengo dunque come uomo di Dio, per parlare a tutti il linguaggio del cuore, affinché tutti gli abitanti possano, se lo vogliono, comprenderlo. A questo livello, non c'è differenza fra gli uomini, tutti creati dalla mano del Creatore, tutti chiamati a vivere nella fratellanza, ad aiutarsi e a ricercare i valori spirituali.

Il mio pensiero ed il mio affetto raggiungono dunque in questo momento tutti gli abitanti dell'Alto Volta, i giovani ed i saggi anziani, le famiglie, i genitori, i poveri, i malati ed i lavoratori del paese - che siano in patria o all'estero - che concorrono al lo sviluppo malgrado le molte difficoltà naturali.

Li saluto nella persona di coloro che hanno il compito di guidarli con la coscienza della loro grande missione. A tutti, rinnovo gli auguri che il mio predecessore Papa Paolo VI ha rivolto loro in molte circostanze, ed in particolare quando Sua Eccellenza gli fece l'onore di una visita, alcuni anni fa, in Vaticano (cfr. "L'Osservatore Romano", diebus 18-19 iun. 1973). Esprimo personalmente la mia soddisfazione di aver potuto intrattenermi, il 13 giugno scorso, con il Signor Primo Ministro della Repubblica.


2. Se le precedenti tappe di questo viaggio pastorale hanno già offerto l'occasione d'affrontare alcuni problemi più specifici del continente africano o del ruolo geniale che gli spetta nel mondo, la mia preoccupazione principale è stata la loro dimensione morale e religiosa, il desiderio di dialogare nel nome dell'uomo preso nella sua integrità. La Chiesa cattolica non intende dunque pesare in alcun modo sulle responsabilità proprie dei governanti. Ama, tuttavia, ricordarsi che, nello spirito del suo Fondatore, la nozione di potere è inseparabile da quella di servizio e che, in un certo modo, essendo ogni potere ricevuto dall'alto, deve sempre essere esercitato secondo la volontà di Dio (cfr. Jn 19,11). Questa è la preoccupazione che la anima quando si dedica, ad esempio, alle opere educative, per contribuire essa stessa alla formazione di coloro che dovranno proseguire lo sviluppo del paese: preparare uomini e donne abitati dall'ideale del vero servizio pubblico, onesti, disinteressati e attenti al bene comune della popolazione.

In questo campo, la Chiesa dell'Alto Volta ha già fornito una collaborazione leale al progresso del paese. La prosegue oggi nella misura delle proprie possibilità, con la convinzione dell'importanza di questo compito. Non dubito che il suo insegnamento catechistico non sia aperto all'insieme della vita, in modo da formare in profondità l'uomo di domani, al servizio del suo paese e dei più nobili ideali.


3. Allo stesso modo, non domanda che di essere presente ovunque essa possa aiutare la dignità dell'uomo, del cittadino, con mezzi poveri, ma con la generosità di un cuore pronto a condividere. Possa essa continuare in questo slancio che, ottant'anni dopo l'inizio dell'evangelizzazione, non si è mai indebolito, spingendola continuamente a prendere nuove iniziative, nel rispetto delle coscienze e nella lealtà al potere civile. Ho piena fiducia nei vescovi del paese ed al mio caro collaboratore il Cardinale Paul Zoungrana, per restare fedeli a questa linea ispirata dal senso di un'autentica fratellanza.


4. E' certo che, nutrite da una comune volontà di dialogo, le relazioni fra la santa Sede e al Repubblica dell'Alto Volta continueranno a rinsaldarsi in avvenire. E' un mio caro augurio di cui tengo far partecipi Sua Eccellenza e tutti gli ascoltatori. Questa tappa del mio viaggio ne sia l'attestato, con la gioia che provo nel passare questa giornata a Ouagadougou, in mezzo al caro popolo dell'Alto Volta! Grazie per la sua ospitalità, Signor Presidente, grazie per la sua accoglienza e le sue tante attenzioni verso la mia umile persona.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.


Omelia della messa - Ouagadougou (Alto Volta)

Titolo: Appello per il Sahel

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. "I miseri e i poveri cercano acqua... io, il Signore, li ascoltero... cambiero il deserto in un lago d'acqua..." (Is 41,17-18). "... l'acqua che io gli daro diventerà... sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" (Jn 4,14).

Ecco l'insegnamento contenuto nella parola di Dio appena ascoltata; ecco l'insegnamento che il Signore ci dà! Io sono l'acqua viva, ha detto ancora il Signore, sono la sorgente dell'acqua che dà la vita. E voi siete venuti qui questa mattina per attingere a questa sorgente, per ascoltare la parola di Dio proposta da chi la divina provvidenza ha eletto ad essere il capo della sua Chiesa, per essere, come san Pietro, il suo portavoce presso tutti i fedeli, in unione con i Vescovi, i successori degli apostoli.

Con profonda emozione volgo lo sguardo su di voi miei fratelli e sorelle della Chiesa che è nell'Alto Volta. Oggi si realizza un desiderio del mio cuore: venire a testimoniare presso di voi, nel vostro paese dell'amore di Dio nostro Padre e del figlio suo Gesù Cristo, del loro amore per ciascuno di voi. Poter dire, poter proclamare: Dio mi ama!, non è questa forse una grande gioia che deve riempirci l'animo? Si, Dio vi ama, ovunque voi siate: nelle città, nei villaggi e nelle vostre famiglie, al mercato come lungo i sentieri: Dio vi ama dappertutto e sempre! La vostra presenza testimonia anche il vostro affetto per la Chiesa che vi trasmette questo messaggio d'amore. Quando vi guardo, mi sento profondamente fiero di voi, perché so che avete accolto il messaggio d'amore con gioia e gratitudine; perché conosco il vostro attaccamento alla Chiesa e so che volete essere, con generosità e coraggio, testimoni del Vangelo.


2. Il mio soggiorno tra voi sarà breve; troppo breve per me, che avrei voluto incontrarvi dovunque: nelle parrocchie, nelle scuole e nelle case; troppo breve anche per voi; so, infatti, che molti, pur desiderandolo, stamane non possono essere presenti: chi abita lontano, i malati o i sofferenti, quanti sono al lavoro, e quanti ancora troppo piccoli! A tutti coloro che non sono presenti dico: il Papa vi saluta e vi benedice! E saluto anche con affetto il mio fratello Cardinale Paul Zoungrana, che è stato uno dei primi tre sacerdoti del vostro paese e che è ora il grande e fedele pastore di questa Arcidiocesi di Ouagadougou. Saluto con lui i miei fratelli nell'episcopato, come pure i miei fratelli e le sorelle di tutte le loro diocesi: Ouagadougou, Koupela, Bobo-Dioulasso, Diebougou, Fada N'Gourma, Kaya; Koudougou, Nouna-Dedougou e Ouahigouya! Vorrei salutare ad uno ad uno i miei fratelli nel sacerdozio, preti che il popolo dell'Alto Volta ha generosamente offerto al Signore, e preti che sono venuti da lontano, al servizio del Vangelo in mezzo a voi. E voi tutti, religiosi e religiose, e catechisti, che adempite con tanta dedizione il compito di evangelizzazione. E voi, donne cristiane: gran parte dell'avvenire e delle speranze future, per la Chiesa e per il vostro popolo, è riposta anche in voi: madri di famiglia e ragazze, che siete o sarete responsabili con i vostri sposi della educazione dei vostri figli. Saluto gli anziani, i padri di famiglia che lavorano faticosamente per i loro cari, gli uomini, i giovani e i bambini. Vi saluto tutti, anche voialtri che siete giunti così numerosi da Togo, vi saluto, in nome dell'amore che ci unisce in una sola Chiesa, nella grande famiglia di Dio! 3. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato insieme, Gesù ci ha parlato di sete e di acqua. Egli si era fermato vicino a un pozzo, un pozzo profondo che il patriarca Giacobbe aveva scavato con molta fatica per la famiglia e per le greggi. La gente andava ad attingere a quel pozzo, e li Gesù incontro una donna di Samaria che veniva ad attingere l'acqua necessaria per la casa. Aveva bisogno d'acqua per la propria sete ma, senza saperlo, aveva ancora più sete di verità, della certezza di avere, malgrado i peccati, un posto nell'amore di Dio. Aveva sete della parola di Gesù e di quella vita dell'anima che solo lui può darci.

Noi tutti siamo, come quella donna, assetati della verità che viene da Dio. Verità su noi stessi, sul significato della nostra vita, su ciò che possiamo e dobbiamo fare, fin da ora e dovunque siamo, per rispondere a ciò che Dio attende da ciascuno di noi, per fare parte veramente della sua famiglia e vivere da figli di Dio. Io conosco le vostre difficoltà e l'estrema povertà di molti di voi, tanto numerosi, e conosco anche la vostra generosità nel servizio del Signore; per questo, a voi che siete figli di Dio a motivo del battesimo e della vostra appartenenza alla Chiesa, posso ricordare l'invito di Gesù: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia..." (Mt 6,33)! Si, per noi cristiani, ecco l'essenziale! 4. Tuttavia meditando il Vangelo, non possiamo dimenticare che se gli abitanti di Samaria sono tornati a casa portando nel cuore la parola di salvezza, l'acqua che scaturisce per la vita eterna, essi hanno continuato anche ad attingere l'acqua necessaria per la vita dei loro corpi. Gli uomini hanno sete d'amore, di carità fraterna, ma ci sono anche intere popolazioni che hanno sete dell'acqua indispensabile alla loro vita, in circostanze particolari che mi vengono in mente ora mentre sono fra voi, in questa terra dell'Alto Volta, nella zona del Sahel.

Per quanto il problema della desertificazione progressiva si pone anche in altre regioni del globo, mi spingono a parlarne qui le sofferenze delle popolazioni del Sahel di cui il mondo è stato testimone.

Fin dalle origini Dio ha affidato all'uomo la natura che egli ha creato.

Servirsi della creazione per una promozione umana, integrale e solidale, che permetta all'uomo di raggiungere la piena dimensione spirituale, è rendere gloria a Dio. L'uomo deve dunque sforzarsi di rispettare la creazione e di scoprirne le leggi perché il servizio all'uomo sia assicurato. Grandi progressi sono stati attuati nel campo dell'ecologia, grandi sforzi sono stati compiuti. Ma resta molto da fare per educare gli uomini a rispettare la natura, a preservarla e a migliorarla, e anche per ridurre o prevenire le conseguenze delle catastrofi dette "naturali". E' allora che la solidarietà umana deve manifestarsi venendo in soccorso alle vittime e ai paesi che non possono far fronte a tanto gravi ed urgenti necessità che possono rovinare la loro economia. E' una questione di giustizia internazionale, soprattutto verso quei paesi troppo spesso colpiti da simili disastri, quando invece altri si trovano in condizioni geografiche o climatiche che al confronto possono dirsi privilegiate. E' anche una questione di carità per quanti credono che ogni uomo è un fratello e ogni donna una sorella, le cui sofferenze devono essere sentite e alleviate da tutti. La solidarietà, nella giustizia e nella carità, non deve conoscere né confini né limiti.


5. Da qui. da Ouagadougou, dal centro di uno di questi paesi che si possono chiamare i paesi della sete, mi sia dunque concesso di rivolgere a tutti, in Africa e oltre questo continente, un solenne appello a non chiudere gli occhi davanti a ciò che è accaduto e che sta accadendo nella regione del Sahel.

Non mi è possibile descrivere di nuovo la storia e i particolari di questa tragedia che, del resto, sono tutti nel vostro ricordo. Ma occorrerebbe almeno richiamare alla memoria il tempo impiegato a prendere coscienza del dramma preparato dalla persistente siccità; quindi il movimento di solidarietà che si estese a tutti i livelli: locale, nazionale, regionale e internazionale. Molto fu fatto, sia dai cittadini e dai governi interessati, sia dalle diverse istituzioni internazionali. In quest'opera di solidarietà anche la Chiesa ebbe larga parte; la sua attività fu sostenuta e seguita con attenzione dai vostri Vescovi e dal Papa Paolo VI il quale, angosciato fin dal principio dalla vastità della catastrofe, non risparmio i suoi appelli e il suo aiuto, in particolare tramite il consiglio pontificio "Co Unum", di cui sono lietissimo di salutare qui il presidente, il caro Cardinale Bernardin Gantin, che ha accettato di lasciare l'Africa dove è nato e la sua arcidiocesi di Cotonou, nel Benin, per venire a lavorare a Roma con il Papa. Ringraziamo dunque, oggi, quanti sono venuti in soccorso dei fratelli in miseria e si sono sacrificati per loro. Che essi possano un giorno udire dal Signore: "... ho avuto sete e mi avete dato da bere..." (Mt 25,35)! Per mezzo loro, infatti, Dio ha dato la risposta che abbiamo ascoltato nella lettura della messa: "Io... non li abbandonero" (Is 41,17)!

6. Eppure, quante vittime per le quali il soccorso è giunto troppo tardi! Quanti giovani il cui sviluppo è stato turbato o compromesso! Ma il pericolo non è scongiurato. Fin dall'inizio dei dolorosi eventi che costituiscono il dramma del Sahel, le condizioni del futuro venivano studiate nella vostra regione fra più governi con l'aiuto delle Nazioni Unite. Sono stati elaborati piani per lottare contro la siccità, le sue cause e le sue conseguenze; per progettare rimedi efficaci quali l'irrigazione, la trivellazione dei pozzi, il rimboschimento, la costruzione di granai, l'introduzione di colture varie, ed altri.

Ma i bisogni sono immensi se si vuole arrestare l'avanzata del deserto ed anche, progressivamente, farla retrocedere; e se si vuole che ogni uomo, ogni donna e ogni bambino del Sahel abbiano l'acqua e il cibo sufficienti, abbiano un avvenire sempre più degno di un essere umano.


7. A tal fine perciò, da questo luogo, dalla capitale dell'Alto Volta, lancio un solenne appello al mondo intero. Io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e successore di Pietro, levo supplicando la voce perché non posso tacere mentre i miei fratelli e sorelle sono in pericolo. Io sono qui la voce di quelli che non hanno voce: la voce degli innocenti morti perché non avevano acqua e pane; la voce dei padri e delle madri che hanno visto morire i loro figli senza capire, o che vedranno sempre nei loro figli le conseguenze della fame patita; la voce delle future generazioni le quali non devono più vivere con la terribile incombente minaccia sulla loro esistenza. Lancio un appello a tutti! Non aspettiamo che la siccità ritorni, spaventosa e devastatrice! Non aspettiamo che la sabbia porti di nuovo la morte! Non permettiamo che l'avvenire di questi popoli sia sempre minacciato! La solidarietà di ieri, con la sua estensione e la sua efficacia ha dimostrato che è possibile ascoltare solo la voce della giustizia e della carità, e non quella dell'egoismo individuale e collettivo.

Ascoltate il mio appello! Prego voi, organizzazioni internazionali, di continuare il lavoro notevole già fatto, e di accelerare la messa in opera perseverante dei programmi di intervento già elaborati. Prego voi, responsabili degli Stati, di dare un aiuto generoso ai paesi del Sahel affinché un nuovo sforzo, cospicuo e costante, possa porre rimedio in modo ancora più valido al dramma della siccità. Prego voi, organizzazioni non statali, di raddoppiare i vostri sforzi: sappiate suscitare una corrente di generosità personale degli uomini, delle donne, dei bambini, perché tutti sappiano che il frutto delle loro privazioni può servire veramente ad assicurare la vita e le possibilità future dei fratelli e delle sorelle. Vi prego, uomini di scienza e tecnici, istituti di ricerca, di orientare le vostre attività verso lo studio di nuovi mezzi di lotta contro la desertificazione; la scienza non potrebbe forse progredire ugualmente se fosse messa al servizio della vita dell'uomo? Essa può e deve avere altri scopi che non siano la ricerca di nuovi strumenti di morte, creatori di nuovi deserti, o anche la soddisfazione dei bisogni artificiali provocati dalla pubblicità. Pertanto, prego anche voi che lavorate nei mezzi di comunicazione sociale, giornalisti della stampa, della radio e della televisione: parlate di questo problema secondo la sua vera dimensione, quella della persona umana menomata e mutilata. Senza cercare effetti inutili, sappiate indicare le soluzioni possibili, ciò che è stato fatto e ciò che resta da fare. Saper risvegliare e stimolare la generosità e la buona volontà non vi sembra un bel compito? Tutti, ve ne prego, ascoltate questo appello, ascoltate le voci del Sahel e di tutti i paesi vittime della siccità, senza eccezione alcuna. E a tutti voi io dico: "Dio ve ne renda merito!".


8. Ma voglio anche rivolgermi, in special modo, ai vostri fratelli cattolici del mondo, a quelli dei paesi più fortunati. Che essi meditino la nota frase di san Vincenzo de' Paoli, uno degli eroi della carità e dell'amore per i poveri. A chi gli domandava, nel tramonto della vita, che cosa egli avrebbe potuto fare di più per il prossimo, rispondeva: "Ancora di più". Voler fare sempre "di più" è la gloria della carità cristiana, di quell'amore che abbiamo gli uni per gli altri e che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori. Perciò vi dico: adesso, coloro che nel mondo hanno fame e sete sono alla vostra porta! I mezzi moderni permettono di venire in loro aiuto. Non dovete dunque fare assegnamento solo sulle responsabilità politiche nazionali e internazionali. Al di sopra del dovere universale di solidarietà, la vostra fede deve indurvi ad esaminare le vostre reali possibilità, ad esaminare, personalmente e nella famiglia, se non si ritenga troppo spesso necessario ciò che in realtà è superfluo. E' il Signore che ci invita a fare di più.


9. A tutti, esprimo la mia fiducia. Essa è fondata sull'amore del Signore che ci unisce, sulla nostra partecipazione, nell'immensità del mondo, al suo sacrificio unico, infatti tutti mangiamo uno stesso pane e dividiamo lo stesso calice (cfr. 1Co 10,17). Possa il Signore, che stiamo per pregare insieme e che tra poco verrà sacramentalmente fra noi perché possiamo riceverlo, farci progredire nel suo amore e possa far scaturire in tutti i cuori l'acqua della vita eterna! Amen. Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Ai seminaristi - KUMASI