GPII 1980 Insegnamenti - Ai vescovi dell'Alto Volta, a Ouagadougou

Ai vescovi dell'Alto Volta, a Ouagadougou

Titolo: Significato delle vocazioni nel disegno di Dio

Cari fratelli vescovi, 1. Man mano che prosegue questo viaggio sulla vostra terra africana, non so esprimere la mia gioia d'incontrare, ahimè troppo rapidamente, questi uomini e queste donne che rappresentano la Chiesa nei vostri paesi, il Regno di Dio che si instaura e cresce presso di voi.

Questa gioia diventa ancora più grande quando incontro i vescovi, i capi spirituali del nuovo popolo, i miei fratelli nell'episcopato. Sono particolarmente felice, come ho già detto, di rendere la visita al Cardinale Zoungrana, che fu il primo cardinale africano a venirmi a trovare a Cracovia. Abbiamo giusto il tempo, cari fratelli, d'evocare alcuni pensieri che ci stanno a cuore.


2. Il primo, è la nostra unità nella collegialità. Voi la vivete fra voi; noi la viviamo insieme, unendo la Chiesa che è in Alto Volta alla vita e alle preoccupazioni evangeliche della Chiesa universale. La collegialità è un elemento strutturale della Chiesa, un modo di governare dell'episcopato, al quale la nostra epoca, seguendo un insegnamento importante del Concilio Vaticano II, da giustamente un rilievo particolare. Il fatto di metterla bene in opera, lo provate sicuramente ogni giorno, è un grande sostegno per la nostra azione pastorale ed una grande speranza per la crescita della sua efficacia. Ma è soprattutto su delle ragioni spirituali, teologiche, che dobbiamo costruire la nostra collaborazione episcopale, essendo la persona del Signore la fonte del nostro ministero.

Vi incoraggio dunque a continuare a lavorare per fondare veramente in Cristo la vostra unità e quella del vostro presbiterio. Quest'ultimo è d'estrazione molto diversa; fate in modo che la diversità sia sempre fonte d'arricchimento reciproco, non di divisioni o rivalità. Per questo, restate voi stessi molto vicini ai vostri sacerdoti, molto presenti nella loro difficile vita.

Le vostre parole ed il vostro esempio sapranno orientare sempre meglio verso il servizio al popolo di Dio gli spiriti e le volontà di quelli che si sono generosamente votati a questa missione.

Anche le vostre diocesi sono diverse, hanno forze apostoliche diverse: dovete affrontare insieme i compiti comuni e nei settori più svantaggiati. Questo spirito di solidarietà deve spingersi anche al di fuori dei confini, ed in particolare nel quadro della Conferenza Episcopale regionale dell'Africa dell'ovest, di cui Sua Eminenza assume la presidenza, e nel quadro del SCEAM, per tutta l'Africa e il Madagascar. Dovete divenire sempre più i vostri missionari.


3. Questo mi conduce a condividere con voi due preoccupazioni fondamentali per l'evangelizzazione e per il fervore cristiano della vostra Chiesa in Alto Volta.

Voglio parlare della vostra preoccupazione per le vocazioni, e per una pastorale che si appoggi sul senso propriamente africano della famiglia.

Oltre ai "missionari" di cui tutto il mondo riconosce il servizio senza pari e sempre prezioso come testimonianza della Chiesa universale, voi avete la gioia di avere numerosi sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi dell'Alto Volta, così come numerosi catechisti. La missione della Chiesa ne richiederebbe di più. E' una parte importante del vostro ministero provvedere a sorvegliare il risveglio e lo sviluppo delle vocazioni sacerdotali e religiose, con una solida formazione, che è stata sperimentata nella Chiesa, e ben inserita nella realtà africana. Non dobbiamo mai stancarci di spiegare il senso profondo di questa vocazione nel disegno di Dio. Offrirsi di seguire il Cristo con tutta la nostra disponibilità, al servizio esclusivo del suo Regno, consacrargli le nostre forze ed il nostro amore nel celibato, è una grazia che non potrebbe mancare alla Chiesa d'oggi e dunque alle Chiese africane. Grazie a questi sacerdoti o religiosi, i cristiani saranno aiutati a progredire nella coscienza personale della propria vocazione. Fra di essi, i catechisti, che per vostra intermediazione voglio ancora incoraggiare, offrono un magnifico esempio della vocazione laica cristiana messa al servizio della Chiesa. Paolo VI aveva voluto decorare lui stesso, cinque anni fa, Simon Zerbo, di cent'anni, primo catechista dell'Alto Volta e pioniere della fede nel vostro paese.


4. Per questa missione, voi proseguite, da molti anni, uno sforzo pastorale mirante a manifestare che la Chiesa è veramente la famiglia di Dio, dove ognuno ha il suo posto, dove ognuno è compreso ed amato. In questo modo, lo spero con voi, le vostre comunità cristiane beneficieranno di un elemento profondo di strutturazione che costituirà anche una testimonianza concreta del Vangelo ed un appello per i non cristiani. In questa concezione della famiglia è messo in risalto il nesso fra una realtà fondamentale e la rivelazione evangelica, e uno dei valori morali caratteristici della civiltà del vostro popolo.


5. Ci sarebbero molte altre questioni. Ho appena affrontato quella della siccità del Sahel che deve suscitare una solidarietà più reale, più concreta e più perseverante in tutto il mondo. Penso anche al fatto che molti vostri compatrioti aderiscano all'Islam. Le due principali comunità religiose, cattolica e mussulmana, devono proseguire i loro sforzi per stimarsi reciprocamente, rispettando da entrambe le parti ciò che richiede la libertà religiosa correttamente intesa, e collaborare quando si tratta di affrontare i bisogni umani delle popolazioni e il bene comune.


6. Con voi, cari fratelli, sono pieno di speranza, malgrado le difficoltà, e conosco il vostro affetto profondo per la Santa Sede e la Chiesa. Il Signore non ci ha promesso una vita ed un ministero esenti da prove. Ci ha solamente assicurati di aver vinto le forze del male operanti nell'uomo. E' per questo che dobbiamo sempre tener presenti le parole invitanti alla missione che pronuncio dopo la sua resurrezione: "Non temete... io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Come potrei spigarvi meglio il mio incoraggiamento? Gli sforzi che prodigate incessantemente al servizio del Signore daranno i loro frutti. Che il Signore benedica ognuno di voi, e tutti quelli che portate nei vostri cuori, sacerdoti, religiosi e fedeli tutti delle vostre diocesi! [Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.


Alla partenza dall'Alto Volta, a Ouagadougou

Titolo: Le vostre comunità, famiglie di Dio

1. Ecco già l'ora della partenza, la fine di questo troppo breve soggiorno fra di voi, nel vostro paese dell'Alto Volta, adesso ancora più caro al mio cuore. Se bisogna lasciarlo, sappiate che sarete sempre tutti presenti nei miei pensieri, sia quelli che ho incontrato sia quelli che non hanno potuto venire. A quest'ultimi, cari figli e figlie dell'Alto Volta, voi saprete trasmettere gli incoraggiamenti e gli auspici del Papa che domanda al Signore Gesù di benedirvi tutti, fin nei più lontani villaggi, nella più umile delle vostre case.


2. Ecco l'ultima consegna che vi lascio. Riassume il messaggio che ho voluto far capire durante questo viaggio nei paesi africani, così ben preparati a riceverlo grazie alla loro ricca tradizione sul senso della famiglia e dell'accoglienza.

Riprendo per questo l'insegnamento di San Pietro, il primo Papa, colui al quale il Signore ha affidato la propria Chiesa e di cui oggi io sono il successore. Egli ricordava ai fedeli: divenite "l'edificio spirituale" di Dio, poiché voi siete "il popolo che Dio si è acquistato" (1P 2,5 1P 2,9). Nello stesso senso, il Concilio Vaticano II ha ricordato molte volte che la Chiesa è la casa di Dio nella quale abita la sua famiglia (cfr. LG 6) e che tutti gli uomini devono prendere coscienza di formare una sola famiglia, e che sono tutti chiamati a far parte della famiglia di Dio. Questa verità è alla base della missione e dello sforzo per far conoscere a tutti gli uomini la salvezza, l'amore di Dio per noi e le sue esigenze (cfr. AGD 1).

Allora vi dico: seguite fedelmente gli orientamenti dati dai vostri vescovi, miei fratelli nell'episcopato, perché le vostre comunità siano sempre più, qui nell'Alto Volta, la famiglia di Dio. Che il vostro stile di vita sia ispirato da questa profonda verità. Indichero tre punti: In primo luogo, chi fa veramente parte della famiglia non teme di mettersi al servizio di suo Padre: preoccupatevi dunque delle vocazioni. Giovani, siate generosi per rispondere all'appello di Dio se vi domanda di seguirlo nella castità, nella povertà e nel servizio, per far crescere la sua famiglia grazie ai vostri sforzi. Penso anche ai catechisti, la cui dedizione è così necessaria per il progresso del Vangelo. Genitori, siate generosi per suscitare e sostenere le vocazioni necessarie alla vita della Chiesa nell'Alto Volta, e date innanzi tutto il vostro esempio di vita cristiana.

Inoltre, chi fa parte della famiglia di Dio desidera anche che tutti conoscano la stessa felicità. Siate anche voi missionari del vostro paese come testimoni dell'amore di Dio per tutti i suoi abitanti.

Infine, per la stessa ragione, volendo essere testimoni dell'amore di Dio per la sua famiglia, i cattolici dell'Alto Volta devono essere sempre membri attivi e leali della loro comunità nazionale che forma essa stessa una grande famiglia. Il vostro popolo si divide in diversi credi religiosi, tradizionali, mussulmani e cristiani. Questa situazione, che per voi è un ulteriore appello ad una vita esemplare, non deve impedire, e non impedisce, lo so bene, le relazioni di buon vicinato come la collaborazione di tutti al servizio dello sviluppo locale e nazionale, sempre nel rispetto reciproco.

E' per questo che sono felice di salutare ancora una volta tutto il popolo dell'Alto Volta, la cui accoglienza commossa e calorosa ho molto apprezzato. Ringrazio sinceramente Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica e tutte le Autorità civili per il modo delicato con cui hanno reso possibile questo incontro indimenticabile. Ringrazio tutti i rappresentanti della stampa per la diffusione che hanno dato alle mie parole, e tutti quelli che si sono fatti e si faranno eco della mia voce. Ringrazio infine tutti gli abitanti dell'Alto Volta, senza eccezione alcuna, e tutti i loro fratelli del Togo che si sono uniti ad essi. A tutti quelli che sono venuti, a costo di tante fatiche e tante pene, dico: grazie.

Se io sono obbligato ad andarmene, voi sapete che Nostro Signore non vi lascia, che lui resta sempre con voi. Nel suo nome, vi benedico ancora di tutto cuore.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.


Al presidente della Costa d'Avorio e alla nazione - Costa d'Avorio

Titolo: Dobbiamo rispondere ai veri bisogni dell'umanità

Signor presidente.

1. Il 2febbraio scorso, ricevendo i membri delle comunità delle diverse nazioni africane residenti a Roma, presentati dall'ambasciatore della Costa d'Avorio, ebbi la gioia di annunciare loro un prossimo viaggio per "onorare e incoraggiare l'insieme dell'Africa" ("L'Osservatore Romano", die 3 febr. 1980). Il Signore ha permesso la realizzazione d'un voto molto caro. Ed ecco che si compie questo periplo con la tappa avoriana, proposta con molta cortesia da vostra eccellenza allo stesso tempo che dai miei fratelli Vescovi. In questo momento memorabile, davanti al popolo avoriano presente qui per mezzo di coloro ai quali ha rimesso il mandato di guidarlo, voglio esprimere la mia profonda riconoscenza per l'accoglienza ricevuta, così calorosa e così amichevole.

La solennità, la perfetta organizzazione non escludono né la semplicità, né la spontaneità. Permettetemi, perciò, di aprire anzitutto il mio cuore alla popolazione di questo paese, che voi mi offrite il bene di visitare. Io la saluto con affetto. Come potrà sentirsi in qualunque modo lontana dal Papa dal momento che non potrà recarsi in ogni dipartimento, in ogni borgata, in ogni famiglia per portarvi le sue parole di benedizione? Si, io desidero veramente salutare tutti gli avoriani e tutte le avoriane.

Alcuni, cristiani, sono già andati a Roma per pregare sulle tombe di Pietro e di Paolo. Altri, che non condividono la stessa fede, hanno pure avuto l'occasione di recarsi nel centro della cristianità. Io vengo in questo giorno a compiere il mio pellegrinaggio in terra africana, santificata da molto tempo dalla predicazione della parola di Dio.


2. Vostra eccellenza mi permetterà di dirgli la mia ammirazione per questo popolo che, alle soglie del terzo millennio è capace di assumere lui stesso il proprio destino, si sforza di unire in una sintesi felice e adatta le possibilità di cui è stato fornito dalla provvidenza, il genio tradizionale ereditato dagli antenati e la cura del bene comune. Il compito, al quale si adoperano con tenacia i dirigenti della repubblica, non è facile. Si tratta di creare un insieme ordinato ove non si rinneghi nulla di quanto di meglio ha saputo produrre il passato, traendo pienamente nella modernità ciò che può contribuire a elevare l'uomo, la sua dignità, il suo onore. Al di fuori di questo, non c'è vero sviluppo né vero progresso umano o sociale. Non c'è maggiore giustizia. Si rischierebbe di costruire una facciata, perciò, qualcosa di fragile, dove si verificherebbero molte ineguaglianze, senza parlare di quella ineguaglianza all'interno stesso dell'uomo, che accorderebbe più valore alla ricerca del superficiale che si vede, che a quella dell'essenziale che ha la sua forza nascosta. Infatti grande è il pericolo di voler semplicemente copiare o importare quello che si fa fuori, per la sola ragione che giunge dai paesi cosiddetti "avanzati": ma avanzati verso che cosa? A che titolo sono avanzati? L'Africa non ha anch'essa forse più di altri continenti un tempo suoi tutori, il senso delle cose interiori chiamate a determinare la vita dell'uomo? Quanto vorrei contribuire a difenderla da invasioni di ogni genere, da visioni dell'uomo e della società parziali o materialiste e che minacciano il cammino dell'Africa verso uno sviluppo veramente umano e africano! Toccando questa questione, il Concilio Vaticano II ne misurava tutta la complessità. Esso notava di fatto che "un gran numero di nostri contemporanei non sono in grado di identificare i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con quelli che man mano si scoprono. Li prende un'inquietudine e s'interrogano con una mescolanza di speranza e di angoscia sull'evoluzione attuale del mondo. Questo lancia all'uomo una sfida; anzi lo obbliga a darsi una risposta" (GS 4 § 5). Tale problema non è proprio dell'Africa, è lontano da qui. E tuttavia, non credo di sbagliarmi supponendo che nutre spesso le riflessioni degli uomini di Stato di questo grande continente e che è forse il problema più importante che debbono affrontare; essi che, per scelta, per gli orientamenti da prendere nel delineare piani di sviluppo, gettano le basi del futuro dei rispettivi popoli. Occorre saggezza, molta saggezza ed anche lucidità per effettuare gli aggiustamenti necessari in base all'esperienza. La reputazione che l'eccellenza vostra ha acquisito in materia, nel suo paese come su scala internazionale, dà motivi di fiducia per l'avvenire del popolo avoriano.


3. Citando un passo dei testi del Concilio, evocavo, un momento fa, i valori permanenti che costituiscono la vera ricchezza dell'uomo. La considerazione di questi valori, e se si può usare l'espressione, la loro messa in pratica, mi sembra premunire da tutto quanto, nella nostra epoca, è artificioso o è conseguenza della superficialità. Essi soli conducono l'uomo a costruire sulla roccia (cfr. Mt 7,24-25). Si potrebbero moltiplicare gli esempi tratti dalla medesima costituzione conciliare, che ha voluto giudicare alla luce del disegno di Dio quanto è vissuto dai nostri contemporanei e riallacciarlo alla sorgente divina. E' un argomento che considero capitale e ho voluto trattarne lungamente a New York, davanti alla XXXIV assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo si può riassumere in una formula lapidaria: il primato dei valori spirituali e morali in rapporto ai valori materiali o economici. "Il primato dei valori dello spirito - dicevo allora - definisce il significato dei beni terrestri e materiali così come il modo di servirsene...". Esso contribuisce, d'altra parte, "a fare che lo sviluppo materiale, lo sviluppo tecnico e lo sviluppo della civilizzazione siano al servizio di ciò che costituisce l'uomo, o, detto altrimenti, che gli permettano di accedere pienamente alla verità, allo sviluppo morale, alla possibilità di godere totalmente dei beni della cultura che ereditiamo e alla moltiplicazione di questi beni tramite la nostra creatività" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos", 14, die 2 oct. 1979.

Bisogna dunque continuare a riflettere e ad operare su questa linea se vogliamo rispondere ai veri bisogni dell'umanità, e in particolare ai veri bisogni dell'Africa, che sta per acquistare la dimensione dovutale nell'ordine planetario.

L'Africa si cerca ancora un po'. Essa ha in mano le chiavi del suo avvenire. Le auguro di approfondire questo tema fondamentale perché i valori spiriturali e morali le imprimano un carattere indelebile, il solo degno di lei.


4. La Chiesa, da parte sua, non ha competenza diretta nell'ambito politico o economico. Essa intende restare fedele alla propria missione spirituale, e rispettare pienamente le specifiche responsabilità dei governanti. L'appoggio morale che può offrire a quanti hanno in carico la città terrestre, si esplica e si giustifica, con la volontà di servire l'uomo, ricordandogli ciò che fa la sua grandezza o risvegliandolo alle realtà che trascendono il mondo. Mi felicito particolarmente qui del concorso che la Chiesa offre in Costa d'Avorio, per la sua presenza nelle istituzioni scolastiche e negli ambienti intellettuali, alla grande impresa nazionale di educazione e di formazione, che già ha saputo assicurare alla popolazione un livello culturale, per tanti titoli, invidiabile. Ma il suo concorso vorrebbe riferirsi specialmente alla coscienza dell'uomo e della donna avoriani, per mostrar loro la loro dignità ed aiutarli a farne buon uso. Il suo concorso vorrebbe ugualmente facilitare una giustizia effettiva, con una cura più grande dei poveri, degli emarginati, dei piccoli, dei migranti e in una parola di coloro che spesso sono abbandonati. Il senso di Dio non è forse il senso dell'uomo, del prossimo? Non implica l'onestà, l'integrità dei cittadini, la volontà di condividere con i meno favoriti, piuttosto che la corsa verso il denaro e gli onori? così, preoccupandosi della sorte concreta delle popolazioni, la Chiesa intende lavorare effettivamente alla promozione degli avoriani sperando di portare la propria pietra alla costruzione sempre più solida della patria avoriana.


5. E' il successo dello sforzo al quale sono invitati tutti i vostri connazionali, successo che io auguro di tutto cuore, signor presidente, ringraziandovi di nuovo per la vostra bontà, presentando i rispettosi saluti a tutte le alte personalità che ci circondano, e pregando con fervore per il popolo avoriano. Dio voglia che questo soggiorno sia fecondo e risponda alle speranze che vi abbiamo riposto!

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.


Omelia della messa - Abidjan (Costa d'Avorio)

Titolo: La Chiesa, corpo di Cristo è segno visibile di comunione

Cari fratelli e sorelle, Rendiamo grazie a Dio, che ci ha chiamati a formare una sola Chiesa, nel suo figlio Gesù Cristo! 1. Il profeta Ezechiele annunciava già questo grande mistero, pensando agli israeliti del suo tempo, dispersi fra le nazioni. Ma, "per mezzo della Chiesa", la chiamata si è estesa ai figli di tutte le nazioni, che si dicevano pagane. E noi abbiamo osato, come dice san Paolo, l'apostolo delle nazioni, "avvicinarci a Dio in tutta confidenza", "per il cammino della fede in Cristo", la stessa fede. Si, "l'unico Dio e Padre di tutti" ci riunisce, da ogni provenienza, con tutte le ricchezze delle nostra propria storia, nella famiglia della Chiesa. Egli sparge su di noi un'acqua pura - "un solo battesimo" - e noi siamo allora "purificati da tutte le nostre sozzure". Egli ci dà "un cuore nuovo", un cuore sensibile al suo amore, "un cuore di carne". Egli mette in noi il suo Spirito, "un solo Spirito".

Egli ci permette "di camminare secondo la sua legge, e di praticare i suoi precetti". Ed è così che in tutto l'universo si costruisce lo stesso corpo di Cristo, con membra differenti, che hanno ricevuto ciascuna le loro qualità, la loro parte di grazia, le loro funzioni nella Chiesa.

Questa unità profonda, attraverso la varietà multiforme dei popoli e delle razze, fa la nostra gioia e la nostra forza. Essa è un dono di Dio, ma noi dobbiamo anche apportarvi il nostro contributo cosciente e generoso, al fine di realizzare, in maturità, la pienezza di Cristo.

Così io vi invito, cari fratelli e sorelle, a percorrere con me i diversi cerchi concentrici di questa unità: prima a livello di Cristo, a livello della Chiesa universale e del suo pastore, a livello della Chiesa che è in Costa d'Avorio e della vostra diocesi, a livello di ciascuna delle vostre comunità parrocchiali, con l'irradiazione che ci circondano.


2. Si, la nostra unità non è solo, né primariamente, un'unità esteriore, come quella d'un corpo sociale con le sue strutture di organizzazione. Essa è un mistero, come l'ha sottolineato il Concilio Vaticano II all'inizio della costituzione "Lumen Gentium" (cfr. LG 4).

Noi formiamo "un popolo che trae la sua unità dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

Lo Spirito Santo "abita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli", "egli introduce la Chiesa nella verità totale" e le "assicura l'unità della comunione e del servizio". "Egli la provvede e la dirige, grazie alla diversità dei doni gerarchici e carismatici", per la virtù del Vangelo. Egli ringiovanisce la Chiesa e la rinnova incessantemente, avviandola all'unione perfetta con il suo Sposo, il Cristo (cfr. LG 4). così lo Spirito Santo sparge nella Chiesa "l'insondabile ricchezza di Cristo", e indirizza la sua aspirazione verso il Cristo e verso suo Padre (cfr. Ap 22,17).

Cristo risuscitato vive, effettivamente, per i secoli dei secoli, accanto a suo Padre che l'ha fatto Signore dell'universo e capo della Chiesa che è il suo corpo mistico (cfr. Ph 2,11 Col 1,18). Per lo Spirito Santo, egli comunica la sua vita a coloro che credono in lui rinascendo in acqua e Spirito (cfr. Jn 3,5), che si uniscono a lui con la preghiera, con i sacramenti, con una vita conforme al suo amore. E' lui il capo invisibile della Chiesa, è lui che la sostiene (cfr. LG 8), è lui il buon pastore che riunisce i figli di Dio dispersi e fa di loro un regno di sacerdoti per suo Padre (Ap 1,6).

Questo voi lo sapete bene, cari amici, ma io lo ricordo per esortarvi a rivolgervi incessantemente verso Cristo, a pregarlo ancora meglio, nella comunità, in famiglia, e anche personalmente, a rileggere la sua parola. Una Chiesa non è vivente, non è unita, non è forte se non quando i suoi membri hanno una vita interiore, una vita spirituale, vale a dire una vita unita allo Spirito di Dio, una vita di preghiera. E' qui il cuore della Chiesa. E' qui che si annoda la comunione più intima, che è sorgente di tutte le altre. La vostra vita, la vostra unità è per primo "nascosta con Cristo in Dio" (cfr. Col 3,3).


3. Ma questa grazia di Cristo vi è pervenuta ed essa vi è data incessantemente attraverso la Chiesa visibile, che è il "corpo" di Cristo, il "sacramento" di Cristo, il segno che rende visibile e realizza la comunione. L'unità si manifesta attorno a colui che in ogni diocesi è stato costituito pastore, Vescovo. E per l'insieme della Chiesa, essa si manifesta attorno al Vescovo di Roma, il Papa, che è "il principio perpetuo e visibile, e il fondamento dell'unità che lega tra loro sia i Vescovi, sia la moltitudine dei fedeli" (LG 23). Ed ecco che questo si realizza stasera, sotto i vostri occhi. Quale grazia per noi tutti! Ogni Vescovo della Chiesa cattolica è successore degli apostoli. Egli è legato agli apostoli mediante una linea ininterrotta di ordinazioni. Io sono il successore dell'apostolo Pietro nella sede di Roma. Ora voi avete udito, nel Vangelo, la meravigliosa professione di fede di Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E la risposta di Gesù: "Su questa pietra, io edifichero la mia Chiesa... io ti daro le chiavi del regno dei cieli" (Jn 16,16-19). E più tardi, il Cristo ha aggiunto: "Conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,33); "Pasci i miei agnelli... pasci le mie pecore" (Jn 21,15-17). Tale è anche la fede del Papa, che io ho professato solennemente inaugurando il mio ministero a Roma; e tale è anche la missione di cui il Signore mi ha dato incarico, malgrado la mia indegnità: confermare voi nella fede e nell'unità.

Ogni Chiesa locale, come quella che voi qui formate, deve sempre restare solidale con la Chiesa universale, e ciò mediante il segno visibile della comunione con il successore di Pietro. Perché non c'è che una Chiesa di Gesù Cristo, che è come un grande albero, sul quale voi siete stati innestati, come i cristiani di Roma, come i cristiani della Polonia. Il ramo non potrebbe stare fuori dall'albero, né i tralci fuori della vite. Voi vivete partecipando alla grande corrente vitale che fa vivere tutto l'albero. Ma il vostro innesto permette alla Chiesa di conoscere una nuova fioritura, dei nuovi frutti. E il Papa se ne rallegra. Egli si rallegra della primavera della Chiesa che è in Costa d'Avorio.


4. Io vengo ora alle vostre comunità diocesane di Abidjan o delle altre diocesi.

Anche qui i vostri Vescovi conoscono la necessità d'intensificare l'unità che li unisce tra di loro, a livello per esempio della collaborazione pastorale per tutto il paese. E in ciascuna diocesi, che si può chiamare la "Chiesa particolare", una grande unità deve farsi attorno al Vescovo, che ne è il capo secondo il Vangelo, vale a dire il pastore e il padre. Unità della fede, certamente; unità della preghiera; unità di sentimenti fraterni; unità degli sforzi pastorali. E questo in una grande diversità di funzioni indispensabili e complementari.

Voi avete inteso san Paolo parlare di "apostoli", di "profeti", di "missionari del Vangelo", di "pastori", di "dottori", di "santi" (Ep 4,11-12): oggi si potrebbe allungare l'elenco dei ministeri, dei servizi, dei carismi. Che ogni cristiano sappia dunque, in questa Chiesa, che egli è responsabile a suo livello e che la Chiesa mancherà di ciò che egli non avrà saputo dare.


5. Il mio primo pensiero va ai sacerdoti annunciatori del Vangelo, dispensatori dei misteri di Dio, guide spirituali che presiedono all'unità, nei loro diversi incarichi: parroci e vicari di parrocchie, professori, cappellani... Come sono felice di concelebrare con i giovani sacerdoti, che hanno ricevuto da poco tempo i sacri poteri mediante l'imposizione delle mani! Come auguro che molti avoriani sentano la stessa chiamata! La messe è grande! Oh, voi tutti, miei fratelli, sostenete le vocazioni sacerdotali, affinché la vostra Chiesa non manchi più di sacerdoti, di santi sacerdoti. E' su di loro che dovrà appoggiarsi la Chiesa di domani. Ma i missionari venuti da lontano hanno ancora, anche loro, un grande ruolo in questo paese, un ruolo attualmente indispensabile, per il servizio molto apprezzato che essi rendono e come testimoni della Chiesa universale; essi sono parte integrante della vostra Chiesa. Tutti i sacerdoti sono chiamati a formare uno stesso presbiterio attorno al Vescovo, nell'umiltà e nel sostegno fraterno. Ci sarebbe anche posto per il ministero dei diaconi accanto ai sacerdoti.

D'altra parte, quale fortuna è anche quella di beneficiare dell'esempio e dell'aiuto di altre anime consacrate, religiosi e religiose, indigeni o missionari, che suscitano tanta fiducia presso il popolo, perché la castità, la povertà e l'obbedienza ne fanno dei testimoni straordinari dell'amore di Cristo e del suo Vangelo, pienamente disponibili a tutti.

Che i catechisti, ben formati, continuino il loro ruolo educativo della fede, e che gli animatori delle piccole comunità di quartiere sappiano che senza di loro mancherebbe un riferimento importante. Io penso ancora alla responsabilità dei padri e delle madri di famiglia: ogni focolare cristiano non è come un "santuario della Chiesa domestica" (AA 11)? Ed io mi permetto di sottolineare qui il ruolo particolare delle madri: la donna è colei che ha la missione meravigliosa di dare la vita, di portare la vita nascente e, in Africa, ella continua a lungo a portare il suo bambino con molta tenerezza ed a nutrirlo con tanta dedizione! Che ella non dimentichi mai d'aprire il cuore dei suoi bambini alla tenerezza di Dio, alla vita di Cristo: è un'educazione iniziale che non può che difficilmente essere supplita. Ci sono poi ancora degli altri servizi nella comunità cristiana: servizi di educazione, servizi di assistenza sanitaria e sociale. E i giovani vi hanno anche la loro parte.


6. Ma come conservare l'unità della preghiera, l'unità della carità, l'unità pastorale fra tutti? E' il ruolo privilegiato della parrocchia, con la sua chiesa e il suo gruppo di pastori in unione con i responsabili religiosi e laici. La parrocchia deve essere accogliente verso tutti: non ci sono dei veri "estranei" in una famiglia di cristiani! Io penso in particolare ai lavoratori migranti o ai tecnici d'altri paesi che devono ricevere e dare la loro parte di vita cristiana.

Un solo corpo, un solo spirito, come diceva san Paolo.


7. Cari amici, l'unità non si ferma ancora a questo punto. Noi desideriamo ancora promuoverla con tutti coloro che, senza professare integralmente la nostra fede cattolica o senza conservare la comunione sotto il successore di Pietro, sono stati battezzati e portano il bel nome di cristiani: lo Spirito Santo suscita in tutti i discepoli di Cristo il desiderio e l'azione che tendono all'unità come il Cristo l'ha voluta, nella verità e nella carità (cfr. LG 15). E il disegno di salvezza abbraccia con noi anche coloro che senza ben conoscerlo nelle ombre o sotto delle immagini cercano Dio con cuore sincero (cfr. LG 16). così testimoniando pienamente la nostra fede, siamo animati verso tutti di sentimenti di stima e di dialogo fraterno.


8. Infine, i discepoli di Cristo, le comunità cristiane devono essere fermenti di unità, artefici di riavvicinamento fraterno per tutti gli abitanti di questo paese, africani o non africani. La Costa d'Avorio e la sua capitale conoscono un'evoluzione sociale rapida, in cui la concentrazione urbana, lo sradicamento familiare, la ricerca della casa e del lavoro, ma anche, per certi, le possibilità insospettate di riuscita tecnica, di arricchimento rapido, con le tentazioni del profitto personale e alle volte investito altrove, di sfruttamento dell'uomo, del piccolo, del lavoratore avoriano o migrante, si, tutto questo rischia, come purtroppo in altri paesi detti "avanzati", di mettere alla prova la solidarietà, la giustizia, la speranza degli umili, la pace ed anche il sentimento religioso.

Bisogna evitare ad ogni costo, ve lo dico per amor vostro, per amore di questo paese e dei suoi responsabili, che il successo offerto oggi alla Costa d'Avorio e ai suoi lavoratori dallo sviluppo non sia manchevole, che non si allarghi pericolosamente il fossato tra ricchi e poveri come si accresce il fossato tra paesi ricchi e paesi poveri, che la civiltà non si materializzi. In queste condizioni, la preoccupazione per i poveri, gli abbandonati, il senso del bene comune di tutti e dell'equità devono abitare specialmente nel cuore dei cristiani.

Felici cristiani, felici comunità cristiane, se gli altri uomini di buona volontà trovano presso di loro un esempio di unità e una sorgente di fraternità. Il recente Concilio non esitava a dire: "L'unità cattolica del Popolo di Dio prefigura e promuove la pace universale" (LG 13).

Ecco, cari fratelli e sorelle, a tutti i livelli, da Roma al vostro villaggio o al vostro quartiere, il dinamismo della unità della nostra Chiesa.

Come vicario di Cristo, io sono felice d'essere in mezzo a voi per affermare questa speranza. Il progetto è splendido. Il cammino sarà lungo e difficile: esso presuppone dei sacrifici: Gesù ci ha prevenuti nel Vangelo. Ma la sua grazia è all'opera fra voi, il suo Spirito è in voi. E poiché la Vergine Maria si presto meravigliosamente, lei che ha concepito il Cristo per opera dello Spirito Santo e che è anche madre della Chiesa, noi la pregheremo specialmente di disporre i nostri cuori. Ora, questa eucaristia renderà presente il sacrificio di Cristo, che ha rovesciato le barriere della separazione (cfr. Ep 2,14) per unire tutti i figli di Dio e dar loro accesso, insieme, al Dio d'amore.

Signore, fortifica l'unità della tua Chiesa.

Amen. Alleluia!

Data: 1980-05-10 Data estesa: Sabato 10 Maggio 1980.



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